GPII 1984 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La revisione del Concordato segno di rinnovata fiducia

Testo:

Desidero ricordare, quale avvenimento di storica portata, la firma dell'accordo di revisione del Concordato lateranense che ha avuto luogo ieri. E' un accordo che Paolo VI aveva previsto e favorito, come segno di rinnovata concordia tra la Chiesa e lo Stato in Italia, e che io considero di significativo rilievo come base giuridica di pacifici rapporti bilaterali e come ispirazione ideale per il contributo generoso e creativo che la comunità ecclesiale è chiamata a dare al bene morale e al progresso civile della nazione.

La Conferenza episcopale italiana, che nell'accordo ora stipulato assume un ruolo di riconosciuta interlocutrice, nel suo campo, con le autorità e le istituzioni civiche, ha espresso, in un nobile messaggio della presidenza, auspici e speranze che faccio miei con tutto il cuore.

La Vergine santissima, venerata in santuari sparsi per tutta le penisola e invocata in ogni città e villaggio con gli appellativi più belli, tra cui quello di "Castellana d'Italia", benedica il popolo italiano e il suo cammino civile e spirituale nella concordia, nella libertà, nella giustizia.

Oggi ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari un numeroso gruppo di nuovi beati, martiri: novantanove di essi appartengono alla diocesi dell'Ovest della Francia e subiscono il martirio di Angers: nel periodo della Rivoluzione francese accettarono la morte per conservare "la loro fede e la loro religione" e per manifestare il loro attaccamento alla Chiesa cattolica romana; erano sacerdoti, religiose, uomini e, in massima parte, donne. Seppero seguire Cristo nel cammino doloroso della croce.

L'altro nuovo beato martire, Giovanni Battista Mazzucconi, di Lecco, missionario del Pontificio istituto per le missioni estere, fu ucciso a ventinove anni in un'isola della lontana Oceania nel 1855.

Mentre ringraziamo il Signore per il dono che oggi ha fatto alla sua Chiesa, eleviamo le nostre preghiere ai nuovi beati martiri perché ci ottengano la forza di imitare - nelle varie situazioni in cui ci ha posto la divina Provvidenza - la loro salda fede, la loro instancabile carità fino al perdono, la loro luminosa testimonianza cristiana di fronte al mondo.

[A vari gruppi di pellegrini:] Desidero indirizzare ora un cordiale saluto a tutti i pellegrini, che sono venuti a Roma per partecipare all'odierna cerimonia di beatificazione. In modo speciale rivolgo il mio affettuoso pensiero a quelli provenienti dall'arcidiocesi di Milano e, in particolare, dalla città di Lecco, intimamente legate al ricordo del nuovo beato Giovanni Mazzucconi. Come pure saluto i membri del Pontificio istituto per le missioni estere (Pime), che oggi esultano perché possono venerare in lui il primo martire del loro Istituto. Alla orante intercessione del nuovo beato affido oggi voi e i vostri cari.

Sono lieto di salutare anche i pellegrini venuti numerosissimi dalle diocesi dell'Ovest della Francia, soprattutto da Angers, per i loro cari martiri, di cui sono parenti e compatrioti. Che tutti si sentano incoraggiati ad affermare e vivere la loro fede con la stessa carità! A tutti la mia cordiale benedizione! Desidero rivolgere un particolare saluto agli alunni del Pontificio seminario teologico regionale "Pio XI" di Molfetta. Carissimi, presso il Centro internazionale giovanile "San Lorenzo", insieme con molti altri giovani, avete tenuto una "Veglia di preghiera" secondo le intenzioni del Papa, per le vocazioni sacerdotali e per la pace nel mondo. Ve ne ringrazio di cuore e vi benedico.

Data: 1984-02-19 Data estesa: Domenica 19 Febbraio 1984




Al seminario teologico pugliese "Pio XI" - Lunedì 20 febbraio 1984

Sacerdoti santi e santificatori per la società odierna



Venerati fratelli nell'episcopato, superiori, docenti e carissimi alunni del Pontificio seminario regionale teologico pugliese.


1. Nel 75° anniversario di fondazione del vostro seminario, avete desiderato questa udienza speciale, per sottolineare l'importanza e la solennità della ricorrenza. Siate i benvenuti. Porgo il mio deferente saluto ai vescovi componenti la Commissione episcopale per il seminario e, per loro tramite, estendo il mio cordiale pensiero a tutto l'episcopato della regione pugliese; saluto il rettore monsignor Tommaso Tridente, insieme con i superiori e i docenti delle varie discipline; e con profondo affetto saluto ciascuno di voi, cari alunni, che vi preparate al sacerdozio con impegno e serietà, e con voi intendo salutare anche tutti coloro che vi amano e vi aiutano, le suore, il personale, le vostre famiglie, i benefattori e gli amici del seminario. La vostra grande comunità è presente nel mio pensiero e specialmente nella mia preghiera, affinché copiosi ed efficaci siano sempre i doni del Signore per il suo vantaggio e la sua perseveranza.


2. L'odierno incontro vuole in modo particolare ricordare gli anni trascorsi da quell'11 novembre 1908, quando san Pio X eresse canonicamente il vostro seminario regionale nella città di Lecce, nei locali dell'istituto "Argento" e lo affido per l'insegnamento e la direzione ai padri Gesuiti. Da allora è trascorso un lungo periodo di tempo, denso di attività e di avvenimenti, che includono il trasferimento a Molfetta durante la Prima guerra mondiale; la costruzione del nuovo edificio voluto da Pio XI, di venerata memoria, e inaugurato nel novembre 1926; le complesse difficoltà causate dalla seconda guerra e dal dopo-guerra; le delicate situazioni createsi con i mutamenti socio-politici e il rinnovamento ecclesiale postconciliare... Quanti eventi e di quale fondamentale importanza hanno segnato il quadrante della storia a noi contemporanea! Ebbene, in mezzo a tutte le vicende e anche alle tribolazioni di questo secolo, il Pontificio seminario regionale pugliese ha continuato a camminare per la strada dell'autentico servizio della Chiesa, formando ben 1605 sacerdoti ed enumerando 37 vescovi, scelti tra i superiori, i docenti e gli ex alunni, tra cui il cardinale Corrado Ursi e Giuseppe Casoria. Mi piace anche ricordare che da tempo è stato introdotto il processo diocesano di beatificazione del primo rettore del clero secolare, monsignor Raffaele Delle Nocche, eletto poi vescovo di Tricarico; e che è stato iniziato il processo informativo anche sull'ex alunno padre Agostino Castrillo, divenuto anch'egli vescovo della diocesi di San Marco Argentano e Bisignano.

Questo sguardo panoramico ci permette di ringraziare insieme il Signore per i tanti favori elargiti e per esprimere anche l'apprezzamento e la riconoscenza verso tutti coloro che, in diverse mansioni, si sono adoperati con ardore per mantenere vivo ed efficiente il seminario.

San Pio X nel documento di fondazione, rivolgendosi ai giovani, raccomandava "di approfittare di questo beneficio della divina Provvidenza per rispondere alla loro vocazione, per rassodarsi nella pietà, per crescere in virtù e per imprendere e conservare quel tenore di vita, che sia all'altezza del mistero al quale aspirano". E Pio XII nel discorso già preparato per l'udienza speciale in occasione del cinquantenario (19 ottobre 1958), e non potuto leggere per la sua repentina scomparsa, spiegava che prepararsi al sacerdozio significava formarsi un'anima sacerdotale, rendersi strumenti atti nelle mani di Cristo e allenarsi alla perseveranza. così scriveva testualmente: "Non soltanto Dio e la Chiesa, ma anche i fedeli laici, talora i più tiepidi, amano vedere nel sacerdote il ministro di Dio innanzitutto, circonfuso in ogni momento del medesimo alone che irraggia dal sacro ostensorio. Sacra infatti non e solo la sua opera, ma altresi la sua persona" (AAS 50 [1958] 961-971).

Con intima gioia possiamo affermare che tali direttive non sono mai state tradite; anzi con serietà e con coraggio sono sempre state seguite e attuate.


3. Volendo ora lasciarvi un messaggio che possa servirvi come programma di vita per l'avvenire, non posso fare altro che ribadire ciò che sempre vi è stato inculcato con amore e convinzione, e cioè la necessità di una formazione profonda e completa per essere unicamente ministri di Dio, sacerdoti santi e santificatori, proprio in questa nostra società così evoluta e tormentata, così radicalmente bisognosa di sicure certezze ultraterrene.

a) Curate in primo luogo la vostra formazione culturale alla luce della filosofia perenne e della teologia insegnata dal magistero della Chiesa. La missione del sacerdote è di essere, lui per primo, luce del mondo e sale della terra; ma non può illuminare gli altri se non possiede solide e limpide convinzioni personali. Mai come oggi è necessario conoscere profondamente tutto il "deposito della fede" e nello stesso tempo la cultura moderna nei suoi vari aspetti letterari, sociali, scientifici, artistici! Parlando a voi, superiori, docenti e alunni di un seminario voluto e fondato da san Pio X, è doveroso ricordare la sua ansia apostolica per la difesa e l'annunzio della verità dogmatica e il suo costante richiamo alla dottrina di san Tommaso. E' inoltre necessaria una formazione accurata, completa per quanto è possibile, aggiornata, nella pastorale, nella liturgia, nel diritto, nella sociologia, nella pedagogia, per sapere poi capire, discernere, accogliere con sensibilità e serenità, con rigore dottrinale e con mitezza cordiale. Questo già avviene, con equilibrio e saggezza, nel vostro seminario. Si tratta di farne tesoro! Non perdete tempo, dunque! Tutto può servire per il vostro domani!

b) Curate poi eminentemente la vostra formazione apostolica. Il seminario infatti ha come unico scopo la formazione dei futuri sacerdoti per la vita apostolica. E questa, nelle sue esigenze e nei suoi ideali, si potrebbe sintetizzare nell'ammonizione di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1,15). Gesù è venuto per convertire il mondo; e il Figlio di Dio si è incarnato e morto in croce per la conversione e la salvezza degli uomini e la Chiesa è stata da lui fondata unicamente per tale scopo. L'Anno Santo che stiamo fervorosamente vivendo, ne è appunto un richiamo cordiale e solenne.

La vostra vita dovrà essere totalmente apostolica e, per operare la "conversione" voluta da Cristo, dovrete lavorare, vivere, donare tutto il vostro tempo, talvolta anche soffrire. Ma è proprio in questa ansia apostolica che il sacerdote trova gioia, forza, consolazione, anche se molte volte i suoi sforzi sembrano vani; proprio per questa causa suprema, umana e divina, terrena ed eterna, merita impegnarsi, prepararsi e consacrare tutta la propria vita!

c) Infine, curate la vostra formazione ascetica mediante una soda direzione spirituale. San Pio X nella sua enciclica "Haerent animo" scriveva: "L'unica cosa che unisce l'uomo a Dio, che lo rende a lui gradito e lo costituisce degno ministro della sua misericordia è la sua santità di vita e di costumi. Questa è, in sostanza, la sovraeminente scienza di Gesù Cristo, e se il sacerdote non la possiede, gli manca tutto" (ASS 41 [1908] 555-577).

Parole gravi e severe! Infatti la cultura più vasta, senza santità di vita e di propositi, può addirittura recare danno alla Chiesa e alle anime. Pio XI, il grande papa dei seminari, così strettamente legato alla vostra memoria e alla vostra riconoscenza, nell'enciclica "Ad catholici sacerdotii" diceva ai giovani chierici: "Nel periodo del seminario datevi totalmente a coltivare la pietà, la purezza, l'umiltà, l'obbedienza, la disciplina, lo studio. Solo così voi vi formerete sacerdoti quali Gesù Cristo vi vuole" (AAS 28 [1936] 5-53). Le medesime parole vi ripeto anch'io esortandovi ad instaurare una metodica direzione spirituale, a formarvi alle fondamentali virtù dell'obbedienza, della carità e della fraternità, ad acquistare un buon carattere, a comprendere l'essenziale valore della preghiera, soprattutto dell'intimità eucaristica. In questo modo la vostra vita di seminario sarà anche colma di gioia e di iniziative, e la vostra futura vita sacerdotale darà supremo onore a Dio, gaudio alla Chiesa e ai vostri vescovi, e frutti spirituali ai fedeli.


4. Carissimi, concludendo questo nostro incontro, rivolgiamo il pensiero a Maria santissima: a lei, "Regina Apuliae" da voi venerata nell'effige donata da Pio XII, affido il vostro seminario regionale e ciascuno di voi! Siano sempre numerose e sante le vocazioni! Con il suo aiuto materno e la sua celeste protezione siate apostoli ardenti e coraggiosi del mondo intero! Con l'assicurazione del ricordo nelle mie preghiere, vi accompagni sempre anche la mia benedizione.




A pellegrini di Angers - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I martiri ci ricordano quanti anche oggi soffrono per la fede

Testo:


1. Dopo la celebrazione solenne di ieri, durante la quale sono stati proclamati beati i martiri del vostro Paese, sono lieto di ritrovarvi qui, in questo quadro più familiare, e di salutarvi tutti, con i vostri vescovi e le personalità civili che vi hanno accompagnato. Molti fra voi hanno con i martiri dei veri legami di sangue, o almeno di parentela, e comprendo la loro emozione.

E siete in molti a condividere la gioia e la fierezza di appartenere alla parrocchia di alcuni dei martiri: siete venuti qui in delegazione e vi proponete di prolungare nei vostri paesi questa celebrazione. So che la Rivoluzione francese - soprattutto nel periodo del "terrore" - ha fatto da voi, all'Ovest, molte altre vittime, a migliaia, ghigliottinate, fucilate, annegate, morte nella prigione di Angers. Dio solo conosce i meriti, i loro sacrifici, la loro fede. La diocesi e la Santa Sede hanno potuto esaminare soltanto un numero ristretto di casi, nei quali la testimonianza del martirio era conosciuta in modo più approfondito, ed era più trasparente per quanto concerne le motivazioni religiose. Il primo dei cento nomi ricordati, Noël Pinot, era già stato beatificato nel 1926, ed è immortalato nella memoria dei fedeli nell'immagine del prete che sale al patibolo vestito come per il sacrificio della Messa. Ma qualunque sia il legame personale che avete con uno o l'altro di coloro che sono stati beatificati - cosa di cui vi rallegrate ma che inoltre vi impegna maggiormente - li celebrerete soprattutto comunitariamente, specialmente nel "Campo dei martiri" (Champ des martyrs) di Avrillé e nella cattedrale; tutti voi siete loro fratelli e loro eredi a causa della fede che vi hanno lasciato in eredità.

A quanto ho detto ieri nell'omelia, riguardo al martirio, frutto dell'amore di Cristo, in riferimento ai testi liturgici, aggiungo oggi alcune riflessioni, per meglio collocare la testimonianza dei beati nel contesto della Rivoluzione francese e soprattutto nella Chiesa di quel tempo, così da recepirne il messaggio per la nostra vita. So bene che le varie tappe di questo pellegrinaggio che avete preparato molto bene, vi permetteranno, con i vostri pastori, di riconoscerne tutte le ricchezze. Come successore di Pietro, evochero soltanto alcuni aspetti che mi stanno a cuore.


2. La storia di questi novantanove martiri ci mostra un intero popolo cristiano.

Le vocazioni sono diverse, la fede solida e ben radicata. Insieme ai loro sacerdoti, i laici occupano un posto importante, soprattutto le donne, da qualunque ceto provengano e a qualunque professione appartengano. Persone dell'aristocrazia, della borghesia, del popolo, commercianti e contadini, si sono avviati insieme al martirio.

Il quadro presentato alla cerimonia di beatificazione presentava questo popolo in cammino attorno a un sacerdote e in ascesa verso il cielo. Quello che colpisce è la semplicità della testimonianza. Essi non cercavano di passare da eroi, di sbalordire, di provocare; il martirio è venuto come per sovrappiù, richiesto dalla fedeltà; talvolta, i preti soprattutto, hanno dovuto nascondersi, fino al momento in cui sono stati denunciati. Ma, venuto il momento, rispondono com'è necessario, semplicemente, senza evitare le domande compromettenti, senza nuocere agli altri.

Il loro arresto, la loro condanna, si situano certamente in un contesto politico di contestazione del regime che, a quell'epoca, rifiutava tanti valori religiosi. Anche se questo movimento storico era stato ispirato da sentimenti generosi - libertà, uguaglianza, fraternità - e dal desiderio di riforme necessarie, ha finito con l'essere trascinato in un susseguirsi di rappresaglie, di violenze, di odio religioso. E' un fatto. Non dobbiamo noi qui giudicare questa evoluzione politica. Lasciamo agli storici il compito di dare un giudizio su questi eccessi.

Ma noi conserviamo nella memoria l'esempio dei nostri martiri. Per essi, l'accettazione della morte aveva un significato di fedeltà religiosa. Giustamente avevano visto, nel primo giuramento che si esigeva sulla costituzione civile del clero, un rischio di scisma, che abbandonava la Chiesa alla buona volontà del potere civile, e interpretavano il secondo giuramento, di per sé molto vago, nel contesto del primo. Quello che volevano era rimanere fedeli alla Chiesa. Non potevano concepire di separare la fede in Dio, in Cristo, dall'attaccamento alla Chiesa, ai suoi pastori legittimi, in comunione con il Papa; e, per essi, la religione comprendeva la possibilità di attingere liberamente alle sorgenti di grazia offerte da questa Chiesa, l'Eucaristia, i pellegrinaggi, il culto del Sacro Cuore e della Santa Vergine. Avevano intuito che, allontanandosi da tutto questo, ben presto si sarebbe arrivati a tradire l'essenziale, e purtroppo l'esperienza l'ha dimostrato. Che la costituzione fosse repubblicana o altro, non aveva importanza, i martiri volevano soprattutto "che la religione fosse libera", come diceva una martire. Volevano la pace per tutti i loro compatrioti, senza preoccupazione, senza odio, ma nel perdono e nella preghiera.


3. Ora, dobbiamo leggere questa testimonianza nel contesto dei nostri giorni. La beatificazione di questi martiri ci immerge nel mondo immenso dei perseguitati di tutti i tempi e soprattutto di coloro che soffrono oggi per la loro fede. A Lourdes, ho voluto prestare loro la mia voce, ho voluto abbracciarli tutti, con il cuore della Chiesa, con il cuore della Madre di Dio che la Chiesa venera come propria Madre e Regina dei martiri. Guardiamoci dal dimenticarli! Per parte mia, che confidenze commoventi ricevo riguardo ad essi! Portateli con me nella preghiera.

Il loro caso è diverso da quello dei tempi della Rivoluzione francese, ma si tratta pressappoco dello stesso processo. Si comincia sempre con l'accusare di una compromissione politica, di mancanza di patriottismo. Li si vuole staccare dalla Chiesa unita al Papa, facendo credere loro che potranno continuare a praticare la loro fede in piena indipendenza. Si vorrebbe sfociare in una Chiesa staccata dalla Sede Apostolica e dall'insieme della comunità cattolica. Li si vuole forzare a dei compromessi che li trascinerebbero ancora più lontano, e in giudizi da cui non hanno la possibilità di difendersi veramente. Dio soltanto conosce il loro numero e il loro sacrificio! A dire il vero, se loro hanno bisogno della nostra solidarietà e della nostra preghiera, noi dobbiamo loro soprattutto un'immensa gratitudine. Nel segreto, essi portano a compimento l'ottava beatitudine. Sono il cuore della Chiesa. E' attraverso di loro, attraverso lo Spirito Santo che è in loro, che la Chiesa riceve misteriosamente luce e vigore, nella solidarietà che unisce i discepoli di Cristo, come ha così bene illustrato Georges Bernanos nella celebre opera "I dialoghi delle carmelitane". Allora si realizza quel che già diceva l'apostolo Paolo: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti". ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1Co 1,27 1Co 1,25).

4. La testimonianza dei beati di Angers interpella noi stessi in quei Paesi dell'Occidente in cui la persecuzione non infierisce, ma dove l'indifferenza religiosa, il materialismo, il dubbio, l'incredulità e il clima di permissivismo morale fanno vacillare i cristiani. Malgrado la buona volontà e la generosità che rimangono e si esprimono talvolta con forza e intelligenza, questa atmosfera rischia di soffocare o di paralizzare la fede di molti giovani e adulti. I nostri martiri ci chiamano a un "sussulto". Ci mostrano come comportarci nel mondo.

Prima di tutto, è evidente, vivere nella carità, nell'unione fraterna, senza settarismi, senza condannare gli altri, senza inutili provocazioni, senza odio, ma in un dialogo che sia insieme benevolo, umile, realista e chiaro. Senza rifuggire questo mondo, senza ripiegarci su noi stessi, senza attardarci a rifiutare il passato. Si tratta di vivere in questo mondo, di portarvi una testimonianza, che non sia rintanata, nascosta, ma che abbia il sapore del sale, che sia come la luce sopra il moggio. Soprattutto, siamo invitati ad avere il coraggio della fede, per affermarla, esprimerla nei sacramenti, darne testimonianza nella vita: in famiglia, per risvegliarla nei più giovani, nel mondo della scuola, per fondare le basi della comunità cristiana, nei luoghi di lavoro, per restituire la sua dimensione completa all'opera umana. Dobbiamo aspettarci una certa indifferenza, delle incomprensioni, delle derisioni.

Siamo segni di contraddizione! Impariamo a soffrire per la fede.

Facciamo attenzione, l'infedeltà può cominciare in ambiti che non scuotono più un ambiente indifferente o tiepido: un modo di criticare la Chiesa come un'istituzione vista dal di fuori e di criticarla senza essere solidali con essa, una scelta soggettiva nella verità della fede, l'abbandono delle pratiche religiose, l'affrancamento da certe esigenze morali. Ora, la fedeltà forma un tutto unico. L'allontanamento nei confronti della Chiesa ben presto degenera in una rottura con il Cristo stesso.

Ma dove trovare la forza della fedeltà? Nella certezza dell'amore di Dio, nel mistero di Cristo. E' il nocciolo della fede, della Buona Novella, di cui parlavo ieri. Potessimo dire, con i martiri di tutti i tempi, e specialmente con quelli d'Angers: io so in chi credo! Gesù Cristo è vivo! Non è un'idea di cui si potrebbe sempre discutere. Non è un modo di dire. Non è soltanto una tradizione, un'abitudine. E' qualcuno. Io l'amo. Io lo adoro. Io lo seguo incondizionatamente.

Darei la mia vita per lui. Ho sete della sua Eucaristia che la Chiesa mi offre.

Prego la Vergine Maria di conservarmi suo discepolo.

Avete notato che ho parlato dell'Eucaristia. Sapete quale posto occupava la partecipazione alla Messa nella vita dei vostri martiri - la Messa celebrata da sacerdoti in comunione con la Chiesa - e questo a rischio della loro vita. Che ognuno si interroghi sul valore che attribuisce all'Eucaristia: essa è indispensabile al cuore di tutta la vita cristiana. E anche al valore della preghiera familiare, quotidiana a Maria, che è così necessaria per avvicinarci al Cristo, nella Chiesa.


5. Questa esigenza del coraggio della fede è rivolta a ciascuno nella diversità delle vocazioni, dei ministeri. La Chiesa ha bisogno di personalità ben temperate, animate dallo Spirito Santo, capaci di rispondere a una chiamata personale, senza attendere di esservi costretti dall'ambiente. Tuttavia non si ricostruirà il tessuto cristiano nella società se non agendo insieme, in seno al popolo di Dio.

Non ricreando tale e quale la cristianità di ieri. Ancor meno conformandoci a questo mondo. Ma con un popolo cristiano che si affermi, solidale, unito attorno al suo vescovo, nell'affermazione della fede. Esso deve poter accettare, nel suo seno, delle sensibilità differenti, come i martiri di Angers, di ambienti diversi, e deve manifestare anche la benevolenza, senza condannare i fratelli. Ma deve anche rivaleggiare nel bene, cercare il meglio, apprezzare il coraggio di coloro che stanno "in prima linea", accogliere i richiami di coloro che vivono fino in fondo la loro vocazione cristiana, adempiendo con gioia il proprio ministero di sacerdozio, il carisma di religiose, il proprio ruolo di laici cristiani, di sposi, di padri e madri di famiglia, di vergini, i diversi servizi della comunità cristiana, la loro funzione di catechisti, l'apostolato di testimoni del Vangelo nel cuore stesso della realtà del lavoro, della promozione sociale, dell'azione per la pace, il loro impegno di missionari sensibili ai bisogni della Chiesa universale.

La parola "martire" ha il significato originario di "testimone". Gesù ha detto: con l'aiuto dello Spirito Santo, voi sarete miei testimoni... fino agli estremi confini della terra (cfr. Ac 1,8).

Tale è la Chiesa che io vi incoraggio a formare, cari fratelli e sorelle delle diocesi di Angers, di Luçon, di Nantes, di Poitiers, di Les Mans, di Laval.

Si, i vostri martiri - beatificati ieri, uniti al beato Noël Pinot - vi invitano a risvegliarvi alla speranza. Che essi intercedano per voi! Per voi, testimoni adulti che trasmettete la fede, per voi, giovani generazioni che preparate l'avvenire cristiano delle vostre regioni! Che la Vergine Maria, pregata da quei martiri con estrema confidenza, accompagni il vostro cammino! E di tutto cuore io prego il Signore, Padre, Figlio e Spirito Santo di benedire voi e tutti coloro che rappresentate.

Data: 1984-02-20 Data estesa: Lunedi 20 Febbraio 1984




A sacerdoti di tutto il mondo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La salvezza di molti è legata alla vostra sollecitudine pastorale

Testo:

Carissimi confratelli nel sacerdozio!


1. E' con grande, intensa letizia che saluto voi tutti, carissimi sacerdoti, che siete convenuti da ogni parte del mondo qui, a Roma, in occasione dell'Anno Giubilare della Redenzione, per pregare insieme e altresi per meditare e testimoniare sul perenne valore ecclesiale e sociale del vostro servizio.

Nell'attesa di ritrovarmi insieme con voi all'altare, nel corso della programmata concelebrazione eucaristica, voglio esprimervi i profondi sentimenti di affetto e di stima, che non ho mancato di manifestarvi nelle varie lettere, indirizzate a tutti e a ciascuno di voi negli anni scorsi in occasione del giovedi santo.

Si, ripeto: io vi amo intensamente come fratelli e compartecipi del sacerdozio di Cristo; conosco e ammiro la sollecitudine e dedizione apostolica, di cui quotidianamente date concreta testimonianza in tutte le molteplici iniziative di carattere pastorale, che sgorgano dalla generosità del vostro cuore, unito a quello di Cristo.

Condivido le vostre preoccupazioni e trepidazioni per le numerose difficoltà che nell'odierna società si presentano alla vostra azione destinata alla dilatazione del regno di Dio. E sono ben consapevole dei problemi personali, che talvolta possono angustiarvi o anche provocare momenti di umano scoraggiamento. perciò vi sono vicino, costantemente vicino, in particolare con la preghiera quotidiana, per adempiere anche per voi il mandato ricevuto in Pietro da Cristo: "confermare" i fratelli (cfr. Lc 22,32).

Per questo ho desiderato ardentemente di potermi incontrare durante questo Anno Santo con una cospicua rappresentanza di presbiteri provenienti da tutte le nazioni. E il mio saluto si estende con intensità di sentimento anche ai diaconi permanenti che si sono uniti a questo Giubileo.

In questi tre giorni voi approfondirete le esigenze del vostro tipico carisma: avete riflettuto stamane sulla condizione del sacerdote "uomo redento e ministro della Redenzione"; avete ascoltato poco fa le richieste che pongono, oggi, i laici al sacerdote. L'augurio mio è che questo incontro giubilare, al centro stesso della cristianità, consenta a ciascuno di voi di fare nella gioia la rinnovata esperienza dell'amore redentore di Cristo, per poterne essere, a sua volta, più convinto testimone in mezzo ai fratelli. Possano questi incontrare nei vostri occhi lo sguardo di Cristo che intuisce e comprende, sulle vostre labbra la parola di Cristo che illumina e conforta, nelle vostre mani la potenza di Cristo che tocca e risana ogni ferita dell'anima.

La salvezza di molti fratelli e sorelle nel mondo di oggi è legata alla vostra sollecitudine pastorale e alla vostra fedeltà alla missione, che Cristo stesso, per mezzo della Chiesa, vi ha affidato. Questa consapevolezza vi sostenga in ogni momento della vostra vita. Il Papa vi è vicino con la sua preghiera e con la sua benedizione.


2. Cari sacerdoti di lingua spagnola, non ho voluto mancare a questo incontro con voi, venuti a Roma per il Giubileo dei sacerdoti. Tra i momenti più significativi dell'Anno Santo della Redenzione vi è questo che sto vivendo con voi, sacerdoti di Cristo Redentore e fratelli nella grazia del sacerdozio.

Vi ringrazio per essere venuti. Nello stesso tempo, vi assicuro della mia particolare vicinanza ai sacerdoti, ai quali penso molto spesso. Voi, uniti ai vostri vescovi, siete il sostegno della fede del popolo ci Dio, gli amministratori della misericordia divina, della quale anche voi avete bisogno. Crescete nella grazia, distribuitela con semplicità e gioia, rinnovando la vostra sorgente di ottimismo in Cristo sacerdote. E confidate in Maria, madre particolarmente sollecita per colui che continua oggi la missione salvifica del Figlio suo: il sacerdote.


3. Cari confratelli, sono lieto di vedervi radunati qui. Siete venuti da lontano, da numerosi Paesi, per unirvi ai vostri fratelli di tutto il mondo. Noi formiamo un unico sacerdozio. Io stesso vi sono molto vicino, ogni giorno, soprattutto nella celebrazione dell'Eucaristia, nella preghiera per la Chiesa, nella predicazione di Cristo. Noi siamo al servizio del popolo ed è bene meditare sul ministero specifico che i laici si aspettano da noi e armonizzare questo nostro ministero al loro apostolato, anch'esso tanto necessario. Dobbiamo dischiudere loro senza posa le fonti della grazia, delle grazie della Redenzione. Noi prestiamo la nostra voce e le nostre mani a Cristo! "Imitamini quod tractatis"! Nelle vostre inevitabili difficoltà, prego Cristo di donarvi la sua forza, di mantenervi nella sua pace e nella sua gioia e di benedirvi!


4. Cari fratelli, questo è davvero un giorno di gioia per tutti noi che condividiamo il sacerdozio di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Siamo radunati nel suo nome per onorare il sacramento dell'Ordine che egli ha istituito al fine di perpetuare la sua missione pastorale nel mondo. Nello stesso tempo siamo riuniti per celebrare il mistero della Redenzione che tocca la nostra vita e ci rivela la nostra stessa identità. Cari sacerdoti, noi viviamo, lavoriamo e moriamo con Cristo affinché il mistero della sua Redenzione possa efficacemente raggiungere ogni uomo, donna e bambino su questa terra. Questa nostra vocazione è una chiamata alla santità, una chiamata ad essere come Gesù, sacerdote e vittima.

Nel suo nome saluto tutti voi, cari fratelli sacerdoti.


5. "Che cosa dobbiamo fare?". Questo domandavano gli uomini a Giovanni il Battista, quando egli li chiamava insistentemente alla conversione. "Che cosa dobbiamo fare?". Questo chiedete anche voi, cari confratelli nel sacerdozio, che siete radunati qui oggi, per far si che l'Anno Giubilare della Redenzione produca frutti per la vostra vita di cristiani e pastori. Noi, servi della Redenzione, siamo noi stessi uomini redenti e abbiamo bisogno sempre di nuovo di questa Redenzione. In unione cordiale prego Dio, in questi giorni di grazia, insieme a voi: Signore indicaci la retta via e benedici la nostra buona volontà!


6. In questa comunità voglio salutare e dare il mio cordiale benvenuto al numeroso gruppo di sacerdoti provenienti dalla Polonia. Portate il mio vivo affetto e la mia benedizione a tutti i sacerdoti della Polonia, in missione e tra gli emigrati.

Portateli in ogni luogo dove, attraverso il servizio sacerdotale, Cristo si rende presente e opera la Redenzione dell'uomo: alle diocesi e alle parrocchie, agli ospedali e ai carcerati, ai santuari e alle cappelle, ai seminari e alle scuole cattoliche, nelle aule di catechismo e in tutti gli ambienti pastorali. Siate assidui con i fedeli "nell'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nello spezzare il pane e nelle preghiere" (Ac 2,42).


7. Cari fratelli sacerdoti di lingua portoghese, anche a voi rivolgo una parola molto affettuosa, per esprimervi la gioia che provo per la vostra presenza. Vorrei che ci fosse il tempo e l'intimità del Cenacolo per aprirvi il cuore e manifestare stima, fiducia, apprezzamento e incoraggiamento a ognuno, con la sua situazione personale e ministeriale e anche comunicarvi le preoccupazioni ecclesiali, le nostre preoccupazioni. Siate certi: vi sono sempre molto vicino, nell'amore a Cristo, sacerdote e redentore del mondo; e vi tengo presenti nella mia preghiera, in quella carità divina che ci unisce e che nell'Eucaristia ha un momento privilegiato: il momento nel quale la Redenzione per noi e, per grazia di Dio, in noi, si fa sempre più presente.

Data: 1984-02-22 Data estesa: Mercoledi 22 Febbraio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)