GPII 1984 Insegnamenti - Congedo dal Canada - Ottawa (Canada)

Congedo dal Canada - Ottawa (Canada)

Titolo: Il seme sparso su questa terra è destinato a portare frutto

Testo:

Signore e signori, cari fratelli e sorelle.


1. Ecco giunto per me il momento di lasciare questa terra canadese e di prendere congedo da voi. ciò non è senza rimpianto, dal momento che mi è stato concesso di visitare tanti uomini e donne nel vostro immenso Paese, in tanti luoghi diversi e affascinanti. E' la gioia pero che vive in me in questo momento, perché io provo la viva sensazione di aver vissuto con voi dei momenti di grazia.

Tra voi, saluto amichevolmente i miei fratelli nell'episcopato, che mi hanno qui invitato, che hanno preparato con estrema cura questo pellegrinaggio, che mi hanno accolto a nome di tutti voi e che mi hanno accompagnato; rinnovo a tutti loro la mia più viva riconoscenza. Attraverso voi, che rappresentate qui tutta la comunità canadese, ringrazio i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici per la cortesia e la serietà della loro accoglienza, la testimonianza della loro fede e dello spirito di servizio nella Chiesa. Vorrei salutare in particolare le altre comunità cristiane con le quali sono felice di aver potuto prendere parecchi contatti, e di cui ho potuto rendermi meglio conto dell'ardore che le anima a procedere verso l'unità.

Mi rivolgo anche alle autorità civili che hanno svolto una così larga parte nell'organizzazione del mio viaggio e hanno dimostrato una così viva attenzione al senso pastorale del mio operato. Li ringrazio di avere avuto la delicatezza di essere venuti fin qui a prendere congedo da me. Conservero un vivo ricordo dei nostri incontri, particolarmente al mio arrivo a Québec e ultimamente nella stessa Ottawa. Esprimo tutta la mia gratitudine alla signora governatore generale, al signor primo ministro del Canada, agli alti magistrati delle istituzioni giuridiche, ai signori presidenti e ai membri delle due Camere del Parlamento, ai signori primi ministri delle province, così come ai membri del corpo diplomatico che hanno voluto unirsi qui ai dignitari e ai responsabili della società civile canadese. Insieme a tutti questi responsabili, ringrazio coloro che formano i numerosi gruppi di lavoro che hanno offerto, da parecchi mesi, la loro collaborazione efficace, sollecita e il più delle volte discreta, partecipando ai molteplici servizi di organizzazione, di sicurezza e durante i trasferimenti che questo lungo viaggio ha richiesto.


2. L'attraversata che ho appena compiuto mi ha permesso di conoscere meglio la bellezza e la diversità del vostro Paese, l'accogliente ospitalità del vostro popolo. Sappiate che ho vivamente apprezzato l'esperienza di incontrarmi con voi, per la franchezza e l'ardore che vi caratterizzano. Non posso evocare in questo momento tutto quello che conservero nel mio cuore, il più delle volte ciò oltrepassa per intensità quello che le semplici parole possono esprimere.

Permettetemi di dire solamente che, nel corso delle varie tappe, sono stato colpito dalla ricchezza e dalla vivacità, testimonianza di tutto ciò che vi hanno trasmesso i vostri predecessori, gli Amerindi e gli Inuit, i meticci, i francesi, gli inglesi, gli immigrati di numerosi altri Paesi dell'Europa dell'Ovest e dell'Est, senza dimenticare tutti quelli che sono venuti dalle numerose regioni dell'America Latina, dell'Oriente o dall'Estremo Oriente.

Mi sembra che il felice connubio dei così numerosi elementi del vostro patrimonio, in un popolo libero e intraprendente, lo rendano disponibile ad aprirsi a tutti gli appelli del mondo, a favorire la pace, a vivere attivamente con generosa solidarietà nei riguardi dei fratelli più colpiti e di coloro sui quali pesano gravi condizioni.


3. Al momento della mia partenza, auguro al popolo canadese un futuro felice, lo sviluppo di tutte le sue qualità, una vita vissuta nell'armonia e nel rispetto delle differenze spirituali e culturali presenti. Sono consapevole che tutto ciò sarà reso più facile dalle istituzioni di questo Paese. Vi attendono gravi compiti, sia nel far fronte alle difficoltà interne che permangono, in particolare la crisi economica, sia nello sviluppare il vostro contributo positivo alla vita internazionale. Possa la consapevolezza di questi doveri guidarvi ad adempierli con il coraggio, la nobiltà e l'altruismo che contraddistinguono coloro che trovano la loro felicità nell'aiutare i loro fratelli e sorelle.


4. A voi, membri del popolo di Dio in questo Paese, affido uno dei miei migliori ricordi delle differenti tappe di questo mio pellegrinaggio: insieme siamo stati in grado di vivere una straordinaria esperienza della fede che ci unisce. Sono consapevole che la partecipazione che mi avete dimostrato esprime, al di là della mia persona, i vostri profondi legami con la Chiesa universale che ha le sue radici nella fede degli apostoli, sin dalla risurrezione e dall'inizio dell'epoca missionaria della Pentecoste.

Giungendo nelle vostre comunità, ho scoperto con gioia che voi state continuando quello che i grandi fondatori hanno iniziato per i voi con così grande onore. Essi hanno portato qui il Vangelo, spesso al prezzo della loro stessa vita; hanno costruito un edificio che continua ad essere pieno di vita nonostante le difficoltà e i cambiamenti tipici del nostro tempo. Siate fedeli all'ispirazione dei santi conosciuti e sconosciuti che hanno sparso su questa terra il seme destinato a portare il frutto.

Noi abbiamo celebrato insieme, abbiamo pregato Dio, siamo stati in comunione con lui, abbiamo ascoltato la sua parola. Il vostro fervore è il segno che il messaggio del successore di Pietro, venuto a portare testimonianza di Gesù Cristo, ha trovato uomini e donne disposti a collaborare per un mondo nuovo. E' il segno che i cristiani di questo Paese hanno lo Spirito Santo che vive in loro, lo Spirito Santo che infonde nei nostri cuori l'amore di Dio, che rafforza la nostra speranza e che dà pienezza alla nostra fede.

Possa il mio pellegrinaggio presso i santuari del popolo di Dio segnare un passo in avanti per tutti voi; sulla lunga strada che conduce l'umanità al rinnovamento, attraverso il dono di Dio, e alla pienezza della solidarietà fraterna sulla strada della santità.

Rinnovo in quest'occasione il mio grande rammarico per non aver potuto visitare gli indiani Inuit e i meticci a Fort Simpson. Fin dall'inizio della preparazione della mia visita pastorale in Canada ho attribuito una grande importanza a quest'incontro, e voglio ora rinnovare a tutti loro l'espressione di amore fraterno con un messaggio. Spero davvero che la Provvidenza divina mi darà un'altra occasione di incontrarmi con loro. (Mi scuso... così mi sono invitato una seconda volta in Canada).

Continuero a pregare per voi e con voi. Oggi chiedo al Padre di tutto l'amore, al Figlio che dimora tra noi e allo Spirito Santo di forza e luce, di colmarvi di ogni benedizione.

Con gioia vi rivolgo ancora una volta tutta la mia gratitudine, e rinnovo dal profondo del mio cuore i miei migliori auguri per tutto il popolo del Canada.

Data: 1984-09-20 Data estesa: Giovedi 20 Settembre 1984




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La fede cristiana è impressa nella storia del Canada

Testo:


1. Nella liturgia dell'odierna domenica la Chiesa offre sulla mensa della parola di Dio la parabola degli operai mandati nella vigna, riferita dal Vangelo di san Matteo.

"Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che usci all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna" (Mt 20,1). A quest'"invito" alla vigna corrisponde la vocazione che Dio indirizza all'uomo in Gesù Cristo.

Il Concilio Vaticano II insegna che l'intero popolo di Dio e tutti coloro che ad esso appartengono sono chiamati a partecipare alla triplice missione messianica di Cristo: sacerdote, profeta e re. In ciò consiste la sostanza della vocazione cristiana.

Tale partecipazione alla missione di Cristo costituisce il contenuto della chiamata alla vigna del Signore. Essa è indirizzata alla persona, e, al tempo stesso, si estende alla comunità che, partecipando alla missione messianica di Cristo, costituisce la Chiesa in terra e insieme prepara la forma definitiva del regno dei cieli. Recitando l'Angelus ringraziamo oggi il Signore, insieme con Maria, la prima tra i chiamati, per tutti gli operai della vigna del Signore. E contemporaneamente preghiamo perché questa chiamata - ossia la vocazione al regno di Dio - si dilati costantemente e raggiunga i cuori umani!


2. Ho ancora nel cuore e nella mente le splendide manifestazioni di fede che ho potuto constatare nel mio recente viaggio apostolico attraverso il Canada da un oceano all'altro. Ho potuto notare quanto profondamente quel grande Paese abbia impresso nella sua storia il sigillo della fede cristiana, e quanto elevato sia il dinamismo umano, lo spirito d'iniziativa e la vitalità religiosa di quelle care popolazioni.

Desidero ringraziare vivamente per la calorosa accoglienza che mi è stata riservata. A tutti va la mia riconoscenza: all'episcopato e alle autorità civili, agli organizzatori dei vari incontri, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e a tutti i buoni fedeli, tanto diversi per storia e cultura, ma tutti animati dai medesimi ideali e dalla medesima fede. A tutti i canadesi rinnovo il mio saluto e l'assicurazione che li porto nel cuore. Ricambio in modo particolare l'affetto che mi è stato manifestato da parte di chi ha dovuto affrontare viaggi o disagi per partecipare alla comune celebrazione della fede cattolica: anziani, malati, poveri, persone venute da lontano. A tutti prometto un ricordo nella mia preghiera.

La presidenza della Conferenza episcopale italiana ha pubblicato ieri una nota su un argomento di vitale importanza per la Chiesa e la società italiana: cioè l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole dello Stato.

Tale documento vuole essere un appello a comprendere l'inestimabile valore e il significato dell'educazione religiosa nella formazione della personalità dei giovani. Una vera e completa educazione non può prescindere dalla componente religiosa. In una società poi come quella italiana, ignorare la realtà e i valori religiosi sarebbe perdere il contatto con le proprie radici e con l'anima della propria cultura.

Invito tutti a prendere a cuore questo fondamentale problema, adoperandosi - ciascuno secondo le proprie responsabilità - con un dinamico impegno affinché sia assicurata alle nuove generazioni un'adeguata formazione religiosa e morale nelle scuole dello Stato, in conformità ai principi della fede cattolica.

Data: 1984-09-23 Data estesa: Domenica 23 Settembre 1984




Alla diocesi di Albano - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Per il 40° anniversario dello sbarco ad Anzio

Testo:

Autorità religiose e civili, cari sacerdoti e fedeli della "nostra" diocesi di Albano.


1. Sono molto lieto di questo incontro domenicale pomeridiano che, per il gran numero dei presenti, per le peculiari memorie che esso intende rievocare, per le stesse circostanze di persona e di ambiente, assume un particolare significato. Di ritorno dal non breve viaggio apostolico nelle diverse regioni del Canada, io sto ancora usufruendo di un po' di riposo nel territorio diocesano di Albano, e ora la vostra presenza mi offre come un motivo di ulteriore distensione, poiché conosco molto bene, ormai da quasi sei anni, la devozione e l'affetto che nutrite per me.


2. Quella di stasera, come hanno opportunamente ricordato monsignor vescovo e il signor sindaco, è innanzitutto un'udienza di ricordi. Ricordi ormai lontani nel tempo, ma pur vicini psicologicamente; ricordi tristi e insieme consolanti: ricordi dei giorni della seconda guerra mondiale, che ebbe lungo il litorale e sui colli di Albano uno speciale "teatro" e provoco non pochi lutti e rovine; ricordi della successiva ripresa e della presto conclusa ricostruzione. E chi potrà cancellarli? Forse il tempo, nel fatale avvicendamento delle generazioni (cfr. Qo 1,4), attenuerà o sfumerà certi particolari; ma sempre viva, io penso, resterà la memoria o l'immagine di quanto, dopo il noto sbarco, avvenne non soltanto ad Anzio e a Nettuno, ma in tutta la zona circostante nel crudo inverno del gennaio 1944 e nei mesi seguenti. In effetti, non solo il territorio e l'ambiente, ma il patrimonio e la popolazione furono coinvolti e travolti nell'aspro conflitto. E come dimenticare - un solo esempio fra i tanti - le più di cinquecento vittime, provocate da un solo bombardamento nel qui vicino edificio della Propaganda Fide? Occasione di riflessione e anche di preghiera vuol essere, a quarant'anni di distanza, l'odierna commemorazione di questi dolorosissimi eventi.

Sarà una rinnovata meditazione intorno al tremendo flagello della guerra; sarà una mesta preghiera di suffragio per i congiunti e per gli amici scomparsi.


3. Ma questa è, altresi, un'udienza di gratitudine verso colui che, in quel medesimo periodo, fin dal primo profilarsi del diretto pericolo per la presenza "in loco" degli eserciti accanitamente contrapposti, fu per tutti e, in primo luogo, per la popolazione civile, qui residente, il padre sollecito e provvido.

Voi avete già capito, carissimi fratelli e sorelle, a chi alluda: io penso, ricordo e celebro la figura amabile e insieme austera di Pio XII, pontefice due volte romano per l'impegno, la dedizione e - direi - la passione di carità, dimostrata verso i suoi concittadini e corregionali in quei terribili mesi. Ma al suo fianco io desidero idealmente collocare e ricordate tutti coloro che, in tale servizio di drammatica emergenza, con lui validamente collaborarono, nell'offrire ospitalità e sostentamento ai profughi, nel lenire le innumeri ferite del corpo e dell'animo, nel prestare particolare assistenza ai bambini: monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, allora sostituto della segreteria di Stato; monsignor Domenico Tardini, segretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari; il direttore, gli addetti e gli operai delle ville pontificie.

Per merito di tutte queste persone e di tanti altri buoni, il cui nome e la cui opera sono noti soltanto al Signore, si ebbe qui (ma non solo qui!) un'esemplare dimostrazione di quello che è uno dei doveri primari e naturali della Chiesa: soccorrere i suoi figli nel dolore, aiutarli nel bisogno, tergere le loro lacrime. Fu quella una gara di carità che, all'occorrenza, si estendeva anche agli stessi belligeranti e, come tale, non manco di avere pubblico riconoscimento ed elogio da parte di essi!


4. Noi pero non possiamo limitarci a una semplice commemorazione, per quanto salutare e opportuna, della ricorrenza quarantennale di quegli eventi. C'è da tener conto dell'attualità, cioè ci sono ormai altri problemi che toccano e interessano oggi la comunità ecclesiale e civile di Albano; e io penso che lo sguardo al passato possa offrire qualche utile elemento per la loro auspicata soluzione. Grazie a Dio - ecco un nuovo motivo di preghiera - non ci sono oggi guerre in questo territorio, anche se purtroppo - allargando lo sguardo oltre i confini dell'Italia - si scoprono qua e là conflitti e contrasti di maggiore o minore estensione, ma sempre e tutti pregiudizievoli per la causa della pace nel mondo.

Quali siano questi problemi è presto detto: dal 1944 ad oggi l'intero "ager Albanensis" ha conosciuto una grande espansione demografica e urbanistica, superando largamente i 300 mila abitanti, mentre il numero delle parrocchie è passato da venti a sessanta. Ecco un primo dato, che è sufficientemente indicativo dei non pochi problemi da affrontare e risolvere: ché non si tratta soltanto di provvedere ai servizi sociali o di approntare tempestivamente le diverse strutture. Si tratta di ben altro; si tratta di molto di più! Servizi e strutture sono elementi necessari, ma non sufficienti: quel che primariamente ci vuole è una sorta di "edificazione interiore", per cui l'accresciuta popolazione, proveniente tra l'altro da diverse località e, quindi, alquanto eterogenea, si amalgami in connessione unitaria e - dal punto di vista propriamente ecclesiale - si sviluppi e maturi come autentica comunità cristiana, vivendo di un'unica fede nel vincolo di un'unica carità.

Eccolo il traguardo, cui bisogna tendere, cari fedeli e cittadini di Albano! Io so che esso è per voi un preciso obiettivo nel vostro programma di azione pastorale, che s'intitola appunto "Comunione e comunità". C'è posto in esso, ovviamente, per tante iniziative particolari, attinenti all'evangelizzazione e alla promozione umana. Ma ci dev'essere anche posto - desidero sottolineare - per una collaborazione aperta e leale tra comunità cristiana e comunità civile.

Come Vescovo di Roma, che in qualità di ospite usufruisce del clima riposante offerto dai vostri bei colli, voglio assicurarvi che continuero a seguire con particolare benevolenza, con interesse e fiducia quanto da voi sarà intrapreso per raggiungere questa nobile finalità di spirituale e umana coesione.

Permettetemi, anzi, di indicarla ancora e di raccomandarvela con le autorevoli parole del primo Papa: "Stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo..." (1P 2,4-5).

Esser pietre vive nell'edificio compatto dell'unica Chiesa di Cristo: ecco il punto di arrivo che io vi propongo; ecco l'augurio che io formulo per ciascuno di voi, sacerdoti, religiosi e laici dell'intera diocesi.


5. Poco fa mi è stato presentato un piccolo vaso contenente un po' di terra prelevata dai tre cimiteri di guerra - americano, germanico, britannico - che esistono nel vostro territorio. Dentro di esso, proprio su quella terra resa sacra dal sangue di giovani vite stroncate dal furore della guerra, io ho piantato - come avete visto voi stessi - un piccolo ulivo quale segno di riconciliazione e di pace.

C'è forse bisogno di spiegare il simbolismo di questo così semplice gesto? Vi diro solo che, se ho parlato all'inizio di "ricordi consolanti" accanto all'evocazione dei brutti fantasmi del lontano 1944, è perché anche dal male, con l'aiuto di Dio, può scaturire il bene: dal panorama fosco della guerra si leva un'invocazione accorata della pace tra gli uomini, come dalle zolle, tra loro mescolate, che coprono le ossa di chi fu dianzi nemico spunta il tenero ramoscello e, presto, l'albero dell'ulivo fecondo.

A tutti imparto di cuore la mia particolare benedizione.

Data: 1984-09-23 Data estesa: Domenica 23 Settembre 1984




Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Canada: Una fede segnata dal sangue dei martiri

Testo:


1. "Célébrons notre foi": celebriamo la nostra fede! E' questo il motto scelto dall'episcopato canadese per la preparazione della visita del Papa in quel grande Paese nei giorni 9-20 settembre.

Desidero ringraziare cordialmente tutti i miei fratelli nell'episcopato e anche tutta la Chiesa in Canada per l'intensa preparazione e per l'invito rivoltomi. Sono molto numerose le persone e le istituzioni a cui va in modo particolare questo ringraziamento. Ho presente nel mio pensiero tutti coloro che attivamente hanno partecipato alla preparazione e allo svolgimento del ricco programma della visita.

In pari tempo, desidero manifestare la mia gratitudine anche alle autorità canadesi, sia locali, sia provinciali che federali. Le parole pronunziate al momento dell'arrivo dalla signora Jeanne Sauvé, governatore generale del Canada, sono rimaste profondamente impresse nella mia memoria.


2. L'esortazione "celebriamo insieme la nostra fede" si è manifestata nell'intero programma della visita, iniziata a Québec, prima storica sede episcopale del Canada e terminata a Ottawa, attuale sede delle autorità federali. Nel corso di dodici giorni la via di questa pellegrinazione ha avuto il seguente percorso: da Québec, sono passato a Sainte-Anne de Beaupré, Trois Rivières, Montréal, St. John's, Moncton, Halifax, Toronto, Midland, Unionville, Winnipeg/Saint Boniface, Edmonton.

Avrei desiderato raggiungere Fort Simpson, ma la nebbia lo ha impedito.

Così, dopo un atterraggio a Yellow Knife nella speranza di una schiarita, che non c'è stata, ho proseguito per Vancouver e poi Ottawa-Hull.


3. L'idea-guida della visita ci ha permesso di far riferimento agli inizi dell'evangelizzazione della Chiesa in Canada. Il motto "celebriamo la nostra fede" implicava un sentimento di gratitudine per tali inizi, che risalgono all'inizio del XVII secolo. I missionari, venendo nel continente canadese, hanno incontrato qui la popolazione indiana indigena e la religione tradizionale di questa popolazione. Questa ha accolto con gioia il Vangelo: una parte infatti di tale popolazione appartiene alla Chiesa cattolica, e un'altra parte alle varie comunità della cristianità non cattolica.

Le singole comunità e tribù indiane, accogliendo Cristo, hanno conservato un legame con alcune tradizioni e riti primitivi, nei quali si possono rintracciare senza difficoltà certi elementi della profonda religiosità naturale, dei quali parlano i Padri della Chiesa, e che sono ricordati anche dal Concilio Vaticano II. Sotto questo aspetto, è stato particolarmente significativo l'incontro a Huronia, nell'Ontario, presso il santuario dei martiri canadesi. Essi sono san Giovanni de Brébeuf e altri membri della Compagnia di Gesù, missionari: insieme con loro hanno dato testimonianza a Cristo anche numerosi cristiani indigeni.

La fede della Chiesa in Canada si ricollega a questa testimonianza del sangue che fu data alle sue origini. Non meno eloquente testimone del Vangelo è l'indigena indiana, la beata Kateri Tekakwitha, che per amore di Cristo scelse la verginità per il regno dei cieli.


4. Da questi inizi della fede, la via della Chiesa in Canada conduce a una grande "epopea" missionaria, il cui primo centro fu la sede vescovile di Québec. Questi fatti trovano il loro riscontro nei nomi dei santi e dei beati, che in questa nuova terra hanno svolto, con totale dedizione, compiti apostolici della Chiesa, sia verso gli indigeni, sia verso coloro che erano da poco giunti dall'Europa.

Essi si sono serviti prima soprattutto della lingua francese e poi di quella inglese.

Ecco i nomi dei santi e dei beati che in modo particolare venera la Chiesa in terra canadese: i martiri Gesuiti; santa Margherita Bourgeoys; il beato François de Montmorency-Laval, primo vescovo di Québec; la beata madre Maria dell'Incarnazione; la giovane beata Kateri Tekakwitha; la beata madre Margherita d'Youville; la beata madre Marie-Rose Durocher; il beato fratel André Bessette; il beato André Grasset e madre Marie Léonie Paradis, che ho avuto la gioia di beatificare a Montréal.

"L'epopea missionaria" in terra canadese si è estesa nei secoli successivi raggiungendo terreni sempre più lontani verso l'Occidente e verso il Nord.

Desidero sottolineare i grandi meriti di alcuni ordini e congregazioni religiose. Accanto ai Gesuiti, già menzionati, vanno ricordati, tra gli altri, gli Agostiniani Recolletti, le Orsoline, le Ospedaliere Agostiniane della misericordia, la congregazione di Notre-Dame, le suore Grigie della carità, i Redentoristi e particolarmente i padri Sulpiziani e i missionari Oblati di Maria Immacolata.


5. Su tale sfondo storico sono stati convocati, col motto "celebriamo la nostra fede", tutti coloro che attualmente costituiscono il popolo di Dio della Chiesa canadese sull'enorme territorio che va dall'Atlantico fino al Pacifico. La Chiesa che vive in tale società, caratterizzata dall'immigrazione di persone provenienti da varie nazioni, si richiama alle molteplici tradizioni culturali e religiose, che compongono, in diversi luoghi, il vivo organismo della cristianità e del cattolicesimo canadese.

Questa diversità e molteplicità è sorgente di arricchimento sia della società, sia della Chiesa. Esse costituiscono una costante sfida all'attività apostolica e pastorale di questa Chiesa. I contenuti fondamentali di questa sfida sono stati formulati dal Concilio Vaticano II.

La professione di fede che abbiamo fatto assieme nel corso della visita in Canada, è stata carica di questi contenuti, risalendo allo stesso tempo a tutto ciò che costituisce l'eterno deposito della fede nella Sacra Scrittura e nella tradizione della Chiesa. ciò ha una grande importanza soprattutto in relazione all'attuale secolarizzazione, propria di questa società canadese, ricca e avanzata dal punto di vista della civilizzazione.


6. Alla luce del Vaticano II la fede della Chiesa in Canada ha una particolare dimensione ecumenica legata all'appartenenza confessionale dei cristiani in questo Paese, nel quale i membri della Chiesa cattolica costituiscono pressappoco la metà della popolazione. perciò, anche la visita papale in Canada ha avuto un carattere "ecumenico", che si è manifestato soprattutto nella preghiera comune con i fratelli separati. A questa comune preghiera si sono uniti in qualche luogo (come, per esempio, a Toronto) anche i credenti delle religioni non-cristiane. Il clima sociale del Canada è utile allo sviluppo del dialogo con i rappresentanti di tutte le religioni, e con gli uomini e gli ambienti che non si identificano esplicitamente con alcun "credo", ma allo stesso tempo conservano una grande stima per la religione e per la cristianità per motivi innanzitutto di natura etica.


7. "Celebriamo la nostra fede". La chiamata, racchiusa in queste parole, alla realizzazione della missione evangelica della Chiesa, ha una sua eloquenza all'"interno" della stessa comunità cattolica e in seguito "all'esterno".

"All'interno" ("ad intra"), si collega direttamente con quella chiamata il problema delle vocazioni: soprattutto quelle sacerdotali e religiose - maschili e femminili - e parimenti con il problema dell'apostolato dei laici, che ha molte possibili direzioni, compiti e bisogni.

"All'esterno" ("ad extra"), la Chiesa canadese ha un vivo senso della sua missione dinanzi ai problemi che travagliano l'intera umanità contemporanea. E se questi problemi sembrano toccare meno la società stessa del Canada, tuttavia i cristiani in questo Paese sono consapevoli di non poter chiudere gli occhi dinanzi alle minacce alla pace nel mondo contemporaneo.

Questi problemi si sono quindi ripresentati anche nel programma della visita pastorale, trovando viva eco nella grande opinione pubblica.


8. Ringraziando ancora un volta tutti coloro che mi è stato dato di incontrare sul percorso del mio "pellegrinaggio" in Canada, desidero, insieme con loro e con tutta la Chiesa, rendere grazie al Buon Pastore mediante l'immacolato cuore della sua Madre per questo ministero, che ho potuto compiere, realizzando il motto dell'episcopato canadese racchiuso nelle parole "celebriamo la nostra fede".

Voglio ora rivolgere un saluto particolare ai giovani. Oggi è l'anniversario della nascita di papa Paolo VI e non possiamo non ricordarlo, in questo giorno in cui nella sua diocesi di origine, Brescia, sarà inaugurato un monumento eretto nella cattedrale. Paolo VI ha tanto amato i giovani, cercando di comprenderli nella loro caratteristica ricerca umana e spirituale. La testimonianza da lui data in vita e in morte, sia per tutti stimolo a vivere con generoso impegno di vita cristiana. Venerdi pomeriggio celebrero nella basilica Vaticana la messa in suffragio di Paolo VI e di Giovanni Paolo I.

Data: 1984-09-26 Data estesa: Mercoledi 26 Settembre 1984




Al cardinale Casaroli - Eletto delegato pontificio al Congresso eucaristico argentino



Al venerabile nostro fratello, cardinale Agostino Casaroli.

Venerabile nostro fratello, salute e apostolica benedizione. Da numerose e ricche testimonianze, e in particolare dalla preoccupazione pastorale con la quale due anni fa mi sono recato in visita a Buenos Aires in Argentina, hai potuto constatare quale amore paterno portiamo a quella diletta nazione, con quanta sollecitudine, nei momenti difficili, guardiamo alla sua pace e alla sua sicurezza, con quanta fermezza sosteniamo la stretta dipendenza della sua prosperità e della sua salvezza dalla causa di Cristo e dall'osservanza del Vangelo. perciò potrai facilmente capire ora con quali sentimenti e con quanta gioia ti inviamo questa lettera e stabiliamo quanto segue.

Infatti abbiamo intrapreso quel viaggio con preoccupazione apostolica e desiderosi di portare la pace, con piena fiducia, in occasione della solennità del Corpus Domini e già con le prime parole e con il primo discorso che abbiamo pronunciato nella Cattedrale della Santissima Trinità abbiamo celebrato proprio Gesù Cristo eucaristico come fondamento della vera unità, elargitore di pace perenne, fautore di riconciliazione. Ora, la stessa amata comunità dell'Argentina cattolica, guidata dai suoi ottimi pastori, si prepara con tutto l'impegno al Congresso eucaristico nazionale che si terrà a Buenos Aires, tra l'11 e il 14 ottobre, e fa voti per sé e per i fedeli che il futuro porti grandi frutti di fede e di carità, di rinnovamento e di speranza, generati da quell'evento.

Il mistero del corpo e del sangue di Cristo verrà celebrato con grande affluenza di cattolici; da tale mistero non solo la vita di tutta la Chiesa trae alimento, forza e accrescimento fino alla fine del suo pellegrinare, ma anche su di esso poggia e ha il suo significato l'unità di ogni famiglia cristiana. E infatti l'Eucaristia, composta di grano macinato e di chicchi d'uva, indica, con la sua natura, quell'unità e quello stesso cibo e bevanda di cui si nutre la famiglia cristiana.

D'altra parte, il fatto che alle origini del cristianesimo l'Eucaristia si celebrasse nelle case private, ricorda che questo sacramento già allora sottolineava un momento particolare della comunità familiare come "della prima e vitale cellula della società" (cfr. AA 11). Se mediante l'Eucaristia Cristo comunica la vita ai fedeli, poiché la sua carne è vero cibo e il suo sangue vera bevanda (cfr. Jn 6,53ss) non può non essere che questa vita riguardi quel "luogo" nel quale "nascono nuovi cittadini della società, che mediante la grazia dello Spirito Santo sono costituiti figli di Dio dal Battesimo, per perpetuare il popolo di Dio nel corso dei secoli" (LG 11).

L'Eucaristia è dunque pane che infonde la grazia nei membri della famiglia, genera e corrobora l'amore reciproco, ispira i medesimi sentimenti, crea gli stessi propositi, consolida il matrimonio, in breve fa si che fioriscano tutte le virtù cristiane e umane mediante le quali i cristiani sono in questo mondo ciò che l'anima è nel corpo (cfr. "Epist. ad Diognetum", 5).

Da ciò deriva che l'Eucaristia è anche fondamento della società civile.

Colui che infatti ha detto: "Dall'oriente all'occidente grande è il mio nome tra le genti, e in ogni luogo si sacrifica al mio nome un'oblazione pura, poiché grande è il mio nome tra le genti" (Ml 1,11), doveva rendere quegli stessi uomini che compivano questo sacrificio, anima del mondo, lievito da cui è fatta lievitare tutta la società (cfr. Mt 13,33). Perché infatti la società abbia una solida struttura, progredisca e viva nella pace, ha bisogno di una vera pace, deve essere unita, giusta, bene organizzata, per poter venire incontro ai bisogni dei poveri e degli ammalati e, se è possibile, eliminare tali bisogni; e non le occorrono parole vuote ma esempi, fatti, uomini che con la loro stessa vita indichino la strada per risolvere le difficoltà. Tali devono essere i cristiani alimentati dall'Eucaristia, che sono esempio agli altri di vita sociale. Essi infatti "non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per costumi...

Abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini; ma da tutti sono distaccati come stranieri; ogni nazione è loro patria, e ogni patria è una nazione straniera; si sposano come tutti e generano figli, ma non espongono i neonati. Hanno in comune la mensa ma non il letto.

Vivono nella carne ma non secondo la carne. Vivono sulla terra ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi... Amano tutti e da tutti sono perseguitati... Vengono bestemmiati e proclamati giusti; oltraggiati e benedicono, ingiuriati e trattano tutti con riverenza. Fanno del bene e vengono condannati a morte; ma condannati gioiscono come si donasse loro la vita" ("Epist. ad Diognetum", 5).

Ma anche sotto altri aspetti l'Eucaristia è fondamento della società.

Essa infatti, in seguito all'azione redentrice di Cristo e alla costituzione di un nuovo ordine di cose, è rendimento di grazie, sacrificio, preghiera, come un gemito ininterrotto di Gesù al Padre per tutti: non solo per coloro che sono i suoi agnelli e che ascoltano la sua voce, ma anche per quelli che ancora non lo conoscono o, pur conoscendolo, consapevolmente lo negano, lo combattono e lo perseguitano nelle sue membra. Poiché anch'essi sono di coloro dei quali egli ha detto: "Ho anche altre pecore che non sono di questo ovile, io devo ricondurre all'ovile anche quelle; e ascolteranno la mia voce e vi sarà un solo ovile e un solo pastore" (Jn 10,16); l'azione eucaristica di Cristo, che vive sotto la specie del pane e del vino, Dio e uomo tra gli uomini, incessantemente e con infinita carità persegue questo fine.

Ci lamentiamo perché il mondo è cattivo, perché ogni giorno vediamo innumerevoli mali e ingiustizie, cui l'uomo con le sue sole forze non è in grado di porre rimedio; ma non possiamo immaginare quanto sarebbe peggiore e più intollerante il mondo se mancasse l'Eucaristia, o se essa non guidasse tutto secondo un piano divino, che è il piano della salvezza.

Perché non manchi nessun segno chiaro né alcuna testimonianza della nostra unità strettissima con la Chiesa argentina riunita attorno alla mensa nel fervore eucaristico, vogliamo che il nostro più vicino collaboratore - intendo te, venerabile nostro fratello - sia li a rappresentarci, a presiedere e a pregare, esortare e insegnare nel nostro nome tutto quello che brevemente abbiamo sopra esposto. perciò con questa lettera e con tutta la nostra fiducia ti destiniamo e ti nominiamo come nostro legato per la celebrazione del Congresso eucaristico dell'Argentina nel mese di ottobre mentre con gioia ti attribuiamo tutte le facoltà congiunte con quell'incarico.

Per tuo tramite dunque salutiamo tutti i partecipanti al Congresso, uno per uno tutti i fratelli vescovi e i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici e le laiche, e a tutti proponiamo il mistero eucaristico come momento culminante e centro di tutta la vita cristiana e di ogni famiglia, fonte di ogni devozione e azione cristiana, e a tutti impartiamo come se fossimo presenti la benedizione apostolica, pegno fecondissimo dei frutti spirituali del Congresso.

Data: 1984-10-10 Data estesa: Mercoledi 10 Ottobre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Congedo dal Canada - Ottawa (Canada)