GPII 1984 Insegnamenti - A vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

A vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vegliate sulla formazione del clero

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Vi ricevo oggi con vera gioia, pastori della Chiesa di Cristo in Perù, venuti a Roma per la visita "ad limina", che culmina con questo incontro. E un'occasione propizia per prendere contatto con i dicasteri che mi aiutano nel governo della Chiesa e, soprattutto, essa mi permette di partecipare alle vostre gioie, speranze e preoccupazioni nella cura pastorale del gregge di Cristo affidato alla vostra sollecitudine, che costituisce anche per il successore di Pietro "l'assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese" (2Co 11,28).

In questo primo gruppo di vescovi del Perù sono presenti i rappresentanti delle tre zone in cui si divide il vostro Paese, con le loro peculiari caratteristiche, ma dove la popolazione è unita nella stessa fede in Gesù Cristo nostro Signore, radicata profondamente nel cristiano popolo peruviano.


2. Vedo in ciò, al di sopra della pluralità di elementi esterni, un simbolismo di unità e di concordia, che nei nostri tempi, come nei precedenti, deve essere preservato, promosso e approfondito in tutti gli ambienti, ma in modo speciale tra coloro che hanno la responsabilità di guidare il popolo di Dio.

E' questa un'imperiosa necessità richiesta dalle circostanze contemporanee, nelle quali la divisione, l'odio e la violenza minacciano l'ordine temporale. Ma è anzitutto l'unione ecclesiale che ci urge a rispondere coerentemente al desiderio e alla richiesta del Salvatore: "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11); una supplica ripetuta poco dopo, quando estendendo il suo sguardo attraverso il tempo e lo spazio - egli si volge a chiedere al Padre: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola... perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,20-23).

Questa unità, segno di credibilità ecclesiale, deve essere forte innanzitutto tra di voi e, soprattutto, col successore di Pietro, fonte imprescindibile della vera unità, che desiderate rafforzare con la vostra visita alla sede di Roma. Desidero per parte mia augurarvi che in essa incontriate sempre un sostegno sicuro per poter meglio compiere i vostri doveri di vescovi. Come membri dell'episcopato e pastori, a voi spettano diverse responsabilità che attengono alla guida spirituale delle vostre comunità. perciò dovete curare la purezza della dottrina, salvaguardando il tesoro che Cristo ha affidato alla nostra custodia perché fruttificasse. E poi vostro compito prestare attenzione ad eventuali deviazioni dottrinali e pastorali e, in questo modo, evitare che il popolo dei credenti ne sia danneggiato nella fede e nel suo dinamico cammino ecclesiale. perciò, la vostra parola orientatrice, chiara e unitaria, dovrà essere capace di illuminare il cammino della comunità ecclesiale, sia perché i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti gli operatori della pastorale mantengano sempre il corretto concetto di Chiesa voluto dal Fondatore e presentato dal magistero della Chiesa, sia perché questo concetto fondi efficacemente l'identità degli educatori alla fede e di tutto il popolo di Dio e determini gli obiettivi propri del comportamento cristiano. Obiettivi che non possono passare sopra le situazioni anche temporali della fede, ma che non si esauriscono in esse, dilatandosi invece alla salvezza eterna in Cristo, liberatore dal peccato e redentore dell'uomo.

Questo è il cammino della fedeltà ecclesiale, della gioia della cooperazione all'opera integralmente liberatrice di Cristo, dell'impegno generoso in un compito che richiede la nostra collaborazione dinamica e responsabile, ma che non può prescindere dalla precisa volontà di Cristo di fondare la sua Chiesa con caratteristiche e fini ben determinati.

La comprensione e l'amore devono essere sempre presenti nel vostro spirito e nelle vostre azioni, perché "il buon pastore dà la vita per le sue pecore" (Jn 10,11). Ma questo stesso amore o interesse verso di esse richiede che le si guidi per il giusto cammino verso il Padre, significa "chiamarle ad una ad una... camminare innanzi a loro: le pecore seguiranno il pastore perché conoscono la sua voce" (Jn 10,3-4). Sarebbe un inganno lasciare che ciascuna di esse segua il proprio cammino, esposta a tanti pericoli, senza offrirle quella guida paziente e perseverante di cui ha bisogno per non sbagliare direzione.


3. So bene, cari fratelli, che in questo importante compito affidatovi da Cristo Gesù, dal quale "riceverete la corona della gloria che non appassisce (1P 5,4), voi contate sull'aiuto prezioso di tanti collaboratori; perciò vi sta tanto a cuore il problema dell'incremento e dell'adeguata formazione dei sacerdoti, nei quali "grazie al dono dello Spirito Santo che è stato loro concesso nella sacra ordinazione, i vescovi hanno dei necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio" (PO 7).

So anche che questa è la priorità delle priorità della missione vostra e dei vostri sacerdoti: la salvezza del popolo di Dio. Questa è la prima regola di cui dovete tener conto nel procurarvi collaboratori nell'incarico ricevuto di cercare giovani capaci di arrivare ad essere autentici uomini di Dio, perché portino Dio agli uomini. perciò è necessario formare sacerdoti che rendano trasparente Cristo agli altri. E' necessario ottenere validi operai ad esempi di vita soprannaturale. Di qui la necessità e l'importanza del seminario, entrambe mai abbastanza soppesate. Proprio per questo, le vocazioni e il seminario devono essere considerati dal pastore della diocesi "come la pupilla dei suoi occhi", una frase proverbiale ma sempre vera.

Sono al corrente del fatto che, per grazia di Dio, vi è un risveglio di vocazioni nella vostra patria, e non cesso di benedire il Signore per questa ragione. Ciononostante, bisogna intensificare lo sforzo, per quanto possibile, a favore delle vocazioni al sacerdozio. Infatti, è ancora grande l'aiuto presbiterale, generoso e pieno di abnegazione, di altre Chiese locali straniere.

Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe (cfr. Mt 9,37). E insieme con la preghiera fervente e costante, predisponete anche i necessari strumenti umani. Fate conoscere l'ideale sacerdotale nella sua integrità. Presentatelo ai giovani in tutta la sua grandezza, perché la gioventù ama gli alti ideali. Non nascondete, pero, i sacrifici che la vocazione consacrata esige, perché i giovani sono generosi e questo non li intimorisce ma li stimola.

Parlate loro di Cristo con amore e verità, svelando loro la vivezza di questo ideale. E' così che i giovani sono affascinati da Cristo.


4. Non si tratta solo della promozione delle vocazioni, ma anche della loro opportuna selezione, perché "molti sono chiamati, ma pochi gli eletti" (Mt 22,14).

La scarsezza di sacerdoti può provocare nel vescovo la tentazione di lasciarsi prendere dall'ansia del numero. E' necessario, ciononostante, valutare i candidati, selezionarli con prudenza, ma senza timore, durante gli anni del seminario; e con maggiore cura e attenzione prima di ammetterli agli ordini consacrati. E' meglio, infatti, avere meno seminaristi e sacerdoti, ma buoni, che molti, ma mediocri.

A proposito della formazione dei futuri sacerdoti vorrei ricordarvi - come ho detto ad altri vescovi latino-americani - come il Concilio presenta la loro formazione puntando tutto su quello che potremmo chiamare il progetto pedagogico della Chiesa per i futuri ministri dell'altare: la persona di Cristo, maestro, sacerdote e pastore. Si tratta di chiamare personalmente ciascuno dei seminaristi a questa "convivenza" con Gesù Cristo e a imparare da colui che permette di fare un'esperienza simile a quella degli apostoli: ascoltare le sue parole di vita eterna, sentirsi soavemente ma irresistibilmente attratti dal fascino umano-divino della sua persona, lanciarsi con decisione al suo inseguimento, rimanere interiormente segnati da quell'incontro con colui dal quale non si può più prescindere nella vita.


5. La preghiera personale, nella quale si ascolta la parola di vita e la si confronta con l'esistenza quotidiana, una preghiera che sia comunione col Signore e si traduca in un impegno di fedeltà evangelica, di opzione radicale per Cristo e per la sua causa che è il Vangelo, farà dei futuri sacerdoti uomini di Cristo e uomini per gli altri. La preghiera assidua, che è centrale nella vita del sacerdote, deve essere il crogiolo della formazione spirituale. Non possiamo dimenticare che Cristo stesso ha fatto della preghiera - dalla sua entrata nel mondo (cfr. He 10,3-7) fino alla morte in croce (cfr. Lc 23,46) - il segreto della sua comunione col Padre e della sua missione in favore degli uomini. A essa dedicava, infatti, momenti significativi della sua giornata apostolica (cfr. Mc 1,35). Della preghiera ha bisogno il sacerdote nel suo lavoro quotidiano, nelle sue difficoltà e tra i pericoli del mondo (cfr. Jn 17,11-15). Deve dunque imparare a pregare già in seminario, in modo da perseverarvi, nonostante il gravoso lavoro apostolico.

Non bisogna avere paura che questo "cristocentrismo" porti il sacerdote a quello che oggi viene chiamato "intimismo" e a un'"alienazione" dai problemi reali dei fratelli uomini. Quanto più essi conoscono Cristo, quanto più grande è la loro amicizia profonda con Cristo, e quanto più vibrano di entusiasmo per il Signore, tanto più sentiranno l'urgenza delle parole del Maestro: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Qui dovranno trovare il costante impulso a impegnarsi, con criteri evangelici, a favore dei più poveri, degli emarginati, degli oppressi a causa della giustizia.


6. Vi ricordavo poco fa il metodo usato da Gesù, secondo le parole di Marco: "Ne costitui dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare" (Mc 3,14).

Familiarità, dunque, con Gesù Cristo e, come conseguenza, missione apostolica.

Vorrei vedere anche in questo un modello di ideale per ogni vescovo rispetto ai suoi sacerdoti: formare un'autentica famiglia presbiterale: dei sacerdoti tra di loro e con il proprio vescovo. Vivere un'autentica e intima amicizia reciproca; che gioiscano nell'aiutarsi reciprocamente nelle loro opere pastorali, che sappiano sostenersi e incoraggiarsi nelle vicissitudini della vita, che trovino il loro più grande conforto nelle giornate trascorse insieme, dalle quali escano confortati nel corpo e nello spirito. così faceva Gesù stesso con i suoi discepoli al termine del suo itinerario missionario: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'" (Mc 6,31).

Non esitate, cari fratelli, a promuovere e partecipare a riunioni di carattere familiare con i vostri sacerdoti. Visitateli nelle loro case e parrocchie, come amici e fratelli. Permettetemi che vi dica: non abbiate paura a dedicare loro tutto il tempo necessario, poiché è tempo dedicato a coloro che, col vostro lavoro apostolico quotidiano, moltiplicheranno il frutto dei vostri sforzi, arrivando dove voi non potreste arrivare con le vostre sole forze. E qualcosa di simile si può dire delle vostre relazioni con i seminaristi, i quali si sentiranno così non solo come semplici alunni di un centro di studi, ma come futuri membri di una famiglia, della famiglia sacerdotale di Cristo.


7. Cari fratelli nell'episcopato, vi sono altri temi sui quali mi piacerebbe intrattenermi con voi, ma non è possibile protrarre questo incontro. Ad essi mi riferiro nel ricevere gli altri membri dell'episcopato peruviano.

Tornando ai vostri luoghi di lavoro, siate certi che continuero ad essere tra di voi col cuore, incoraggiando fraternamente i vostri sacerdoti e seminaristi, i religiosi e le religiose delle vostre giurisdizioni, i vostri collaboratori senza eccezione. Raccomando tutti i vostri fedeli al Signore per intercessione di Maria santissima - tanto venerata sotto diversi appellativi in tutte le vostre circoscrizioni ecclesiali - e a tutti e a ciascuno estendo la cordiale benedizione apostolica che imparto a voi personalmente.

Data: 1984-05-24 Data estesa: Giovedi 24 Maggio 1984




Alla Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel

Titolo: La fondazione vuole essere il segno del mio affetto

Testo:

Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato, cari amici.


1. Il nostro incontro di oggi è molto significativo e voi comprendete la mia gioia nell'accogliervi e nel salutarvi, voi che siete i membri del primo consiglio di amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel.

In occasione di questo incontro, infatti, la memoria dello spirito e del cuore ci fa rivivere gli avvenimenti che hanno aperto e costellato il cammino che ci ha condotti alla vostra prima riunione; è verso l'avvenire che noi tutti siamo rivolti, perché questo è lo scopo della Fondazione. Il passato di cui parlo è sufficientemente recente da esimermi dal ricordarlo nei dettagli. Vorrei pero menzionare due date, due fatti.

Il 10 maggio 1980, al tempo della mia prima visita apostolica in Africa, nel cuore del Sahel, a Ouagadougou, ho lanciato un solenne appello alla Chiesa e al mondo intero, a tutti gli uomini di buona volontà e a tutti coloro in possesso di responsabilità capaci di contribuire ad accrescere rapidamente i programmi di solidarietà e a lottare contro le cause della desertificazione.

Il 5 novembre 1981, ricevendo i partecipanti all'importante riunione per i Paesi del Sahel e la siccità in Africa, organizzato dal nostro Pontificio consiglio "Co unum", dicevo: "Perché il mio solenne appello di Ouagadougou abbia effetto desidero che sia compiuta una concreta realizzazione nella regione del Sahel con le donazioni che mi sono state inviate o che lo saranno, e che essa sia segno efficace del mio affetto per i miei fratelli africani più provati e che mi sono tanto più cari dopo il mio indimenticabile viaggio del 1980".


2. Tra le risposte al mio appello di Ouagadougou, come non citare la generosa colletta che i cattolici della Repubblica federale di Germania hanno deciso di organizzare in occasione della visita che ho fatto loro nel novembre del 1980, e il cui frutto è stato destinato ai Paesi del Sahel? Grazie a questa magnifica iniziativa di solidarietà tra le Chiese locali, alcuni importanti progetti di sviluppo hanno già potuto essere finanziati, e ora è stata istituita la fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel.

Voi conoscete poi le consultazioni compiute presso i vescovi dei Paesi interessati per precisare la natura, le attività e gli statuti della fondazione; dopo diversi mesi, la fase finale di preparazione e di messa a punto è stata affidata in particolare al Pontificio consiglio "Co unum", di cui saluto qui il nuovo presidente, il caro cardinale Roger Etchegaray; è a "Co unum" che si è rivolto Paolo VI quando si seppe della grande siccità nei Paesi del Sahel, e il Pontificio consiglio, che non ha mai cessato, come voi sapete, di seguire da vicino la situazione nei vostri Paesi e l'evoluzione dei problemi della siccità e della fame, continuerà ad accompagnarvi nelle vostre attività.


3. La vostra presenza oggi, cari fratelli nell'episcopato, è significativa: se la Fondazione, per volere del suo statuto giuridico, ha la sua sede nella Città del Vaticano, essa sarà pero amministrata dai suoi membri, le Chiese locali degli otto Paesi del Sahel riconosciuti come tali dalla comunità internazionale. Voi stessi siete i primi rappresentanti di queste Chiese che compongono il consiglio di amministrazione, le cui responsabilità sono importanti.

Attraverso le vostre persone, saluto oggi non soltanto le popolazioni dei vostri Paesi, ma anche quelle dei troppo numerosi Paesi africani egualmente vittime dell'attuale siccità e che la comunità internazionale si impegna generosamente ad aiutare; i bisogni - purtroppo - sono immensi. So che queste difficili situazioni, esistenti anche al di là delle frontiere di ciascuno dei vostri Paesi, non vi lasciano insensibili e che le organizzazioni cattoliche d'aiuto collaborano e si coordinano per essere più efficaci.

D'altra parte, la nostra azione non pretende di soddisfare tutti i bisogni delle vittime della siccità ma, come ne avete esperienza, l'azione della Chiesa si esercita, ovunque è possibile, in collaborazione con le autorità pubbliche, gli organismi intergovernativi e le organizzazioni non governative. La fondazione, modesta nei mezzi, vuole essere, tra tutti gli altri interventi di solidarietà - e i miei fratelli africani l'hanno così intesa - il segno del mio affetto per loro e del mio amore per coloro che più sono provati.


4. Certamente, il terribile flagello della siccità non è l'unica ferita di cui soffrono gli uomini e le donne d'Africa; tra poche settimane, un'importante riunione internazionale tratterà a Ginevra dell'aiuto a milioni di rifugiati africani, alla quale parteciperà la Santa Sede; sappiamo che le situazioni si aggravano per gli uomini quando le cause delle sofferenze si accumulano e si incrementano reciprocamente. La Chiesa vuole essere presente a queste difficili situazioni umane, almeno per attenuarne le cause, quando ciò è possibile all'uomo, per lenire le ferite, per ridare speranza e attestare la sua fede nella dignità dell'uomo.


5. E' infatti di uomini che si tratta, dell'uomo e della donna che soffrono la fame e la sete, dei bambini sottoalimentati o malnutriti; la solidarietà internazionale può portare un apprezzabile aiuto, anche indispensabile, ma la soluzione è in fin dei conti nelle mani degli africani; collaborare con loro, anche sul piano tecnico, non equivale a sostituirli.

E' lo scopo prefissosi dalla Fondazione che siete chiamati ad amministrare, e voi sarete solleciti a che esso sia rispettato; questo sarà il criterio primo quando dovrete scegliere tra numerosi progetti o attività; è detto all'articolo 2 degli statuti: "Favorire la formazione di persone competenti che si mettono al servizio dei loro Paesi e dei loro fratelli, senza alcuna discriminazione, in uno spirito di promozione umana integrale e solidale per lottare contro la desertificazione e le sue cause...".

Questo sarà il vostro contributo, il vostro aiuto per costruire insieme l'avvenire dell'Africa e per superare i conflitti che ritardano l'attuazione del compito più urgente, sotto pretesti, spesso, di ideologie che dividono. Non c'è nessuno di troppo in quest'opera. Lo sviluppo non è infatti, secondo l'espressione di Paolo VI, "il nuovo nome della pace"? Prima di separarci, vorrei ricordarvi che, nel documento stesso che istituisce questa Fondazione, ho espresso il mio desiderio "che essa sia un segno e una testimonianza di un'azione di carità fatta nel nome di Cristo in questo Anno Santo della Redenzione".

Ve la affido, certo che, con l'intercessione di Maria, voi sarete i testimoni di questa carità di Cristo nei vostri Paesi. Che egli benedica le vostre persone e l'opera che intraprendete secondo il suo Spirito.

Data: 1984-05-25 Data estesa: Venerdi 25 Maggio 1984





Al Consiglio per la famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutare la famiglia nell'educazione dei figli all'amore

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. Con particolare gioia mi incontro con voi, membri del Pontificio consiglio per la famiglia, quali amici e collaboratori in un campo tanto importante per la vita della Chiesa e della società. Dalla famiglia, infatti, dipende in gran parte il futuro sia civile che religioso dell'umanità, perché da essa dipende il bene stesso della persona umana. Vi sono, perciò, molto grato per la collaborazione offerta nella promozione della pastorale familiare, la quale rappresenta una via importante dell'evangelizzazione e un settore che mi è sempre stato particolarmente caro nel mio ministero nell'arcidiocesi di Cracovia, così come lo è tuttora nella mia sollecitudine apostolica.


2. Il tema che vi ha impegnati in questa assemblea plenaria, alla luce di un'attenta diagnosi delle varie situazioni delle Chiese locali, è stato la preparazione al matrimonio cristiano. E' tema della più grande importanza e urgenza. Più volte ho espresso la mia personale convinzione che "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia" (cfr. FC 86). E' possibile, pero, andar oltre e affermare che l'avvenire della famiglia passa attraverso la sua adeguata preparazione. Tocchiamo qui un valore e un'esigenza riguardanti non soltanto i giovani chiamati al matrimonio, ma anche l'intera comunità ecclesiale e civile. Si pensi, in particolare, alla ricchezza che la Chiesa, e non essa soltanto, può ricevere da quanti si preparano al matrimonio: la freschezza e l'entusiasmo dell'amore, il gusto della bellezza, il desiderio del dialogo aperto, la speranza del domani sono un dono per tutti e un richiamo alle persone già sposate, quasi un invito a ritornare alle sorgenti della loro scelta, al "tempo primaverile" del loro amore.


3. L'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" affronta esplicitamente e con ampiezza il tema della preparazione al matrimonio nelle sue diverse tappe - remota, prossima, immediata - sottolineando l'importanza che ha la famiglia nella preparazione dei figli al sacramento del matrimonio. E' in essa che si pongono i primi e più profondi fondamenti di quegli atteggiamenti psicologici e morali, che renderanno possibile la vita matrimoniale, disponendo i futuri partner ad assumersi le responsabilità che il sacramento del matrimonio comporta. Le vostre risposte al questionario, che vi fu inviato nella fase preparatoria dell'assemblea, confermano questa convinzione, mettendo in evidenza che la miglior preparazione remota al matrimonio futuro dei figli è una esemplare vita di famiglia cristiana, nella quale è essenziale la testimonianza vissuta degli sposi.

L'ambiente familiare, illuminato dall'opportuno insegnamento dei genitori, costituisce la miglior preparazione dei figli alla vita, e quindi anche al matrimonio.


4. Crescendo, i figli entrano in un periodo particolarmente importante, delicato e difficile della loro educazione. La necessaria conquista della propria identità porta gli adolescenti ad una autoaffermazione, che non di rado è accompagnata dalla tentazione di assumere un atteggiamento di contestazione dell'autorità dei genitori, con un certo distanziamento dall'ambiente familiare, rimasto fino ad allora quasi il loro unico ambito vitale. Proprio in questa età si produce l'affascinante scoperta dell'altro sesso e si accentua l'influenza degli elementi extra-familiari nella vita dell'adolescente, specialmente dei mezzi di comunicazione sociale, dei gruppi di amici, della scuola. Tutto ciò rende più difficile, ma non per questo meno importante, l'azione educativa dei genitori, affidata ormai soprattutto alla forza trascinatrice dell'esempio e dell'influsso discreto di un atteggiamento prudente, che coltivi un vincolo profondo con il giovane, adeguato nella forma e nello stile alla sua età e alle sue caratteristiche personali.

Dedicandogli il tempo e l'attenzione necessari, i genitori faranno si che il giovane sperimenti quanto essi gli vogliano bene in modo fedele, tenace, rispettoso della sua personalità e della sua libertà, e sempre disposto ad aiutare e accogliere, soprattutto nei momenti del bisogno.


5. Nel periodo dell'adolescenza intervengono con particolare vivacità, come s'è detto, a influenzare lo sviluppo dei giovani altri elementi al di fuori della famiglia. Mi riferisco specialmente alla scuola e ai mezzi di comunicazione sociale. In entrambi i campi il Pontificio consiglio per la famiglia deve sviluppare iniziative per aiutare efficacemente le famiglie nel compito essenziale di educare i propri figli, specialmente per quanto riguarda l'educazione all'amore.

E' necessario favorire e realizzare un coordinamento e una cooperazione molto più stretti tra genitori ed educatori nei collegi e nelle scuole. I genitori non possono delegare tutte le loro funzioni educative alla scuola, la quale, a sua volta, non può prescindere da coloro che le affidano i propri figli per un'educazione completa.

La scuola e i genitori devono aiutarsi reciprocamente nel compito educativo del bambino e dell'adolescente, anche in ciò che si riferisce all'educazione all'amore e al matrimonio. Pero non possiamo dimenticare che molti ragazzi e ragazze frequentano scuole non cattoliche, nelle quali spesso non ricevono un adeguato orientamento in proposito o ricevono un insegnamento e sperimentano un ambiente, che non li aiutano a formarsi una visione cristiana dell'amore, della sessualità e del matrimonio.

Il dovere dei genitori si fa, in questo caso, ancor più grave sia nei confronti della scuola, sia, soprattutto, nell'ambito della propria famiglia, nella quale devono svolgere un'azione educativa e rendere una testimonianza capaci di contrastare e di superare le influenze negative che l'insegnamento o l'ambiente hanno sui loro figli.


6. I mezzi di comunicazione sociale meritano una speciale menzione. Dalle vostre risposte al questionario appare chiaramente la grande influenza che essi hanno e come questa è, generalmente, piuttosto negativa. Il Pontificio consiglio per la famiglia ha qui un altro campo importante di azione, sia per individuare i modi con cui aiutare i genitori ad utilizzare saggiamente e con discernimento critico i mezzi di comunicazione sociale, sia per suscitare iniziative tra gli artisti e tra i vari operatori dei mass-media, perché ci sia un'offerta di trasmissioni più positivamente ispirate ai valori cristiani. I mass-media hanno un grande influsso nella nostra cultura moderna e da essi non è possibile prescindere: occorre perciò impegnarsi a utilizzarli nel loro enorme potenziale per il bene delle persone e delle famiglie, senza lasciarsi condizionare da interessi, che frequentemente fanno dimenticare il vero bene morale dei bambini, dei giovani e delle famiglie, a cui si rivolgono.


7. Quando c'è una buona preparazione remota e prossima al matrimonio, quella immediata si fa più facile e più feconda. I molti sforzi realizzati in quest'ultimo campo hanno accresciuto nella Chiesa la coscienza che il matrimonio, come ogni altro sacramento, deve essere adeguatamente preparato, perché la sua celebrazione sia feconda nella vita degli sposi. Il nuovo Codice di diritto canonico (cfr. CIC 1063) ha incluso la preparazione al matrimonio fra i doveri della comunità ecclesiale, specialmente dei pastori.


8. La preparazione al matrimonio apre vasti campi di azione al Pontificio consiglio per la famiglia, che deve affrontarli con entusiasmo, creatività, energia e costanza. Non bisogna scoraggiarsi di fronte alle difficoltà che inevitabilmente si incontrano. Nessun sacrificio può trattenere la comunità cristiana e le singole famiglie dal compito così essenziale di preparare bene i futuri sposi che costituiranno le famiglie del terzo millennio di vita cristiana.

Occorre altresi non accantonare alcuna iniziativa che possa rivelarsi di aiuto per le famiglie già costituite, desiderose di meglio conoscere, comprendere e realizzare il loro dovere in ambienti così difficili come quelli in cui, frequentemente, sono chiamate a vivere.

Vi chiedo che poniate tutti i vostri sforzi per stare vicini a queste famiglie, per sostenerle in tutti i modi e per educarle all'amore, che nel sacramento del matrimonio, per dono gratuito di Gesù Cristo, diventa imitazione e partecipazione dell'amore del Signore verso la sua Chiesa.

Nell'esprimervi il mio apprezzamento per la vostra generosa dedizione, con grande affetto imparto la mia benedizione apostolica a voi, ai vostri familiari e a quanti sono oggetto della vostra attenzione e azione pastorale.

Data: 1984-05-26 Data estesa: Sabato 26 Maggio 1984




A suore domenicane educatrici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le responsabilità della scuola nella fioritura vocazionale

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Con viva cordialità rivolgo il mio saluto a voi tutti: alle religiose domenicane, alla superiora generale, alle consigliere, alle suore professe, novizie, postulanti, aspiranti, alle collaboratrici laiche, nonché alle alunne ed ex alunne, ai benefattori dell'istituto, ai familiari e parenti, amici e conoscenti.

E' per me motivo di gioia poter festeggiare con voi, in questo incontro, il centenario della fondazione della congregazione, concludendo in tal modo le celebrazioni in corso fin dall'anno scorso. Il cammino ormai compiuto da codesta porzione della grande Famiglia domenicana dev'essere per essa ragione di una santa fierezza e di profonda gratitudine alla Provvidenza, che tanto larga è stata di benedizioni e di successi, al di là delle prove e delle immancabili difficoltà.


2. Siete venute, care religiose, accompagnate da tante persone che in vari modi testimoniano, con il loro affetto, la loro stima e il loro appoggio, la vigorosa attualità di quel carisma domenicano che avete scelto come modalità concreta del vostro impegno cristiano e religioso. Possa la vostra esperienza di questa mattina essere per voi di ulteriore stimolo a un'indefettibile fedeltà alla vostra consacrazione, nella perseveranza di un generoso servizio che, secondo l'ispirazione domenicana, si configura come comunicazione agli altri della propria esperienza contemplativa: "contemplata aliis tradere", secondo il celebre motto di san Tommaso d'Aquino. Voi poi esercitate questa missione evangelizzatrice nella scuola cattolica. Nello stesso tempo, come religiose, siete profondamente a contatto con quella problematica così propria della gioventù, che concerne il senso o l'orientamento da dare alla propria esistenza, cioè la ricerca della propria vocazione davanti a Dio, quale che essa possa essere.


3. Per questo, vorrei fermarmi brevemente a riflettere con voi sul rapporto che deve intercorrere tra l'opera educativa della scuola cattolica e l'aiuto che essa può offrire alla ricerca di una vocazione, attuata dai giovani che essa si propone di educare.

La scuola, soprattutto se cattolica, che vuol promuovere una crescita integrale della persona, non può eludere la responsabilità che essa detiene nei confronti di un problema tanto importante qual è quello della vocazione. E il giovane, dal canto suo, ha il diritto e il dovere di chiedere alla scuola un valido aiuto da questo punto di vista.

Il problema di un'educazione della persona è inscindibilmente connesso con quello di tale scelta decisiva, perché l'esistenza personale si riferisce al concreto della vita, davanti al quale noi non possiamo evitare di prendere posizione, in un senso o in un altro: è inevitabile, infatti, che nell'agire concreto noi operiamo delle scelte, che suppongono una certa concezione del nostro destino personale e delle finalità concrete da dare alla nostra vita. Il problema che resta, allora, è solo quello che si tratti di una scelta giusta, conforme alla chiamata divina, ovvero al "progetto" che Dio ha sulla nostra vita.

Questo ruolo che la scuola cattolica può svolgere nell'aiutare il giovane o la giovane a scoprire la propria vocazione, non toglie naturalmente che essi debbano essere i primi responsabili della scoperta e della decisione vocazionale. Ma devono rendersi ben conto che se operassero la loro scelta in un modo individualistico, nell'illusione di una falsa libertà, e ignorando le indicazioni che possono venire dall'ambiente educativo che li conosce e si prende cura di essi, correrebbero il gravissimo rischio di fallire nella loro ricerca e si precluderebbero veramente la strada per comprendere la chiamata divina. La libertà di scelta, in fatto di vocazione, può orientarsi verso il vero bene della persona, solo allorquando è aperta ad accogliere la guida e il sostegno disinteressati e sicuri che provengono da educatori consapevoli della loro missione.


4. Voi, care suore, come figlie di san Domenico, avrete modo di svolgere tanto più onorevolmente quella missione, quanto più saprete far vostro quello zelo ardentissimo per la salvezza delle anime, che caratterizzo in maniera così eminente lo stile di vita del vostro santo patriarca. E inoltre, nel vostro compito non facile di condurre e stimolare la gioventù al gusto e all'amore per la verità, non trascurate mai l'apporto prezioso di san Tommaso d'Aquino, presentato e raccomandato dalla Chiesa come guida perenne per gli studi e patrono delle scuole cattoliche.

La devozione al Sacro Cuore di Gesù dà poi al vostro essere Domenicane un timbro particolare, che sottolinea fortemente quel culto al Verbo incarnato, tanto chiaramente accentuato nella spiritualità di san Domenico.

Le radici profondamente cattoliche ed ecclesiali del vostro carisma religioso vi garantiscono una rigogliosa fecondità, che ha dato prova di sé nel passato, la dà nel presente, e la darà nel futuro, sempre che voi abbiate la santa accortezza di attingere senza stancarvi a quelle fonti genuine e inesauribili. Il vostro slancio evangelico vi fa ora progettare imprese missionarie al di là dell'Oceano. Non posso che approvare e incoraggiare tali vostre aspirazioni, che sono il segno chiaro della vostra vitalità e delle benedizioni che il Signore continua ad elargirvi. Siatene sempre degne con una corrispondenza totale e senza riserve alle ispirazioni e sollecitazioni della grazia, che vi vuole tutte sante.


5. E questo invito alla santità, ovviamente, non vale solo per le suore, ma anche per voi tutti qui presenti, ognuno secondo la propria vocazione. La Vergine del rosario, onorata in modo particolare dalla famiglia domenicana, sia per tutti voi madre e guida in questa ricerca della santità. Amate molto il santo rosario: esso è una vera scuola di santità.

Ecco, cari fratelli e sorelle, i sentimenti e gli auspici che volevo esprimervi. Voglia il Signore, per l'intercessione dei venerati fondatori dell'Istituto, padre Timoteo Longo e madre Concezione Jannitto, far si che queste celebrazioni centenarie lascino una traccia profonda nel cuore di tutti, così da permettere alla congregazione di affrontare con entusiasmo il terzo millennio, carica di ulteriori numerosi frutti di opere buone.

Con la mia affettuosa benedizione.

Ai congressisti della Federazione italiana scuole materne Saluto ora quanti rappresentano la Federazione italiana delle scuole materne, che celebra quest'anno il decennale di fondazione.

Nei lavori del congresso, che si svolge in occasione di tale significativa data, voi state studiando il passato con tutte le sue realizzazioni e l'attuale situazione sociale, che rappresenta un periodo decisivo e anche critico per le sorti stesse delle istituzioni dedite all'educazione nella libera scelta delle famiglie. Ma ciò deve provocare non un inutile scoraggiamento, ma un rinnovato, ulteriore impegno a fare sempre più e sempre meglio in questo campo delicato e vasto dell'educazione dei bambini e delle bambine, in comunanza di intenti e di iniziative che coinvolgano i genitori, le insegnanti - religiose e laiche - i dirigenti e gli amministratori delle scuole stesse.

Le scuole materne italiane di ispirazione cristiana hanno dato sempre un'esemplare testimonianza di serietà e di efficienza; serietà ed efficienza che indubbiamente saranno mantenute e potenziate nonostante le difficoltà del presente, e confermeranno i genitori in quella fiducia e stima, che finora hanno manifestato nei confronti delle vostre istituzioni.

Con questi voti e con il mio plauso per il lavoro compiuto e il mio incoraggiamento per quello futuro, invoco dal Signore l'effusione delle sue grazie su di voi, su quanti e su quante si dedicano instancabilmente all'educazione e alla formazione cristiana dei piccoli, ai quali la Chiesa e il Papa guardano con trepida fiducia e con serena speranza per l'edificazione di un mondo più umano.

La mia benedizione apostolica vi accompagni sempre.

Data: 1984-05-26 Data estesa: Sabato 26 Maggio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - A vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)