GPII 1984 Insegnamenti - Ai donatori di sangue e di organi - Castel Gandolfo (Roma)

Ai donatori di sangue e di organi - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il vostro gesto verso i bisognosi sia un'offerta al Signore

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle, sono lieto di rivolgere un saluto particolare a tutti voi, donatori di sangue e di organi che partecipate alla marcia organizzata dai dirigenti dell'Associazione nazionale volontari italiani del sangue e donatori organi (Avis e Aido).

Mi compiaccio con voi per questa iniziativa che è indice della vostra vitalità e del vostro spirito che vi hanno spinto a intraprendere questa marcia.

Ma apprezzo soprattutto la finalità che vi ha riuniti e mobilitati: quella, cioè, di promuovere e incoraggiare un atto così nobile e meritorio come quello di donare il proprio sangue o un proprio organo a quei fratelli che ne hanno bisogno. Tale gesto è tanto più lodevole in quanto non vi muove, nel compierlo, il desiderio di interessi o di mire terrene, ma un impulso generoso del cuore, la solidarietà umana e cristiana: l'amore del prossimo che forma il motivo ispiratore del messaggio evangelico e che è stato, anzi, definito il comandamento nuovo (cfr. Jn 13,34).

Nel donare il sangue o un organo del vostro corpo, abbiate sempre questa prospettiva umana e religiosa; il vostro gesto verso i fratelli bisognosi sia compiuto come un'offerta al Signore, il quale si è identificato con quanti soffrono a causa della malattia, di incidenti della strada o di infortuni nel lavoro; sia un dono fatto al Signore sofferente, che nella sua passione ha dato tutto se stesso e ha versato il suo sangue per la salvezza degli uomini.

Se mettete anche questa intenzione soprannaturale, il vostro gesto umanitario, già di per sé così nobile, si eleverà e si trasformerà in una splendida testimonianza di fede cristiana e il vostro merito certamente non andrà perduto.

Vada, pertanto, a voi tutti il mio incoraggiamento a non stancarvi nel fare il bene, ma a compierlo con slancio, serenità e generosità. Vi sia di conforto la benedizione apostolica che ora imparto a voi e a tutti gli aderenti alle vostre associazioni, in pegno della mia benevolenza.

Data: 1984-08-02 Data estesa: Giovedi 2 Agosto 1984




Ai vescovi dell'Africa meridionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà con chi soffre ingiustizie, non lotta di classe

Testo:

Ai miei cari fratelli vescovi dell'Africa meridionale.


1. Sono molto lieto di rivolgermi alla prima assemblea generale dell'Incontro inter-regionale dei vescovi dell'Africa meridionale, che si tiene ad Harare. Sono felice di notare che il vostro incontro è realizzazione concreta e frutto prezioso dell'esplicito desiderio del Concilio Vaticano II che "si favoriscano le relazioni tra le conferenze di diverse nazioni, per l'incremento e la difesa del bene comune della Chiesa" (CD 38).

Non potendo essere presente di persona, come avrei desiderato, per condividere più pienamente le gioie e le preoccupazioni del vostro ministero pastorale, vi saluto con le parole dell'apostolo Paolo: "Comportatevi da cittadini degni del Vangelo, perché nel caso io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del Vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari" (Ph 1,27-28).

"In un solo spirito, combattendo unanimi". Questa è l'interiore disposizione di cuore che vi anima mentre vi riunite per esaminare la realtà delle vostre Chiese locali, nelle relazioni tra di loro e nel contesto delle sfide concrete che affrontate. così facendo voi date espressione alla natura collegiale del vostro servizio episcopale. Che il Signore benedica abbondantemente la vostra carità fraterna, la vostra apertura reciproca e la vostra comunione nella fede e nella vita cristiana!


2. Il tema che avete scelto per le vostre discussioni è indicativo della vastità delle vostre responsabilità di successori degli apostoli. In questi giorni di preghiera e di dialogo, i vostri pensieri si focalizzeranno sulla "missione profetica della Chiesa e il suo insegnamento sociale nella regione sud-africana".

I Paesi di quest'area geografica formano una realtà sociale, culturale e politica complessa e diversificata. La Chiesa, comunque, parla ad ogni particolare situazione all'interno di questa diversità, proprio perché parla con le parole del suo Signore e Salvatore Gesù Cristo che è la "luce di tutte le nazioni".

Il compito dell'evangelizzazione, di cui i vescovi sono gli agenti principali, implica - come scrisse il mio predecessore Paolo VI - "l'incessante interazione del Vangelo e della vita concreta dell'uomo". Mentre la "buona novella" della redenzione in Cristo è un messaggio di validità universale - lo stesso per ogni tempo e luogo - la sua proclamazione implica un messaggio esplicito, adattato alle differenti situazioni che costantemente si realizzano (cfr. EN 29).

Questo messaggio esplicito concerne i diritti e i doveri di ogni essere umano) concerne la vita familiare, la vita nella società, la vita internazionale, la pace, la giustizia e lo sviluppo. In breve, concerne l'uomo, l'uomo nella complessa realtà della sua concreta esistenza.


3. Come pastori del gregge di Cristo voi partecipate alla sollecitudine di Cristo stesso, il Buon Pastore di tutti gli uomini e le donne. In questo momento in cui vi disponete a considerare le diverse e spesso dolorose situazioni dei vostri popoli, desidero proporre alla vostra riflessione quanto ho scritto nell'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 13): "Qui si tratta dell'uomo in tutta la sua verità, nella sua piena dimensione. Non si tratta dell'uomo "astratto", ma reale, dell'uomo "concreto", "storico". Si tratta di "ciascun" uomo, perché ciascuno è stato compreso nel mistero della redenzione, e con ognuno Cristo si è unito, per sempre, attraverso questo mistero".

Possiamo dunque concludere che l'oggetto della sollecitudine della Chiesa è ogni uomo e ogni donna nella sua realtà umana unica e irripetibile. Ogni vita umana ha un valore inalienabile che le deriva dal fatto che ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio: un'immagine e somiglianza che permane sempre, in ogni tempo e in ogni circostanza.

Mediante la vostra consacrazione e il vostro ministero episcopale la Chiesa si è resa presente tra le vostre genti. Attraverso di voi e i vostri collaboratori, specialmente i sacerdoti e i religiosi, la Chiesa partecipa alle concrete circostanze storiche dei vostri popoli e dei vostri Paesi, proclamando la parola di verità che libera e amministrando la grazia trasformatrice dei sacramenti della fede.

La Chiesa desidera in modo particolare essere vicina a chi soffre e a chi è oppresso. Desidera consolare i deboli e gli espropriati; difendere e assistere il crescente numero dei rifugiati e di coloro che vengono forzosamente trasferiti nella vostra regione; camminare mano nella mano con i lavoratori emigrati, costretti da situazioni di povertà e di sottosviluppo a cercare possibilità di vita lontano dalle loro case e dalle loro famiglie.

Non occorre dire della solidarietà della Chiesa con i poveri, con le vittime di leggi ingiuste o di ingiuste strutture sociali ed economiche. Ma le forme in cui questa solidarietà si realizza non possono scaturire da un'analisi basata su distinzioni di classe e sulla lotta di classe. L'impegno della Chiesa è di chiamare tutti gli uomini e tutte le donne alla conversione e alla riconciliazione, senza opporsi a gruppi, senza essere "contro" qualcuno. Ogni forma di ministero e di servizio nella Chiesa deve essere un'espressione dell'amore che è nel cuore di Gesù.


4. La vostra assemblea affronterà molti problemi assai gravi e urgenti per i quali, spesso, non può esserci una soluzione semplice. E' importante dunque che le vostre parole e le vostre azioni riflettano la certezza e la speranza che fluiscono dal mistero redentivo della croce e della risurrezione di Cristo. In questo modo le vostre decisioni saranno veramente profetiche: cioè aperte ai suggerimenti dello Spirito Santo e in piena armonia con il messaggio di salvezza del Vangelo. La genuina forza profetica del nostro ruolo di insegnamento nella comunità ecclesiale deriva, non da preconcetti ideologici e socio-politici, ma dalla nostra proclamazione, nella fiducia e nella libertà, della parola del Signore. Come scrive san Paolo: "La parola della croce... è potenza di Dio" (1Co 1,18).

5. Senza entrare nel tema delle vostre discussioni, sono lieto di avere questa opportunità di riaffermare la mia convinzione che "l'uomo è la via della Chiesa, via della quotidiana sua vita ed esperienza, della sua missione e fatica" (RH 14). Prego affinché i vostri cuori siano ricolmi di amore evangelico per tutto il popolo di Dio, e vi incoraggio a essere guidati soltanto dal desiderio di difendere e di promuovere la vera dignità dell'uomo.

E' mia ardente speranza che la prima assemblea generale dell'Incontro inter-regionale dei vescovi dell'Africa meridionale riesca a promuovere un profondo senso di comunione ecclesiale tra tutte le Chiese locali della zona e che, condividendo le gioie e i dolori della vostra missione pastorale, vi rafforzerete nell'amore di Cristo e nel desiderio di servire i suoi fratelli e sorelle con tutte le vostre capacità.

Insieme col Padre che ci ha chiamati nella potenza dello Spirito Santo ad essere testimoni del Figlio suo nel mondo, sono lieto di impartire la mia benedizione apostolica, come pegno della mia spirituale vicinanza. Che Dio sia con voi e con le Chiese che voi presiedete e servite.

Dal Vaticano, 2 agosto 1984

Data: 1984-08-02 Data estesa: Giovedi 2 Agosto 1984




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Nel sesto anniversario della scomparsa di Paolo VI

Testo:


1. Domani, festa della Trasfigurazione del Signore, ricorre il sesto anniversario della morte di papa Paolo VI, che avvenne qui, a Castel Gandolfo, nelle ore serali. E ricorre anche il 20° anniversario della sua prima enciclica, "Ecclesiam Suam".

Ascoltiamo ora, in preparazione alla preghiera dell'Angelus, le riflessioni che quel grande successore di san Pietro dedico a questa tipica e secolare preghiera mariana nella sua esortazione apostolica sul culto della Beata Vergine Maria: "La struttura semplice, il carattere biblico, l'origine storica, che collega (tale preghiera) all'invocazione dell'incolumità nella pace, il ritmo quasi liturgico, che santifica momenti diversi della giornata, l'apertura verso il mistero pasquale, per cui, mentre commemoriamo l'incarnazione del Figlio di Dio, chiediamo di essere condotti "per la sua passione e la sua croce alla gloria della risurrezione", fanno si che essa, a distanza di secoli, conservi inalterato il suo valore e intatta la sua freschezza" ("Marialis Cultus", 41).

Paolo VI, nei suoi oltre quindici anni di pontificato, ha lasciato alla Chiesa e al mondo una preziosa eredità di esempi e di insegnamenti; per questo dobbiamo essergli perennemente grati e riconoscenti. Sono indimenticabili le parole, racchiuse nel suo testamento, che ci manifestano la profonda fede, con cui egli guardava serenamente alla sua dipartita da questo mondo: "Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come non ringraziare te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite?" ("Insegnamenti di Paolo VI", XVI [1978] 591).


2. Egli ha amato intensamente la Chiesa e con non minore intensità ha amato, esaltato e difeso l'uomo. Ha amato e stimato il suo tempo, desiderando ardentemente annunciargli il messaggio di Cristo. Ci ha insegnato con la vita e con la morte come si deve amare Cristo e come ci si deve donare alla causa della salvezza dell'umanità.

Domani, 6 agosto, celebrero nella chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo la santa messa per il riposo eterno del mio predecessore. Invito pertanto tutti i presenti e tutti coloro che stanno ascoltando la mia voce a volersi unire a me con la loro preghiera per quella grande anima.


3. Oggi desidero esortarvi a intensificare l'impegno nella santificazione della domenica, che è il giorno della settimana consacrato alle "somme cose"; è il "giorno del Signore". La domenica ricorda in sintesi il contenuto essenziale della fede, e cioè la creazione e la redenzione dell'umanità, e stimola a vivere con convinzione e coerenza la vita cristiana. La santificazione del "giorno del Signore" è di fondamentale importanza per vivere autenticamente il cristianesimo.

In una "Nota pastorale", recentemente pubblicata dalla Conferenza episcopale italiana, nel raccomandare la partecipazione alla santa messa nel "giorno del Signore" così essa si esprime: "E' il Padre che imbandisce una mensa e invita i suoi figli: i fedeli sono tenuti all'obbligo di parteciparvi. Disprezzare l'invito è grave colpa; declinarlo per seri motivi, è causa di rammarico; prendervi parte stancamente significa privarsi dell'abbondanza dei suoi doni" (n. 26).

Auspico di cuore che la domenica abbia nella vostra vita cristiana il suo significato spirituale: sia realmente il "giorno del Signore", che dà luce all'intera settimana e a tutta la vita.

Data: 1984-08-05 Data estesa: Domenica 5 Agosto 1984





Lettera al V Meeting per l'amicizia - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Rinnovato impegno missionario per un umanesimo cristiano

Testo:

Al venerato fratello Giovanni Locatelli, vescovo di Rimini.

Nell'imminenza della celebrazione a Rimini del quinto Meeting per l'amicizia fra i popoli, desidero rivolgere, per il suo cortese tramite, un cordiale saluto agli organizzatori, ai relatori e ai partecipanti ed esprimere, al tempo stesso, l'auspicio di fruttuoso svolgimento del significativo incontro, che raduna, da cinque anni a questa parte, numerosi giovani e adulti, sensibili ai problemi connessi con la pacifica convivenza dei popoli.

Credenti e non credenti vengono attratti da quella straordinaria apertura a quei valori che Cristo, Figlio dell'uomo e Figlio di Dio, fa sentire nel cuore di chi si apre alla sua presenza. Coloro che si raccolgono costi, infatti, sono mossi da un particolare interesse per l'uomo e il suo destino: 1) interesse per la verità, che diventa passione per tutte le dimensioni e i momenti dell'esistenza umana, passione per la vita di ogni persona e per la difesa dei suoi diritti, sotto ogni latitudine; 2) interesse per la bellezza, che risplende sui volti di ogni popolo e razza, che si esprime nella musica e nel canto, nelle arti figurative, nella poesia, oltre che nella natura e nei paesaggi di ogni continente e nazione. Bellezza che colpisce talvolta per la sua luminosità e che invece, in altri momenti, è crocifissa, derisa, oltraggiata. Bellezza e verità, grazie a cui l'uomo appare nel suo essere, fatto a immagine e somiglianza del Creatore e del Salvatore; 3) interesse per il bene, per la costruttiva azione sociale e politica: per il proprio Paese, per l'Europa, per i popoli del mondo, per la loro identità e il loro futuro; 4) interesse e impegno per una città degli uomini che si fondi sulla verità e sull'amore.

Non sono forse questi i temi dei cinque Meeting che si sono costi celebrati? Non sono queste le espressioni di parola, di canto, di immagine, di incontro che caratterizzano il variegato caleidoscopio di ogni nazione? Quest'anno alla settimana di lavoro sarà proposto il tema: "America Americhe - 1984: l'impossibile tolleranza?". Si è così inteso attirare l'attenzione sulla complessità delle forme di vita che sono entrate a comporre la realtà americana e che si sono incontrate e scontrate fra di loro nel Nuovo Mondo.

Le Americhe dell'epoca moderna e contemporanea sono nate dall'avventura di Cristoforo Colombo e di tanti altri uomini, approdati dall'Europa su quelle sponde, mossi verso quella terra da ideali e da fedi diverse. L'Europa ha portato in America il grande bene della fede cristiana, ma anche gli elementi negativi delle sue dolorose divisioni. Per questi motivi, interrogarsi oggi sull'America - come i convenuti a codesto Meeting intendono fare attraverso una serie di interessanti dibattiti culturali - significa anche porre alcune importanti questioni sull'Europa. L'America, che ha tanto ricevuto dall'Europa, oggi costringe il vecchio continente a interrogarsi sulla sua cultura e sulla sua identità.

Quasi cinquecento anni fa Cristoforo Colombo scopri l'America. Ai nostri giorni, come allora, sorge un'identica domanda: saranno capaci i cristiani - di fronte a nuovi modi di pensare, a nuove civiltà, a nuove situazioni - di testimoniare fattivamente la loro "cattolicità"? Saranno capaci di rispondere alle esigenze fondamentali che emergono dalla natura umana, di far maturare tutto ciò che nella radice profonda di essa e già contenuto, ma trova sempre difficoltà a manifestarsi? (Mt 13,52).

La scoperta dell'America fu occasione di un nuovo grande slancio missionario della Chiesa. Il quinto Meeting, che si profila così denso di interessanti problematiche e che raccoglie le ansie dell'attuale momento storico, è un'occasione assai propizia per sottolineare con chiarezza e fiducia e far risplendere, fra tinte e contrastanti ideologie, l'umanesimo cristiano, che è aperto alla trascendenza, è illuminato dalla rivelazione di Cristo e dal magistero della Chiesa, ed è stimolato dalla carità universale. Si tratti di suscitare un nuovo impegno missionario di evangelizzazione e di comunione nell'Europa, nelle Americhe e in tutte le nazioni della terra, il quale sia sostenuto da una fede limpida e coraggiosa, dall'ardimento che cerca nuove strade di comprensione dell'uomo e di approccio ai suoi problemi, dall'umile e lieta volontà di valorizzare tutto ciò che può contribuire a questo umanesimo.

A conferma di tali voti e nella fiducia di una generosa corrispondenza, invio di cuore a lei, venerato fratello, e a quanti parteciperanno a codeste giornate riminesi la mia benedizione apostolica.

Da Castel Gandolfo, 5 agosto 1984.

Data: 1984-08-05 Data estesa: Domenica 5 Agosto 1984





Lettera sull'apostolato biblico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il servizio della Parola è proprio del popolo di Dio

Testo:

Al mio venerabile e caro fratello Packhiam Arokiaswamy, arcivescovo di Bangalore.

Per suo tramite, invio cordiali saluti ai partecipanti all'assemblea generale della Federazione cattolica mondiale dell'apostolato biblico e li assicuro della mia spirituale vicinanza. Ho saputo con gioia che questa assemblea ha tratto ispirazione, per il suo tema, dalle parole di Mosè: "Fossero tutti profeti" (Nb 11,29), e che ha applicato questa espressione ai compiti che intraprenderà.

Quasi vent'anni fa, la Federazione fu istituita sotto gli auspici del Segretariato per l'unità dei cristiani, per iniziativa del cardinale Agostino Bea, allora suo presidente. può adesso essere utile per la Federazione rivedere i fini che si propone di raggiungere.

L'impegno della Federazione è quello di aiutare i cattolici di tutto il mondo ad avere facile accesso (cfr. DV 22) alla parola di Dio affinché il suo messaggio salvifico possa animare la loro vita. Realmente, tutta l'attività e la testimonianza nella Chiesa dovrebbe scaturire dalla parola vivente, letta e interpretata nella comunità di fede, sotto la guida che lo Spirito Santo fornisce attraverso il magistero.

Il lavoro della Federazione non è qualcosa di privato. E', invece, un lavoro della Chiesa. Fanno parte della Federazione "le organizzazioni bibliche che in tutto il mondo lavorano insieme ai vescovi per condividere la loro responsabilità di rendere la parola di Dio accessibile a tutti" (Costituzione, art. III). Questo implica che i loro sforzi devono essere compiuti in stretta collaborazione con diversi gruppi nella Chiesa e in particolare con le conferenze episcopali.

Il "servizio profetico" del popolo di Dio (cfr. LG 12) dev'essere coscientemente esercitato come un autentico servizio della parola (cfr. DV 10). I fedeli sono chiamati a servire la rivelazione di Dio piuttosto che ad usare la parola per assecondare le loro idee, per quanto elevate esse possano essere. Non si può dimenticare che la parola è "affidata alla Chiesa" (DV 10) e che il servizio magisteriale della Chiesa ha la responsabilità dell'interpretazione autentica del suo messaggio.

La Federazione cerca di promuovere una visione universale che stabilisca stretti rapporti di lavoro tra le Chiese locali. A questo proposito, quelle comunità che hanno avuto il privilegio di ricevere la parola del Signore da molto tempo dovrebbero essere incoraggiate ad assistere quelle che hanno ricevuto più recentemente questo dono di Dio e che, a loro volta, lo condivideranno con altri.

Il carattere universale della Federazione si presta, entro certi limiti chiaramente definiti, a una diversità di approccio alla spiritualità biblica. La comunicazione di Dio all'umanità è ricca di contenuto e il suo inesauribile messaggio può ispirare varie forme di risposta. Si deve sempre avere cura di evitare di permettere che la parola rivelata serva una particolare ideologia.

La Federazione collabora con molti cristiani, talvolta organizzati in società a livello mondiale e molto attive, che si impegnano a far conoscere la parola, attraverso traduzioni appropriate, a più persone possibili. Tra di esse vi sono le Società bibliche. Incoraggio l'assemblea generale a continuare la sua cooperazione con questi vari gruppi. Partecipando al lavoro di traduzione, pubblicazione e diffusione della parola, ci si impegna a soddisfare i bisogni di coloro che hanno fame e sete della parola di Dio (cfr. Am 8,11). Questo vale anche per il lavoro di formazione di coloro che un giorno si dedicheranno all'insegnamento e alla predicazione della Sacra Scrittura.

Invocando la guida dello Spirito Santo sulle deliberazioni dell'assemblea generale, prego affinché gli sforzi della Federazione cattolica mondiale dell'apostolato biblico arricchiscano il corpo di Cristo con una comprensione e un amore più profondo per la parola incarnata.

Con le parole di san Paolo: "La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo, con amore incorruttibile" (Ep 6,24). Con questi sentimenti imparto di cuore la mia benedizione apostolica ai membri di questa assemblea.

Dal Vaticano, 6 agosto 1984

Data: 1984-08-06 Data estesa: Lunedi 6 Agosto 1984










Al V Congresso di diritto canonico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il ruolo dei canonisti nella vita della Chiesa

Testo:

Al mio venerabile fratello, Joseph Aurèle Plourde, arcivescovo di Ottawa.

Avendo ricevuto notizia del congresso della "Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo", che si terrà tra poco a Ottawa, le scrivo per chiederle di esprimere a tutti i partecipanti l'assicurazione del mio profondo interesse pastorale e della mia vicinanza nella preghiera.

Sono lieto di sapere che il tema scelto per il congresso è il nuovo Codice di diritto canonico. E' certamente molto opportuno che, poco dopo la promulgazione della nuova legislazione della Chiesa, si facciano sforzi particolari per promuovere una più piena comprensione del suo significato e della sua importanza. Non dubito che tutti voi vi stiate già impegnando a far ciò nelle vostre Chiese e comunità locali, rendendo così un contributo unico e importante.

Questo congresso vi sarà certamente d'aiuto in questo impegno, aiutandovi ad allargare la vostra conoscenza del contenuto del nuovo Codice e approfondendone l'apprezzamento quale strumento al servizio della Chiesa tutta, di ogni individuo e di ogni comunità locale.

La Chiesa è l'edificio di Dio, di cui Cristo è la pietra angolare; da questo fondamento la Chiesa riceve la sua stabilità e coesione (cfr. LG 6). E' giusto allora dire che la legittimità e il significato dei vari elementi della vita della Chiesa e della sua struttura consistono nella relazione di questi elementi con la volontà di Cristo, fondatore e capo del corpo. In questo senso il presente Codice, che enuncia i principi essenziali e dichiara le norme necessarie per l'adeguato ordinamento della società ecclesiale, dev'essere visto come un dono prezioso, un dono di Cristo alla sua Chiesa: un dono che deve essere ricevuto da tutta la comunità ecclesiale con gioia e gratitudine. Dunque le leggi della disciplina canonica suscitano una risposta che è nutrita da una visione di fede e riscaldata dall'amore.

Inoltre, il nuovo Codice di diritto canonico incarna le direttive e l'autentico spirito del Concilio Vaticano II che suscito una risposta tanto generosa nell'intera comunità cattolica e fu anche ben accolto da altre Chiese cristiane e comunità ecclesiali. E' mia speranza e preghiera - un desiderio che si confà alla natura specifica del ministero pastorale universale del Vicario di Cristo - che il nuovo Codice entri sempre più pienamente nella vita del popolo di Dio, contribuendo così a quella continua riforma di cui la Chiesa ha bisogno e che il Concilio ha così ardentemente sostenuto (cfr. UR 6).

In quest'occasione vorrei ricordare ciò che ho affermato nella costituzione apostolica "Sacrae disciplinae leges" a proposito del ruolo del Codice: "Il Codice di diritto canonico è estremamente necessario alla Chiesa.

Poiché, infatti, essa è organizzata come una compagine sociale e visibile, ha anche bisogno di norme: sia perché la sua struttura gerarchica e organica sia visibile) sia perché l'esercizio delle funzioni a lei divinamente affidate, specialmente quelle della sacra potestà e dell'amministrazione dei sacramenti, possa essere adeguatamente organizzato; sia perché le scambievoli relazioni dei fedeli possano essere regolate secondo giustizia, basata sulla carità, garantiti e ben definiti i diritti dei singoli; sia, finalmente, perché le iniziative comuni, prese per una vita cristiana sempre più perfetta, attraverso le norme canoniche vengano sostenute, rafforzate, promosse".

Se il Codice è necessario per la Chiesa, quanto importanti sono i giuristi canonici che sono informati a fondo della nuova legislazione, che possono aiutare a interpretarla con precisione e in conformità con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II e che possono poi applicarla con equità e carità. Questa è la grande sfida e responsabilità propria di coloro che nel 1984 rendono un servizio vitale alla Chiesa studiando la legge canonica, collegandola in modo più preciso alla vita e alla missione della Chiesa.

Una vera comprensione del ruolo dei giuristi canonici all'interno della comunità ecclesiale può derivare soltanto da un'appropriata considerazione dello scopo della legge stessa e del Codice che la racchiude. Come puntualizza la sopra menzionata costituzione apostolica, lo scopo del Codice è di "creare un tale ordine nella società ecclesiale che, assegnando il primato all'amore, alla grazia e ai carismi, renda più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono". In questo senso il Codice è uno "strumento indispensabile" della vita e della vitalità della Chiesa.

Lavorare per l'adeguata applicazione del Codice equivale a lavorare per la costruzione della Chiesa stessa. Significa lavorare per la salvezza del mondo.

Significa giocare un ruolo straordinariamente costruttivo nella continuazione della missione redentiva di Cristo stesso. I giuristi canonici devono essere consapevoli delle loro gravi responsabilità nel compito di consolidare la vita della Chiesa a ogni livello, secondo lo spirito del Vangelo, superando difficoltà e bandendo il lassismo nell'osservanza di una disciplina che, in ragione della sua ordinazione alla vita e alla missione della Chiesa, è veramente sacra e salvifica.

Desidero perciò esprimere la mia ammirazione per l'inestimabile contributo che i giuristi canonici stanno rendendo alla missione pastorale e apostolica della Chiesa. Come ho affermato in altre occasioni, il nuovo Codice è l'ultimo importante documento del Concilio. Con la sua promulgazione abbiamo raggiunto un nuovo stadio nell'impegno di realizzare quell'interiore rinnovamento che il Concilio intendeva e per il quale continuiamo a lavorare e pregare. Che tutti i canonisti perseverino nel lavoro vitale che sta loro di fronte, quali generosi servitori sempre desiderosi di seguire la guida dello Spirito Santo, come servitori fedeli che cercano di porre pienamente i loro talenti e doni al servizio della volontà del Padre.

Con questi sentimenti prego affinché lo Spirito di verità e di amore rafforzi coloro che sono radunati ad Ottawa per questo importante congresso. Su tutti loro, invoco la grazia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo e di cuore impartisco la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 10 agosto 1984

Data: 1984-08-10 Data estesa: Venerdi 10 Agosto 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Invito alla preghiera per la Chiesa cattolica in Polinesia

Testo:


1. "Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa' crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell'eredità che ci hai promesso". così prega nell'odierna domenica tutta la Chiesa durante la liturgia della santa messa. Essa eleva questa preghiera come sempre, al Padre, per mezzo di Cristo, Figlio di Dio, nello Spirito Santo.

Riprendiamo questa preghiera di tutta la Chiesa - la preghiera della liturgia domenicale - e recitiamo, in quest'ora meridiana, l'Angelus, meditando il mistero in esso contenuto. Infatti abbiamo il privilegio di chiamare Dio Padre, proprio perché l'eterno Figlio, della stessa sostanza del Padre, si è fatto uomo, si è fatto uno di noi. E' stato concepito nel seno di Maria Vergine, nel momento dell'Annunciazione dell'Angelo, e da lei è nato. Proprio lui - Figlio di Maria - ci ha dato il privilegio di chiamare Dio col nome di Padre.

E ci ha dato questo privilegio, perché in lui e per lui siamo diventati figli e figlie adottivi di Dio. Abbiamo quest'adozione in Cristo, nato da una madre terrena, da Maria. Ed ella concorre costantemente, perché lo spirito di questa figliolanza adottiva divina non s'indebolisca in noi, ma si rafforzi.

La Madre di Cristo, Madre della grazia divina, concorre anche affinché noi, adottati nel Figlio, come figli e figlie di Dio, possiamo ottenere l'eredità promessaci da Dio: l'eredità dell'amore e della verità, l'eredità della grazia santificante, l'eredità della vita eterna.


2. Desidero oggi ricordare il 150° anniversario dell'inizio della Chiesa cattolica nelle Isole del Pacifico. La prima santa messa in quell'immenso oceano venne celebrata il 10 agosto 1834 da un missionario della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria a bordo della nave, vicino a una delle isole Gambier; il successivo 15 agosto i due missionari colà inviati celebrarono il santo sacrificio in terra polinesiana. Da allora la Chiesa cattolica lentamente si è dilatata, fino a formare l'attuale provincia ecclesiastica di Papeete, sparsa su 108 isole principali, raggruppate in cinque arcipelaghi e disseminate in uno spazio di mare vasto come l'Europa.

Nella gioiosa circostanza di questa commemorazione - che là si celebra in forma solenne - resa più significativa dalla presenza del legato pontificio, il cardinale Bernardin Gantin, mando un saluto cordiale e benedicente alla Chiesa che è in Polinesia e invito voi tutti alla fervorosa preghiera per quella comunità, piccola e lontana, ma valida e importante nella struttura della Chiesa cattolica, affinché con coraggiosa perseveranza il Vangelo continui ad essere annunciato e vissuto, per il progresso civile e sociale e per la salvezza delle anime.

Appello per la liberazione del giovane Francesco Perillo Anche oggi con mia grande tristezza devo rivolgere un accorato appello per la liberazione del giovane Francesco Perillo, di San Giuseppe Vesuviano, rapito nell'aprile scorso e di cui non si hanno più notizie. Mentre partecipo al dolore dei familiari, mi faccio interprete della loro angoscia e, in nome di Dio, chiedo ai rapitori di liberare al più presto il caro giovane. Invito tutti alla preghiera per il conforto di quanti soffrono.

Data: 1984-08-12 Data estesa: Domenica 12 Agosto 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ai donatori di sangue e di organi - Castel Gandolfo (Roma)