GPII 1984 Insegnamenti - Alla comunità cattolica in Lituania - Castel Gandolfo (Roma)

Alla comunità cattolica in Lituania - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Messaggio per la chiusura del V centenario di san Casimiro

Testo:

Nell'imminenza della solenne cerimonia che avrà luogo a Vilnius il 26 agosto, festa della traslazione delle reliquie di san Casimiro, nel quadro delle celebrazioni commemorative del 500° anniversario della morte del patrono della Lituania, desidero esprimere ai fratelli nell'episcopato, ai sacerdoti che svolgono il ministero in codesta nazione a me tanto cara e ai fedeli affidati alle loro cure pastorali la profonda comunione spirituale con cui mi sono sentito strettamente unito a tutti durante questo particolare periodo della vita della vostra comunità cristiana.

Non mi è data la gioia di compiere il desiderato pellegrinaggio di fede e di amore a Vilnius, per inginocchiarmi in preghiera presso la tomba del santo e trascorrere la giornata conclusiva insieme con codesta comunità cattolica, e neppure di farvi avere il mio saluto attraverso un mio legato. Mi preme tuttavia assicurarvi la viva partecipazione mia personale e della Chiesa di Roma alla preghiera di ringraziamento che, con animo filiale, voi elevate a Dio per i beni spirituali che egli vi ha abbondantemente elargito durante questo periodo di grazia, in cui avete acquisito più matura consapevolezza del grande dono che la Provvidenza ha fatto alla Chiesa e alla vostra patria con san Casimiro e con l'eredità della sua santità, tuttora viva in mezzo a voi e in voi.

Prego il Signore affinché questi doni di rinnovamento spirituale, da tutti ricevuti per intercessione del vostro santo patrono e nel ricordo stimolante del suo preclaro esempio di vita di preghiera, di opere di carità, di testimonianza di Cristo e di particolarissimo amore per Maria santissima, continuino a dare nuovi frutti di santità e di fiduciosa e coraggiosa testimonianza di fede, mentre la nostra nazione si appresta a celebrare il 600° anniversario del suo Battesimo.

Con questi voti affido a Maria, Madre di misericordia, presso la Porta dell'Aurora, tutta la comunità lituana, in particolare la gioventù, perché, lieta nella speranza, forte nella tribolazione, perseverante nella preghiera e sollecita per le necessità dei poveri, continui a diffondere il messaggio di Cristo e, nella comunione fraterna, sotto la solerte guida dei suoi vescovi, dia il suo insostituibile contributo al bene dell'uomo e della società, perché tutti gli uomini possano conoscere la verità che salva.

In pegno di ciò, impartisco la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1984-08-23 Data estesa: Giovedi 23 Agosto 1984




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La ricchezza spirituale della Chiesa lituana segno di speranza

Testo:


1. Oggi, nella preghiera dell'Angelus, desideriamo unirci in modo particolare alla Chiesa che è in Lituania. Come nella ricorrenza liturgica del 4 marzo, anche oggi i vescovi di quella Chiesa si raccolgono con i loro fedeli - e con essi tutta quella amata nazione - a Vilnius, sulla tomba di san Casimiro, patrono della Lituania, per la solenne chiusura delle celebrazioni del V centenario della sua morte.

Concelebrando nella Basilica vaticana, il 4 marzo scorso la santa messa in onore di san Casimiro con i rappresentanti degli episcopati d'Europa, ho voluto testimoniare la mia spirituale partecipazione alle cerimonie giubilari e la mia profonda comunione con la comunità cattolica e con l'intero popolo lituano in questo periodo di grazia, che segna una tappa significativa nella storia di quella nazione. San Casimiro, infatti, "rimane come testimone del mistero della redenzione e come segno di quella speranza nella quale siamo tutti salvati".


2. Oggi di nuovo "la Chiesa universale manifesta la sua unità cattolica con la Chiesa che in Lituania si raccoglie attorno alla tradizione cinque volte secolare di san Casimiro". Desidero ripetere quanto ebbi a dire il 4 marzo scorso: "Tutta la Chiesa universale, insieme con il Vescovo di Roma, successore di Pietro, si dirige in pellegrinaggio spirituale al santuario di Vilnius, dove riposa il santo patrono della Lituania. E' un pellegrinaggio di fede e di amore, che ci congiunge e ci unisce in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria"! Offriamo al Padre queste particolari intenzioni di preghiera per intercessione della Vergine santissima, Madre della misericordia, venerata a Vilnius presso la "Porta dell'Aurora" (Ausros Vartai). Nel suo cuore di Madre noi siamo fraternamente uniti alla comunità lituana, così forte e fedele nelle tribolazioni e nelle difficoltà che segnano il cammino della sua storia. Non mi è stato dato di prendere parte a queste celebrazioni, neanche al mio legato, il cardinale segretario di Stato, ma speriamo che ci sarà ancora la possibilità di compiere questa missione e questo ministero presso i nostri fratelli nella fede, lontani, ma a causa di questa lontananza specialmente vicini. Praticamente non così lontani... Sono due ore di volo.

Con una grande emozione ho voluto celebrare ieri sera nella vigilia della celebrazione centrale in Lituania, la messa in lingua lituana nella mia cappella di Castel Gandolfo.


3. La Vergine santissima ottenga a tutti i nostri fratelli lituani la grazia di perseverare, sull'esempio di san Casimiro, nella testimonianza della fede e della carità, così che risplenda davanti a tutti gli uomini l'unità e la ricchezza spirituale della Chiesa che è in Lituania, feconda di bene e segno di speranza per il mondo.

Data: 1984-08-26 Data estesa: Domenica 26 Agosto 1984




A un migliaio di pellegrini polacchi - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Messa per la festa della Madonna di Jasna Gora

Testo:

Desidero ricordare le parole che ho pronunciato a Jasna Gora, l'anno scorso durante il mio pellegrinaggio: "Il Giubileo del 600° anniversario dell'immagine di Jasna Gora è quasi un indispensabile complemento al millennio della Polonia. Il complemento della grande causa, di una causa essenziale per la storia degli uomini e per la storia della nazione. Il nome di questa causa è: Regina della Polonia. Il nome di questa causa è: Madre.

Abbiamo una situazione geopolitica molto difficile. Abbiamo una storia molto difficile, specialmente nell'arco degli ultimi secoli. Le esperienze dolorose della storia hanno acuito la nostra sensibilità nel campo dei fondamentali diritti dell'uomo e della nazione: particolarmente del diritto alla libertà, all'essere sovrano, al rispetto della libertà di coscienza e di religione, dei diritti del lavoro umano... Abbiamo anche diverse debolezze e difetti umani, peccati, anzi peccati gravi, che dobbiamo continuamente tener presenti, e continuamente liberarcene...

Ma - cari fratelli e sorelle, amatissimi compatrioti - pur in mezzo a tutto ciò, abbiamo a Jasna Gora una Madre. Questa è una Madre premurosa, così come lo fu a Cana di Galilea. Questa è una Madre esigente, così come ogni buona madre è esigente. Questa è al tempo stesso una Madre che aiuta: in questo si esprime la potenza del suo cuore materno. Questa è infine la Madre di Cristo, di quel Cristo che, per usare le parole di san Paolo, ripete costantemente a tutti gli uomini e a tutti i popoli: "Non sei più schiavo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,7)".

Uniamoci nello spirito con tutti i pellegrini che oggi attorniano Jasna Gora e celebriamo l'Eucaristia insieme a loro.

[Al termine della celebrazione:] Anche adesso, dopo la comunione e prima della benedizione, vogliamo affermare la nostra particolare unione con coloro che oggi sono riuniti a Jasna Gora: pellegrini arrivati da tutta la Polonia e anche dall'estero. Seguendo il pensiero del Vangelo di Giovanni abbiamo celebrato il giubileo dei 600 anni, con Maria e Cristo, cioè con Cristo, con Maria nella nostra storia. E ogni anno li invitiamo a questa celebrazione, ogni nuovo anno dalla storia dell'evangelizzazione.

Desidero ancora una volta tornare all'omelia giubilare che l'anno scorso ho pronunciato a Jasna Gora: "Cristo, presente insieme alla sua Madre in una Cana polacca, pone davanti a noi, di generazione in generazione, la grande causa della libertà. La libertà viene data all'uomo da Dio come misura della sua dignità.

Tuttavia, al tempo stesso, essa gli viene data come un compito. L'uomo, infatti, può usare la libertà bene o male. può per mezzo di essa costruire o distruggere.

Nell'evangelizzazione di Jasna Gora è contenuta la chiamata all'eredità dei figli di Dio. La chiamata a vivere la libertà. A fare buon uso della libertà. A edificare e non a distruggere.

L'evangelizzazione della libertà a Jasna Gora ha ancora un'altra dimensione. E' la dimensione della libertà della nazione, della patria libera, restituita alla dignità di Stato sovrano. La nazione è veramente libera quando può configurarsi come comunità determinata dall'unità di cultura, di lingua, di storia. Lo Stato è solidamente sovrano quando governa la società e insieme serve il bene comune della società e consente alla nazione di realizzarsi nella sua propria soggettività, nella sua propria identità. ciò comporta tra l'altro la creazione di opportune condizioni di sviluppo nel campo della cultura, dell'economia e in altri settori di vita della comunità sociale. La sovranità dello Stato è profondamente legata alla sua capacità di promuovere la libertà della nazione, cioè di sviluppare condizioni che le permettano di esprimere tutta la sua peculiare identità storica e culturale, di essere cioè sovrana mediante lo Stato".

Data: 1984-08-27 Data estesa: Lunedi 27 Agosto 1984




Ai membri degli istituti secolari - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Animare le realtà temporali con lo spirito del Vangelo

Testo:

Fratelli e sorelle!


1. Godo veramente nell'incontrarvi ancora una volta, in occasione del congresso mondiale degli istituti secolari, convocato per trattare il tema: "Obiettivi e contenuti della formazione dei membri degli istituti secolari". E' il secondo incontro che ho con voi, e nei quattro anni intercorsi dal precedente non sono mancate le occasioni perché io rivolgessi la parola a questo o a quell'istituto.

Ma c'è stata una particolare circostanza, nella quale ho parlato di voi e per voi. Lo scorso anno, a conclusione della riunione plenaria della quale la Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari ha trattato dell'identità e della missione dei vostri istituti, ho raccomandato, tra l'altro, ai pastori della Chiesa di "favorire tra i fedeli una comprensione non approssimativa o accomodante, ma esatta, e rispettosa delle caratteristiche qualificanti" degli istituti secolari. E ho anche toccato un punto che rientra nell'argomento della formazione, da voi affrontato in questi giorni: da una parte esortando gli istituti secolari a rendere più intensa la loro comunione ecclesiale; e d'altra parte ricordando ai vescovi che essi hanno la responsabilità di "offrire agli istituti secolari tutta la ricchezza dottrinale di cui hanno bisogno" (AAS 75 [1983] 687-688).

Mi è caro oggi rivolgermi direttamente a voi, responsabili degli istituti e incaricati della formazione, per confermare l'importanza e la grandezza dell'impegno formativo. E' un impegno primario, inteso sia in ordine alla propria formazione di tutti gli appartenenti all'istituto, con particolare cura nei primi anni, ma con oculata attenzione anche in seguito, sempre.


2. Anzitutto e soprattutto vi esorto a rivolgere uno sguardo al Maestro divino, onde attingere luce per tale impegno.

Il Vangelo può essere letto anche come resoconto dell'opera di Gesù nei confronti dei discepoli. Gesù proclama sin dall'inizio il "lieto annuncio" dell'amore paterno di Dio, ma poi insegna gradualmente la profonda ricchezza di questo annuncio, rivela gradualmente se stesso e il Padre, con infinita pazienza, ricominciando se necessario: "Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai conosciuto?" (Jn 14,9). Potremmo leggere il Vangelo anche per scoprire la pedagogia di Gesù nel dare ai discepoli la formazione di base, la formazione iniziale. La "formazione continua" - come viene detta - verrà dopo, e la compirà lo Spirito Santo, che porterà gli apostoli alla comprensione di quanto Gesù aveva loro insegnato, li aiuterà ad arrivare alla verità tutta intera, ad approfondirla nella vita, in un cammino verso la libertà dei figli di Dio (cfr. Jn 14,26 Rm 8,14ss).

Da questo sguardo su Gesù e la sua scuola viene la conferma di un'esperienza che tutti facciamo: nessuno di noi ha raggiunto la perfezione alla quale è chiamato, ciascuno di noi è sempre in formazione, è sempre in cammino.

Scrive san Paolo che il Cristo deve essere formato in noi (cfr. Ga 4,19), così come siamo in grado di "conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza" (Ep 3,19). Ma questa comprensione non sarà piena che quando saremo nella gloria del Padre (cfr. 1Co 13,12).

E' un atto di umiltà, di coraggio e di fiducia questo sapersi sempre in cammino, che trova riscontro e insegnamento in molte pagine della Scrittura. Ad esempio: il cammino di Abramo dalla sua terra alla meta a lui sconosciuta cui Dio lo chiama (cfr. Gn 12,1ss); il peregrinare del popolo di Israele dall'Egitto alla terra promessa, dalla schiavitù alla libertà (cfr. Esodo); lo stesso ascendere di Gesù verso il luogo e il momento in cui, innalzato da terra, tutto attirerà a sé (cfr. Jn 12,32).


3. Atto di umiltà, dicevo, che fa riconoscere la propria imperfezione; di coraggio, per affrontare la fatica, le delusioni, le disillusioni, la monotonia della ripetizione e la novità della ripresa; soprattutto di fiducia, perché Dio cammina con noi, anzi: la via è Cristo (cfr. Jn 14,6), e l'artefice primo e principale di ogni formazione cristiana è, non può essere altri che lui. Dio è il vero formatore, pur servendosi di occasioni umane; "Signore, Padre nostro tu sei, noi siamo creta e tu colui che ci dà forma, e noi tutti siamo opera delle tue mani" (Is 64,7).

Questa convinzione fondamentale deve guidare l'impegno sia per la propria formazione sia per il contributo che si può essere chiamati a dare alla formazione di altre persone. Mettersi con atteggiamento giusto nel compito formativo, significa sapere che è Dio che forma, non siamo noi. Noi possiamo e dobbiamo diventare un'occasione e uno strumento, sempre nel rispetto dell'azione misteriosa della grazia.

Di conseguenza l'impegno formativo su di noi e su chi ci è affidato è orientato sempre, sull'esempio di Gesù, alla ricerca della volontà del Padre: "Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato" (Jn 5,30). La formazione infatti, in ultima analisi, consiste nel crescere nella capacità di mettersi a disposizione del progetto di Dio su ciascuno e sulla storia, nell'offrire consapevolmente la collaborazione al suo piano di redenzione delle persone e del creato, nel giungere a scoprire e a vivere il valore di salvezza racchiuso in ogni istante: "Padre nostro, sia fatta la tua volontà" (Mt 6,9-10).


4. Questo riferimento alla divina volontà mi porta a richiamare un'indicazione che già vi ho dato nel nostro incontro del 28 agosto 1980: in ogni momento della vostra vita e in tutte le vostre attività quotidiane deve realizzarsi "una disponibilità totale alla volontà del Padre, che vi ha posti nel mondo e per il mondo". E questo - vi dicevo inoltre - significa per voi una particolare attenzione a tre aspetti che convergono nella realtà della vostra specifica vocazione, in quanto membri di istituti secolari.

Il primo aspetto riguarda il seguire Cristo più da vicino sulla via dei consigli evangelici, con una donazione totale di sé alla persona del Salvatore per condividerne la vita e la missione. Questa donazione, che la Chiesa riconosce essere una speciale consacrazione, diventa anche contestazione delle sicurezze umane quando siano frutto dell'orgoglio; e significa più esplicitamente il "mondo nuovo" voluto da Dio e inaugurato da Gesù (cfr. LG 42 PC 11).

Il secondo aspetto è quello della competenza nel vostro campo specifico, per quanto esso sia modesto e comune, con la "pienezza di coscienza dalla propria parte nell'edificazione della società" (AA 13) necessaria per "servire con maggiore generosità ed efficacia" i fratelli (GS 93). La testimonianza sarà così più credibile: "Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

Il terzo aspetto si riferisce a una presenza trasformatrice nel mondo, cioè a dare "un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia" (GS 34), animando e perfezionando l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico, agendo dall'interno stesso di queste realtà (cfr. LG 31 AA 7 AA 16 AA 19).

Vi auspico, come frutto di questo congresso, di continuare nell'approfondimento, soprattutto mettendo in atto i sussidi utili per porre l'accento formativo sui tre aspetti accennati, e su ogni altro aspetto essenziale, quali ad esempio l'educazione alla fede, alla comunione ecclesiale, all'azione evangelizzatrice: e tutto unificando in una sintesi vitale, proprio per crescere nella fedeltà alla vostra vocazione e alla vostra missione, che la Chiesa stima e vi affida, perché le riconosce rispondenti alle attese sue e dell'umanità.


5. Prima di concludere vorrei ancora sottolineare un punto fondamentale: cioè che la realtà ultima, la pienezza, è nella carità, "Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1Jn 4,16). Anche lo scopo ultimo di ogni vocazione cristiana è la carità; negli istituti di vita consacrata, la professione dei consigli evangelici ne diventa la strada maestra, che porta a Dio sommamente amato e porta ai fratelli, chiamati tutti alla filiazione divina.

Ora, all'interno dell'impegno formativo, la carità trova espressione e sostegno e maturazione nella comunione fraterna, per diventare testimonianza e azione.

Ai vostri istituti, a motivo delle esigenze di inserimento nel mondo postulate dalla vostra vocazione, la Chiesa non richiede quella vita comune che è propria invece degli istituti religiosi. Tuttavia essa richiede una "comunione fraterna radicata e fondata nella carità", che faccia di tutti i membri come "una sola peculiare famiglia" (CIC 602); essa richiede che i membri di uno stesso istituto secolare "conservino la comunione tra di loro curando con sollecitudine l'unità dello spirito e la vera fraternità" (CIC 716 § 2).

Se le persone respirano questa atmosfera spirituale, che presuppone la più ampia comunione ecclesiale, l'impegno formativo nella sua integralità non fallirà il suo scopo.


6. Al momento di concludere, il nostro sguardo ritorna su Gesù. Ogni formazione cristiana si apre alla pienezza della vita dei figli di Dio, così che il soggetto della nostra attività è, in fondo, Gesù stesso: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Ma questo è vero solo se ciascuno di noi può dire: "Sono stato crocifisso con Cristo", quel Cristo "che ha dato se stesso per me" (Ga 2,20). E' la sublime legge della "sequela Christi": abbracciare la croce. Il cammino formativo non può prescindere da essa.

Che la Vergine Madre vi sia di esempio anche a questo proposito. Lei che - come ricorda il Concilio Vaticano II - "mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudine familiare e di lavoro" (AA 4), "avanzo nella peregrinazione della fede e serbo fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce" (LG 58).

E pegno della protezione divina sia la benedizione apostolica, che di tutto cuore impartisco a voi e a tutti i membri dei vostri istituti.

Data: 1984-08-28 Data estesa: Martedi 28 Agosto 1984


Al direttore generale dell'Unesco - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per la giornata mondiale dell'alfabetizzazione

Testo:

Al signor Amadou-Mahtar M'Bow, direttore generale dell'Unesco.

La giornata annuale dell'alfabetizzazione mi offre la felice occasione di dirle ancora una volta quanto apprezzo l'azione della sua organizzazione nel campo dell'alfabetizzazione, che rappresenta un fattore importante della promozione dell'uomo e dello sviluppo dei popoli. In modo particolare dopo la conferenza di Teheran nel 1965, è soprattutto grazie all'Unesco che l'opinione pubblica ha preso coscienza della gravità del problema dell'alfabetizzazione.

L'Unesco ha svolto un ruolo di primo piano sviluppando gli studi, le esperienze e gli scambi sulle condizioni e sui metodi dell'alfabetizzazione. Essa ha così permesso che ciò che avrebbe potuto essere soltanto un auspicio senza effetti si traducesse in azione efficace. A questo riguardo, non si insisterà mai abbastanza sui prolungamenti indispensabili dell'alfabetizzazione, senza dei quali essa rischia di essere effimera, cioè principalmente la produzione di libri e la promozione della lettura tra i nuovi alfabetizzati. Apprezzo in modo particolarissimo l'azione dell'Unesco in favore di un'alfabetizzazione che, mentre risponde a bisogni economici e pratici, mira fondamentalmente alla promozione e allo sviluppo dell'uomo al livello della sua vocazione spirituale.

Di tutto cuore formulo i miei voti perché questa azione accentui ancor più il suo dinamismo nel 1985, sotto gli auspici sia dell'anno internazionale della gioventù, sia della conferenza mondiale di Nairobi che conclude il decennio della donna. Queste due categorie infatti - i giovani, particolarmente quelli che non hanno mai goduto dei benefici della scuola o che sono stati troppo poco scolarizzati, e le donne - sono quelle che più di altre forse rappresentano un gravissimo numero di analfabeti. Tuttavia, questi due settori essenziali non devono far dimenticare che esistono molte altre persone, di età diverse e soprattutto in ambiente rurale, alle quali devono essere dedicati in maniera adeguata gli sforzi dell'alfabetizzazione.

Voglio assicurarla, signor direttore generale, del grande posto che l'alfabetizzazione continua a tenere nelle preoccupazioni della Chiesa. perciò le molteplici e assai diversificate realizzazioni di questa opera umanitaria suscitano in modo particolare il mio appoggio.

Invoco la luce e la forza del Dio onnipotente su tutti coloro che si consacrano interamente o che dedicano il tempo di cui dispongono a questa espansione della cultura umana presso i popoli e gli individui più diseredati.

Data: 1984-08-29 Data estesa: Mercoledi 29 Agosto 1984




Ad un convegno della CEI - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: "I movimenti ecclesiali devono operare per la comunione"

Testo:

Carissimi.


1. A voi il mio saluto, la mia simpatia e il mio plauso per l'impegnativo tema riguardante: "La comunità cristiana e le associazioni dei laici", che vi ha tenuti riuniti a convegno in operosa ed attenta riflessione non molto lontano da questa mia sede estiva. Vorrei, anzi, sottolineare la felice intuizione di aver voluto affrontare il fenomeno delle "organizzazioni ecclesiali laicali" e il loro rapporto con la "comunità cristiana", per farne una descrizione più puntuale e per darne un'interpretazione più compiuta. Auspico che dal vostro convegno e in vista della vostra azione pastorale maturi una sempre migliore comprensione del problema.

Il vostro convegno costituisce pure una significativa e utile tappa di quel cammino pastorale avviato dal programma "Comunione e comunità" dei vostri vescovi, che vedrà, il prossimo anno, tutte le Chiese che sono in Italia convocate a riflettere su "Comunità cristiana e riconciliazione degli uomini".

Nel contempo, a causa di una felice coincidenza tematica, mi piace pensare al vostro convegno come a un'iniziativa che già si pone nella prospettiva del prossimo Sinodo dei vescovi, il cui tema sarà proprio l'apostolato laicale. Il vostro incontro può quindi offrire fin d'ora un contributo a quella preparazione che il popolo cristiano deve compiere in vista del grande evento ecclesiale.


2. Voi sapete che il fenomeno delle aggregazioni ecclesiali, dei movimenti e dei gruppi di laici, nella sua vastità e complessità, è un dato caratterizzante l'attuale momento storico della Chiesa. E si deve altresi constatare, con vera consolazione, che la gamma di queste aggregazioni copre tutto l'arco delle modalità di presenza del cristiano nell'attuale società.

Tuttavia il fenomeno delle aggregazioni è fatto oggetto di contrastanti valutazioni: c'è chi vede in esso e nella sua vitalità l'elemento più dinamico della storia della Chiesa e c'è chi lo vede come l'espressione di esigenze, alle quali la comunità cristiana non sa rispondere e lo giudica in opposizione al nascere e al crescere delle Chiese locali attorno al vescovo. Tali valutazioni vanno attentamente prese in considerazione, perché entrambe possano offrire quel contributo di verità che vi aiuta nel vostro lavoro teologico e pastorale. Sono convinto che il fenomeno ha e avrà grande rilevanza nel futuro della Chiesa ma, proprio per questa fiducia, deve essere reso più intenso lo sforzo perché siano tolti tutti quei motivi di disagio e di insoddisfazione nei rapporti tra comunità e aggregazioni ecclesiali. Sono convinto che un più solido e perseverante riferimento all'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, possa costituire un valido aiuto per il rinnovamento e per l'orientamento della vita pastorale.

Alla luce di tale magistero conciliare, il quale afferma con chiarezza che tutti i fedeli sono chiamati, in forza del loro Battesimo, a partecipare all'unica e globale missione della Chiesa (cfr. LG 33-38 e AA 3), e che ha inteso assegnare al laicato un ruolo fondamentale, devono essere superati, nella carità, tutti i motivi di incomprensione e tutte le difficoltà.

Bisogna piuttosto alimentare, come affermano i vostri vescovi, "l'urgenza di partecipare alla missione evangelizzatrice e di mostrarsi Chiesa in dialogo col mondo e al suo servizio, nella comunione articolata delle sue membra e nella concorde varietà dei suoi ministeri, antichi e nuovi" (Cei, "Evangelizzazione e ministeri", 18). Si deve anzi lodare il Signore se i "carismi laicali", che trovano nelle associazioni e aggregazioni una loro originale operatività, si distribuiscono, al giorno d'oggi - come ancora ha rilevato il documento - in "un'infinita varietà di grazie e di compiti al servizio dell'uomo nella famiglia, nel lavoro, nella società, con l'annuncio della fede e con l'assunzione di responsabilità ecclesiali e civili" (Cei, "Comunione e comunità, 48).


3. Dalla vita e dall'esperienza cristiana delle aggregazioni ecclesiali e laicali risultano vari aspetti positivi di grande rilevanza ecclesiologica, che devono perciò essere tenuti in considerazione. Tra di essi la concezione di Chiesa, tesa a modellarsi sulle comunità apostoliche valorizzando la fraternità e l'amicizia, la condivisione e la creatività evangelizzatrice, liturgica e missionaria: una Chiesa colta nei suoi aspetti fondamentali di comunione. Un altro aspetto positivo, che va doverosamente sottolineato, è la promozione del laicato da essa favorito a partire da una visione di Chiesa "tutta ministeriale", come si usa dire al giorno d'oggi. Tali aggregazioni ecclesiali sono autentici luoghi di promozione del laicato non solo perché si fondano sullo statuto specifico dei laici nella Chiesa, ma perché possono garantire a tutte le varie forme di operoso impegno cristiano, presenti nella comunità cristiana, la loro consistenza ecclesiale, non in forza di una delega, ma a motivo del titolo nativo posseduto da ogni credente battezzato.

In questa prospettiva le aggregazioni ecclesiali di laici sono ambiti in cui, da una parte deve essere sottolineata l'unità battesimale, eucaristica e spirituale di tutto il popolo di Dio, e dall'altra va sottolineata la varietà di ministeri e carismi presenti al suo interno.

Non posso tuttavia non attirare l'attenzione delle aggregazioni dei laici su alcuni pericoli, che potrebbero compromettere il senso ecclesiale. C'è infatti il pericolo di un certo autocompiacimento, da parte di chi assolutizza la propria esperienza, favorendo in tal modo da una parte una lettura in chiave riduttiva del messaggio cristiano e dall'altra il rifiuto di un sano pluralismo di forme associative. Altro pericolo potrebbe essere nello straniamento dalla vita pastorale delle Chiese locali e dei pastori, privilegiando il rapporto con la sola associazione e i suoi dirigenti.

Questi pericoli possono essere superati se le aggregazioni di laici vivono nella piena comunione ecclesiale col vescovo "principio visibile e fondamento dell'unità della Chiesa particolare" (LG 22). Non c'è comunione ecclesiale senza comunione con il vescovo; egli infatti consente la verifica quotidiana della comunione nella fede alle aggregazioni, stimolandole a un confronto costante con la realtà storica, confermandole e raccogliendole nell'unità, creando spazi sempre nuovi per una comunicazione autentica e sincera.


4. Di fronte a fenomeni così vasti e complessi desidero incoraggiare il vostro impegno generoso e la vostra intelligente ricerca specialmente per quanto riguarda il tema del laicato, che, alla luce della "Lumen Gentium" e della "Apostolicam Actuositatem" del Concilio Vaticano II, è attualmente interessato a un significativo approfondimento teologico e pastorale.

Mi pare che debba essere approfondita la rilevanza ecclesiale dei laici che, in quanto pietre vive della Chiesa, non sono solo oggetto delle sue cure pastorali, ma sono soggetti attraverso i quali opera la stessa forza salvifica e la stessa speranza messianica del Signore risorto. Anche i laici quindi edificano la Chiesa e contribuiscono al suo storico servizio al regno di Dio.

Dall'altra parte la feconda unità fra ministero della Chiesa e figura ecclesiale del laico ci porta a pensare alla comunione e alla missione concretizzate attorno ai carismi e ai ministeri, in modo da superare la contrapposizione tra vivere nella comunità e vivere nella storia. L'inserimento in Cristo, a seconda del dono ricevuto, porta frutto all'interno della vita pastorale, familiare, economica e sociale, in modo che sia edificata la Chiesa nella ricchezza dei doni dello Spirito.

A questo proposito rimangono sempre fondamentali per la vita spirituale personale e comunitaria le parole programmatiche dette da Gesù agli apostoli nell'ultima Cena: "Non chiedo (o Padre) che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché anch'essi siano consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola" (Jn 17,15-20). Sono parole di un'estrema serietà, che danno luce e conforto: Gesù ha pregato anche per quanti avrebbero creduto alla parola degli apostoli, al messaggio della Chiesa. Dovete rimanere nel mondo; dovete amare questo mondo, ma per salvarlo! E l'unico modo per realizzare tale salvezza è la "consacrazione" alla verità. La prima e fondamentale preoccupazione di ogni associazione di laici è l'unità nella verità, e perciò il vostro impegno deve essere la conoscenza metodica e profonda delle verità della dottrina cristiana, senza dubbi, senza incertezze, senza confusioni, alla luce della rivelazione di Cristo e del magistero perenne della Chiesa.

L'unità nella verità porta logicamente al giusto spirito di disciplina e all'impegno nella carità, secondo il detto di san Giovanni: "Se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (1Jn 4,11). "Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità" (1Jn 3,18). Di qui sorge la necessità dell'impegno ascetico, perché l'amore esige sacrificio, comprensione, pazienza, equilibrio nei giudizi e nelle scelte, lungimiranza nei programmi, autocontrollo. E nasce qui l'esigenza che le comunità cristiane rinnovino la pedagogia della fede e la catechesi in particolare.

Incoraggiandovi ancora nel vostro generoso impegno impartisco a voi, a tutti gli operatori della pastorale del lavoro e a tutti i membri delle aggregazioni cristiane di laici l'apostolica benedizione.

Data: 1984-08-30 Data estesa: Giovedi 30 Agosto 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Alla comunità cattolica in Lituania - Castel Gandolfo (Roma)