GPII 1984 Insegnamenti - A un gruppo di Orsoline - Città del Vaticano (Roma)

A un gruppo di Orsoline - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniare l'amore anche con il sacrificio

Testo:

Carissime sorelle.


1. Nel rivolgervi il mio saluto cordiale, vi ringrazio di cuore per la vostra venuta qui, nella casa del Papa, in rappresentanza dell'intera congregazione delle Suore Orsoline del Cuore di Gesù agonizzante. Saluto la madre generale e il governo della Congregazione, da poco rinnovato, insieme con le sorelle venute da diversi Paesi. Sono grato alla Congregazione anche per la collaborazione che presta alla Santa Sede.

Saluto poi i giovani, i bambini, i collaboratori e gli amici, che con la loro presenza recano una testimonianza del vasto e multiforme lavoro svolto in vari campi dall'Istituto.

Vi trovate qui allo scopo di celebrare per la prima volta, oggi 29 maggio, la festa della fondatrice Orsola Ledochowska, che io stesso ho avuto la gioia di proclamare beata lo scorso anno, in occasione del mio pellegrinaggio apostolico in Polonia. Siete convenuti a Roma, dove si trovano le spoglie mortali della beata Orsola, per sentire dalle labbra del successore di Pietro una parola d'incoraggiamento e di guida. Ebbene, io voglio dirvi subito che l'orientamento e la spinta ad andare avanti per la vostra strada scaturiscono dalla considerazione della vita della stessa beata fondatrice e dagli indirizzi più recenti della Chiesa in tema di vita consacrata.


2. La vita della beata Orsola è così ricca di vicende, di insegnamenti e di opere da costituire di per sé un modello stimolante per chiunque voglia soffermarsi a considerarne l'uno o l'altro aspetto. Come non restare colpiti, in particolare, dal modo in cui seppe vedere in ogni circostanza un segno dei tempi per servire Dio e i fratelli? Per chi crede, ogni piccolo episodio diventa occasione di realizzare i disegni divini.

La nostra beata venne alla luce in una famiglia che ha dato alla Chiesa figure di grande rilievo. Lo zio paterno fu cardinale e primate di Polonia; il fratello Vladimiro, preposito generale della Compagnia di Gesù; la sorella Teresa, fondatrice a sua volta di un'altra congregazione religiosa, è stata beatificata dieci anni or sono. Ma la beata Orsola si distinse subito non tanto per privilegio di famiglia quanto per il vigore della sua spiccata personalità.

Le vicende storiche del suo tempo, straordinariamente varie e drammatiche, la misero in condizione di visitare vari Paesi d'Europa; ed essa, senza mai perdersi d'animo, seppe profittare di tutto per lasciare dovunque l'impronta del suo stile e della sua incondizionata dedizione a Dio e ai fratelli.

Dall'Austria, dove era nata, passo, giovanissima, nel convento delle Orsoline di Polonia, e a Cracovia, dove apri il primo pensionato universitario, diede subito un saggio del suo dinamismo apostolico.

A Pietroburgo sviluppo talmente le attività della casa della sua Congregazione da trasformarla in convento autonomo, annettendovi altresi un pensionato per giovani polacche, e costituendovi un luogo d'incontro ecumenico fra cattolici di vari riti, ortodossi e protestanti.

Il suo amore per tutti le faceva anticipare i tempi. A seguito dello scoppio della Prima guerra mondiale, la beata Orsola fu costretta a girovagare per il Nord d'Europa, in Svezia e in Danimarca, dove diede vita a nuove iniziative: opere a servizio delle vittime di guerra, degli orfani ed emigrati, con ambulatori gratuiti, scuole, congregazioni mariane, stampa periodica e conferenze. Imparava a parlare la lingua del luogo per poter meglio comunicare con tutti.

Queste peregrinazioni furono per lei la scuola della Provvidenza, che la spinsero, finita la guerra e rientrata in Polonia, a fondare la nuova Congregazione delle Orsoline del Cuore di Gesù agonizzante, per la quale ottenne l'approvazione definitiva da parte della Santa Sede a Roma, dove chiuse la sua esistenza ricca di anni e di meriti.


3. Oggi la Congregazione, diffusa in vari Paesi d'Europa e d'America, con la sua larga fascia di attività, riflette la grandezza dello spirito della fondatrice.

Sotto la gamma apparentemente variegata di opere s'intravede un'unità di fondo e d'ispirazione, consistente nel criterio di lavorare là dove maggiore è il pericolo e il bisogno. E' un criterio eminentemente evangelico, che la Chiesa raccomanda oggi alle sue figlie e ai collaboratori della congregazione come impegno di lavoro per restare in sintonia con il carisma ispirato dall'alto.

La beata considerava le sue figlie come le operaie attive di Cristo, che fanno scaturire l'azione esterna dalla profondità della fede vissuta. Non può esservi attività evangelicamente feconda senza il continuo ed intimo rapporto con colui che è amore e vita. La linea di comportamento è lucida e semplice: "La missione specifica della Congregazione delle Orsoline del Sacro Cuore di Gesù agonizzante - ella affermava - è annunciare Cristo, l'amore del suo Cuore, attraverso tutte le forme di attività che abbiano lo scopo di diffondere e approfondire la fede, specialmente attraverso l'insegnamento e l'educazione dei bambini e della gioventù e il servizio ai nostri fratelli più bisognosi e oppressi".

Attenta ai bisogni del tempo, nel quale la Provvidenza la chiamo a vivere, la beata Orsola intese rispondere alle esigenze di un mondo in profonda trasformazione con la tranquillità interiore che le veniva dalla comprensione che Dio è nostro Padre, con la gioia della riscoperta assidua della verità sempre nuova del Vangelo, con l'umiltà di un infaticabile servizio ai fratelli, sentiti come il sacramento della presenza sempre attuale di Cristo.


4. Care sorelle, la Chiesa guarda con particolare attenzione agli istituti di vita consacrata per il rinnovamento dell'intero popolo di Dio. A quanti ne fanno parte ho rivolto con singolare fiducia una speciale esortazione apostolica nel corso dell'Anno Giubilare per spronarli a dare la loro testimonianza di amore. Voi la darete se, consapevoli di un così grande dono, resterete nello spirito della vostra fondatrice, con la disponibilità al sacrificio che vi ispira il cuore del Redentore agonizzante.

Cari fratelli, che collaborate con le figlie della beata Orsola o ne siete alla scuola, anche voi, se siete animati da spirito di amore e di servizio, potrete offrire al mondo di oggi la vostra incisiva testimonianza.

Se è vero che alla Chiesa nel suo insieme incombe la missione di portare l'annuncio evangelico ad ogni creatura, a voi laici spetta il compito specifico di animare cristianamente le realtà temporali. Voi dovete contribuire a costruire un mondo più umano, nel quale abbiano un'attenzione sempre più piena i valori della giustizia, della libertà, della pace. Su voi incombe la responsabilità di denunciare tutte quelle situazioni, in cui sono conculcati i diritti fondamentali della persona, offrendo nella vostra vita l'esempio concreto della novità che Cristo ha portato nel mondo: una vita non di semplici uomini, ma di figli di Dio, che hanno nel comandamento "nuovo" dell'amore la loro legge fondamentale. E' un ideale altissimo, che richiede un'energia straordinaria per essere attuato. Dove potrete attingere quest'energia preziosa, in assenza della quale ogni sforzo risulterebbe vano? E' la stessa beata Orsola a darvi la risposta desiderata.

Riserva inesauribile di ogni spirituale energia è il Cuore di Cristo. A lui dovete quindi rivolgervi con la preghiera assidua, con la riflessione personale sulla sua eterna parola, con la partecipazione fervorosa ai sacramenti. Ecco, carissimi: in Cristo incontrato, amato, imitato, lasciato vivere in voi mediante il suo Spirito, voi troverete la sorgente inesauribile di un dinamismo spirituale, che trasformerà la vostra vita e ne farà quel "pugno di lievito" capace di fermentare l'intera massa.

Con questo auspicio imparto a tutti di cuore la benedizione apostolica.

Data: 1984-05-29 Data estesa: Martedi 29 Maggio 1984










Lettera apostolica ai vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ringraziamento per la partecipazione al sacro Giubileo

Testo:

Carissimi fratelli nel ministero episcopale.

La domenica di Pasqua ho chiuso con trepida emozione la Porta Santa, che avevo aperto il 25 marzo 1983, dando inizio al Giubileo straordinario della redenzione in spirituale unione con voi, che lo inauguravate con me nelle vostre diocesi.

Dopo la felice conclusione di questa indimenticabile esperienza ecclesiale, desidero esprimere a voi tutti la mia viva gratitudine per la spirituale partecipazione e la pastorale sollecitudine con cui avete attuato nelle vostre Chiese particolari la celebrazione giubilare. Il vostro zelo ha moltiplicato gli sforzi per aiutare i fedeli a vivere le grandi finalità soprannaturali indicate per il Giubileo, quali la conversione interiore e la riconciliazione con Dio, con se stessi e con gli altri, mediante soprattutto una più intensa partecipazione ai sacramenti, in special modo alla Penitenza e all'Eucaristia, e un maggiore impegno nel religioso ascolto della parola di Dio.

E' confortante e significativa la sorprendente disponibilità con cui i fedeli hanno risposto all'invito loro rivolto di vivere con particolare interiorità il dono del Giubileo.

Il mio ringraziamento s'indirizza pertanto a voi, cari fratelli nell'episcopato, e a tutti i sacerdoti, vostri collaboratori che, accogliendo con prontezza il mio annuncio, avete promosso con saggia azione pastorale opportune iniziative perché il Giubileo fosse adeguatamente attuato.

Ogni pastore non può non rallegrarsi del vasto movimento di rinnovamento spirituale, che questa particolare occasione di grazia ha suscitato. L'Anno Giubilare ha visto la generosa e convinta partecipazione del laicato, soprattutto giovanile, sia a livello delle singole diocesi che della Chiesa universale. Ai giovani è stato rivolto l'invito ad aprire le porte a Cristo, ed essi lo hanno gioiosamente accolto; è stata data a loro fiducia, ed essi hanno dimostrato di meritarla, E' questa la linea su cui occorre proseguire con rinnovata speranza in questo scorcio del secolo verso il terzo millennio dell'èra cristiana.

L'Anno Santo ha visto pure l'impegno generoso dei sacerdoti e dei religiosi, i quali hanno potuto meglio comprendere e apprezzare la loro specifica identità di testimoni del regno, di annunciatori della parola di Dio, di ministri dei sacramenti, specialmente di quelli dell'Eucaristia e della Riconciliazione.

ciò si è reso particolarmente evidente nelle iniziative prese a livello parrocchiale e diocesano, come anche nei tanti pellegrinaggi da essi guidati alle tombe degli apostoli e dei martiri che si venerano in questa città di Roma. Sale dal cuore spontaneo l'auspicio che l'esperienza vissuta in questo tempo di grazia possa recare un contributo a quella ripresa delle vocazioni sacerdotali che costituisce la costante preoccupazione di ogni pastore.

Non vorrei, infine, passare sotto silenzio che l'Anno Giubilare ha offerto l'opportunità di sottolineare l'importanza di una specifica presenza della Chiesa nel mondo della cultura, del lavoro, della famiglia, come anche della sua partecipazione alla promozione dei grandi valori, nei quali si sostanzia l'autentica dignità dell'uomo. Una volta di più è apparso chiaro che "compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell'uomo, di indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo" (RH 10).

Mi è caro inoltre manifestarvi, amati fratelli, il mio grato compiacimento per la generosa risposta all'invito, che a suo tempo vi rivolsi, a unirvi a me, in occasione della solennità dell'Annunciazione, per rinnovare l'Atto ai affidamento alla Vergine santissima, atto che ho poi compiuto in piazza San Pietro dinanzi alla venerata effige della Madonna di Fatima.

Auspico ora che, nel dare uno sguardo retrospettivo alle varie fasi del concluso Giubileo straordinario della redenzione, riflettiamo insieme sulla impellente necessità che i germi spirituali di tale evento maturino abbondantemente in frutti di grazia per tutti. Questa deve essere la comune preoccupazione dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose, dei laici: la celebrazione dell'Anno Santo non rimanga soltanto come l'esaltante ricordo della magnifica risposta data da milioni e milioni di credenti in Cristo redentore per offrire pubblicamente una testimonianza aperta e limpida della loro fede, ma - mediante adeguate iniziative di carattere spirituale e pastorale - continui ad agire nel profondo delle coscienze, per rendere sempre più fecondi i propositi di bene e l'impegno di vivere in pienezza la carità verso Dio e verso i fratelli.

Con tali voti vi imparto di cuore la benedizione apostolica, estendendola a tutti i vostri collaboratori e fedeli.

Dal Vaticano, 29 aprile 1984

Data: 1984-04-29 Data estesa: Domenica 29 Aprile 1984




Ordinazione di 77 sacerdoti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Potenza della Redenzione mediante l'amore, offrire se stessi

Testo:


1. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra..." (Mt 28,18). Secondo il testo del Vangelo di Matteo queste precise parole sigillano l'opera messianica di Cristo in terra. Esse direttamente precedono anche la sua Ascensione.

"Ogni potere...". Noi pensiamo al potere secondo le categorie che si riferiscono al dominio dell'ordine sociale, alla giustizia di questo mondo.

Gesù Cristo va oltre queste categorie. Il potere che gli è stato dato in cielo e in terra - il potere che gli è proprio - è la forza di offrire se stesso per la vita del mondo: la potenza della redenzione mediante l'amore. Questa potenza ha raggiunto il suo zenit nel mistero pasquale. Il sacrificio della croce e la risurrezione sono il culmine di questa potenza.

Mediante l'Eucaristia, quel "potere" di Cristo - la forza di offrire se stesso per la vita del mondo - viene partecipata quotidianamente dalla Chiesa.

Diventa il cuore stesso della sua missione e del suo servizio.

Voi, carissimi, ai quali è stato dato di ricevere il sacramento del sacerdozio nella solennità dell'Ascensione del Signore, dovete averlo costantemente presente davanti agli occhi. Il sacramento del sacerdozio è legato strettamente all'Eucaristia. Cristo condivide con voi in modo del tutto particolare questo "potere" che è stato dato soltanto a lui "in cielo e in terra".


2. Secondo il testo degli Atti degli apostoli (1,8), Cristo risorto, prima di andare al Padre, ha rivolto queste parole agli apostoli: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni".

Oggi, nel corso della liturgia delle ordinazioni sacerdotali, preghiamo specialmente affinché scenda lo Spirito Santo. Cantiamo "Veni Creator Spiritus", e ci apriamo con tutto il cuore ai suoi doni. Nella potenza dello Spirito Santo dovete ricevere e accogliere il sacramento del sacerdozio. Egli è creatore di questo sacerdozio in ciascuno di voi: "Creator Spiritus".

La sua discesa è indispensabile. Dato che dovete diventare testimoni, indispensabile è la sua discesa, indispensabile è l'intervento interiore della sua potenza.

Voi non avete udito con i vostri orecchi le parole di Gesù di Nazaret.

Non lo avete seguito sulle strade di Galilea e di Giudea. Non lo avete visto risorto dopo la crocifissione. Non lo avete visto salire al cielo. Eppure...

Dovete essere testimoni di Cristo crocifisso e risorto, testimoni di colui che "siede alla destra del Padre". Dovete essere testimoni di questo potere, che è stato dato a lui - e soltanto a lui - in cielo e in terra. Anzi, dovete essere amministratori dell'Eucaristia e di tutti i sacramenti, nei quali questo "potere" è partecipato alla Chiesa per la salvezza del mondo.


3. perciò, oggi, giorno in cui, come Vescovo di Roma, vi ordino sacerdoti, risento in modo particolarmente profondo ciò che leggiamo nella lettera di san Paolo agli Efesini dell'odierna liturgia.

Con le parole di questa lettera prego per voi e in pari tempo formulo voti affinché "il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui"; perché illumini "gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati" (Ep 1,17 Ep 1,18).

Proprio così. Che vi faccia comprendere la vocazione che lo Spirito Santo conferma oggi nei vostri cuori col sigillo del sacramento del sacerdozio.

Prego, e di cuore auspico, che il tesoro di gloria racchiuso nella sua eredità fra i santi e "la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti" (Ep 1,19) rimangano in voi sempre vivi.


4. Accostatevi adesso per ricevere l'ordinazione sacerdotale. Quando vi prostrerete durante le litanie dei santi, si avvicini a ciascuno di voi, nel mistero della sua Ascensione, quel Cristo che è la pienezza: colui la cui pienezza "si realizza interamente in tutte le cose" (Ep 1,23).

Data: 1984-05-31 Data estesa: Giovedi 31 Maggio 1984




A vescovi argentini in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Portare la luce di Cristo nella nuova realtà dell'Argentina

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. In quest'anno, nel quale tocca ai vescovi dell'America del Sud compiere la loro visita "ad limina apostolorum", venite oggi voi, pastori della Chiesa di Cristo che è in Argentina.

Vi do il più cordiale benvenuto, con l'affetto fraterno che mi fa ricordare di voi tanto spesso, soprattutto nella preghiera, nella quale chiedo al Signore per voi e i vostri diocesani che "il nostro Dio vi faccia degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l'opera della vostra fede" (2Th 1,11).

Questa fede e questo amore a Cristo, verso la cui pienezza camminiamo come Chiesa (cfr. Ep 1,22-23), presiedono a questo incontro collegiale - come anche agli incontri individuali che lo hanno preceduto - in un gioioso scambio di esperienze ecclesiali che vanno dal centro alla periferia e viceversa, con l'unico obiettivo che il popolo di Dio che vi è stato affidato ravvivi la sua fede e la sua speranza, unito nella perfezione della reciproca carità (cfr. 1P 1,21 1P 4,8).


2. La vostra presenza mi fa pensare ancora una volta all'amato popolo argentino, al quale mi sento tanto vicino, e le cui sofferenze e speranze seguo sempre con viva sollecitudine e affetto.

Una prova di particolare significato ha voluto essere la mia breve visita nel vostro Paese nel mese di giugno di due anni fa, in momenti dolorosi della vostra storia. Non dimentico le emozioni dei momenti vissuti ai piedi della Madre di Lujan e a Buenos Aires, durante i diversi incontri col vostro popolo.

Ho avuto anche molti altri momenti nei quali la mia partecipazione alla vostra situazione sociale ed ecclesiale è stata particolarmente intensa, soprattutto quando le dure esperienze vissute negli anni passati dalla vostra comunità nazionale hanno seminato lutto, tragedie e continua trepidazione in tante famiglie e persone, ferite nei loro affetti più intimi.

Prego Dio perché la nuova tappa che vive ora la vostra patria possa rispondere alle aspettative dei vostri concittadini e serva a guarire le ferite del passato, a superare errori e mancanze, a creare un clima di pacifica convivenza nel comune rispetto verso giuste leggi. Si possano così promuovere i migliori valori umani, morali e religiosi del vostro popolo, favorendo anche il necessario benessere, del quale tutti partecipino egualmente, soprattutto i più poveri.


3. In questo contesto sociale si deve svolgere il vostro ministero di pastori.

Esso, pur avendo obiettivi propri ben determinati, non esclude ma esige la vicinanza alle condizioni di vita dei vostri fedeli, alle loro difficoltà e speranze, per proiettare su di esse la luce e il vigore della fede. Questa è stata la vostra intenzione, attuata sia mediante gli orientamenti dati ai vostri fedeli nelle singole diocesi, sia per mezzo di documenti collettivi della Conferenza episcopale.

A questo proposito, desidero ricordare almeno le riflessioni e le direttive contenute in documenti come "Chiesa e comunità nazionale", "Cammino di riconciliazione", "Principi per l'azione civile dei cristiani" e "Dio, l'uomo e la coscienza". Ad essi si potrebbero aggiungere "Democrazia, responsabilità e speranza" o il messaggio sull'indissolubilità del matrimonio, temi che avete studiato nella vostra ultima assemblea plenaria dell'aprile scorso.

Desidero, per parte mia, incoraggiarvi a un vigoroso lavoro di rinnovamento della fede dei vostri fedeli, esortandoli anche ad essere promotori della riconciliazione che si fonda sui pilastri della verità, della giustizia e dell'amore, del quale una delle forme più alte è il perdono. In questo modo potrà consolidarsi l'anima cristiana del vostro popolo e si potrà costruire - a beneficio di tutti - la civiltà dell'amore, alla quale indirizzo tante volte il mio predecessore Paolo VI.


4. Non c'è dubbio che, per poter esercitare con maggiore efficacia e adeguatezza alla realtà globale questo grande e delicato compito, avete bisogno anche dell'aiuto di un solido lavoro compiuto come Conferenza episcopale.

E' vero che essa non può prendere il posto che spetta ad ogni vescovo, il pastore più vicino della diocesi e che appartiene ad essa in modo particolare in nome di Cristo (cfr. LG 20 LG 23). Tuttavia è evidente che la reciproca collaborazione dei fratelli all'interno della stessa Conferenza episcopale è un mezzo efficace per ottenere un bene maggiore dei fedeli su scala nazionale (cfr. CIC 447). Infatti, la problematica spesso generalizzata a livello della nazione richiede studi e orientamenti allo stesso livello, con la sincera collaborazione di tutti, con impostazioni che possano essere trasparenti e unitarie, per guidare opportunamente i fedeli, evitando confusioni o divisioni.

Questo vi porterà a confrontare precedentemente con carità, franchezza e umiltà, i principali problemi, in modo da conseguire una visione unitaria che faciliti a ciascuno l'esercizio della propria funzione pastorale, senza separazioni e dissidenze, pur permanendo legittime visioni diverse.

Nei vostri comuni documenti pastorali, dovete affrontare soprattutto, ovviamente, temi che si riferiscono alla vita cristiana del vostro popolo; ma seguendo le tracce del Concilio Vaticano II, le gioie, le speranze e le difficoltà dei vostri fedeli, nel loro concreto ambiente esistenziale, devono essere presenti al vostro insegnamento. Non per proporre soluzioni tecniche all'insieme dei problemi che sollecitano oggi i fratelli: difesa della vita, della dignità dell'uomo integrale, dei suoi diritti, dei suoi doveri verso Dio e il prossimo, anche inteso come il concittadino col quale si condivide la patria e, perciò, con responsabilità comuni di fronte al bene comune, ma per rendere manifesta in queste complesse situazioni la luce e la presenza amorosa di Cristo salvatore.


5. Perché i vostri programmi e orientamenti abbiano la maggior efficacia possibile so che desiderate rafforzare le strutture stesse della vostra Conferenza episcopale, per quanto necessario. Volete inoltre rivitalizzare gli organismi diocesani che aiutano i vescovi nella conduzione pastorale. Incoraggio, da parte mia, i vostri sforzi, soprattutto in quanto essi mirano a costituire non meri organismi burocratici, ma centri realmente animatori della pastorale nei diversi ambiti, e che sappiano impiegare debitamente tutti gli strumenti che la tecnica moderna offre.

Un primo ambito, che tanto può contribuire al buon esito del vostro lavoro, è quello della famiglia. perciò dovete cercare di avvicinarvi efficacemente ad essa, per rafforzarla in ogni suo aspetto giacché essa è fondamentale per la recezione dinamica dell'ideale cristiano. Sono al corrente dell'alta valorizzazione che, sul piano umano e soprattutto cristiano, riflettono i vostri insegnamenti sulla famiglia e il matrimonio. Tanto più quando recentemente si vanno profilando nuove insidie contro l'istituzione familiare e la sua stabilità.

Desidero poi incoraggiare il vostro sforzo e quello dei vostri sacerdoti e collaboratori, in questo campo di tanta importanza. perciò ho seguito con gioia particolare e speranza le vostre riflessioni e i lavori dell'ultima assemblea plenaria nella quale vi siete occupati del messaggio episcopale sull'indissolubilità del matrimonio. Siate certi che con ciò non solo adempite al vostro dovere di pastori, ma che prestate anche un grande servizio alla vostra società nazionale che attualmente, in un processo di ricostruzione, deve poter contare sulla solidità, la coesione e la crescente salute morale della famiglia.


6. In questa rivitalizzazione della vita ecclesiale non può avere poca incidenza la celebrazione, il prossimo mese di ottobre, del Congresso eucaristico nazionale, nel quale si commemorerà il cinquantenario del 32° Congresso eucaristico internazionale di Buenos Aires. Fu un avvenimento di grazia che conto sulla presenza del cardinale Pacelli, in seguito Pio XII, e che ha prodotto effetti profondi in tanti ambiti della vita e dell'attività della Chiesa. Per tutto ciò voi e il fedele popolo argentino continuate a rendere grazie a Dio.

C'è da sperare che anche ora la comunità ecclesiale argentina, riunita con i suoi pastori attorno all'Eucaristia, riceva l'impulso vigoroso che sperimento nei diversi settori dei suoi membri, dai bambini e dai giovani fino agli adulti e alle organizzazioni di apostolato.

Cristo, infatti, continua a edificare il suo corpo nella carità e nell'unità, perché i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici "crescano nella carità, verso colui che è il nostro capo, Cristo" (cfr. Ep 4,15), e vivano l'Eucaristia come centro e nutrimento della loro esistenza, e anche come ispirazione, "principio e culmine di tutta l'evangelizzazione" (cfr. PO 5).

Da qui potrà nascere, come nel 1934, un intenso movimento di conversione e riconciliazione, oggi non meno necessario che allora nella vita della nazione argentina. Nasceranno - così speriamo - nuove vocazioni sacerdotali e religiose che si uniranno a quelle già numerose di cui - per grazia di Dio - dispone ora la Chiesa in Argentina. così si potrà e dovrà pensare ad assistere altre regioni meno favorite, entro e fuori i confini della vostra patria, cosa che, come insegna l'esperienza, lungi dall'impoverire chi dà, sarà fonte di più abbondanti grazie vocazionali.

E anche, come effetto proprio della celebrazione e recezione dell'Eucaristia, sarà più profonda e operosa la comunione della Chiesa argentina al suo interno e con la Chiesa universale, in primo luogo con questa Sede di Pietro.


7. Alla Madre santissima di Lujan mi rivolgo in rinnovato pellegrinaggio di fede, perché ella interceda presso suo Figlio per tutte queste intenzioni e per quelle che in seguito esaminero con gli altri vescovi del vostro Paese.

La prego per voi, per i vostri collaboratori, fedeli e concittadini, mentre imparto a tutti con affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-06-01 Data estesa: Venerdi 1 Giugno 1984




Alla Pontificia Accademia delle scienze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Enti e governi sollecitati a maggiore impegno contro la lebbra

Testo:

Signor presidente, signore e signori.


1. L'incontro di oggi è per me fonte di profondo interesse, poiché il tema che state studiando in questi giorni richiama al mio cuore, non meno che al vostro, le terribili sofferenze di un gran numero di nostri fratelli e sorelle, di coloro che sono afflitti dalla terribile malattia della lebbra, e specialmente coloro nei quali essa ha causato la perdita irreversibile delle membra. Il mio interesse si unisce alla mia sincera ammirazione per le accurate e instancabili ricerche che voi conducete allo scopo di combattere questa malattia e salvare molte vite umane.

In questo momento il mio pensiero va ai vari incontri che Gesù ebbe con i lebbrosi. Desidero citarne almeno uno, raccontato da san Marco nel primo capitolo del suo Vangelo. Il sacro testo dice: "Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi guarirmi!". Mosso a compassione, stese la mano, lo tocco e gli disse: "Lo voglio, guarisci!". Subito la lebbra scomparve ed egli guari" (Mc 1,40-42).

Toccando le piaghe della lebbra con la sua mano, Gesù ha abbattuto le barriere che separavano gli intoccabili dalla comunità umana, e con questa miracolosa guarigione ha aperto una via di speranza che sia la religione che la scienza devono seguire. Né per l'una né per l'altra una persona può più essere considerata impura, ma ogni individuo dovrà essere rispettato e aiutato a riacquistare la buona salute, degna della persona umana.


2. Il sentimento di fraternità universale proclamato dal Vangelo ha suscitato nei seguaci di ogni fede un generoso desiderio di assistere i malati di lebbra, e in ogni parte del mondo sono state fondate comunità di lebbrosi e ospedali. Dovunque vi è stato un esteso movimento volto a fornire aiuto volontario, "un inatteso dono di misericordia privata" da parte di coloro che "forti del loro coraggio... mossi da pietà, hanno preso su di sé e hanno mantenuto virtuosamente la cura di ciò cui non erano chiamati per dovere", come accadde durante la peste a Milano descritta da Alessandro Manzoni nel suo famoso romanzo "I promessi sposi" (capitolo 32).

Tra gli apostoli dei lebbrosi che apparvero tra i missionari cristiani, sia cattolici che protestanti, non posso mancare di menzionare padre Damien de Veuster dei padri Picpus, onorato in tutto il mondo come il più generoso esempio di carità cristiana verso i lebbrosi. Insieme a lui desidero anche ricordare, tra gli apostoli laici, Marcello Candia che rese un totale dono di sé e dei suoi beni ai sofferenti di questa malattia.

Tuttavia la cura prestata da generosi volontari e le istituzioni in seguito costituite dai governi, non potrebbero essere efficaci a livello di assistenza sanitaria se la scienza non offrisse e fornisse mezzi e metodi di diagnosi e terapia.


3. Come in ogni altro campo, così nella sfera della cura di forme di malattia molto diverse, sentimenti di fraternità e ricerca scientifica si affiancano per salvare l'umanità dai suoi bisogni e dai suoi dolori. L'aiuto di volontari caritatevoli e l'opera degli scienziati richiedono entrambi grandi energie spirituali. La ricerca scientifica non è soltanto un magnifico uso della mente: secondo le parole del mio predecessore Paolo VI, in un discorso alla Pontificia Accademia delle scienze, essa richiede anche "l'esercizio di alte virtù morali, che conferiscono allo scienziato la fisionomia e il merito di un asceta, talvolta di un eroe, al quale l'umanità deve pagare un grande tributo di lode e di gratitudine" (discorso del 23 aprile 1966).

Eminenti virtù morali e l'aiuto dello Spirito sono necessari allo scienziato che non soltanto dedica se stesso alla ricerca ma che desidera anche esercitare la carità del sapere. Quando la ragione, stanca e forse disillusa degli sforzi dello studio, sembra arrendersi alla tentazione di abbandonare la sua impresa, lo Spirito viene in aiuto di coloro che desiderano eroicamente persistere negli sforzi che stanno compiendo per amore del prossimo e, al punto più alto dell'intelletto, esso illumina con una scintilla che fa improvvisamente intuire la verità e la ricerca ritrova la sua via raggiungendo la desiderata scoperta.


4. Signore e signori, voi state seguendo la via tracciata da Gerhard Hansen, che nella perseveranza della ragione e nella luce dello Spirito scopri la causa della lebbra: "mycobacterium leprae". Col vostro illuminato lavoro scientifico, in armoniosa collaborazione con saggi dottori e generosi volontari, e grazie alla lungimiranza di istituzioni governative e private, la lebbra è diminuita in molte parti del mondo. Ma ci sono ancora milioni di nostri fratelli e sorelle che soffrono delle sue terribili conseguenze. Per il loro bene, devono essere dovunque intensificati gli sforzi per far si che coloro che sono ancora condannati a questa sorte di morte civile possano riscoprire la vita, migliorare la sua qualità, e trovare nella società un posto che corrisponda alla loro dignità umana, perché come ogni altra persona essi sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio.

Non c'è alcuna ragione perché coloro che sono guariti non debbano essere pienamente reintegrati nella società.

Signor presidente, nel suo discorso lei ha giustamente affermato che la scienza, se finalizzata a scopi di pace, può diminuire i mali del mondo, migliorare la condizione umana, e contribuire a promuovere la qualità della vita, specialmente quella dei più umili e dei più negletti esseri umani.


5. Mi appello perciò ai governi, alle istituzioni internazionali e alle associazioni filantropiche perché contribuiscano sempre più all'opera compiuta dai ricercatori scientifici, da dottori e da volontari al fine di liberare i malati di lebbra dalla loro malattia e dalla loro umiliante e tragica emarginazione dalla società.

Signor presidente, lei ha ricordato il mio pellegrinaggio apostolico in Brasile e in particolare la mia visita, accompagnato proprio da lei, al lebbrosario di Marituba. Li e anche, più recentemente, in Corea ho avuto l'opportunità di esprimere personalmente la mia solidarietà con coloro che soffrono e di assicurarli dell'amore e della sollecitudine della Chiesa universale.

Signore e signori, continuate la vostra ricerca e la vostra terapia, e siate certi che la Chiesa sostiene pienamente il vostro lavoro, perché, come voi, essa ha ricevuto il comando di Cristo, scritto nel Vangelo, di "curare i lebbrosi", ed essa sa che i lebbrosi guariti sono un segno del regno di Dio (cfr. Mt 10,8 Mt 11,5). Aiutate a costruire il regno di Dio, che è anche il regno dell'umanità.

Siate dispensatori di giustizia e di amore a tutti coloro che, nei più desolati angoli del mondo, attendono di ricevere un messaggio di speranza dalla società di oggi.

Che Dio benedica voi che siete al servizio del suo popolo.

Data: 1984-06-01 Data estesa: Venerdi 1 Giugno 1984






GPII 1984 Insegnamenti - A un gruppo di Orsoline - Città del Vaticano (Roma)