GPII 1984 Insegnamenti - Ai giovani della diocesi di Aversa - Città del Vaticano (Roma)

Ai giovani della diocesi di Aversa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Invito a costruire la cultura della pace

Testo:


1. Desidero innanzitutto porgervi il mio più cordiale benvenuto, carissimi studenti della diocesi di Aversa. Mentre ogni anno eravate soliti celebrare nelle vostre scuole l'incontro pasquale con il vescovo, quest'anno avete accolto con entusiasmo il suo invito di venire a Roma per vivere con maggiore intensità la grazia eccezionale del Giubileo e insieme incontrarvi con il Papa, nel centro della cristianità, in comunione con la Chiesa universale.

Ed eccovi qui, numerosi, lieti e coscienti dell'importanza di questo momento; è un'esperienza da cui intendete trarre motivi di più forte impegno religioso e di testimonianza cristiana più autentica. Sono contento di vedervi qui. Saluto in modo particolare il vostro vescovo, monsignor Giovanni Gazza, i sacerdoti e i numerosi seminaristi; saluto i presidi, gli insegnanti che hanno reso possibile questa iniziativa; esprimo il mio benvenuto ai vostri familiari e a quanti si dedicano con amore alla vostra educazione.

Grazie per aver accolto l'invito rivoltovi. Grazie per essere venuti qui! Sapete quanta fiducia ho in voi! Tante volte mi avete sentito proclamare la mia speranza nei giovani. Si, ve lo confermo: io credo nei giovani, io credo in voi, ho fiducia nella vostra freschezza, nella vostra generosità, nella vostra ansia di bene.

Voi, avvenire del mondo, siete anche l'avvenire della Chiesa, siete la speranza di tutti noi! Leggo nei vostri occhi l'ardore di chi nutre grandi ideali, vi vedo attenti e decisi a costruire un domani migliore.


2. Io credo in voi perché credo in quel Gesù Cristo che ha fiducia nell'uomo, che non esita ad affidargli il tesoro della creazione, che lo chiama a collaborare alla sua opera. Io credo in voi perché vi vedo aperti alla voce di Dio, perché avete riaffermato che la vostra coscienza è spalancata per Cristo. Per questo ho fiducia in voi: perché dove è presente Cristo c'è generosità, c'è capacità di sacrificio, c'è perseveranza nel bene, c'è attenzione al prossimo, c'è concreta dedizione, anche fino ai limiti dell'eroismo. E so bene che tutto questo voi lo sentite intensamente non solo perché fa parte della vostra giovinezza ma anche perché è profondamente radicato nella vostra terra e nelle tradizioni della vostra cultura. Ma so inoltre che vivete con grande sensibilità gli enormi problemi che attanagliano la nostra società. Il contesto socio-culturale in cui conducete la vostra vita pone, come altrove, gli stessi inquietanti interrogativi: perché l'ingiustizia? perché la violenza? perché la società non è in grado di assicurare a tutti un posto di lavoro? che cosa ci riserva il domani? è possibile non essere sopraffatti dalla delinquenza che ci minaccia in tanti modi?


3. Voi per primi non volete che questi interrogativi rimangano senza risposta. Voi sentite una irrefrenabile volontà di non arrendervi, di non restare inattivi, di operare per cambiare qualche cosa. Sappiate allora che in questi vostri sforzi non siete soli. Attenti come siete alla voce della Chiesa, avrete certamente colto nei miei interventi e messaggi la preoccupazione vivissima per le insidie che minacciano l'uomo e che gli impediscono di condurre la sua esistenza in maniera "umana".

Come il Papa, così il vescovo, i sacerdoti, i vostri insegnanti sono al vostro fianco e non chiedono altro che di sostenervi e guidarvi. Abbiate la forza di ascoltarli e di seguirli. Non lasciatevi prendere dalla tentazione di rispondere alla violenza con altra violenza. La nostra condizione di cristiani non lo consente. Alla cultura della violenza e dell'odio opponete quella dell'amore e della pace. La trasformazione, il vero rinnovamento sarà frutto soltanto di una coscienza nuova, capace di superare l'individualismo, la divisione o la ricorrente indifferenza. Sentitevi impegnati in prima persona a edificare una realtà di Chiesa locale che rifiuta la sopraffazione e l'ingiustizia nel nome dell'unico Signore e, con la forza che viene dallo Spirito, contrappone alla violenza e all'illegittimità il servizio, la corresponsabilità, la vera carità. Una tale società deve saper unificare tutte le forze vive - quelle religiose, quelle della famiglia, quelle delle diverse componenti sociali - per valorizzare e potenziare quanto ognuno è in grado di dare, nel rispetto e nella promozione vicendevole.

Sarà possibile tutto questo? Non resterà un bel sogno? Carissimi giovani, noi vogliamo credere fortemente che è possibile edificare una società diversa, più umana e quindi più cristiana. Ma è impegno arduo, cammino difficile.

Richiede un'applicazione assidua e tenace, che non consente dispersione di energie. E' nel nome di Cristo e del suo messaggio di amore e di giustizia che dovete vincere l'illusoria tentazione della conquista facile, del successo a tutti i costi, del benessere elevato a valore primario.


4. Permettete che vi richiami alcune urgenze. Anzitutto, vi chiedo di vivere con molta serietà l'impegno scolastico, che già vi occupa quotidianamente per diverse ore. La scuola, voi lo sapete, ha un'importanza grande. Sviluppando le facoltà intellettuali e la capacità di giudizio, vi pone direttamente a contatto con il grande patrimonio delle passate generazioni e si rivela, così, un continuo stimolo al confronto e alla ricerca. Sappiate essere "saggi", sappiate cioè acquistare la vera sapienza, per approfittare pienamente di questo periodo tanto bello. E' dalla maniera con cui oggi vivete questa stagione culturale e spirituale che dipenderà, in gran parte, il vostro avvenire.

Con l'applicazione fedele al dovere scolastico, vi raccomando di saper coltivare attentamente quei valori che appaiono ogni giorno più preziosi e che costituiscono anche il tesoro delle vostre tradizioni umane e religiose. Penso all'amicizia, alla solidarietà, al rispetto della dignità della persona, all'attaccamento alla famiglia, all'onestà, alla fedeltà al proprio dovere, alla capacità di collaborazione, alla ricerca di una valida professionalità. Sono conquiste faticose, frutto di un lavoro graduale e costante, che vi permetteranno di superare i ristretti orizzonti del materialismo dilagante, dell'autoaffermazione, dell'egocentrismo, di quella permissività che non soddisfa, non fa crescere e non matura.

Ma, al di là di tutto, anzi all'origine di tutto, noi siamo coscienti che va posta una solida vita spirituale. Ogni programma, ogni incontro, ogni iniziativa sarà tanto più valida ed efficace quanto più sarà radicata in un profondo e autentico clima religioso.

Vivete con entusiasmo e con forza la vostra fede. Attraverso il Battesimo che avete ricevuto, voi siete persone rigenerate, come ci insegna san Paolo. Siate veramente aperti a Dio, seguite Gesù Cristo, nutritevi costantemente della sua parola e dei suoi sacramenti. In tal modo, farete della vostra giovinezza e di tutta la vostra vita una lieta avventura, un cammino di fede, ispiratore di opere sante, in comunione con Dio e i fratelli, un annuncio coraggioso dei valori dell'uomo e del Vangelo.

Con questi sentimenti, benedico di cuore voi, la vostra diocesi, i vostri insegnanti e tutti i vostri familiari.

Data: 1984-03-29 Data estesa: Giovedi 29 Marzo 1984




Ai vescovi del Togo in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà fra le etnie per l'evangelizzazione

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato, queste poche parole, che rivolgo a voi tutti, dopo l'incontro personale che ho potuto avere con ciascuno di voi, vogliono semplicemente rafforzare il vostro zelo e il vostro discernimento pastorale, e anche quello dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei laici che collaborano con voi nel Togo. Durante questi pochi giorni a Roma, grazie ai nostri colloqui, il vostro Paese mi è divenuto più familiare. Voi mi avete del resto invitato, così come il vostro presidente della Repubblica, a recarmi da voi, come ho fatto nei Paesi vicini. Ne sono stato molto commosso. Non ho ancora potuto rispondere a questo amabile invito, spero di poterlo fare un giorno. Bisogna che io proceda a tappe nel vasto continente africano! Ma, da oggi, sono presente nel vostro Paese con il cuore e con la preghiera.


1. Il primo sentimento che deve ispirare la nostra preghiera, è quello del ringraziamento per l'opera di evangelizzazione compiuta nel vostro Paese in meno di un secolo. Non soltanto una buona percentuale della popolazione ha aderito alla fede cristiana, ma la Chiesa nata là ha acquisito una grande vitalità. Segno di ciò è l'accresciuto numero delle vocazioni, sacerdotali e religiose. Si, noi dobbiamo rendere grazie a Dio. E dobbiamo essere grati anche ai valorosi missionari che hanno trasmesso la fede agli inizi, che l'hanno nutrita e sostenuta, che hanno fondato la Chiesa e si sono presi cura di preparare i cristiani del Paese a responsabilità ecclesiali. Monsignor Joseph Strebler, da poco morto a Strasburgo, è uno di loro. Altri sacerdoti, venuti da altri Paesi, recano ancora una collaborazione preziosa e necessaria. Infine, noi apprezziamo la parte attiva che i togolesi hanno preso per la loro evangelizzazione. Il seme del Vangelo è caduto in terra fertile!


2. E ora vogliamo considerare questa vostra Chiesa in fase di crescita. Sembra che il Sud del Paese abbia conosciuto e conosca una situazione abbastanza privilegiata, per i battezzati, i sacerdoti, i religiosi. Ora, lo si è detto spesso, gli africani devono sempre più diventare i missionari degli africani. Sono sicuro che voi saprete far comprendere ai vostri diocesani la necessità di un aiuto all'interno del Togo, suscitare lo zelo per il servizio in altre diocesi, e aiutare i fedeli ad accettare pastori appartenenti a un'altra etnia. E' questo un segno della cattolicità della Chiesa: essa si è manifestata in una solidarietà, in uno scambio e in un'accoglienza fin dai tempi apostolici e, sempre, nella sequela, come mostra l'esempio di sant'Ireneo. In Togo, molti di coloro che condividono le religioni tradizionali sono senza dubbio disposti ad accogliere la Buona Novella se la sua predicazione chiara è accompagnata dalla testimonianza della vita evangelica. Noi preghiamo per loro e perché gli operai in questa messe siano più numerosi.


3. A dire il vero, per quanto riguarda il ministero sacerdotale, molti vi si preparano nel vostro Paese, nei seminari minori, nel seminario maggiore di Dapango, nel seminario maggiore di Quidah, nel Benin e, da poco, nel seminario maggiore di Lomé, che potrà rendere un prezioso servizio, non solamente a questa arcidiocesi, ma anche alle altre tre diocesi.

Tutti insieme, cari confratelli, vegliate con attenzione sulla formazione del vostro clero, sui solidi studi dei seminaristi, sul progresso della loro vita spirituale, sulla formazione del loro zelo e del loro discernimento spirituale, sul loro senso del servizio disinteressato.

Sono lieto di sapere che la Congregazione autoctona delle Suore di Nostra Signora della Chiesa ha conosciuto un apprezzabile sviluppo. Avete constatato che la testimonianza delle religiose, per ciò che concerne la preghiera, l'apostolato, la consacrazione a Dio nella gratuità dell'amore, è capitale per l'insieme della popolazione e particolarmente per aiutare le donne togolesi a compiere la loro missione nella società.


4. Per quanto riguarda l'apostolato dei laici, alcune fiorenti associazioni si sono diffuse nel vostro Paese, ed è certo che questa edificazione comunitaria è molto necessaria. Vi chiedo di aver cura che queste associazioni permettano una formazione profonda dei loro membri alla fede, alla preghiera, alla liturgia, e anche ai servizi ecclesiali che debbono tradursi in azione. Penso a due ambiti particolarmente importanti: quello concernente la formazione catechetica degli adulti ma anche di tutti i bambini e giovani delle scuole cattoliche e statali; ne va dell'avvenire della fede. L'altro ambito è quello della pastorale familiare; domenica scorsa, per il Giubileo delle famiglie a Roma, ci sono state delle belle testimonianze del modo in cui il matrimonio cristiano può essere vissuto in Africa. Con le altre conferenze episcopali della vostra regione, ove si pongono gli stessi problemi, e in unità con la Santa Sede, adoperatevi per aiutare i cristiani a prepararsi a questo sacramento e a viverlo.


5. Cari confratelli, non ho potuto che sfiorare queste vostre quotidiane preoccupazioni pastorali. Per meglio affrontarle, aiutate i vostri diocesani, specialmente in questo tempo forte della Quaresima dell'Anno Santo, a volgersi al Redentore per ricevere dalla sua grazia la purificazione delle loro coscienze e un rinnovamento di vita conforme al Vangelo. Aiutateli a vivere nella fratellanza! Questa fratellanza è particolarmente eloquente e importante per il vostro presbiterio sia che si tratti di sacerdoti togolesi che di sacerdoti venuti generosamente da altri Paesi, diocesani o religiosi. In definitiva, è sullo spirito collegiale dei vescovi, sulla loro effettiva solidarietà, sulla loro comune responsabilità, che si fonderà questo amore fraterno che deve brillare come il segno per eccellenza dei cristiani.

Che il Signore vi doni la sua luce e la sua forza! Che la santissima Vergine Maria ben disponga le anime! Portate il mio saluto affettuoso alle vostre comunità cristiane, e i miei incoraggiamenti a tutti coloro che lavorano per l'evangelizzazione. Di tutto cuore, insieme a voi, li benedico.

Data: 1984-03-29 Data estesa: Giovedi 29 Marzo 1984




Al congresso delle Confcooperative - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà e crescita la struttura portante dell'associazionismo

Testo:

Egregi signori, partecipanti al III Congresso nazionale della Confederazione cooperative italiane e rappresentanti delle casse rurali.


1. Sono lieto di essere oggi in mezzo a voi e di porgervi il mio cordiale saluto in una circostanza ricca di significati. Ho ascoltato con attenzione le parole del vostro presidente, che ha illustrato, in rapida ma efficace sintesi, le molteplici forme della vostra presenza nella società e gli ideali che orientano il vostro impegno nella prospettiva del bene comune. Gli sono grato per la fiducia manifestata nei confronti delle indicazioni provenienti dal magistero della Chiesa.

Voi, appunto, avete chiesto questa speciale udienza non solo per dare maggiore solennità al pellegrinaggio giubilare dei cooperatori, ma anche per approfondire l'impegno di verificare, mediante l'ascolto della parola del successore di Pietro, la linea dell'ispirazione cristiana del movimento. Una verifica che vuole essere segno di fedeltà e di rinnovamento.

Nel celebrare il congresso nazionale della confederazione, voi andate alla ricerca di risposte adeguate ai numerosi e complessi interrogativi sulla situazione generale della società contemporanea, per rilanciare le vostre iniziative e rendere sempre più vigoroso il contributo del vostro servizio. A tale scopo vi potrà essere di aiuto, come stimolo di creatività, la necessaria correlazione con le vostre origini.


2. Non per nulla, infatti, avete programmato di celebrare contemporaneamente al vostro congresso la ricorrenza centenaria di un avvenimento, che si pone alla radice della vostra storia e fu la scintilla capace di destare l'incendio: la fondazione della prima cassa rurale, avvenuta in un piccolo centro agricolo del Veneto, con la collaborazione attiva del parroco del luogo. L'idea, fatta propria da gran parte del clero in quei tempi di tumultuose trasformazioni, divenne lo strumento quanto mai utile per allargare l'azione cristiana in campo sociale.

Nacquero così le casse rurali cattoliche, che dal Veneto con rigoglioso sviluppo si diffusero nell'Italia intera, dal Nord verso il Sud.

La cooperazione, sotto forma di casse di risparmio, società assicurative e di mutuo soccorso, fu leva di base usata dal pionierismo cattolico, per un crescente impegno in mezzo al popolo, al ceto contadino, al nascente mondo operaio, alle classi più diseredate, con finalità di sicurezza sociale e di promozione umana. Alla cassa rurale si aggiunse ben presto la cassa artigiana.

Ebbe inizio la legislazione cooperativa. Dall'ambito diocesano si dilato a livello nazionale e fini col varcare anche le frontiere italiane.

Così per iniziativa di una schiera di umili e spesso oscuri sacerdoti, con la collaborazione di gruppi sempre più numerosi di laici ignoti e illustri, si diede vita a un modello di movimento solidaristico, che non si è esaurito dopo un secolo e non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità di sviluppo.


3. Di fronte all'irrompere di una vitalità così piena di promesse, i miei venerati predecessori non hanno esitato a intervenire tempestivamente per incoraggiarne il cammino.

Leone XIII, il Papa che già nella "Rerum Novarum" aveva difeso e favorito il sorgere dell'associazionismo e della solidarietà nel mondo del lavoro, in una lettera del 1896 riconosceva la grande utilità delle casse rurali per le famiglie degli operai e si augurava che una tanto benefica istituzione incontrasse il favore delle varie componenti della società.

Nel 1944, terminato il secondo conflitto mondiale, quando si pensava all'urgenza di porre le basi di una solida ricostruzione, Pio XII auspicava l'incremento della collaborazione tra le piccole proprietà mediante l'istituto delle cooperative (1 settembre 1944).

Anche il Concilio Vaticano, trattando il tema delle riforme, non manco di raccomandare "un'efficace organizzazione cooperativa" (GS 71).

Sui problemi complessi del lavoro umano io stesso, nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 8), dopo aver notato che la solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame, aggiungevo che la Chiesa è vivamente impegnata in questa causa, "perché la considera come sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo".


4. In poche parole, solidarismo e crescita dell'uomo visto nella sua totalità, in senso economico, sociale e umano, costituiscono la struttura portante del sistema associazionistico della cooperazione. E' una leva capace di sollevare dalle crisi ritornanti e di regolare lo sviluppo. Il futuro della cooperazione sta nell'attuazione dell'equilibrio tra esigenze della persona e servizio sociale. Io mi auguro che la vostra confederazione, impegnata in una fase di riorganizzazione e di rilancio voglia adoperarsi per giungere a creare un tipo di associazionismo a ispirazione cristiana che sia di modello ad altre associazioni.

La cooperazione di per sé pone al centro delle proprie prospettive il rispetto e l'elevazione della persona umana, incoraggia la responsabilità del singolo, la capacità professionale, lo spirito d'iniziativa e di laboriosità, stimola le risorse del volontariato. Nello stesso tempo, come per una legge di interna compensazione, facilitando la vicendevole integrazione, essa riduce gli inconvenienti dell'individualismo, viene incontro alle posizioni economiche e sociali più deboli, favorisce il pluralismo delle istituzioni nei vari settori di attività, senza mettere in pericolo la propria identità.

Egregi signori, la vostra confederazione, nata come tale nel dopoguerra, aperta all'avvenire ma non chiusa ai valori del passato, per realizzare i propri progetti si pone il problema della famiglia, della scuola, dell'occupazione, delle nuove forme di povertà. Come ognun vede, si tratta di temi di vitale importanza per il futuro della nostra società. Nell'affrontarli, occorre avere sempre presenti gli ideali che animarono gli iniziali promotori del movimento; in quegli ideali, infatti, si rispecchiano alcune istanze perenni del messaggio evangelico.

Il vostro compito - e la vostra originalità, e il vostro merito - consistono nel saper trovare, alla luce di tali istanze perenni, applicazioni adeguate alle nuove esigenze emergenti dalla situazione odierna. Il mio augurio è che sappiate elaborare un programma di attività umanamente e socialmente feconde.

Con questi voti v'imparto di cuore l'apostolica benedizione, che volentieri estendo ai vostri familiari e a tutti coloro che attivamente si impegnano nei vostri benemeriti organismi.

Data: 1984-03-30 Data estesa: Venerdi 30 Marzo 1984





Al pellegrinaggio interscandinavo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La conversione alimenta la preghiera per l'unione

Testo:

Cari fratelli e sorelle, "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ep 1,2).

E' una gioia immensa per me dare il benvenuto a voi, pellegrini della Scandinavia. Voi rappresentate la Chiesa di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia. Siete venuti con le vostre speranze e ansietà, con le aspirazioni e le gioie delle vostre vite cristiane. Siete venuti per rendere testimonianza a Roma della vostra fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Redentore del mondo.

Nei vostri Paesi avete udito il richiamo della Chiesa: "Spalancate le porte al Redentore". Questo richiamo ha toccato il vostro cuore e voi avete sentito il bisogno di celebrare, in unità con la Chiesa universale, il mistero della redenzione. La vostra presenza a Roma in questo tempo rende omaggio al sangue redentore di Cristo e alla riconciliazione ottenuta con lo spargimento di tale sangue. Siete qui per proclamare nella e con la Chiesa che Cristo ci ha liberati dal peccato e dalla morte. Con le parole dell'apostolo Paolo: "In Cristo abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia" (Ep 1,7). A motivo della redenzione siete chiamati ad essere un popolo santo, a vivere in Cristo Gesù per la gloria del Padre. Mediante l'azione redentrice di suo Figlio - il mistero pasquale di Gesù - Dio prende possesso di voi come di cosa sua.

E oggi potete entrare nel mistero della redenzione mediante la conversione che Dio vi offre, l'apertura dei vostri cuori a lui. In questo contesto la Chiesa vi fa dono di un grande tesoro di grazia: il sacramento della Penitenza, nel quale, in un incontro individuale e personale col Redentore, voi ricevete l'effusione del suo perdono, la sua misericordia e il suo amore. E allora la Chiesa vi invita alla pienezza dell'unità con Dio nell'Eucaristia, in cui il mistero della redenzione è supremamente attuato nelle vostre vite. La Chiesa vi chiede, cari fratelli e sorelle, di ricevere questi sacramenti. Penitenza e Eucaristia generano la conversione, l'apertura dei cuori al Redentore.

C'è ancora un altro aspetto della redenzione che vorrei sottolineare oggi. Gesù è morto, ci dice san Giovanni, "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52). La redenzione di Gesù è intimamente connessa all'unità della Chiesa e richiede la piena unità di fede e di amore di tutti i discepoli di Cristo.

Voi, cattolici di Scandinavia, siete un piccolo gregge tra gli altri fratelli cristiani. Nella vostra vita quotidiana voi sperimentate la necessità della perfetta unità cristiana. Questa unità è un dono di Dio e deve essere umilmente cercata nella preghiera. Attraverso la conversione, l'obiettivo del vostro pellegrinaggio a Roma, voi sarete capaci di essere fedeli alla preghiera per l'unità dei cristiani. Attraverso la santità della vostra vita voi contribuirete realmente a questa causa. Anche questo aspetto è racchiuso nel richiamo della Chiesa: "Aprite le vostre porte al Redentore".

Ritornando alle vostre case vi chiedo di portare il mio saluto e la mia benedizione alle vostre famiglie e amici, specialmente ai malati e ai sofferenti.

Il Papa è vicino ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici della Scandinavia.

Siate certi delle mie preghiere per tutti voi. "Il mio amore è con voi tutti in Cristo Gesù" (1Co 16,23).

Data: 1984-03-30 Data estesa: Venerdi 30 Marzo 1984




Alle comunità con persone handicappate - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'handicappato è un soggetto con diritti sacri e inviolabili

Testo:


1. "La moltitudine dei credenti aveva un cuor solo e un'anima sola... tutto era fra loro comune... tutti erano ben voluti da tutti... non vi era alcun bisognoso tra loro" (Ac 4,32-34).

Il brano degli Atti degli apostoli, che abbiamo letto, ci ha descritto la comunità cristiana primitiva, costituitasi attorno agli apostoli, i quali "rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù con grande efficacia" (Ac 4,33). E' un quadro vivace di unità e solidarietà fraterna, così necessarie allo sviluppo della cristianità nascente. Anche noi oggi, qui riuniti attorno all'altare per celebrare l'Eucaristia, culmine, fonte e centro della vita cristiana, desideriamo formare una vera comunità di fratelli, alcuni dei quali sono colpiti da condizioni di particolare sofferenza, e altri sono a loro vicini per motivi di affettuosa assistenza.

Tutti noi vogliamo realizzare "un cuor solo e un'anima sola" nella disponibilità ad accogliere la parola di Dio, che ci interpella anche a riguardo del problema specifico di questi nostri fratelli handicappati, invitandoci alla conversione e alla riconciliazione, obiettivo primario di questo Anno Santo della Redenzione.

Si, vogliamo essere una comunità cristiana alimentata dal vigore del pane di vita, riunita attorno al Vescovo di Roma e successore di Pietro, per ricevere abbondantemente la grazia del Giubileo, che è anzitutto dono ineffabile di Dio, pieno incontro con la sua misericordia e col suo amore rinnovatore. A tale grazia corrisponde in noi una precisa responsabilità: tradurre il dono di Dio in condivisione solidale, in amore verso questi nostri fratelli e sorelle colpiti da handicap. così questa giornata dovrà essere caratterizzata dalla volontà di costruire uno stile di vita comunitario, anzi fraterno, sensibile alle esigenze della giustizia e della solidarietà.

Lasciando alle spalle i nostri egoismi, le nostre remore, i nostri timori e chiedendo perdono per tutto ciò, vogliamo riconciliarci veramente con Dio e con i nostri fratelli più deboli, e anche con le loro più vive necessità, comprendendole cioè e facendole proprie.


2. Cari amici sofferenti, questo vostro pellegrinaggio è certamente il più caro al mio cuore. Voi rappresentate la Chiesa che soffre e che accetta con totale fiducia la volontà di Dio, nel disegno misterioso della redenzione attuatasi per mezzo della croce e della risurrezione. Ricevete il mio saluto più cordiale e il mio abbraccio.

Insieme con voi desidero salutare i vostri accompagnatori e organizzatori del pellegrinaggio, tutti i rappresentanti dei gruppi parrocchiali, delle scuole, delle fabbriche, delle cooperative, delle associazioni e istituzioni dove voi siete inseriti e ricevete cure e assistenza e soprattutto aiuto per una valida integrazione. Saluto anche le delegazioni provenienti da diverse città d'Italia e da importanti centri europei. Dirigo a tutti il mio vivo e affettuoso ringraziamento.


3. Voi vi siete riuniti per sottolineare il messaggio salvifico e universale della redenzione, che, operata da nostro signore Gesù Cristo diciannove secoli e mezzo fa, è tuttora presente ed efficace, soprattutto mediante il sacrificio eucaristico; voi siete venuti per annunziare e testimoniare al mondo intero che non esiste una storia solamente profana, bensi l'unica "storia della salvezza" che si svolge attorno alla croce e alla risurrezione di Cristo. Le vostre attese, pur passando attraverso il mistero del dolore innocente, sono rivolte verso la risurrezione dell'uomo intero, verso la liberazione anzitutto dai condizionamenti del peccato, ma anche da quelli della malattia e di ogni forma di menomazione fisica e psichica.

E qual è la risposta di Cristo alle vostre attese? Egli le deluderà? Cristo Gesù offre la salvezza totale dell'uomo e in tal senso si deve intendere l'annuncio profetico ed escatologico di Isaia che abbiamo ascoltato: "(Dio) stesso viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi... e le orecchie dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo, la lingua del muto eleverà canti di trionfo, poiché sorgenti di acqua sgorgheranno nel deserto e ruscelli scorreranno nella steppa" (Is 35,4-6). E' tutta un'esplosione di gioia, espressa con vive immagini, di fronte alla salvezza del resto di Israele tornato dalla schiavitù a far rifiorire la terra promessa; ed è al tempo stesso un'esplosione di gioia nella prospettiva della consumazione della salvezza che opererà il Figlio di Dio Gesù Cristo, mediante l'opera della redenzione.

Egli darà compimento anche letterale alla parola di Isaia, come è testimoniato dal brano evangelico ora letto. "Figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati" (Mc 2,5), dice Gesù al paralitico; in risposta poi ai suoi muti accusatori Gesù soggiunge: "Affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha potere in terra di rimettere i peccati, dico a te: alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua" (Mc 2,10-11). Gesù realizza, quale messia, redentore e signore, quanto il profeta ha preannunciato; Gesù che percorreva tutta la Galilea predicando la buona novella del regno e "curando ogni sorta di malati e infermità del popolo" (Mt 4,12-33).

L'annuncio del regno di Dio - che fa appello alla fede, chiama alla conversione e induce all'amore - è accompagnato da autentiche manifestazioni di questo amore per la sorte dei più deboli e bisognosi. Il regno di Dio tende alla pienezza dell'incontro dell'uomo col suo Creatore e Padre, ma la fede nella reale possibilità di tale incontro è suscitata dalle opere dell'amore: "Affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di rimettere i peccati... dico a te: alzati".


4. La salvezza totale che Cristo Gesù ha offerto all'uomo, e che ha avuto manifestazioni miracolose tanto evidenti durante la sua giornata terrena, continua ad essere operante anche oggi, in questo finale del secondo millennio dell'èra cristiana? Dobbiamo dire: si. Dio è fedele a se stesso e alle sue promesse. Tocca a noi, Chiesa, comunità messianica, continuare tale opera di redenzione totale compiuta dal Signore, operando con fede perché i nostri fratelli più deboli - qualunque sia la loro minorazione - siano sollevati e anche liberati dalle loro pesanti situazioni. La prospettiva della salvezza totale operata da Cristo, merita, in questo momento sacro, un ulteriore, breve approfondimento.

L'opera redentrice di Cristo passa misteriosamente attraverso la croce, alla quale tutti siamo chiamati a partecipare, nessuno escluso; croce che si erge così evidente sulle membra di questi nostri fratelli sofferenti. Non si comprende la salvezza totale senza la croce, accettata per amore e quale espressione - la più alta - dell'amore. E' quanto ho già detto nella lettera apostolica "Salvifici Doloris" (cfr. n. 13). Tutti, non solo i fratelli e le sorelle colpiti da handicap, siamo chiamati ad accogliere la croce e abbiamo ciascuno la croce: "Chi non porta la propria croce... non può essere mio discepolo" (Lc 14,27), dice Gesù.

Nell'accettazione della croce, la sofferenza cambia segno, essa assume il suo pieno significato: quello gioioso dell'amore. Un aiuto fondamentale che dobbiamo offrire ai nostri fratelli e sorelle sofferenti è quello di essere noi credibili mediante opere di amore, affinché essi siano aiutati ad accettare il misterioso disegno divino sulla loro croce.


5. La croce, a sua volta, contiene un intrinseco e insopprimibile orientamento verso la vittoria della risurrezione. La meta della salvezza redentrice è il recupero dell'intero essere umano: spirituale e fisico, dell'anima e del corpo.

Così sarà nella fase definitiva del regno di Dio. Da qui nasce l'urgenza imprescindibile dell'impegno del cristiano per anticipare la pienezza di vita e di gioia che costituirà l'esperienza dell'eternità.

Come anticipare tale pienezza di vita e di gioia, tale vittoria sulla sofferenza anche nel corpo? ciò si realizza anzitutto nell'unione degli animi e dei cuori, nella effettiva condivisione della sofferenza... Ascoltiamo in proposito la voce dell'apostolo Paolo: "Accoglietevi... gli uni gli altri come Cristo accolse voi" (Rm 15,7); "Portate i pesi gli uni degli altri" (Ga 6,2).

Bisogna che noi portiamo realmente tali pesi, se vogliamo essere cristiani, altrimenti rischiamo di vanificare, in situazioni concrete, la parola di Dio sulla sofferenza, che difficilmente potrà essere accettata da chi ne è segnato in profondità. E' necessario creare con i nostri fratelli colpiti da handicap un clima di vero amore, un rapporto di intensa e non sfuggente condivisione.

L'amore trasfigura, l'amore fa accogliere, l'amore rende possibile anzitutto il miracolo della trasformazione del cuore, dell'interiorizzazione del disegno divino sulla sofferenza. Questi nostri fratelli e sorelle devono sentirsi effettivamente tali in mezzo a noi e non solo degli assistiti. A questo riguardo, le comunità cristiane devono offrire segni evidenti di credibilità, affinché i fratelli colpiti da handicap non si sentano estranei nella casa comune che è la Chiesa. L'amore per loro deve essere genuino, personale, diretto. Non ci si può prendere cura di questi nostri fratelli per altri fini - che facilmente possono subintrodursi - che non siano quelli del loro solo bene, della soddisfazione delle loro giuste attese.


6. Le giuste attese dei nostri fratelli: ecco un altro passo da compiere per anticipare quaggiù quella pienezza di vita e di gioia, quella vittoria sulla sofferenza di cui ho fatto sopra cenno. In sintesi, la giusta attesa preminente dei nostri fratelli è la seguente: l'integrazione equilibrata ma effettiva nella trama della convivenza civile, per sentirsi in essa membri a pieno titolo.

Non consideriamo l'handicap come un fatto drammatico e innaturale - ciò non serve che a scoraggiare e a discriminare - ma piuttosto come una condizione di debolezza che si traduce per la società cristiana e civile in una prova del suo livello di fede e di umanità.

Quelli dei colpiti da handicap sono bisogni normali di soggetti da certi punti di vista più deboli, ma sempre persone che aspirano alla propria valorizzazione piena. Esse, sostenute con efficacia, possono fare emergere in sé eccezionali energie e valori di grande utilità per l'intera comunità.

L'integrazione nel tessuto civile dovrà essere indirizzata in maniera preferenziale ad alimentare nei nostri fratelli e sorelle quella fiducia e quel coraggio che permetta loro di diventare artefici attivi della propria promozione.

Questi accennati sopra sono principi generali da tradursi in linee operative individuate con tanto amore, come è dimostrato dagli sforzi già compiuti. La Santa Sede, su detti argomenti, ha pubblicato un importante documento nel 1981, anno internazionale dell'handicappato, al quale sarà bene riportarsi con frequenza per instaurare un'azione efficace. E' necessario riconoscere con i fatti che la persona handicappata è soggetto pienamente umano con diritti sacri e inviolabili; che essa deve essere facilitata a partecipare alla vita della società in ogni dimensione accessibile; che la qualità di una società si misura dal rispetto che essa manifesta verso i più deboli dei suoi membri.


7. Quanto abbiamo finora detto è consequenziale con la parola di Dio. La grazia dell'Anno Santo è grazia di riconciliazione con Dio e con i fratelli: con questi fratelli e le loro necessità. Lasciamoci riconciliare con Dio (cfr. 1Co 5,20) e chiediamo aiuto in questa celebrazione eucaristica, per tradurre in opere la parola divina. Il compito può sembrare arduo ma abbiamo così pregato col salmo responsoriale: "Signore, mia forza, accorri in mio aiuto" (Ps 21,20). Il Signore - dobbiamo esserne certi - non è lontano dalle nostre fatiche; egli è la nostra forza e il nostro aiuto; egli vuol concederci la grazia di annunziare con le opere il suo nome ai nostri fratelli più deboli e di lodarlo insieme a loro in mezzo all'assemblea: la lode del nostro impegno di amore. Tutti voi, animati da propositi santi "il Dio della speranza riempia di ogni gioia e pace nella fede" (Rm 15,13). Amen.

Data: 1984-03-31 Data estesa: Sabato 31 Marzo 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ai giovani della diocesi di Aversa - Città del Vaticano (Roma)