GPII 1984 Insegnamenti - Agli universitari - Friburgo (Svizzera)

Agli universitari - Friburgo (Svizzera)


Vorrei iniziare a parlare in tedesco per i rappresentanti qui presenti di lingua tedesca. Per rispondere a tutte queste domande, forse non ci vorrebbero soltanto delle conferenze, ma sarebbe necessario scrivere dei libri, fare degli studi. Ma anche questo non è del tutto vero. Ora inizio a parlare la lingua francese. Devo constatare soprattutto che le vostre domande si trovano in generale sulla linea del mio discorso, esse sono i corollari, non so se si adopera ancora questa vecchia parola scolastica, nei vostri manuali.

Ad ogni modo questa domanda è a livello di riflessione e allo stesso momento è a livello di preoccupazioni perché il leit-motiv di tutte le vostre domande è una preoccupazione: come si può fare, come si deve studiare, come si può diventare un intellettuale, come si può salvaguardare nello stesso tempo la propria umanità, essere un uomo sempre più maturo, sempre più radicato in ciò che costituisce l'umanità per non perdere ciò che, voi lo avvertite tutti molto bene, è l'essenziale; per ciascuno di noi l'essenziale non è il diventare un artista, un medico, un ingegnere, ma il diventare un uomo.

Si, una volta ho parlato, una volta sola nella mia vita, in questa università riguardo alla partecipazione e all'alienazione. Se ricordo il tema di quella conferenza, era esattamente questo: come salvare l'uomo, gli uomini contemporanei dall'alienazione nella loro umanità, oppure come salvare la loro umanità in tutto ciò che costituisce l'opera dell'uomo, che costituisce il frutto del suo genio, tutto ciò che costituisce la civiltà moderna; come aiutare l'uomo a non perdersi in tutto ciò. E' la domanda fondamentale e centrale; e voi la formulate direttamente. Tutti coloro che hanno parlato, i vostri rappresentanti, hanno rivolto più o meno la stessa domanda in maniera diversa. Essi hanno rivolto anche delle domande molto più particolari, per esempio hanno chiesto al Papa come si può riformare l'università di Friburgo. E' una pretesa un po' eccessiva per me.

Le domande che mi avete poste per me erano una risposta. Bisogna andare, bisogna andare verso la cultura, verso un'università più moderna. Questa struttura, che si può dire una struttura più antropocentrica, forse, e pronuncio questa formula perché non temo una struttura o una civiltà veramente antropocentrica, sarebbe finalmente anche teocentrica o cristocentrica come ci insegna il Vaticano II. Allora è qui che si trova la risposta.

Dovete fare degli sforzi, degli sforzi collettivi, degli sforzi sistematici, degli sforzi personali per attingere alle sorgenti dell'umanità, dell'umanesimo illuminato dalla parola di Dio, dell'umanesimo illuminato dalla persona e dal messaggio di Gesù Cristo. Voi dovete attingere a queste sorgenti e nel loro cuore e io penso che se la civiltà moderna è in pericolo, e se la scienza anche ha partecipato forse alla creazione di questo pericolo, ciò è dovuto soprattutto a causa dell'allontanamento da queste sorgenti.

Bisogna dunque ritornare a queste grandi sorgenti dell'umanesimo, dell'antropocentrismo cristiano; un antropocentrismo teocentrico, se posso dire così. Bisogna fare degli sforzi, perché? Perché è il realismo, e finalmente la piena dimensione del reale. Reale vuol dire il mondo. Ma il mondo ci rivolge subito una domanda: il mondo è un mondo creato, ci sono delle creature e l'uomo si trova tra queste creature, fra loro è una creatura privilegiata. Apriamo il libro della Genesi e rimaniamo ammirati. Nella prima pagina, appare subito l'uomo, creato a immagine di Dio. Allora subito si trova una risposta, possiamo dire una risposta completa, una risposta trascendentale. Se si deve, se si può e se si deve concepire la sua umanità con questo criterio nella sua dimensione, cosa si può chiedere ancora? E' un principio che è stato abbandonato dalla civiltà laicizzata e anche dalla civiltà scientista, perché o ha abbandonato il reale, o ha abbandonato le trascendenze, o ha abbandonato tutto ciò che nella tradizione dei grandi maestri si chiama l'essere, il bene, il bello. E queste sono le dimensioni alle quali noi aspiriamo.

Ci sono delle sorgenti sicure, delle sorgenti che hanno dato dei risultati. Per l'essere, per l'uomo, e per l'umanità, i caratteri della santità sono delle sorgenti sicure; allora io vi rimando a queste sorgenti. Il mio discorso era solamente una sintesi di questo argomento. Voglio esprimere la mia grande gioia per l'opportunità che mi è stata data oggi di poter ancora una volta entrare in questa università di Friburgo, dove non sono stato né studente, né professore ma che ho sempre stimato e alla quale ho spesso pensato, alla quale penso spesso anche oggi.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984





Ai malati - Ospedale Cantonale di Friburgo (Svizzera)

Titolo: "Vorrei essere il buon samaritano che non passa oltre"

Testo:

Sulla strada che mi conduce dall'università al seminario maggiore, passando davanti all'ospedale cantonale, vorrei essere il Buon Samaritano che non passa oltre.

A voi, cari malati, vorrei dire il mio rispetto e la mia affettuosa attenzione. Che in mezzo alle vostre sofferenze, fisiche o morali, alle vostre incertezze e alle vostre speranze, possiate superare quel sentimento di inutilità che talvolta vi prende. Che possiate trovare in voi, nell'amicizia dei vostri fratelli, vicini e amici, o nella fede in Cristo, la forza di vivere tutti i "perché" che salgono dal vostro cuore e la grazia di sentirvi utili al mondo e alla Chiesa.

A voi che lavorate nei diversi servizi di questa casa vorrei dire la mia riconoscenza e la mia ammirazione.

Vi auguro, cari fratelli e sorelle, di agire concretamente, con profonda compassione, come il Samaritano del Vangelo, per portare ad ogni uomo che soffre, senza discriminazione tra le persone, a seconda dei vostri campi di specializzazione, un aiuto diretto o indiretto fisico e spirituale. In questo modo l'ospedale diventerà una casa della speranza, poiché, grazie al vostro autentico amore nei confronti di ciascuno e di tutti gli esseri umani, la scienza e la tecnica saranno al servizio della vita e della salute.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984




Omelia al Parco La Poya - Friburgo (Svizzera)

Titolo: Sercite gli stranieri e i poveri nella ricerca dell'unità tra voi

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. E' il Signore che ci raduna qui, come nel giorno della Pentecoste, qualunque sia la nostra origine, la nostra lingua, la nostra nazione. Davanti a lui, "voi non siete più degli stranieri o gente di passaggio". Egli vi riunisce in una sola famiglia, per santificarvi e mandarvi a tutte le nazioni, al servizio di tutti gli uomini. Ed egli mi ha affidato oggi questo ministero in mezzo a voi, per voi.

La mia gioia è grande nel vedervi tutti qui riuniti, da tanti Paesi del mondo, compresa la Polonia, mia patria, e alcuni vengono da molto lontano in condizioni di grande difficoltà, penso specialmente al Sud-Est asiatico. Tanto tempo fa godevo di venire a pregare con voi, in questa città che conosco bene e che amo molto. Il mio saluto e il mio grazie vanno a ciascuno di voi. Sono particolarmente sensibile alla presenza dei bambini che hanno preparato questo incontro e che sono accorsi da tutta la Svizzera romanda. Saluto ancora gli altri cristiani, i nostri fratelli ortodossi e i membri delle Chiese e comunità nate dalla Riforma; essi nutrono con noi un'immensa speranza: che il Signore ci faccia una cosa sola, "affinché il mondo creda" (Jn 17,21).

Saluto di cuore anche i fedeli di lingua tedesca che vengono dalla diocesi di Friburgo e dalle diocesi vicine. Insieme a tutti noi siete testimoni del fatto che la molteplicità delle lingue nella comune lode a Cristo può essere un arricchimento per la vita della Chiesa nel vostro Paese.


2. "Benedite il Dio dell'universo, che compie in ogni luogo grandi cose" (Si 50,22). così si esprime nel libro del Siracide il saggio, evocando le grandi opere di Dio nella natura e nella storia. E voi, aprite gli occhi, guardate con stupore la natura, guardate le vostre montagne e i vostri laghi. Guardate i vostri fratelli e sorelle: Dio dà alla loro vita la sua dignità fin dalla nascita. Tutto l'universo canta la gloria di Dio, il Creatore del mondo e dell'uomo. Adoratelo.

Beneditelo. Rendetegli grazie per la gioia del cuore, per la dignità, per la pace, per la libertà, di cui voi godete in questo Paese. Anche il lavoro delle vostre mani, le ricchezze della vostra cultura - che richiedono la vostra partecipazione laboriosa - sono anche questi dono di Dio. Soprattutto rendete grazie al Redentore, pieno di amore, di tenerezza, di pietà (cfr. Ps 144): egli ha fatto di voi dei figli e delle figlie di Dio; vi ha mostrato così spesso, come al popolo dell'alleanza, la sua fedeltà, la sua misericordia, il suo perdono. Egli vi ha fatto il dono della sua parola (cfr. Jn 17,14) e quello della vostra fede; egli vi fa partecipare alla sua vita, nella sua Chiesa, facendo di voi un tempio santo nel Signore (cfr. Ep 2,21). Si, possiamo noi dire con il salmista: "Ti voglio benedire ogni giorno!" (Ps 144,2). Una tale azione di grazie, con l'umile sentimento d'indegnità, forma il nucleo della preghiera cristiana di ogni giorno, il nucleo dell'Eucaristia.


3. "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandi nel mondo" (Jn 17,18).

Ecco come si esprime Cristo Gesù davanti a suo Padre, nel momento di lasciare questo mondo. Un apostolo è un "inviato"; ogni discepolo di Cristo è anch'egli chiamato a essere suo testimone attivo, il testimone di Cristo venuto nel mondo "a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito" (GS 3). E' come se il Cristo vi dicesse: "Ho bisogno di te, delle tue mani, delle tue labbra, del tuo sguardo, del tuo cuore, per portare il mio messaggio fino ai confini del mondo, e fino alle profondità più segrete dell'uomo. I "talenti" che tu hai ricevuto, devi metterli a servizio degli altri".

Il cuore di Cristo è aperto a tutte le nazioni. Allo stesso modo, il cuore del suo discepolo non può limitare il proprio orizzonte a quello dei suoi vicini, del suo villaggio, della sua città, del suo ambiente, del suo Paese, ma deve cercare la salvezza e il progresso di tutti gli esseri umani. Egli deve avere la passione del regno di Dio perché esso venga su tutta la terra; il mondo sarà così "ripieno della conoscenza del Signore, come le acque colmano il mare" (Is 11,9).

4. Ora, la vita eterna è che essi conoscano lui, il solo vero Dio, e Gesù Cristo, il suo inviato (cfr. Jn 17,3). La missione comprende dunque anzitutto la proposta a ogni creatura della buona novella dell'amore di Dio, inseparabile dalla testimonianza vissuta al servizio del regno di Dio. Questo regno è legato alla fede, e alla predicazione in vista di suscitare la fede (cfr. Mc 1,15). So che il Cantone di Friburgo conta numerosi missionari, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, che hanno compreso questa chiamata. E proprio qui, all'università, o alla "Ecole de la foi", voi volete formare uomini e donne capaci di aprirsi e rispondere a loro volta ai bisogni religiosi di tutti i loro fratelli in tutto il mondo.

Il regno di Dio è anche il regno della giustizia, dell'amore, della pace, e la missione deve essere accompagnata dall'instaurazione, nel mondo intero, specialmente nei Paesi che ne sono sprovvisti, delle condizioni che permettano agli abitanti di vivere nella dignità e di svilupparsi sotto ogni punto di vista.

Come vi hanno detto i vostri vescovi a Friburgo, "sviluppate il senso della missione universale della Chiesa promuovendo, si, tra di voi l'aiuto fraterno e caritativo, ma anche favorendo la presa di coscienza delle responsabilità dell'Occidente di fronte ai Paesi del Terzo Mondo, al fine di combattere qui da noi le ingiustizie che rendono quei Paesi sempre più poveri" ("Orientations pastorales", febbraio 1983, 1.3).

5. L'universalità del mondo, infatti, trova proprio qui una certa realizzazione.

Il vostro vescovo ha ricordato poco fa più di sessanta nazioni rappresentate in questa città, con un numero di stranieri almeno uguale a quello degli svizzeri nati in questo Paese. Si, Friburgo è una città di incontri, una città internazionale, un microcosmo, e mi auguro con voi che essa viva sempre più la sua vocazione universale, la sua apertura a tutti quei fratelli e sorelle dell'universo che sono suoi ospiti. così, non vi contenterete di dare un sostegno materiale e spirituale ai vostri missionari partiti per Paesi lontani, e neppure di destinare generosamente una parte delle vostre ricchezze materiali e culturali ai "Paesi della fame", ma realizzerete qui stesso uno stile di vita quotidiana e di relazioni tali che lo straniero si trovi come in famiglia, integrato nella costruzione del popolo di Dio.


6. Ma quale sarà l'originalità di questa missione universale, di questa testimonianza? "Avrete la forza dello Spirito Santo... e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). ciò che Cristo ci chiede di portare agli altri, di testimoniare, non è anzitutto una ricchezza esterna a noi stessi; non è il surplus di una superiorità acquisita da noi stessi o grazie a un insieme di concomitanze storiche. E' lo spirito che attingiamo al cuore di Cristo e che, per grazia, è già all'opera nella nostra propria vita. E' in questo senso che Gesù ha pregato per i suoi apostoli, nel momento del suo sacrificio, del suo dono supremo: "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno... Consacrali nella verità... Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,11 Jn 17,15 Jn 17,17 Jn 17,19).

Cari fratelli e sorelle, voi siete stati santificati, consacrati dal Battesimo. Siete divenuti membri di Cristo; siete per mezzo di lui, con lui e in lui offerti a Dio Padre, voi avete ricevuto lo Spirito Santo che mette in voi i sentimenti del Figlio unico e vi dona di annunciarlo al mondo. Laici cristiani, vivete di questo Battesimo. Lasciate penetrare in voi, giorno per giorno, questa santificazione mediante lo Spirito di Cristo, per essergli testimoni in modo verace. Fortificate la vostra fedeltà a Cristo. Cercate la sua verità, non la vostra.

Dio vi ha fatti nascere in mezzo al mondo. In città o in campagna, studenti o apprendisti, fidanzati o sposati, operai, forse disoccupati, impiegati, datori di lavoro, al servizio dello Stato o del vostro esercito, agricoltori, commercianti, industriali: è questo il vostro mondo, nel quale Dio vi ha messi e vuole che restiate: "Non chiedo che tu li tolga dal mondo". Ma non lasciatevi sedurre dai falsi dèi di questo mondo, da tutti i "paradisi artificiali".

Eliminate dalla vostra vita ciò che viene dal Maligno, ciò che fa ostacolo alla trasparenza evangelica. Allora potrete servire gli uomini come testimoni di Cristo. Allora si realizzerà ciò che abbiamo domandato all'inizio di questa messa: che "la potenza del Vangelo come un fermento trasformi il mondo" e che, cercando sempre lo Spirito di Cristo, voi possiate lavorare all'avvento del suo regno adempiendo i vostri compiti umani.


7. Il suo regno è inseparabile dallo spirito di servizio, dall'unità, dalla ricerca della verità, quali Cristo li intende.

Lo esprimo nell'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 21): "La partecipazione alla missione regale di Cristo (è) il fatto di riscoprire in sé e negli altri quella particolare dignità della nostra vocazione che si può definire "regalità". Questa dignità si esprime nella disponibilità a servire, secondo l'esempio di Cristo, che "non è venuto per essere servito, ma per servire"... si può veramente "regnare" soltanto "servendo"... il "servizio" esige una tale maturità spirituale che bisogna proprio definirlo un "regnare"". Il termine "servizio" torna più di cento volte nei testi del Concilio Vaticano II a proposito della missione della Chiesa e dei suoi membri. Mettetevi al servizio gli uni degli altri. Servite il vostro prossimo. Servite gli stranieri. Servite i più poveri.

Voi ben sapete, cari fratelli e sorelle di Svizzera, che avete fama per la vostra ospitalità, che cosa comporta questo servizio: è accogliere l'altro come un dono di Dio, come un fratello in Cristo, con la sua sete di vita, di amore, di dignità; è rispettarlo, cercare di comprenderlo, stimare il suo valore e i suoi bisogni, fargli un posto nel nostro piccolo universo procurargli l'aiuto reciproco necessario e accettare il suo. Questo suppone l'umiltà, paragonabile a quella dei laghi delle vostre montagne che, come dicono i vostri poeti, "hanno scelto il punto più basso per riflettere il cielo". Questo suppone la dolcezza, l'amore, la pazienza, il perdono. Ciascuno può domandarsi con san Paolo: "I miei vicini sono forse per me degli stranieri, gente di passaggio che appena saluto, o sono veramente miei fratelli e sorelle, membri della stessa famiglia di Dio?".


8. Questo spirito di servizio va congiunto con la ricerca instancabile dell'unità tra di voi, non un'unità qualsiasi, fatta di una tranquilla prossimità che potrebbe essere rispetto nell'indifferenza, ma quest'unità profonda, misteriosa tra battezzati, che riflette qui in terra l'unità del Padre e del Figlio: "Che essi siano una cosa sola come noi!". Per il Battesimo, "voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi... edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti... anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito" (Ep 2,19 Ep 2,20 Ep 2,22).

E' san Paolo che ve lo dice oggi. E io lo ripeto a voi, cattolici - cittadini svizzeri e lavoratori o rifugiati venuti dall'estero - che sentite la diversità delle vostre origini, dei vostri ambienti, dei vostri Paesi di provenienza, delle vostre razze.

Lo dico a voi tutti, cristiani che portate coraggiosamente e dolorosamente senza dubbio lo scandalo della divisione dei discepoli del Cristo; occorre progredire perché, riconoscendo in Gesù l'unico Signore e Salvatore, l'unico fondatore della loro Chiesa, i cristiani giungano a vivere in una comunione di fede e di carità piena e visibile, aspirando a condividere lo stesso pane di vita. E' un ordine di Cristo, "affinché il mondo creda". "In lui sono state abolite tutte le divisioni" (preghiera eucaristica per la riconciliazione).

Allargando la mia preghiera, auguro anche a tutti voi, uomini e donne di questo Paese, di costruire la città terrestre in solidarietà tra di voi e con il resto del mondo, in una fraternità universale in cui ciascuno ha il suo posto.

Possiate essere illuminati e stimolati dall'esempio dei credenti come nei primi secoli della Chiesa: "Vedete come si amano!". Si, "l'unione della famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall'unità della famiglia dei figli di Dio fondata sul Cristo" (GS 42).


9. Fratelli e sorelle, vi ho detto queste cose affinché abbiate in voi la gioia di Cristo e ne siate ricolmi (cfr. Jn 17,13). Ricordiamo l'ultima preghiera di Gesù al Padre: "Consacrali nella verità, la tua parola è verità". Lo spirito di servizio e l'unità sono i segni dai quali si vede che gli uomini sono santificati nella verità di Cristo. Questa grazia di santificazione Gesù ce l'ha acquistata con l'offerta di sé sulla croce e con la sua risurrezione, rese presenti da questa Eucaristia: "Io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità". Con lui, noi potremo allora concorrere alla santificazione dell'uomo (cfr. preghiera sulle offerte).

Accostiamoci a lui nella verità, nell'amore, per ricevere il suo Spirito di santità e di unità, come Maria e gli apostoli alla Pentecoste. A me, che ho ricevuto il mandato dell'apostolo Pietro per confermarvi nella fede e radunarvi attorno al Cristo, la pietra angolare (cfr. Ep 2,20 1P 2,4), e a ciascuno di voi, cari fratelli nell'episcopato o nel sacerdozio, religiosi, religiose e laici battezzati o confermati, Cristo domanda: "Sei pronto a dare la tua vita, a "consacrarla", per il servizio di tutti gli uomini, perché il Vangelo di salvezza giunga a tutte le nazioni?".

Amen.

[Al termine della messa:] Devo esprimere la nostra profonda gratitudine comune ai nostri fratelli e soprattutto al metropolita ortodosso e agli altri che hanno vissuto con noi la grandezza delle celebrazioni alle quali noi sempre leghiamo il desiderio, il nostro profondo desiderio, di poterci unire attorno alla mensa eucaristica. La stessa gratitudine agli altri fratelli e sorelle delle comunità cristiane che hanno qui in Svizzera il loro centro. Ieri ho avuto il privilegio di visitare questo centro del Consiglio mondiale delle Chiese cristiane e anche il Centro ortodosso di Chambésy.

Fratelli miei e amici miei, il fatto vero è che Giovanni Paolo II vi vuole bene e voi lo amate molto. Allora, grazie ancora una volta. La mia gratitudine profonda a nostro Signore che ci ha radunato. Egli ci riunisce sempre e dovunque. Ci fa sempre più quel popolo di Dio che noi siamo. E' una grande fortuna essere in Svizzera, appartenere a questo popolo grandioso, ma voglio dire che è una fortuna ancora più grande appartenere al popolo di Dio.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984




Alla Federazione israelita - Friburgo (Svizzera)

Titolo: Tutti siamo invitati a lavorare per la pace

Testo:

Gentili signori e amati fratelli.

E' certamente una gioia per me poter incontrare i rappresentanti della Federazione svizzera delle comunità israelite. così avviene sempre durante i miei viaggi apostolici attraverso il mondo, ogni che la cosa è possibile.

Non è necessario che io mi diffonda a lungo sull'importanza di questi incontri. Permettendoci un certo approfondimento della nostra fede e una messa in opera del nostro comune patrimonio biblico, essi contribuiscono a ridurre i pregiudizi e anche le barriere che ancora esistono tra cristiani ed ebrei. Come potranno i cristiani, da parte loro, restare indifferenti ai problemi e ai pericoli che vi preoccupano, se non in Svizzera, in molte parti del mondo? D'altro canto l'insegnamento delle Chiese cristiane deve tener conto del risultato delle ricerche effettuate su questa eredità che ci è comune e sul radicamento del cristianesimo nella tradizione biblica. Questo costituisce una via per il rafforzamento del nostro dialogo. A questo proposito, sono riconoscente al signor rappresentante della Federazione israelita per aver voluto riferirsi in maniera positiva all'Istituto per le ricerche giudeo-cristiane della facoltà di teologia cattolica di Lucerna.

Avrei desiderato, gentili signori e cari fratelli, intrattenermi con voi su un problema fondamentale: quello della pace. Il termine biblico "shalom", con il quale si ha l'abitudine di salutarsi nei Paesi d'Oriente, non riveste forse un appello alla nostra responsabilità? Infatti siamo tutti invitati a lavorare con passione per il bene della pace. Da parte sua, la Santa Sede continuamente si sforza di promuovere una pace che sia fondata sulla giustizia, il rispetto dei diritti di tutti, la soppressione delle cause di inimicizia, a cominciare da quelle che sono nascoste nel cuore dell'uomo.

Essa raccomanda senza posa di seguire le vie del dialogo e del negoziato. Non ci sono né pregiudizi né riserve di principio nei confronti di alcun popolo. Essa vorrebbe poter manifestare a tutti il suo interessamento, collaborare allo sviluppo degli uni e degli altri, sul piano della libertà intesa nel suo senso più autentico come sul piano della concordia interna ed esterna, e dei beni veri capaci di promuovere ogni persona e ogni società.

Questo è un ideale al quale il dialogo perseverante e la collaborazione attiva e fruttuosa tra ebrei e cristiani possono dare molto. Permettetemi di terminare questo breve incontro fraterno con l'augurio che voi tanto amate: "Shalom aléijem!". Esso sgorga dal mio cuore per voi che siete venuti a questo mio incontro, ma anche per le vostre famiglie, per le comunità ebree in Svizzera, per tutte quelle che sono sparse per il mondo, per tutti gli uomini di buona volontà.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984




Al corpo diplomatico - Friburgo (Svizzera)

Titolo: La Svizzera fa capire i maggiori problemi mondiali

Testo:

Eccellenze, signore, signori.


1. Nel corso delle mie visite pastorali nei diversi Paesi, mi riservo sempre un breve incontro con il corpo diplomatico accreditato presso il governo. Vorrei sottolineare l'interesse di un tale incontro; so che anche voi attribuite ad esso molta importanza. Questo incontro occupa un posto particolare fra gli altri, in cui si radunano soprattutto cristiani per un fine religioso o pastorale. Esso mi permette di salutare, attraverso di voi, le autorità civili e i popoli di molti Paesi, alcuni di essi mi sono ora familiari, grazie ai miei viaggi; la maggior parte sono rappresentati presso la Santa Sede. E soprattutto, desidero richiamare alla mente con voi i problemi della comunità mondiale, per i quali voi avete una missione e una competenza.

Questa missione è tanto importante e delicata, che ha sempre goduto, dall'antichità ai giorni nostri, di un grande rispetto e anche di una garanzia di inviolabilità per le persone investite di una tale responsabilità e per la loro libertà di azione. Questo principio resta fondamentale, anche se si devono lamentare alcuni fatti che talvolta lo contraddicono.


2. Quello che, in ogni caso, voglio sottolineare, è il valore del lavoro che spetta ai diplomatici, a favore dei loro compatrioti e della pace mondiale. Sono persone che, per la loro formazione culturale, la preparazione specifica, le capacità, la visione degli uomini, delle cose e degli avvenimenti, la loro saggezza e la fedeltà alla patria, vengono scelte per una missione prolungata o, in certi casi, per la soluzione di alcuni compiti speciali. Tutti coloro che fanno parte di questo settore dell'attività politica di Stato, a qualunque grado della gerarchia appartengano, hanno l'onore e l'onere di essere coscienti delle loro responsabilità specifiche di fronte alle autorità del loro Paese, ma anche della comunità politica internazionale in mezzo alla quale si trovano ad operare. Penso agli ambasciatori e ai loro collaboratori. Penso anche ai rappresentanti e agli osservatori presso numerose organizzazioni internazionali di grande rinomanza che hanno stabilito la loro sede in questo Paese.

Certamente, l'evoluzione dei tempi e delle società ha contribuito a trasformare alcuni aspetti esteriori della diplomazia classica, a modificarne certe attribuzioni e funzioni. La straordinaria rapidità dell'informazione e delle comunicazioni, la facilità dei contatti ai massimi livelli, permettono ai responsabili della vita nazionale di trattare direttamente molte questioni importanti, delle quali un tempo i vostri predecessori avevano la quasi totale responsabilità. Ma questo fatto non sminuisce la ragion d'essere di quei collaboratori indispensabili che sono i diplomatici. Al contrario, nella misura in cui problemi, interessi e nuovi bisogni emergono, o si accentua l'interdipendenza, e i rapporti di collaborazione fra i Paesi diventano più numerosi e complessi, la presenza all'estero di uomini esperti, buoni conoscitori della vita internazionale, con senso di responsabilità e una grande dirittura, resta indispensabile. Voi continuate ad essere coloro che trasmettono le istruzioni ed esprimono la volontà dei governi, i servitori discreti degli interessi dei vostri popoli, gli operai della pace. Un compito che non è forse sempre ben compreso, ma è necessario, delicato e meritorio.

La vostra attività, infatti, non è autonoma, né lasciata all'ispirazione strettamente personale. L'opera del diplomatico è l'espressione, sul piano internazionale, di un certo modo di condurre i destini di questo o quel Paese. Si potrebbe dire che è il riflesso dei principi dottrinali o del pragmatismo impliciti nel programma governativo per i rapporti di qualsiasi genere con gli altri Paesi. Questa funzione è propria, in modo del tutto speciale, dei capi di missione, che rappresentano la persona del capo di Stato e svolgono il ruolo di portavoce ufficiale della politica del loro governo.

La vostra missione vi pone di fronte ai problemi vitali della società per contribuire al progresso della loro soluzione. Si tratta di grandi obiettivi umani quelli a cui faccio riferimento ora, come faccio con gli stessi capi di Stato, perché sono problemi che stanno a cuore alla Chiesa.


3. Voi dovete difendere e favorire gli interessi del vostro Paese. Voi dovete creare un terreno favorevole agli scambi commerciali, finanziari e culturali, tra il vostro Paese e gli altri. Voi dovete suscitare e ravvivare le simpatie o cancellare le antipatie che impediscono i normali contatti e le amicizie. Voi dovete svolgere il vostro ruolo nel campo della politica bilaterale e della politica internazionale. Sta a voi intervenire negli scottanti e numerosi problemi che, nel momento attuale, scuotono il mondo intero. Voi li conoscete bene. Ognuno di essi è in grado di mettere in pericolo la pace fragile e vacillante: conflitti locali già in atto, corsa agli armamenti, proliferazione delle armi nucleari, fame, siccità e miserie di ogni tipo in varie parti del globo, disprezzo della giustizia e dei diritti dell'uomo, tensioni ideologiche, eccetera. Di fronte a tutti questi problemi la diplomazia è presente e agisce secondo le sue norme - cortesia, discrezione, negoziazione - in rapporto alla gravità delle varie situazioni di miseria di oggi, per studiare i mezzi per arrivare a una soluzione soddisfacente, la più giusta e la più efficace, per evitare ai popoli altre sofferenze e dar loro un barlume di speranza.


4. Il Paese in cui voi esercitate la vostra missione diplomatica sembra al sicuro dai gravi problemi che ho appena citato ma, per contrasto, esso offre la possibilità di prendere la dovuta distanza per afferrarne l'importanza al livello di altri Paesi. La Svizzera ha lottato per conservare la pace, la coesistenza rispettosa fra popolazioni molto diverse tra loro per tradizioni, lingue, per promuovere presso di sé la democrazia, la libertà; di fronte a questo, le guerre civili distruttive, i conflitti tra Paesi vicini, i totalitarismi, il soffocamento delle libertà fondamentali e, fra queste, della libertà religiosa, devono sembrarvi orribili. Il terrorismo internazionale, che colpisce gli innocenti e mira alla destabilizzazione dei Paesi che aspirano alla pace, non dovrebbe trovare favore o complicità presso nessun responsabile, a maggior ragione presso i diplomatici, la cui missione non tollera le soluzioni mediante la violenza. Il fenomeno crescente dei rifugiati politici - che qui sono numerosi - deve porvi il problema fondamentale non soltanto dell'accoglienza e del vicendevole aiuto dei vostri Paesi ma dei motivi inammissibili che spingono tanti uomini e donne ad espatriare per salvaguardare la loro libertà di pensare e di credere. L'afflusso di manodopera straniera suscita anche una riflessione sulle condizioni di vita familiare di tali lavoratori.

Infine, la situazione generalmente soddisfacente della maggior parte dei cittadini di questo Paese - per quel che riguarda i beni materiali e la salute - non potrà farvi dimenticare coloro che, in tante parti del mondo, sono privi del minimo necessario per la sopravvivenza. Tanto più che la Svizzera ospita organismi internazionali che mirano a farsi carico di questi problemi.


5. Voi sapete che la Chiesa, la cui missione è di diffondere il Vangelo, si impegna nello stesso tempo a promuovere la dignità integrale dell'uomo, senza alcun altro interesse né politico, né economico. Essa richiama continuamente i principi essenziali a favore della persona umana, dell'armonia sociale, dei diritti dei popoli, a favore della giustizia, della pace e di una vera fratellanza fra tutti gli uomini.

A questo scopo e nel suo nome, la Santa Sede offre la sua collaborazione ai responsabili del bene comune; ad essi come a voi, signori capi di missione qui presenti, io esprimo la mia stima e i miei auguri per l'attività e gli sforzi fatti in vista della costruzione di un mondo migliore, fondato sulla verità, la giustizia, l'amore e la libertà, che sono i soli veri pilastri della pace nella società umana. Questi erano gli auguri già espressi da Giovanni XXIII nell'enciclica "Pacem in Terris", ed egli aveva vissuto dall'interno la missione diplomatica.

Eccellenze, signore e signori, vi ringrazio della vostra visita e prego Dio di benedire voi, le vostre famiglie e il vostro contributo per il bene dell'umanità.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Agli universitari - Friburgo (Svizzera)