GPII 1984 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Avvento è il tempo della visita di Dio

Testo:


1. "Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro" (1Co 1,9).

Recitando l'Angelus nell'odierna prima domenica di Avvento, si ravviva in noi la consapevolezza della verità, che queste parole di Paolo nella Lettera ai Corinzi contengono in sé.

Siamo chiamati alla comunione con Gesù Cristo, Figlio di Dio. Siamo chiamati a questa comunione mediante il fatto che egli si fece uomo: "E il Verbo si fece carne" (Jn 1,14). Per opera dello Spirito Santo, il Figlio-Verbo è stato concepito nel seno della Vergine di Nazaret ed è nato da lei come uomo.

In questo umano concepimento e in questa nascita di Gesù Cristo, noi tutti siamo stati chiamati alla comunione con il Figlio di Dio. Proprio questo è il Vangelo, cioè la buona novella!


2. "Dio degli eserciti, volgiti, / guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, / il germoglio che ti sei coltivato" (Ps 79,15-16).

Così prega la Chiesa nell'odierna liturgia con le parole del salmista.

Questo è veramente il grido dell'Avvento. Il salmista dice a Dio: "Volgiti"! Il salmista dice: "Visita". Il salmista dice: "Proteggi". Come diventano attuali queste antichissime parole del salmista! Quanto profondamente esse scaturiscono dalle anime, dal cuore della Chiesa nel tempo in cui viviamo! Viviamo l'Avvento dell'anno del Signore 1984 come il tempo del "ritorno" e della "visita" di Dio! Egli "protegga" nell'uomo e nell'intero mondo visibile tutto ciò che la "sua destra ha piantato"! Cristo, ieri e oggi... il medesimo...

Data: 1984-12-02 Data estesa: Domenica 2 Dicembre 1984




Alla parrocchia di Sant'Anna in Casal Morena - Roma

Titolo: Con l'Avvento Dio viene incontro all'uomo

Testo:


1. "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (Is 63,19).

La prima lettura dell'odierna liturgia è profondamente penetrante. Il profeta Isaia pronunzia in essa - secoli prima di Cristo - ciò che fu il mistero più profondo del primo Avvento. Che cosa non cessa di essere il suo mistero anche dopo la venuta di Cristo? Nella presente meditazione seguiremo le parole del profeta, fermandoci su di esse con raccoglimento.


2. "Tu, Signore, tu sei nostro padre, / da sempre ti chiami nostro redentore. / Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie, / e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?" (Is 63,16-17).

Padre e Redentore: nel cuore stesso dell'Avvento è iscritto l'inscrutabile mistero di Dio, che si esprime in queste due parole: Padre e Redentore. A lui si dirige l'uomo, consapevole del suo allontanamento dalle vie di Dio: "Perché ci lasci vagare?".

L'Avvento manifesta il desiderio del ritorno su queste vie, che l'uomo ha abbandonato nel corso della sua storia terrena, e che sembra abbandonare sempre di più!


3. Quindi il profeta grida: "Ritorna per amore dei tuoi servi, / per amore delle tribù, tua eredità... / Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (Is 63,17-19).

Quanto profonda e quanto fondamentale verità viene rivelata in questo grido! Perché l'uomo possa tornare su queste vie, che Dio gli ha tracciato fin dall'inizio, Dio stesso "deve" avvicinarsi a lui. Ma Dio non "deve", perché è totalmente libero. E il profeta ne è pienamente consapevole. Se egli invoca Dio con parole così forti, lo fa perché è consapevole della sua alleanza, del suo amore misericordioso... E anche perché la situazione dell'uomo e dell'umanità è grave... è "lacerante".

Non è forse la stessa cosa anche nei nostri tempi? Il grido di Isaia non è anche il grido del nostro Avvento?


4. "Orecchio non ha sentito, / occhio non ha visto / che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto / per chi confida in lui. / Tu vai incontro a quanti praticano la giustizia / e si ricordano delle tue vie" (Is 64,3-4).

Il profeta rende testimonianza al Dio dei nostri padri: al Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, al Dio di Mosè. Al Dio, che ha fatto tanto per Israele, suo popolo. Tante volte è venuto incontro! "Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza", diciamo nella quarta preghiera eucaristica.

E se così diceva Isaia, molti secoli prima di Cristo, quanto più noi, il popolo di Dio della nuova alleanza, noi - la Chiesa - dobbiamo pronunciare la stessa testimonianza con le labbra; e portarla nei cuori! "Tu vai incontro" così diciamo nella prima domenica dell'Avvento dell'anno del Signore 1984, consapevoli quanto profondamente sia iscritto nella storia dell'umanità il definitivo "venire incontro" di Dio all'umanità, in Gesù Cristo. Ci avviciniamo all'inizio del terzo millennio!


5. Ed ecco l'immagine del peccato di Israele, che Isaia ha davanti agli occhi nei suoi tempi; "Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato e siamo stati ribelli. / Siamo divenuti tutti come cosa impura e come panno immondo / sono tutti nostri atti di giustizia: / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. / Nessuno invocava il tuo nome, / nessuno si riscoteva per stringersi a te" (Is 64,4-6).

E l'immagine di tanti secoli fa. Ma quanto odierna! La storia della salvezza si svolge attraverso la storia del peccato. La venuta di Dio, il continuo venire di Dio incontra nel passato, e nella nostra contemporaneità, un'onda contraria: l'andarsene da Dio. Il chiamare Dio viene soffocato dalla dimenticanza di lui. L'Avvento si realizza in mezzo all'anti-avvento.


6. ciò che Isaia (64,6) dirà adesso è forse più duro: "Perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, / ci hai messo in balia della nostra iniquità". Si. Questo fu sempre più grave: l'uomo messo in balia della sua iniquità. Abbandonato a se stesso: al suo orgoglio nella sua debolezza.

Questo fu grave già nel primo peccato, quello originale, di peccato, quello originale, di cui leggiamo nel libro della Genesi e in san Paolo. Ed è grave nella nostra epoca, che rifugge dal chiamare il peccato per nome, per non trovarsi con esso davanti al cospetto del Dio onnisciente che ama. L'uomo messo "in balia della sua iniquità" è l'uomo che non si decide al pentimento e alla conversione. L'uomo che permane nel peccato contro lo Spirito Santo.

Si. In questo punto l'immagine dipinta con le parole di Isaia è veramente grave.


7. Tuttavia, servendosi dello spavento che quest'immagine suscita, il profeta non cessa di proclamare l'Avvento di Dio: "Ma, Signore, tu sei nostro padre; / noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, / tutti noi siamo opera delle tue mani" (Is 64,7).

L'inizio dell'Avvento si trova nella realtà stessa della creazione. Dio che ha creato il mondo, ha aperto, al tempo stesso, in sé la via verso di esso, l'ha aperta soprattutto creando l'uomo a sua immagine e somiglianza. E per questa via verrà!


8. Oggi tutta la Chiesa medita nella liturgia della prima domenica di Avvento le penetranti parole di Isaia. Oggi il Vescovo di Roma medita queste parole con voi, che siete la comunità della Chiesa romana nella parrocchia dedicata a sant'Anna.

Nello spirito della speranza, annunciata oggi dal libro di Isaia, porgo il mio affettuoso saluto a tutti i circa 6000 fedeli e alle 2100 famiglie, che compongono questa comunità parrocchiale. Desidero salutare anzitutto il vostro zelante parroco, don Amedeo Verzelli, i sacerdoti che lo coadiuvano nel ministero pastorale.

Un cordiale pensiero di incoraggiamento rivolgo al gruppo dei catechisti; al gruppo del "Corso Cresima" e del "Dopo-Cresima; alle comunità catecumenali; al gruppo Scout dell'Agesci; alla Legione di Maria; al gruppo della prima Comunione; al gruppo caritativo. Saluto inoltre i padri e le madri di famiglia, i giovani e le giovani, i ragazzi e le ragazze, i bimbi, gli anziani, gli ammalati. A tutti e a ciascuno va l'attestazione della mia cordiale solidarietà.


9. In questa singolare circostanza della mia visita pastorale, mi è caro soffermarmi brevemente sull'immagine della vostra parrocchia; essa - come è noto - è stata eretta nel 1972 in una cappella. Ma da qualche anno è finalmente una realtà il nuovo complesso, con la chiesa, le sale di riunione, la canonica. Quello che più è da sottolineare - e lo faccio ben volentieri e pubblicamente - è il fatto che siete stati voi, membri della parrocchia, a partecipare personalmente e largamente alla realizzazione di tali opere con un notevole contributo economico e con la prestazione di manodopera volontaria.

E' questa veramente un'esperienza nuova nella diocesi di Roma! E oggi desidero esprimervi il mio sincero plauso per questo esemplare e generoso entusiasmo, da voi manifestato concretamente al fine di poter avere gli ambienti necessari e decorosi per vivere la vostra vita cristiana in maniera comunitaria.

Continuate ad offrire ancora esempi di questa vostra sensibilità ecclesiale!


10. Cari fratelli e sorelle! Accogliete insieme con la visita del Vescovo di Roma questa chiamata di Avvento, che è iscritta in modo così penetrante nella liturgia dell'odierna domenica. L'Avvento è il "tempo" particolare della Chiesa. Si chiama il "tempo forte". E deve anche essere il "tempo forte" dei nostri cuori e delle nostre coscienze.

Il Signore Gesù dice nel Vangelo: "Vegliate"! "Vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E' come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato ai servi, a ciascuno, il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa tornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!" (Mc 13,33-37).

Analizzate i vostri pensieri, i sentimenti, i desideri, le opere! Traspare in essi quel grido: "Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza"! (Canto al Vangelo; cfr. Ps 84,8). Risvegliatelo e rianimatelo! Dia esso, di nuovo, il tono a tutta la vostra vita! Vegliate! Cioè vivete nella prospettiva dell'Avvento, del "vieni" di Dio! "Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore". Amen.

Data: 1984-12-02 Data estesa: Domenica 2 Dicembre 1984




Nella parrocchia di Sant'Anna - Roma

Titolo: Incontro con i vari gruppi parrocchiali

Testo:


1. Sono lieto di poter essere venuto in questa parrocchia dedicata a sant'Anna proprio nella prima domenica di Avvento perché sant'Anna è molto legata all'Avvento storico. Grazie a lei abbiamo la Vergine Maria; grazie a Maria abbiamo Dio con noi, l'Emmanuele, Gesù Cristo. E' stata senz'altro una buona scelta quella di questa parrocchia per l'inizio dell'Avvento del nuovo anno liturgico. Io vi ringrazio anche per quanto mi avete detto per mezzo del vostro parroco. Ringrazio lui, ma ringrazio anche voi tutti perché egli ha parlato in nome di tutti voi. E devo dire ancora che prima di venire io qui, l'ho invitato per un pranzo e insieme con lui anche il viceparroco. Sono stati abbastanza bravi e si può dire che vi hanno fatto onore a mensa. Con questa introduzione voglio anche sottolineare l'atmosfera cordiale e familiare di quest'incontro, che è un incontro della famiglia, perché voi tutti, fedeli di questa parrocchia di Sant'Anna, appartenete ad una famiglia molto degna, una famiglia che porta in sé un primato: quello della carità.

Questo primato della carità è da secoli attribuito alla Chiesa di Roma.

Voi siete una parte di questa Chiesa di Roma. Dovete essere consapevoli di questa dignità e anche di quella responsabilità che si accompagna a quella dignità primiziale di Chiesa di Roma. Io vi vedo tanto volentieri perché state un po' lontano; non così lontano come l'Alaska, non così lontano come la Corea, ma nella dimensione romana siete un po' lontani dal centro. Ma sapete anche bene che i più lontani sono sempre i più vicini. E la Chiesa di Roma, il Vescovo di Roma vi porta sempre nel suo cuore. E la visita di oggi vuole essere una testimonianza di questa realtà. Ho potuto salutare personalmente alcuni di voi, soprattutto alcuni dei più piccoli, li ho potuti anche abbracciare e baciare, ma vorrei aver potuto fare questo con tutti voi, soprattutto avrei voluto abbracciare tutti i vostri bambini.

Portate questo bacio e questo abbraccio a tutti i vostri parrocchiani, nelle vostre famiglie e soprattutto ai vostri malati. Io vi saluto e con questo saluto cordiale, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo incomincio la visita alla vostra parrocchia.

[Ai bambini e ai ragazzi:] Vi saluto tutti cordialmente, giovani studenti e giovani che vi preparate alla prima Comunione e alla Cresima. Saluto cordialmente anche il parroco, i suoi collaboratori, anche questi preziosi collaboratori che sono i genitori e i catechisti. Voi formate così la comunità della Chiesa in ascolto della parola di Dio, che si prepara a vivere il sacramento dell'Eucaristia, del Battesimo, della Confermazione. Io oggi, in questa domenica, che è la prima dell'Avvento, vorrei dirvi cosa è l'Avvento: l'Avvento è quello che voi portate nei vostri cuori, cuori giovani, i desideri che portate nei vostri cuori di ragazzi e ragazze, desideri di verità, di bene, di bello, desideri di una vita degna, giusta, cristiana, veramente umana. Tutto questo è Avvento. Tutto questo ci apre verso Gesù Cristo, perché solo Gesù che deve nascere in Betlemme, porta con sé come una realtà, questi valori, questa verità, il compimento di queste aspirazioni del cuore umano. così voi portate l'Avvento nei vostri cuori e vi auguro di approfondire tutto ciò che è vero, che è buono, che è giusto, che è bello nei vostri cuori per incontrare Gesù non solo la notte e il giorno del Natale ma per incontrarlo sempre nella vostra vita fino al termine di questa vita, fino alla morte. Vi benedico di cuore, ragazzi e ragazze di questa parrocchia così vicino al mio cuore.

[Ai Neocatecumenali:] Mi avete ben introdotto a ciò che è la vostra comunità in questa parrocchia. Lo ha fatto il parroco prima e poi voi per mezzo del vostro rappresentante. Vedo che questa parrocchia si sta costruendo nel senso anche di edificio, di complesso materiale, ma noi sappiamo bene che la parrocchia si costruisce soprattutto sulla fede, sul Battesimo che ci prepara all'Eucaristia: questa è la costruzione spirituale. Battesimo vuol dire anche catecumenato e neocatecumenato vuol dire che si deve sempre ritornare a quel cammino che una volta ha preparato i nostri avi, i primi cristiani, al Battesimo, per diventare figli di Dio, per diventare coeredi di Cristo. Ecco, noecatecumenale, come realtà temporale, vuol dire una comunità che ritrova nella parrocchia la novità della vita cristiana, la sua freschezza, la sua originalità, perché questa è la vita nel suo senso pieno, la vita divina. Questa è la vita che si prospetta dinanzi a noi per tutta l'eternità, non solo la vita di questi anni qui sulla terra. Vita con Dio, vita in Dio, vita come figli di Dio che è il Verbo, la Parola, incarnato e nato da Maria Vergine: Gesù Cristo. Io vi auguro di essere un buon lievito della novità della vita cristiana in questa comunità di Sant'Anna. Vi benedico di cuore.

[Ai tecnici e gli operai che hanno edificato la parrocchia:] Vi ringrazio per la vostra collaborazione, vi ringrazio per il vostro lavoro, per le vostre qualità che, come ingegneri, come tecnici o come artigiani, avete dedicato all'edificazione di questa chiesa, e vi auguro di continuare in questa opera che avete intrapreso, opera meravigliosa perché permette la crescita di un edificio sacro dove cresce il popolo di Dio: una realtà soprannaturale che non ha i limiti della nostra vita. La nostra vita infatti è limitata ma Cristo, nella sua Chiesa, nel suo corpo mistico, è aperto alla vita eterna. Dobbiamo sempre riconsiderare questa verità ma specialmente ora all'inizio dell'Avvento. Vi auguro ogni bene e vi benedico".

[Alle suore:] Il vostro parroco ha detto innanzitutto che siete preziose. Questa è una verità: voi siete preziose per il vostro dono, preziose agli occhi del Signore di cui siete le spose. Ma siete preziose anche al cospetto del popolo di Dio, ai suoi occhi, al suo cuore. Questo si avverte specialmente nelle parrocchie dove non siete molto numerose. Noi sappiamo quanto è importante la presenza delle suore, della loro testimonianza, del loro apostolato fra il popolo di Dio. Vi benedico.

[Ai professori e ai maestri:] Sono molto grato a voi, non solo durante questa visita pastorale ma sempre, giacché nella scuola viene educata la gioventù e dallo spirito degli insegnanti dipende anche la formazione dei giovani.

L'educazione è molto profonda perché è una realtà spirituale. I giovani si formano con gli esempi e con i principi, ma soprattutto con l'esempio della carità. Per questo il più grande formatore è il Padre celeste che ci ha dato il suo Spirito per trasformare noi uomini, creature, in suoi figli. Questo è l'ideale più pieno, più completo dell'educazione. Per essere buoni insegnanti dobbiamo essere buoni imitatori di Dio, buoni imitatori di Cristo. Vi auguro, carissimi, tutto il bene per le vostre famiglie, per i vostri figli, per quella Chiesa più vicina, più fondamentale, più sostanziale che è la Chiesa domestica, e anche per le vostre classi, per le vostre scuole, per i vostri alunni, e vi benedico di cuore.

[Alla comunità giovanile:] Vorrei ricambiare ciò che mi avete dato in questo incontro. Mi è sempre piaciuto tanto stare con i giovani quando ero nella mia città, ma ora che sono Vescovo di Roma posso incontrarli solo sporadicamente.

Ma mi piace sempre. Vi ringrazio per i doni che mi avete offerto, ma vi sono grato soprattutto per il dono della vostra testimonianza. Quella degli Scout dell'Agesci, è - direi - una testimonianza dello spazio. Vi siete presentati con i vostri tipici gridi, ma essi in uno spazio chiuso non hanno la loro piena autenticità. Bisogna ascoltarli nei boschi, nello spazio, perché sono destinati allo spazio, ad essere una comunione con lo spazio, una presenza degli uni agli altri nello spazio. Questa è una testimonianza molto preziosa perché lo spazio vive la creazione in tutta la sua diversità, in tutta la sua bellezza, in tutta quella manifestazione che noi chiamiamo natura. Voi Scout fate le vostre esperienze soprattutto all'aria aperta, nei campi, nei boschi, in seno alla natura dove Dio parla al cuore umano direttamente con la bellezza della sua creazione.

Questo è il programma educativo che vi caratterizza con un'ininterrotta tradizione. Un tentativo che ha dato ottimi frutti per la vita della gente, di tante generazioni della Chiesa. Vi auguro di continuare ad essere, nella comunità parrocchiale, testimoni dello spazio divino che è sempre il più umano. I nostri spazi diventano sempre meno umani, diventano sempre più avvelenati anche a causa del progresso industriale con tutti i prodotti di scarto della nostra civiltà. C'è bisogno di spazio umano - spazio umano che è divino - in cui l'uomo possa vivere autenticamente, educarsi, svilupparsi, come creatura e come cristiano. Questa è la vostra testimonianza.

[Ai ragazzi del gruppo post-Cresima:] Ho visto come siete impegnati nella parrocchia, come avete cantato bene durante la messa, così forte, da tener lontana anche la pioggia! Ho visto i chierichetti impegnati nella liturgia, con grande devozione, con la consapevolezza profonda di quello che fanno e della realtà a cui partecipano. Una gioventù veramente impegnata nella parrocchia. Ma vedo anche la parrocchia impegnata nella gioventù. Lo vedo dal vostro parroco. Ai professori che ho incontrato prima, egli ha detto di essere loro collega, ma questo non può dirlo qui perché egli è il vostro pastore, il vostro parroco, spiritualmente vostro padre e maestro. Si vede bene che è profondamente impegnato in questo ambiente, che sta bene fra voi e che voi state bene con lui. Vi auguro di continuare così, di far crescere questa parrocchia perché la parrocchia cresce con i giovani, con i bambini e i giovani crescono con la parrocchia. Quando questi due processi vanno di pari passo, la vita della parrocchia è normale e autentica.

Vi auguro tutto il bene dandovi la mia benedizione.

Data: 1984-12-02 Data estesa: Domenica 2 Dicembre 1984





Messaggio ai vescovi del Guatemala

Titolo: La Chiesa ha saputo difendere il valore delle diverse razze

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato della Chiesa in Guatemala.

Dal 1° novembre 1980, quando ebbi occasione di rivolgervi un messaggio per esprimervi la mia partecipazione spirituale ai compiti e alle preoccupazioni del vostro ministero, ho avuto la grande gioia e la consolazione di incontrarvi personalmente in più d'una occasione, particolarmente durante la visita apostolica che ho compiuto in Guatemala nel marzo dell'anno scorso, e in occasione della vostra venuta a Roma per la visita "ad limina" il 6 novembre dello stesso anno.

Questi incontri, che hanno avuto la loro naturale continuazione nelle mie preghiere e riflessioni sui gravi problemi che mi avete esposto, hanno lasciato nel mio cuore un affetto profondo verso le vostre persone e comunità cristiane.

La testimonianza del vostro zelo di pastori e della vostra sollecitudine di maestri nella fede è giunta sino a me attraverso le lettere pastorali "Confermati nella fede" e "Per costruire la pace" che avete indirizzato ai cattolici del Guatemala rispettivamente il 22 marzo del 1983 e il 10 giugno di quest'anno. Nel primo documento, riferendovi all'Anno Santo della redenzione che si stava celebrando, avete affermato che "ogni sforzo della Chiesa madre è volto ad ottenere la conversione dei suoi figli e, pertanto, la vera riconciliazione e unità con Dio e con i fratelli". Precisamente nella riconciliazione, in quanto dimensione interiore di autentica conversione del cuore e più profonda relazione di fraternità con il prossimo, risplende il mistero della redenzione realizzata da Gesù e si manifesta chiaramente la santità della Chiesa mediante i frutti di grazia che lo Spirito Santo produce nei fedeli (LG 5).

Rivolgendomi a voi, fratelli nell'episcopato e, attraverso di voi, ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli tutti, per manifestarvi ancora una volta la mia stima e il mio affetto, avrei desiderato incontrare nel vostro Paese, in modo più chiaro e inequivocabile, i frutti dell'anelata riconciliazione, cioè una comunità cristiana che, ispirata dalla fede e spronata dalle esigenze concrete dell'amore, fosse riuscita a dar vita a una società civile nella quale i fratelli convivono nella giustizia e nella pace. Ma, purtroppo, non è ancora così.

Tra i casi di ingiustizia e di violenza che continuano ad avvenire nel vostro Paese c'è da ricordare il dramma dei "desaparecidos" e la piaga dei sequestri di persona. E' questo un costume inumano che ha portato lutto in tante famiglie e le ha gettate in un'angosciosa incertezza. La gravità e la crudeltà di questi ignobili delitti è ancor maggiore quando vengono commessi contro persone innocenti con scopi intimidatori o di rappresaglia.

Non posso omettere di ricordare che tra le vittime della violenza e dell'odio vi sono numerosi evangelizzatori della croce e del suo messaggio di carità: sacerdoti, religiosi e religiose e, soprattutto, ministri della parola.

Quando la storia più recente della vostra Chiesa verrà presentata alle generazioni future, sarà possibile far conoscere nelle sue pagine la lunga lista dei nomi di tanti catechisti, generosi seminatori della parola di Dio, che nel compimento della loro missione sono caduti vittime dell'odio fratricida? Mi inchino con riverenza davanti al sacrificio di questi umili e valorosi operai della vigna del Signore, nelle vostre città e, soprattutto, nei vostri popoli, ai quali non soltanto è stato dato di credere nel Vangelo e di proclamarlo, ma che sono giunti al punto di spargere il loro sangue al servizio della parola di vita. La parola di Dio - come dice il profeta Isaia - è come la pioggia e la neve che scendono dal cielo e che non vi ritornano senza aver irrigato e fecondato la terra facendola germogliare; essa non tornerà senza effetto, senza aver operato ciò per cui è stata mandata (cfr. Is 55,10-11).

Pertanto, esorto le madri, le spose e i figli, privati dei loro familiari, a guardare con speranza verso il cielo, dove il Signore accoglie coloro che hanno lavorato e sono morti per il suo regno.

Rinnovandovi la mia viva partecipazione alla sofferenza delle vostre comunità cristiane, private di tanti validi catechisti e con la consolazione che nasce dalla certezza che il seme della loro testimonianza cruenta - come quella dei sacerdoti e dei religiosi morti - non sarà inutile, vi invito a continuare con speranza, cari fratelli nell'episcopato, il vostro lavoro di formazione di altri ministri della parola, perché in un tempo non lontano la Chiesa in questo Paese possa contare nuovamente su numerosi e fedeli messaggeri del Vangelo della pace.

Dal profondo del cuore rivolgo, attraverso di voi, un appello anche ai responsabili della società civile, con la fiducia che vorranno accettarlo, perché il carattere sacro della vita di ogni uomo sia rispettato e fatto rispettare. In vista del raggiungimento di una società più giusta e fraterna, l'attenzione di coloro che hanno responsabilità nella vita pubblica - specialmente quanti si professano cristiani - deve rivolgersi a coloro che sono più bisognosi, cioè agli umili e agli emarginati. In questo contesto si deve situare l'urgente e improrogabile necessità di una distribuzione più equa dei beni, con lo scopo di superare al più presto situazioni inaccettabili e pericolose di sfruttamento e di oppressione.

Nutro fiducia e speranza che le vostre comunità, finalmente libere da una tempesta che ha coinvolto pastori e fedeli, possano vivere in un clima di pace e in un ambiente che permetta loro di mantenere le proprie caratteristiche culturali e seguire le loro legittime tradizioni religiose. A questo proposito è causa di consolazione e di soddisfazione constatare che la Chiesa in Guatemala ha mantenuto e difeso l'importanza e il valore delle diverse razze, lingue e culture indigene.

Non posso che lodare anche gli sforzi che state compiendo in campo caritativo e assistenziale. Testimoni di ciò sono le migliaia di vedove, orfani, profughi, e altre persone bisognose che ricevono, sempre con amore, l'aiuto, anche materiale, che la Chiesa offre loro nella misura delle sue limitate risorse.

Cari fratelli nell'episcopato, a conclusione delle mie riflessioni e considerazioni, desidero esortarvi a mantenervi uniti. La comunione all'interno della Chiesa è un bene superiore, per il quale i suoi ministri, come anche i semplici fedeli, devono talvolta rinunciare alle loro idee e opinioni personali, perché la comunione ecclesiale non soffra il danno di un regno diviso in se stesso.

Infine, vi ringrazio per la testimonianza di fedeltà che avete dato e continuerete a dare alla Chiesa per l'edificazione del regno di Dio. "Che la fede cristiana, gloria della vostra nazione, anima del vostro popolo e dei popoli centroamericani, si manifesti in atteggiamenti pratici ben definiti, soprattutto verso i più poveri, deboli e umili dei vostri fratelli (omelia, Campo di Marte, 7 marzo 1983).

Affido alle mani della Vergine santissima, l'Immacolata Concezione, questi voti e queste preghiere, mentre a voi, venerabili fratelli e a tutti i vostri collaboratori e fedeli, imparto di cuore la mia confortatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 2 dicembre 1984

Data: 1984-12-02 Data estesa: Domenica 2 Dicembre 1984



Ai maestri cattolici italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Attenzione, gratuità e socializzazione nella pedagogia cristiana

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di ricevere per la seconda volta una qualificata rappresentanza dell'Associazione italiana maestri cattolici, in occasione del congresso nazionale. E' un incontro che mi permette un contatto più approfondito con una realtà ecclesiale che nei suoi quarant'anni di vita ha sempre manifestato solidarietà con la missione del Papa. Vedo nella vostra adesione una prova della consapevolezza con cui voi, maestri e maestre, tenete in grande considerazione la vocazione che ogni fedele ha di partecipare all'attività evangelizzatrice della Chiesa.

Nell'apostolato della scuola voi svolgete un ruolo importante, non solo perché il vostro sodalizio ha contribuito e contribuisce tuttora a formare persone che vivano il loro lavoro educativo con competenza, serietà, spirito di autentico servizio, sociale e culturale, ma anche perché con fede vivificata dall'amore fate si che le giovani vite a voi affidate si aprano alla realtà nella sua globalità, sviluppando le loro capacità potenziali in rapporto ai molteplici aspetti dell'esistenza. Aiutate sempre i vostri allievi a raggiungere un comportamento attivo nei confronti di loro stessi e di tutto quello che rientra nella loro esperienza, e proponete Gesù Cristo quale centro della vita loro e di quella di tutti gli uomini.


2. Questo implica una pedagogia, di cui oggi intendo sottolineare tre atteggiamenti, che vi permettono di essere veri educatori cristiani, capaci cioè di creare condizioni per una maggior presa di coscienza della fede da parte degli alunni.

Il primo è l'attenzione. Essa implica che nel vostro lavoro conduciate i bambini a non ripiegarsi su di sé egoisticamente, ma ad aprirsi e cogliere il valore dell'altro, prestando la debita considerazione al vero, al bello, al bene, che si trova in ciascuna delle persone che Dio ha messo loro accanto e aiutandoli a riflettere sulle proprie esperienze, che sono autentiche quando si radicano nella conoscenza e nell'amore. Essa esige da voi che aiutiate i vostri alunni a non soffocare, anzi ad alimentare il loro nativo stupore di fronte al creato e a rifletterci sopra, per coglierne la perfezione. così facendo li educherete a "quel profondo stupore al valore e alla dignità dell'uomo che si chiama Vangelo, cioè la buona novella. Si chiama anche cristianesimo.

Questo stupore giustifica la missione della Chiesa nel mondo, anche, e specialmente, nel mondo contemporaneo. Questo stupore, e insieme persuasione e certezza, che nella sua profonda radice è la certezza della fede, ma che in modo nascosto e misterioso vivifica ogni aspetto dell'umanesimo autentico, è strettamente collegato a Cristo. Esso determina anche il suo posto, il suo - se così si può dire - particolare diritto di cittadinanza nella storia dell'uomo e dell'umanità" (RH 10).

Per educare a questo atteggiamento è indispensabile che il bambino sia guidato a un reale e profondo silenzio interiore, che è la condizione prima dell'ascolto.


3. Il secondo atteggiamento è la gratuità, che, radicando nella persona da educare la convinzione profonda che l'uomo non si è fatto da sé, ma tutto ha ricevuto, fa emergere e rende operosa quella dimensione umana più vera, che inizia là dove il cuore e la mente sono resi capaci di donarsi e di donare. Quindi i bambini devono essere aiutati a conoscere anzitutto i valori da far fiorire, e ad essere perciò disponibili al cambiamento, promuovendo le loro capacità e rimovendo i loro limiti. Devono essere condotti a condividere con gli altri la vita di ogni giorno, assumendo e rispondendo al bisogno di ciascuno e partecipando alle esperienze altrui sia di gioia che di dolore. Vanno poi aiutati a usare con libertà le cose date, perché non le considerino come loro esclusivo possesso, ma come messe a disposizione per la crescita personale loro e di quanti sono in scuola con essi.

Vanno infine condotti a percepire la natura, gli avvenimenti, le persone come dono. ciò avrà quale conseguenza il rispetto della vita e farà nascere la gioia del conoscere.

E tutto questo farà sorgere nell'animo la gratitudine, cioè quel modo di rispondere al Signore della vita con letizia e fedeltà, con amore e operosità.

Porterà a vivere eucaristicamente, perché, spinti dalla riconoscenza, questi piccoli cristiani concorreranno all'oblazione dell'Eucaristia ed eserciteranno il loro sacerdozio regale con il ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita coerente (cfr. LG 10).


4. Il terzo atteggiamento, cari fratelli e sorelle, mi è suggerito dall'argomento del vostro attuale XIII congresso nazionale, che ha per tema "La scuola di base per l'educazione dell'uomo e del cittadino", ed è: la socializzazione. Essa si fonda sull'indiscusso desiderio di vivere in società con gli altri.

Innanzitutto vanno riconosciute a questo vivere in comune alcune caratteristiche che si rilevano nel primo ambito sociale, in cui uno vive. Quindi occorre far riscoprire la famiglia, e porre la scuola come tramite tra l'esperienza familiare e la più vasta esperienza comunitaria nel mondo.

Come nella famiglia si vive insieme per affetto e non per costrizione, così la scuola deve essere luogo di rapporti liberi e positivi, che allarghino la dimensione sociale primaria. Di conseguenza, in analogia e continuità con la famiglia si devono sviluppare le seguenti modalità di rapporto: 1) la dipendenza: come nella famiglia è necessaria al bambino un'obbedienza amorosa per la sua crescita globale, così nella scuola è irrinunciabile che egli abbia un atteggiamento positivo e obbediente nei confronti dell'insegnante e delle cose insegnate; 2) la convivenza, vista come amore al prossimo: i rapporti con coloro che vivono nell'ambiente scolastico devono diventare ed essere sempre la naturale continuazione dei rapporti stabiliti in casa propria con i fratelli; e questo implica educare con le parole, con l'esempio, con iniziative concrete all'accettazione e aiuto reciproco, perché nasca e si solidifichi la gioia di stare insieme; 3) vivere rapporti socialmente positivi nei primi anni di vita fa si che il bambino acquisti man mano familiarità con ambiti sociali più allargati: paese o città, nazione, parrocchia, diocesi, Chiesa universale e li senta come luoghi in cui impegnarsi per una crescita dell'umanità propria e degli altri, facendo cioè nascere e sviluppare una responsabilità reciproca.


5. Davanti a così qualificata assemblea di persone, che hanno scelto di compiere il loro lavoro educativo assumendo il Vangelo e il magistero della Chiesa come alimento e criterio del proprio agire, intendo ricordare l'importanza dell'insegnamento religioso nell'ambito della scuola, sia essa cattolica che statale. A questo dovere di educare alla fede all'interno del contesto scolastico è necessario rispondere sia favorendo con sollecitudine e intelligenza la scelta dell'istruzione religiosa nelle scuole dello Stato, sia curando una formazione che permetta, nel rispetto della libertà di coscienza e nel cordiale dialogo, di ascoltare e approfondire il messaggio di Cristo, quale la Chiesa lo custodisce e trasmette.

Il portare adeguatamente il Vangelo nella scuola permette che esso "sia assorbito nella mentalità degli alunni sul terreno della loro formazione e l'armonizzazione della loro cultura sia fatta alla luce della fede" (CTR 69).


6. Vi esorto pertanto ad essere sempre maggiormente discepoli di Cristo maestro, a porvi alla scuola del Redentore, che solo porta a pienezza l'uomo, rendendolo capace di comprendere, amare e dare molto frutto secondo i talenti ricevuti.

Tenete sempre presente che Cristo è un maestro vivo, che permane attivamente sulla sua cattedra e che guida attraverso la maternità della sua Chiesa.

Coscienti della grande dignità del vostro compito, vivete un quotidiano contatto vitale con Gesù, per essere suoi annunciatori e testimoni. Sostenete la fede dei vostri alunni, vivendo ciò che insegnate in piena docilità allo Spirito di verità. Adottate uno stile esemplare di vita, quale si impone nella scuola, dove i vostri allievi guardano al vostro comportamento, desiderosi di conoscere ciò che devono fare e come devono metterlo in pratica.

La mia cordiale benedizione apostolica accompagni voi e quanti rappresentate come segno di benevolenza e come pegno di abbondanti favori del Signore, che sa adeguatamente ricompensare i suoi servitori fedeli.

Data: 1984-12-05 Data estesa: Mercoledi 5 Dicembre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)