GPII 1984 Insegnamenti - Congedo dalla Thailandia - Bangkok (Thailandia)

Congedo dalla Thailandia - Bangkok (Thailandia)

Titolo: "Ti saluto, Thailandia, terra dell'uomo libero"

Testo:

Altezze reali, signor primo ministro, cari amici.

E' arrivata per me l'ora di dire addio alla Thailandia, portando a termine così la mia visita troppo breve in questa terra incantevole e al suo popolo affascinante. Desidero esprimere il mio apprezzamento a tutti coloro che hanno reso possibile questa visita.


1. In primo luogo sono molto grato alle loro maestà, il re e la regina, che mi hanno gentilmente invitato a visitare la Thailandia, e quindi mi hanno messo in grado, come ho già accennato, di restituire la visita che essi hanno reso al mio predecessore Giovanni XXIII circa venti anni fa.

Per la benevolenza delle loro maestà, ho avuto l'occasione di fare l'esperienza diretta della tradizionale gentilezza e ospitalità del popolo thailandese, delle qualità umane e delle virtù che sono eminentemente rappresentate nelle persone dei sovrani. Il legame di affetto reciproco che unisce il popolo thailandese ai suoi sovrani è chiaramente evidente nell'instancabile sollecitudine delle loro maestà per il benessere e la felicità dei sudditi, che in cambio procura loro l'affetto durevole e l'apprezzamento del popolo thailandese.


2. Come "protettore di tutte le religioni" in Thailandia, sua maestà il re ha dimostrato un interesse personale per la libera pratica, nel suo Paese, delle religioni diverse dal Buddismo. Anche per questa ragione mi sono sentito onorato del suo invito. Sua maestà mi ha anche onorato incaricando il principe ereditario di salutarmi a nome suo, e per questo grande gesto di rispetto e di amicizia, gli sono profondamente grato.

La mia presenza nella terra di Thailandia mi ha permesso anche di salutare sua santità il supremo patriarca di tutti i buddisti di questo Paese. E' stato per me un privilegio incontrare questo venerabile e riverito capo religioso.

Sono sicuro che il nostro incontro è di buon auspicio per i futuri rapporti fra buddisti e cattolici, sia qui sia nel resto del mondo.


3. Desidero ringraziare il primo ministro, gli altri ministri del governo e i funzionari, che hanno offerto la loro cortese cooperazione a coloro che hanno preparato il mio viaggio nel vostro Paese. Sono profondamente grato a tutti quelli che hanno aiutato a coordinare il programma della mia visita in tutti i suoi numerosi aspetti. Sono particolarmente riconoscente di aver potuto visitare il campo dei rifugiati del Sud-Est asiatico a Phanat Nikhom. A nome delle migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini sofferenti, sfuggiti alle drammatiche situazioni dei loro Paesi per trovare un rifugio nella sicurezza e nella tranquillità della Thailandia, desidero rinnovare la mia profonda gratitudine per la generosa assistenza umanitaria della Thailandia ai rifugiati.


4. Infine saluto e ringrazio gli amati cattolici di Thailandia. Al cardinale, ai vescovi, ai sacerdoti e a tutti i laici premurosi, che hanno così duramente lavorato sia prima che durante la mia permanenza fra voi, dico grazie di tutto cuore.

Questa visita al nobile popolo di Thailandia, e in particolare ai fedeli e perseveranti cattolici di questa nazione, resterà impressa per sempre nel mio ricordo e nel mio cuore. Io continuero a pregare per voi, come faccio per tutti i popoli, perché Dio vi benedica con la felicità, la prosperità, la pace duratura.

Thailandia, terra dell'uomo libero, ti saluto. Popolo di Thailandia, ti dico addio. Popolo di Thailandia, Dio ti benedica!

Data: 1984-05-11 Data estesa: Venerdi 11 Maggio 1984




Alla "Maratona di primavera" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Infondere anima religiosa allo studio e a ogni altra fatica

Testo:

Salute a voi, carissimi ragazzi e giovani, radunati in questa piazza San Pietro, da dove avrà inizio, fra poco, la maratona di primavera delle scuole cattoliche di Roma e del Lazio! Mi compiaccio con gli organizzatori e i vostri insegnanti che, anche quest'anno, hanno promosso questa magnifica manifestazione sportiva, che per voi significa una giornata spesa all'insegna della gioia, della serenità e della fraternità. Questa vostra manifestazione, infatti, è particolarmente ricca di entusiasmo, di fascino, di incontri e di scambi umani che allargano le vostre conoscenze e fanno sorgere nuove amicizie. Lo sport, infatti, è di per sé un fenomeno destinato ad elevare gli animi alle fondamentali virtù naturali e soprannaturali.

Ma questa vostra iniziativa richiama alla mia mente anche i numerosi problemi che riguardano la scuola cattolica e il suo importante ruolo educativo. A voi studenti dico: collaborate con generosa dedizione per superare le varie difficoltà; amate lo studio e mettete nella vostra fatica un'anima religiosa che sostenga, elevi e santifichi ogni vostro sforzo. In questo darete soddisfazione ai vostri insegnanti e alle vostre famiglie, saprete innalzarvi ai grandi ideali, per cui vale la pena di vivere, e resterete immuni dal dubbio, dalla noia, dallo scetticismo e dalle lusinghe dei piaceri falsi e nocivi. così farete dono alla società odierna di una giovinezza non mediocre, non rinunciataria, ma sana, volitiva e forte.

Agli insegnanti e agli adulti vorrei ricordare che non sono mai perduti il tempo e gli sforzi che si consacrano all'educazione delle nuove generazioni.

A tutti i partecipanti, alle vostre scuole e ai vostri familiari, vada ora la mia speciale benedizione, a conferma dei miei voti e auguri.

Data: 1984-05-13 Data estesa: Domenica 13 Maggio 1984




Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gratitudine a Maria per la sua materna protezione

Testo:


1. Oggi è la quarta domenica del periodo pasquale. Tutta la Chiesa ringrazia il Signore, crocifisso e risorto, perché è il Buon Pastore; perché "conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono" (cfr. Jn 10,14); perché "offre la vita per le pecore" (Jn 10,11).

Lo ringraziamo, in particolare per il dono del Giubileo straordinario della Redenzione, a cui tutta la Chiesa ha partecipato: mentre in alcune comunità è stato ancora prolungato su richiesta delle rispettive conferenze episcopali.

Gesù Cristo è la porta delle pecore. Lo ringraziamo per tutti coloro che, attraverso di lui, entrano nella via della salvezza. Egli è venuto al mondo "perché abbiamo la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).


2. A te, Cristo risorto, Buon Pastore, desidero oggi rendere gloria con speciale intensità dopo la conclusione della visita apostolica in Estremo Oriente e in Oceania. Riservandomi di tornare su questo argomento, desidero fin d'ora rinnovare il mio vivo ringraziamento alle autorità civili, ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e alle care popolazioni della Corea, di Papua Nuova Guinea, delle isole Salomone e di Thailandia per le ripetute manifestazioni di cortesia, di affetto e di fede che hanno voluto riservarmi durante questo viaggio pastorale e missionario.

O Cristo, sii per tutti i nostri fratelli e sorelle di quei Paesi lontani, la porta delle pecore! Che esse entrino attraverso te, sulla via della salvezza e della vita eterna! Con te, Madre del Risorto, desideriamo condividere questa particolare gioia pasquale.


3. In questa domenica la Chiesa celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Il Signore, che ricordiamo nel Vangelo sotto l'immagine del Buon Pastore, oggi ci ripete l'accorato lamento: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Mt 9,36-37). Egli chiede a tutti collaborazione e impegno perché non manchino i ministri del Vangelo e dei sacramenti della fede, e perché vi siano sempre uomini e donne decisi a consacrarsi interamente al servizio di Dio e del suo popolo. Non cessiamo specialmente in questa giornata di pregare e di operare per questa intenzione e per questa causa che toccano il cuore stesso della Chiesa.


4. Oggi è il 13 maggio. In questa ricorrenza per me tanto significativa, il mio pensiero va a Fatima, per rinnovare a Maria l'espressione del mio affetto e della mia gratitudine per la sua materna protezione. L'anniversario della prima apparizione a Fatima deve essere per tutti un invito ad accogliere l'appello alla conversione, alla penitenza e alla preghiera, che la Madonna ci rivolge, riecheggiando le parole di Cristo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Preghiamo perché gli uomini di oggi non restino insensibili di fronte all'accorata insistenza della Madre comune.

Saluti e appelli vari Sento il bisogno di manifestare la mia vicinanza alle popolazioni dell'Umbria, del Lazio e dell'Abruzzo e Molise, per il terremoto che ha colpito la loro terra, portando gravi disagi e sofferenze. So che i soccorsi sono stati solleciti. Auspico di cuore che i fratelli della Chiesa italiana sappiano vedere in questo tragico evento un'occasione di solidarietà, di comunione e di testimonianza di amore. Da parte mia assicuro la più viva partecipazione e un particolare ricordo nella preghiera.

Si celebra oggi la festa della mamma. Ad ogni madre auguro cordialmente pace, serenità e gioia, auspicando che in lei i membri della famiglia trovino sempre un esempio di tenerezza e di inesausta dedizione. A tutti la mia benedizione.

Un particolare saluto rivolgo poi ai partecipanti al Convegno nazionale delle presidenze diocesane dell'Azione cattolica italiana che sono presenti a questo incontro. Carissimi, formo di cuore l'auspicio che i vostri lavori, nella riflessione dell'autentico volto della Chiesa, contribuiscano alla fruttuosa animazione delle singole comunità ecclesiali per il progresso spirituale del popolo di Dio.

Saluto con affetto anche tutti gli altri gruppi presenti e a tutti imparto la mia benedizione.

Data: 1984-05-13 Data estesa: Domenica 13 Maggio 1984




A tremila giovani ciellini - Castel Gandolfo - L'eccezionale risposta giovanile nell'anno del Giubileo



Vi vedo sempre molto volentieri e ascolto volentieri i vostri canti. Per questo, quando si arriva all'ultima pagina, divento sempre un po' triste. Ma non sono soltanto i vostri canti che mi danno consolazione. Mi rallegra anche il fatto che voi, come questa sera, portate sempre più bambini. Il vostro movimento, pur rimanendo sempre giovanile, diventa nello stesso tempo familiare. Diventa giovanile nella seconda generazione: gli adulti diventano giovani grazie ai giovani. così si ringiovanisce sempre la vita e questo mi dà una grande consolazione. Voi rimanete "ciellini", in questa seconda generazione con la quale, naturalmente, cresce anche il vostro numero. Non faccio statistiche, perché il movimento sembra avere una sua statistica, una sua dimensione quantitativa, pur puntando a una dimensione qualitativa. Punta alla qualità o alle qualità, ai valori, a un sistema di valori, ma è bene se uno cammina con un altro, se la qualità sposa anche la quantità e la quantità sposa la qualità: è un buon matrimonio.

Devo ringraziarvi per questa visita. Avete scelto bene la giornata, perché è abbastanza fredda e bisogna cercare il modo di riscaldarsi.

Avete scelto, poi, una giornata significativa per diverse circostanze.

La prima è che io sono appena tornato da un viaggio molto lungo e molto ricco di emozioni. Per me stesso questo viaggio è stato una grande scoperta e ringrazio il Signore che ci ha detto: andate nel mondo universo.

C'è poi un'altra circostanza, quella del 13 maggio, che è sempre significativa, evocativa. Si, parla della Provvidenza, si parla della vita che mi è stata donata - se così posso dire - una seconda volta. Pur rimanendo sempre la stessa unica vita, in un certo senso mi è stata data per la seconda volta.

C'è anche un'altra circostanza che voi, garbatamente, con grande delicatezza e con i fiori, avete sottolineato: cioè il tempo corre e io devo concludere - volente o no - un altro anno e aprirne un altro. così corre la vita e questo corso è irreversibile. Ma pure il compleanno si celebra. Vi ringrazio di aver anticipato il mio compleanno e la sua celebrazione.

Vi sono grato in modo speciale, per l'impegno con cui vi siete dedicati all'Anno Santo della Redenzione e specialmente al Giubileo dei giovani. Vi siete dedicati, assieme ad altri, a questa iniziativa, curandone la preparazione in solidarietà con i diversi movimenti giovanili. Si sono visti i giovani tramite i diversi movimenti, ma si sono visti i giovani in cammino verso quella data del 1983-1984, la data del grande Giubileo, anniversario della redenzione. Si sono visti i giovani in cammino verso la riconciliazione, perché l'Anno Santo era segnato col segno della riconciliazione. Noi vediamo la necessità di un'umanità più riconciliata, meno divisa. Per realizzare una tale umanità dobbiamo abbandonare alcuni schemi ideologici rimastici dal passato a ritrovare quello che è essenziale, che è identificabile nella persona umana, con la vocazione umana, con il destino umano. Sempre, nell'economia divina, possiamo ritrovare la riconciliazione, che significa anche salvezza dell'uomo, dell'umanità, dei diversi ambienti. Penso che i giovani, che con tale impegno e con tale entusiasmo hanno celebrato l'Anno della Redenzione, il grande Giubileo, non lo hanno celebrato esclusivamente nel suo senso tradizionale, ma hanno annunciato qualche cosa per il futuro, il cammino con cui si vuole progredire verso il futuro se questo deve risparmiare a noi tutti grandi dolori, se deve essere un futuro migliore, un mondo migliore, un'umanità migliore. così io ho capito la vostra risposta: è stata eccezionale.

Durante questo Anno della Redenzione ci sono state diverse risposte, molte risposte. Si è cercato di interpellare diversi ambienti, ma si deve pur constatare, alla fine, che la risposta data dai giovani è stata eccezionale: ha superato ogni altra risposta. E ve ne sono state pure di significative ed eloquenti, come quella delle famiglie, quella del mondo del lavoro. Ma certo quella dei giovani è sembrata superiore, più significativa delle altre. Vi sono grato di questo e della vostra collaborazione che mi ha dato conferma dell'intera iniziativa dell'Anno Santo così pensato e realizzato. E ci sono anche domande e progetti per riprendere simili esperienze.

Abbiamo bisogno di tali esperienze. Tramite queste ci sentiamo Chiesa, ci vediamo come Chiesa. Alcuni forse vorrebbero che la Chiesa fosse più nascosta, meno visibile: ma questo non è giusto. La Chiesa deve essere visibile, soprattutto per se stessa: dobbiamo vederci tutti noi che siamo Chiesa, non possiamo essere nascosti l'uno all'altro con la nostra personale religiosità interiore, senza comunicazione, senza comunione, senza apostolato. Noi dobbiamo essere una Chiesa visibile. Ed è bello che voi cerchiate di essere una Chiesa visibile anche trovandovi in circostanze e Paesi diversi, come l'Uganda o il Cile di cui mi avete parlato stasera, o altrove. Dobbiamo essere visibili per noi stessi perché questa visibilità rende più facile la comunione. La comunione tra le persone umane non può non essere visibile e la comunione tra noi è legata alla nostra visibilità.

Poi c'è anche un altro aspetto: noi come Chiesa, come cristiani, come ciellini, dobbiamo essere visibili per gli altri. Per gli altri, dobbiamo essere visibili nella società. Accettiamo il fatto che la società è pluralista, che ci sono tanti che pensano diversamente, che hanno un'altra visione del mondo, della vita umana, che hanno un'altra "Weltanschauung", un'altra filosofia. Ma se lo sono questi altri, perché non possiamo essere anche noi visibili e cercare per mezzo di questa nostra visibilità lo spazio dovuto? Non dico di più. Basta questo per concludere questo incontro in un'atmosfera di gioia e di allegria. E penso che la mia lunga risposta sia stata abbastanza allegra.

Data: 1984-05-13 Data estesa: Domenica 13 Maggio 1984




Lettera all'ordine dei Certosini - Per il IX centenario della fondazione dell'ordine



Al diletto figlio André Poisson, ministro generale dell'ordine Certosino.

E' noto che la preoccupazione fondamentale e lo scopo dell'ordine dei Certosini, che tu presiedi, è "dedicarsi al silenzio e alla solitudine della cella" (cfr. "Statuta renovata Ordinis Cartusiensis", 1971, cap. 4 § 1). I fratelli di tale ordine, seguendo la singolare chiamata di Dio, si sono trasferiti, per vivere nella dedizione a Dio, "dalla tempesta di questo mondo nella sicura e serena stabilità del porto" (san Brunone, "Epistola ad Radulphum").

"Una vita di tal genere, nascosta in Cristo" (cfr. Col 3,3) codesto ordine già conduce da 900 anni con lodevole vigore e fermezza. Questo fatto deve essere posto nella giusta luce in questo momento in cui si celebra la memoria della fondazione. Infatti circa il 24 giugno dell'anno 1084, giorno già sacro a San Giovanni Battista, che, "il più grande dei profeti e cultore dell'eremitaggio" i Certosini venerano, dopo la beatissima Vergine Maria, come patrono celeste, san Brunone, uomo esimio, con alcuni compagni, nella località chiamata Chartreuse e nel territorio della diocesi di Grenoble, diede inizio a questa regola di vita, lontana dal mondo.

Nel ricordo di un tanto felice evento voglio gioire con voi, mi congratulo con voi di cuore per tanto lunga fedeltà, e volentieri approfitto di questa occasione per manifestare a tutta la famiglia dei Certosini la mia immensa stima e il mio paterno affetto.

Nel tempo più antico della Chiesa ci furono eremiti, uomini dediti all'orazione e al lavoro nel deserto, cioè "coloro che, abbandonato tutto, davano il loro nome per il regno di Dio" (S. Atanasio, "Vita S. Antonii", PG 26, 866); da questi uomini ebbe origine la pratica della stessa vita religiosa. Il loro esempio provoco l'ammirazione degli uomini e spinse molti alla vita ascetica.

San Gerolamo, per fare un esempio, con parole ardenti predico quelli che si possono chiamare i nascondigli dei monaci: "O deserto, allietato dai fiori di Cristo! O solitudine, nella quale nascono le pietre, con cui nell'Apocalisse si costruisce la città del gran re! O eremo, che godi di una stretta familiarità con Dio!" ("Epistola 14"; PL 22, 353-354). I Pontefici romani più volte approvarono questa vita ritirata e la lodarono, come, per quanto vi riguarda, in tempi più vicini a noi, Pio XI nella costituzione apostolica, che inizia con la parola "Umbratilem", e Paolo VI nella lettera che ti ha inviato per il Capitolo generale.

Il Concilio Vaticano II poi valorizzo molto la stessa vita nella solitudine, nella quale i fratelli seguono più da vicino Cristo in contemplazione sul monte, e ne asseri l'arcana fecondità, che da essa promana nella Chiesa (cfr. LG 46 PC 7). Infine il Codice di diritto canonico, appena uscito, conferma questo in modo significativo: "Le istituzioni che hanno come fine la vita contemplativa, hanno nel corpo mistico di Cristo una parte privilegiata" (CIC 674).

Tutto questo riguarda la vostra vita, diletti monaci e monache Certosini, che, lontani dallo strepito del mondo, "avete scelto la parte migliore" (cfr. Lc 10,41). perciò nel vortice degli avvenimenti dal quale gli uomini del nostro tempo sono travolti, voi, ritornando continuamente allo spirito originario del vostro ordine, è importante che perseveriate nel vostro santo proposito con ferma volontà. Questi tempi infatti sembrano richiedere l'utile esempio di questo stesso vostro modo di vita: gli uomini, che si disperdono nelle più svariate opinioni in tanto movimento di pensiero, che spesso vengono turbati e sono anche messi in crisi da tanti scritti, che ovunque vengono pubblicati, ma specialmente dagli strumenti della comunicazione sociale, che hanno grande influenza sull'animo umano, questi uomini che talvolta rifiutano la verità e la dottrina cristiana, hanno bisogno di cercare e contemplare ciò che è confermato dalla testimonianza della vostra vita, cioè l'assoluto. E' vostro compito dunque testimoniare loro questo.

Anche quei figli e figlie della Chiesa, che nel mondo si dedicano alle opere di apostolato, in mezzo alla precarietà e labilità della realtà circostante devono appoggiarsi alla stabilità di Dio e del suo amore, che devono vedere testimoniato in voi, che lo partecipate in modo particolare in questo pellegrinaggio terreno. La Chiesa stessa, che deve offrire ininterrottamente come corpo mistico di Cristo il sacrificio di lode alla divina maestà - cosa che è uno dei suoi principali compiti - ha bisogno della pia solerzia di voi tutti che ogni giorno "perseverate nella divina vigilanza" (san Brunone).

Si deve infine riconoscere che la vostra vita di eremiti, in questi tempi nei quali forse si dà troppa importanza all'azione, talvolta non è compresa appieno né è valutata come dovrebbe, tanto più che mancano tanti operai nella vigna del Signore. Contro un'opinione di tal genere si deve affermare con forza che i Certosini proprio in questo tempo devono conservare totalmente la loro identità. Questo è in pieno accordo con la normativa del nuovo Codice di diritto canonico che, mentre ricorda la necessità urgente dell'apostolato attivo, tuttavia asserisce e difende la particolare vocazione di coloro che sono membri degli istituti religiosi di vita contemplativa; questo avviene anche in ragione del servizio che essi offrono al popolo di Dio, che incitano con l'esempio e accrescono con l'arcana fecondità apostolica" (CIC 674). Se dunque, per tale motivo, i vostri fratelli "non possono essere chiamati a prestare opera di aiuto nei vari ministeri pastorali", anche un'altra forma di apostolato, che consiste in questo, cioè nel dare la possibilità agli estranei, desiderosi di un ritiro religioso, di passare un periodo di tempo nei vostri monasteri, non deve essere da voi praticata, almeno non come regola, perché poco confacentesi all'intento della vita eremitica.

Senza dubbio quei molteplici e assai veloci cambiamenti, che si verificano nella nostra società, nuove cause psicologiche, che influiscono sull'animo, soprattutto dei giovani, e la tensione nervosa che colpisce oggi molte persone, possono creare alcune difficoltà alle comunità dei Certosini, soprattutto per quanto riguarda coloro che sono le nuove speranze dell'ordine.

perciò si dovrà agire con prudenza e fermezza - senza tralasciare nulla per capire le difficoltà dei giovani - perché il vostro vero carisma rimanga integro e non vi allontaniate dalla vostra regola. Solo la volontà infiammata dall'amore di Dio e pronta a servirlo nell'austerità della vita ritirata dalla compagine umana, farà in modo che si superino le difficoltà.

La Chiesa è al vostro fianco, diletti figli e figlie di san Brunone, e aspetta grandi benefici spirituali dalle vostre orazioni e dalle penitenze offerte a Dio. Già altrove ho detto, illustrando la vita consacrata a Dio: "Non importa tanto quel che fate, ma quel che siete" (cfr. AAS 71 [1979] 1127): questo sembra che riguardi in modo particolare voi che vi tenete lontani dalla cosiddetta vita attiva.

Mentre dunque fate memoria della vostra origine, certamente sentite di essere spinti ad aderire alla vostra eccelsa vocazione con un nuovo ardore spirituale e letizia. Sia dunque segno della carità che mi ha dettato queste parole, e auspice di fecondi frutti celesti l'apostolica benedizione, che di cuore imparto nel Signore a te, diletto figlio e a tutti i monaci e le monache Certosini.

Dal Vaticano, 14 maggio 1984

Data: 1984-05-14 Data estesa: Lunedi 14 Maggio 1984









Ai polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: 40° anniversario della battaglia di Monte Cassino

Testo:

Carissimi connazionali, fratelli e sorelle.


1. Desidero salutare cordialmente tutti voi presenti in questa sala, sia coloro che vivono all'estero, sia coloro che vivono in patria; voi che siete venuti per celebrare il 40° anniversario della memorabile battaglia di Monte Cassino, per rendere omaggio e pregare per il riposo eterno di coloro che in quella vittoriosa battaglia "hanno reso l'anima a Dio, il corpo alla terra italiana, e il cuore alla Polonia" (cfr. Iscrizione sul monumento in memoria ai caduti).

In modo particolare saluto cordialmente e do il benvenuto ai soldati del Secondo corpo d'armata, che hanno portato i segni sul corpo e nell'anima. Saluto le loro famiglie e le nuove generazioni, e anche i soldati di altre unità. Saluto sua eminenza il cardinale Wladyslaw Rubin che sul cammino del Secondo corpo ha condiviso la vostra sorte. Saluto sua eminenza il cardinale primate, monsignor Bronislaw Dabrowski, monsignor Szczepan Wesoly, pastore degli emigrati polacchi.

Saluto e do il benvenuto a tutti.


2. Prendendo spunto dalle parole pronunciate ora dal signor generale, desidero sottolineare che tutti i cimiteri polacchi in terra italiana, che ho visitato in diverse occasioni, sono non solo il luogo dove riposano i soldati caduti, ma anche una sconvolgente testimonianza della volontà di vivere. La morte testimonia la volontà di vivere di una nazione: la volontà di una vita religiosa e indipendente.

Non dimentichero l'iscrizione che ho letto a Bologna, tornando dal cimitero dei soldati polacchi: "Su questa via i tuoi connazionali ci hanno portato la liberazione. Su questa strada vieni per rafforzare la nostra fede".


3. Il cimitero, a Monte Cassino, sotto questo punto di vista ha un significato particolare. Dopo mesi di sanguinosi combattimenti durante i quali sono caduti migliaia di soldati di diverse nazioni, la bandiera polacca innalzata sulle rovine del monastero annunciava la vittoria. Cinque anni fa, quando sono stato al cimitero di Monte Cassino, ho detto: "Perché hanno combattuto gli uni contro gli altri, uomini e nazioni? Sicuramente non li hanno spinti a questa terribile strage fratricida le verità del Vangelo e le tradizioni della grande cultura cristiana. Sono stati coinvolti dalla guerra con la forza di un sistema che, in antitesi al Vangelo e alle tradizioni cristiane, era stato imposto ad alcuni popoli con spietata violenza come un programma, costringendo al tempo stesso gli altri ad opporre giusta resistenza con le armi in pugno. In lotte gigantesche quel sistema subi una sconfitta definitiva. Il giorno 18 maggio è stata una delle tappe decisive di quella sconfitta" (17 maggio 1979).

Oggi ricordiamo in particolar modo i soldati e gli ufficiali che riposano in quel cimitero. Il loro capo che riposa tra loro, il generale Wladyslaw Anders, e l'arcivescovo Gawlina, che sino alla fine è rimasto fedele a coloro che incoraggiava ad andare... Loro tutti andavano lungo questa strada, attraverso la terra italiana, nella patria indipendente. Andavano con la parola d'ordine "per la libertà vostra e quella nostra". Nella memoria degli abitanti della penisola appenninica sono rimasti impressi come difensori e liberatori. Nello stesso tempo erano convinti che l'indipendenza e la sovranità della patria può nascere solo tra i popoli europei indipendenti e sovrani. E proprio la battaglia di Monte Cassino ne è diventata l'espressione culminante. E' divenuta un simbolo.

Il papa Pio XII parlava di ciò ai polacchi, dopo la vittoriosa battaglia: "Anche se il vostro territorio nazionale è rosso del sangue che scorre su di esso, il vostro diritto è così certo che abbiamo in ferma speranza che tutte le nazioni prenderanno coscienza del loro debito verso la Polonia, teatro e troppo spesso oggetto dei loro conflitti, e che ognuno che abbia conservato nel cuore almeno una scintilla dei sentimenti veramente umani e cristiani, si sentirà in dovere di rivendicare per essa tutto il posto che le spetta secondo i principi della giustizia e della vera pace" (Udienza, 28 luglio 1944).

Il 17 maggio del 1979, il giorno del 35° anniversario della battaglia, ho detto a Monte Cassino: "Soltanto sulla base del pieno rispetto dei diritti degli uomini e dei diritti delle nazioni - del pieno rispetto! - può essere costruita in futuro la pace e la riconciliazione dell'Europa e del mondo".

E noi oggi siamo coscienti che sia i caduti che i sopravvissuti "rendono una storica testimonianza. Parlano della Polonia quale era e quale deve essere.

Parlano di quale fu il suo vero prezzo e quale esso rimane" (cfr. Discorso agli emigrati in Inghilterra, 30 maggio 1982).


4. Monte Cassino è uno di questi simboli: forse il più significativo che convince tutta la nazione. Convince i polacchi che vivono in patria e quelli che vivono all'estero. E' un simbolo sempre vivo. La sua vitalità è testimoniata in Polonia anche dagli avvenimenti degli anni '80. Gli accordi sociali firmati a Danzica, a Stettino... dai rappresentanti del mondo del lavoro e dai rappresentanti delle autorità, provano che la nazione polacca vuole essere sovrana nel suo Paese, per la cui permanenza sulla carta dell'Europa ha pagato con un'enorme ecatombe di vite umane. L'ha pagata, tra l'altro, con il sangue versato a Monte Cassino.


5. Per questo, quando sono venuti in Vaticano i rappresentanti di "Solidarnosc" nel gennaio del 1981, ho detto che "la Polonia ha diritto a un vero progresso, lo stesso diritto che ha ogni altra nazione; e, contemporaneamente, in un certo modo, ne ha un diritto particolare, perché pagato con le gravi prove della storia, e recentemente con le sofferenze della Seconda guerra mondiale".

Parlando invece del processo di rinnovamento della nostra nazione ho detto allora: "Appunto tale modo di agire, libero dalla violenza e dalla prepotenza, che ricerca le soluzioni sulla via del dialogo reciproco e delle motivazioni fondamentali, e che tiene presente il bene comune, dà onore sia ai rappresentanti del mondo del lavoro come pure ai rappresentanti delle autorità statali della Polonia".

Della stessa questione parlavo anche durante l'ultimo viaggio in patria.

Tra l'altro, durante l'incontro con le autorità polacche al Belvedere ho detto: "Non perdo la speranza che questo difficile momento possa diventare una via di rinnovamento sociale, l'inizio del quale è costituito dagli accordi sociali, stipulati dai rappresentanti delle autorità dello Stato con i rappresentanti del mondo del lavoro. E anche se la vita in patria sin dal 13 dicembre 1981 è stata sottoposta ai severi rigori dello stato di guerra, che dall'inizio dell'anno corrente venne sospeso, tuttavia non cesso di sperare che quella riforma sociale, molte volte annunciata, secondo i principi elaborati con tanta fatica nei giorni critici dell'agosto 1980, e contenuta negli accordi, verrà gradualmente attuata".

E nell'omelia pronunciata allo stadio "X Anno" mi appellavo a un "ordine maturo della vita nazionale e di quella dello Stato, nella quale saranno rispettati i fondamentali diritti dell'uomo. Bisogna arrivare ad esso per la via del dialogo reciproco e dell'accordo, l'unica strada che consenta alla nazione di poter godere di pienezza nei diritti civici e di strutture sociali rispondenti alle sue giuste esigenze".


6. Tale ordine sociale, legato al profondo rispetto dei diritti della nazione e di tutti i diritti dell'uomo, trova le sue radici nella cultura cristiana alla quale la Polonia è legata sin dall'inizio della sua storia. Il monastero di Monte Cassino era ed è un simbolo dell'Europa cristiana. Li san Benedetto poneva le basi della vita monastica. La regola di san Benedetto è diventata fonte e ispirazione per molti fondatori di ordini religiosi. Da Monte Cassino i benedettini andavano a predicare Gesù Cristo ai popoli dell'Europa che ancora non lo conoscevano.

Portavano alla gente la verità su Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio" (cfr. Jn 3,16). I figli spirituali di san Benedetto hanno portato questa verità anche nella nostra patria.

Proprio loro sono stati i primi annunziatori nella nostra nazione, che è entrata nella famiglia delle nazioni europee mediante il Battesimo. Ricevendo il Battesimo la nostra patria è stata legata, per sempre, a Roma, alla Sede di Pietro e alla cultura cristiana europea. così era durante il primo millennio nella nostra storia. Crediamo che sarà così anche durante i millenni successivi e che niente riuscirà a staccare la Polonia dalle fonti del cristianesimo e della cultura cristiana.

Per le imperscrutabili vie della Provvidenza, Monte Cassino è stato liberato e conquistato dai soldati polacchi. Forse c'era in quella vittoria qualche missione profetica: così come il soldato polacco ha combattuto sanguinosamente per conquistare il monastero, con simile sforzo dovrà lottare la nazione per restare fedele alla cultura cristiana e agli ideali cristiani, e tale fedeltà esige grandi sacrifici, non inferiori alla conquista del colle del monastero.

Conservare l'identità culturale della nazione vuol dire conservare i suoi valori morali. Solo in base ad essi può svilupparsi il vero umanesimo, la dignità umana, la vera libertà. La nazione ha conservato, nonostante più di cento anni di schiavitù, la sua identità grazie alla propria cultura. Perché c'erano nella nazione persone come Massimiliano Kolbe, Ursula Ledochowska, Raffaele Kalinowski, Alberto Chmielowski, persone che hanno aiutato la trasformazione interiore dell'uomo, la libertà interiore in base alla quale si sviluppava anche la coscienza nazionale. La cultura è costituita dalle opere letterarie, dalla pittura, dalla musica, dalle opere storiche.

Ma la cultura è soprattutto l'uomo e come sarà l'uomo così sarà la nazione. Se sarà moralmente sano, se vivrà con Cristo, assolverà anche il suo compito o la sua vocazione in Polonia o all'estero, tramanderà alle generazioni successive la coscienza di appartenere alla nazione polacca, alla cultura polacca, così profondamente radicata nel cristianesimo.

L'indimenticabile primate della Polonia, il venerabile cardinale Stefan Wyszynski diceva: "La battaglia di Monte Cassino fu una lotta per i più alti e sommi valori che bisognava salvare per tutta la famiglia umana. Non dimentichiamo che quella fu la strada per Roma, per la città eterna, per la capitale della cultura cristiana e che bisognava riscattarla - pagandola con il sangue - quella strada della libertà e della cultura cristiana, per conservarla per i tempi a venire e i secoli futuri (Omelia a Monte Cassino, 31 ottobre 1964).


7. Dalle mura dell'abbazia, ricostruita sulla vetta di Monte Cassino, va verso tutta l'Europa - anche verso la nostra patria - l'"ora et labora" benedettino. E quindi il legame tra la cultura e il lavoro e tra il lavoro e la preghiera. Il mondo di oggi cerca di privare la cultura dei suoi valori sacri e di ridurre l'uomo al ruolo di uno strumento di produzione nel complesso sistema dell'economia moderna.

Parlando a Katowice ho detto: "Il lavoro è anche un obbligo dell'uomo: sia davanti a Dio come pure davanti agli uomini, sia davanti alla propria famiglia, sia davanti alla nazione, alla società alla quale appartiene. Mediante esso si formano la giustizia e l'amore sociale, se tutto il settore di lavoro è governato da un giusto ordine morale. Ma se manca quest'ordine, al posto della giustizia si introduce l'ingiustizia e al posto dell'amore l'odio".


8. Nella storia della Seconda guerra mondiale, Monte Cassino è diventata una testimonianza dello sforzo del soldato polacco. Esso esprime il contributo di sangue polacco nella lotta per un'immagine cristiana dell'Europa, con un sistema che ha sostituito l'amore cristiano con il mito del potere, della sottomissione degli altri con la prepotenza, con il mito basato sull'odio dell'uomo verso l'altro uomo. Il soldato combatteva e moriva credendo che il suo sacrificio poneva le basi per l'edificazione di un mondo migliore, un mondo più umano. Combatteva per l'immagine cristiana della sua nazione, per il regno della giustizia e dell'amore nella nazione, perché regni l'ordine di Dio, l'unico che possa introdurre l'amore e la giustizia tra le persone e tra le nazioni.

E per questo, vicino alle tombe dei nostri soldati, preghiamo per un tale ordine per il nostro continente e per il mondo. Preghiamo per la pace, la cui condizione e l'arrestamento della corsa agli armamenti nucleari che portano in sé il germe di una gigantesca autodistruzione. Preghiamo per la pace la cui condizione è il rispetto dei diritti dell'uomo (cfr. PT 9-10 PT 34-35 PT 167; Discorso all'Onu, 11 dicembre 1979), il diritto alla verità, alla libertà, alla giustizia e all'amore.

Preghiamo per la pace, la cui condizione è il rispetto degli inalienabili diritti di ogni nazione nel continente europeo. Per queste cose preghiamo per l'intercessione di san Benedetto e dei santi Cirillo e Metodio, patroni dell'Europa. Preghiamo confidando nella protezione materna della Regina della Polonia e di tutto il mondo.


9. Davanti alle tombe degli eroici soldati ripetiamo l'antico versetto: "Passante, di' alla Polonia: qui giacciono i tuoi figli, fedeli alle tue leggi fino all'ultima ora".

Non c'e in quell'obbedienza qualche riflesso di Cristo che era obbediente fino alla morte, ed era una morte sulla croce? Per questo Dio lo ha posto al di sopra di tutto e gli ha dato il nome che e al di sopra di ogni altro nome (cfr. Ph 2,8-9).

Alla mia patria, all'Europa e al mondo, dalla vetta di Monte Cassino, auguro che vinca il nome di Cristo, lo spirito di Cristo che è spirito della verità. Che vinca il Vangelo d'amore e di pace.

Nello stesso tempo ciò significa la vittoria dell'uomo.

Data: 1984-05-17 Data estesa: Giovedi 17 Maggio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Congedo dalla Thailandia - Bangkok (Thailandia)