GPII 1984 Insegnamenti - Via Crucis - Colosseo (Roma)

Via Crucis - Colosseo (Roma)

Titolo: Chi soffre per la propria fede sale con Cristo sulla croce

Testo:


1. "Ecce lignum crucis... Ecco il legno della croce, a cui fu appeso il Cristo, salvatore del mondo. Venite, adoriamo".

Oggi la Chiesa in tutto il mondo adora la croce di Cristo.


2. Per questa adorazione della croce del Venerdi santo siamo venuti al Colosseo.

Qui, in conformità alla tradizione, i pellegrini della Settimana Santa sono soliti meditare sulla Via Crucis, sotto la guida del Vescovo di Roma. così abbiamo fatto anche oggi, Venerdi santo dell'Anno Giubilare della Redenzione.

Il luogo sul quale ci troviamo parla a noi in modo particolare col linguaggio della croce di Cristo, perché ci porta col pensiero ai secoli in cui i cristiani furono perseguitati. Questo luogo - come è noto - fu teatro di giochi crudeli di bestie e di gladiatori, poi fortezza e rifugio. La pietà cristiana in tempi relativamente recenti ne ha fatto luogo di preghiera, consacrato alla devozione verso la passione di Gesù e verso quella dei cristiani, martirizzati durante le persecuzioni in varie parti di Roma.

Il mio predecessore Benedetto XIV confermo tale destinazione erigendo, alla fine dell'Anno Santo del 1750, le stazioni della Via Crucis nel Colosseo. In questo Anno Santo straordinario noi continuiamo quella pia devozione alla memoria della redenzione dell'uomo, operata mediante la croce.


3. Nell'Anno Santo della Redenzione ci sentiamo uniti in modo specialissimo alla croce di Cristo. In questo Anno Giubilare la testimonianza dei martiri della Roma cristiana ci parla in modo profondo ed eloquente e ci ricorda le parole di sant'Ambrogio ("Ep. 18", 11): "Nos sanguine gloriamur".

Ecco, i nostri fratelli e sorelle nella stessa fede e nel Vangelo, nello stesso Cristo e nella Chiesa. Ecco, coloro che hanno preceduto noi, cristiani contemporanei, nella via che Cristo ha aperto: la via della nuova ed eterna alleanza mediante la croce. Essi ci hanno lasciato una testimonianza di eroico sacrificio e in essi "la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello" (Sequenza pasquale).

Benché agli occhi degli uomini sembri aver prevalso la morte, secondo la divina economia della redenzione essi hanno ricevuto in possesso la pienezza della vita. Vivono quindi in Dio stesso, congiunti nel mistero della comunione dei santi, nel quale - in vincolo eterno con Cristo crocifisso e risorto - si uniscono, al tempo stesso, alla Chiesa terrena nel Giubileo della Redenzione.

Desideriamo avvertire particolarmente profonda la loro presenza in questo luogo. Desideriamo entrare nell'eredità dei loro meriti che, tutti, sono frutto della croce di Cristo. Con tale fede meditiamo sul loro martirio, osando dire, insieme con l'apostolo, che con le loro sofferenze essi hanno completato ciò che manca ai patimenti di Cristo (cfr. Col 1,24). così, dunque, essi stessi redenti con la forza della croce di Cristo, aiutano anche noi ad avvicinarci alle sorgenti della redenzione e ad attingere abbondantemente ad esse.


4. E quando ricordiamo queste prime generazioni di cristiani che hanno vissuto per Cristo ed erano pronti a dare la propria vita per lui, non possiamo dimenticare, in questa Via Crucis al Colosseo, tutti i nostri fratelli e sorelle che nei tempi odierni, in diverse parti del mondo, vivono per Cristo e sono pronti a dare anche la vita per lui. Proprio essi, presenti in modo singolare nel cuore della Chiesa, devono essere anche particolarmente presenti nella memoria e nella preghiera di tutti noi riuniti, presso il Colosseo romano, in questo Venerdi santo dell'Anno Giubilare della Redenzione.

Nel pellegrinaggio dell'anno scorso a Lourdes, dinanzi alla Madre di Cristo, ho voluto evocare il ricordo di tali fratelli sofferenti a motivo della loro fede cristiana, con le seguenti parole: "Ci sono oggi migliaia e migliaia di testimoni della fede, molto spesso ignorati o dimenticati dall'opinione pubblica... Essi sono spesso conosciuti da Dio solo. Sopportano privazioni quotidiane, nelle regioni più diverse di ogni continente. Si tratta di credenti costretti a riunirsi clandestinamente perché la loro comunità religiosa non è autorizzata. Si tratta di vescovi, sacerdoti, religiosi, ai quali è proibito esercitare il ministero nelle Chiese o in pubbliche riunioni. Si tratta di religiose disperse che non possono vivere la loro vita consacrata. Si tratta di giovani generosi, impediti di entrare in un seminario o in un luogo di formazione religiosa per realizzarvi la propria vocazione. Si tratta di ragazze alle quali non è data la possibilità di consacrarsi in una vita dedita alla preghiera e alla carità verso i fratelli".

Anche la lettera apostolica "Salvifici Doloris" (n. 31), nell'approfondire il senso evangelico di ogni sofferenza, menziona le suddette situazioni di dolorosa e contrastata testimonianza, esprimendosi, tra l'altro, così: "Occorre, pertanto, che sotto la croce del Calvario idealmente convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo e, particolarmente, coloro che soffrono a causa della loro fede in lui, crocifisso e risorto, affinché l'offerta delle loro sofferenze affretti il compimento della preghiera dello stesso salvatore per l'unità di tutti".

Tutti i fratelli che soffrono per la loro fede hanno una singolare "parte" alla croce di Cristo, e condividono perciò, a speciale titolo, i beni spirituali di questo Anno Giubilare della Redenzione. Attingono ad esso e contemporaneamente creano la sua spirituale ricchezza salvifica nell'unione col Signore Gesù Cristo, crocifisso e risorto.


5. Ecco il legno della croce. Ecco il legno sul quale Cristo, Figlio del Dio vivente, Cristo, Figlio di Maria di Nazaret, ha compiuto la redenzione del mondo.

La Chiesa adora oggi questo legno salvifico e al tempo stesso si rivolge ad esso con umile preghiera: "O crux, ave, spes unica!". "O croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso... Or piega i tuoi rami frondosi, distendi le rigide fibre, si allenti quel rigido legno che porti con te per natura: accogli su un morbido tronco le membra del Cristo Signore" (Antifona e inno del Venerdi santo).

La croce sostiene col suo abbraccio mortale il corpo di Cristo, fino a che "tutto è compiuto". Solo allora essa restituisce il corpo morto alla Madre dolorosa, e inizia la sepoltura del Crocifisso.

Tale mistero dell'abbraccio mortale della croce col corpo del Figlio di Dio continua nella storia del mondo. E continua anche la gloria della redenzione legata per sempre alla croce del Calvario.

Quindi la Chiesa - e in essa il Vescovo di Roma, quale indegno custode di questo inscrutabile mistero - grida agli uomini del passato e del futuro; grida soprattutto a tutti i contemporanei: "Venite adoremus! Venite adoremus!": da tutti i confini della terra; da tutti i continenti; da tutte le nazioni e razze; da tutte le lingue e culture.

Uomini di ogni età e professione, in qualsiasi stato della vostra esperienza umana vi troviate, qualunque sia il prezzo che pagate nella vostra vita, qualunque sia il peso che grava sulla vostra coscienza, qualunque sia il vuoto che minaccia il vostro spirito, venite! Venite! Adoriamo insieme la croce di Cristo, che si è legata inseparabilmente alla storia di questa terra. Adoriamo insieme la croce su cui è morto il Figlio di Dio! Per mezzo di questa croce Dio non morirà mai nella storia dell'uomo!

Data: 1984-04-20 Data estesa: Venerdi 20 Aprile 1984





Ai giovani del Belgio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costruite la vostra vita sull'amore

Testo:

Col cuore pieno di gioia vi saluto tutti, professori e studenti di diversi istituti scolastici dal Belgio fiammingo che siete venuti a Roma col 24° pellegrinaggio pasquale, organizzato dal collegio Sant'Uberto di Neeperlt, al quale rivolgo un benvenuto speciale. La vostra visita è per me questa volta motivo di una gioia particolarmente grande. Essa desta il ricordo della gioia intensa del Giubileo della Redenzione che centinaia di migliaia di giovani hanno celebrato qui a Roma una settimana fa. La vostra riunione oggi ne è quasi l'epilogo, gli ultimi suoni dell'indimenticabile accordo finale dell'Anno Giubilare.

Durante la celebrazione del loro Giubileo, i giovani hanno meditato su tre temi, cioè la gioia, la libertà e l'amore. Dio ha regalato all'uomo una vera libertà, la possibilità di scegliere per o contro lui stesso. L'uomo può scegliere contro Dio, dominando il suo prossimo, trattandolo come un mezzo, come oggetto, in breve peccando. La ricerca e la soddisfazione di se stessi possono dare una certa gioia, che pero è superficiale e breve e poi abbrutisce in tristezza, amarezza e persino disperazione. L'uomo può anche scegliere per Dio, servendo il prossimo, trattandolo come soggetto, come persona, in breve amando. Il sacrificio di se stessi, l'amore esige lotta e può essere una croce, ma conduce a una gioia profonda e durevole, che è dono dello Spirito di amore e pregustazione della gioia eterna e perfetta presso il Signore risorto.

Egli è passato attraverso la passione e la croce, per poter entrare nella sua gloria, come abbiamo commemorato proprio in questa Settimana Santa e celebreremo domani, domenica di Pasqua, con tanta esultanza.

Supplico da Dio la grazia che voi tutti possiate ritornare a casa da questo pellegrinaggio giubilare e dalla celebrazione del mistero pasquale della morte e risurrezione del Signore con la risoluzione ferma di adempiere il senso della vostra libertà, costruendo la vostra vita sull'amore, cooperando alla formazione della civiltà dell'amore e di una società di pace e giustizia in cui il vivere sarà una vera gioia. Per questo vi imparto di tutto cuore la benedizione apostolica.

Data: 1984-04-21 Data estesa: Sabato 21 Aprile 1984




A pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo parla all'uomo dando risposte ai singoli e alle nazioni

Testo:

Dio ricompensi il vescovo per il suo discorso pasquale. Ho pensato: se un vescovo polacco ha dovuto prima scrivere ciò che doveva dire, tanto più sono tenuto a farlo io (è già il sesto anno che mi trovo fuori dalla Polonia). Quindi ho scritto, sebbene non in modo particolareggiato. Vediamo cosa ne verrà fuori.

Miei amati compatrioti. Vi saluto nel modo più caloroso come pellegrini dell'Anno della Redenzione venuti presso le tombe degli apostoli. Ringrazio Dio per la vostra presenza qui, così come per quella di altri gruppi che sono venuti numerosi dalla Polonia a Roma in occasione dell'Anno Santo. Sono molto riconoscente per questo.

Oggi saluto in particolare il pellegrinaggio da Czestochowa, il pellegrinaggio da Sieldce, accompagnato dal vescovo, quello da Tarnow, la parrocchia dell'Immacolata Concezione di Poznan, Lublino e Varsavia, la parrocchia dell'Angelica Madre di Dio, la parrocchia di Sant'Alessandro e il gruppo di allieve delle suore Nazarene, i pellegrini di Danzica, il pellegrinaggio della pastorale accademica della parrocchia del Santissimo Nome di Maria di Cracovia, il pellegrinaggio di Kostrzyn Wielkopolski e i singoli pellegrini, e infine il coro "Organum" di Cracovia, che aspettavo da tempo.

Vi saluto tutti di cuore. Saluto tutti i presenti: i cappellani, le suore, i frati. Tutti i pellegrini. Ci incontriamo nel giorno del Sabato santo, alla vigilia della Pasqua, nel giorno in cui in Polonia si benedice il cibo: anche il mio è stato benedetto! Ieri la Chiesa ha rivissuto la crocifissione e la morte di Cristo. "Pati sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto. Discese agli inferi": proprio oggi, attendendo la risurrezione di Cristo, in cui si compie la sua Pasqua, il suo passaggio, nutriamo una particolare venerazione per questo "discese agli inferi", che la potenza della redenzione ha portato a tutti i discendenti di Adamo, che attendono la liberazione che conduca alla pienezza di vita.

La croce e la risurrezione di Cristo ha trovato espressione in tutta la tradizione cristiana del nostro popolo. Non si può non ricordare in questi giorni tutta la ricchezza di questa tradizione. Essa abbraccia varie generazioni e ambienti diversi, e raggiunge i singoli individui. Sarebbe anche difficile menzionare tutte le manifestazioni di questa ricchezza della tradizione polacca, della Quaresima e della Pasqua. Oggi il pensiero torna specialmente ai "sepolcri", quei magnifici sepolcri che ci avvicinano al mistero della morte e ci permettono di attendere la risurrezione di Cristo secondo la tradizione polacca.

Cristo crocifisso e risorto parla all'uomo. All'uomo imprigionato in tutto il dramma della sua esistenza personale, nell'esperienza della sofferenza e della morte. Cristo crocifisso e risorto costituisce per l'uomo una risposta, la risposta di Dio stesso. In terra polacca questa risposta è stata cercata non solo dalle singole persone ma dall'intero popolo, particolarmente nei periodi difficili, nelle esperienze storiche difficoltose.

ciò non costituisce solo un'abitudine del popolo, ma la cultura, le opere e il pensiero più profondo della nostra patria sono legati al mistero della croce e della risurrezione. Nel XIX secolo questo mistero, che è il fatto centrale della nostra fede, ha sostenuto la lotta per la vita del popolo, per la sua esistenza, la sua sopravvivenza e la sua indipendenza. Nel nostro tempo mi rendo conto con rinnovata forza che l'indipendenza della vita del popolo deve esprimersi nella tutela e nel rispetto della sua soggettività. Il popolo vuole essere un soggetto che vive la sua propria vita, un soggetto che decide di sé nei vari campi della vita: in quello sociale, culturale, economico, politico. Il rispetto del potere dipende da se e in che misura esso serve questo diritto fondamentale della soggettività del popolo, cioè dal bene comune. Il potere non è solo al di sopra della società, ma, innanzitutto, deve essere con la società. Queste sono le premesse elementari dell'etica sociale, che viene proclamata dalla Chiesa. In base a queste premesse si realizza il popolo in quanto soggetto della propria esistenza storica, in tutte le dimensioni che essa comporta.

Durante il mio pellegrinaggio in patria, nell'Anno della Redenzione, e in coincidenza con la conclusione del Giubileo di Jasna Gora, ho ricordato più volte questi principi. Essi sono legati a tutto il messaggio evangelico di Cristo.

La Chiesa di Gesù Cristo desidera e deve servire la nazione nello spirito di questo insegnamento. La Chiesa in Polonia ha fatto questo e si sforza di farlo continuamente.

Oggi, vigilia di Pasqua, salutando i pellegrini pervenuti così numerosi, desidero ripetere ancora - brevemente, si capisce - ciò che espressi al tempo del mio pellegrinaggio in patria lo scorso anno. Il patrimonio degli ultimi anni, il patrimonio degli anni Ottanta, richiede un onesto rispetto. Non può essere distrutto o diminuito. Bisogna pensare con rispetto al grande sforzo dello spirito polacco che sotto il nome di "Solidarnosc" trova riconoscimento in molte comunità in tutto il mondo. Sarebbe difficile non ricordare ciò nel contesto del Sabato santo e di Pasqua, nel contesto degli auguri pasquali.

Miei cari connazionali, desidero estendere questi auguri a tutti voi qui presenti, a tutti gli ambienti che rappresentate, a tutte le parrocchie e a tutte le diocesi. A tutti gli ambienti di lavoro qui rappresentati. Desidero rendere un particolare omaggio ai lavoratori, sia dell'industria che dell'agricoltura, all'agricoltore polacco e all'operaio polacco.

E infine desidero rendere omaggio a tutte le persone di cultura in Polonia. Ad esse indirizzo una parola di comprensione e di rispetto particolari per la fedeltà ai valori e agli ideali che appartengono alla tradizione culturale polacca e cristiana. Ma quando parlo di uomini di cultura intendo non solo gli artisti, ma anche tutti coloro che creano questa cultura ogni giorno, e in particolare gli insegnanti di vari gradi, a cominciare dalle scuole elementari fino alle scuole medie e all'università.

Miei cari, non vorrei dimenticare nessuno in questo elenco: che i miei connazionali vedano - tutti e ciascuno, senza eccezione - che così come ogni giorno prego per loro, per la mia patria, ugualmente sono unito a tutti e a ciascuno in questa gioia pasquale, che ci viene data dalla risurrezione di Cristo.

A tutta la Chiesa polacca, agli episcopati, ai cardinali, agli arcivescovi, ai vescovi, a tutto il clero e agli ordini religiosi auguro di svolgere bene la propria missione evangelica in questa tappa storica della nazione. A tutti auguro una felice Pasqua. Questa formula ci è stata trasmessa dagli avi, anche se a volte questa "felice Pasqua" viene vissuta nelle lacrime, ma tuttavia essa è realmente felice, cioè felice della gioia evangelica, della gioia del mistero della redenzione, della gioia del mistero della risurrezione.

Una tale Pasqua auguro a voi qui presenti e a tutti i miei connazionali.

Vi prego molto, dato che questa è l'unica occasione - nessuno oltre ai polacchi canta questo canto - vi prego molto di cantare tutti insieme tre volte "l'appello di Jasna Gora".

Data: 1984-04-21 Data estesa: Sabato 21 Aprile 1984




Omelia alla Veglia pasquale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con il Battesimo siamo associati alla vita nuova di Cristo

Testo:


1. In questa vigilia di Pasqua dell'Anno Giubilare della Redenzione attendiamo che passi il sabato insieme con Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome. Esse soltanto potranno andare al sepolcro, dove è stato deposto il corpo di Gesù e potranno ungere il suo corpo. Tutte e tre vivono nella prospettiva del corpo deposto nel sepolcro; vivono nella prospettiva della morte di Gesù; vivono anche nella trepida visione del sepolcro che è stato chiuso con una pesante pietra: "Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?" (Mc 16,3).

Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome non sapevano ancora che questo sabato era la vigilia della nuova Pasqua. Erano convinte di aver ormai dietro a sé la Pasqua e che sul luogo della crocifissione era rimasto solo il sepolcro con il corpo morto: il corpo morto dell'uomo amato.

Per noi - la vigilia pasquale, ogni anno, e specialmente in quest'Anno Santo della Redenzione - significa l'attesa di ciò che certamente avverrà. Avverrà perché si è ormai avverato. Avvenne, proprio in quella notte dopo il sabato.

Avvenne, mentre la notte doveva cedere il posto al giorno. Da questo momento la Pasqua significherà la grande notte.


2. Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome raggiungono la tomba. Ed ecco, all'improvviso, muta la prospettiva della morte. Anzitutto vedono che quel masso, che costituiva il principale oggetto delle loro preoccupazioni e paure, è rotolato via e non ostacola l'entrata.

Poi entrano, e non trovano il corpo di Gesù, ma incontrano nel sepolcro un angelo vestito di una bianca veste. L'angelo, anziché attendere da loro domande, parla lui per primo. Ecco le sue parole: "Non abbiate paura! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui, è risorto come aveva detto" (Mt 28,5-6).

Alla luce di queste parole la prospettiva della morte cambia. Se Gesù di Nazaret è risorto, significa che vive. E' difficile comprendere questo, ma il sepolcro è veramente vuoto. Quasi a conferma, l'angelo aggiunge: "Venite a vedere il luogo dove era deposto" (Mt 28,6). così dunque la prospettiva della morte cede di fronte all'annuncio della vita! Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome da sole non avrebbero osato dirlo. La verità sulla risurrezione di Gesù è espressa dalle parole dell'angelo.

Così come anni prima, per bocca degli angeli fu annunciata la verità sulla nascita del Figlio di Dio a Betlemme.


3. E' dunque mutata la prospettiva: la morte ha ceduto davanti alla vita. Il giorno di sabato, che venne dopo la crocifissione e la deposizione nel sepolcro, si è rivelato davvero il giorno dell'attesa. La vigilia della Pasqua.

D'ora in poi la Pasqua significa non solo il ricordo dell'esodo dalla casa della schiavitù e la memoria del passaggio attraverso il Mar Rosso: la Pasqua significa, d'ora in poi, passaggio dalla morte alla vita. "Pascha nostrum immolatus est Christus".

Il sabato dopo quella "immolatio" è divenuto il giorno e la notte della più santa attesa: in questo giorno e in questa notte attendiamo infatti il compimento del mistero della nostra redenzione. La redenzione si è compiuta con la risurrezione del Redentore.


4. In questo passaggio dalla morte alla vita si radica il nuovo ordine sacramentale. Prima di tutto il sacramento del Battesimo. In questa notte della vigilia di Pasqua la Chiesa proclama "il battesimo in Cristo Gesù" (cfr. Rm 6,3) e amministra questo sacramento.

Così è stato sin dai tempi più antichi: e così è anche oggi! Con la più profonda emozione amministro in questa notte della vigilia di Pasqua il sacramento della nostra redenzione a voi, cari catecumeni che siete giunti qui da vari Paesi e continenti. Voi provenite da nove Paesi, alcuni geograficamente vicini e altri lontani, ma tutti parimenti cari al mio cuore: Giappone, Corea, Cecoslovacchia, Kenya, Ghana, Egitto, Olanda, Francia e Italia.

Ecco, desideriamo confessare insieme con l'apostolo Paolo: "Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui (Cristo) nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,4).

La morte cede davanti alla vita. Il peccato viene cancellato con la potenza della redenzione mediante la morte e la risurrezione di Cristo. "...Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui" (Rm 6,8).

Questo riguarda ognuno di noi che siamo stati battezzati; in questa notte della vigilia di Pasqua, soprattutto ciò si riferisce a voi, diletti catecumeni. Ripeto ancora le parole dell'apostolo: "così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù" (Rm 6,11).


5. Gesù Cristo è risorto. Gesù Cristo "risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9). Gesù Cristo, vive! E noi viviamo in Cristo! "O vere beata nox!... quae talem ac tantum meruit videre Redemptorem!".

O notte davvero beata! O notte, che una volta per sempre hai rivelato la potenza e la forza del crocifisso, la potenza e la forza del redentore del mondo!

Data: 1984-04-21 Data estesa: Sabato 21 Aprile 1984




Messaggio a chiusura dell'Anno Santo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Aprite a Cristo le porte della nostra difficile età"

Testo:


1. "Celebrate il Signore, perché è buono, / perché eterna è la sua misericordia...; / la destra del Signore ha operato meraviglie" (Ps 117,1 Ps 117,16).

Oggi, domenica di Pasqua, intoniamo questo canto di ringraziamento, del quale è colma la sacra liturgia. Rendiamo grazie per la risurrezione di Gesù Cristo. Rendiamo grazie per la glorificazione di colui, che spoglio se stesso e si fece obbediente fino alla morte, e alla morte di croce (cfr. Ph 2,8).

Ecco, l'opera della redenzione del mondo si compie nella sua risurrezione. Dalla pietra del sepolcro è tolto il sigillo della morte. Sui cuori degli uomini viene impresso il sigillo della vita.


2. Cristo è stato immolato in sacrificio come nostra Pasqua (cfr. 1Co 5,7).

Rendiamo grazie per il sacrificio di Gesù Cristo, che raggiunge la maestà del Padre. Ringraziamo per l'amore del Padre, che s'è rivelato nella risurrezione del Figlio. Ringraziamo per il soffio dello Spirito, che dà la vita; questo soffio lo ricevono gli apostoli, riuniti nel Cenacolo. Cristo verrà a porte chiuse e dirà loro: "Ricevete lo Spirito Santo! a chi rimetterete i peccati saranno rimessi" (Jn 20,22-23).

Dalla risurrezione di Cristo prende inizio la remissione dei peccati: nella sua croce è la nostra conversione, nella risurrezione è la vittoria sul peccato. Cristo ci ha riscattati, liberandoci dal male; ha perdonato i nostri peccati; ci ha riconciliato con Dio e con i fratelli; ci ha donato la sua vita, aprendoci le porte della vita che non ha fine.

"Rendiamo grazie al Signore, perché è buono". Il nostro bene, l'opera della redenzione, concepita nella Trinità che dà la vita, scende verso di noi mediante la croce e la risurrezione dell'Agnello di Dio.


3. La Chiesa di Gesù Cristo rende oggi solenni grazie per la particolare esperienza della redenzione, a noi offerta dall'anno ormai trascorso: l'Anno Santo, l'Anno Giubilare straordinario, che inizio col ricordo dell'incarnazione del Verbo, il 25 marzo 1983, e si chiude oggi nella solennità della risurrezione.

"Victimae paschali laudes immolent christiani. / Agnus redemit oves, Christus innocens / Patri reconciliavit peccatores".

Ringraziamo per l'Anno Giubilare della Redenzione, "tempo della grazia del Signore": la sua grazia dura in eterno.


4. Roma rende grazie, il Vescovo di Roma rende grazie, presso le tombe degli apostoli, presso le catacombe dei martiri, che segnano l'inizio terreno della Chiesa e, al tempo stesso, costantemente dischiudono il mistero della comunione dei santi: con questi martiri e con i santi di tutta la storia noi siamo in comunione di vita, perché tutti partecipiamo della medesima vita del Cristo risorto.

Roma ringrazia e rendono grazie tutte le Chiese sull'intero orbe terrestre. Nella comunità universale della Chiesa ci è stato dato di iniziare quest'Anno Giubilare della Redenzione, e di viverlo insieme. La Chiesa, infatti, è la comunità delle comunità, fuse insieme nell'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Ringraziamo Dio, dunque, oggi per tutto ciò che, a motivo di quest'Anno Giubilare, si è compiuto in ogni comunità, per tutto ciò che si è compiuto in ogni uomo. La Sede di Pietro ringrazia tutti i pellegrini che l'hanno visitata in questo tempo sacro. Anch'essa è andata spiritualmente in pellegrinaggio presso tutti coloro che hanno udito la chiamata: "Aprite le porte al Redentore".

E le porte, dell'Anno Santo, aperte nelle basiliche romane, sono state aperte ovunque sono giunti i confessori di Cristo, affinché tutti potessero attingere "alle sorgenti della salvezza" (Is 12,3) cioè all'abbondanza della sua redenzione.


5. Oggi queste porte verranno chiuse, come vogliono la tradizione e lo stesso simbolismo del rito; ogni tempo forte conosce necessariamente dei ritmi. Ma proprio oggi, una volta per sempre, è stata aperta la porta del sepolcro di Cristo! Egli che è la risurrezione e la vita (cfr. Jn 11,25) non accetta la pietra sepolcrale, e non conosce porte chiuse.


6. Pertanto, nel nome della risurrezione, mentre la pietra viene rotolata via dal sepolcro del Signore, noi chiudiamo la Porta santa del Giubileo straordinario, affinché non si cessi mai di gridare: Aprite le porte al Redentore. Cristo è risorto e sta davanti al cuore di ogni uomo, chiedendo di entrare: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verro da lui, cenero con lui ed egli con me" (Ap 3,20).

Si aprano a Cristo le porte del cuore dell'uomo, che rimane per se stesso un incomprensibile enigma ("l'uomo, questo sconosciuto"), finché Cristo non viene a illuminarlo.

Aprite, o uomini, le porte al Redentore! Apritegli le porte delle famiglie e di ogni ambiente umano, le porte delle società, delle nazioni e dei popoli! Apritegli le porte di questa nostra difficile età contemporanea, di questa civiltà dai crescenti contrasti: nella quale si combattono l'ardente desiderio della pace e la febbrile preparazione dei mezzi distruttivi di guerra; nella quale si combattono la ricchezza che viene dal progresso materiale e tecnico e l'estrema penuria e indigenza pagata con la morte per fame e per sete di milioni di bambini, di uomini e di donne; nella quale si combattono l'universale desiderio della dignità dell'uomo e dei suoi diritti e la violazione degli stessi diritti, fino alle brutali forme di prepotenza e di violenza, di oppressione delle coscienze, delle torture e del terrorismo; nella quale si combattono gli sforzi miranti a garantire e a prolungare la vita umana, e la distruzione di questa stessa vita in diverse forme, che non risparmiano i non-nati e i sofferenti che ancora hanno respiro di vita; nella quale si combattono la speranza alimentata dalle meravigliose conquiste della scienza e della tecnologia e la disperazione suscitata dalla prospettiva degli usi nefasti che, in ogni campo, l'uomo è tentato di farne.


7. Aprite, dunque, a Cristo le porte della nostra difficile età moderna, di questa civiltà dai crescenti contrasti; permettetegli di innestare in essa la Redenzione e la civiltà dell'amore.

Verrà il giorno in cui quest'impresa sarà definitivamente compiuta. Chi crede, lo sa: su Cristo infatti la morte non ha avuto l'ultima parola. Risorgendo, egli ha trionfato di essa e del peccato. Ne ha trionfato anche per l'uomo, nella cui carne è morto e risorto. All'uomo, a tutti gli uomini, egli vuole comunicare la vita conquistata sulla croce. Dall'uomo, da tutti gli uomini, egli attende la libera adesione di un cuore purificato nell'esperienza del pentimento e del perdono. Si aprano i cuori umani ad accogliere il dono di Cristo! Si lasci al Redentore di guidare l'umanità verso un futuro migliore, al di là della soglia che separa il secondo dal terzo millennio.


8. O Cristo crocifisso e risorto! Ti ringraziamo! Ti chiediamo perdono: per ogni male che si afferma nel cuore umano e nel mondo; per ogni bene trascurato in questo Anno Santo della Redenzione: ti chiediamo perdono! Ti adoriamo nella tua risurrezione! Come l'apostolo Tommaso, che all'inizio non credette alla tua risurrezione, tocchiamo i segni della nostra redenzione sulle tue mani, sui tuoi piedi, nel tuo costato, mentre con viva fede esclamiamo: "Mio Signore o mio Dio!" (Jn 20,28).

Accogli questo grido: questo messaggio pasquale della Chiesa. Che esso risuoni con una vasta eco nei saluti di gioia pronunciati nelle diverse lingue, nelle quali i tuoi seguaci per tutto l'orbe terrestre professano e proclamano la fede nella risurrezione.

A quanti ascoltano: Di espressione italiana: Buona Pasqua in Cristo risorto, redentore dell'uomo.

[Omissis: pronunciato in varie lingue. Ai giovani:] Carissimi giovani, al termine dell'Anno Santo, affido a voi il segno stesso di quest'Anno Giubilare: la "croce di Cristo!". Portatela nel mondo come segno dell'amore del Signore Gesù per l'umanità, e annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c'è la salvezza e la redenzione.

Data: 1984-04-22 Data estesa: Domenica 22 Aprile 1984




Recita del Regina coeli - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Raccomanda alle preghiere il prossimo viaggio in Estremo Oriente

Testo:

Sia lodato Gesù Cristo! Oggi è la seconda giornata dell'ottava pasquale. Approfittando di questo nostro incontro, dobbiamo e vogliamo esprimere la gioia pasquale della Chiesa; esprimerla soprattutto alla Madre di Cristo risorto: così, faremo durante tutto questo tempo pasquale recitando il Regina coeli.

Voglio salutare tutti i presenti e soprattutto gli abitanti e i parrocchiani di questa cittadina e parrocchia di Castel Gandolfo come anche i diocesani. Ci sentiamo tutti diocesani della diocesi di Albano. Saluto il vostro vescovo monsignor Bernini qui presente e il parroco della parrocchia di Castel Gandolfo. Un cordiale saluto rivolgo a tutti i pellegrini giunti da lontano; rivolgo anche un saluto ai polacchi qui presenti.

Benedico la prima pietra della nuova costruenda chiesa di Ciampino dedicata a Gesù divino operaio. Con il parroco benedico anche tutti i parrocchiani.

Auguro a tutti il gaudio pasquale di Cristo e la gioia della festività di Pasqua. Cristo risorto ci ha dato la vita nuova, la vita divina, vincendo la morte umana. Vinta la morte umana ha ridato all'uomo la vita divina in Gesù Cristo crocifisso e risorto.

Ci uniamo ora anche a tutti coloro che in piazza San Pietro hanno seguito la nostra preghiera mariana. La mia permanenza a Castel Gandolfo sarà molto breve. Poi ci sarà il viaggio in Estremo Oriente, in Corea, Papua Nuova Guinea, Isole di Salomone e Thailandia. Mi raccomando alle vostre preghiere.

Data: 1984-04-23 Data estesa: Lunedi 23 Aprile 1984



Ai partecipanti alla riunione Unicef - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Il bambino è una sfida alla nostra saggezza"

Testo:

Signor direttore esecutivo.

Sono lieto di darle il benvenuto questa mattina in Vaticano, e, con lei, a tutti coloro che hanno partecipato all'incontro del consiglio direttivo dell'Unicef che si svolge in questi giorni a Roma.

Alla vostra organizzazione è stato affidato un compito urgente e nobilissimo: quello del servizio a tutti i bambini del mondo. La Santa Sede segue le vostre attività in questo campo con grande attenzione. La missione della Chiesa e il dovere di servire la famiglia umana la rende infatti particolarmente sensibile ai bisogni dei bambini, quel tesoro prezioso, che merita il massimo amore e rispetto, dato ad ogni generazione come sfida alla sua saggezza e umanità.

Sono lieto, perciò, di avere questa opportunità di parteciparvi alcune riflessioni a proposito del vostro compito.


GPII 1984 Insegnamenti - Via Crucis - Colosseo (Roma)