GPII 1984 Insegnamenti - Ad una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli

Ad una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli

Titolo: Auspici per un più ampio dialogo di carità e teologico

Testo:

Eminenza.


1. A lei e a tutti coloro che l'accompagnano io dico: siate i benvenuti.

Ricevendovi con affetto fraterno e grande gioia, desidero naturalmente onorare chi vi ha mandati: sua santità il patriarca Dimitrios I e il santo Sinodo della Chiesa di Costantinopoli. Ma sono particolarmente felice di ricevere lei personalmente, poiché conosco il suo lavoro di pastore della Chiesa greco-ortodossa d'Australia e so anche che lei condivide col cardinale Willebrands la presidenza della Commissione per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. La vostra venuta tra di noi per la festa dei santi Pietro e Paolo è ragione di grande gioia: sono profondamente convinto che la conoscenza personale dei pastori delle nostre Chiese è un fattore decisivo per il progresso della nostra comune ricerca, della piena unità. Ancor più decisiva è la comune preghiera di questi pastori per il popolo di Dio. Siate i benvenuti, dunque, nel nome del Signore. Che egli benedica sempre i vostri passi e renda fruttuoso il vostro lavoro.


2. Ancora una volta la festa dei santi Pietro e Paolo è un'occasione per noi per incontrarci e celebrare insieme la loro memoria, proprio come ogni anno al Patriarcato ecumenico c'è una comune celebrazione della memoria di sant'Andrea, fratello di Pietro. Oggi ci tornano alla mente le parole del Vangelo: "Mentre camminava lungo il mare di Galilea, (Gesù) vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello, che gettavano le reti in mare, poiché erano pescatori" (Mt 4,18). Questi due fratelli fin dall'inizio vivono in comunione quotidiana, compiono lo stesso lavoro, collaborano alla stessa comunità familiare, hanno lo stesso luogo di lavoro: il lago ora tranquillo, ora tempestoso (cfr. Mt 8,24), ora pescoso ora no (cfr. Lc 5,4-7); essi sperimentano le stesse preoccupazioni e le stesse gioie.

A questa comune origine segue una comune vocazione: "Seguitemi, vi faro pescatori di uomini" (Mt 4,19). A questa comune vocazione essi danno una risposta identica; "Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono" (Mt 4,20). Essi lo seguirono per tutta la loro vita, fino al martirio. Ascoltarono attentamente l'insegnamento del Signore e lo misero in pratica. Accolsero e portarono a termine il mandato del Signore risorto: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20).

La loro predicazione ha raggiunto noi, cristiani d'Occidente e d'Oriente, unendoci nella comune vocazione a un'unica missione: fare di tutti i popoli un'unica famiglia fondata sull'accoglienza dell'insegnamento che Gesù Cristo ha affidato ai suoi discepoli. E' attraverso un'ininterrotta successione apostolica che la verità di Cristo è giunta fino a noi.

La celebrazione degli apostoli ci chiama a questa vocazione, nella nostra epoca. L'umanità di oggi è come un mare tempestoso, percorso da correnti vorticose di inquietudine, di ansietà, di paura per il suo incerto futuro. Ma essa percepisce anche brezze miti e tranquille che alimentano la fiducia e la speranza, che suscitano la fede che il Signore è con noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19), e che invitano anche a un'armonica testimonianza di fede, di amore reciproco e di azione comune.


3. E' per questa ragione che, in obbedienza alla volontà del Signore, la nostra comune attenzione è concentrata sulla preghiera, sul dialogo teologico e su di un più approfondito studio. Questa unità di cui la comunità dei battezzati oggi ha bisogno dovrebbe essere senza macchia, dovrebbe essere piena e perfetta. perciò è necessario chiarire tutte le questioni che impediscono la piena comunione nella fede. Sembra dunque che la Commissione congiunta per il dialogo abbia scelto in modo adatto prendendo come punto di partenza lo studio della sacramentalità della Chiesa e dei suoi sacramenti. La concezione comune della sacramentalità della Chiesa sosterrà positivamente l'intero dialogo. Certamente, la ricerca dell'unità non significherà affatto ricerca dell'uniformità. La vita della Chiesa è multiforme. Nel corso dei secoli essa ha mirato a rispondere nel modo più pieno possibile ai diversi bisogni culturali e spirituali, valorizzando pienamente il patrimonio dei vari popoli.

Questa varietà ha permeato anche la vita liturgica. Quando tale diversità esprime la stessa fede, non soltanto non è un ostacolo all'unità, ma è una preziosa manifestazione complementare dell'inesauribile mistero cristiano.

Tutto ciò arricchisce il dialogo, sottolineando tutto quanto è compatibile con l'unità, quanto può contribuire ad affrontare e risolvere ogni difficoltà dottrinale.

ciò richiede la partecipazione di tutti, specialmente nella preghiera, che dovrebbe essere fervida e incessante. Molte volte abbiamo chiesto le preghiere di tutti i cattolici per questo dialogo. Sono certo che lo stesso richiamo è stato fatto ai fedeli ortodossi.


4. Una continuazione valida e realmente fruttuosa del dialogo teologico necessiterà d'essere sostenuta da quel più ampio dialogo che noi chiamiamo dialogo di carità. Le relazioni fraterne tra le nostre Chiese si stanno intensificando, e altrettanto dovrebbero essere intensificati gli incontri tra i nostri rispettivi fedeli, così come la collaborazione pratica e, in alcune circostanze, la mutua sollecitudine pastorale, disinteressata e generosa. Reciproco amore, dialogo sincero per porre in evidenza l'intera verità, rapporti stabili e più stretti, porteranno i cattolici e gli ortodossi ad una piena comunione di fede all'interno di una varietà di tradizioni liturgiche, disciplinari, spirituali e teologiche.

Quei santi apostoli, i fratelli Pietro e Andrea, ci sostengono con la loro intercessione. Essi ci hanno dato un esempio decisivo: "Essi subito, lasciate le reti, lo seguirono". L'ascolto della parola di Dio è un fattore decisivo nel nostro comune cammino verso la piena unità.

Questa comune preghiera per la festa dei santi Pietro e Paolo e questo incontro fraterno sono segni della nostra comune volontà di seguire il Signore nel presente e nel futuro. "A lui la gloria, ora e nel giorno dell'eternità. Amen" (2P 3,18).

Data: 1984-06-28 Data estesa: Giovedi 28 Giugno 1984




A giornalisti belgi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preannuncio del pellegrinaggio del Papa in Belgio

Testo:

Signor presidente, signore e signori.

La lunga fedeltà e il generoso sostegno che la vostra Associazione dei giornalisti cattolici del Belgio ha manifestato ai miei venerati predecessori e continua a testimoniare all'attuale successore di Pietro, sono per me fonte di grande conforto. Se il Papa deve compiere la sua particolare missione di sollecitudine verso tutte le Chiese che sono in comunione con la Sede di Roma, sa anche che può contare sul sostegno del popolo cristiano. Per parte vostra, voi illustrate questa solidarietà ecclesiale che l'apostolo Paolo raccomandava calorosamente ai cristiani di Corinto (cfr. 2Co 8).

Mi felicito con voi e vi ringrazio per la somma che avete avuto la delicatezza di farmi avere qui a Roma. Il vostro intervento è altamente simbolico ed è un bell'esempio per i responsabili dei pellegrinaggi diocesani o parrocchiali che si impegnano a condurre i figli della Chiesa alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, in vista di un ritorno alle origini della loro fede, della loro carità, della loro speranza.

La prego, signor presidente, di esprimere la mia riconoscenza, nel modo che giudicherà adatto, a tutti coloro che hanno partecipato alla raccolta di queste "Strenne pontificie": i numerosi lettori dei vostri giornali cattolici e tutti gli amici della vostra Associazione. Non c'è bisogno di aggiungere per questi benefattori intelligenti che i facili cliché sulle ricchezze del Vaticano sono oggettivamente superati e che è venuto il momento in cui potrebbe essere messo a punto, per quanto riguarda le risorse materiali, un'articolazione ancora più efficace tra i servizi romani della Chiesa universale e le Chiese locali.

Siate comunque certi che tutti i doni, più importanti o più modesti, permettono a chi presiede alla carità di tutte le Chiese di assicurare il buon funzionamento dei servizi centrali della Chiesa e di soccorrere, nel nome di Cristo, le popolazioni dei Paesi oppressi dalla miseria. A loro nome, vi esprimo la più profonda gratitudine. Che Dio stesso vi benedica abbondantemente e vi faccia la grazia di comunicare ai vostri fratelli la passione evangelica della condivisione.

Volentieri rivolgo anche in fiammingo una parola di ringraziamento cordiale a tutti i membri dell'Associazione dei giornalisti cattolici e dell'Unione dei giornalisti cattolici del Belgio, come pure a tutti i collaboratori e ai lettori dei giornali cattolici per i generosi contributi alla colletta "Strenne pontificie" che è espressione di fedeltà e di affezione sincera per la Chiesa e per il Vicario di Cristo.

Di cuore invoco la grazia e la benedizione di Dio su di voi e con gioia speciale questa volta dico: arrivederci l'anno prossimo in Belgio.

Data: 1984-06-28 Data estesa: Giovedi 28 Giugno 1984




Solennità dei santi Pietro e Paolo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costruita sulla verità, la Chiesa è libera dalla paura

Testo:

Fratelli e sorelle.

[Saluto alla delegazione di Costantinopoli:] Siamo qui riuniti in questa basilica per celebrare la liturgia della solennità dei santi Pietro e Paolo, principi degli apostoli e colonne della Chiesa di Roma, e per verificare e rafforzare la nostra fede alla splendida luce di questi intrepidi testimoni di Cristo. E' presente anche, come ormai da diversi anni, una delegazione del Patriarcato ecumenico. Quest'anno essa è guidata dall'arcivescovo d'Australia, sua eminenza Stylianos, co-presidente della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Ringrazio di cuore il patriarca Dimitrios I per l'invio della delegazione; ringrazio parimenti i membri di questa, qui convenuti per unirsi alla nostra preghiera: insieme, chiediamo al Signore la piena riconciliazione tra le nostre Chiese sorelle per una più efficace testimonianza cristiana a Cristo e per una più incisiva divulgazione del suo Vangelo di amore e di pace.

[Omelia:] "Tu sei Pietro" (cfr. Mt 16,18).


1. Gesù pronuncia queste parole vicino a Cesarea di Filippo. Le dice a Simon Pietro, ma il suo occhio interiore, lo sguardo della sua anima sono rivolti al Padre. Un attimo prima, alla domanda: "Voi chi dite che io sia?", Simon Pietro aveva risposto: "Tu il Messia (il Cristo), il Figlio del Dio vivente" (cfr. Mt 16,15-16).

Gesù sa che questa risposta di Pietro proviene non direttamente da lui - pescatore di Galilea, apostolo - ma dal Padre! "...né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17). Le parole di Simon Pietro sono una professione di fede; nascono dalla rivelazione, la cui fonte è il Padre stesso.

Gesù Cristo fissa lo sguardo nel Padre. Vede che nella risposta di Pietro la fede, nata dalla rivelazione, è ormai giunta a maturità, e dice: "Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,18).


2. così dunque la Chiesa viene fondata sulla pietra della fede, che ha la propria origine in Dio stesso: nel Padre. Nelle parole umane - così come un attimo prima nelle parole di Pietro - questa fede esprime la verità che è da Dio.

Avversario di questa verità sono "le porte degli inferi". Queste, sin dall'inizio, cercano di distruggere nella storia dell'uomo la verità che è da Dio e che ha la sua fonte nel Padre.

La Chiesa, per la quale la confessione di Pietro è diventata "la pietra", viene contrapposta alle "porte degli inferi". Esse cercheranno di prevalere su ciò che ha la sua fonte in Dio, ma non ci riusciranno. "Non prevarranno" (Mt 16,18).

Il nome di Pietro nella risposta di Cristo è stato legato alla promessa del perdurare della Chiesa in questa verità, che proviene da Dio. Questo perdurare prenderà il fondamento definitivo dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. In lui viene anche dato alla Chiesa lo Spirito Santo: il Consolatore, lo Spirito di verità.


3. La Chiesa venera oggi Pietro apostolo, fissando lo sguardo in lui, così come Cristo nell'eterno Padre, che è fonte di verità e d'amore. Contemporaneamente, nel giorno del martirio dell'apostolo, la Chiesa medita la storia umana della sua vita.

Prima di tutto pensa a quel momento, quando - dopo che già Cristo era tornato al Padre - Pietro stava a capo della Chiesa in Gerusalemme. Là era stato imprigionato da Erode, il quale si proponeva "di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua" (Ac 12,4). Egli aveva di recente condannato a morte Giacomo, fratello di Giovanni, e si proponeva di farlo con Simon Pietro.

Le porte degli inferi tentano di prevalere su quella verità, mediante la quale la Chiesa rimane in Dio: rimane nel Padre per mezzo del Figlio nella potenza dello Spirito Santo.

Le porte degli inferi cercano di distruggere l'uomo, al quale Cristo lego il carisma di questa verità, e che chiamo "pietra". Quest'uomo non dispone di nessuna forza umana, per difendersi. "Legato con due catene" (Ac 12,6) attende la condanna a morte nella prigione di Gerusalemme.


4. Dio è Signore della vita e della morte di Simon Pietro. "Una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui" (Ac 12,5). La Chiesa ha bisogno di Pietro. Ha bisogno di lui non solo la Chiesa di Gerusalemme, ma ancora quella di Antiochia e quella di Roma.

La liturgia dell'odierna solennità è piena di gioiosa gratitudine perché Dio ha strappato Pietro dal potere di Erode. La esprime l'apostolo stesso, quando in modo miracoloso viene condotto fuori dalla prigione e restituito alla Chiesa di Gerusalemme. La esprime il salmo responsoriale, nel quale risuonano, con un'eco lontana di generazioni, le parole di Pietro stesso: "...il Signore... da ogni timore mi ha liberato". E la Chiesa, lieta di questa liberazione, sembra esclamare: "Ho cercato il Signore e mi ha risposto" (Ps 33,5).

Ecco Pietro: l'uomo che è passato attraverso una profonda esperienza della propria debolezza. L'apostolo che pianse amaramente il suo triplice rinnegamento. Ecco Pietro: la stessa notte, nella quale fu liberato dal potere di Erode, riconobbe di essere completamente nella potenza di Dio stesso. E si affido senza riserva a questa potenza.


5. Oggi onoriamo la memoria della sua morte come martire a Roma. In questa morte per martirio, nei tempi di Nerone, nel periodo della prima persecuzione dei cristiani, Pietro fu definitivamente unito a Paolo di Tarso.

Sappiamo che Cristo introdusse Paolo nel gruppo degli apostoli, manifestandosi a lui sulla via di Damasco. Prima - col nome di Saulo, il fariseo - era stato persecutore dei discepoli e degli apostoli di Cristo. Più tardi, anch'egli diventa un apostolo.

Anzi, divenne "uno strumento eletto". Cristo stesso disse di lui: "...Porterà il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io gli mostrero quanto dovrà soffrire per il mio nome" (Ac 9,15-16).

Con Pietro, Paolo si era incontrato prima in Palestina, poi ad Antiochia, infine a Roma. Nel periodo della persecuzione, nei tempi di Nerone, si trovarono li nello stesso tempo.

Anche Paolo sulla strada apostolica sperimento quanto fosse anche lui nelle mani di Dio. Molte volte "fu liberato dalla bocca del leone" (cfr. 2Tm 4,17).

A Pietro fu unito dal carisma della verità divina, per mezzo del servizio alla stessa verità, che in Gesù Cristo proviene dal Padre. Scrive a Timoteo: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede". Continua: "Il Signore pero mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili". Al termine della vita scrive così: "Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno" (2Tm 4,4 2Tm 4,17 2Tm 4,18).

6. Oggi ambedue gli apostoli, Simon Pietro e Paolo di Tarso, uniti dal carisma salvifico del Vangelo - della verità che proviene dal Padre - vanno incontro al Signore crocifisso e risorto. Il tempo della loro morte come martiri, il tempo della definitiva testimonianza, li uni qui, a Roma.

Da questa morte, da questa testimonianza cresce la Chiesa. "Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,18). La Chiesa cresce e qui in Roma e crescerà in luoghi della terra sempre nuovi, in mezzo a diversi popoli e a diverse nazioni. Porterà in sé l'eredità degli apostoli Pietro e Paolo, grazie ai quali "le porte degli inferi" non hanno prevalso contro questa verità, che proviene dal Padre: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,19).

In questa verità è stato stabilito il legame tra il pellegrinaggio terreno dell'uomo e il regno dei cieli, "le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,19). Un legame molto stretto. Un legame organico.

"Le porte degli inferi", colpendo con le spade dei persecutori, poterono mettere a morte Simon Pietro e Paolo di Tarso, ma non sono riuscite a distruggere questo legame con il regno dei cieli, che essi hanno consolidato nella Chiesa in forza della verità rivelata da Dio.


7. "Celebrate con me il Signore / esaltiamo insieme il suo nome. / Ho cercato il Signore e mi ha risposto / e da ogni timore mi ha liberato" (Ps 33,4-5). Il salmista canta queste parole nell'odierna liturgia. Queste parole ripete Simon Pietro, le ripete Paolo di Tarso.

Queste parole canta la Chiesa intera: costruita sulla pietra della verità, che proviene da Dio: non teme! E' libera dalla paura. La verità rende liberi per la libertà. La verità rende liberi per l'eternità.

Ecco il messaggio apostolico di Simon Pietro e di Paolo di Tarso, nel giorno in cui sono stati definitivamente liberati da ogni paura.

E il rito dell'imposizione dei sacri pallii, che ora seguirà, ben si inserisce in questa temperie spirituale ed esprime non solo la speciale comunione che lega i vescovi metropoliti al successore di Pietro, ma anche e soprattutto il maggiore impegno di amore per Cristo e per le anime: di un amore tale da fugare ogni timore e da sapersi donare interamente per il proprio gregge.

Così sia.

Data: 1984-06-29 Data estesa: Venerdi 29 Giugno 1984




Alla Conferenza mondiale sulla pesca - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Collaborazione internazionale per eliminare la fame nel mondo

Testo:

Signor presidente, Signor direttore generale, Signore e signori.


1. Sono molto lieto di parlare oggi ai partecipanti alla Conferenza mondiale sulla pesca, indetta dalla Fao.

Come ben sapete, il vostro raduno si sta svolgendo nel periodo delle celebrazioni religiose che ricordano l'origine della comunità dei discepoli di Cristo, che fu fondata da Pietro, un semplice pescatore che fu chiamato a presiedere e guidare una missione spirituale e morale di ampiezza mondiale. così la Chiesa cattolica fin dal principio è stata in stretto contatto col mondo dei pescatori. Possiamo pensare che ciò che ha particolarmente attratto Cristo verso i pescatori e ha fatto si che egli li scegliesse per un tipo di lavoro molto diverso fu il loro coraggio, il loro spirito di iniziativa e la loro prontezza ad affrontare i rischi del vento e delle onde.

La Chiesa è perfettamente consapevole delle difficoltà e dei problemi di vita di chi è legato all'industria della pesca, problemi che sono condivisi oggi da coloro che in tutto il mondo si guadagnano la vita sul mare.


2. E' naturale che la principale preoccupazione dell'attuale Conferenza è il bisogno in rapida crescita di risorse alimentari per soddisfare la fame di milioni di persone che soffrono di malnutrizione nei Paesi più poveri del mondo. Sappiamo tutti che c'è stata una profonda modificazione di pensiero a proposito dello sviluppo economico e sociale in generale. Si nota infatti un confortante ritorno al primato dell'agricoltura e l'uso efficiente dei prodotti dell'agricoltura, dopo un periodo di eccessiva attenzione al settore industriale. A questo proposito è utile ricordare che gli Statuti della Fao pongono sotto la voce agricoltura i prodotti non soltanto della terra e delle foreste ma anche delle acque.

E' particolarmente opportuno che oggi si sottolinei l'importanza del settore della pesca tra i prodotti alimentari richiesti dall'aumento della popolazione nel mondo. Questo è particolarmente importante per rispondere ai pressanti bisogni di quei Paesi nei quali c'è un acuto squilibrio tra la domanda e le attuali risorse alimentari. Infatti le risorse provenienti dalla pesca possono essere ancora migliori e usate più ampiamente. La pesca ha dunque un'importanza enorme nella lotta contro la fame. Particolarmente nei piccoli centri è una risorsa primaria per il fabbisogno immediato di cibo.

La vostra Conferenza dà giustamente particolare attenzione alla pesca su scala ridotta e voi insistete sul fatto che i problemi ad essa connessi hanno reale priorità. Le comunità che esercitano la pesca su scala ridotta e i loro bisogni devono essere presi in considerazione e integrati nell'economia nazionale.

In modo simile, lo sviluppo delle varie forme di acquacoltura è ovviamente cosa molto opportuna. I buoni risultati già raggiunti mostrano che questa attività non soltanto contribuisce ad aumentare le risorse alimentari ma crea anche nuove opportunità di occupazione, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. E' anche un mezzo efficace per proteggere e salvaguardare l'ambiente.


3. Voi giustamente considerate la pesca come un'intera serie di attività umane e giustamente sottolineate gli obiettivi sociali ad essa connessi. Al fine di incontrare i bisogni della società d'oggi, è necessario applicare al settore della pesca forme richieste da una gestione moderna ed efficiente.

Chiaramente, la vostra Conferenza deve procedere al livello di soluzioni pratiche rese possibili dalla moderna tecnologia. Da qui il bisogno di prendere in considerazione le attuali condizioni economiche di ogni singola nazione, così da poter delineare obiettivi realistici e specificare il finanziamento necessario.

Ma ciò che tenete costantemente presente e ciò che usate come costante punto di riferimento sono gli aspetti umani di base, specialmente quelli sperimentati da coloro che traggono la loro sussistenza dalla pesca e dall'industria ad essa connessa. E' perciò compito della vostra Conferenza riesaminare i criteri già formulati a proposito dell'agricoltura al fine di assicurare uno sviluppo non soltanto tecnico ed economico ma anche uno sviluppo umano degli individui e delle comunità.

I Paesi sono ovviamente interdipendenti ed è questo che rende necessario coordinare le politiche interne senza perdere di vista lo sviluppo mondiale.

Questa è la ragione per cui nella mia enciclica "Laborem Exercens" (cfr. LE 4 LE 25) ho sottolineato il principio della priorità del lavoro umano nell'intero processo economico. Di conseguenza, le autorità pubbliche dovrebbero favorire forme di corresponsabilità dei lavoratori della pesca, condotta sia su scala ridotta che su larga scala, e le diverse forme di solidarietà che si esprimono in libere associazioni. La partecipazione attiva di tutti i lavoratori della pesca alle decisioni che riguardano la loro vita e il loro lavoro dovrebbe essere incoraggiata.


4. Uno dei vostri importanti compiti è quello di promuovere l'uso appropriato delle risorse disponibili e di svilupparne di nuove. Anche qui vorrei esortare gli scienziati a far uso di tutti i loro talenti e di tutte le loro conoscenze. Si deve anche trovare un accordo sui criteri e i metodi da applicare alla pesca nel contesto dello sviluppo mondiale.

Una maggiore disponibilità di risorse finanziarie e un miglioramento nelle facilitazioni di prestito e credito sono un ovvio prerequisito per l'efficienza della produzione; si devono prendere adeguati provvedimenti per la sostituzione dell'equipaggiamento. Si dovrebbe fare in modo di facilitare l'accesso al mercato, dei prodotti della pesca, anche per le comunità piuttosto modeste, incoraggiando ogni miglioramento nel trattamento e nella presentazione dei prodotti da parte delle comunità di pescatori.

E' dunque auspicabile che questa Conferenza sia in grado di raggiungere un accordo sui principali aspetti della gestione e dello sviluppo della pesca. E' anche auspicabile che tutti gli Stati e le organizzazioni volontarie, con tutte le loro risorse ed energie, lavorino efficacemente al fine di raggiungere un'efficiente azione comune. E' auspicabile che il vostro lavoro confermi la diffusione di forme di solidarietà e di mutuo aiuto, non soltanto tra Paesi altamente industrializzati, ma anche tra Paesi con risorse limitate!


5. La Chiesa ripete ancora una volta di essere pronta ad assistere, nelle forme che le sono proprie, tutti gli sforzi volti ad eliminare la fame e la malnutrizione nel mondo e gli sforzi per elevare il livello di vita di chi è realmente povero e incapace di lavorare per il proprio sviluppo economico e sociale.

In particolare, sembra opportuno sottolineare la disponibilità della Chiesa a incoraggiare le sue istituzioni a collaborare nei campi appropriati. La Chiesa è pronta a intensificare il suo lavoro educativo, sia a livello elementare che professionale, e contribuire così all'addestramento, tanto essenziale per essere in grado di controllare i cambiamenti dei metodi di produzione e di vendita.

Ed è con questa sollecitudine per tutti coloro che lavorano per lo sviluppo sociale ed economico nell'ambito della pesca e anche per il progresso di coloro che sono impegnati nelle attività connesse alla pesca in tutto il mondo che io esprimo la mia ammirazione per i vostri importanti sforzi. Su tutti voi invoco le benedizioni di Dio nel vostro lavoro presente e futuro per il bene dell'umanità.

Data: 1984-06-30 Data estesa: Sabato 30 Giugno 1984









Ai vescovi di Sri Lanka in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà col loro impegno a promuovere pace e unità

Testo:

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.


1. E' con profondo interesse pastorale e gioia che do il benvenuto a voi, vescovi di Sri Lanka. Voi mi avete comunicato la lealtà e l'affetto del vostro popolo, e io contraccambio assicurando voi e loro del mio amore in Gesù Cristo. In voi io abbraccio tutti i singoli e le comunità che costituiscono la Chiesa nel vostro Paese. In questo nostro importante incontro è riassunta tutta la storia religiosa del vostro popolo, fin dagli inizi, fin dal tempo dei primi evangelizzatori. Penso anche al grande contributo del venerabile Joseph Vaz che approdo sulle vostre rive tre secoli fa. Insieme a voi rendo omaggio alla memoria di questo apostolo e aspetto insieme a voi il giudizio definitivo della Chiesa a riguardo della sua eminente santità. E insieme a voi rendo grazie per tutti gli altri generosi missionari che sono vissuti e sono morti perché "la parola di Dio si diffondesse e fosse glorificata" (2Th 3,1). Insieme a voi onoro il Vangelo che essi vi hanno trasmesso e la messe che hanno seminato in quella fertile terra che è la "Perla dell'Oriente".

In questo momento noi offriamo a Dio tutte le vicissitudini della vostra storia, le prove e le tribolazioni, le gioie e le sofferenze che il vostro popolo ha sperimentato e che ancora sta vivendo nella vostra società multi-etnica e multi-religiosa. E noi preghiamo perché questa offerta diventi per il vostro popolo rinnovato coraggio e proclamazione di speranza.


2. Il presidente della vostra Conferenza episcopale ha fatto riferimento al "costo della sequela", ciò che significa seguire Gesù, il Verbo incarnato di Dio, abbracciare il suo Vangelo, professare la fede cattolica, vivere una vita degna del regno dei cieli. In questa occasione, in nome della Chiesa universale, ringrazio Dio per la sequela che è stata vissuta a Sri Lanka. Lo ringrazio per la vitalità che esiste nella Chiesa del vostro Paese, per le grazie che hanno formato le vostre famiglie cristiane, sostenuto i vostri sacerdoti e religiosi, e motivato la generosità dei seminaristi, dei catechisti e dei laici impegnati che lavorano per il Vangelo.


3. Questa visita "ad limina" mi dà l'opportunità di esprimere il mio sostegno ai vostri sforzi apostolici e all'opera che voi fate per promuovere una pace durevole basata sulla giustizia e sull'equità per tutti. Vi esprimo la mia solidarietà nei vostri sforzi per proclamare il messaggio della Chiesa a riguardo della dignità umana e dei diritti di tutti gli individui, così come dei diritti delle comunità col loro patrimonio culturale e linguistico.

Voi avete giustamente parlato del diritto alla propria religione, del principio di sussidiarietà, del bisogno vitale di occupazione, e del ruolo della democrazia rappresentativa nell'assicurare efficacemente i diritti di tutti. La Chiesa universale è accanto a voi, nel vostro impegno per promuovere l'unità del vostro popolo, chiamandolo a rifiutare i pregiudizi, ovunque essi si trovino, condannando la violenza e promuovendo la pace e le condizioni che conducono alla pace. Di grande importanza è ogni sforzo volto ad alleviare la tensione etnica.

Queste considerazioni e altre ancora sono tra le riflessioni espresse nella vostra comune lettera pastorale resa pubblica a Pentecoste. Questo documento è un esempio di quella concertata azione pastorale affidata allo Spirito Santo che manifesta l'unità della Conferenza episcopale, un bene che dev'essere altamente stimato e costantemente perfezionato.


4. Il vostro contributo alla vita della Chiesa si concretizza ogni giorno nell'esercizio della vostra sacra missione di insegnamento delle verità di fede.

Questo è fatto da voi personalmente e direttamente, e anche insieme con i vostri sacerdoti, e attraverso i vostri religiosi, i vostri catechisti e le limitate strutture scolastiche a vostra disposizione. Il messaggio che proclamate non soltanto ha un contenuto religioso, ma costituisce anche un contributo a una serena vita civile. La pace, la giustizia, il rispetto dell'uomo che tanto sono parte della proclamazione della Chiesa divengono anche atti di patriottismo da parte di coloro che li abbracciano e contribuiscono al bene globale della società di Sri Lanka.

La vostra sollecitudine pastorale vi chiama a unire le forze con tutti i fratelli nell'affrontare le sfide comuni, alcune delle quali sono problemi di vaste dimensioni, come quella della droga e dei disordini sociali. Nel proclamare Gesù Cristo e le sue beatitudini a tutti coloro che liberamente scelgono di ascoltare le vostre parole, il vostro ministero si esercita anche nel coltivare l'amore fraterno a tutti i livelli della società, nel rafforzare il concetto di servizio generoso a coloro che sono nel bisogno e nel promuovere il rispetto universale per la persona umana. Il tessuto stesso della vostra società richiede un impegno speciale da parte vostra nel dialogo con le diverse comunità religiose che lo compongono.

Nel fare questo voi sarete realmente fedeli alle indicazioni pastorali del Concilio Vaticano II. Alla base di ogni dialogo e collaborazione vi è il principio riassunto nella costituzione "Nostra Aetate" (NAE 1): "Una sola comunità costituiscono i vari popoli. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio".


5. E, come vescovi, il vostro ministero raggiunge il suo culmine nella proclamazione sacramentale della riconciliazione secondo l'ordine divino ristabilito dal mistero pasquale, attraverso l'offerta del sacrificio eucaristico, che è la sorgente più efficace di unità e di pace. In questa unità, simbolizzata e compiuta dall'Eucaristia, voi trovate la vostra stessa identità di vescovi della Chiesa, pastori del popolo di Dio e servi del Vangelo. Il mistero pasquale passa attraverso l'Eucaristia ed è trasmesso al mondo in termini di speranza.


6. Continuate, venerabili fratelli, a proclamare in mezzo a tutti i problemi e le difficoltà la speranza del Vangelo, fattasi carne, secondo l'espressione di san Paolo, in "Cristo Gesù nostra speranza" (1Tm 1,1).

Cari fratelli: come pastori uniti tra di voi, uniti con me e con la Chiesa universale continuate ad esemplificare la speranza della vostra chiamata, rendendo testimonianza ad essa come fecero con i Gentili gli apostoli, i quali dissero: "Noi ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono" (1Tm 4,10).

Con questo messaggio di speranza vi chiedo di portare i miei saluti a tutti i fedeli delle vostre Chiese locali, particolarmente a coloro che soffrono.

La mia speciale benedizione va a tutti coloro che collaborano con voi nel Vangelo.

Vi prego di dare assicurazione al cardinale Cooray del mio ricordo fedele e affezionato nel Signore.

E su tutti voi invoco la gioia e la forza di nostro Signore Gesù Cristo, raccomandando voi a tutta la Chiesa del vostro Paese alla materna protezione di colei che voi riconoscete e venerate come nostra Signora di Lanka. Che ella vi sostenga nella speranza e nell'amore!

Data: 1984-07-05 Data estesa: Giovedi 5 Luglio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ad una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli