GPII 1984 Insegnamenti - Agli immigrati da varie nazioni - Lucerna (Svizzera)

Agli immigrati da varie nazioni - Lucerna (Svizzera)

Titolo: Siete immagine del popolo di Dio in cammino

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. [In italiano:] Ho intensamente desiderato questo incontro con voi nel corso del mio viaggio pastorale in Svizzera. Con particolare gioia, dunque, e con commozione profonda, vi rivolgo il mio affettuoso saluto, ripetendo le parole del Signore risorto: "Pace a voi" (Jn 20,19).

Pace a voi, che siete qui convenuti così numerosi. Pace a tutti i fratelli e le sorelle che compongono la vasta compagine degli immigrati in terra elvetica. Pace alle vostre famiglie, ai vostri figli, agli anziani, agli ammalati, ai sofferenti. Pace ai vostri cari che l'emigrazione costringe alla lontananza. E pace ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e a quanti si dedicano per speciale vocazione alla pastorale dell'emigrazione.

Vorrei che il mio saluto raggiungesse tutti voi lavoratori immigrati, di ogni nazionalità: gli italiani, gli spagnoli, i polacchi, i portoghesi, i croati, gli sloveni, gli ungheresi, i cechi, gli slovacchi, i laotiani, i vietnamiti e tanti altri; tutti, qualunque sia la lingua, la religione, la condizione sociale, a cui appartenete. E vorrei che ciascuno di voi sentisse nelle mie parole le vibrazioni del mio cuore per voi e per i vostri problemi.


2. Tutti noi siamo in cammino verso una patria definitiva. La nostra vita è alla ricerca e in attesa di questo termine, dove troveremo riposo e sicurezza. Ogni giorno percorriamo questo cammino con altri uomini che condividono la stessa strada e formano con noi una sola comunione.

Voi ben sapete che la partenza per una nuova terra significa separazione e afflizione: ma essa è anche occasione di incontrare e conoscere nuovi uomini, di marciare con loro verso lo stesso scopo. La comunione, nella quale viviamo, ci forma e ci aiuta a camminare verso la meta.

Anche nella Chiesa siamo in cammino, non da soli, ma nella comunione con tutto il popolo di Dio e con un preciso compito: rompere i nostri schemi egoistici per aderire agli altri uomini. Partenza e ricerca di una patria appartengono essenzialmente alla nostra esistenza di cristiani e di uomini, ben sapendo che la patria terrena è transitoria; solo ciò che viene dopo è intramontabile.

I lavoratori immigrati sono particolare immagine del popolo di Dio in cammino. Per motivi diversi, voi avete lasciato il vostro Paese, con una decisione che certamente vi è costata: motivi economici, oppure politici o sociali vi hanno indotto a cercare una nuova patria. Ciascuno ha un motivo personale per una tale scelta. Ma ciò che è comune a tutti voi è che avete scelto questo nuovo Paese: ciò vi unisce, al di là di ogni differenza di origine o di lingua.

Avete affrontato dure fatiche per raggiungere questo scopo. Avete cercato di trovare una nuova terra che vi accogliesse e nella quale poter vivere.

Ma né la partenza, né l'arrivo dovrebbero fondarsi soltanto su valori materiali; dietro ogni cosa dev'esserci un senso ben preciso, che offra una direzione alla nostra vita: Gesù Cristo, il quale intraprese la strada che lo avrebbe portato da Nazaret a Gerusalemme, attraverso la morte e la risurrezione. L'intera sua vita è stata contrassegnata dalla missione del Padre di condurre gli uomini alla salvezza. E' questo il Cristo che dev'essere modello e termine della nostra vita.


3. La terra svizzera, che vi ospita, è caratterizzata da un pluralismo linguistico e culturale. Essa è sempre stata un Paese di scambio culturale. E' un fatto che sempre gli immigrati hanno avuto un influsso sulla vita e sul pensiero della Svizzera. E da sempre gli svizzeri hanno ricevuto stimoli da questo scambio a percorrere nuove strade. così, molte conquiste economiche e sociali, che caratterizzano l'immagine di questo Paese, sono da attribuirsi anche all'opera degli immigrati. L'apertura agli stranieri e alle loro culture è stata per questo Paese un arricchimento.

Ma anche la tradizione di questo Paese può essere un arricchimento per ogni immigrato. Ogni scambio culturale dev'essere reciproco, perché possa recare frutti. In questo senso, svizzeri e stranieri si sentono vicendevolmente integrati e affratellati. I vescovi svizzeri hanno varie volte esortato i cattolici ad essere disponibili alle necessità dei loro simili e all'accoglienza degli immigrati come fratelli e sorelle. Tutti i cristiani, sia svizzeri che immigrati, devono impegnarsi nelle loro parrocchie e comunità a essere sempre più aperti a quei fratelli che si trovano in difficoltà. Essi devono prestare loro adeguato ascolto e accoglierli con amore cristiano. ciò sarebbe esemplare anche per una pacifica convivenza sociale in questo Paese.


4. [In spagnolo:] L'adesione e la partecipazione degli immigrati alla vita ecclesiale e sociale sono talvolta ostacolati da reciproci pregiudizi, soprattutto quando gli abitanti del luogo si attendono dagli immigrati un adattamento totale, o quando questi ignorano gli usi e i costumi del posto.

L'apertura verso gli altri è una condizione fondamentale per la comune convivenza e viene favorita dalla comprensione, dal rispetto e dall'amore.

Anche i giovani trovano difficoltà a essere accolti come parte di questa società, non soltanto a causa della loro provenienza, ma anche a causa del loro modo di vita spesso diverso. Essi sentono profondamente la differenza tra la vita in famiglia e la vita a scuola e nella società. Pur tuttavia possono essere validi mediatori tra le diverse culture, se sono presi sul serio e sono aiutati a trovare la strada giusta.

La Svizzera ha una lunga tradizione umanitaria, soprattutto per quanto si riferisce all'accoglienza dei profughi. Ma bisogna sforzarsi perché non si interrompa questa tradizione, proprio nel momento in cui essa può aprire nuove vie all'impegno internazionale nella soluzione del grave problema dei profughi. Si tratta di un servizio alla pace, che porta una caratteristica impronta svizzera.

Nella ricerca di una nuova patria, che muove questi esseri umani, la Svizzera non può frustrare le speranze in lei riposte; ma essi pure, con la loro presenza in questo Paese, possono contribuire ad accrescere la comprensione della difficile situazione di necessità che affrontano nel mondo tutti coloro che si trovano in queste stesse condizioni. I sacerdoti e i fedeli si sforzino quindi di aiutare i fratelli bisognosi e assumano generosamente il loro impegno, secondo quanto fu stabilito dal Sinodo dei cattolici svizzeri celebrato nel 1972: "Tutti i credenti sono chiamati a interessarsi dei profughi con umana sollecitudine, affinché essi possano trovarsi bene fra noi e inserirsi adeguatamente".


5. Immagine eloquente della possibilità di trovarsi bene insieme è questo incontro col Papa oggi, al quale partecipano svizzeri e stranieri. Sono presenti soprattutto quegli svizzeri che nella loro vita quotidiana sono a contatto con gli immigrati e i loro problemi. Essi rappresentano qui tutti coloro che lavorano per una giusta e armoniosa vita in comune. Vogliamo sperare che aumenti sempre più la coscienza della responsabilità che l'immigrazione porta con sé. Tutti devono essere coscienti che coloro che sono venuti in questo Paese sono uomini. E' importante scoprire sempre l'uomo, prima del lavoratore. La compartecipazione a identiche condizioni tra svizzeri e immigrati nella vita sociale e imprenditoriale è un'inderogabile necessità. Se negli anni passati è stato fatto molto in questo settore, non deve essere trascurato l'impegno di ottenere ulteriori miglioramenti, anche quando i problemi sono di difficile soluzione. E' necessario promuovere una maggiore solidarietà tra i lavoratori e salvaguardare le loro legittime aspirazioni. Tra queste voglio sottolineare quelle relative all'abitazione e alla scuola, come anche l'insieme dei sussidi e delle previdenze che possono favorire la serenità personale e familiare, cose tutte che portano ad una convivenza sociale più armoniosa.


6. [In polacco:] Mi rivolgo a tutti i miei fratelli e sorelle nella fede in terra svizzera con un accorato appello affinché sostengano continuamente ogni sforzo per far rispettare pienamente i diritti dell'uomo. Tutti dobbiamo sempre cercare di scorgere nel prossimo l'uomo e la misura di ogni nostra azione a favore dell'uomo deve essere il suo bene. Non l'uomo per il lavoro, ma il lavoro per l'uomo! L'incontro di culture differenti in Svizzera, sia a livello di rapporti sociali, sia a livello di confessioni religiose, dovrebbe sempre più mettere in risalto l'unità della Chiesa di Cristo. Questa Chiesa - intesa quale popolo di Dio in cammino - ci indica la via verso la patria eterna. ciò non deve rimanere una facile consolazione che sfugge i problemi concreti, ma si deve esprimere quotidianamente in concrete azioni che tendano a far rinascere un mondo più giusto, dove gli uomini godano del rispetto di tutti i loro diritti, senza alcuna discriminazione.

Ogni credente deve sentirsi compagno degli altri sul medesimo cammino.

Nel percorrere questa strada la fede in Dio costituisce quell'elemento che unisce i cittadini nativi del Paese e gli stranieri.


7. Cari fratelli e sorelle! Le parole che vi rivolgo vengono dal profondo del cuore. Vi assicuro che siete presenti nella mia preghiera quotidiana; i vostri problemi sono anche i miei.

Cercate soprattutto di conservare e sviluppare la fede cristiana, viva e forte. Essa vi aiuterà a superare gli ostacoli che la vita pone davanti a voi.


8. [In portoghese:] Il mio pensiero, in quest'ora, si rivolge anche a tutti quelli che vi sono cari: a quelli che si trovano in Svizzera, con voi, e che oggi non sono potuti venire a questo incontro; e ancor di più ai vostri cari che sono lontani, nel vostro Paese. E penso ai vostri Paesi d'origine, alle vostre case, ai vostri focolari, che avete dovuto lasciare, per venire in questo Paese ospitale.

Anche i vostri familiari sono presenti nel mio cuore, dove tutti siete uniti in un unico legame di affetto.

[Omissis: parole augurali in croato, sloveno, ungherese, cecoslovacco, vietnamita, lituano, ucraino, inglese e francese]

Data: 1984-06-16 Data estesa: Sabato 16 Giugno 1984




Omelia durante la messa - Lucerna (Svizzera)

Titolo: "Uomo... ricordati che la speranza è in Dio"

Testo:

Fratelli e sorelle carissimi, è il nostro Signore e Redentore Gesù Cristo che ci riunisce qui oggi in così gran numero per lodare Dio con lui in festosa comunione, per ascoltare il suo messaggio di liberazione e poi tornare con nuova fiducia al luogo della nostra vita e della nostra attività. Voglio assicurare a ognuno di voi che mi rallegro dal profondo del cuore di festeggiare insieme a voi il santo sacrificio della messa. Il paesaggio imponente di Lucerna, questo antico centro politico e culturale della Svizzera interna che per quasi 300 anni è stato sede di un nunzio del Vescovo di Roma, offre al nostro incontro odierno una degna cornice.


1. Il messaggio del Vangelo ci conduce oggi a Nazaret. Siamo testimoni, come Cristo dichiara pubblicamente per la prima volta, che in lui si adempie la profezia messianica di Isaia. Vediamo come si alza nel giorno del sabato tra i suoi concittadini e legge ad alta voce le note parole dal libro di Isaia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l'unzione; / mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, / per proclamare ai prigionieri la liberazione / e ai ciechi la vista; / per rimettere in libertà gli oppressi, / e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).

Quando poi "gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui", Gesù disse: "Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,20-21). In lui stesso si è adempiuta: tutta la vita di Gesù di Nazaret, da questo momento fino alla sua morte sulla croce e alla risurrezione, lo confermerà.

Lo Spirito Santo che si poso su di lui non dovrebbe tuttavia restare limitato a lui solo. Nel giorno della Pentecoste Cristo lo dono come frutto della sua sofferenza redentrice agli apostoli e ai suoi primi discepoli, e non cessa di donarlo continuamente per "guidare alla verità tutta intera" (cfr. Jn 16,13) la Chiesa e gli uomini. In questa maniera prosegue il tempo messianico di Gesù Cristo che aveva avuto inizio a Nazaret, allorché lui, che era ritenuto figlio del falegname, riferi a se stesso le parole del profeta Isaia.

ciò che era avvenuto allora a Nazaret si ripete in molti luoghi della terra, tra i popoli più diversi. Cristo continua a comparire agli uomini e rivolge loro le stesse parole: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato...". Oggi rivolge queste parole a noi, in terra di Svizzera. In questa celebrazione eucaristica egli stesso diventa per noi adesso l'unto e l'inviato del Signore e diventa per noi sorgente di speranza attraverso la lieta novella e la sua mensa eucaristica.


2. La speranza cristiana ci dona forza e fiducia per andare per la nostra strada attraverso un mondo che riempie molti di paura e di sgomento e i cui valori sembrano disgregarsi, attraverso un mondo in cui l'uomo si sente sempre meno protetto, in cui i conflitti internazionali tra Est e Ovest, tra Nord e Sud si acuiscono sempre più e l'impoverimento di una gran parte dell'umanità, con la fame e la miseria, continua ad aumentare. Le colossali conquiste tecniche e il loro possibile abuso, gli armamenti convenzionali e nucleari minacciano di mettere in questione la sopravvivenza stessa dell'umanità. Questo pericolo per l'uomo a livello mondiale è una sfida per tutte le nazioni, per i responsabili dei popoli e per ognuno di noi. Ne siamo sufficientemente consapevoli? Anche qui in Europa, anche da voi in Svizzera? Sono venuto da voi, in un Paese che sotto certi aspetti è unico nel suo genere: per più di 170 anni esso non è stato coinvolto in una guerra esterna; per quasi 140 anni non ha subito una guerra fratricida; per quasi 70 anni la vostra nazione non è stata colpita da uno sciopero generale. Mi trovo in un Paese che grazie alla laboriosità dei suoi cittadini e a circostanze fortunate è diventato un baluardo di pace e di benessere. La Svizzera appare dunque come un Paese benedetto, fortunato, unico nel suo genere.

Ma è veramente un Paese così fortunato, un'isola di sicurezza davanti alla minaccia di una conflagrazione universale? Non esiste forse anche presso di voi in Svizzera il crollo dei valori, il declino delle norme etiche, la paura dell'avvenire, il senso della futilità delle cose, la perdita di sicurezza, il timore che il progresso e la ricchezza non possano più essere dominati? Non esiste dietro tutti questi fenomeni uno stato crescente di disperazione? La neutralità del vostro Paese non vi protegge contro un coinvolgimento nelle dispute spirituali e politiche che esistono oggi in tutto il mondo. Anche voi siete chiamati a prendere decisioni e ad assumervi grandi compiti. Cosa fare, per esempio, per arrestare il lento svuotamento dei valori morali fondamentali nella convivenza sociale; per ridare agli individui e alle famiglie il coraggio per vivere e fiducia nell'avvenire? O perché il benessere del vostro Paese contribuisca a un servizio di pace sempre più efficace, per la comunità dei popoli? Siete consapevoli dei valori che la vostra attenzione e la vostra particolare diligenza certamente meritano come fedeltà, affidabilità, senso della famiglia, rispetto della vita dall'inizio fino alla morte, solidarietà dei cittadini, rapporti responsabili con la natura e l'ambiente? Grazie alla rivelazione di Dio e alla propria coscienza l'uomo ha imparato a conoscere e stimare alti ideali per un'esistenza degna dell'uomo e piena. Ma sembrano mancare sempre più le forze per una loro attuazione costante e coerente. L'uomo di oggi deve risolvere innumerevoli problemi che si accumulano sempre più numerosi, più nuovi e più spaventosi: incomincia a dubitare nel progresso delle sue opere, e il suo iniziale ottimismo illimitato si trasforma in una paura agghiacciante.

In questa situazione che ci incalza tutti, la fede cristiana ci viene in aiuto in una maniera speciale. Ci dona il coraggio necessario per proseguire sulla nostra strada nella fiducia di Dio, che è anche Signore della nostra storia, pieni di speranza e illuminati.


3. Le parole dell'apostolo Paolo, scritte più di 1900 anni fa ai cristiani di Roma e proclamate proprio ora nella lettura, conservano ancora oggi la loro validità: "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Rm 8,22-23).

Quanto è vero che l'uomo "geme": l'uomo in molti luoghi sfruttato, schiacciato, impaurito; l'uomo che dà quanto vi è di meglio in lui eppure lavora solo saltuariamente e spesso, con la miglior volontà, deve affannarsi di fronte ad aspre resistenze. Quanto udiamo tutti questi gemiti: dal proprio cuore e da uomini che ci stanno a fianco, anzi dall'"intera creazione", dalla natura maltrattata e sfruttata, dalle piante e dagli animali che lottano per l'aria e lo spazio vitale.

E Paolo ode qui in questo universale lamento un gemito che richiama l'attenzione sulle doglie del parto: in esso si sta preparando qualcosa di positivo; qui deve nascere qualcosa; qui tutto attende con dolore un'apparizione finale. Il gemito è animato da speranza. L'apostolo dice ancora più chiaramente: "Aspettiamo l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo". Egli parla dunque di una realtà che è già presente in noi, ma che deve ancora diventare "adozione a figli", deve ancora estrinsecarsi. Questa realtà egli la chiama "primizie dello Spirito". Questo è lo Spirito di Gesù Cristo, nostro redentore, il quale, in quanto Signore risorto e innalzato, muove e anima con la luce e la vita del suo Spirito la creazione dovunque gli vengano presentati disponibilità a credere e amore.

Ogni credente, ogni comunità di Cristo porta già lo Spirito di Cristo in sé, comunque all'inizio solo come "primizie", come dice l'apostolo, come principio, come impulso per un approfondimento e uno sviluppo, come granello e lievito. Il periodo faticoso della crescita ci fa gemere, la vita interiore con Dio già in atto risveglia contemporaneamente in noi una forte speranza e una profonda gioia. Con Paolo professiamo così un realismo cristiano: "Siamo salvati, ma nella speranza" (Rm 8,24).


4. Ognuno di noi si trova in questa lotta dolorosa per la nascita di un mondo degno dell'uomo, un mondo cristiano in noi e intorno a noi. Dobbiamo lealmente riconoscere innanzitutto che nella nostra vita sono presenti il peccato e la colpa. Molte paure e molti pericoli dei nostri tempi hanno la loro causa nella colpa degli uomini. Proprio come cristiani siamo chiamati a una conversione continua e a una fede profonda affinché la nostra testimonianza di Cristo, redentore dell'uomo, diventi luminosa e convincente. Dobbiamo sforzarci di far si che lo Spirito di Cristo, che possediamo già come "primizia", irrompa sempre più nel nostro pensiero e nel nostro agire.

"Apritevi allo Spirito di Cristo": a questo vi esorta il motto sotto il quale pongo la mia visita pastorale in Svizzera. Apritevi allo Spirito di Cristo, che ci insegna a comprendere sempre più profondamente il Redentore e la sua parola. Apritevi allo Spirito di Cristo perché come figli e come figlie di Dio e con la potenza dello Spirito Santo diamo testimonianza della vera salvezza del mondo.

Apritevi allo Spirito di Cristo, che è uno Spirito di speranza. Chi guarda al futuro solo con pessimismo, chi afferma che l'uomo e il mondo non hanno più alcun senso, questi ha dimenticato Dio. Dio non abbandona il mondo, i suoi piani su di esso non vengono meno. Dio "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Noi come Chiesa siamo il popolo di Dio pellegrino, la cui vita è Gesù Cristo, la cui meta è Dio stesso nella sua signoria.

Certamente la speranza cristiana non toglie tutto ciò che è tenebra, non fa scomparire sofferenza e necessità, preoccupazioni e timori. Al contrario è Dio stesso che prende sul serio le nostre sofferenze e necessità. La radiosa luce pasquale deve essere preceduta dalle tenebre del venerdi santo, dalla croce di Cristo. così anche la nostra speranza è sempre segnata dalla croce; ma da quella croce che già porta in sé la promessa e la vittoria della risurrezione. L'uomo che crede e spera sa che malgrado tutte le avversità e tutte le prove egli è circondato dall'amore infinito di Dio.


5. Chi ha ricevuto il dono di questa fede piena di speranza vede chiaramente anche le molteplici opere dello Spirito di Cristo nei nostri giorni, in innumerevoli luoghi conosciuti o meno conosciuti del mondo. "Lo Spirito del Signore è sopra di me... mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato..." (Lc 4,18): così ha proclamato allora Gesù a Nazaret. In tutti coloro che lo seguono, che fanno proprio il suo programma di vita, egli prosegue attraverso il suo Spirito questa missione. Lo Spirito del Signore chiama anche noi; ci ha unti nei santi sacramenti del Battesimo e della Cresima e ci ha così resi simili a Cristo, l'unto. Lo Spirito di Dio vuole spingere e rafforzare anche noi affinché portiamo proprio oggi la salvezza e la speranza nel nostro mondo.

La realtà della redenzione diventa manifesta nella presenza dello Spirito: lo Spirito di verità, che convince il mondo della sua menzogna; lo Spirito di consolazione, in forza del quale Cristo dà ai poveri continuamente la buona novella; che dà speranza a coloro la cui dignità viene disprezzata e che non vedono più un avvenire. Lo Spirito di Dio libera l'uomo dalla prigionia della colpa, dalla schiavitù dei pensieri e delle azioni improntate ad egoismo. Ci libera perché facciamo un uso buono e liberatorio della libertà umana. Anche oggi lo Spirito di Cristo apre gli occhi dei ciechi ai valori autentici della vita, alla presenza e alle opere di Dio nella creazione e nel corso della storia. Dà forza e fiducia a chi è spossato, specialmente a chi soffre e viene perseguitato per la sua fede. Cristo fa perdurare attraverso l'agire del suo Spirito l'"anno di grazia del Signore" nella vita e nella storia degli uomini, l'anno di grazia dell'alleanza e dell'amicizia di Dio.


6. In questo agire dello Spirito tra gli uomini continua la missione messianica di Cristo. Egli annuncia e costruisce così nel mondo il regno di Dio, che è un regno di verità e di amore, un regno di giustizia e di pace. Nello stesso tempo "lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza", come dice l'apostolo nella lettera ai Romani (Rm 8,26). Il suo aiuto arriva nella vita dell'uomo dal suo intimo e gli dona specialmente nuove forze per la preghiera: quando non sappiamo come pregare nella giusta maniera, "lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi..." (Rm 8,26). Dio stesso viene in aiuto alla nostra debolezza e con il suo Spirito porta a compimento ciò che incominciamo solo in maniera frammentaria e incompleta. La nostra preghiera balbettante viene così accolta nell'eterna adorazione dello Spirito divino e diventa così preghiera che possiede la promessa dell'ascolto.

Questa preghiera nella forza dello Spirito porta speranza in questo mondo pieno di paure e minacciato dalla perdita dei valori. Ha il potere di cambiare questo mondo.

Nel giorno della creazione fu dato in carico all'uomo tutto il mondo visibile, e innanzitutto la terra, affinché la trasformasse "con il lavoro delle sue mani" (cfr. Gn 1,28). Oggi l'uomo guarda con terrore il frutto del suo lavoro: dove è arrivato con la trasformazione del mondo visibile"? Quale futuro attende il nostro pianeta? Di fronte a questa insicurezza e a questo pericolo, ricordiamoci di nuovo della potenza di Dio.

Il Signore ha affidato all'uomo la preghiera, affinché egli converta il mondo partendo dal suo cuore; affinché lo converta nello Spirito Santo; affinché lo renda più umano; affinché edifichi in esso insieme a Cristo il regno di Dio.

Nella preghiera sta soprattutto, per noi cristiani, la nostra forza, in essa sta la sorgente della nostra speranza.

perciò imploro per voi, come dono e come grazia di questa celebrazione eucaristica, quello che l'apostolo Paolo implorava per i fedeli di Roma: "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13). E aggiungo: perché abbondiate in Dio per poter portare ad altri la ricchezza della vostra fede e della vostra speranza "per la virtù dello Spirito Santo".

Amen.


7. [In lingua reto-romana:] Con grande gioia vi saluto qui a Lucerna nella vostra lingua. La regione romancia è un Paese di antica tradizione cristiana. Questo si manifesta in molti monumenti religiosi e santuari, nella vita parrocchiale, nel canto religioso e nelle opere letterarie. Questo mi fa molto piacere e vi invito tutti ad approfondire la fede nella vita privata, nelle famiglie, nella Chiesa e nello Stato. Apritevi allo Spirito di Cristo! Esprimo un particolare ringraziamento a tutti coloro che sono al servizio della Chiesa locale e delle missioni. Con l'antico saluto "Allegra" imploro per voi la benedizione del Signore!

Data: 1984-06-16 Data estesa: Sabato 16 Giugno 1984




Omelia per le ordinazioni sacerdotali - Sion (Svizzera)

Titolo: Il sacerdote è guida dell'uomo sulla via della salvezza

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. "Sursum corda": "Eleviamo i nostri cuori!".

Oggi il cuore della Chiesa reagisce con un fervore tutto particolare a questo invito che introduce ogni preghiera eucaristica. Oggi noi rispondiamo con un'intensità di fede tutta speciale: "Habemus ad Dominum": "Li abbiamo rivolti al Signore".

Davanti al suggestivo spettacolo che offrono queste montagne, forse meglio che in altro luogo, eleviamoci, come Mosè, verso il Dio del cielo e della terra. Contempliamo nella fede il mistero di Dio: è infatti verso di lui che si rivolge la nostra fede. Un mistero insondabile. Dio è Dio, l'essere al di là di tutto ciò che possiamo concepire, più grande di ciò che sente il nostro cuore. La rivelazione cristiana svela una parte della sua vita intima, ma conduce la nostra fede alla soglia di un mistero ancora più profondo: l'unità della Trinità. Colui che è il Dio unico è nello stesso tempo Padre, Figlio e Spirito Santo. Ciascuna delle persone divine è increata, immensa, eterna, onnipotente, Signore; purtuttavia non c'è che un Dio increato, immenso, onnipotente, Signore.

"Il Padre non è stato fatto da nessuno né creato né generato: il Figlio viene dal Padre, non è stato né fatto né creato, ma generato; lo Spirito Santo viene dal Padre e dal Figlio, non è né fatto né creato, né generato, ma procede da loro".

Così affermava un'antica professione di fede (simbolo detto di sant'Anastasio). Questo Dio d'infinita maestà che si manifesta a Mosè e si nasconde nella misteriosa nuvola, questo Dio trascendente che rivela la sua insondabile vita, la tenerezza del suo infinito amore, questo Dio, possiamo avvicinarlo: noi l'adoriamo, prostrati davanti a lui. Nella fede ci è donata la felicità di contemplare in lui la Santa Trinità, prima della piena visione della sua gloria.


2. "Benedetto sia Dio, il Padre di nostro Signore Gesù Cristo" (Ep 1,3). "Ha tanto amato il mondo che ha donato il suo unico Figlio" (Jn 3,16). Attraverso suo Figlio, non solamente ha rivelato il suo nome, la sua gloria, come in un'Epifania di Dio che lo manifesta in maniera unica, ma ha mostrato verso di noi la sua tenerezza, la sua misericordia, il suo amore, la sua fedeltà, ben oltre ciò che Mosè poteva intravedere: "Prima di tutto ci ha destinati a diventare figli per mezzo di Gesù Cristo", "a diventare il suo popolo" (cfr. Ep 1,5 Ep 1,11). La nostra adorazione, il nostro canto di lode è nello stesso tempo un rendimento di grazie per questo "dono gratuito di cui ci ha colmato nel suo Figlio ben amato". Poiché "il primo dono fatto ai credenti" è lo Spirito Santo che prosegue l'opera del Figlio e "completa ogni santificazione" (cfr. Preghiera eucaristica IV), lo Spirito, che dà alla Chiesa l'unità del corpo, la chiama a manifestare agli uomini la salvezza, poiché per mezzo di lui la presenza di Dio abita in lei.


3. "Tu farai di noi un popolo che ti appartiene" (Ex 34,9). Tutta la Chiesa è il popolo del Dio vivente. E nel suo seno la nostra assemblea liturgica ha il suo posto. E qui la Chiesa che è in Svizzera, in particolare la Chiesa che è in Sion; essa si raduna, erede d'una lunga storia che ha inizio con san Teodulo, patrono della diocesi ai piedi di questa collina di Valère dominata dall'antica cattedrale dedicata a Notre-Dame, nel cuore della valle del Rodano. Al centro della loro rude vita di montanari, i vallesiani hanno saputo custodire viva la loro fede e le loro tradizioni cristiane, in comunione col Vescovo di Roma, successore di Pietro, che è ben felice di visitare oggi l'attuale cattedrale, ma soprattutto questa casa spirituale fatta di pietre viventi (cfr. 1P 2,5) che è la Chiesa di Sion. E saluto con essa la Chiesa che si raduna attorno all'abbazia di san Maurizio, in questa valle del Rodano, e che è erede della fede professata fino al martirio di san Maurizio e dei suoi soldati della legione Tebana.

Come san Paolo, "perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e fra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io" (Rm 1,11-12).

Infatti, ciò che ci lega è molto più profondo e misterioso di un rapporto organico o di un attaccamento affettuoso: "La Chiesa universale è come un popolo che trae la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (san Cipriano, "De Orat. Dom.", 23: PL 4, 553).


4. Nel quadro della liturgia eucaristica di oggi, alcuni figli della vostra Chiesa - di Sion o di altre diocesi o istituti svizzeri - diverranno sacerdoti "secondo l'ordine di Melchisedek" (cfr. Ps 109,4 He 5,6 He 7,17), ricevendo il sacramento dell'Ordine.

Melchisedek offri all'Altissimo il pane e il vino. Sotto il segno del pane e del vino, è Gesù Cristo che si offre al Padre nel suo sacrificio unico e definitivo, reso attuale e presente mediante il ministero dei sacerdoti. Tramite loro Gesù compie ciò che ha fatto durante l'ultima Cena. Offrendo il pane, egli dice: "Questo è il mio corpo, offerto per voi... prendete e mangiate". Offrendo il vino, egli dice: "Questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per molti... prendete e bevete". così Gesù Cristo parlo agli apostoli che erano con lui durante l'ultima Cena. E aggiunse: "Voi farete questo in memoria di me" (cfr. Lc 22,19ss).

Chi è dunque Gesù Cristo? E' il Figlio eterno nel quale il Padre ha amato il mondo. Egli l'ha donato "perché ogni uomo che crede in lui non muoia, ma ottenga la vita eterna... perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,16-17).

Si, egli è venuto per la salvezza del mondo. Il sacrificio che offri Gesù Cristo sulla croce - il sacrificio che egli istitui durante l'ultima Cena - è per la salvezza del mondo. In questo sacrificio si manifesta l'amore del Padre e l'amore del Figlio. E' il calice della nuova ed eterna alleanza.

Coloro che oggi ricevono l'ordinazione sacerdotale diventano i ministri del sacrificio compiuto per la salvezza del mondo. Essi lo rendono presente. Essi sono i ministri dell'Eucaristia: la loro vita sacerdotale si sviluppa a partire da questo centro. Tutto il resto sarà come una preparazione o un'eco di questo atto sacramentale. Giorno dopo giorno, presenti all'esistenza umana, essi dovranno introdurre i loro fratelli nella redenzione compiuta dal Cristo e celebrata nell'Eucaristia.


5. I sacerdoti sono nello stesso tempo le guide del loro prossimo sulla via della salvezza. Essi vivono in mezzo al popolo di Dio e dicono come Mosè: "Signore, cammina in mezzo a noi" (Ex 34,9). Con tutto il loro essere sacerdotale, invocano il Signore perché guidi il suo gregge, come un Pastore. Essi stessi sono i servitori di Gesù Cristo, il Buon Pastore.

Come Mosè, essi salgono la montagna per ricevere da Dio la testimonianza dell'alleanza, e per prendere nelle loro mani, come segno di questa alleanza, le tavole dei Comandamenti di Dio. Secondo questi comandamenti - secondo tutta la verità del Vangelo, la "carta" della nuova alleanza - essi illuminano le coscienze e guidano coloro tra i quali essi stessi sono stati scelti (He 5,1).

Essi sono maestri di verità, nell'annunciare il Vangelo, nel suscitare e fortificare la fede, e indicare il cammino da seguire per rimanere sulla via della salvezza. Essi sono i custodi della rettitudine delle coscienze. Dunque sono i servitori di quel Dio che proclamava davanti a Mosè: "Jahvè, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco di grazia e di fedeltà" (Ex 34,7).

Essi sono i servitori di Gesù Cristo, attraverso il quale Dio perdona le nostre colpe e i nostri peccati, e fa di noi un popolo che gli appartiene (cfr. Ex 34,9).

Di conseguenza, questi sacerdoti della nuova alleanza sono i ministri del sacramento della Penitenza e della Riconciliazione con Dio. Questo ministero occuperà, con l'Eucaristia, un posto fondamentale nella loro vita.


6. Attorno a queste funzioni centrali si sviluppano gli altri aspetti della loro vita sacerdotale dei quali faro solo un accenno. Il sacerdote partecipa alla funzione dell'unico mediatore che è Cristo. Ma egli conosce la sua debolezza. Egli non fa nulla da solo: egli è forte della forza di Dio, questo per una disposizione permanente che consacra il suo stesso essere. Ma egli deve cercare di corrispondervi. Egli deve cercare la santità che è consona al ministro del Cristo; con l'aiuto dello Spirito Santo che gli è stato dato mediante l'imposizione delle mani: offrirsi interamente a lui, "vivere ciò che egli compie" (cfr. preghiera dell'ordinazione, rimettendo il pane e il vino), trasmettere ciò che ha contemplato. Deve essere un uomo di preghiera, sia nella solitudine, come Mosè sulla montagna, sia come animatore o presidente della preghiera dei suoi fratelli.

Nella pianura deve vivere accanto agli uomini, semplicemente, poveramente, al servizio come Cristo venuto per servire; deve tenere conto delle loro preoccupazioni e del loro linguaggio per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo: tutto il Vangelo in modo da essere capito. Ma nello stesso tempo deve iniziare al mistero. Dal suo modo di vivere si deve capire che è un uomo legato a Gesù Cristo; soprattutto attraverso il celibato, egli diventa "il segno vivente di un mondo che deve venire, già presente attraverso la fede e la carità" (cfr. PO 16). Egli è "l'uomo per gli altri"; egli deve essere testimone, profeta.

Coraggioso, egli accetti, a sua volta, di essere segno di contraddizione e, talvolta, servitore sofferente, ma sempre l'uomo della pace che Cristo è venuto a portare sulla terra.


7. Tutto ciò lo farà come collaboratore del suo vescovo, che a sua volta agisce in unione con il successore di Pietro; quando il sacerdote obbedisce a entrambi, egli vive in comunione con tutta la Chiesa. Il suo sacerdozio ha proprio come fondamento quello del vescovo della Chiesa locale, che è il padre dell'intero presbiterio. In tal modo il sacerdote può contribuire alla costruzione della Chiesa nell'unità. Egli non dispone arbitrariamente dei doni di Dio. Egli è, come dice san Paolo "amministratore dei misteri di Dio. Ora, quanto si chiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele" (1Co 4,1-2). Tutto ciò che il prete è, trova il suo significato fondamentale esclusivamente nella Chiesa, tramite la Chiesa, per la Chiesa. Egli deve quindi vivere la Chiesa, sentire e pensare con la Chiesa ("sentire cum Ecclesia"): non soltanto la Chiesa del passato, e neppure la Chiesa che non esiste ancora, ma la Chiesa concreta, di oggi, le cui rughe e macchie possono essere cancellate anche grazie al suo instancabile aiuto. Questo amore fa si che il sacerdote sia pronto per l'impegno che la Chiesa si aspetta da lui, per il bene di tutti. Il dialogo pastorale, che si sforza di stabilire, può far si che vengano evitati conflitti e divisioni, quando è veramente Gesù Cristo che si cerca, quando è lui che si vuole servire.


8. Il sacerdozio è un compito così importante, così necessario, che tutti noi dobbiamo preoccuparci per le vocazioni. La diocesi di Sion, a partire dal 1978, ha deciso di sensibilizzare le coscienze di tutti i cristiani su questo tema. Spero che da ciò nascano ulteriori frutti, qui da voi come pure in altre diocesi della Svizzera, nelle quali questi sacerdoti novelli torneranno.

Naturalmente tutto il popolo dei battezzati è chiamato a prender parte attivamente alla vita delle comunità cristiane e alla testimonianza del Vangelo nel mondo. La missione del sacerdote è proprio al servizio di questa partecipazione. Essa ha tuttavia la sua particolare natura ed è insostituibile.

perciò non esiste dualismo né concorrenza, ma solo un necessario, reciproco completamento nell'osservanza di volta in volta della specifica vocazione, nella quale i vescovi devono essere le guide per un'armonica collaborazione. La comunità della Chiesa assolve pienamente la sua missione e il suo servizio, quando all'interno di essa possono germogliare e fiorire le vocazioni al sacerdozio, senza le quali anch'essa non può svilupparsi. Vocazione e missione - all'ufficio o all'apostolato - vengono sempre da Dio, dalla Santissima Trinità.


9. "Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, degno di lode e di gloria nei secoli" (Da 3,52).

La luce della fede ci innalza oggi col cuore e con lo spirito all'imperscrutabile mistero di Dio, alla sua inconoscibile unità trinitaria. Dal grembo della Santissima Trinità il Figlio di Dio è venuto fra gli uomini: il Verbo eterno del Padre si è fatto uomo, figlio della Vergine Maria. Con la sua morte in croce e la sua risurrezione lo Spirito della santità è sceso sugli apostoli ed è ora presente nella Chiesa di Cristo. Da questa missione del Padre e dello Spirito trae origine la missione salvifica della Chiesa. Dalla missione del Figlio, il servo di Dio, che ha ricevuto l'unzione messianica, deriva nello Spirito Santo il "sacerdozio regale" di tutti i battezzati.

Dal sacerdozio del Figlio, dell'Unto, derivano nello Spirito Santo la vocazione e l'ufficio dei sacerdoti, che vengono segnati, con il sacramento dell'Ordine, da un sigillo indelebile. Nel suo servizio tutto il popolo di Dio prende parte al sacerdozio di Cristo, l'unico intermediario tra Dio e gli uomini.

Oggi vengono donati al popolo di Dio dei nuovi sacerdoti, il cui mandato risponde ai fondamenti della missione di tutti i credenti; infatti anch'essi sono stati confermati nella fede dello Spirito Santo. Tutti devono impegnarsi nel loro compito di predicare ai credenti; ciò è affermato con la parola di congedo, che conclude ogni santa messa.

Si, oggi ci rallegriamo: poiché in questo solenne servizio divino si è rinnovata la missione del popolo di Dio nella Chiesa. perciò cantiamo incessantemente, con una sola voce, la lode della Santissima Trinità!


10. Quanti "padri", come ad esempio Nicola da Flüe, quante generazioni vi hanno preceduto su questa terra e sono stati "partecipi della natura divina" (2P 1,4), in attiva unità con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo! Raccogliamo la loro eredità! Portiamo avanti la loro testimonianza! Carichiamoci della loro missione come risposta alle pressanti domande di oggi, alle soglie del terzo millennio! Possa questo Paese essere sempre abbracciato da Dio e pervaso dalla sua vita, per riflettere la sua luce, e per portare il mondo alla fede.

Il Dio dei vostri padri rimanga per sempre il Padre dei vostri bambini! Il Padre di tutte le generazioni che verranno in questo Paese! Tu, l'unico vero Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo! Amen.

Data: 1984-06-17 Data estesa: Domenica 17 Giugno 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Agli immigrati da varie nazioni - Lucerna (Svizzera)