GPII 1984 Insegnamenti - Ad un'associazione ebraica - Città del Vaticano (Roma)

Ad un'associazione ebraica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristiani ed ebrei chiamati a promuovere la giustizia e la pace

Testo:

Cari amici.

Sono molto lieto di ricevervi oggi in Vaticano. Voi siete un gruppo di dirigenti della nota associazione ebraica, fondata negli Stati Uniti, ma attiva in molte parti del mondo, e anche in Roma, la "Anti-Defamation League of B'nai B'rith". Voi avete anche stretti rapporti con la Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, fondata dieci anni fa da Paolo VI al fine di promuovere le relazioni, al livello del nostro comune impegno di fede, tra Chiesa cattolica e Comunità ebraica.

Il fatto stesso della vostra visita, della quale vi sono grato, è prova dello sviluppo e dell'approfondimento costante di tali rapporti. Infatti, se si guarda retrospettivamente agli anni antecedenti al Concilio Vaticano II e alla sua dichiarazione "Nostra Aetate" e si cerca di valutare il lavoro fatto da allora, si ha la sensazione che il Signore abbia fatto "grandi cose" per noi (cfr. Lc 1,49).

perciò siamo chiamati ad unirci in un sincero atto di ringraziamento a Dio. Il verso iniziale del Salmo 133 è ben appropriato: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!".

Miei cari amici, come ho spesso detto fin dall'inizio del mio servizio pastorale come successore di Pietro, il pescatore di Galilea (cfr. discorso del 12 marzo 1979), l'incontro tra cattolici ed ebrei non è un incontro tra due antiche religioni ciascuna con una propria strada e, non di rado, nel passato, in conflitto grave e doloroso. E' un incontro tra "fratelli", un dialogo, come ho detto ai rappresentanti della comunità ebraica tedesca a Magonza (17 novembre 1980), tra la prima e la seconda parte della Bibbia". E come le due parti della Bibbia sono distinte ma strettamente legate, così avviene anche tra Popolo ebraico e Chiesa cattolica.

Questa vicinanza deve essere manifestata in molti modi. Prima di tutto, nel profondo rispetto per l'identità l'uno dell'altro. Più ci conosciamo reciprocamente, più impariamo a stimare e a rispettare le nostre differenze. Ma, allora, questa è la grande sfida che siamo chiamati ad accettare: rispetto non significa allontanamento e non equivale neppure a indifferenza. Al contrario, il rispetto di cui parliamo è basato sul misterioso legame spirituale (cfr. NAE 4) che ci avvicina in Abramo e, attraverso Abramo, in Dio che da Israele ha fatto nascere la Chiesa.

Questo "legame spirituale", comunque, comporta una grande responsabilità. Vicinanza, in un atteggiamento di rispetto, implica fiducia e franchezza ed esclude totalmente sfiducia e sospetto. Richiede inoltre interesse fraterno per i problemi e le difficoltà che le nostre comunità religiose devono affrontare.

La comunità ebraica in generale, e la vostra organizzazione in particolare, come dice il vostro nome, sono molto preoccupate per le forme vecchie e nuove di discriminazione e violenza contro gli ebrei e l'ebraismo, chiamate comunemente antisemitismo. La Chiesa cattolica, anche prima del Concilio Vaticano II (cfr. Congregazione del Santo Officio, 3 marzo 1925; Pio XI, ad un gruppo di giornalisti radiofonici del Belgio, 6 settembre 1938) ha condannato tale ideologia e pratica in quanto opposte non solo alla professione cristiana, ma anche alla dignità della persona umana creata a immagine di Dio.

Ma noi non ci incontriamo solo per noi stessi. Certamente cerchiamo di conoscerci meglio e di capire meglio le nostre rispettive identità e lo stretto legame spirituale esistente tra di noi. Ma, conoscendoci, scopriamo ancor più ciò che ci unisce in una profonda sollecitudine per tutta l'umanità: in ambiti, per citarne solo alcuni, come quello della fame, della povertà, della discriminazione, ovunque si trovi e contro chiunque sia diretta, e delle necessità dei rifugiati.

E, certamente, il grande compito di promuovere la giustizia e la pace (cfr. Ps 85,4), segno dell'èra messianica sia nella tradizione ebraica che in quella cristiana, è fondato a sua volta nella grande tradizione profetica.

Questo "legame spirituale" esistente tra di noi non può mancare di aiutarci ad affrontare la grande sfida rivolta a tutti coloro che credono nel Dio che ha cura di ogni popolo, da lui creato a sua immagine (cfr. Gn 1,27).

Considero tutto ciò, nello stesso tempo, come una realtà e come una promessa del dialogo tra Chiesa cattolica ed ebraismo, e delle relazioni già esistenti tra la vostra organizzazione e la Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo e con le altre istituzioni presenti in alcune Chiese locali.

Vi ringrazio ancora per la vostra visita e per il vostro impegno per il dialogo. Rendiamo grazie al nostro Dio, Padre di tutti noi.

Data: 1984-03-22 Data estesa: Giovedi 22 Marzo 1984




A gruppi della Terza età - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dal primo istante all'ultimo respiro la vita è il maggior valore

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. A distanza di quasi due anni dal nostro primo incontro, sono lieto di trovarmi ancora una volta con voi, anziani e pensionati appartenenti ai movimenti diocesani confederati, venuti a Roma in pellegrinaggio giubilare, in una vigilia di avvenimenti ecclesiali pieni d'impegno e di speranza. Vi saluto con affetto e vi auguro di raccogliere dalle vostre giornate romane un frutto spirituale da farne riserva personale per voi, e così sovrabbondante da portarlo in dono in famiglia e alle vostre comunità ecclesiali.


2. L'Anno Santo della Redenzione, ormai alle ultime fasi di svolgimento, è la grande occasione dell'uomo, di ogni età e condizione, perché, purificato come l'oro dalle scorie della matrice terrena, possa brillare di vivida luce per inserirsi più consapevolmente nella prospettiva del nostro destino eterno.

L'opera mirabile della nostra redenzione umana, che segna anche la perfetta glorificazione di Dio, è stata compiuta 1950 anni fa da Cristo Signore, specialmente per mezzo della sua passione, morte e risurrezione. Col mistero pasquale Gesù morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato anche a noi la vita. Il cristiano, che è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso le tribolazioni e di subire il passaggio obbligato della morte, è associato al mistero pasquale e, come si assimila alla morte di Gesù così andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza ("Gaudium ed Spes", 22).

Voi carissimi fratelli e sorelle, siete entrati a far parte della categoria degli anziani, costituita da uomini e donne provenienti da tutte le classi sociali e da ogni livello di cultura. così, cancellate le differenze di facciata, si è unicamente affratellati nella propria dignità di persona.

L'ingresso nella terza età è da considerarsi un privilegio: non solo perché non tutti hanno la fortuna di raggiungere questo traguardo, ma anche e soprattutto perché questo è il periodo delle possibilità concrete di riconsiderare meglio il passato, di conoscere e di vivere più profondamente il mistero pasquale, di divenire esempio nella Chiesa a tutto il popolo di Dio.

Sono sicuro che la celebrazione giubilare sarà per voi un momento forte di arricchimento umano e spirituale.


3. Per raggiungere tale scopo non vi lasciate sorprendere dalla tentazione della solitudine interiore. Nonostante la complessità dei vostri problemi da risolvere, le forze che progressivamente si affievoliscono, e malgrado le insufficienze delle organizzazioni sociali, i ritardi della legislazione ufficiale, le incomprensioni di una società egoistica, voi non siete né dovete sentirvi ai margini della vita della Chiesa, elementi passivi di un mondo in eccesso di movimento, ma soggetti attivi di un periodo umanamente e spiritualmente fecondo dell'esistenza umana.

Avete ancora una missione da compiere, un contributo da dare.

Secondo il progetto divino ogni singolo essere umano è una vita in crescita, dalla prima scintilla dell'esistenza fino all'ultimo respiro. Il programma dello sviluppo continuo si proietta in alto fino all'imitazione esaltante della perfezione stessa di Dio.

Nessuno ha il diritto di dire basta. Voi non dovete fermarvi, né considerarvi esseri in declino. Davanti agli occhi di Dio questo periodo della vostra esistenza ha un significato di grazia, perché la vita umana a ogni stadio è, dopo la vita stessa di Dio, il più grande dei valori. Se la società tecnologica non apprezza o addirittura deprezza, come spesso avviene, è perché essa è entrata in una fase di crisi profonda, proprio da quando ha creduto di essere autorizzata a respingere il dono dei bimbi e dei vecchi. E' essa che sta creando la sua stessa progressiva senescenza, anche a causa del crollo delle nascite, e si è chiusa in un cerchio senza futuro. Ebbene, in questa mentalità del consumismo superfluo e del materialismo sistematico, voi potete e dovete divenire fattori di rinascita, determinando la necessaria inversione di tendenza, nella famiglia e nella società.


4. Il problema degli anziani è uno dei grandi problemi della società in quanto tale. Non è solo una questione di assistenza, di beneficenza e di servizio.

Occorre favorire l'attuazione di un invecchiamento attivo. Il problema primario è la valorizzazione delle persone. Bisogna far si che la ricchezza umana e spirituale, le riserve di esperienza e di consiglio accumulate nel corso di una vita intera non vadano disperse, ma siano incanalate a beneficio delle generazioni più giovani.

Per raggiungere lo scopo è necessario innanzitutto che l'anziano stesso prenda coscienza delle possibilità che ha a sua disposizione, perché anche nell'età più avanzata il suo animo continui ad affinarsi.

A questo punto, cari fratelli e sorelle, io desidero esortarvi con tutto l'animo a ricorrere più frequentemente e intensamente ai due facili mezzi di trasformazione e di elevazione, che il Signore nella sua bontà si è degnato di metterci a portata di mano: la preghiera e il sacrificio. Per la particolare condizione di età in cui vi trovate, a voi non mancano né le occasioni di soffrire né il tempo di pregare.

Il mondo per salvarsi ha bisogno di orazione e di sofferenza. Voi potete aiutarlo. La via del mistero pasquale conduce l'umanità dalla croce alla risurrezione. Maria, madre di Gesù e madre della Chiesa, non cessa di tracciarcela.

Anche se nell'ambito delle vostre famiglie e della società voi foste in condizione di non poter fare altro, sappiate che così, con l'apporto valido e generoso della preghiera e dell'offerta, contribuite non solo a elevare voi stessi, a rendere attiva e gioiosa la vostra vecchiaia, ma anche a salvare il mondo.

E' per questa ragione che al centro delle riflessioni della Chiesa sull'Anno Santo della Redenzione ho desiderato portare l'esortazione sulla fecondità della sofferenza. Ed è per una coincidenza di privilegio che il vostro pellegrinaggio giubilare s'incontra con la visita a Roma della statua della Madonna, venuta da Fatima, di dove ella, in nome di suo Figlio Dio, raccomanda ai suoi figli uomini preghiera e sacrificio. E' la raccomandazione della salvezza.


5. Fratelli e sorelle, so quanto hanno fatto e fanno i movimenti dei pensionati e degli anziani, come sono nati e si sono diffusi nelle diocesi, quali sono i programmi e i problemi da risolvere.

Voglio dire la mia parola di incoraggiamento agli organizzatori, agli aderenti, ai simpatizzanti. Vi sia segno della grazia divina la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1984-03-23 Data estesa: Venerdi 23 Marzo 1984




A neocatecumenali madrileni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accogliete Maria come vera madre, maestra, guida ed esempio

Testo:

Cari fratelli e sorelle.

Sono lieto di poter ricevere questa mattina il vostro numeroso gruppo, composto da membri delle comunità neocatecumenali delle parrocchie madrilene di San Iosé, San Sebastian, della Vergine della Paloma e di San Roque.

Nel rivolgervi il mio cordiale saluto, desidero estenderlo anche ai membri delle altre comunità delle vostre stesse parrocchie, e in modo particolare ai vostri parroci qui presenti, che tanto vi hanno aiutato nell'incontro vitale con Cristo.

Vi ringrazio per questa visita che vuole essere, presso la tomba del primo apostolo, un atto di adesione al successore di Pietro, come garanzia di fedeltà ecclesiale e che si inserisce nell'itinerario di fede che state percorrendo.

So che negli ultimi tempi avete dedicato speciale attenzione allo studio degli articoli del Credo, per la vostra stessa formazione e per poter aiutare gli altri cristiani e le famiglie. Da parte mia vi incoraggio a radicare saldamente la vostra vita nella fede ricevuta dagli apostoli e insegnata dai Padri della Chiesa, e che deve essere la luce che illumina ogni passo del vostro cammino verso il Padre.

Mi rallegra anche sapere che in questo programma di pellegrinaggio a Roma avete previsto una visita a un santuario mariano come quello di Loreto, per porre la vostra esistenza sotto la protezione materna della Vergine Maria, la Madre di Cristo e della Chiesa. Ella che, essendo la Madre del Cristo della nostra fede, fu la prima e migliore imitatrice di suo Figlio, è un sentiero luminoso che conduce al centro del mistero di Gesù Cristo (cfr. "Marialis Cultus", 25). Ella, col suo esempio, ci insegna a impegnarci nella Chiesa, perché si formi incessantemente negli uomini del mondo d'oggi l'immagine del Figlio suo. Ella che con la sua vita e il suo sacrificio ha collaborato con amore all'opera di Gesù (cfr. LG 60ss), desidera continuare a insegnarci il valore di ogni uomo e i motivi profondi per amarlo, senza distinzione e senza riserve. perciò accoglietela come vera madre, come maestra, come guida ed esempio in tutta la vostra vita. Perché lungi dall'offuscare il necessario orientamento cristologico della vostra vita, lo faciliterà.

Con questi voti vi incoraggio sul vostro cammino, perché uniti sempre ai vostri vescovi e sacerdoti, e in comunione fraterna con gli altri movimenti di spiritualità e di apostolato debitamente riconosciuti, offriate il vostro generoso contributo alla Chiesa in questa nostra epoca.

Questo chiedo per voi al Signore, impartendovi la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-03-23 Data estesa: Venerdi 23 Marzo 1984




A un convegno di studi su Lutero - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristiani uniti per un'Europa unita

Testo:

Egregi signori, cari fratelli e sorelle in Cristo!


1. Siate i benvenuti! Nel rivolgervi un cordiale saluto, sono lieto di esprimervi il mio compiacimento per questo convegno internazionale di studio, che ben si inserisce tra le iniziative culturali promosse in occasione del V centenario della nascita di Martin Lutero. La ricorrenza, ampiamente celebrata in varie parti del mondo, ha offerto l'opportunità di una riflessione serena sulle complesse vicende del passato e ha aperto prospettive confortanti per il futuro.

"I tempi - osservava sant'Agostino - sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l'attesa" (sant'Agostino, "Confessioni, cap. XI). Ed è appunto nella trama di questa triplice dimensione del tempo che voi avete posto questo vostro convegno.

Nell'accogliervi per questo incontro, imploro lo Spirito perché ricolmi della sua pienezza questa vostra iniziativa, così densa di significato.


2. Molti cristiani, come anche circoli ecclesiali, nell'anno del quinto centenario della nascita di Lutero, per vie molteplici e iniziative varie, si sono trovati coinvolti nello sforzo di regolare un conto del passato ancora aperto, desiderando di affrettare i tempi della ricomposizione di quell'unità piena, per la quale il Salvatore prego nel corso dell'ultima cena. Molti nostri contemporanei hanno utilizzato quest'occasione per un ripensamento, in spirito di amore cristiano serenamente aperto alla verità, degli eventi fatali e colmi di storia dell'epoca della Riforma. A tale interiore atteggiamento reca un particolare contributo il movimento spirituale, aperto a tutta la realtà, dell'Anno Santo della Redenzione.

"Celebrando il mistero della redenzione ci collochiamo per ciò stesso su un terreno posto al di là delle incomprensioni e delle accidentali controversie della storia: il terreno del nostro comune essere in Cristo, da lui redenti" ("", V,3 [1982] 1680). La riconciliazione è una dimensione che caratterizza l'Anno della Redenzione: riconciliazione con Dio e con i fratelli e le sorelle. E come potrebbe non essere presente in questa intenzione, e in modo preponderante, la riconciliazione fra i cristiani! Ho già fatto rilevare che, relativamente a Martin Lutero, è indispensabile un duplice impegno nello sforzo di ricostruire l'unità: un coscienzioso lavoro di ricerca storica; e di dialogo della fede, nel quale si esprime la ricerca dell'unità nel presente (cfr. Lettera del cardinale Willebrands, 31 ottobre 1983). Il vostro convegno corrisponde a entrambe queste tendenze. Il passato è presente. Si insinua nell'oggi, dispiegandovi ancora i suoi effetti. Per questa ragione ci dobbiamo porre davanti alla storia con uno sguardo sereno, senza partito preso, lasciandoci guidare soltanto dalla ricerca della verità. Noi vogliamo dare credito alla purificazione che la verità è capace di arrecare.


3. Nel programma dei vostri lavori trovano posto le complesse realtà politiche, sociali, economiche e religiose di quel periodo di profondo rivolgimento che fu il XVI secolo. Voi dedicate, inoltre, una particolare attenzione alla grande figura di quell'uomo di Chiesa, teologo ed umanista, che fu Egidio da Viterbo. Nelle varie tappe della sua feconda esistenza egli fu intimamente legato alla vita della Chiesa cattolica, collaborando con la Santa Sede nella turbinosa epoca della prima metà del secolo sedicesimo.

La sua vasta cultura teologica e umanistica, il suo orientamento spirituale e la sua esistenza informata dalla virtù, furono come un faro di luce, un segnale di speranza per la Chiesa del suo tempo, così assetata di rinnovamento spirituale, di penitenza, di conversione. Egli trovo nel papa Adriano IV l'avvocato e promotore della sua istanza di riforma. Nella guida dell'ordine degli Eremiti agostiniani, come superiore generale, si adopero con tenacia per conseguire simultaneamente l'obiettivo della riforma e del mantenimento dell'unità dell'ordine.

Come ben sappiamo, le molteplici forze spirituali, politiche e socio-culturali di quell'epoca, si dimostrarono troppo tumultuose per essere ricomposte in unità in seno alla Chiesa. L'Europa comincio a subire un cambiamento che sfocio in una profonda modificazione della sua fisionomia. La sua unità, già fragile e instabile, comincio ad esperire un inarrestabile declino.


4. Oggi si risveglia fra i cristiani d'Europa una coscienza nuova, della loro specifica responsabilità nella costruzione di un'Europa unita, che tragga ispirazione ed energia da quella tradizione cristiana che unisce tutti i suoi popoli. Non si deve dimenticare - e tanto meno rinnegare - che la vita di questi popoli, al Nord come al Sud, all'Est come all'Ovest, è obiettivamente radicata in valori cristiani: e questi comuni valori cristiani possono ridare loro la consapevolezza di appartenere ad un'unica famiglia di popoli. Va crescendo fra i cristiani divisi l'istanza profonda di ritrovare la loro unità storica per costruire insieme la dimora della famiglia dei popoli europei. L'unità dei cristiani è profondamente connessa all'unificazione del continente; questa è la nostra vocazione e il nostro compito storico nell'ora presente.

Vi rendo grazie perché voi schiudete il vostro convenire a questi vasti orizzonti nei quali passato, presente e futuro vibrano insieme per dare forma, con le prospettive che aprono, all'impegno di quanti hanno a cuore i destini dell'umanità redenta da Cristo.

Possano emergere, dal vostro convegno, nuovi impulsi autentici per il superamento del doloroso passato, per la promozione dell'unità dei cristiani, per la riconciliazione fra gli uomini e per lo sviluppo del processo di integrazione europea in tutta la sua ricchezza. L'Europa è una grande sfida, ma è anche un'opportunità straordinaria per tutti coloro che portano il nome di Cristo scolpito sulla loro fronte. Dio benedica il vostro lavoro.

Data: 1984-03-24 Data estesa: Sabato 24 Marzo 1984




A pellegrini dell'arcidiocesi di Fermo

Titolo: Pregare per la fioritura delle vocazioni

Testo:

Carissimi sacerdoti e fedeli dell'arcidiocesi di Fermo!


1. Dopo le parole così cordiali e affettuose del vostro arcivescovo, che ha illustrato il significato e le finalità dell'odierno pellegrinaggio giubilare, sento il bisogno non soltanto di ringraziarlo, ma di aggiunger subito l'espressione del mio compiacimento e di estendere ampiamente, comprensivamente il mio saluto a tutti voi che siete convenuti in quest'aula.

Saluto e compiacimento io desidero esprimere ai parroci e ai sindaci, ai sacerdoti e ai religiosi, ai soci e alle socie dei diversi sodalizi e movimenti cattolici e, in generale, a voi che, con la vostra presenza presso il sepolcro dell'apostolo Pietro, esercitate una sorta di delegata rappresentanza a nome di tutti i fedeli dell'antica e nobile "Ecclesia Firmana". A tutti e a ciascuno, infatti, voglio dar atto molto volentieri di quel che è stato fatto in vista del presente viaggio a Roma, che costituisce come il culmine e il punto d'arrivo di un lucido e lungo itinerario spirituale, già iniziato nelle singole parrocchie, e poi esteso alle circoscrizioni foraniali fino a raggiungere il centro-diocesi, con soste privilegiate nell'artistica cattedrale, sacra a Maria santissima assunta in cielo.

Voglia il Signore coronare questo disegno pastorale con l'abbondanza della sua grazia, facendo sviluppare secondo l'intrinseca virtù del Vangelo i germi di bene che sono stati seminati (cfr. Mt 13,8 Mt 13,23 Lc 8,8 Lc 8,15) e portandoli alla maturità dei frutti della redenzione!

2. Venendo a Loreto nel settembre del 1979, volli render visita al massimo santuario mariano che tanto onora la vostra bella regione, senza peraltro dimenticare le Chiese particolari che lo circondano, tra le quali, anche per una ragione di maggior vicinanza geografica, si annovera e si distingue la vostra.

Sapevo bene come quella Fermo, che già in epoca romana era celebrata per la fedeltà all'Urbe ("Firmum firma fides", si legge nel suo stemma), fin dai primordi dell'èra cristiana e poi lungo il corso dei secoli aveva mantenuto con la "sedes beati Petri" un rapporto di costante collegamento o - per usare la parola più esatta - di spirituale comunione, che non sarebbe del tutto improprio definire "privilegiato". Fermo e la sua vasta diocesi, nel contesto di quell'area che fu dapprima la "Marchia Firmana" e successivamente la "Marchia Anconitana", si trovarono sempre unite con Roma mediante un vincolo strettissimo che fu insieme causa ed espressione di fedeltà, di devozione e di fede, come, del resto, attivi e intensi furono sempre gli scambi di ordine culturale, sociale, economico tra il Lazio e il Piceno. Dovrei altresi ricordare le figure dei vescovi di Fermo, ascesi al Soglio di Pietro - in proposito, basterà citare un solo nome, ma veramente grande e tutt'altro che dimenticato: quello di Sisto V - e degli altri presuli, molti dei quali furono cardinali, come di altri benemeriti servitori della Chiesa e della Sede Apostolica.

Tutto ciò, pero, appartiene al passato e, se di certo a considerarlo offre argomento di soddisfazione e di lode, è pur vero che sarebbe qualcosa di sterile e vuoto, se più non trovasse riscontro nel presente e si rivelasse, rispetto a questo, incoerente e lontano... La tradizionale fedeltà di Fermo alla Chiesa romana non può né dev'essere soltanto un dato storico, pur degno di apprezzamento: essa dev'esser, piuttosto, come un'indicazione, uno stimolo, un lievito per confermare un tale rapporto, per stringerlo più saldamente, per esprimerlo in forme anche rinnovate e originali nell'attualità della vita religiosa ed ecclesiale. Voglio dire che anche oggi la vostra arcidiocesi deve sentirsi impegnata a vivere ancor meglio questo innegabile rapporto con la Chiesa e nella Chiesa, facendo tesoro di quegli apporti dottrinali e operativi che il Concilio Vaticano II tanto autorevolmente ha offerto in tema di mutue relazioni tra la Chiesa universale come realtà di comunione e le Chiese particolari con le proprie tradizioni (cfr. LG 13 CD 11).

Non c'è dubbio che una più matura coscienza ecclesiale - la coscienza convinta e anche gioiosa di appartenere alla Chiesa come unico popolo di Dio - servirà a questo scopo, favorendo intese, scambi, aiuti, irrobustendo l'adesione di fede, aprendo il cuore alla più ampia comunione di carità. In tal modo, come già avvenne nel passato, sarà ancora questa viva, identica professione della fede cattolica e romana a trovare puntuale riscontro anche ai nostri giorni, influendo e quasi foggiando un definitivo costume morale, che è - come fu - genuino costume cristiano.


3. C'è un settore che costituisce, a giudizio unanime, come il banco di prova per saggiare la bontà di questa fede e di un tale costume. E' il settore delle vocazioni, sul quale vorrei spendere una speciale parola in ragione non solo della sua importanza, ma delle difficoltà, altresi, che si notano ormai in diverse regioni. Fenomeno indubbiamente preoccupante è il constatato calo delle sacre vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa, al servizio missionario. Grazie a Dio, non è dappertutto così; ma in non pochi luoghi è purtroppo così! Perché? Non è questa la sede per fare sottili indagini sociologiche o culturali, e si sa, del resto, che le ragioni sono diverse e, quasi cospirando tra loro, hanno determinato il fenomeno stesso.

Ebbene, se esso esiste nella vostra terra, sta a voi determinare una salutare inversione di tendenza. Preghiera, spirito di fede, buon esempio dei sacerdoti sono e restano i mezzi che, insieme cospirando, potranno bilanciare i fattori negativi e favorire l'auspicata rifioritura. Sta alle famiglie cristiane rispondere al Signore che chiama, considerando una vocazione, che in seno ad esse accenni a fiorire, non già una perdita o una iattura, ma quel che veramente è un dono di Dio. Sta alle singole comunità locali e, in concreto, alle parrocchie preoccuparsi di questo problema, perché non le manchino mai i pastori e siano essi pari - per qualità, come per numero - alle accresciute necessità spirituali del mondo moderno.

Auspico che anche l'odierna circostanza, che vede l'intera diocesi raccolta in una significativa assemblea di fede, valga a promuovere un rinnovato, concorde e forte impegno in questo vitale settore.


4. Nel cammino pastorale di questi anni - come ha accennato monsignor arcivescovo - c'è stato anche il tema dell'Eucaristia, come centro della vita cristiana. Un tema di per sé inesauribile, suscettibile di molteplici considerazioni e approfondimenti, che voi riprenderete tra breve in preparazione al Congresso eucaristico diocesano, che sarà celebrato nella primavera del prossimo anno.

Anche intorno a questo tema mi sia consentito, cari fedeli di Fermo, di rivolgervi una parola di speciale esortazione. In effetti, l'appartenenza alla Chiesa, la confessione della fede, il servizio della carità hanno un essenziale e comune punto di convergenza nel sacramento dell'altare. Per questo, io vi raccomando vivamente un amore ardente a Gesù Eucaristia, non soltanto come necessaria preparazione al prossimo congresso o come anticipato suo frutto, ma anche come sostegno indispensabile della vostra vita cristiana. Proprio dall'Eucaristia si attinge la virtù per ispirare, orientare, sorreggere singolarmente e comunitariamente questa vita. Non è forse essa - come ripetiamo in ogni messa - il "mistero della fede"? Mistero, cioè sacramento, cioè realtà divina arcanamente operatrice di grazia? E non si può forse, lungo questa stessa linea operativa, raccordare il motivo nobilmente umano della "firma fides", proprio della vostra gente, con la superiore "fortitudo fidei", che veniva inculcata ai primi cristiani dall'apostolo Pietro (cfr. 1P 5,8)? Siate sempre fermi e forti nella fede, alimentandola alla fonte della santa Eucaristia.


5. Mi piace concludere questo incontro gradito evocando due ricordi che mi sono stati riferiti. Il primo risale alla visita, che fece tra voi l'amatissimo mio predecessore Paolo VI nel 1962, pochi mesi prima di essere elevato al pontificato.

So che, in una magistrale omelia, egli parlo a lungo dell'Eucaristia, mettendo in luce le mirabili relazioni che essa, come corpo reale di Cristo, ha con la Chiesa, ch'è il corpo mistico di Cristo. Molto semplicemente vorrei dirvi che quelle parole, pronunciate a conclusione di un analogo congresso, restano tuttora valide per l'evento ecclesiale che celebrerete - da protagonisti - nel prossimo anno.

L'altra raccomandazione, che desidero farvi, è quella di coltivare una sincera pietà verso la Madre di Gesù, che è insieme - in lui e per lui - Madre nostra dolcissima. So che voi la venerate in non pochi santuari della vostra terra, tra i quali emerge quello cittadino della Madonna del Pianto. E qui cade il secondo ricordo, del pari a me riferito e concernente i miei connazionali, i quali per primi entrarono a Fermo e nella zona circostante, portando dopo le trepidazioni della guerra un raggio di serenità e di pace. In quei giorni - era il giugno del 1944 - la popolazione si strinse amichevolmente intorno a quei giovani soldati, per dir loro la propria gratitudine. Essi, da parte loro, si sentivano inclinati a ricambiare per una sorta di fraternità, che era basata, essenzialmente, sull'identità di fede. Anch'essi, quasi a sciogliere un voto comune, si ritrovarono a fianco dei fermani nel ringraziare la Vergine del Pianto, considerata la celeste salvatrice della città e dell'intera diocesi.

Data: 1984-03-24 Data estesa: Sabato 24 Marzo 1984




Al personale del Parlamento italiano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servire il bene comune realizza la vera missione del cristiano

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto per questa udienza, che mi dà la possibilità di incontrarmi con voi, funzionari, impiegati e personale ausiliario della Camera dei deputati e del Senato della repubblica italiana, che insieme con i vostri familiari avete voluto celebrare oggi solennemente il Giubileo della Redenzione.

Questo vostro gesto collettivo acquista un significato particolare per la vostra vita personale e per quella professionale: esso è fondamentalmente un atto di fede in Gesù Cristo, Messia, Signore, Figlio di Dio incarnato, e nella redenzione da lui operata con la sua morte e risurrezione! Spero che questo Anno Giubilare, aperto esattamente un anno fa, sia stato anche per voi un tempo di grazia e di salvezza, un periodo di intensa unione con Cristo, nella riflessione della parola di Dio, nella recezione dei sacramenti, specialmente della Penitenza e dell'Eucaristia.

L'Anno Giubilare è un vero "tempo forte", durante il quale il cristiano è chiamato a vivere interiormente l'invito alla riconciliazione con Dio padre nel Figlio, verbo fatto uomo. Come dice san Paolo: "Dio... ci ha riconciliati con sé mediante Cristo... E' stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo"; e aggiunge anche per noi la pressante raccomandazione rivolta ai fedeli di Corinto: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!" (2Co 5,18-19).

Nel mondo contemporaneo si sente in maniera drammatica il bisogno della riconciliazione, condizione indispensabile per la stessa sopravvivenza dell'umanità: esigenza di riconciliazione tra i popoli e le nazioni, tra i cittadini e i ceti sociali, in seno alle famiglie, tra le persone che vivono e lavorano insieme, ma specialmente dell'uomo con se stesso, con la propria coscienza. Ma perché tutti questi tipi di riconciliazione possano realizzarsi è necessario anzitutto che ognuno si lasci riconciliare con il Padre celeste, che è il nostro creatore, redentore e giudice. Bisogna pertanto che i cristiani si mettano "al servizio della riconciliazione"!


2. Quale può essere la vostra testimonianza cristiana a livello della vostra realtà professionale nella prospettiva dell'Anno Santo, la cui influenza spirituale deve continuare ad animare e a orientare la vostra vita? Nelle strutture centrali degli Stati, alcuni compiti di grande responsabilità non sono affidati soltanto ai rappresentanti eletti dal popolo e alle forze politiche in cui essi si raggruppano, ma anche a coloro i quali, a diversi livelli di competenza, danno il proprio contributo per rendere possibile la vita e l'azione dei parlamenti.

Voi, che rappresentate le varie categorie del personale che collabora allo svolgersi delle funzioni del Parlamento italiano, abbiate sempre alto il senso della vostra missione professionale, che è chiamata a dare un apporto di cultura, di tecnica giuridica, di organizzazione amministrativa, al fine che l'attività politica trovi sempre qualificata e piena attuazione per il bene dello Stato e della società.

Abbiate sempre la chiara consapevolezza - e anche la legittima fierezza - di dover essere in ogni momento e in ogni circostanza al servizio del bene comune, mediante la vostra competenza, la vostra dedizione, la vostra imparzialità, il vostro senso del dovere! Essere cristiani in tale ambito di lavoro significa realizzare, giorno dopo giorno, quella dimensione di "servizio", esemplarmente vissuta da Cristo e da lui inculcata ai suoi seguaci (cfr. Mt 20,25-28 Mc 10,42-45 Lc 22,24-26); significa combattere in se stessi le suggestioni di ambizione o del potere o degli interessi di parte, così come i compromessi, che tradiscano e deludano le legittime attese e aspirazioni dei cittadini, per quanto concerne l'attuazione dei principi di giustizia e di concordia civile e sociale; significa ancora superare sterili antagonismi di gruppo o di ideologia, preconcette o strumentali divisioni, nella ricerca, costante e sincera, della collaborazione tra tutti gli uomini di buona volontà, e nell'impegno di una personale coerenza di vita con i genuini valori che provengono dall'insegnamento evangelico! Che la celebrazione giubilare, alla quale avete partecipato con spirito di fede, faccia maturare abbondanti frutti spirituali in voi, nelle vostre famiglie, nel vostro ambiente di lavoro, di modo che la vostra testimonianza cristiana diventi uno stile di vita, motivo di rispetto e di imitazione da parte degli altri (cfr. Mt 5,16).

Con questi auspici, invoco dal Signore su di voi, sui vostri familiari e, in particolare, sui vostri bambini l'abbondanza dei doni celesti e vi imparto di gran cuore la benedizione apostolica.

Data: 1984-03-24 Data estesa: Sabato 24 Marzo 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ad un'associazione ebraica - Città del Vaticano (Roma)