GPII 1984 Insegnamenti - Alle Pontificie opere missionarie - "Nell'Estremo Oriente per una testimonianza d'amore"

Alle Pontificie opere missionarie - "Nell'Estremo Oriente per una testimonianza d'amore"


Carissimi direttori nazionali delle Pontificie opere missionarie!


1. Vi ringrazio sinceramente per il cortese pensiero di aver voluto includere nel calendario dei lavori della vostra assemblea generale questo incontro col Papa, per esprimere la vostra comunione ecclesiale e per ricevere una parola di esortazione e di incoraggiamento. Ho accolto volentieri questo vostro desiderio e sono lieto di vedere e di salutare voi tutti, responsabili delle Pontificie opere missionarie della propagazione della fede, di san Pietro apostolo, della santa Infanzia e dell'Unione missionaria. Saluto in particolare il cardinale Agnelo Rossi, a cui va il mio ringraziamento per le cortesi parole testé pronunciate, e con lui saluto monsignor Simon Lourdusamy, quale presidente delle medesime Opere missionarie.


2. Nell'esprimervi il mio compiacimento per questa vostra testimonianza di amore e di fedeltà alla Chiesa, non posso fare a meno di manifestarvi i sentimenti della mia gratitudine per il bene da voi compiuto: mi è ben noto, infatti, l'impegno con cui sostenete, materialmente e spiritualmente, l'azione apostolica svolta talora tra difficoltà e sacrifici dagli annunciatori del Vangelo, i quali operano nelle stazioni missionarie più sperdute della terra, in mezzo a popoli che ancora non conoscono, o conoscono appena, Cristo e il suo messaggio salvifico.

Questa azione preziosa di cooperazione missionaria è da voi portata avanti non solo in seno alle Chiese di antica fondazione, ma anche in quelle di recente conversione al cristianesimo, e ciò al fine di formare in tutti i fedeli una forte coscienza missionaria. Il Concilio Vaticano II, infatti, mettendo in rilievo che la Chiesa "è per sua natura missionaria" (AGD 2), coinvolge oggi più che mai tutti i membri del Popolo di Dio - in modo, direi, imperativo - nell'attività missionaria. Tale dovere è stato richiamato anche dal nuovo Codice di diritto canonico (CIC 781).

La complessa e impegnativa opera di cooperazione missionaria ha i suoi strumenti idonei nelle Opere missionarie, che già da parecchi decenni hanno dato prova della loro validità ed efficienza. Esse, pur operando in settori specifici, convergono nell'unico intento di dilatare il regno di Cristo redentore. E' tale la loro importanza che, come ebbe a dire il mio venerato predecessore Paolo VI, nel suo messaggio per la Giornata missionaria del 1974, se "non esistessero bisognerebbe crearle".


3. In questo ultimo periodo c'è stato il trasferimento dell'Opera della santa Infanzia nella sede di Propaganda Fide, a Roma. Questo passo non mancherà di portare i suoi frutti, perché faciliterà l'azione di coordinamento centrale con le altre Opere.

Prendo atto parimenti con soddisfazione del nuovo impulso dato all'Opera di san Pietro apostolo, che, con la creazione di nuovi seminari, col sostegno economico alle numerose vocazioni sacerdotali e religiose - in promettente fioritura nelle regioni missionarie - assicura l'assistenza ministeriale alle nuove, future generazioni.

Sono pure informato che nella sessione pastorale state studiando il tema: "Le basi bibliche nell'azione pastorale delle Pontificie opere missionarie".

Non c'è dubbio che la Sacra Scrittura, insieme alla tradizione, costituisca la fonte prima della rivelazione divina. Tanto più opportunamente, quindi, è stato scelto questo argomento, in quanto approfondendolo, voi potrete comprendere sempre più adeguatamente come la parola di Dio, se deve costituire la guida e la base di tutta l'azione pastorale della Chiesa, dovrà essere, a maggior ragione, il fondamento dell'attività missionaria, che è essenzialmente volta a trasmettere i contenuti della rivelazione stessa.

Pertanto, studiare adeguatamente e con metodo la Bibbia, commentarla con chiarezza e competenza ai fedeli, adattandone, ovviamente, l'illustrazione alle capacità, alla preparazione e all'età degli ascoltatori, potenzierà meravigliosamente l'opera delle Opere missionarie. così facendo, i fedeli riconosceranno in voi i testimoni viventi di quella parola salvifica, i continuatori del mandato missionario di Cristo.

4. Voi sapete che, a Dio piacendo, intraprendero prossimamente un nuovo viaggio apostolico e "missionario", che si svolgerà in territori affidati alle cure pastorali della Congregazione di Propaganda Fide. Sarà per me una gioia immensa portare personalmente una testimonianza della "sollicitudo omnium ecclesiarum" (2Co 11,28), che, quale Pastore universale del gregge di Cristo, sento di compiere come uno dei miei precipui doveri. Si tratta di Chiese giovani, ma ricche di fermenti evangelici, come la Chiesa di Fairbanks in Alaska, quella della Corea, che celebrerà il bicentenario della sua evangelizzazione, di Papua Nuova Guinea, delle Isole di Salomone, della Thailandia. Chiese molto lontane geograficamente, ma tutte molto vicine ed egualmente care al mio cuore, anzi predilette in ragione delle loro difficoltà e prove di ogni genere.

Pregate, e fate pregare i fedeli delle vostre nazioni, perché questo prossimo viaggio sia anche una nuova occasione che permetta ad ogni cristiano di avvertire sempre più la tensione missionaria che deve far vibrare tutti all'unisono nello sforzo di trasmettere i benefici incommensurabili della redenzione ai fratelli che ancora ne sono privi. E il Giubileo straordinario che ormai volge al termine, sia per ognuno ulteriore motivo di stimolo e di sprone.

La mai benedizione vi accompagni nel vostro impegno per la promozione delle Opere missionarie dei Paesi ai quali farete ritorno, portando nel cuore le parole di Cristo stesso: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,19-20).

Data: 1984-04-06 Data estesa: Venerdi 6 Aprile 1984




A giornalisti cattolici tedeschi - Collaborazione internazionale tra organi di stampa cattolici


Illustrissimi signore e signori.

Alla stampa cattolica va il mio particolare interesse. Con grato riconoscimento del vostro importante lavoro e coll'augurio di un incoraggiamento, saluto molto cordialmente voi, membri dell'associazione della stampa cattolica di Germania e i vostri colleghi austriaci.

In una serie di incontri svoltisi qui a Roma, voi avete cercato di approfondire il vostro legame con la Sede Apostolica attraverso contatti personali con coloro che instancabilmente mi aiutano nell'adempimento del servizio di Pietro, a cominciare da quell'ufficio a cui il vostro compito è particolarmente associato, vale a dire la Pontificia commissione per le comunicazioni sociali.

Avete voluto tastare il polso del vostro essere giornalisti e spero che esso - alla fine del vostro seminario - si sia dimostrato forte.

Sentitevi sempre spronati a un grande impegno nel vostro particolare servizio all'intero popolo di Dio, nel servizio ai vostri lettori, che io vi auguro sempre più numerosi, affinché grazie al vostro lavoro di informazione e di aiuto alla vita nella fede, ancor più numerosi credenti divengono responsabili del "dialogo della Chiesa con i tempi", che possa rafforzare sempre nuovamente la nostra fede e serva al pubblico come orientamento, aiuto e invito per chi è in ricerca.

Davanti ad una tale profonda e vasta responsabilità della stampa cattolica voi trovate fidato orientamento e guida sicura nelle dichiarazioni del Concilio Vaticano II, soprattutto nel decreto dedicato alla vostra professione, "Inter Mirifica" e nell'esortazione apostolica, ancor più concreta e basata su questo decreto, "Communio et Progressio". Qui ben vedete l'insieme organico e dinamico della vostra missione! Partecipate con essa all'opera della Chiesa, per attuare in quest'epoca della sua storia il Concilio Vaticano II operato integralmente e attivamente dallo Spirito Santo per la salvezza degli uomini! I grandi compiti secolari della stampa cattolica hanno bisogno di una solida base: case editrici economicamente sane, lungimirante cooperazione internazionale, soprattutto nell'ambito degli organi di stampa cattolici, e anche di una più accentuata formazione sia professionale che spirituale dei giornalisti sulle "cose della Chiesa" in futuro. In questa occasione vorrei lodare anche il servizio insostituibile alla stampa cattolica nel campo della Pubblicità e della distribuzione.

Mentre vi assicuro della mia particolare preghiera per voi e per il fruttuoso adempimento della vostra vocazione nella Chiesa, imparto di cuore a voi e ai vostri colleghi in patria l'apostolica benedizione.

Data: 1984-04-06 Data estesa: Venerdi 6 Aprile 1984




A pellegrini di Termoli e Larino - Anche i laici devono sentirsi responsabili dell'evangelizzazione


Carissimi fedeli della diocesi di Termoli e Larino e delle altre Chiese del Molise!


1. Siete venuti numerosi e pieni di entusiasmo a Roma, per compiere il pellegrinaggio giubilare e acquisire l'indulgenza dell'Anno Santo; ma siete venuti anche per restituire la visita compiuta dal Papa alla vostra amata terra nello scorso anno. Vi ringrazio sentitamente e a tutti porgo il mio affettuoso benvenuto.

Desidero rivolgere una speciale parola di saluto a monsignor Cosmo Francesco Ruppi ed esprimergli il mio apprezzamento per l'opera che svolge con costante dedizione, mentre mi unisco a lui nel ringraziare il Signore per il bene compiuto in questi quattro anni di ministero e soprattutto per i frutti raccolti nella recente visita pastorale che, indetta il 25 marzo 1982, giorno dell'Annunciazione, si è conclusa nella memoria liturgica della Madonna di Lourdes, del corrente anno. La scelta delle due date è stata ispirata dall'ansia che la Vergine santissima, la quale ha custodito Cristo sotto il suo cuore, aiuti ogni fedele a portarlo nel proprio. Condivido questo intento e questa sollecitudine pastorale, auspicando che trovino tra voi generosa corrispondenza.

Saluto poi i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici responsabili nei diversi settori della vita ecclesiale. Sono lieto, inoltre, di esprimere il mio deferente benvenuto alle autorità della regione, della provincia e dei comuni, che furono tanto premurosi durante la mia visita e resero caloroso e indimenticabile il breve tempo trascorso a Termoli.

Sia ringraziato il Signore per la fede, che vi fa sentire la grandezza e l'importanza di essere uniti e fervorosi nella verità e nella carità, per edificare la Chiesa di Cristo e annunciare la misericordia di Dio all'uomo.


2. Il mio breve soggiorno in mezzo a voi mi ha consentito di raccogliere una magnifica testimonianza della vostra fede e della vostra pietà; e, da parte mia, ho potuto aiutarvi ad approfondire il senso della fede e la volontà di rinnovamento che esso implica, parlandovi della figura di san Giuseppe e della funzione dei genitori nell'educazione dei figli.

Oggi vorrei esortarvi a un intenso impegno per dare un contenuto sempre più preciso e ricco alla vostra fede attraverso la partecipazione sistematica alla catechesi. Questa infatti, fornendo l'occasione di un approfondimento dottrinale e della conseguente riflessione religiosa, permetterà di meglio orientare la condotta secondo le esigenze della vita nuova nell'ambiente familiare, professionale e sociale.

Il laico cristiano, fedele alla sua responsabilità di edificare la Chiesa e di portare Cristo all'uomo, deve usare dei mezzi di formazione catechetici e liturgici, per poter rendere ragione della speranza che lo muove (cfr. 1P 3,15) e costruire efficacemente un ambiente comunitario nel quale venga detta la verità ultima sull'uomo e sulla sua dignità; un ambiente di carità, dove ogni essere sia accolto e promosso senza discriminazione; un ambiente dove l'uomo sia misurato con una misura nuova: la misericordia, il cui vertice è il perdono riconciliatore. Approfondite, perciò, la conoscenza di Cristo, ascoltando la parola dei ministri del Signore e leggendo con attenzione le pagine del Vangelo.

Educate il vostro cuore e la vostra mente a scoprire sempre più profondamente chi egli sia. Cercate di vivere una vera familiarità con Gesù, per intendere sempre meglio il suono della sua voce, il significato del suo linguaggio sulla terra e dell'offerta totale di sé sulla croce.


3. Un altro motivo scorgo, poi, nella finalità del vostro odierno ritrovarvi con il Papa: avere da lui una parola di conforto e di orientamento per il vostro impegno di testimonianza cristiana. Cari fratelli, prendete sempre più coscienza del compito che, come laici, avete nella Chiesa e nel mondo. Vi esorto ad assumere con coerenza e vigore l'atteggiamento conforme alla vostra dignità e responsabilità. Io confido in voi e nel vostro impegno per la gloria di Dio e per il servizio dell'uomo. Si! La vocazione cristiana è essenzialmente apostolica e solo in questa dimensione di servizio al Vangelo il cristiano incontrerà la pienezza della sua dignità e responsabilità.

Infatti i laici, "incorporati a Cristo con il Battesimo, inseriti nel popolo di Dio e fatti partecipi, nel modo loro proprio, della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo" (LG 31), sono chiamati alla santità e sono invitati ad annunciare e realizzare il regno di Dio. Nessun cristiano è esentato dalla personale responsabilità evangelizzatrice. La grazia del Battesimo e della Confermazione, che l'Eucaristia rinnova e la Penitenza restaura, costituisce l'energia capace di rivitalizzare la fede e di orientare, nel dinamismo creatore dello Spirito Santo, l'attività dei membri del Corpo mistico. Pertanto i laici sono chiamati a quell'interiore crescita spirituale che conduce alla santità e a quel creativo impegno apostolico, che li fa collaboratori dello Spirito Santo, il quale con i suoi doni porta a compimento l'opera di Cristo.

Che nessuna attività umana sia estranea alla vostra passione evangelizzatrice!


4. Continuate e rinnovate incessantemente la tradizione religiosa della vostra terra. Date testimonianza che il vangelo vissuto è, in quanto rivelazione dell'amore di Dio, una forza umanizzante. E per mezzo vostro, nonostante le debolezze che tutti portiamo, Cristo si avvicini a tutti quei cuori che hanno bisogno di aiuto, di tenerezza, di speranza. Che Dio vi illumini e vi fortifichi nell'impegno di vita autenticamente cristiana e di missione nella parrocchia e negli ambienti di lavoro. Allora la sincerità dei rinnovati rapporti con Dio e l'impegno di un amore costante verso i fratelli vi accompagneranno tutti i giorni della vostra vita, stimolandovi a un continuo progresso spirituale, che non potrà non riflettersi sulle sorti della città terrena.

Avvicinandosi la conclusione dell'Anno Santo della Redenzione, io auspico per tutti voi che naturale e spontaneo vi riesca il passaggio dalla scena così dolce di Betlemme a quella drammatica del Calvario, affinché inseparabile e saldo appaia il rapporto tra tutti i misteri della vita del Figlio di Dio, fatto uomo. Per il mistero della sua incarnazione e, soprattutto, per il mistero della redenzione egli ci ha tutti salvati. Cristo Signore, per l'intercessione di Maria santissima, nostra madre, presente sul Calvario e poi radiosa nella luce della Pasqua, vi guidi e sorregga.

Data: 1984-04-07 Data estesa: Sabato 7 Aprile 1984




Giubileo internazionale dei militari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo vi accoglie oggi sotto il vessillo della croce

Testo:


1. "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto" (Jn 11,21 Jn 11,32).

Queste parole, che avete sentito leggere nel Vangelo della messa odierna, sono pronunciate prima da Marta, poi da Maria, le due sorelle di Lazzaro, e sono rivolte a Gesù di Nazaret, che era amico loro e del fratello.

L'odierna liturgia presenta alla nostra attenzione il tema della morte.

Questa è ormai la quinta domenica di Quaresima e si avvicina il tempo della passione di Cristo. Il tempo della morte e della risurrezione. Oggi guardiamo a questo fatto attraverso la morte e la risurrezione di Lazzaro. Nella missione messianica di Cristo questo evento sconvolgente serve di preparazione alla Settimana santa e alla Pasqua.


2. "...mio fratello non sarebbe morto".

Risuona in queste parole la voce del cuore umano, la voce di un cuore che ama e che dà testimonianza di ciò che è la morte. Continuamente sentiamo parlare di morte e leggiamo notizie circa la morte di diverse persone. Esiste una sistematica informazione su questo tema. Esiste anche la statistica della morte.

Sappiamo che la morte è un fenomeno comune e incessante. Se ogni giorno muoiono sul globo terrestre circa 145.000 persone, si può dire che ad ogni istante muoiono delle persone. La morte è un fenomeno universale e un fatto ordinario.

L'universalità e la normalità del fatto confermano la realtà della morte, l'inevitabilità della morte, ma, al tempo stesso, cancellano in un certo senso la verità sulla morte, la sua penetrante eloquenza.

Non basta qui il linguaggio delle statistiche. E' necessaria la voce del cuore umano: la voce di una sorella, come nell'odierno Vangelo, la voce di una persona che ama. La realtà della morte può essere espressa in tutta la sua verità solo col linguaggio dell'amore. L'amore infatti resiste alla morte, e desidera la vita...

Ognuna delle due sorelle di Lazzaro non dice "mio fratello è morto", ma dice: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto". La verità sulla morte può essere espressa solamente a partire da una prospettiva di vita, da un desiderio di vita: cioè dalla permanenza nella comunione amorosa di una persona. La verità sulla morte viene espressa nell'odierna liturgia in rapporto con la voce del cuore umano.


3. Contemporaneamente essa viene espressa in rapporto con la missione di Cristo, il redentore del mondo. Gesù di Nazaret era amico di Lazzaro e delle sue sorelle.

La morte dell'amico si è fatta sentire anche nel suo cuore con un'eco particolare.

Quando giunse a Betania, quando udi il pianto delle sorelle e di altre persone affezionate al defunto, Gesù "si commosse profondamente, si turbo", e in questa disposizione interiore chiese: "Dove l'avete posto?" (Jn 11,33).

Gesù di Nazaret è al tempo stesso il Cristo, colui che il Padre ha mandato al mondo: è l'eterno testimone dell'amore del Padre. E' il definitivo portavoce di questo amore di fronte agli uomini. E' in un certo senso l'ostaggio di esso riguardo a ciascuno e a tutti. In lui e per lui l'eterno amore del Padre si conferma e compie nella storia dell'uomo, si conferma e compie in modo sovrabbondante.

E l'amore si oppone alla morte e vuole la vita. La morte dell'uomo, fin da Adamo, si oppone all'amore: si oppone all'amore del Padre, il Dio della vita.

La radice della morte è il peccato, il quale pure si oppone all'amore del Padre.

Nella storia dell'uomo la morte è unita al peccato e come il peccato si oppone all'amore.


4. Gesù Cristo è venuto nel mondo per redimere il peccato dell'uomo; ogni peccato che è radicato nell'uomo. Per questo egli si è posto di fronte alla realtà della morte; la morte infatti è unita al peccato nella storia dell'uomo: è frutto del peccato. Gesù Cristo divenne il redentore dell'uomo mediante la sua morte in croce, la quale è stata il sacrificio che ha riparato ogni peccato.

In questa sua morte Gesù Cristo ha confermato la testimonianza dell'amore del Padre. L'amore che resiste alla morte, e desidera la vita, si è espresso nella risurrezione di Cristo, di colui che, per redimere i peccati del mondo, liberamente accetto la morte sulla croce.

Questo evento si chiama Pasqua: il mistero pasquale. Ogni anno ci prepariamo ad essa mediante la Quaresima, e l'odierna domenica ci mostra ormai da vicino questo mistero, nel quale si sono rivelati l'amore e la potenza di Dio, poiché la vita ha riportato la vittoria sulla morte.


5. ciò che è avvenuto a Betania presso il sepolcro di Lazzaro, fu quasi l'ultimo annuncio del mistero pasquale.

Gesù di Nazaret si fermo accanto al sepolcro del suo amico Lazzaro, e disse: "Lazzaro, vieni fuori!" (Jn 11,43). Con queste parole, piene di potenza, Gesù lo risuscito alla vita e lo fece uscire dalla tomba.

Prima di compiere questo miracolo, Cristo "alzo gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato"" (Jn 11,41-42).

Presso il sepolcro di Lazzaro avvenne un particolare confronto della morte con la missione redentrice di Cristo. Cristo era il testimone dell'eterno amore del Padre, di quell'amore che resiste alla morte e desidera la vita.

Risuscitando Lazzaro, rese testimonianza a quest'amore. Rese anche testimonianza all'esclusiva potenza di Dio sulla vita e sulla morte.

Al tempo stesso, presso la tomba di Lazzaro, Cristo fu il profeta del suo proprio mistero: del mistero pasquale, nel quale la morte redentrice sulla croce divenne la sorgente della nuova vita nella risurrezione.


6. Proprio oggi, quinta domenica di Quaresima, celebra il proprio Giubileo dell'Anno della Redenzione un particolare pellegrinaggio, quello dei militari.

La presenza di un numero così rilevante di persone che servono la patria sotto le armi solleva interrogativi profondi: è possibile essere buoni cristiani e buoni militari? Come può un uomo d'armi essere davanti a Cristo, che è mite e umile di cuore? (cfr. Mt 11,29). Come si può servire con le armi la pace interna ed internazionale? Che cosa significa per dei giovani militari celebrare il Giubileo della Redenzione? Una prima risposta sta nel fatto della vostra presenza intorno all'altare in un pellegrinaggio che accomuna militari provenienti da nazioni diverse, affratellati da una medesima fede in un unico Dio e Signore. Voi siete qui convenuti come uomini che desiderano operare per la pace, per dar forza alla giustizia, per vincere la morte con l'amore. Ripeto: la vostra odierna presenza lo conferma nei fatti.

Animati da un profondo desiderio di preghiera e di riconciliazione interiore, voi, uniti fraternamente da questa liturgia di lode, diventate una cosa sola, pur nella diversità della provenienza. Voi siete qui convenuti, perché uomini consapevoli che la salvezza viene solo da Cristo e perché siete desiderosi di collaborare alla redenzione per esprimere nel mondo la pienezza della giustizia, dell'equità e della santità.


7. Ma c'è una risposta più profonda ed è che impedire la guerra è già far opera di pace. In questo senso quanti "dediti al servizio della patria, militano nelle file dell'esercito", osservava già il Concilio Vaticano II, possono considerarsi "come ministri della sicurezza e della libertà dei popoli e, quando rettamente adempiono a tale dovere, concorrono veramente alla stabilità della pace" (GS 79).

L'ideale della pace totale è connaturale al cristianesimo. Guai se venisse a mancare. Ma questo non deve impedire la realistica considerazione della condizione umana, indebolita e spesso compromessa dal peccato. E' da tale considerazione che scaturisce la consapevolezza del dovere di difendere la vita e anche, e più ancora, di salvaguardare i valori della vita. Da tempo la Chiesa propone un concreto superamento degli equilibri del terrore mediante una più efficace organizzazione internazionale. Come non rinnovare l'auspicio, già espresso dai padri del Concilio Vaticano II, di "un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci" per scoraggiare ogni violazione del diritto e, all'occorrenza, ristabilire l'ordine violato (cfr. GS 79)? La realizzazione progressiva di questo ideale porterebbe a incidere radicalmente sugli attuali condizionamenti, conservando il primato alla trattativa politica, fondata sulla ragione, sulla convinzione, sul rispetto reciproco, e avvalorata, al tempo stesso, dalla presenza di serie garanzie internazionali, nelle quali la forza militare sarebbe sottratta ad ogni tentazione di egemonie di parte.

La moralità della vostra professione, cari militari, è legata a questo ideale di servizio alla pace nelle singole comunità nazionali e più ancora nel contesto universale. La logica del servizio, cioè dell'impegno per gli altri, è fondamentalmente nella visione cristiana della vita. Ricondursi a questa sorgente significa scoprire la motivazione profonda della vostra condizione, che comporta disponibilità, sacrificio, spirito di solidarietà al di là dei pur legittimi interessi personali e familiari.

I cristiani sono così i primi sia nel lavorare per superare la tentazione della violenza, sia nell'affrontare la fatica dell'impegno concreto per difendere le ragioni della pace e dell'amore.


8. Il pellegrinaggio, che oggi avete intrapreso a motivo del Giubileo, vi introduce, cari militari qui convenuti da Paesi differenti, nel mistero della redenzione, mediante la liturgia dell'odierna domenica di Quaresima, la quale ci invita a fermarci, direi, sulla frontiera della vita e della morte, per adorare la presenza e l'amore di Dio.

Ecco le parole del profeta Ezechiele: "Dice il Signore Dio: "Riconoscerete che io sono il Signore, quando apriro le vostre tombe e vi risuscitero dai vostri sepolcri, o popolo mio"" (Ez 37,12 Ez 37,13).

Queste parole si sono compiute presso il sepolcro di Lazzaro in Betania.

Si sono compiute definitivamente presso il sepolcro di Cristo sul Calvario. Di questo ci rende consapevoli l'odierna liturgia.

Nella risurrezione di Lazzaro si è manifestata la potenza di Dio sullo spirito e sul corpo dell'uomo.

Nella risurrezione di Cristo è stato concesso lo Spirito Santo come sorgente della nuova vita: la vita divina. Questa vita è l'eterno destino dell'uomo. E' la sua vocazione ricevuta da Dio. In questa vita si realizza l'eterno amore del Padre. L'amore infatti desidera la vita e si oppone alla morte.

Cari fratelli! Viviamo di questa vita! Che in noi non domini il peccato! Viviamo di questa vita, il prezzo della quale è la redenzione mediante la morte sulla croce di Cristo! "E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Gesù dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi" (Rm 8,11).

Che lo Spirito Santo abiti in voi sempre per mezzo della grazia della redenzione di Cristo. Amen.

Data: 1984-04-08 Data estesa: Domenica 8 Aprile 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Unione tra le Chiese per intercessione di Maria"

Testo:


1. Il sopraggiungere del mezzogiorno ci invita a rivolgere il pensiero a Maria con la preghiera dell'Angelus.

Siamo ormai prossimi ai giorni della passione del Signore e la liturgia ci orienta decisamente verso la Pasqua. Ma non possiamo dimenticare, specialmente in quest'Anno Giubilare della Redenzione, il mistero da cui tutto è sgorgato e che rimane il fondamento costitutivo della nostra riconciliazione con Dio: il mistero dell'incarnazione.

Proprio in questi giorni nelle Chiese di rito bizantino ha avuto luogo una significativa celebrazione liturgica mariana: la celebrazione dell'Akathistos, celebre inno che da molti secoli ovunque si canta, "in piedi", in onore della Madre di Dio. Monasteri e parrocchie, soprattutto delle Chiese ortodosse nostre sorelle, hanno vissuto con profonda pietà e con intensa partecipazione questa liturgia, cantando la Vergine nel cuore del mistero che salva: il mistero del Verbo incarnato e della sua Chiesa.


2. "Ave, per te sorge la gioia; ave, per te tramonta il dolore". così inizia quell'inno antico, oggetto di una festa liturgica propria. La presenza della Vergine infatti, nell'economia di Dio, si estende quanto si estende il mistero dell'umanità di Cristo, sacramento vivo dell'unità e della salvezza del genere umano. Ovunque Cristo irradia la sua azione salvifica, ivi misteriosamente è presente la Madre, che lo ha vestito di carne e lo ha donato al mondo.

Maria è presente al mistero che si è compiuto un giorno nel suo grembo, costituendola trono di Dio più fulgido di un trono di angeli: "Ave, o trono santissimo di colui che siede sui cherubini"; è presente nell'effusione di pace e di perdono che Dio per suo mezzo elargisce al mondo: "Ave, clemenza di Dio verso l'uomo". E' presente nella misericordia che continua ad effondersi copiosa, nella grazia che ci riveste di luce: "Ave, campo che produci abbondanza di misericordie". E' presente sulla bocca degli apostoli che annunciano la parola e nella testimonianza dei martiri, che per Cristo vanno alla morte: "Ave, tu degli apostoli la voce perenne; ave, dei martiri l'indomito ardire". E' presente nell'itinerario di fede che porta i catecumeni al Battesimo, nei sacramenti che generano e alimentano la Chiesa: "Ave, tu sei la fonte dei santi martiri, tu la sorgente delle acque abbondanti, tu vita del sacro banchetto". E' presente nel pellegrinaggio della Chiesa verso la patria dei cieli, lungo il deserto del mondo.

"Ave, per te innalziamo i trofei; ave, per te cadon vinti i nemici". E' presente accanto a ciascuno di noi, che in lei confidiamo: "Ave, tu medicina del mio corpo, tu salvezza dell'anima mia!".


3. così canta questo inno antico, composto quando le Chiese erano ancora unite.

Sia esso preludio ai tempi in cui tutte le Chiese si ritroveranno riconciliate e riunite, per la potenza di Dio e l'intercessione della Vergine, nell'unica fede e nell'unica lode. Questo noi attendiamo, operando e pregando.

[Ai militari presenti:] Carissimi pellegrini di questa quinta domenica della Quaresima, carissimi rappresentanti delle forze militari, delle forze armate, delle autorità militari, carissimi miei confratelli nell'episcopato e nel presbiterato, vicari castrensi e cappellani militari, vi sono profondamente grato per la vostra presenza, per il vostro pellegrinaggio; il Vescovo di Roma vi è grato per la vostra presenza qui, a Roma, a piazza San Pietro, in questo solenne incontro.

Vi auguro, carissimi, che Cristo crocifisso e risorto sia sempre la vostra forza, perché è necessaria questa forza per il bene dei vostri concittadini, per la sicurezza della vostra patria, per il bene comune della pace interna e internazionale. Vi auguro di riportare da questo incontro eucaristico con Cristo crocifisso e risorto, quella forza che è la vocazione della vostra vita, del vostro servizio militare, della vostra giovinezza dedicata a questo servizio degli altri, dei vostri compatrioti, al bene comune del vostro Paese e di tutta l'umanità.

Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1984-04-08 Data estesa: Domenica 8 Aprile 1984




Agli ordinari militari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Assistenza religiosa ai militari strumento di educazione alla pace

Testo:

Carissimi fratelli.


1. E' per me motivo di profonda letizia, nel commosso ricordo del Giubileo dei militari, accogliere voi, venerati confratelli nell'episcopato, che nei vostri Paesi portate la responsabilità della pastorale castrense, e accogliere pure alcuni dei sacerdoti che più da vicino collaborano con voi nell'esercizio di tale ministero.

Nell'esprimere a tutti il mio cordiale saluto, ringrazio il cardinale Sebastiano Baggio per le amabili espressioni che anche a nome vostro mi ha indirizzato, e mi compiaccio sentitamente per l'assistenza che la Sacra congregazione per i vescovi ha assicurato per l'attuazione di questa importante iniziativa.


2. Il vostro convegno, a quattro anni di distanza dal precedente assume un'importanza particolare per il fatto che si colloca in una nuova stagione legislativa della Chiesa e viene celebrato col fervore che si addice a questo Giubileo straordinario della Redenzione ormai prossimo al suo epilogo e quindi al momento culminante della sua soprannaturale fecondità.

Dal programma dei lavori, frutto di lunga e accurata preparazione, ho rilevato con soddisfazione che vi proponete di delineare le traiettorie di un comune cammino della pastorale a favore dei militari, approfondendo lo studio di problemi emergenti e della stessa natura dei vicariati, in sintonia con le direttive del Concilio Vaticano II e gli orientamenti del Codice di diritto canonico, recentemente entrato in vigore.

Esprimo volentieri il mio cordiale incoraggiamento per l'attuazione di questi vostri obiettivi. La Sede Apostolica non mancherà di valutare con la dovuta cura le riflessioni conclusive che scaturiranno dalle vostre analisi e che gioveranno ad adeguare per quanto possibile gli strumenti istituzionali alle incombenze della missione a voi affidata.


3. Come dicevo in occasione del primo convegno mondiale, la vostra ragion d'essere è l'assistenza spirituale ai militari. Un campo immenso! Un compito complesso! Volendo ora limitarmi soltanto a pochi punti, il mio pensiero si volge anzitutto alle persone e all'opera dei cappellani, collaboratori propri dell'ordine episcopale, tanto più necessari e apprezzati quanto più è vasto e complesso l'orizzonte di questo peculiare ministero. Questi, cari presbiteri, appartengano essi al clero diocesano o a quello religioso, sono e devono sempre essere l'oggetto primario delle vostre speciali sollecitudini.

L'indole personale della sacra potestà dei vicari castrensi e il fatto che essa si esercita insieme con quella degli ordinari diocesani, si accompagna spesso a problemi di vario genere. Ma ciò non può frapporre ostacoli a quell'amore, che è presupposto primordiale nei rapporti del vescovo con i suoi sacerdoti; tale amore anzi trova motivazioni ed accentuazioni nuove nella peculiarità della loro condizione. Da un tale amore intenso e profondo, innestato sulla comune radice del sacerdozio, traggono rigenerante alimento l'esercizio dei doveri del vescovo e ogni sua generosa attenzione affinché il cappellano sia messo in grado di svolgere adeguatamente il suo gravoso e nobile servizio.

Come ben sapete, ciò comporta da parte vostra la costante premura per la vita interiore dei presbiteri, la piena disponibilità all'ascolto e al dialogo, l'apertura del cuore alle loro difficoltà personali e ambientali, l'incessante incremento alla fraternità presbiteriale ad ogni livello. Il ministero della paternità sacerdotale non può conoscere limiti né di intensità né di estensione.


4. Un campo per molti aspetti privilegiato della vostra pastorale è quello giovanile. Tutto l'insieme delle nuove generazioni di una nazione viene a contatto con le realtà spirituali grazie alla presenza della Chiesa nel mondo militare.

Nella comune matrice giovanile, occorre tuttavia riscontrare le diversità. Diverse sono le esperienze e i ceti da cui i giovani provengono; diversi i livelli culturale, spirituale, morale; diversi gli orientamenti del loro domani; diversi anche gli atteggiamenti di fronte agli obblighi del servizio in uniforme. Eppure molti giovani trovano proprio in questa parentesi della loro vita l'occasione per salutari riflessioni e lo stimolo per accostarsi o riaccostarsi alla religione e alla sua pratica.

Il mio predecessore Giovanni XXIII considero il servizio militare, di cui aveva fatto personale esperienza, un'epoca di spirituale arricchimento, e dichiaro di averne tratto giovamento per la sua vocazione al sacerdozio.

Spetta alla lungimirante sapienza dei pastori scoprire le occasioni per svolgere un'assidua azione catechetica, evangelizzatrice, illuminatrice, mediante il contatto individuale con le anime e appropriate iniziative comunitarie convenientemente diversificate.


5. Un altro tema di grande interesse, cui desidero fare breve riferimento, è l'apostolato laicale. La vita militare presenta proprie articolazioni, con esigenze e ritmi che spesso - almeno sul piano organizzativo - non facilitano l'esercizio dell'apostolato. Queste circostanze non devono pero indurre allo scoraggiamento né tanto meno alla rinuncia.

Tra i grandi obiettivi additati dal Concilio a tutti i membri del popolo di Dio, sulla base della consacrazione battesimale, c'è quello che affida ai fedeli laici l'opera della "consecratio mundi", la quale trova una singolare applicazione del concetto di "milizia". I cristiani militanti nel servire la patria, possono e devono sentirsi militanti del regno di Dio.

Suscitare e poi tenere sempre desto in loro l'ardore apostolico e missionario vuol dire alimentare la vitalità della vocazione cristiana e la pienezza del loro senso ecclesiale.

La pastorale a favore dei militari, come ogni pastorale, non può essere l'impegno di soli presbiteri, come non potrebbe esserlo di soli laici. La partecipazione dei laici, intesa come collaborazione attiva e responsabile, impostata con chiarezza e senza sovrapposizione di ruoli, è destinata a rivelarsi un contributo prezioso e, nel suo genere, insostituibile, alla diffusione del fermento cristiano nella vita militare.


6. Carissimi fratelli! Conformemente alla concezione evangelica dell'amor di patria e al genuino senso patriottico degli adempimenti militari, l'assistenza religiosa specialmente ai giovani di leva si caratterizza come strumento particolarmente valido per un'efficace educazione alla pace secondo i principi e i metodi che il magistero pontificio è andato indicando in questi ultimi anni.

Possa l'arduo e zelante ministero vostro e dei vostri collaboratori sacerdoti e laici, con la grazia dell'Anno Santo che sta per concludersi, essere fonte di un generale rinnovamento dei cuori, presupposto di quella pace universale, alla quale tutto il mondo aspira.

Con la mia affettuosa benedizione.

Data: 1984-04-09 Data estesa: Lunedi 9 Aprile 1984






GPII 1984 Insegnamenti - Alle Pontificie opere missionarie - "Nell'Estremo Oriente per una testimonianza d'amore"