GPII 1984 Insegnamenti - Alla popolazione - Paola (Cosenza)

Alla popolazione - Paola (Cosenza)

Titolo: Sia questa una terra di carità e di perdono

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Con animo commosso vi ringrazio dell'accoglienza festosa che mi avete riservato in questo incontro, del quale ho custodito a lungo nell'animo il desiderio e l'attesa. Sono lieto di ringraziare il signor sindaco per le nobili espressioni di saluto rivoltemi a nome di questa città, che ha legato il suo nome al grande santo che qui ebbe i natali: san Francesco di Paola. Saluto inoltre le autorità presenti, l'arcivescovo monsignor Trabalzini, il clero, i figli di san Francesco, le religiose che operano in questa Chiesa e tutti voi, fratelli e sorelle, che vivete e lavorate in questa ridente città, posta tra il mare e i monti.

Un pensiero speciale desidero rivolgere ai giovani, speranza di questa, come di ogni altra terra. Senza le risorse della loro intelligenza, delle loro energie, del loro entusiasmo non è possibile proiettarsi verso il futuro con programmi di sviluppo economico e di progresso sociale. Ma al mio animo sono presenti anche gli anziani, la cui saggezza, materiata di esperienza, è indispensabile per costruire una convivenza rispettosa di ogni valore che rende degna e nobile la vita. E una parola di apprezzamento voglio rivolgere anche agli ammalati, la cui presenza nelle famiglie e nella comunità costituisce pure una ricchezza per il richiamo, che da essi promana, ai valori superiori dell'esistenza e per il contributo spirituale che con l'esempio e con la preghiera essi possono recare a quanti si prodigano per loro.

Cari abitanti di Paola, conosco le nobili tradizioni religiose e morali che portate scolpite nell'intimo dei vostri cuori: voi siete attaccati alla vostra fede, siete fedeli alle vostre famiglie, onorate i vostri morti; sapete essere pazienti nelle prove, costanti nella fatica, solidali nelle necessità. Continuano a fruttificare tra voi quei semi di bene che san Francesco, con la parola e con l'esempio, sparse a larga mano in queste contrade, che egli tanto amo.


2. Mentre esprimo la mia gioia di trovarmi nella terra di questo grande santo, mi è caro richiamare le importanti lezioni del suo insegnamento morale, ancor vivo tra voi, come in ogni calabrese. San Francesco è stato additato al mondo come un eremita che praticava estenuanti penitenze e mortificazioni, un uomo di Dio; ma egli era anche un uomo semplice, schietto, che avvicinava i poveri, che lavorava e dava lavoro nel suo convento agli altri. Voi lo sentite giustamente come uno di voi, con le caratteristiche proprie di questa vostra regione: la tenacia, la laboriosità, la semplicità, l'attaccamento alla fede avita. Ovunque egli è stato, nelle grandi corti del tempo (a Napoli, Roma, Tours in Francia), ha portato le virtù di questo popolo ed è stato l'immagine di ciascuno di voi.

Oggi sono qui per dirvi: sappiate incarnare in voi le virtù che hanno reso grande san Francesco, in modo che con forza possiate debellare il male sociale, che agli occhi di molti talvolta oscura l'immagine di questa laboriosa regione. Se saprete essere tra voi aperti e sinceri, se avrete il coraggio di cancellare l'omertà, che lega tante persone in una sorta di squallida complicità dettata dalla paura, allora miglioreranno i rapporti tra le famiglie, sarà spezzata la tragica catena di vendette, tornerà a fiorire la convivenza serena, e questa generosa terra apparirà, quale essa è, la terra di san Francesco, la terra in cui fiorisce la carità e il perdono.


3. San Francesco di Paola, che il mio venerato predecessore Giovanni XXIII ha proclamato patrono della Calabria, dopo che l'altro mio predecessore Pio XII l'aveva preposto come patrono alla gente italiana di mare, protegga sempre questa città che fu sua, le vostre famiglie, i vostri malati, gli anziani, i vostri emigrati sparsi ovunque nel mondo, i lavoratori della terra e del mare, i giovani soprattutto perché rimangano limpidi nella fede e coerenti nella vita cristiana.

E vorrei ancora affidare alla protezione di san Francesco da Paola, vostro patrono, tutti coloro che in questa città soffrono per la disoccupazione, per la mancanza di lavoro. Sono stato subito attratto dalla lunga schiera di persone qui presenti che manifestano per chiedere un bene: il lavoro. Vi auguro che presto sia risolto questo grande problema umano e sociale, importante per tutta la vostra patria, ma importante soprattutto per la vostra Calabria, per la vostra città, per le vostre famiglie, per le vostre persone, per i vostri giovani, per i vostri figli. E' l'augurio che vi faccio in questo momento, cioè all'inizio della mia permanenza nella vostra città.

Protegga quanti a lui si rivolgono con spontanea confidenza, poiché lo vedono come un santo vicino a loro, che dà fiducia, col quale è possibile esprimersi nella lingua materna e dialettale, che infonde coraggio e speranza. San Francesco è stato in vita un difensore dei poveri contro i soprusi dei potenti del tempo, e ha sempre restituito a tutti serenità, salute e coraggio. Ora dal cielo ottenga per la sua Calabria la serenità, la concordia degli animi, il rispetto della persona umana e aiuti a sconfiggere la piaga dei sequestri, la violenza e gli altri mali funesti che travolgono la società odierna e ottenga il lavoro per tutti.

Con questi voti, che affido alla Vergine Maria, Regina del santo Rosario, in questo mese a lei dedicato, imparto a voi, ai vostri cari, a tutti i paolani e a tutti i calabresi sparsi nel mondo la mia benedizione apostolica, propiziatrice di copiosi favori celesti sulla vostra terra e sul vostro futuro.

Data: 1984-10-05 Data estesa: Venerdi 5 Ottobre 1984




Messa per i religiosi al santuario - Paola (Cosenza)

Titolo: Una vita incarnata nel tessuto ecclesiale e sociale

Testo:


1. "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25). E' spontaneo riandare con la mente a queste parole di Cristo, celebrando l'Eucaristia nel santuario che la pietà dei fedeli ha eretto in onore di un uomo come Francesco di Paola, vissuto lontano dai libri ma vicino a Dio: egli fu davvero uno di quei "piccoli" che Dio introduce alla conoscenza delle sue "cose nascoste". Francesco di Paola non fu certo un dotto, e tuttavia egli conobbe a perfezione la scienza dei santi e seppe penetrare nei cuori più e meglio di quei dotti teologi, che non di rado ricorrevano a lui per avere risposte chiarificatrici nei loro dubbi e nelle loro perplessità. Lui "piccolo", anzi "minimo" come amo qualificare sé e i suoi figli, merito di essere maestro dei "grandi" della terra, e ciò grazie alla luce che Dio riversava nella sua anima, assetata di lui.

Nel ringraziare il superiore generale dei Minimi e il presidente dei superiori maggiori della Calabria per le parole rivoltemi all'inizio della santa messa, saluto questa comunità monastica e voi tutti carissimi religiosi, religiose e anime consacrate qui presenti. E' significativo che il nostro incontro avvenga presso questo santuario, in cui tutto ci parla di un uomo che seppe donarsi senza riserve a Dio, trovando in tale incondizionata consacrazione di sé la sorgente sempre zampillante di una carità inesausta verso i fratelli. Nella testimonianza di Francesco di Paola, una figura che riassume in sé i tratti migliori della generosa popolazione calabrese, si ripropongono con nitida evidenza le componenti essenziali di ogni vita consacrata a servizio di Dio e della Chiesa. Per questo io sono lieto di incontrarmi con voi in questo luogo, carissimi, per dirvi come apprezzi la vostra missione e il vostro molteplice apostolato.

La Calabria è sempre stata ricca di fondazioni monastiche e religiose e ha dato alla Chiesa figure di santi, quali san Saba, san Nilo, san Bruno e lo stesso san Francesco. In questa regione il primo monachesimo giunse dal vicino Oriente, e qui realizzo una felice sintesi di spiritualità e di cultura monastico-religiosa.

Non è pero soltanto storia del passato. La freschezza della vita religiosa è viva oggi con voi, presenti e operanti nel tessuto ecclesiale e sociale. Voi, anime consacrate a Dio in questo oggi della storia, vi alimentate allo spirito e al carisma delle origini, per dare con la vostra testimonianza di coerenza evangelica una convincente risposta alle attese della presente generazione.


2. Vi siete mai chiesti che cosa si attendono da voi la Chiesa di Calabria e il buon popolo di questa regione? Alla luce della vita e degli insegnamenti dei vostri grandi santi, in particolare del patrono di questa chiesa, ritengo che oggi sia fondamentale per la vostra credibilità la testimonianza di un rinnovato impegno nella preghiera e nell'unione con Dio. I grandi asceti e i fondatori insegnano che bisogna dare a Dio il primo posto nella vita e nell'apostolato, e questo proprio per venire incontro alle necessità del mondo, che è alla ricerca affannosa di valori che lo strappino all'inquietudine e all'incertezza del quotidiano. Voi sostituirete un punto di riferimento fondamentale per i molti fratelli smarriti sulle strade del mondo, se saprete essere testimoni gioiosi del Vangelo in tutta la sua pienezza.

La sete di Dio è ovunque diffusa: spetta ai membri degli istituti religiosi incanalare questa esigenza, ravvivando nella loro quotidiana testimonianza la gioia di vivere con Dio e di Dio, il quale non aliena lo spirito e non toglie la libertà, ma arricchisce l'anima e la rende libera per farle gustare la sua presenza. Non è forse questa l'esperienza che voi fate quando con piena disponibilità vi sapete porre alla sequela di Cristo, casto, povero e obbediente al Padre? Non trovate forse in ciò il segreto della vera pace dell'anima? Partecipate questo stile di vita ai fratelli, sottolineando vigorosamente la gioia di stare insieme "come un cuor solo e un'anima sola" nella condivisione generosa di ogni vostro bene (cfr. Ac 4,32). Non abbiate paura di sentirvi non capiti: Cristo è con voi a infondervi speranza e forza, perché lo portiate con entusiasmo ai fratelli. Il mondo sa distinguere bene la vostra testimonianza evangelica da qualsiasi altra: non per nulla vi contrappone la sua ideologia e i suoi effimeri valori.

Oggi vivere l'unione con Dio con accentuato spirito di preghiera è un passaggio obbligato della vita religiosa: la Chiesa ha bisogno di anime consacrate che vivano nell'interiorità del rapporto con Dio e affermino dinanzi al mondo il primato di Dio, perché il mondo comprenda che non sono i beni materiali, il successo o i piaceri che danno la serenità all'uomo, ma il grado d'unione con Cristo, vera speranza dell'uomo.


3. La consacrazione a Dio, che vi permette di "seguire con maggiore libertà Cristo e imitarlo più da vicino" (PC 1), non vi distoglie dai problemi dei fratelli: la caratteristica della vita religiosa di questa terra - dove molti paesi e villaggi devono la loro origine alla presenza di un monastero o cenobio, ereditandone anche il nome nella toponomastica - vi invita a congiungere lo spirito di unione con Dio con la solidarietà verso i fratelli, che molto attendono dal vostro diuturno impegno di apostolato. I disagi economici ereditati dal passato e che sono ancora lontani da una giusta soluzione e i mali della società di oggi, di cui soffrono soprattutto i giovani, si presentano ogni giorno dinanzi ai vostri occhi. Non potete ignorarli, rifugiandovi nella vostra comunità.

Dovete anche voi farvene carico sotto l'aspetto che vi compete, nel rispetto ovviamente del carisma proprio dei rispettivi istituti. Del resto non c'è vera vita religiosa, radicata nell'intima unione con Cristo, che non si traduca nel bisogno di seguirlo e di servirlo nelle sue membra (cfr. PC 8). La vostra testimonianza non va disgiunta dalla conoscenza delle situazioni del popolo che vi attornia, che confida nel vostro aiuto spirituale e concreto, che attende un vostro gesto di amore fraterno, che vede in ciascuno di voi il fratello che può capirlo e in nome di Cristo salvarlo.


4. Non sempre, tuttavia, chi vi avvicina lo fa per chiedere: spesso il Signore vi fa incontrare il fratello per un richiamo, una riflessione, un incitamento a una più autentica testimonianza evangelica. Sappiate raccogliere come provvidenziali questi inviti a riprendere la vita religiosa con più coraggio e spirito evangelico.

Trovarsi poveri tra i poveri è un dono del Signore: a contatto con le situazioni concrete la parola del Signore si fa più incisiva e invita a leggere la parabola dell'uomo incappato nei ladri (Lc 10,25-37) con più partecipazione. I vostri santi fondatori hanno dato vita a comunità apostoliche che, congiungendo insieme ascesi e carità, hanno orientato la loro missione verso quelle categorie di persone che la società spesso emargina, ma che la Chiesa ritiene tesori per il regno. Come non ricordare in questo luogo il continuo flusso di fedeli che salivano dalla città e dai casali vicini per incontrare l'eremita Francesco? Egli, uomo di Dio e lavoratore instancabile li ascoltava con disponibilità, chiariva i loro dubbi, a volte risolveva anche i loro problemi col miracolo, sempre, accomiatandoli, lasciava in loro quella "contentezza e pace" - dicono le fonti - che vale molto più dei beni materiali e della stessa salute. Queste contrade furono allora testimoni dei prodigi descritti da Isaia nel brano che abbiamo ascoltato: "Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa... (Is 35,5-6).


5. Il patrimonio spirituale della vita religiosa di questa regione affonda spesso le sue radici nel campo sociale non per sostituirsi alle strutture pubbliche, ma per coadiuvarle nel difficile compito di aiuto e di redenzione dei fratelli più bisognosi. Non disperdete questa connotazione, oggi che la Chiesa riafferma la sua presenza nel campo dell'educazione e del lavoro. Chi ha bisogno, guarda sempre alla vostra testimonianza e voi non dovete tradire la fiducia di chi non ha voce sociale. Sappiate essere sempre attenti al loro grido di aiuto e date prova dell'amore a Cristo prodigandovi per i fratelli. Non sono le parole che mancano in questo settore della società, sono i gesti. Voi siete chiamati, in nome di Cristo, a porre di questi gesti con l'intervento disinteressato, con la solidarietà nei casi estremi, con l'impegno a coinvolgere i buoni nel soccorso di chi ha veramente bisogno.

Così facendo, voi vedrete aprirsi dinanzi a voi gli spazi della carità e riaffermerete l'insopprimibile dignità di ciascuno, riscoprendo nei lineamenti di chi è provato dalla sventura il volto sofferente del Cristo. Soprattutto, voi rivivrete la storia della vostra chiamata, che è intrisa di amore e di misericordia del Signore. Il Vangelo si apre ogni giorno dinanzi a voi e vi chiama all'apostolato: ogni uomo ne è una pagina vivente, che deve essere capita e accolta nella propria esperienza di fede. Non stancatevi di tendere la mano a chi è nel bisogno: il vostro gesto di solidarietà può essere lo spiraglio attraverso cui il fratello giungerà ad intravedere la Provvidenza del Padre che ha cura di tutti e a tutti dà un fine in questo mondo. "La vostra silenziosa testimonianza di povertà e di distacco, di purezza e di trasparenza, di abbandono nell'obbedienza... può diventare, oltre che una provocazione al mondo e alla Chiesa stessa, anche una predicazione eloquente, capace di impressionare anche i non cristiani di buona volontà, sensibili a certi valori" (EN 69,2).


6. Questa incarnazione della vostra vita religiosa nel tessuto ecclesiale e sociale della Calabria è il messaggio che oggi vi consegno in questo luogo santificato dall'asceta e uomo di Dio san Francesco di Paola. Sappiate attingere dall'unione con Dio, quotidianamente presente nel suo banchetto eucaristico, la forza della testimonianza evangelica a tutti: ai semplici, ai poveri, ai piccoli, agli emarginati, ai sofferenti, ai dotti, agli uomini della terra, del mondo del lavoro, a chi è pronto al dialogo e anche a chi per il momento ancora se ne esclude. Cristo vi precede e vi dà la forza, perché egli è lo scopo e la misura della vostra vita: nel quotidiano dialogo con lui attingete quella carità soprannaturale, di cui ci ha parlato san Paolo in quel sublime brano della prima Lettera ai Corinzi (1Co 13,5-7) che abbiamo poc'anzi ascoltato: una carità cioè che "non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta".

Solo chi è completamente distaccato da se stesso può accogliere fino in fondo le esigenze radicali di una carità che, secondo le parole dell'apostolo, mira al "tutto": "...tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". Ma chi, meglio del religioso, può realizzare in sé un simile distacco? Nell'impegnarsi sulla via dei consigli evangelici non è egli mosso dalla volontà di operare in se stesso quella spogliazione di ogni cosa che può fare più completamente spazio al tutto di Dio? Sappiate apprezzare nel loro pieno valore, carissimi, i voti di castità, povertà e obbedienza, che tra poco rinnoverete. Essi non intralciano né limitano la vostra personalità, ma piuttosto la liberano alla possibilità di un dono più costante e più generoso nel quotidiano servizio di Dio e dei fratelli. Sulle orme dei vostri grandi santi, e in particolare di colui il cui spirito aleggia in questa chiesa, siate lietamente casti, poveri e obbedienti. Sperimenterete, come essi sperimentarono, la verità della parola di Cristo: "Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero" (Mt 11,30) e potrete, anche voi come loro, partecipare questa vostra esperienza a tanti fratelli "affaticati e oppressi" che vengono a voi per avere una parola capace di ridare loro speranza.

Data: 1984-10-05 Data estesa: Venerdi 5 Ottobre 1984





Al convento dei Minimi - Paola (Cosenza)

Titolo: Bisogna essere "minimi", specie i successori dei vescovi

Testo:

Non ho preparato un testo come ha fatto il vostro superiore generale. Allora, "minus sapiens loquar". Ma mi è venuta in mente una frase, un brano della mia predica di questa sera. In questo brano ho detto che san Francesco di Paola non aveva bisogno di libri, perché sapeva leggere un solo libro: questo solo libro vivente era Gesù Cristo. Egli lo sapeva leggere. Ebbene, i suoi successori, i suoi confratelli, i Minimi, mi hanno introdotto in una biblioteca... dove ci sono tanti libri. Biblioteca vuol dire appunto libri, nient'altro. Libri per voi, per gli uomini, per essere anche dotti, per imparare, per imparare anche Gesù Cristo. E poiché non tutti siamo così marcati da un genio della santità come lo era il vostro santo fondatore, e dobbiamo naturalmente, anche se apparteniamo alla sua famiglia religiosa, imparare dai libri, dobbiamo avere una biblioteca, dobbiamo studiare, a cominciare dai più giovani fino ai più anziani.

Dobbiamo studiare, dobbiamo leggere, per saper leggere anche più efficacemente questo libro aperto per tutta l'eternità, per tutto il mistero di Dio e per tutto il mistero dell'uomo e del mondo, in Gesù Cristo.

Devo confessarvi che da lungo tempo ho cercato di avere un'idea più adeguata di quello che era san Francesco di Paola, perché come sacerdote celebravo la messa. Il suo ufficio molte volte era insieme con gli uffici quaresimali, e così la Quaresima faceva trascurare un po' l'ufficio del santo. Ma la sua figura mi sembrava interessantissima, e io l'ho valutato un po' con quel criterio minimo, che egli cioè voleva essere "minimo". Anche san Francesco di Assisi ha fondato i frati Minori, ma solamente "minori", non "minimi"... Invece quest'altro Francesco vostro ha voluto che foste "minimi". Non era sufficiente per lui "minori": no, "minimi"! E questo sempre presentava per me un problema di grande interesse.

D'altra parte, ci sono Minori di diverse forme, di diverse famiglie: in Polonia i Bernardini, i Riformati, poi naturalmente i Cappuccini, i Conventuali sono molto diffusi. I Minimi sono un po' nascosti, non si vedono tanto. Si doveva venire qui.

Questa giornata è dunque molto importante nella mia vita, perché ho potuto venire qui e conoscere che cosa vuol dire questo "minimi". Questo Francesco di Paola, l'eremita, era un uomo di radicalismo evangelico assoluto.

L'eremita, un eremita che visse per venticinque anni alla corte di Francia, ma - come diceva il superiore generale - non per convertirsi alla corte ma per convertire la corte. Si, allora, figura interessantissima, non solamente perché i santi sono sempre i più interessanti esemplari del genere umano, ma soprattutto perché - riprendendo un po' la conversazione che facevamo insieme a tavola questa sera - vedo che è lui che veramente governa, questo minimo, in questa Calabria, governa nelle anime, nelle tradizioni, governa nelle coscienze e ha scelto una parte minima di questa Italia. Non si è diffuso così come san Francesco d'Assisi che, obbedendo certamente a un carisma, si è diffuso in tutta l'Europa, in tutti i continenti ed è conosciuto ovunque. San Francesco di Paola si è riservato questa minima parte d'Italia. Si può dire anche "Italia minima"... Io penso che è un modo di interpretare il problema meridionale, l'Italia minima. Lui ha scelto questa Italia minima, ma qui comanda! Allora io vi auguro di essere obbedienti a questo vostro fondatore, di essere anche voi "minimi". E se si deve usare per questo anche la biblioteca - perché no? - anche la biblioteca! E poi uno dei vostri confratelli è decano della Facoltà Teologica della Lateranense...

Vi ringrazio dunque per questa accoglienza, e ringrazio la Provvidenza che mi ha dato la possibilità di venire qui e di accostarmi così a questa figura straordinaria di cui avevo prima una visione non del tutto adeguata e di avvicinarmi a questo spirito dei Minimi... e capire che cosa vuol dire questo "minimi". Io devo ringraziarvi della vostra ospitalità, dell'accoglienza di oggi e ancora di domani.

Adesso capisco bene perché l'episcopato calabrese mi ha messo qui nel vostro convento: perché qui è la vera fortezza, la fortezza della Chiesa in Calabria! Penso allora che con questa visita un po' di quello spirito di san Francesco di Paola e del suo "minimismo" possa scendere anche nel mio spirito.

Tutti abbiamo bisogno di questo, direi soprattutto gli apostoli e i successori.

Sappiamo bene come essi volessero essere i primi, i massimi; due lottavano per questo (piuttosto era la loro madre che lo voleva, no?). Ma tutti abbiamo bisogno, direi soprattutto noi, apostoli successori degli apostoli, di questo "minimismo" evangelico. Allora vi ringrazio del dono di questa ospitalità, non solamente nel senso fisico, nel senso materiale, ma soprattutto nel senso spirituale, perché essa mi permette di trovarmi all'interno di questo ambiente una volta ispirato, una volta formato dalla figura, dalla personalità di un santo straordinario e che è rimasto così per sempre, per i secoli.

[Ai giovani che avevano dato vita a una fiaccolata davanti al convento:] Vi vedo molto volentieri e vi ringrazio per questa fiaccolata. Essa ha un significato simbolico. Ci parla soprattutto del santo che veneriamo in questo santuario: san Francesco di Paola, patrono della Calabria, perché possiamo dire che dopo tanti secoli egli cammina sempre con voi, davanti al suo popolo, al popolo della Calabria e porta una fiaccola che è la fiaccola della fede, della speranza e della carità. Grazie a lui questa fede, speranza e carità sono state trasmesse in eredità spirituale di generazione in generazione e sono arrivate fino alla vostra generazione, quella dei giovani. Oggi, voi giovani, con questa vostra fiaccolata, arrivate qui per incontrare il Papa che è venuto in pellegrinaggio a venerare san Francesco di Paola e per ringraziare questo santo stupendo per la sua opera, compiuta non solamente nei secoli XV e XVI, ma per la sua opera che si compie di generazione in generazione, specialmente qui, in questa Calabria, la sua patria.

Questa terra è stata la sua patria ed è rimasta la sua patria. In cielo, nella gloria dei santi, nella comunione dei santi, nella gloria della santissima Trinità, egli è un calabrese, un santo di questa regione, un santo di questo popolo. Si sente la forza del suo spirito, della sua fede, della sua speranza e della sua carità nella vita di questo popolo e specialmente nella vita di voi giovani. Vedo questa vostra fiaccolata come un segno simbolico. Voi siete venuti per manifestare la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità ereditate da san Francesco di Paola. Vi ringrazio per questo gesto simbolico, per questo gesto significativo ed eloquente e vi auguro di camminare sempre, di camminare con quella fiaccola e di trasmetterla alle nuove generazioni.

Data: 1984-10-05 Data estesa: Venerdi 5 Ottobre 1984




Alla cittadinanza - Catanzaro

Titolo: Sintesi tra istituzioni, risorse e energie per ridare fiducia

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Con viva gioia e profondo affetto rivolgo il mio saluto a tutti voi, insieme qui convenuti, e a ciascuno in particolare, ringraziandovi di cuore per la vostra calda accoglienza. Intendo ringraziare soprattutto il signor sindaco e il signor presidente della giunta regionale per le vibranti parole con le quali hanno interpretato i sentimenti dei concittadini, facendosi eco anche delle loro preoccupazioni e delle loro speranze. Ringrazio anche il signor ministro e le autorità religiose, militari e civili, che mi onorano della loro presenza.

Sono lieto di essere qui in Calabria e di trovarmi ora in questa città di Catanzaro, città dinamica che, per la centralità della sua posizione geografica e per le mansioni amministrative che le competono, è chiamata a svolgere un importante ruolo di servizio a favore di tutta la Calabria.

Il mio augurio è che questa terra, così carica di memorie, possa risolvere in maniera adeguata i propri problemi, trovando gli anelli di coordinamento e d'unità necessari a preparare un futuro economicamente più giusto, umanamente più elevato, socialmente più ordinato e sereno.


2. Carissimi fratelli e sorelle, la vostra Calabria è stata già nel corso dei secoli una terra di sintesi, dove varie civiltà, che qui si sono incontrate, hanno avuto modo di armonizzare i loro elementi più vitali. Voi siete una popolazione che da millenni è sottoposta alle fasi alterne delle vicende umane; siete perciò allenati a sopportare, a reagire e a risorgere. Sono certo che la vostra volontà, temprata dall'esperienza dei sacrifici più duri, vi consentirà di superare le difficoltà di oggi per preparare un avvenire migliore. Non cedete, dunque, alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su voi stessi. Fate appello alle risorse delle vostre capacità umane; apritevi alla collaborazione con tutte le forze sicuramente valide; contate fiduciosamente sulla potenzialità elevante e unificante del fermento cristiano.

Quando le ondate barbariche posero fine all'impero romano, portando distruzione e morte, un uomo della vostra terra, il dotto Cassiodoro, fondo qui, a pochi chilometri da questa città, il suo celebre "Vivarium", nome auspicale, perché fosse un centro di alta spiritualità e insieme di cultura viva, rivolto a salvare il patrimonio greco-romano e a trasformare pagani e barbari in un nuovo popolo di uomini credenti e liberi. Tutta la vostra cultura è il risultato di una fusione di civiltà lievitate dal cristianesimo. Gli uomini più eminenti della vostra terra, che si sono distinti nel campo del pensiero, della letteratura e dell'arte, si sono costantemente ispirati ai valori religiosi.

Ebbene, tutto questo costituisce una ricchezza di famiglia, che non deve essere dispersa, ma gelosamente custodita come patrimonio prezioso lasciatovi dagli avi. Io v'invito caldamente a trasformare queste gloriose tradizioni del passato in stimolo operante per il vostro presente, perché è proprio ispirandovi a questi valori che voi potrete porre le basi più sicure per la rinascita umana e cristiana di questa vostra nobile regione.


3. Cari fratelli e sorelle di Catanzaro, sono venuto come pellegrino del Vangelo, per rinsaldare la comunione fra questa porzione del popolo di Dio e la Chiesa di Roma, per conoscere più da vicino i vostri problemi materiali e spirituali, per manifestarvi la mia solidarietà e la mia partecipazione alle vostre gioie e dolori, alle vostre attese e alle vostre preoccupazioni.

La Chiesa, consapevole della missione ricevuta da Gesù e rispettosa dei fini propri dello Stato, non ha il compito di risolvere direttamente i problemi di natura economica e tecnica della società. Tuttavia essa, ponendo al centro del mondo e della vita associata l'uomo creato e salvato da Dio, non manca di ricordare ai pubblici poteri i loro specifici doveri e di sottolineare la priorità del bene comune sugli interessi privati, sottolineando il dovere di porre in cima ad ogni progetto l'elevazione della persona umana e la sua partecipazione attiva al governo della cosa pubblica.

La Chiesa insiste sulla necessità di dare a tutti una casa, di procurare un'adatta occupazione a tutti i soggetti che ne sono capaci, di assicurare ai giovani il diritto di formarsi una famiglia. Per raggiungere tali scopi occorre una corretta e razionale organizzazione del lavoro, che non può significare una centralizzazione unilateralmente operata dai pubblici poteri. "Si tratta, invece, di una giusta e razionale coordinazione, nel quadro della quale deve essere garantita l'iniziativa delle singole persone, dei gruppi liberi, dei centri e complessi di lavoro locale". così ho scritto nell'enciclica sul lavoro (LE 18).

Bisogna riconoscere che lo Stato si è mosso, in questo dopoguerra, con interventi straordinari volti ad avviare le premesse per una giusta soluzione della "questione meridionale". Molti sono stati i risultati: ma il divario tra Nord e Sud rimane, rimane la "questione meridionale", nel cui ambito resta ancora più grave la "questione calabrese".

Continua dunque ad essere necessario l'intervento dello Stato, col flusso cospicuo dei suoi finanziamenti: ma non basta. Occorre il supporto degli operatori intermedi e il coinvolgimento più diretto delle popolazioni locali in modo che i calabresi stessi diventino artefici del loro avvenire.


4. Carissimi fratelli e sorelle, per risolvere in maniera adeguata e celere i molti problemi che vi angustiano, sono necessari la tenace operosità di tutti, l'impegno concorde e convergente di tutte le componenti sociali della Calabria, e lo sforzo per rendere funzionali ed efficienti le vostre istituzioni.

Io mi auguro che il lungo tirocinio con cui la storia della vostra terra vi ha allenati alle sintesi vitali, vi consenta di portare a felice attuazione questa, se pur difficile, tanto necessaria e urgente, sintesi tra istituzioni, risorse, energie disponibili. Col successo di simile impresa la Calabria tornerà ad essere di nuovo un "vivarium" di speranze e di realizzazioni concrete, facilitando in tutto il Mezzogiorno il necessario processo di rinnovamento fondato sull'uomo e indirizzato allo sviluppo dell'uomo: a tutto l'uomo e ad ogni uomo.

La Chiesa, esperta in umanità, vi sarà vicina come maestra e madre. E vicino vi sarà il Papa, il quale, dopo questa visita, porterà con sé indelebile il ricordo di questo popolo generoso e forte, che con tanta fede e amore lo ha accolto e ascoltato. A voi, ai vostri bambini, che sono troppo numerosi per abbracciarli tutti e baciarli tutti, a tutta la città di Catanzaro e a tutta la regione Calabria, la mia affettuosa benedizione!

Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984




Festa della Dedicazione della cattedrale - Catanzaro

Titolo: La cattedrale esprime il mistero della Chiesa e dell'uomo

Testo:


GPII 1984 Insegnamenti - Alla popolazione - Paola (Cosenza)