GPII 1984 Insegnamenti - Alla comunità polacca al Varsity Stadium - Toronto (Canada)

Alla comunità polacca al Varsity Stadium - Toronto (Canada)

Titolo: Proteggere la famiglia dai pericoli compito di tutta la Chiesa

Permettetemi di salutare - come uno di voi - i nostri ospiti qui presenti: i cardinali, prima di tutto l'arcivescovo di Toronto, il cardinal Emmett Carter, e, certamente anche il nostro compatriota americano il cardinal John Krol, arcivescovo di Philadelphia, monsignor Edmund Szoka di Detroit, e tutti i nostri ospiti-amici vescovi che sono oggi fra noi! Carissimi fratelli e sorelle, miei compatrioti in terra canadese. Sia lodato Gesù Cristo! Sono venuto per questo incontro con sentimenti di commozione e di gioia.

Infatti nella mia memoria è profondamente impressa l'ospitalità e la cordialità con cui gli ambienti parrocchiali e le comunità dei polacchi in Canada mi hanno accolto quindici anni fa, nell'anno 1969, in cui per la prima volta ho visitato questo Paese quale delegato del primate e dell'episcopato polacco, invitato dall'episcopato canadese e dal congresso dei polacchi in Canada in occasione del suo 25° anniversario.

Il nostro incontro di oggi segue e completa in un certo senso la mia visita precedente. Con le parole di san Paolo: "Ringrazio sempre Dio per tutti voi e vi ricordo nelle mie preghiere. Quando sto di fronte a Dio, nostro Padre, penso continuamente alla vostra fede molto attiva, al vostro amore molto impegnato, alla vostra speranza fermamente rivolta verso Gesù Cristo, nostro Signore" (cfr. 1Th 1,2-4).

2. Saluto di cuore tutti e ciascuno. In voi e tramite voi saluto tutti i carissimi compatrioti i quali vivono nella terra canadese dalle rive dell'Atlantico fino al Pacifico, che per vari motivi non possono essere presenti qui. Il mio saluto va a tutte le comunità parrocchiali polacche, alle organizzazioni cattoliche, sociali e giovanili, ai centri scientifici e assistenziali, a tutte le famiglie polacche del Canada.

Un saluto particolare rivolgo ai sacerdoti insieme al vescovo, monsignor Szczepan Wesoly, alle famiglie religiose, a tutti i lavoratori, alle persone provate dalla vita che portano la croce della sofferenza; ai giovani e ai bambini: a tutti. Tutti abbraccio con il cuore e a tutti mando un bacio di pace come fratello e come Papa.

Il mio saluto va pure a quei compatrioti che una volta facevano strada ai polacchi che arrivavano qui, e ora giacciono in pace, chiamati dal Padre della luce.


3. Carissimi fratelli e sorelle! La Provvidenza divina ha voluto che voi, che provenite dalla Polonia, realizzaste la vostra vocazione umana e allo stesso tempo cristiana qui, in Canada. Come polacchi, per i quali - per vari motivi - il Canada è diventato la seconda patria; voi costituite parte integrante della Chiesa in questo Paese e, in un certo senso, scrivete le pagine successive di quella storia di salvezza di cui le pagine precedenti sono state scritte nella Chiesa in terra polacca.

In base all'insegnamento dell'ultimo Concilio, la vostra posizione spirituale si potrebbe definire come "un dono singolare" della Chiesa polacca al Canada, alla Chiesa e alla nazione canadese.


4. Per questo motivo, quindici anni fa, visitando i centri e le Chiese polacche in Canada vi ho lasciato le reliquie dei santi polacchi. Volevo che fossero un segno visibile e un'espressione dell'unione spirituale tra la Chiesa polacca e quella canadese, e che mostrassero a tutti i compatrioti quel legame con la Chiesa al livello del mistero della comunione dei santi che costituisce la parte essenziale della nostra fede cattolica, e che per noi polacchi costituisce anche la parte essenziale di tutto il nostro patrimonio spirituale (cfr. Lettera ai sacerdoti, 15 settembre 1909).

Bisogna sempre ritornare a queste radici, radici cristiane, da cui sia voi che io proveniamo e da esse, in un certo senso, crescere sempre di nuovo. Lo sapevano bene i vostri antenati i quali hanno iniziato il flusso di emigrazione.

Come scrive Sienkiewicz nella novella "Za chlebem": "Essi sentivano che il loro albero natale non erano i luoghi dove andavano, sebbene il vento ve li spingesse come misere foglie, ma quelli da cui erano partiti: la terra polacca, quella piena di grano che ondeggia nei campi... terra nobile, madre piena di dolcezza, così bonaria e la più amata di tutte le altre al mondo".

Mettendo le radici nella nuova terra i vostri antenati hanno tuttavia mantenuto un legame profondo con la patria e la consapevolezza di far parte della fede, della cultura e della tradizione dei loro padri, pur rimanendo allo stesso tempo nella grande comunità della Chiesa universale. Costruivano templi cattolici: come non ricordare, a questo punto, la prima chiesa polacca, costruita in onore della Madonna di Czestochowa nel secolo scorso dai coloni polacchi, chiesa che esiste ancora nel paese di nome Wilno, così interessante: Wilno in Kaszuby; e poi, quella consacrata a san Massimiliano Kolbe, che avete eretto nell'arcidiocesi di Toronto. Gli emigrati costruivano anche scuole cattoliche, fondavano organizzazioni polacche e giovanili, come ad esempio l'Unione nazionale polacca, il congresso dei polacchi in Canada o l'Unione degli scout polacchi; fondavano centri polacchi di studio e di ricerca, biblioteche, musei; pubblicavano libri, giornali e periodici. Questi centri e istituzioni sorgevano in vari periodi e svolgevano diverse funzioni, ma tutte quante sono emerse dal senso dell'unità spirituale e della comunione con la nazione polacca e con la Chiesa.


5. Un ruolo importante nel mantenere il legame con la nazione, nel mantenere la fede dei padri, la tradizione e la cultura polacca, ha svolto e svolge tuttora la famiglia cattolica, sostenuta in tale impegno dalle parrocchie e dalle scuole.

Bisogna apprezzare la famiglia che vive all'estero perché essendosi trovata in un ambiente nuovo non si è mai persa d'animo, ha conservato la sua identità e ha saputo educare le nuove generazioni nello spirito degli ideali più elevati e delle più nobili virtù cristiane.

Nel mondo di oggi, pieno di materialismo, la famiglia deve affrontare molte difficoltà. La situazione in cui vive crea talvolta grande confusione nella comprensione dell'autorità dei genitori e della posizione dei figli, nonché nella trasmissione di essenziali valori umani e cristiani.

Cari compatrioti, la famiglia sia l'oggetto delle vostre particolari sollecitudini, quella famiglia che si forma in base all'unione sacramentale di un uomo e di una donna che hanno scoperto in sé la vocazione comune alla vita matrimoniale e familiare. Proteggere la famiglia dai pericoli del mondo contemporaneo è un grande compito di tutta la Chiesa, grande compito del lavoro pastorale per i polacchi all'estero, grande compito di tutti i polacchi all'estero e di ogni compatriota.

Quale sarà la famiglia, tale sarà l'immagine di tutta la comunità polacca in Canada, tale sarà l'uomo che cresce in Canada dall'"albero polacco".


6. Durante questo incontro odierno penso in modo particolare ai giovani, alle generazioni dei miei compatrioti in Canada che fra qualche anno sarà responsabile della vita delle comunità religiose e polacche.

Carissimi amici miei, mi rivolgo a voi perché ne sento il bisogno nel cuore. Più di dieci anni orsono, a conclusione della mia visita pastorale in questo Paese, ho scritto una speciale lettera a quelli che a quei tempi costituivano la gioventù polacca in Canada. Credo che il pensiero di fondo contenuto in quella lettera non abbia perso la sua attualità. Accoglietelo oggi quale pensiero del papa. Esso è concentrato sull'interrogativo: chi siete? Essere se stessi! Quanto è importante per l'uomo, l'uomo contemporaneo e soprattutto per la gioventù contemporanea, che talvolta fa molta fatica cercando di confermarsi ed esprimersi in modo autentico. Vi auguro pertanto, giovani di oggi, di rimanere sempre voi stessi, innanzitutto sapendo anche voi scoprire ed esprimere il vostro spirito polacco: quel patrimonio particolare della vostra nazionalità trasmessovi dai vostri genitori. A voi, giovani, auguro anche di cercare con ardore Dio e di vivere in comunione con lui mediante la preghiera scoprendo la vera bellezza del mondo e il significato ultimo della vostra umanità.

Sappiate leggere la vocazione della vostra vita, che Dio ha iscritto nei vostri cuori, e grazie a ciò portate maggior contributo alla vita del paese che con tanta ospitalità ha accolto i vostri genitori, i vostri nonni. Cercate di non impoverire quel patrimonio che le generazioni precedenti hanno conservato con tanta fatica.

Non deludete, giovani, le speranze deposte in voi.


7. Voi che siete venuti in Canada recentemente, con l'intenzione di rimanervi per sempre o per un periodo limitato, entrate nella vita della società che può impressionare con il suo sviluppo materiale, l'organizzazione della vita, la ricchezza, lo slancio, la civilizzazione. Succede così spesso: lo straniero si trova di fronte a tutte queste conquiste come il "più debole" che dipende da tutti, come il più povero. Tale situazione può condurre facilmente a uno stato di frustrazione.

Cari compatrioti, sappiate valutare in giusta maniera quello che è dentro di voi e intorno a voi! Sappiate qualificare, discernere e scegliere! Sappiate apprezzare quel bene che c'è dentro di voi e non cancellate le vie che conducono al Paese natale. Sappiate anche sfruttare la ricca esperienza degli altri. Sappiate inserirvi in modo creativo, costruttivo nella vita di questa nuova società con la quale si è legato il vostro destino. Ma, innanzitutto, mantenete il dono della fede e la viva unione con la grande comunità del popolo di Dio qual è la Chiesa di Cristo in tutta la terra: sia in Polonia, sia in Canada.


8. Quando sono venuto qui, quindici anni fa, avevo molto più tempo da dedicare agli emigrati polacchi in Canada. Se ricordo bene sono state due settimane, o anche di più. Abbiamo potuto incontrarci, parlare, viaggiare, visitare sempre nuovi centri polacchi. Oggi, tutto questo, si deve ridurre all'incontro a Toronto.

Ripenso a quegli incontri, che mi hanno dato moltissimo. Ricordo di essermi incontrato soprattutto con la nuova ondata di immigrati, approdata dopo la Seconda guerra mondiale, trovando qui, non senza fatica, incarichi sempre più importanti nella società canadese. La Seconda guerra mondiale è un grande capitolo nella storia dell'Europa e nella storia dell'umanità. E' un grande capitolo nella storia della nostra patria. Sappiamo quante vittime ci sia costata questa Seconda guerra mondiale, quanto sia stato pesante il prezzo dell'indipendenza che la Polonia ha riacquistato dopo la Prima guerra mondiale, nel 1918. Sei milioni di vittime. E una grande testimonianza, un grande contributo: contemporaneamente il contributo all'opera di ricostruzione del mondo, di rinnovamento della famiglia umana.

Alla fine della Seconda guerra mondiale, le nazioni - soprattutto quelle che hanno conosciuto meglio delle altre crudeltà, violenza, campi di concentramento, odio dell'uomo verso l'altro uomo, disprezzo dell'uomo - hanno considerato loro dovere fare una dichiarazione comune dei diritti dell'uomo. ciò è stato un grande avvenimento. Tutti hanno capito che se l'umanità e le nazioni dovevano difendersi in futuro da cataclismi simili alla Seconda guerra mondiale dovevano porre al centro dell'attenzione la questione dell'uomo.

Ne abbiamo parlato molto quindici anni fa con gli organizzatori della mia visita ai polacchi emigrati in Canada. Ora, che da qualche giorno viaggio attraverso varie città di questo Paese, incontro molti striscioni con l'iscrizione "Solidarnosc". E' per questo che penso, soprattutto dopo ciò che ha detto all'inizio il presidente del congresso dei polacchi in Canada, che io debba dire qual è il significato di queste iscrizioni, di questi striscioni incontrati nelle varie città del Canada, sulle varie strade delle visite del Papa.

Miei cari fratelli e sorelle, miei cari connazionali, essi significano che i polacchi hanno sempre cercato di aggiungere un contenuto coerente a quella dichiarazione dei diritti dell'uomo, nel corso di questi quarant'anni e soprattutto negli anni Ottanta. L'iscrizione "Solidarnosc" costituisce il simbolo di un ordine dove l'uomo è posto al centro. La dignità dell'uomo e i diritti dell'uomo sono criteri per la costruzione dell'organizzazione del lavoro e della cultura, della vita sociale, della vita della comunità nazionale. perciò noi onoriamo questa parola, questo simbolo, questa realtà.

Penso che sulla strada della storia che sta percorrendo la nostra nazione, che non è una strada facile, specie per le ultime generazioni, questa parola aggiunge un qualche coerente contenuto, costituisce una tappa che è il risultato delle stesse premesse, che è al servizio delle stesse aspirazioni, le quali vivificano la nostra storia. Perché noi vogliamo essere noi stessi e vivere la nostra propria vita.


9. Cari compatrioti, il nostro incontro di oggi coincide con la festa liturgica dell'Esaltazione della santa croce. Nella croce, che una volta era segno di disonore per l'uomo, il più "esaltato" è stato proprio l'uomo. L'uomo di tutti i tempi e generazioni, di tutte le nazioni, lingue e culture e razze. Ogni uomo, ognuno di noi.

Chiedo a Dio che la croce sia per voi e per le vostre future generazioni il segno della salvezza e dell'elevazione dell'uomo, ossia che l'uomo non si smarrisca, preso completamente dal "mondo", ma che abbia la vita eterna in Dio.

ciò significa la croce. Per questo essa è il simbolo della salvezza. L'eterno amore del Padre, espresso nella storia dell'umanità mediante la croce, mediante il sacrificio del Figlio, si è avvicinato ad ognuno di noi, attraverso Maria, Madre di Cristo che fino alla fine è rimasta ai piedi della croce. E anche per questo ella sa introdurci pienamente nella dimensione umana e divina, la dimensione del mistero della redenzione compiuta mediante la croce. Nessuno, infatti, come Maria è stato introdotto nella profondità di questo mistero da Dio stesso. Oggi, festa dell'Esaltazione della croce e alla vigilia della festa di Maria Addolorata, i nostri pensieri e i nostri cuori, così come ha detto il poeta, vanno a lei che "difende la santa montagna di Czestochowa e regna a Wilno sulla Porta Ostra" (A. Mickiewicz).

Ci mettiamo di fronte a lei e ripetiamo nello spirito le parole che ci ha insegnato il grande primate della Polonia, cardinale Stefan Wyszynski: "Nel millennio del Battesimo: Maria, Regina della Polonia, sono vicino a te, ricordo, veglio".

Cari fratelli e sorelle, la croce è segno della nostra fede, della nostra speranza, del nostro amore. Mettiamo ai piedi della croce le nostre preghiere, che vengono dal cuore, confidando che saranno ascoltate.

Data: 1984-09-14 Data estesa: Venerdi 14 Settembre 1984




Ai malati e agli anziani - Huronia (Canada)

Titolo: Siete preziosi agli occhi del Signore e agli occhi del papa

Testo:

Carissimi amici.


1. Sono lieto di trovarmi con voi questa mattina al santuario dei Martiri a Huronia. La mia visita pastorale in Canada non sarebbe completa se non mi incontrassi con i malati e gli anziani che sono così vicini al mio cuore. Quando penso a voi, mi vengono alla memoria le parole pronunciate dal Signore attraverso il profeta Isaia: "Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo" (Is 43,4). Voi siete veramente preziosi agli occhi del Signore e agli occhi del Papa. Voi occupate un posto d'onore nella Chiesa, perché partecipate in modo particolare al mistero della croce di Cristo, la croce che, nella fede, sappiamo essere l'albero della vita eterna.


2. La sofferenza e la malattia, la morte stessa, sono parte del mistero della vita. Ma pur restando un mistero, non devono necessariamente restare senza significato. In Cristo e con la sua passione e risurrezione tutto il creato è stato redento, insieme a tutta l'umana esperienza. Infatti, nella sua passione Cristo si servi della sofferenza e della morte per esprimere nella maniera più totale il suo amore obbediente per il Padre. E ora, in unione con Cristo, le nostre sofferenze possono divenire un atto d'amore per il Padre, un atto amorevole di abbandono alla Provvidenza di Dio.


3. Incontro spesso persone le quali mi dicono che offrono le loro preghiere e i loro sacrifici per me e per le mie intenzioni. Sono profondamente grato di questo gesto di solidarietà e devozione, e umiliato dalla bontà e dal generoso amore di coloro che soffrono. Siete certi che la pronta accettazione della vostra sofferenza in unione con Cristo riveste un grande valore per la Chiesa. Se la salvezza del mondo è venuta dalla sofferenza e dalla morte di Gesù, possiamo essere sicuri dell'importante contributo che vien dato alla missione della Chiesa dai malati e dagli anziani, da coloro che sono relegati in un letto d'ospedale, dagli invalidi nelle loro carrozzelle, da quelli che partecipano pienamente alla croce del Signore che salva. Come diceva san Paolo riguardo alle proprie sofferenze: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1,24).

Le parole di san Paolo hanno particolare valore nei confronti dei martiri che veneriamo in questo santuario. Questi martiri infatti accettarono con gioia la sofferenza, e perfino la morte, per amore del Signore Gesù Cristo. Con lo spargimento del sangue diedero testimonianza della potenza della grazia di Dio che risplende attraverso la nostra umana debolezza. Dalle loro preghiere e da coraggioso esempio riceviamo forza e ispirazione per la nostra vita.


4. Rivolgendosi a una grande folla, Gesù disse: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime" (Mt 11,28-29). Queste parole sono rivolte a tutti noi, ma rivestono un particolare significato per i malati e gli anziani, per chiunque si senta "oppresso". Notiamo con consolazione la promessa di Gesù che le nostre anime troveranno ristoro, non i nostri corpi, ma le nostre anime. Gesù non promette di togliere tutta la sofferenza fisica dalla nostra vita durante il nostro pellegrinaggio su questa terra, ma promette realmente di ristorare il nostro spirito, di dare coraggio ai nostri cuori, di dare ristoro alle nostre anime.

Venite allora al Signore, con la vostra fatica e la vostra sofferenza, la vostra oppressione e la vostra pena, e "troverete ristoro per la vostre anime". Perché Gesù è il Buon Pastore che conduce le sue pecore a verdi pascoli di consolazione, a fresche acque di pace.

So bene che voi pregate per me, ma voglio che sappiate che anch'io prego per voi. Prego che abbiate la forza spirituale per accettare le vostre pesanti croci e non perdervi di coraggio. Fratelli e sorelle carissimi: possa il Signore Gesù rendervi forti nella fede e nella speranza, e riempire il vostro cuore di pace e di gioia.

Data: 1984-09-15 Data estesa: Sabato 15 Settembre 1984




Agli indiani nel santuario dei Martiri - Huronia (Canada)

Titolo: Il Vangelo annunciato dai martiri arricchisce la cultura

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.


1. "Chay". Con questa tradizionale parola di benvenuto huroniana, voglio salutarvi tutti. E vi saluto anche in nome di Gesù Cristo che vi ama e che vi ha chiamati da "ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5,9), per essere una sola cosa nel suo corpo, la Chiesa. I canadesi sono veramente un popolo dalle molte razze e lingue, ed è perciò motivo di grande gioia per me poter pregare con voi in questo luogo sacro, il santuario dei Martiri, che è per noi simbolo dell'unità della fede in una diversità di culture. Saluto quelli di voi che sono venuti da luoghi lontani come l'estremo Nord e da zone rurali dell'Ontario, quelli delle città del Sud, quelli che sono venuti da altre province e dagli Stati Uniti. Desidero salutare in particolar modo gli autoctoni del Canada, i discendenti dei primi abitanti di questo Paese, gli indiani nord-americani.


2. Siamo riuniti in questo luogo, Midland, che riveste una grande importanza nella storia del Canada e nella storia della Chiesa. Qui si trovava una volta il santuario di Sainte Marie, destinato nel 1644 da uno dei miei predecessori papa Urbano VIII ad essere luogo di pellegrinaggi, il primo del genere nel Nord America. Qui i primi cristiani di Huronia trovarono una "casa di preghiera e un luogo di pace". E qui si trova oggi il santuario dei Martiri, simbolo di speranza e di fede, simbolo del trionfo della croce. La lettura del brano della lettera di san Paolo ai Romani che abbiamo proprio ora ascoltata ci aiuta a comprendere il significato di questo posto sacro, e da dove i martiri attinsero il coraggio di dare la loro vita in questo Paese. Ci aiuta a comprendere la potenza che attrasse alla fede le popolazioni autoctone. E questa potenza era "l'amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,39).


3. San Paolo ci parla anche della sua incrollabile fiducia nell'amore di Cristo e nel suo potere di superare tutti gli ostacoli: "Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo?" (Rm 8,35). Sono parole che procedono dalla profondità del suo essere e dalla sua esperienza personale di apostolo. Questo grande missionario dovette infatti affrontare molte prove e difficoltà nel suo zelante impegno a proclamare il Vangelo. Ai Corinzi scrive: "Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli dai falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese" (2Co 11,26-28).

Eppure san Paolo si gloria in mezzo a queste avversità e dice che "in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati" (Rm 8,37). Egli sopporta con gioia tutte queste avversità perché è convinto dell'amore di Cristo, e che niente potrà separarlo dal suo amore.


4. La stessa fiducia nell'amore di Dio guido la vita dei martiri che sono venerati in questo santuario. Come Paolo, essi stimavano che l'amore di Cristo fosse il più grande di tutti i tesori. Essi credevano inoltre che l'amore di Cristo fosse così forte che nulla avrebbe potuto separarli da esso, neanche la persecuzione e la morte. I martiri nordamericani rinunciarono alla vita per amore del Vangelo, per portare la fede agli autoctoni che servivano. Sappiamo infatti che la loro fede era così grande da indurli a chiedere la grazia del martirio.

Ricordiamo per un momento questi eroici santi che sono venerati in questo luogo e che ci hanno lasciato un prezioso retaggio. Sei di essi erano Gesuiti francesi: Jean de Brébeuf, Isaac Jogues, Gabriel Lalemant, Antoine Daniel Charles Garnier e Noël Chabanel. Infiammati di amore per Cristo e ispirati da sant'Ignazio di Loyola, da san Francesco Saverio e da altri grandi santi della Compagnia di Gesù, questi sacerdoti vennero nel Nuovo Mondo per proclamare il Vangelo di Gesù Cristo alle popolazioni autoctone di questo Paese. Perseverarono fino alla fine nonostante difficoltà di ogni genere.

Facevano parte del gruppo di missionari due fratelli laici: René Goupil e Jean de la Lande. Con uguale coraggio e fervore, aiutarono i sacerdoti nella loro opera, diedero prova di grande dedizione e spirito di servizio agli indiani, e con il sacrificio della vita conseguirono la corona del martirio. Mentre davano la loro vita, questi missionari guardavano al futuro, al giorno in cui gli autoctoni avrebbero raggiunto la piena maturità e assunto un ruolo di leadership nella loro Chiesa. San Giovanni de Brébeuf sognava una Chiesa pienamente cattolica e pienamente huroniana.

Una giovane donna di discendenza algonquina e mohawk è anch'essa meritevole oggi di un particolare riconoscimento: la beata Kateri Tekakwitha. Chi non ha sentito parlare della sua straordinaria testimonianza di purezza e santità di vita? Appena quattro anni fa ebbi la gioia personale di dichiarare beata questa donna di grande coraggio e di grande fede, conosciuta da molti come il "Giglio dei Mohawk". A quelli di voi che vennero a Roma per la sua beatificazione dissi allora: "La beata Kateri si pone a noi come simbolo del retaggio che è vostro, di voi indiani nord-americani" (22 giugno 1980).


5. Mentre siamo oggi qui riuniti in preghiera nel santuario dei Martiri, vogliamo ricordare il grande impegno della Chiesa, cominciato tre secoli e mezzo fa, a portare il Vangelo di Cristo nella vita degli autoctoni del Nord-America. I martiri qui venerati costituiscono solo una piccola rappresentanza di tutti quegli uomini e di tutte quelle donne che parteciparono a questo grande sforzo missionario. Diamo il nostro riconoscimento anche a tutti quelli che, come la beata Kateri, abbracciarono gioiosamente la fede cristiana, e rimasero fedeli nonostante le numerose prove e avversità. Di grande importanza per la Chiesa di Huronia è Joseph Chiwatenwa, che con la consorte Aonnetta, il fratello Joseph e altri membri della famiglia attesta ancora una volta la verità di cui fu testimone l'apostolo Paolo: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo?". Una statua commemora oggi la vita e la missione di Joseph Chiwatenwa. E' particolarmente impressionante la testimonianza di san Carlo Garnier nell'iscrizione: "ln questo cristiano ponevamo la nostra speranza in Dio". Questi uomini e queste donne non solo professarono la fede e abbracciarono l'amore di Cristo, ma diventarono a loro volta evangelizzatori, e ancora oggi ci offrono un modello eloquente di ministero dei laici.

Vogliamo anche ricordare come le degne tradizioni delle tribù indiane furono rafforzate e arricchite dal messaggio evangelico. Questi nuovi cristiani sapevano per istinto che il Vangelo, lungi dal distruggere i loro autentici valori e costumi, aveva il potere di purificare ed esaltare il patrimonio culturale che avevano ricevuto. Nella sua lunga storia la Chiesa si è costantemente arricchita delle nuove tradizioni che sono venute via via ad aggiungersi alla sua vita e al suo retaggio.

Oggi noi siamo grati per il ruolo che le popolazioni autoctone svolgono non solo nel tessuto multiculturale della società canadese, ma nella vita della Chiesa cattolica. Cristo stesso è incarnato nel suo corpo, la Chiesa. E attraverso la sua azione la Chiesa vuole aiutare tutti i popoli "a trarre, dalle proprie tradizioni vive, espressioni originali di vita cristiana, di celebrazione e di pensiero" (CTR 53). così l'unica fede viene espressa in modi diversi.

Escludendo che si possa in alcun modo adulterare la parola di Dio o svuotare della sua potenza la croce, la realtà è invece questa: Cristo anima il centro stesso di ogni cultura, per cui non solo il cristianesimo interessa tutte le popolazioni indiane, ma Cristo, nei membri del suo corpo, è egli stesso indiano.

La rinascita della cultura indiana sarà inoltre una rinascita di quegli autentici valori che essi hanno ereditato e custodito, che sono purificati e nobilitati dalla rivelazione di Gesù Cristo. Attraverso il suo Vangelo, Cristo conferma le popolazioni autoctone nella loro fede in Dio, nella loro consapevolezza della sua presenza, nella loro capacità di scoprirlo nel creato, nella loro dipendenza da lui, nel loro desiderio di adorarlo, nel loro senso di gratitudine per questo Paese, nella loro gestione responsabile della terra, nella riverenza per tutte le sue grandi opere, nel loro rispetto per i loro anziani. Il mondo ha bisogno di vedere questi valori - e tanti altri ancora che possiede - perseguiti nella vita della comunità e incarnati in un intero popolo.

Infine è nel sacrificio eucaristico che Cristo, unito ai suoi membri, offre al Padre tutto ciò che costituisce la vita e le culture. In questo sacrificio egli consolida tutto il suo popolo nell'unità della sua Chiesa e ci chiama tutti alla riconciliazione e alla pace. Come il buon samaritano, siamo chiamati a fasciare le ferite del nostro prossimo in difficoltà.

Insieme a san Paolo, dobbiamo dire: "Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18). E' veramente arrivato per i canadesi il momento di mettere da parte tutte le divisioni sorte con il passare dei secoli tra i popoli originalmente presenti e quelli che si insediarono successivamente nel continente. Questo appello è rivolto a tutti gli individui e tutti i gruppi, a tutte le Chiese e a tutte le comunità ecclesiali del Canada. Diciamo ancora una volta, con le stesse parole di san Paolo: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2Co 6,2).


6. Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, questo santuario dei Martiri di Huronia testimonia del ricco retaggio che è stato trasmesso a tutta la Chiesa. E' anche un luogo di pellegrinaggio e di preghiera, un memoriale dei benefici accordati da Dio nel passato, un'ispirazione quando ci volgiamo al futuro. Lodiamo dunque Dio per la sua previdente sollecitudine e per tutto ciò che abbiamo ereditato dal passato.

Mentre proseguiamo nel nostro cammino raccomandiamoci all'intercessione dei martiri nordamericani, alla beata Kateri Tekakwitha, a san Giuseppe patrono del Canada, e a tutti i santi, insieme a Maria, Regina dei santi. E, uniti a tutta la Chiesa - nella ricchezza della sua diversità e nella potenza della sua unità - proclamiamo con la testimonianza della nostra vita che "né morte né vita... né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39).

Data: 1984-09-15 Data estesa: Sabato 15 Settembre 1984




Omelia alla concelebrazione all'aeroporto - Toronto (Canada)

Titolo: La tecnologia serva veramente all'uomo

Testo:

"La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo. Nell'assemblea dell'Altissimo apre la bocca, si glorifica davanti alla sua potenza: "lo sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra"" (Si 24,1-3).

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. La festa di oggi ci trova riuniti in questa città di Toronto insieme con il cardinale Carter, con il vescovo Borecky e con gli altri vescovi, per proclamare la sapienza eterna di Dio. Le letture della liturgia della messa ci guidano nella lode di questa eterna sapienza.

La memoria di Maria come nostra Signora Addolorata è collegata alla festa di ieri dell'Esaltazione della santa croce. Il mistero della croce sul Golgota e il mistero della croce nel cuore della Madre del crocifisso non può essere letto in un altro modo: solo nella prospettiva della sapienza eterna questo mistero viene chiarificato per la nostra fede. E davvero diventa segno di una luce speciale nella storia umana, al centro del destino dell'uomo sulla terra.

Questa luce è, prima di tutto, nel cuore di Cristo, innalzato sulla croce. Questa luce, che riflette la forza di un amore speciale, splende davanti al cuore dell'Addolorata ai piedi della croce. Sapienza significa anche amore. Amore è il frutto della sapienza e, allo stesso tempo, la sua sorgente più completa.

In Cristo crocifisso, l'uomo è diventato partecipe della sapienza eterna, avvicinandosi ad essa attraverso il cuore della Madre che sta ai piedi della croce: "Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala" (Jn 19,25).


2. Oggi forse più che durante la festa di ieri dell'Esaltazione della santa croce la liturgia pone l'accento sull'aspetto "umano". Questo non è niente di inconsueto. In tutto ciò si riflette il cuore di Maria e accanto alla Madre è il cuore umano del Figlio, che è Dio e uomo.

Nella lettera agli Ebrei leggiamo le seguenti parole su Cristo: "Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offri preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte" (He 5,7). Non ci ricorda forse la preghiera nel Getsemani quando Gesù pregava che il calice fosse allontanato da lui, se possibile (cfr. Mt 26,39)? Cari fratelli e sorelle: il Cristo che incontriamo nella nostra liturgia, a fianco di sua madre, l'Addolorata, il Cristo che offre le sue "preghiere e suppliche con forti grida e lacrime", fa questo come capo dell'umanità, un'umanità immersa in larga misura nelle promesse e nei problemi della tecnologia e tentata di accettare una mentalità tecnologica. Cristo continua a gridare davanti a suo Padre per la salvezza del mondo, per la costruzione di una nuova terra, che sia più umana perché è abbracciata dall'amore di una Madre, la sua e nostra Madre.

Nella stessa lettera agli ebrei leggiamo: "Pur essendo Figlio, imparo tuttavia l'obbedienza dalle cose che pati" (He 5,8). In un altro punto san Paolo dirà: "Obbediente fino alla morte" (Ph 2,8), ma qui leggiamo "imparo l'obbedienza". E insieme a lui, al Figlio, sua Madre imparo l'obbedienza, lei che aveva già detto una volta: "fiat. Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).


3. Il grido del cuore del Figlio e del cuore della Madre - un grido che dal punto di vista umano vorrebbe rifiutare la croce - viene espresso ancora meglio nel salmo della liturgia di oggi. Questo salmo è un'invocazione di salvezza, di aiuto, di liberazione dalla trappola del maligno: "In te, Signore, mi sono rifugiato, / mai saro deluso; / per la tua giustizia salvami... / vieni presto a liberarmi. / Sii per me la rupe che mi accoglie / la cinta di riparo che mi salva. / Scioglimi dal laccio che mi hanno teso... / Liberami dalla mano dei miei nemici" (Ps 30,1-3 Ps 30,5 Ps 30,16).

Poiché queste parole del salmo riflettono l'intera verità "umana" dei cuori del Figlio e della Madre, esprimono anche un atto di completo abbandono a Dio, di affidamento a Dio. Questo affidamento è ancor più forte che non il grido di liberazione. "Mi affido nelle tue mani; / tu mi riscatti, Dio fedele. / Ma io confido in te, Signore, / dico: "Tu sei il mio Dio"" (Ps 30,5 Ps 30,16).

Questa consapevolezza: "Tu sei il mio Dio. Nelle tue mani mi affido", predomina nel cuore del Figlio "innalzato" sulla croce, e nel cuore della Madre umanamente svuotato dalla crocifissione del Figlio.


4. Leggiamo nella lettera agli Ebrei: "Fu esaudito per la sua pietà; e reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (He 5,7-9). In questo consiste il mistero dell'Esaltazione della croce, sul quale, insieme con tutta la Chiesa, abbiamo meditato ieri.

Sapienza eterna ha abbracciato tutto ciò che la croce di Cristo contiene. "Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra" (Si 24,3). così è: tutta la terra è stata ricoperta dal mistero della sapienza eterna, il cui vero nome è amore.

"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

Ed ecco - al centro stesso di tutto questo "dare se stesso" attraverso l'amore, dall'alto della croce sulla quale il Figlio è completamente unito al Padre, e il Padre al Figlio - le parole risuonano come conferma della presenza della Madre e della sua speciale partecipazione al mistero della sapienza eterna.

Gesù dice: "Donna, ecco tuo figlio!". Accanto a Maria, ai piedi della croce, stava Giovanni, il discepolo che Gesù amava (cfr. Jn 19,26). Ed egli dice a Giovanni: "Questa è tua madre".

Queste parole sono state scritte da Giovanni stesso, un evangelista. E aggiunse: "E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Jn 19,27).


5. La sapienza eterna è venuta nel mondo ed è stata annunciata dal Figlio che si è fatto uomo ed è nato dalla Vergine Maria. La sapienza eterna dal suo stesso inizio abbraccia anche Maria quando assegna la dimora terrena al Figlio: "Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele" (Si 24,3). Lei è la figlia di Israele, è della discendenza di Giacobbe. E' la Madre del Messia! Quanto sono stupende le parole del libro del Siracide che si adempiono in lei, una Vergine di Nazaret sconosciuta e nascosta: "Prima dei secoli, fin dal principio egli mi creo; per tutta l'eternità non verro meno" (Si 24,9).

Tu, amata Figlia di Dio nostro Padre, sei profetizzata per l'eternità nella divina sapienza, quando dall'eternità attraverso la sapienza il Figlio è stato dato a noi. Tu, Madre amata del Figlio di Dio! Tu, Vergine sposa dello Spirito Santo! Tu, che dimori nel tabernacolo della santissima Trinità. In verità, tu sarai sempre proprio nel cuore del disegno divino.

Ed è vero anche ciò che la sapienza proclama più avanti sempre nel libro del Siracide: "Ho officiato nella tenda santa davanti a lui, e così mi sono stabilita in Sion... in Gerusalemme è il mio potere" (Si 24,10-11).


6. La sapienza eterna ha provocato tutto ciò. E nel tempo l'eterna sapienza lo ha nascosto, fino a ciò che accadde sulla croce di Cristo. Ma proprio li - alla croce di Cristo - l'eterna sapienza ha rivelato il tuo servizio e la tua forza! E lo ha fatto con le parole: "Questa è tua madre!".

L'unica persona che udi queste parole fu Giovanni, e in lui ognuno le ascolta, tutti e ognuno! Madre, questo è il tuo servizio, il tuo santo servizio! Madre, questa è la tua forza! Per mezzo di questo santo servizio, il più santo, attraverso questa forza materna tu "poni le radici in mezzo a un popolo glorioso nella porzione del Signore, sua eredità" (Si 24,12).

Tutti desideriamo averti come Madre, per questo ci sei stata lasciata da Cristo innalzato sulla croce. E questa tua azione è il frutto dell'eterna sapienza. Tutti desideriamo il tuo servizio materno che conquista i cuori, e desideriamo fortemente questa forza che è il servizio materno nato dall'intero mistero di Cristo.

L'appellativo di Addolorata significa appunto questo. "Alma socia Christi" significa questo, è stata associata a Cristo in tutto il suo mistero, che l'eterna sapienza ci rivela e del quale desideriamo far parte sempre più profondamente: "Quanti si nutrono di me avranno ancora fame, quanti bevono di me, avranno ancora sete" (Si 24,20).


7. Cari fratelli e sorelle: attraverso la liturgia di oggi, le preghiere e le suppliche e l'amore di sua Madre sono offerte per tutti quelli che sperimentano la fatica e le sfide di questo mondo tecnologico: per tutti quelli di voi che nella vostra diversità etnica formate le fabbriche di questa grande città, sforzandosi di rimanere fedeli alle proprie origini, mentre lavorate insieme per esprimere la vostra nuova unità morale in Canada; per quelli che vivono a Toronto, questa terra del Canada di sviluppo tecnologico e industriale; per tutti quelli che in un modo o nell'altro formano la società tecnologica: per chi lavora nell'industria, per tutti quelli impegnati in attività finanziarie, commerciali, educative, editoriali, di informatica, di ricerca medica, nelle arti; per i capi delle comunità, per i datori di lavoro diretti o indiretti di milioni di persone; per i disoccupati e per tutti quelli che sono stati presi nella spirale di una crisi economica e soffrono dei suoi effetti sociali; per i poveri e per tutti quelli che sperimentano l'alienazione e per chi ha fame e sete di solidarietà.


8. La preghiera di Cristo è per tutti voi che vivete in speranza, accanto a una croce che si alza verso il cielo e illumina l'esistenza quotidiana con la luce della sapienza. E accanto a voi, sotto questa croce, c'è questa Madre amorosa che ha sperimentato il dolore e comprende la fatica, e che, nella sua maternità e femminilità, offre a tutta l'umanità l'assicurazione delle sue cure amorevoli e del suo interessamento personale per ogni individuo, per ogni persona umana.


9. E oggi domando a tutti voi di considerare la tecnologia nel contesto del messaggio della croce e di fare tutto ciò che dipende da voi perché il potere della tecnica serva la causa della pace. La tecnologia ha dato tanto al benessere dell'umanità, ha tanto contribuito ad elevare la condizione dell'uomo, a servire l'umanità e a facilitare e completare la sua opera! E comunque, la tecnologia, a volte, non può determinare chiaramente chi serve: se è per l'umanità o contro di essa. La stessa tecnologia che ha il potere di aiutare i poveri a volte impoverisce, limita le possibilità di impiego, riduce il campo della creatività dell'uomo. In questi e in altri casi la tecnologia cessa di essere l'alleata della persona umana.

E' per questo che il mio appello è indirizzato a tutti voi: responsabili di imprese, scienziati, responsabili politici, a tutti quelli che possono contribuire a fare in modo che la tecnologia che tanto ha dato alla costruzione del Canada e di Toronto, serva veramente ogni uomo, ogni donna e ogni bambino di questo Paese.

E mentre la tecnologia conosce il più grande dei successi, possa condurci a proclamare l'insuperabile grandezza della sapienza divina che rende possibile la tecnologia, ma che ne rivela i limiti con la croce di Cristo. E per mezzo della croce di Cristo, la sapienza divina mostra questo nuovo mondo che ogni tecnologia deve servire: colui che viene amato dall'amore di sua Madre. Oggi noi innalziamo la nostra preghiera a questa Madre: Sii una guida a Cristo per noi, o Maria; sii per noi una Stella mattutina che brilla nei cieli della sapienza eterna, sopra gli orizzonti del nostro mondo umano. Amen.

[Saluto, alla fine della messa, ai diversi gruppi etnici:] In questa occasione desidero salutare tutti quelli tra voi che sono venuti dall'Italia. Desidero anche ringraziarvi per la calorosa accoglienza di ieri e di oggi. La vita di ogni emigrante ha le sue difficoltà ma ha anche l'opportunità del tutto peculiare che è quella di poter attingere alle fonti di due culture e guadagnare così quella saggezza che non viene necessariamente dai libri ma dal vivere e lavorare in due ambienti diversi. Carissimi italiani, voi avete portato tanto dalla vostra patria venendo dalle diverse regioni dell'Italia.

Voi avete anche tanto ricevuto dal Canada e al Canada potete dare tutto quello che avete ricevuto dalla vostra amata Italia. Dio è lo stesso in tutte e due le nazioni, la sua Chiesa è la stessa, e il Papa viene da Roma! Rimanete fedeli a Dio e insegnate ai vostri figli a essere fedeli non soltanto con le parole ma soprattutto con la vostra vita e il vostro esempio. Possa Dio e Maria, nostra Madre celeste, benedire voi e le vostre famiglie come anche i vostri cari in Italia.

Porgo i miei saluti a tutti voi, immigrati portoghesi. Vi ringrazio per i vostri calorosi saluti, quelli di ieri e quelli di oggi. Siete riusciti a stabilirvi in questo Paese, con il vostro pesante e disciplinato lavoro. La vita dell'immigrato non è sempre facile, pero il vostro sforzo è benedetto da Dio. I Paesi sono diversi l'uno dall'altro; ma Dio è lo stesso in tutte le parti del mondo. Una delle caratteristiche della Chiesa è di essere cattolica: io vi esorto affinché rimaniate fedeli a Dio e alla sua Chiesa, edificata su Pietro, e insegniate ai vostri figli la stessa fedeltà. lo prego Dio e la Madonna di Fatima per voi e per tutte le vostre famiglie. In nome dello stesso Dio vi benedico.

Desidero salutare quelli di voi di madre lingua spagnola nella vostra stessa lingua. Voi siete venuti da molti Paesi e a volte l'adattamento al nuovo ambiente può essere stato difficile; ma a tante difficoltà avete risposto con altrettante capacità che sarebbero rimaste latenti se foste rimasti nella vostra patria. I Paesi possono essere differenti, ma Dio è sempre il medesimo. Egli vi chiama ad essere fedeli a lui e alla sua Chiesa. Assicuratevi che i vostri figli ricevano l'educazione cattolica, e insegnate loro con il vostro esempio ad essere seguaci di Gesù. Dio benedica voi e i vostri familiari, come pure i vostri cari che vivono in Spagna e in altri Paesi di lingua spagnola.

Saluto tutti coloro la cui lingua madre è stata o è ancora il tedesco.

La maggior parte di voi è in Canada da molti anni e ha già quasi dimenticato le difficoltà dell'emigrazione. Il vostro compito adesso è quello di essere fedeli a tutto ciò che vi è stato dato. Avete ricevuto molto, e quindi avete molto da dare.

Potete dare molto al Canada e dare molto ai vostri bambini. Dio e la sua Chiesa vi hanno accompagnato in passato. Ovunque voi siate, vi raccomando di restare fedeli a Dio e di trasmettere questa fedeltà alla fede ai vostri bambini. Che Dio vi benedica e benedica le vostre famiglie.

Saluto i miei cari croati! Sinceramente vi ringrazio, per la vostra calorosa e cordiale accoglienza, e per il vostro benvenuto. Il vostro saluto rivolto al successore di Pietro è il segno della vostra ferma, per tredici volte secolare, fede e fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. Questa fedeltà voi l'avete imparata dai vostri padri, e io non metto in dubbio che anche voi insegnate ai vostri figli questa stessa fedeltà alla Chiesa di Gesù Cristo. Il Canada è diverso dalla vostra cara Croazia, ma la Chiesa è la stessa, sia qua che là. La vostra comunione con la Chiesa voi la dimostrerete con la vostra comunione con il vescovo locale e con la vostra obbedienza a lui, perché unicamente con la comunione con il vescovo si realizza anche la comunione con la Chiesa di Gesù Cristo. Prego Dio di benedire voi, le vostre famiglie, le vostre comunità parrocchiali, e la Croazia a me sempre cara.

Infine, desidero salutare tutte le altre comunità etniche che risiedono in questa parte del Canada e che hanno edificato le loro parrocchie e le loro missioni accanto alle altre che ho ora menzionato. I popoli nativi del Canada, i libanesi, gli armeni, i caraibici, i cinesi, i cechi, gli ungheresi, i coreani, gli indonesiani, i laotiani, i popoli di Goa Kherala e altre parti dell'India, i maltesi, i filippini, gli slovacchi, gli sloveni, i vietnamiti, i molti ucraini e polacchi che ho incontrato ieri.

A ciascuno e a tutti loro desidero esprimere il mio sincero grazie per i caldi e affettuosi saluti rivoltimi ieri e oggi. La vostra presenza qui con il successore di Pietro è il segno visibile e udibile della vera unità della Chiesa e dell'universalità della sua missione. La vostra visibile presenza è anche un segno del vostro fermo desiderio di rimanere fedeli alle radici e alle tradizioni delle vostre terre native, della vostra patria. Ed è anche un segno del vostro desiderio di maturare per mezzo della ricchezza, del senso di gentilezza del Canada e di imparare dalle sue tradizioni, istituzioni a costruire e salvaguardare la libertà e la dignità umana. Vi esorto a rimanere fedeli a Dio e alla sua Chiesa.

Fate tutto quel che è in vostro potere per comunicare questa fedeltà ai vostri figli. E prego Maria, Madre di Dio e nostra Madre, di guidarvi continuamente verso suo Figlio.

Data: 1984-09-15 Data estesa: Sabato 15 Settembre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Alla comunità polacca al Varsity Stadium - Toronto (Canada)