GPII 1984 Insegnamenti - Ai vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Operare per la giustizia senza ideologie estranee alla fede

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Ho oggi il piacere di accogliere un numeroso gruppo di pastori di diverse Chiese particolari del Perù, stretti nell'affetto fraterno che vi unisce al Papa e che vi permette di sperimentare più vivamente la comunione con la Chiesa universale.

In voi riconosco e saluto ciascuna delle vostre diocesi che sono "una porzione del popolo di Dio, la cui cura pastorale è affidata al vescovo con la collaborazione del presbiterio, in modo che, unita al suo pastore e da lui congregata nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l'Eucaristia, costituisca la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica" (CIC 369). Queste parole del Codice di diritto canonico sintetizzano la dottrina del Concilio Vaticano II, delineano nitidamente il vostro ministero e la vostra responsabilità, così come pure la ricchezza fondamentale di ciascuna delle vostre diocesi.


2. Al centro delle vostre Chiese particolari e come compito essenziale del vostro ministero bisogna porre l'evangelizzazione nel pieno senso che la parola assume, vale a dire, l'annuncio, la celebrazione e il farsi vita di Gesù Cristo, l'unico salvatore "poiché non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).

L'annuncio vibrante e gioioso di Gesù Cristo è il vostro primo compito di pastori. Tutta l'originalità della Chiesa affonda le sue radici in questo annuncio. Tutta la forza del suo messaggio si concentra nella costante identificazione con il Vangelo vivo che è Gesù Cristo, presente nella Chiesa. Da ciò scaturisce la chiamata alla conversione, che implica una società nuova, grazie alla forza trasformatrice dei cuori e delle strutture che la parola viva del Vangelo, capace di generare uomini nuovi, comunità nuove, famiglie nuove, racchiude in sé.

Per questo, la nostra fede in Gesù Cristo è anche la fiducia nella forza rinnovatrice del Vangelo che, illuminando il cuore degli uomini, apre il cammino all'originale rivoluzione dell'amore, delle beatitudini, della comunione spirituale tra i fratelli, sino ad arrivare alla comunione dei beni, proprio come nella prima comunità cristiana.

Il vostro popolo, con una fede basata sui punti centrali dell'evangelizzazione, quali sono l'annuncio di Gesù Cristo crocifisso e risorto, l'amore profondo al mistero della sua incarnazione e nascita, insieme alla devozione filiale alla Vergine Maria, è già sensibilizzato ad accogliere una rinnovata e ulteriore evangelizzazione. Un'evangelizzazione che deve essere sistematica, esplicita e profonda, affinché i fedeli possano anche far fronte all'esistente incalzare di gruppi di diverse tendenze che vogliono strappare loro il tesoro della fede cattolica.


3. E' necessario quindi che all'annuncio di Gesù Cristo corrisponda in egual misura la celebrazione del suo mistero nella liturgia della Chiesa, giacché la vita di Cristo si comunica ai fedeli per mezzo dei sacramenti, attraverso i quali l'uomo si unisce in modo misterioso ma reale a lui, morto e glorificato (cfr. LG 7). E poiché tutti i fedeli hanno il diritto di entrare in questa comunione con Gesù attraverso il mistero della Chiesa, bisogna alimentare la partecipazione all'Eucaristia, l'assiduità al sacramento della Penitenza, l'opportuna accoglienza dell'Unzione degli infermi, attraverso la generosa carità pastorale dei sacerdoti.

La liturgia, celebrata secondo le norme della Chiesa e attivamente partecipata, garantisce con le parole e i gesti sacri la più autentica catechesi per i vostri fedeli, così sensibili a tutto ciò. E poiché la liturgia è essenzialmente opera della Chiesa, e non monopolio di gruppi nella sua forma celebrativa, essa dovrà essere lo specchio di una comunità ecclesiale viva, unita ai suoi pastori, impegnata a vivere ciò che celebra, portando ogni giorno la grazia della parola predicata, della preghiera condivisa, della comunione con Cristo e con i fratelli nell'Eucaristia. Non vi è dubbio che la religiosità popolare, così radicata nel vostro popolo, con la ricchezza di contenuti che nascono dal cuore e con l'espressività dei gesti di devozione, debba essere opportunamente orientata, affinché si renda capace di preparare e prolungare l'incontro con il mistero di Cristo, che si fa realtà nella parola, nei sacramenti e nell'Eucaristia.


4. Allo stesso tempo, l'annuncio e la celebrazione del mistero di Cristo debbono farsi vita, azione. Perché se è vero che non si può vivere come Cristo se non si vive in lui, è pure vero che non si può vivere in lui se non si vive come egli visse, come egli ci ha insegnato. Il Vangelo deve quindi essere norma di vita, garanzia di un retto comportamento etico personale e sociale; deve essere esigenza di giustizia e di misericordia, programma di riconciliazione nella società, stimolo verso un nuovo ordine nel quale si promuovono i diritti degli uomini, nostri fratelli. Di conseguenza, i cristiani debbono essere i primi a dare esempio di queste esigenze del Vangelo, impegnandosi nei doveri di solidarietà concreta, senza i quali anche la giusta denuncia è insufficiente.

In questo compito avete bisogno della collaborazione di tutti i vostri fedeli, dei catechisti, dei laici impegnati. Ma siete voi, con i sacerdoti e i religiosi, ad avere l'imprescindibile funzione d'orientamento.

Voi e i vostri sacerdoti conoscete senza dubbio da vicino la tragedia dell'uomo concreto dei vostri campi e delle vostre città, minacciato quotidianamente nella sua stessa sussistenza, oppresso dalla miseria, dalla fame, dalla malattia, dalla disoccupazione; quest'uomo provato che, tante volte, più che vivere, sopravvive in situazioni disumane. Certamente in esse non è presente la giustizia né la minima dignità richiesta dai diritti umani. E quanto più dura è la situazione, tanto più inammissibili sono gli atteggiamenti dei sistemi che si ispirano a principi di pura utilità economica per il beneficio dei settori privilegiati; e tanto più seduttrici possono considerarsi le opzioni di carattere ideologico che ricorrono a soluzioni di taglio materialista, alla lotta di classe, alla violenza, ai giochi di potere che non tengono in debito conto i diritti fondamentali dell'uomo.

Di fronte a ciò è necessario ricordare ancora una volta che "al centro del messaggio del quale è depositaria, la Chiesa trova ispirazione per agire in favore della fraternità, della giustizia, della pace, contro tutte le dominazioni, schiavitù, discriminazioni, violenze, attentati alla libertà religiosa, aggressioni all'uomo e a quanto attenta alla vita" (Discorso a Puebla, 28 gennaio 1979; cfr. GS 26-27 GS 29).

E' perciò necessario che tutti i pastori della Chiesa in Perù, i membri del clero secolare e regolare, così come gli altri collaboratori o agenti dell'evangelizzazione lavorino seriamente - e dove lo richieda il caso con ancora maggiore impegno - per la causa della giustizia e della difesa del povero.

Ma considerandolo non in modo riduttivo, classista o limitato alla sola sfera materiale, bensi in tutta la sua dimensione spirituale e trascendente, con la conseguente esigenza di liberarlo innanzitutto dal peccato, fonte di tutti i disordini, offrendogli la salvezza in Cristo. Un lavoro che deve esercitarsi in spirito inequivocabilmente ecclesiale ed evangelico, in unione con i propri pastori e col Papa.

Da parte vostra, assicurate i membri delle vostre diocesi che lavorano con questo spirito a favore dei poveri che la Chiesa vuole mantenere la sua opzione preferenziale e alimenta l'impegno di quanti, fedeli alle direttive della gerarchia, si dedicano generosamente in favore dei più bisognosi, come parte inseparabile della loro propria missione. In tal modo l'imprescindibile grido per la giustizia e per la necessaria solidarietà preferenziale per il povero, non avrà bisogno di affidarsi a ideologie estranee alla fede, come se esse fossero le depositarie del segreto della vera efficacia.


5. Questa urgente chiamata all'evangelizzazione integrale è punto di riferimento per gli altri problemi che voi stessi mi avete presentato nei vostri rapporti; al centro delle vostre preoccupazioni vi è la decadenza morale in molti settori della vita pubblica.

So che guardate con grande preoccupazione pastorale ai problemi che colpiscono il nucleo familiare e l'educazione dei giovani: l'aumento di famiglie disunite a causa del divorzio, dell'adulterio, delle unioni senza il vincolo del matrimonio cristiano. (E con frequenza i cattivi esempi vengono dagli strati dell'alta società, con influenze perniciose sulle classi più umili).

Si sta così estendendo la piaga dell'aborto, della contraccezione, dei rapporti prematrimoniali, con l'aumento della pornografia e della permissività nei costumi, che distrugge il pudore. Tutto ciò - non vi sarebbe ragione alcuna per ricordarlo - è contrario al Vangelo, alla stessa dignità umana e persino alle migliori esigenze delle vostre tradizioni ancestrali.

A ciò bisogna aggiungere il grave problema della droga che corrompe la società e distrugge la vita dei giovani. così come l'attuale e deprecabile fenomeno della violenza organizzata che ricade sulle vittime innocenti e che può a volte sviluppare una repressione non equanime. Questo tema vi ha opportunamente impegnato nell'esortazione del 3 agosto 1983.

La Chiesa, che conosce la dignità e il destino trascendente dell'uomo, deve alzare la sua voce contro tutto ciò che opprime la dignità degli uomini e dei popoli. Per questo vi chiedo che alla parola d'annuncio del Vangelo accostiate anche la coerente denuncia degli abusi e la promozione di iniziative atte a salvaguardare i veri ideali umani e spirituali dei vostri fedeli.


6. In questo compito di evangelizzazione e di promozione umana possono e debbono essere per voi di grande aiuto i religiosi e le religiose.

Come pastori della Chiesa dovete sempre tener presente la promozione della vita religiosa e la vigilanza di tutte le attività dei religiosi che si riferiscono direttamente alla cura delle anime, all'esercizio pubblico del culto divino e alle opere d'apostolato (cfr. CIC 678 § 1). Si tratta di un fattore importantissimo della vita della Chiesa, giacché i religiosi e le religiose contribuiscono alla costruzione di ciascuna Chiesa particolare con la testimonianza della sua vita e con la sua dedizione apostolica, come ho recentemente ricordato nella mia esortazione apostolica "Redemptionis Donum" (cfr. nn. 14, 15).

Vi chiedo, pertanto, che come pastori seguiate attentamente la vita religiosa, affinché sia sempre più radicata nel vostro popolo, e nella più perfetta comunione con gli orientamenti del magistero e con i progetti pastorali dei vescovi. A tal fine bisognerà sviluppare rapporti reciproci adeguati, per assicurare la presenza e l'efficacia della vita religiosa, a livello diocesano e nazionale.


7. Cari fratelli, nel dialogo della carità ho voluto comunicarvi alcune riflessioni su punti di particolare importanza che ora affido alla vostra responsabilità e alle vostre Chiese particolari.

So bene che l'esercizio del ministero episcopale richiede molti sforzi e abnegazione, come anche e soprattutto la stretta unione tra voi e il successore di Pietro, perché il governo pastorale deve esprimersi, per quanto concerne la dottrina, in orientamenti chiari, precisi, esenti da ambiguità e da vacillazioni, soprattutto per quei temi per i quali i fedeli hanno bisogno di una parola chiarificatrice. A questo proposito mi sovviene il ritratto del buon pastore lasciatoci da Paolo VI nella "Evangelii Nuntiandi" (EN 78): "Il predicatore del Vangelo sarà colui che, anche a costo di rinunce e sacrifici, cerca sempre la verità da trasmettere agli altri. Non vende né dissimila mai la verità per il desiderio di gratificare o intimorire l'uomo, né per l'originalità o per il desiderio di fingersi pastore del popolo di Dio: il nostro servizio pastorale ci chiede di preservare, difendere e comunicare la verità, senza risparmiare sacrifici".

Per questo, la funzione magisteriale del pastore obbligherà a volte a prendere posizioni in nome della verità, soprattutto se questa è tergiversata o elusa. Obbligherà, allo stesso tempo, a vigilare, come maestri nella fede, umilmente ma chiaramente, anche nel campo della teologia, che deve seguire una metodologia propriamente adeguata, con una sana ermeneutica biblica, il cui discorso non può essere sostituito dal discorso delle scienze umane, come ha ricordato la recente istruzione della Congregazione per la dottrina della fede.

In questa istruzione i pastori debbono vedere anche un'esortazione a discernere con realismo e oggettività la posizione dottrinale e pastorale delle differenti situazioni locali, affinché non manchino al clero, ai religiosi e religiose, e ai fedeli laici gli orientamenti opportuni e necessari. ciò appartiene senza dubbio al ritratto e alla missione del Buon Pastore.

Con grande fiducia nel vostro riconosciuto zelo e amore alla Chiesa, alla quale così generosamente state affidando il meglio della vostra vita, vi esorto a proseguire il vostro compito ecclesiale. Conosco bene i vostri sforzi in favore delle vocazioni, della gioventù, di una catechesi solida e sistematica, a favore di tante altre realizzazioni apostoliche. Chiedo perciò per voi la luce e la grazia dello Spirito, che "con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa" (cfr. LG 4). E supplico la Madre di Gesù e Madre nostra che vi sostenga, consoli e fortifichi nell'opera di costruzione nella fede delle vostre comunità ecclesiali. A voi e a ciascun membro di esse, esprimo il mio profondo affetto e vi benedico di cuore.

Data: 1984-10-04 Data estesa: Giovedi 4 Ottobre 1984




A dirigenti dell'"Encyclopaedia Britannica" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Continuate a promuovere la verità e a diffondere la cultura

Testo:

Cari amici, Sono felice di dare il benvenuto in Vaticano al Consiglio d'amministrazione dell'"Encyclopaedia Britannica". Il vostro desiderio di incontrare il Papa in occasione del vostro incontro a Roma mi fa personalmente piacere ed esprime nello stesso tempo la vostra convinzione dell'importanza che voi attribuite alla fede, alla religione e ai valori spirituali. Conosco bene, inoltre, l'amore per il sapere e il profondo interesse per la cultura che ciascuno di voi testimonia. La vostra collaborazione nella direzione della ben nota enciclopedia dimostra la vostra dedizione alla causa dell'avanzamento della cultura e allo sviluppo dei popoli attraverso la condivisione di questa grande risorsa. La ricerca della verità e della bellezza e gli sforzi per promuovere il loro progresso sono realmente un particolare servizio all'umanità.

Noi cristiani crediamo che, come ha detto Gesù, "la verità ci farà liberi". E siamo tutti ben consapevoli di come la bellezza della creazione di Dio e del genio artistico dell'uomo elevino la mente e il cuore e arricchiscano la qualità della vita umana. Chiunque si impegna per il progresso della verità e della bellezza trova nella Chiesa un'amica e un'alleata. Insieme siamo di fronte a un grande mistero che tutti i nostri sforzi artistici e accademici non potranno mai esaurire né le nostre menti potranno mai comprendere pienamente.

In uno spirito, dunque, di rispetto e di solidarietà, vi incoraggio a continuare i vostri degni sforzi volti a promuovere la causa della verità e la condivisione del sapere, e a contribuire all'edificazione della cultura. Il Signore benedica la vostra dedizione a questo speciale servizio all'umanità. Dio conceda le sue benedizioni di pace e di gioia a tutti voi e ai membri delle vostre famiglie.

Data: 1984-10-04 Data estesa: Giovedi 4 Ottobre 1984




Al primo incontro in Calabria - Lamezia Terme (Catanzaro)

Titolo: Una parola di fraternità, di incoraggiamento e di speranza

Testo:


1. Nel giungere per la prima volta in questa terra meravigliosa, che con le verdi montagne si slancia verso il cielo e in gran parte del suo perimetro s'affaccia sul limpido mare Mediterraneo, porgo il mio cordiale saluto a tutti voi che siete accorsi così numerosi a ricevermi da centri vicini e lontani: da Lamezia, Nicastro, Mileto, Nicotera e Tropea, Oppido-Palmi e San Marco, e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza.

Ringrazio in particolare il signor ministro Salverino De Vito che ha voluto essere presente a questo incontro per recarmi il saluto suo, del Governo e del Presidente della Repubblica. Sono grato pure all'arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Sorrentino, presidente della Conferenza episcopale calabra, e a monsignor Rimedio, vescovo di Nicastro, per le nobili parole con cui hanno interpretato i sentimenti del generoso popolo calabro, le cui antiche tradizioni di fede, di pazienza, di laboriosità sono conosciute e apprezzate. Ugualmente porgo un vivo ringraziamento al sindaco di Lamezia Terme.

In questo primo incontro con voi, carissimi fratelli e sorelle, sento il bisogno di andare col pensiero e col cuore al di là dello spazio di questo nuovo aeroporto, segno eloquente di proiezione verso il futuro, per accogliere in un unico abbraccio l'intero popolo calabrese, salutandolo fin d'ora affettuosamente nell'attesa di approfondire la conoscenza nel corso degli incontri in programma per questi tre giorni.

Il mio pensiero non può fare a meno di correre anche indietro nel tempo, fino all'alba della storia della Chiesa quando san Paolo, come ci narrano gli Atti degli apostoli (28,12-13), navigando da Siracusa a Pozzuoli, approdo sulla sponda della Calabria, a Reggio, che visitero domenica.

La Calabria è stata, così, una tappa del cammino storico del cristianesimo. L'Apostolo delle genti, "costeggiando" questa terra, ha avuto modo di vedere i panorami di una regione ricca di bellezze naturali ancora intatte, che anch'io oggi, a tanta distanza di secoli, ho la gioia di ammirare.


2. Cari fratelli vicini e lontani, il messaggio cristiano ha permeato della sua sostanza la vostra cultura, la vostra storia, e costituisce il vostro più sicuro patrimonio di vita. Nel passato la Calabria si è distinta come terra di fede; lo è ancora oggi, e io sono sicuro che continuerà ad esserlo anche domani.

Come terra di fede ha avuto la sua rappresentanza nell'elenco dei romani pontefici, avendo dato alcuni suoi figli alla Sede di Pietro, ed è stata la culla di molti santi, qualcuno di statura spirituale non comune. Valga per tutti la figura che colui che, conosciuto nel mondo dal nome di una delle vostre più belle cittadine, Francesco di Paola, il santo della "charitas", della penitenza, della parola coraggiosa e franca, sembra raccogliere emblematicamente in sé i tratti caratteristici della regione natia.

Terra di fede, la Calabria ha inviato in diversi continenti nuclei di generosi missionari; e non pochi suoi figli hanno versato il sangue per rendere a Cristo la testimonianza di fedeltà.

Per la sua conformazione naturale, la vostra regione, posta con i suoi monti fra l'immensità del cielo e quella del mare, si direbbe che spinga spontaneamente all'elevazione verso Dio. E infatti, fin dal primo millennio, in essa si è sviluppata una straordinaria fioritura di centri eremitici e di monasteri, disseminati qua e là, sulle montagne e tra i boschi, e uno di questi, che io avro il piacere di visitare, è ancor oggi uno dei luoghi più noti di vita contemplativa, di silenzio e di preghiera.

Per la genuinità della sua fede la Calabria è stata pure sempre una terra ospitale ed ecumenica che ha accolto generosamente popolazioni di profughi fuggiti dalle loro terre d'origine, divenendone una nuova patria, e favorendo la formazione di Chiese locali, con propri costumi, lingua e liturgia.


3. Ma la vostra, carissimi fratelli, è stata ed è anche una terra forte, che, nonostante un complesso di fattori negativi accumulati dalle circostanze e dagli uomini, ha saputo resistere e andare avanti con pazienza, operosità e dignità.

A confronto con regioni analoghe dell'Italia e dell'Europa, la Calabria non si colloca in un posto elevato della scala delle ricchezze di ordine materiale. Alla scarsità delle risorse economiche e al ripetersi di calamità naturali, in particolare delle alluvioni e dei terremoti, spoliazioni e stati cronici di abbandono. Gli uomini hanno talvolta finito di distruggere quanto la natura aveva risparmiato.

La Calabria è venuta così configurandosi anche come terra di contrasti: alla ricchezza di alcuni fa riscontro la ristrettezza, quando non addirittura la povertà, di non pochi; alla prosperità di talune zone di pianura a coltura intensiva e altamente specializzata si contrappone l'arretratezza strutturale, di cui in genere soffrono le zone collinari e di montagna, nelle quali l'agricoltura è in una situazione carente soprattutto per quanto riguarda l'ammodernamento tecnologico. E' in questo contesto socio-economico che hanno potuto manifestarsi e crescere fenomeni di segno negativo quali l'abbandono delle campagne, l'emigrazione, la disoccupazione; e altresi, il permanere inquietante del fenomeno tristissimo della delinquenza organizzata.

A questi malanni antichi e recenti il popolo calabrese, nella sua stragrande maggioranza, ha reagito e reagisce con ricorso alle proprie virtù tradizionali, allo spirito di sacrificio, alla laboriosità, all'attaccamento alla famiglia, che sono, insieme col dono della fede, i capitali più preziosi dell'uomo. A questo patrimonio occorre attingere con rinnovato impegno in questo momento critico, che può rivelarsi decisivo per il futuro della regione.


4. Io sono venuto fra voi, carissimi fratelli e sorelle, per esortarvi a proseguire con decisione su questa strada. Sono venuto qui per dirvi una parola di fraternità, d'incoraggiamento, di speranza. Mi auguro che le competenti autorità, a ogni livello, si adoperino per contribuire in maniera adeguata e tempestiva alla soluzione dei vostri urgenti problemi di natura materiale.

E' noto che, nell'economia della vostra regione, l'agricoltura ha occupato e occupa un posto fondamentale. Desidero pertanto rivolgere un particolare saluto e una parola di incoraggiamento a tutti i contadini di Calabria, braccianti, coltivatori diretti e a quanti fanno parte della gente dei campi.

Nella mia enciclica "Laborem Exercens" ho dato grande rilievo alla dignità del "lavoro agricolo e alla situazione dell'uomo che coltiva la terra nel duro lavoro dei campi"; ho elencato le non lievi difficoltà, "quali lo sforzo fisico continuo e talvolta estenuante, lo scarso apprezzamento, con cui è socialmente considerato, al punto di creare presso gli uomini dell'agricoltura il sentimento di essere socialmente degli emarginati, e da accelerare in essi il fenomeno della fuga in massa dalle campagne verso condizioni di vita ancor più disumanizzanti" (LE 21).

Mentre esprimo la mia solidarietà ai contadini di Calabria, formulo l'auspicio che le competenti autorità locali, provinciali e regionali, e le autorità nazionali diano grande sostegno all'agricoltura, favoriscano con opportune leggi le condizioni di vita dei contadini e dei centri agricoli e attuino quelle riforme che diano all'agricoltura il giusto valore che essa dovrebbe avere nella vostra economia.

Desidero, pero, rivolgere contemporaneamente a tutti voi il mio pressante invito ad avere piena consapevolezza delle ricchezze umane e spirituali ricevute in dono e a saperle mettere a frutto. Non tenetele nascoste sotto terra, come il servo neghittoso che il Vangelo rimprovera (cfr. Mt 25,26ss). E' con queste ricchezze che si costruisce la vera civiltà, su di esse potete fare affidamento per il futuro.

Non perdete il senso autentico del bene e del male. La legge divina costituisce il fondamento di ogni vera giustizia, e solo tenendo conto di essa è possibile dar origine a modelli sociali conformi alla dignità umana. Quando si offusca la luce della norma morale, all'uomo viene a mancare la stella polare su cui orientare il proprio comportamento di vita ed egli finisce con l'organizzare la terra contro se stesso.

Conservate e sviluppate l'immenso valore della famiglia, nucleo della società e struttura portante di quella "civiltà dell'amore" che il papa Paolo VI ha ardentemente auspicato. Quando si dissolve il vincolo fondamentale della famiglia, anche la società corre irreparabilmente verso l'abisso della propria disgregazione.

Restate fermi sulla roccia della fede e sarete in grado di donare agli altri, anche ai più apparentemente favoriti, i tesori del cuore e dello spirito, che sono, alla fine, le più vere ricchezze dell'uomo. La Chiesa nel passato è rimasta al vostro fianco sempre, nei momenti di gioia e in quelli di dolore, condividendo successi e insuccessi con viva partecipazione. Essa è ancora vicina a voi e si impegna anche oggi ad aiutarvi perché l'aspirazione alla prosperità e al progresso nella giustizia e nella pace si realizzi, grazie al concorde e operoso contributo di tutte le forze sociali.

Fatevi animo, dunque, e abbiate fiducia. Il Papa è con voi! Con voi è Cristo, la luce del mondo e Redentore dell'uomo. Con voi è Maria santissima, alla quale questa vostra terra ha tributato nei secoli testimonianze eloquenti di devozione sincera e profonda, e che in questo mese di ottobre venerate particolarmente con la preghiera del Rosario. Con voi sono i santi che hanno onorato questi luoghi, additandoli all'ammirazione e all'affetto del mondo intero.

Con voi sono i vostri avi, che nella pace di Dio raccolgono il frutto dei sacrifici affrontati nell'adempimento del dovere. Sostenuti da queste certezze, camminate con ansiosa speranza verso il vostro domani. Sarà un domani migliore. Ve lo auguro di vero cuore, stringendovi tutti come in un grande abbraccio, condividendo le vostre speranze, e tutti benedicendo con intenso affetto.

Data: 1984-10-05 Data estesa: Venerdi 5 Ottobre 1984




Saluto alla cittadinanza - Serra San Bruno (Catanzaro)

Titolo: Custodire gelosamente il patrimonio spirituale

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. A voi tutti il mio saluto cordiale nella gioia di questo incontro, che avviene in uno scenario maestoso e ricco di ricordi. Sono grato al signor sindaco per le nobili parole con cui mi ha accolto in questo splendido luogo, che ha visto operare e morire il grande monaco san Bruno, fondatore dei Certosini. La mia riconoscenza va, poi, a quanti si sono adoperati per questa sosta spirituale all'inizio della mia visita pastorale alla Calabria, che mi tocca nel profondo del cuore e mi porta a contatto con anime dedite alla contemplazione di Dio.

Saluto le autorità presenti, monsignor Cantisani, arcivescovo di questa Chiesa, i sacerdoti e religiosi, e ciascuno di voi, fratelli e sorelle, che siete venuti per darmi il benvenuto. Sono vicino alle vostre ansie e preoccupazioni. Ho voluto venire tra voi per dirvi quanto apprezzi le antiche tradizioni di fede, che hanno reso gloriosa nei secoli la vostra terra, e per incoraggiarvi a proseguire nel cammino che i vostri avi vi hanno indicato con la testimonianza di una vita ispirata ai valori dell'onestà, della generosità, del sacrificio.


2. Sono qui fra voi, cari fratelli e sorelle, per esortarvi a custodire gelosamente il patrimonio spirituale che vive nell'ambito della vostra città.

Benché la Certosa possa avere anche un motivo di interesse culturale e turistico, essa si propone come un segno, una presenza particolare di Dio, lodato da anime che sono state da lui afferrate e poste là per pregare, soffrire e offrire per i fratelli.

Voi, cittadini di Serra San Bruno, sapete bene il significato della presenza dei monaci tra voi: ne avete sperimentata l'efficacia spirituale, poiché la Certosa si pone come il cuore di questa regione e come richiamo costante al mondo di Dio e dei valori attinenti alla propria eterna salvezza. Il tempo, dal lontano 1094 quando Bruno con alcuni discepoli venne tra voi, è sempre stato cadenzato dalla presenza della Certosa, che assolse non solo a una funzione spirituale, ma diede origine anche alla vostra comunità civica. Il primo incontro tra i Certosini - che quest'anno ricordano il IX centenario della loro origine - e i vostri antenati si è andato approfondendo nei secoli ed è divenuto vincolo inscindibile e osmosi di collaborazione spirituale e pratica.

Continui, tale vincolo, a suscitare anche oggi nei cittadini di Serra San Bruno generosi propositi di impegno sia nell'ambito civico che in quello religioso, affinché questa contrada possa ancora conoscere quella meravigliosa fioritura di virtù umane e cristiane, che allieto e rese illustri non pochi momenti della sua storia passata.


3. San Bruno, di cui domani ricorre la festa, protegga sempre la vostra città, carissimi fedeli, vi faccia crescere forti nella fede, testimoni e custodi di una ricchezza incalcolabile di grazia che dalla Certosa scende sul mondo esterno.

Voi ne siete i primi beneficiari e andate di ciò giustamente orgogliosi: sappiate trarne frutto, alimentando la vostra fede e opponendovi sempre a quella mentalità, oggi purtroppo diffusa, che, in nome di un facile consumismo, rifiuta i valori dello spirito. La vostra fede semplice e matura trovi sostegno nella "laus perennis" che costantemente sale a Dio dalla comunità della Certosa.


4. Affido questo augurio all'intercessione della Vergine santissima, di cui san Bruno fu devoto fervente, come testimonia anche il nome della vicina basilica, che sorge sul luogo ove egli chiuse gli occhi a questa vita mortale. Imitate anche in questo san Bruno: comportatevi da figli devoti della Vergine Maria, invocandone con fiducioso abbandono il costante aiuto. Non stancatevi di pregare la Madonna, specialmente con la recita della corona del Rosario, a cui il mese di ottobre, da poco incominciato, ci invita. Sperimenterete in ogni circostanza della vita il suo materno intervento.

Con questi sentimenti, e con un pensiero di speciale affetto per i bambini, gli ammalati, gli anziani, a tutti imparto la mia benedizione.

Data: 1984-10-05 Data estesa: Venerdi 5 Ottobre 1984




Ai Certosini - Serra San Bruno (Catanzaro)

Titolo: Aiutare gli uomini a scoprire Dio sorgente della vera pace

Testo:


1. Ringrazio vivamente il padre priore per le calde parole di saluto che mi ha rivolto a nome della comunità in questo incontro per me - e, sono certo, anche per voi - tanto significativo. Sono venuto molto volentieri tra voi per manifestarvi l'affetto e la stima che nutro per il vostro ordine e per ricordare, altresi, nel IX centenario della sua fondazione, gli stretti legami che esso intrattiene con la Sede apostolica fin dalle sue origini, quanto a san Bruno e ai suoi primi discepoli vennero affidate alcune missioni dal mio venerato predecessore Urbano II.

Per la data giubilare ho inviato al padre André Poisson, ministro generale dell'ordine, una mia lettera nella quale, richiamando il carisma della vostra benemerita istituzione, rilevavo che, pur nel dovuto e giusto adattamento ai tempi, "ad spiritum primigenium Ordinis vestri semper redeuntes, in sancto proposito vestro inconcussa cum voluntate perstetis oportet". Ora che la Provvidenza ha permesso questa sosta, vorrei riprendere il discorso in essa avviato, meditando con voi sul ruolo che avete nella Chiesa e sulle attese del popolo di Dio nei vostri confronti.

A voi è dato di vivere la vocazione contemplativa in questa oasi di pace e di preghiera, che già san Bruno, scrivendo all'amico Radolfo le Verd, così descriveva: "In finibus autem Calabriae... heremum incolo, ab hominum habitatione undique satis remotam. De cuius amoenitate aerisque temperie ac sospitate, vel de planitie ampla et grata, inter montes in longum porrecta, ubi sunt virentia prata et florida pascua, quid dignum dicam? Aut collium undique se leniter erigentium prospectum, opacarumque vallium recessum, cum amabili fluminum, rivorum fontiumque copia, quid sufficienter explicem?" (san Bruno, "Epistola ad Radulphum"). E' necessario che voi, odierni seguaci di quel grande uomo di Dio, ne raccogliate gli esempi, impegnandovi ad attuare lo spirito di amore a Dio nella solitudine, nel silenzio e nella preghiera, come coloro che "espectant reditum domini sui ut, cum pulsaverit, confestim aperiant ei" (Lc 12,36). Voi, infatti, siete chiamati a vivere come per anticipazione quella vita divina che san Paolo descrive nella prima Lettera ai Corinzi, quando osserva: "Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem: nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum" (1Co 13,12).


2. Il fondatore vi invita a riflettere sul senso profondo della vita contemplativa, alla quale Dio chiama, in ogni epoca della storia, anime generose.

Lo spirito della Certosa è per uomini forti: già san Bruno notava come l'impegno contemplativo fosse riservato a pochi ("pauciores enim sunt contemplationis quam actionis filii": san Bruno, "Ep. ad Radulphum"). Ma questi pochi sono chiamati a formare una sorta di "scolta avanzata" nella Chiesa. Il lavorio sul carattere, l'apertura alla grazia divina, l'assidua preghiera, tutto serve per forgiare nel Certosino uno spirito nuovo, temprato nella solitudine a vivere per Iddio in atteggiamento di disponibilità totale, Alla Certosa ci si impegna a ottenere il pieno superamento di se stessi e a coltivare i germi di ogni virtù, nutrendosi copiosamente dei frutti celesti. V'è in ciò tutto un programma di vita interiore, a cui allude san Bruno quando scrive: "Hic oculus ille conquiritur, cuius sereno intuitu vulneratur sponsus amore, quo mundo et puro conspicitur Deus. Hic otium celebratur negotiosum et in quieta pausatur actione" (san Bruno, "Ep. ad Radulphum").

L'uomo contemplativo è costantemente proteso verso Dio e può a ragione esprimere l'anelito del salmista: "Quando veniam et apparebo ante faciem Dei?" (Ps 41,5). Egli vede il mondo e le sue realtà in modo assai diverso da chi in esso vive: la "quies" è cercata solo in Dio e san Bruno a più riprese invita i suoi discepoli a fuggire "le molestie e le miserie" di questo mondo e a trasferirsi "a tempestate mundi huius in tutam et quietam portus stationem". Nella pace e nel silenzio del monastero si trova la gioia di lodare Dio, di vivere in lui, di lui e per lui. San Bruno, che è vissuto in questo monastero per circa dieci anni, scrivendo ai suoi fratelli della comunità di Chartreuse, apre il suo animo traboccante di gioia e senza retorica alcuna li sprona a godere del loro stato contemplativo: "Gaudete, fratres mei carissimi, - scrive - pro sorte beatitudinis vestrae et pro larga manu gratiae Dei in vos. Gaudete quia evasistis fluctuantis mundi multimoda pericula et naufragia. Gaudete quia quietam et tutam stationem portus secretioris obtinuistis" ("Ep. ad Radulphum").


3. Questa vostra specifica ed eroica vocazione non vi pone, tuttavia, ai margini della Chiesa; essa vi colloca anzi nel cuore stesso di essa. La vostra presenza è un richiamo costante alla preghiera, che è il presupposto di ogni autentico apostolato. Come ho avuto modo di scrivervi, il "sacrificium laudis... vestra indiget pia solertia, qui cotidie "in excubiis persistitis divinis"". La Chiesa vi stima, conta molto sulla vostra testimonianza, confida sulle vostre preghiere.

Anch'io affido a voi il mio ministero apostolico di Pastore della Chiesa universale.

Date con la vita testimonianza del vostro amore a Dio. Il mondo vi guarda e, forse inconsapevolmente, molto si attende dalla vostra vita contemplativa. Continuate a porre sotto i suoi occhi la "provocazione" di un modo di vivere che, pur intriso di sofferenza, di solitudine e di silenzio, fa zampillare in voi la sorgente di una gioia sempre nuova. Non scrive forse il vostro fondatore: "Quid vero solitudo heremique silentium amatoribus suis utilitatis incunditatisque divinae conferat, norunt hi soli qui experti sunt"? Che questa sia anche la vostra esperienza lo si può dedurre dall'entusiasmo con cui perseverate nella strada intrapresa. Dai vostri volti si vede come lddio doni la pace e la gioia dello Spirito quale mercede a chi ha abbandonato ogni cosa per vivere di lui e cantare in eterno la sua lode.


4. L'attualità del vostro carisma è dinanzi alla Chiesa e mi auguro che tante anime generose vi seguano nella vita contemplativa. La vostra è una via evangelica di sequela di Cristo. Essa esige la donazione totale nella segregazione dal mondo, come conseguenza di una scelta coraggiosa che ha alla sua origine la sola chiamata di Gesù. E' lui che vi ha rivolto questo invito di amicizia e di amore a seguirlo sul monte, per restare con lui.

Il mio augurio è che da questo luogo parta un messaggio verso il mondo e raggiunga specialmente i giovani, aprendo dinanzi ai loro occhi la prospettiva della vocazione contemplativa come dono di Dio. I giovani, oggi, sono animati da grandi idealità e se vedono uomini coerenti, testimoni del Vangelo, li seguono con entusiasmo. Proporre al mondo di oggi di praticare "vitam absconditam cum Christo" (Col 3,3), significa ribadire il valore dell'umiltà, della povertà, della libertà interiore. Il mondo, che in fondo ha sete di queste virtù, vuole vedere degli uomini retti che le praticano con eroismo quotidiano, mossi dalla coscienza di amare e di servire con questa testimonianza i fratelli.

Voi da questo monastero siete chiamati ad essere lampade che illuminano la via su cui camminano tanti fratelli e sorelle sparsi nel mondo; sappiate sempre aiutare chi ha bisogno della vostra preghiera e della vostra serenità. Pur nella felice condizione di aver scelto con la sorella di Marta, Maria, "optimam partem... quae non auferetur" (Lc 10,42), non siete posti al di fuori delle situazioni dei fratelli, che bussano al vostro luogo di solitudine. Essi portano a voi i loro problemi, le loro sofferenze, le difficoltà che accompagnano questa vita: voi - pur nel rispetto delle esigenze della vostra vita contemplativa - date loro la gioia di Dio, assicurandoli che pregherete per loro, che offrirete la vostra ascesi, perché anche loro attingano forza e coraggio alla fonte della vita che è Cristo. Essi vi offrono l'inquietudine dell'umanità: voi fate loro scoprire che Dio è la sorgente della vera pace. Infatti, per usare ancora un'espressione di san Bruno, "Quid aliud tam bonum quam Deus? Imo quid aliud bonum nisi solus Deus?" ("Ep. ad Radulphum").


5. Ho voluto con voi leggere alcuni pensieri del vostro fondatore per rivivere in questo luogo, testimone della sua intensa vita eremitica, lo spirito che lo animava. Qui egli volle, dopo un lungo servizio alla Chiesa, chiudere la sua esistenza terrena. Qui voi restate per mantenere viva la lampada che egli accese nove secoli or sono.

Io porto con me, in questa visita pastorale alla Calabria, l'esperienza di un momento di pace e di gioia, che mi ha recato profondo conforto. La natura, il silenzio, la vostra preghiera rimangono scolpite nel mio animo: continuate la vostra missione. A conforto del vostro impegno imparto a ciascuno la mia benedizione apostolica, propiziatrice dei doni che vengono da Dio, fonte di ogni consolazione.

Data: 1984-10-05 Data estesa: Venerdi 5 Ottobre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ai vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)