GPII 1984 Insegnamenti - A suore filippine - Città del Vaticano (Roma)

A suore filippine - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vitalità religiosa mantenuta tale attraverso la preghiera

Testo:

Care sorelle provenienti dalle Filippine, suore della Vergine Maria.

Sono lieto di poter accogliere il vostro desiderio di avere un'udienza speciale col Papa in occasione del 300° anniversario della fondazione della vostra congregazione. Saluto ciascuna di voi, ciascuna delle vostre sorelle.

Siete giustamente orgogliose del fatto che il vostro è stato il primo istituto religioso fondato nelle Filippine da una filippina nativa, madre Ignazia dello Spirito Santo. E siete giustamente orgogliose dei tre secoli di generoso e fedele servizio alla Chiesa nel vostro Paese e, più recentemente, in Papua Nuova Guinea, in Indonesia, nell'Africa occidentale, a Taiwan, e a Roma stessa.

Mi unisco a voi nel ringraziare fervidamente la beata Vergine Maria, alla quale siete devote, per la vitalità della vostra consacrazione religiosa, che può essere mantenuta tale soltanto attraverso una vita intensa di preghiera e di unione a Gesù Cristo. Nell'iniziare il quarto secolo della storia della vostra congregazione, possiate essere ispirate a raggiungere, per grazia di Dio, vette sempre più alte di santità e di generosità.

Nei trascorsi trecento anni, la Chiesa nelle Filippine ha grandemente beneficiato dell'apostolato educativo e delle opere di carità che sgorgano dal grande amore delle anime che madre Ignazia vi ha trasmesso come eredità preziosa.

Le vostre vite quotidiane siano piene della gioia traboccante di servire Cristo nei suoi fratelli e sorelle spiritualmente e materialmente bisognosi, affinché il vostro esempio sia luce splendente per gli uomini e le donne del nostro tempo, e affinché più giovani possano essere incoraggiati a condividere il vostro grande amore per le anime.

Vi benedico tutte, tutte le suore professe, le novizie, le postulanti, le vostre famiglie e i vostri benefattori. "Grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo" (2Th 1,2).

Data: 1984-05-26 Data estesa: Sabato 26 Maggio 1984




Ai detenuti - Viterbo

Titolo: Vengo a mani vuote, ma vi porto la libertà di Cristo

Testo:


1. La mia prima parola, appena giunto in questa amata città di Viterbo, è per voi, cari fratelli e sorelle. Ho accolto volentieri l'invito rivoltomi e sono lieto di questo mio incontro con voi. Resteremo insieme solo per pochi minuti. Lo dico con un po' di amarezza, perché desidererei avere più tempo per fermarmi, per salutarvi singolarmente, per ascoltare anche la storia di ognuno di voi.

Mi sia consentito, almeno, rivolgere a tutti un saluto pieno di affetto, nel desiderio che esso giunga all'animo di ognuno, insieme col mio ringraziamento per avermi manifestato, con il vostro entusiasmo, che siete contenti della mia presenza. Ho ascoltato con viva emozione le sentite parole che uno di voi, a nome di tutti, mi ha rivolto: siate certi che mi resteranno scolpite nell'animo.

Che cosa posso dirvi, figli carissimi? Sono venuto con le mani vuote, ma con il cuore pieno.


2. Le mie mani, purtroppo, sono vuote. Infatti, come vedete, non ho nulla di ciò che pur avrei desiderato portarvi in questo momento e a cui il vostro pensiero corre con maggiore frequenza.

Come ben sapete, non vi posso donare la libertà: sono dolente di non poter fare nulla in questo senso. Ma se le mie mani sono vuote, il mio cuore è pieno. Pieno di affetto, pieno di sentimenti di amicizia e di cordialità, soprattutto carico di tutta la carità del Signore. Si, fratelli, la mia ricchezza è questa, ed è dolcissima e sconvolgente insieme. Sono venuto nel nome di Dio e intendo rivolgermi a voi come lui in persona vi parlerebbe. Accogliete quindi questa mia parola come un dono del Signore stesso.


3. Innanzitutto una parola di speranza. Certo, sembra a prima vista una parola fuori posto. Quest'ambiente e l'esperienza sofferta che vivete sembrano parlarvi tutt'altro linguaggio. Eppure io sento l'audacia di dirvi che dovete, che potete sperare. Parlo della speranza cristiana, quella che nasce dalla certezza che Dio ama noi creature, che è Padre di misericordia, che ha inviato suo Figlio Gesù perché noi tutti fossimo salvati. Voi sapete che Gesù è stato vicino soprattutto ai sofferenti e ai tribolati; ricordate che non ha esitato a identificarsi con un prigioniero: "Ero in prigione e siete venuti a trovarmi" (Mt 26,36). E io sono qui per esortarvi a sperare, a credere che il Signore ha un messaggio per ognuno; a guardare alla vita con occhi nuovi, a pensare anche che qualcuno vi vuol bene e vi attende, Con la speranza, ecco il dono della fiducia.

Fiducia in Dio, innanzitutto; e, grazie a lui, fiducia in voi stessi e negli altri uomini. Come vorrei convincervi che il Signore per primo crede e ha fiducia in voi! Insieme con lui, anch'io ho fiducia nelle vostre possibilità di bene, che sono tante e forse più grandi di quanto voi stessi pensate; sono certo che saprete sviluppare tutte le potenzialità e le disposizioni buone che conservate nel cuore. Qualunque sia il passato e per quanto si preannunci difficile il futuro, sappiate che il Signore non vi abbandonerà, ma vi sta accanto e vi sostiene.

E, infine, una parola di liberazione. Se non mi è possibile donarvi la libertà fisica, vi posso annunciare il segreto della liberazione spirituale e morale. Anche questa libertà, che tocca il profondo del cuore umano, si trova in Gesù, il nostro liberatore. Egli si presento proprio come colui che proclamava "la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri" (Is 61,1). Con tale missione, non intese soppiantare gli ordinamenti costituiti. Egli mirava ad una liberazione più profonda e più vera, quella interiore. Voleva, e vuole, condurre l'uomo dalla schiavitù di se stesso, dell'egoismo, della cattiveria e dell'ingiustizia, alla liberazione autentica, cioè alla capacità di cambiare, di rinnovarsi interiormente, di "rinascere", di diventare persona nuova.

Questo è possibile, può avvenire in qualsiasi circostanza, potrebbe essere il miracolo dell'attuale vostra permanenza in questa casa.

Sono certo, figli cari, che accoglierete con cuore aperto questo mio augurio. Con esso vi lascio, mentre saluto le autorità carcerarie, i cappellani, tutto il personale e mentre esprimo la mia gratitudine a quanti hanno collaborato a rendere possibile questo incontro.

A tutti la mia benedizione.

Data: 1984-05-27 Data estesa: Domenica 27 Maggio 1984




Alle autorità - Piazza del Plebiscito (Viterbo)

Titolo: Viterbo, terra cristiana ricca di storia e di fede vissuta

Testo:

Onorevole signor ministro! Signor sindaco!


1. Ringrazio vivamente per le fervide espressioni che mi sono state rivolte a nome anche del governo italiano e del presidente della Repubblica come pure di tutti i cittadini di Viterbo, illustre capoluogo della Tuscia, e di quelli di Tuscania, Montefiascone, Acquapendente e Bagnoregio, strettamente uniti tra loro da profondi vincoli ecclesiali, oltre che da legami storici e geografici. Ringrazio parimenti le autorità civili e militari, dei comuni, della provincia e della regione del Lazio, per la calorosa accoglienza riservatami in questa mia visita che avviene nel quadro di importanti anniversari: di santa Rosa, celeste patrona di questa città; di santa Giacinta Marescotti, che tanta parte ebbe nella storia della società viterbese del secolo XVIII; e del ritorno del venerato corpo di san Crispino, che ho avuto la gioia di elevare alla gloria degli altari nel 1982.

A tutti e a ciascuno di voi rivolgo il mio affettuoso saluto, unitamente ai più calorosi voti di pace, di letizia e di prosperità spirituale e materiale.


2. Nel giungere in questa terra che fu il cuore dell'antica Etruria, sale al mio pensiero una lunga sequenza di vicende storiche, le quali, affondando le radici nel vetusto ceppo etrusco, si sono arricchite attraverso i secoli col susseguirsi di generazioni e di popoli nuovi, quali i romani, i longobardi e i franchi, e hanno impresso nell'animo di questo popolo un'indole propria, fatta di apertura mentale e culturale e di un grande senso del rispetto dell'uomo e dei suoi valori.

La nota forse più caratteristica di questa terra è la sua viva adesione alla fede cristiana, alimentata e consolidata da pastori, prelati e religiosi insigni per dottrina e santità. E' superfluo ricordare i nomi dei cardinali Brancaccio, del teologo e filosofo Egidio da Viterbo, di santa Lucia Filippini e della beata Rosa Venerini, fondatrici delle Maestre pie, perché, insieme con i santi già menzionati, sono a voi ben noti e formano il vostro vanto.

Terra cristiana, questa, che è stata anche onorata dalla presenza di alcuni miei predecessori, i quali furono qui eletti alla cattedra di Pietro o qui sostarono per un determinato periodo di tempo o qui riposarono nella pace del Signore. Tra questi miei venerati predecessori, mi piace ricordare Gregorio X che fu qui eletto papa, e che venne poi elevato agli onori dei beati; e Clemente IV, il quale - come ha ricordato il signor ministro Giulio Andreotti - canonizzo in questa città santa Edvige, duchessa di Polonia.


3. Il ricordo di questa ricca trama di storia e di fede si fonde con la realtà presente del Viterbese, il quale è ben inserito nel concerto degli sforzi che la cara nazione italiana sta compiendo per una sempre maggiore elevazione morale, culturale, civile e sociale dei suoi abitanti. Tale impegno costruttivo ha portato - dopo i gravi danni provocati dal bombardamento aereo dell'ultimo conflitto mondiale e, nel 1971, dal terremoto di Tuscania - a una rinascita e ha fatto registrare una ripresa nei vari settori della vita pubblica e dell'economia.

Ma accanto a questi confortanti traguardi raggiunti, non mancano, purtroppo, talune situazioni che attendono ancora una conveniente soluzione. Penso a quanti sono ancora privi di un lavoro sicuro e ben rimunerato o di una casa dignitosa; penso ai lavoratori dei campi che abitano in casolari isolati e ancora non hanno in misura sufficiente il conforto di un'adeguata assistenza sociale, culturale e religiosa; penso a coloro che sono afflitti dal triste fenomeno della droga e a quanti sono portatori di handicap. Il dramma di questi nostri fratelli forma il mio dramma interiore: desidero assicurarli che sono vicini al mio cuore e che prego perché i loro problemi e le loro dolorose situazioni trovino presto adeguata soluzione.

Nell'attesa di poter deporre ai piedi dell'antica statua della Vergine santissima della Quercia le intenzioni, le necessità e le ansie di tutti i viterbesi, invoco su ciascuno di voi una grande benedizione con l'auspicio che essa discenda su questa città e su tutto l'Alto Lazio fecondatrice di abbondanti favori celesti.

Data: 1984-05-27 Data estesa: Domenica 27 Maggio 1984




Alle suore - Santuario di Santa Rosa (Viterbo)

Titolo: E' urgente difendere il valore della vocazione religiosa

Testo:


1. Ringrazio innanzitutto monsignor vescovo per le calde e affettuose parole, con le quali ha voluto introdurre questo nostro incontro, e voglio esprimere la mia gioia profonda per essere qui tra voi, sorelle carissime, a ricordare, con gratitudine a Dio, gli importanti anniversari di due grandi figure femminili che hanno illustrato e illustrano, con il loro esempio di santità, la storia viterbese: il 750° anniversario della nascita di Santa Rosa e il 400° della nascita di santa Giacinta Marescotti.

Care religiose di vita contemplativa e di vita attiva qui presenti, quale più bella occasione che questa della commemorazione delle due sante, per meditare brevemente assieme, alla luce della loro testimonianza sempre attuale, il significato e il valore della vocazione religiosa? Pensare e ripensare con chiarezza a questo grande tema della vita cristiana non è mai inutile, perché continuamente e direi quasi ogni giorno è necessario difendere questo altissimo valore da una serie persistente di insidie, a volte assai sottili, per mezzo delle quali lo spirito del male vorrebbe distruggerlo.


2. Santa Rosa e santa Giacinta, come del resto ogni anima che vuol seguire veramente Cristo, soprattutto se si tratta di vita consacrata, ci insegnano, con la loro vita, quella che potrei definire la "gioiosa serietà" dell'impegno che si assume davanti a Dio quando si risponde alla sua chiamata: gioia, per la consapevolezza dell'amore speciale del quale si è immeritatamente oggetto; serietà, sapendo che tale chiamata coinvolge, concretamente, il senso totale della nostra esistenza. La vocazione cristiana e battesimale e, ancor più, quella religiosa, che ne è uno sviluppo, toccano l'intimo del nostro essere davanti a Dio. Col nostro atteggiamento - positivo o negativo - davanti ad essa, noi mettiamo in gioco il nostro destino eterno.

Ma ciò, che cosa suppone? Evidentemente la capacità di mettere la nostra esistenza in rapporto con l'assoluto, con l'eterno, cioè - in definitiva - con Dio; suppone, in altre parole, la capacità di scoprire a fondo quell'immagine di Dio che è in noi e che anzi noi siamo. E' solo cogliendo, con una speciale attitudine all'ascolto, questa "scintilla" di eterno che c'è nel nostro spirito - la chiamata divina - che noi, superando il caduco e il contingente, potremo prendere quella decisione definitiva sul senso della nostra esistenza, decisione che, come è un atto di fiducia nell'aiuto divino, così è anche il segno della vera maturità umana. In questo libero vincolarsi per sempre a Dio - s'intende dono un periodo di prudente verifica - noi raggiungiamo la vera libertà e compiutezza della nostra personalità, in senso umano prima ancora che cristiano. "Umanità matura, infatti - come dicevo nella mia enciclica "Redemptor Hominis" (RH 21) -, significa pieno uso del dono della libertà... E questo dono trova la sua piena realizzazione nella donazione senza riserve di tutta la persona umana creata, in spirito di amore nuziale a Cristo" e, attraverso Cristo, all'intera umanità.


3. Una delle cause della scarsità di vocazioni e delle stesse defezioni, è il timore di prendere decisioni definitive e vincolanti circa l'orientamento di fondo della nostra vita.

Santa Rosa e santa Giacinta - come pure la beata Gabriella Sagheddu, i cui resti mortali sono custoditi in uno dei vostri monasteri, quello di Vitorchiano - ci ricordano col loro fulgido esempio la necessità di avere la forza di superare tale timore che proviene dall'elemento di incertezza proprio della nostra esistenza e di affermare, con coraggiosa umiltà, la dignità del nostro essere di chiamati alla vita eterna, e quindi a decisioni irrevocabili. E' questa la via per realizzare veramente la propria personalità umana e cristiana.


4. In santa Rosa vediamo l'esempio di questa generosa e totale adesione alla chiamata divina. Nella sua pur breve esistenza, l'eroica convinzione con la quale essa seppe accogliere nella sua vita la parola di Dio ci rende consapevoli del grado e dell'intensità con cui visse la sua fedeltà incondizionata a Dio.

Ammirevole è in questa giovane la professione pubblica della sua fede: un atteggiamento che denota in lei quella dedizione al bene comune della società e della Chiesa, che costituisce una delle componenti essenziali dell'amore cristiano verso il prossimo, fondato, come sappiamo, sull'ascolto e la pratica della volontà divina. E' infatti dalla sua intimità con Cristo Signore, e dalla disponibilità al suo Spirito, che Rosa trasse quella mirabile sapienza e fortezza, che le consentirono di svolgere il suo apostolato, nonostante le difficoltà e le opposizioni che essa incontro.

Per questi motivi, pur nella profonda mutazione dei tempi, è importante punto di riferimento per tutte le giovani e le donne cristiane che vogliono realizzare in pienezza e con vera libertà la dimensione sociale ed ecclesiale della loro personalità.


5. In santa Giacinta, poi, in modo particolare, vediamo l'esempio di come la fedeltà all'assoluto divino, propria della consacrazione religiosa, richieda sempre il mutuo sostegno che devono prestarsi il momento della contemplazione e quello dell'azione come componenti di un unico movimento che è cammino verso il regno di Dio e progresso nella santità.

Non cedete mai alla tentazione di separare e contrapporre tra loro quei due momenti, né di sottolineare l'uno a scapito dell'altro, ma invece impegnatevi continuamente, nel vostro pensiero e nella pratica di vita, a unirli strettamente tra loro pur nella necessaria distinzione.

L'esempio di santa Giacinta è un invito per tutte voi, care sorelle monache e suore, ad approfondire i legami spirituali che intercorrono tra le vostre rispettive vocazioni - contemplativa e attiva - nel rispetto e nella fedeltà assoluta al carisma specifico che il Signore vi ha dato.

Uno scambio più intenso tra voi, realizzato in questo spirito, non potrà che perfezionare il vostro cammino religioso e render più fecondo il vostro servizio ai fratelli.

I monasteri sapranno cogliere meglio la loro inserzione nel tessuto sociale ed ecclesiale nel quale vivono e quindi meglio corrispondere, secondo i loro compiti specifici, alle attese spirituali dei fratelli. Le comunità di vita attiva, dal canto loro, potranno comprendere meglio come il segreto della vera efficacia apostolica e missionaria si trova nella capacità di realizzare, nel corso della giornata, un adeguato spazio di preghiera e di intimo e filiale colloquio col Signore.


6. Ecco, care sorelle, i pensieri che questa felice occasione ha fatto sorgere nel mio animo. Mettetevi alla scuola dei santi con decisione e fiducia. Certamente, dovete saper cogliere la sostanza del loro insegnamento, al di là degli aspetti caduchi, presentandola con un linguaggio comprensibile agli uomini di oggi e applicandola alle necessità proprie del nostro tempo.

Con tali fervidi auspici, vi saluto tutte cordialmente, ricordando in modo speciale le anziane, le ammalate, le sofferenti, coloro che hanno faticato a lungo nella vigna del Signore. A tutte, nel nome della beatissima Vergine, va il mio augurio di continuo progresso nella sequela di Cristo.

Il fatto che in questo santuario siano conservate le spoglie mortali di Mario Fani, appartenente a quel gruppo di laici dal cui entusiasmo apostolico nacque l'Azione cattolica italiana, mi induce a chiedervi di pregare perché l'impegno di testimonianza cristiana continui a trovare nel Viterbese cuori generosi di giovani e di adulti disposti a spendersi coraggiosamente per l'avvento del regno di Cristo nel mondo d'oggi.

Nell'invocare su di voi la protezione della Vergine santissima, di cuore vi benedico.

Data: 1984-05-27 Data estesa: Domenica 27 Maggio 1984




Recita del Regina coeli - Palazzo dei Papi (Viterbo)

Titolo: Invito a intensificare la devozione a Maria santissima

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.


1. E' ora di onorare la Vergine Maria con la recita del Regina coeli. Vorrei che la lode mariana che stiamo per innalzare fosse anzitutto un fervido ringraziamento a colei che la Chiesa venera come la Madre santissima del Redentore; a colei che la Chiesa, corpo mistico di Cristo, considera anche come propria Madre; a colei che in Viterbo ha lasciato nei secoli tanti segni della sua materna, amorevole protezione.

Le cronache viterbesi narrano che nell'agosto del 1467 tutta l'Etruria meridionale fu colpita dal flagello della peste. Trentamila persone si radunarono in Campo Graziano e invocarono la protezione della Vergine Maria sulla città di Viterbo. La peste cesso e non molti giorni dopo quarantamila persone tornarono a ringraziare. Quale segno visibile di riconoscenza, sorse il santuario della Quercia tanto venerato e onorato dai fedeli di questa regione e anche dai sommi pontefici.

Ho voluto evocare questo evento storico per sottolineare come anche Viterbo sia e si riconosca quale città mariana, per cui desidero esortarvi a intensificare la vostra devozione a Maria santissima, scudo e difesa anche contro i mali della società odierna. Essa vi accompagni e vi protegga.


2. Vi invito a mettere nelle sue mani anche le vocazioni sacerdotali e religiose della vostra città e diocesi. So che sono presenti le famiglie dei seminaristi del Viterbese. Nel salutarle, a nome della Chiesa ringrazio questi genitori che consentono ai loro figli di seguire la divina chiamata e li esorto a sostenerli con la preghiera e l'esempio fino alla meta del sacerdozio e ancora oltre. Nello stesso tempo estendo alla comunità di Tuscania, Montefiascone, Acquapendente e Bagnoregio l'invito a rivolgersi a Maria, Regina degli apostoli, perché illumini, protegga e difenda le famiglie cristiane, da cui le vocazioni sacerdotali e religiose traggono la prima linfa vitale.

La Chiesa intera ha bisogno di anime generose che accettino di spendere interamente le proprie energie per il Vangelo. E' un problema grave che coinvolge tutti, perché è soprattutto dalla loro presenza che dipende l'animazione cristiana della società. E' un problema fondamentale per la Chiesa, la cui soluzione rappresenta la verifica della sua vitalità spirituale e insieme la condizione stessa di tale vitalità; la condizione della sua missione e del suo sviluppo.

Nella gioia pasquale, contempliamo Maria, Regina del cielo, accanto al suo Figlio glorificato; preghiamola oggi e dopo per le vocazioni nella vostre comunità e in tutta la Chiesa: le susciti numerose e ottenga per esse i lumi dello Spirito Santo.

Inviti alla preghiera Di giorno in giorno si aggrava la guerra tra Iran e Iraq e si accumulano sempre più le rovine, le distruzioni, le morti - si parla di trecentomila morti in quattro anni - che funestano la vita di quelle due nazioni. E' una lotta che minaccia di allargarsi ai Paesi vicini, e di fare esplodere una crisi ancor più grave che coinvolgerebbe tutta l'area, con ripercussioni forse non controllabili.

Dobbiamo pregare perché il Signore illumini tutte le autorità responsabili a compiere un deciso sforzo di buona volontà che, superando le difficoltà registrate nei tentativi di composizione finora tentati, possa riportare la pace tra due popoli fratelli che certamente la desiderano e la invocano.

Qualche giorno fa ho ricevuto la signora Tatiana Bonner, che mi ha chiesto di pregare e di far pregare per il padre adottivo, il professor Andrej Sacharov, e per la madre Yelena. Lo faccio di tutto cuore e raccomando a voi di pregare perché Iddio voglia esaudire l'aspettativa e l'augurio di quanti, personalità e uomini di varie nazioni e di ogni ceto, trepidano per la salute e la libertà dello scienziato e della consorte.

Preghiamo anche per tutte le persone, uomini e donne, che sono detenuti, confinati o sottoposti a restrizioni di libertà, in ogni regione o situazione, a causa delle loro intime convinzioni: un gran numero di essi, di diversa confessione religiosa, soffre per l'attaccamento alla propria fede. Non se ne parla molto, come succede specialmente quando i fatti sono generalizzati, e si prolungano da anni, talvolta da decenni. Gran parte di quei testimoni è ignota ai più: Dio solo conosce uno per uno questi eroi della fede. Preghiamo perché essi siano sostenuti spiritualmente nella prova e si affretti il momento della loro completa libertà.

Data: 1984-05-27 Data estesa: Domenica 27 Maggio 1984




Ai sacerdoti - Santuario della Quercia (Viterbo)

Titolo: I sacerdoti sono necessari perché Cristo è necessario

Testo:

Carissimi sacerdoti, religiosi, seminaristi.


1. Uno degli incontri che ho atteso con maggior desiderio nell'odierno pellegrinaggio pastorale, è questo che ho con voi, qui nello splendido santuario della Madonna della Quercia, che da secoli è il centro e il cuore della devozione mariana di Viterbo.

Il mio primo sentimento è, in questo momento, una profonda gioia nel trovarmi insieme con coloro che - siano essi presbiteri diocesani o appartenenti a ordini e congregazioni religiose - mediante l'imposizione delle mani del vescovo partecipano per sempre alle funzioni e ai poteri salvifici del Cristo, sommo ed eterno sacerdote; né intendo dimenticare le persone consacrate, che svolgono un prezioso apostolato ecclesiale in molti e importanti settori, quali la catechesi, l'educazione, l'assistenza agli infermi; e ricordo anche i seminaristi, che celebrano quest'anno il 50° anniversario del seminario regionale, contiguo a questo tempio, sacro alla Madre di Dio. Un particolare pensiero di compiacimento e di stima rivolgo al vostro zelante pastore, monsignor Luigi Boccadoro, il quale ieri, 26 maggio, ha celebrato il 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. A lui porgo i miei cordiali auguri.

Questo incontro ci dà la possibilità di rimeditare insieme - sotto lo sguardo materno della Vergine santissima - sul significato della nostra vita, della nostra "identità" sacerdotale, cioè sul senso autentico e profondo, che deve animare e orientare tutte le nostre giornate, tutte le nostre azioni, dal momento che ci siamo donati a Dio e da lui, mediante la Chiesa, abbiamo ricevuto il dono mirabile del sacerdozio ministeriale, per essere cooperatori dell'ordine episcopale, nella realizzazione della missione apostolica affidata da Cristo alla sua sposa, la Chiesa.

Con felice sintesi il Concilio Vaticano II ha affermato che "il fine a cui tendono i presbiteri con il loro ministero e con la loro vita è la gloria di Dio Padre in Cristo" (PO 2). Tale gloria consiste nel fatto che gli uomini accolgono con consapevolezza, con libertà e con gratitudine l'opera perfetta di Dio realizzata in Cristo e la manifestano in tutta la loro vita.

Pertanto, quando i presbiteri vivono intensamente la loro realtà sacerdotale o dedicandosi alla preghiera, o all'adorazione, o alla predicazione della parola di Dio, o all'offerta del sacrificio eucaristico, o al ministero della riconciliazione, o agli altri sacramenti, essi danno un personale, prezioso, meritorio contributo all'aumento della gloria di Dio e all'arricchimento degli uomini nella vita divina.


2. Appena da qualche mese ho chiuso - con commozione e con trepidazione - la Porta Santa della basilica di San Pietro a conclusione dell'Anno giubilare della Redenzione, dell'anno della misericordia del Signore.

E in quest'Anno Santo straordinario, che è stato vissuto con grande fervore in tutte le Chiese particolari, io mi sono rivolto in modo speciale ai presbiteri, non solo perché approfondissero la coscienza del mistero della redenzione, sorgente viva del sacerdozio sacramentale, ma perché fossero lieti e degni ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio (cfr. 1Co 4,1).

Quante grazie, quanta misericordia, quanto perdono Dio ha elargito in quest'Anno Santo mediante l'opera generosa e indefessa dei sacerdoti di tutto il mondo, e anche mediante il ministero di voi qui presenti, sacerdoti e religiosi di Viterbo! Il ringraziamento che ho rivolto in tante circostanze ai presbiteri di tutta la Chiesa, lo rivolgo oggi pure a voi, che conservate certamente nel segreto del vostro cuore il ricordo del ritorno di tanti fratelli alla casa del Padre! Alla luce dell'esperienza dell'Anno Santo straordinario desidero dirvi in questo incontro: carissimi confratelli nel sacerdozio, siate sempre in ogni circostanza degni sacerdoti di Cristo! In modo del tutto speciale voi siete e dovete essere ministri della parola di Dio (cfr. 2Co 11,7). E' il primo vostro dovere quello dell'annuncio del messaggio di Cristo (cfr. Ga 2,5).

Questo impegno prioritario comporta un continuo studio - unito a un'approfondita meditazione - della Sacra Scrittura, dei padri, della tradizione, del magistero della Chiesa. Questo annuncio potrà e dovrà esprimersi e concretizzarsi - secondo le circostanze e le persone - in varie forme: potrà essere catechesi; o esame dei problemi del nostro tempo alla luce della rivelazione divina; o ulteriore approfondimento secondo le diversificate esigenze, ma tenendo sempre presente che il sacerdote non può né deve predicare se stesso, una sua personale concezione della realtà, una propria ideologia, ma deve annunciare, con la parola e con la vita, Cristo e Cristo crocifisso (cfr. 1Co 1,23 1Co 2,2), comunicando il Vangelo che è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16).


3. Voi siete inoltre ministri dei sacramenti, e in particolare dell'Eucaristia e della Riconciliazione. Vorrei esortarvi ad aprire sempre più largamente gli occhi per scoprire più profondamente che cosa vuol dire celebrare l'Eucaristia, il sacrificio di Cristo stesso, affidato alle nostre labbra e alle nostre mani di sacerdoti nella comunità della Chiesa; per capire meglio che cosa significa rimettere i peccati e riconciliare le coscienze umane col Dio infinitamente santo, col Dio della verità e dell'amore; che cosa vuol dire operare "in persona Christi", nel nome di Cristo.

Voi siete i servitori di una causa straordinaria, sublime, soprannaturale! E questo comporta ed esige una chiara coscienza della grandezza e della missione che Cristo vi ha affidato per le mani della Chiesa; comporta ed esige una vita interiore e una testimonianza anche esteriore in perfetta sintonia e coerenza con tale altissima finalità. Tutto ciò può essere umanamente duro e difficile. Ma Cristo, che vi ha chiamati alla sua sequela, per farvi strumenti qualificati della sua redenzione, vi darà lui la grazia e la forza per compiere degnamente la vostra missione. Sarà necessario pregare, pregare senza mai stancarsi (cfr. Lc 18,1); chiedere la forza corroborante dall'alto nel colloquio continuo dell'orazione e della meditazione; essere sempre uniti a Cristo, vita della nostra vita (cfr. Ga 2,20)! Non cedete allo scoraggiamento dinanzi alle oggettive difficoltà dell'apostolato odierno; ma, specialmente, non cedete alla tentazione, più diffusa nella mentalità efficientistica contemporanea, della "inutilità" del vostro ministero.

Nell'omelia per la celebrazione del giubileo dei sacerdoti (n. 5) ho detto: "Chiediamo a Cristo una sola cosa: che ciascuno di noi sappia servire meglio, più limpidamente e più efficacemente, la sua presenza di Pastore in mezzo agli uomini del mondo odierno! Questa è, insieme, cosa tanto importante per noi, affinché non ci prenda la tentazione dell'inutilità, cioè la tentazione di sentirci superflui. Perché ciò non è vero. Noi siamo necessari più che mai, perché Cristo è necessario più che mai! Il Buon Pastore è più che mai necessario!".


4. Prima di compiere il rito di incoronare la venerata effige della "Madonna della Quercia", dinanzi alla quale tante volte siete venuti a pregare e a meditare, desidero rendermi interprete dei vostri sentimenti elevando una preghiera alla Vergine Maria, perché ci protegga e ci sostenga.

O Madonna della Quercia, da secoli il popolo fedele di Viterbo ti venera con tenera devozione e con fervida fiducia in questo santuario, che l'arte ha reso bello, luminoso e accogliente. Tanti secoli fa un uomo, inseguito dai suoi nemici, stanco e angosciato si getto ai piedi della tua immagine posta su una quercia, abbracciandone il tronco e affidando a te, unica e ultima sua speranza, la sua vita ormai in imminente pericolo. Tu lo salvasti! Oggi anch'io, successore di Pietro, vengo pellegrino e supplice a venerarti, a implorarti, a chiedere il tuo aiuto per la Chiesa e per l'umanità intera. Salva anche noi, o Vergine santissima! Proteggi la Chiesa in cammino su questa terra tra pericoli e insidie. Fa' che essa sia sempre segno e strumento della redenzione operata dal tuo Figlio! Proteggi questa città e i suoi abitanti da tutti i mali, ma in particolare dal male del peccato, che separa dal tuo Figlio divino, il quale si è incarnato, è morto ed è risorto per la nostra salvezza! Proteggi i sacerdoti, questi sacerdoti. Fa' che giorno per giorno ravvivino, nella fede e nella preghiera, il dono di Dio, che hanno ricevuto per l'imposizione delle mani del vescovo (cfr. 2Tm 1,6); che siano sempre lieti e infaticabili testimoni e ministri della redenzione! Proteggi i religiosi, questi religiosi! Fa' che, mediante la gioiosa realizzazione dei consigli evangelici della castità, povertà e obbedienza, diano qui in terra una credibile testimonianza dei cieli nuovi e della terra nuova, che attendiamo nella fede e nella speranza cristiane (cfr. Is 65,17 2P 3,13).

Proteggi i seminaristi, questi seminaristi, che si preparano al sacerdozio! Fa' che si aprano sempre docilmente alla parola del tuo Figlio, il quale li ha chiamati alla sua sequela. Suscita nei giovani di oggi, che sono alla ricerca di ideali e di valori autentici, la disponibilità a servire Dio con tutto lo slancio della loro età! O Madonna della Quercia, fa' che i popoli e le nazioni vivano nella concordia, nella giustizia, nella pace! Amen!

Data: 1984-05-27 Data estesa: Domenica 27 Maggio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - A suore filippine - Città del Vaticano (Roma)