GPII 1984 Insegnamenti - Festa della Dedicazione della cattedrale - Catanzaro


1. "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Co 3,16). Queste parole di san Paolo giungono a noi tutti, riuniti nel giorno in cui quest'antica e gloriosa arcidiocesi di Catanzaro celebra la dedicazione della propria cattedrale. In questo incontro che ho la gioia di poter avere con voi tutti, carissimi fratelli e sorelle, vorrei invitarvi a meditare sull'importanza e sul significato della liturgia odierna.

La Sacra Scrittura ci descrive in modo particolareggiato la costruzione e la dedicazione del tempio di Gerusalemme, realizzato, secondo il desiderio del re Davide, dal figlio e successore Salomone. Nel giorno della solenne consacrazione dello splendido edificio, il giovane re innalza a Dio una lunga e commovente preghiera: "Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che ti ho costruito... Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: li sarà il mio nome!... Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona!" (1R 8,27-30). E Dio, manifestando la propria gloria in mezzo alla nube, mostra di gradire il tempio, che è stato costruito in suo onore.

Tempio di Dio...". Seguiamo il pensiero di san Paolo: l'uomo è tempio di Dio (1Co 3,16). Ognuno di noi è tempio di Dio. Perché? Perché "lo Spirito di Dio abita in noi". Tempio è il luogo sacro per l'inabitazione di Dio-Spirito. E' come lo spazio nel quale si manifesta Dio; nel quale egli è presente - per gli uomini - in modo particolare. Dio è presente - in modo particolare - nell'uomo, nell'anima dell'uomo: la sostanza spirituale dell'uomo è come il luogo speciale della presenza di Dio. E, in pari tempo, della confidenza di Dio con il creato: soprattutto con l'uomo stesso.

"Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23), dice Cristo durante l'ultima cena. E a queste parole fa riferimento san Paolo: "Siete tempio di Dio, lo Spirito di Dio abita in voi"; "Santo è il tempio di Dio, che siete voi"; e ancora una frase, la frase severa: "Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui" (1Co 3,16 1Co 3,17).

2. così dunque, il primo e fondamentale significato del tempio è quello della presenza di Dio nell'uomo, mediante la grazia. Il tempio è il luogo della grazia! Questo primo fondamentale significato si arricchisce mediante un espressivo approfondimento: tempio è il luogo della comunità! Lo stesso apostolo scrive: "Voi siete l'edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo" (1Co 3,9-11). così, dunque: l'edificio costruito con uomini vivi, sul fondamento di Gesù Cristo: sul fondamento della fede.


3. Tale edificio Gesù Cristo ha avuto in mente quando, nei pressi di Cesarea di Filippo, ha detto a Simon Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,18).

Chiesa: la comunità degli uomini vivi, uniti mediante la fede e la grazia nell'unità del fondamento, che è Cristo crocifisso e risorto. Chiesa: comunità di coloro che professano la fede in Cristo, uniti nell'unione della stessa santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo! Non sapete che siete tempio di Dio e che la santissima Trinità abita in voi?


4. Questa verità evangelica abbiamo presente oggi, nel celebrare insieme, in questa singolare giornata del mio pellegrinaggio nella vostra arcidiocesi, la solennità della dedicazione della vostra cattedrale, la cattedrale del popolo di Dio che è in Catanzaro.

Il mistero della Chiesa deve manifestarsi nella dedicazione del tempio principale dell'arcidiocesi. L'edificio di pietre deve servire ai fedeli perché in esso e per esso diventino veramente "il tempio di Dio". perciò l'edificio è stato "consacrato" perché diventasse "tempio di Dio", luogo di una presenza speciale della santissima Trinità. Nella sua stessa struttura e soprattutto mediante la dedicazione, la cattedrale di Catanzaro esprime durevolmente il mistero della Chiesa, come comunità del popolo di Dio e, insieme, il mistero dell'uomo, come tempio vivo in cui abita il Dio vivente.


5. La storia della vostra cattedrale, cari fratelli e sorelle, è intimamente legata alle vicende liete e dolorose della vostra città e dell'arcidiocesi: fatta edificare, secondo la tradizione, dal mio predecessore Callisto II nel 1121, fu abbattuta dal terremoto del 1783. Ricostruita agli inizi del 1800, fu ancora una volta distrutta durante il secondo conflitto mondiale nel corso di un bombardamento aereo dell'agosto del 1943 e ricostruita nel 1960. Queste alterne vicende di costruzione-distruzione-ricostruzione, da una parte ci portano alla memoria episodi di dolore e anche di morte, ma dall'altra sono vive testimonianze della grande e forte fede vostra e dei vostri padri, perché avete sempre voluto riedificare la chiesa principale della vostra comunità ecclesiale.

Mi piace ricordare le parole della preghiera che la liturgia ci fa innalzare a Dio: "Tu ci hai dato la gioia di costruirti fra le nostre case una dimora, dove continui a colmare di favori la tua famiglia pellegrina sulla terra e ci offri il segno e lo strumento della nostra unione con te" (Prefazio della dedicazione).

In tutte le diocesi del mondo la chiesa cattedrale è il luogo dove, da secoli, i fedeli tutti si ritrovano, in particolare per alcune significative celebrazioni al fine di esprimere e proclamare pubblicamente la propria fede e la propria unità in Cristo e con Cristo.

La cattedrale, intimamente legata alla persona del vescovo, è "madre" di tutte le chiese della diocesi; richiama la presenza del vescovo, il quale "regge la chiesa particolare a lui affidata, come vicario e legato di Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà, della quale non si serve se non per edificare il proprio gregge nella verità e nella santità" (cfr. LG 27).

Mediante la cattedrale e nella cattedrale si manifesta la "comunione" di tutta la Chiesa particolare, unita al proprio vescovo, in modo speciale nella celebrazione eucaristica: si deve dare - dice il Concilio Vaticano II - "la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri" (SC 41).

E a tutta la comunità ecclesiale di Catanzaro, oggi, nella solennità della dedicazione della cattedrale, rivolgo il mio affettuoso augurale saluto: all'arcivescovo monsignor Antonio Cantisani; alle autorità civili, politiche e militari; ai sacerdoti, ai religiosi, ai diaconi, alle religiose, ai seminaristi, agli uomini e alle donne, madri e padri di famiglia, ai giovani e alle giovani, ai bambini e alle bambine e, in modo speciale, a quanti si trovano nella sofferenza, nella ristrettezza, nella privazione fisica o spirituale, specialmente nella privazione del lavoro. Estendo il mio saluto anche ai fedeli della diocesi di Squillace, unita nella persona del vescovo, e a tutti i calabresi. A tutti sono vicino, con sincero affetto, condividendo attese e trepidazioni, gioie e dolori. A tutti l'assicurazione del mio ricordo.


6. Ascoltiamo ancora una volta quando dice l'odierna liturgia con le parole del salmo responsoriale: ricordiamo queste belle parole e meditiamole nel nostro cuore: "L'anima mia languisce e brama / gli atri del Signore. / Il mio cuore e la mia carne / esultano nel Dio vivente. / Anche il passero trova la casa, / la rondine il nido, / dove porre i suoi piccoli, / presso i tuoi altari, / Signore degli eserciti, mio re e mio Dio. / Beato chi abita la tua casa; / sempre canta le tue lodi! / Beato chi trova in te la sua forza... / cresce lungo il cammino il suo vigore... / Per me un giorno nei tuoi atri / è più che mille altrove, / stare sulla soglia della casa del mio Dio / è meglio che abitare nelle tende degli empi" (Ps 83,3-6 Ps 83,8 Ps 83,11).


7. Cari fratelli e sorelle! Impariamo ad amare cordialmente la casa di Dio, così come afferma il salmista. Lo esprime in modo meraviglioso: la casa di Dio come una casa familiare, come nido nel quale noi uomini siamo vicini a Dio. "Un giorno nei tuoi atri / è più che mille altrove". "L'anima mia languisce"... la presenza del Dio vivente. Di essere con lui nel suo tempio.

Cari figli e figlie della Chiesa a Catanzaro! Imparate ad amare la vostra cattedrale! Essa sia per voi la casa della preghiera! Il tempio santo! Luogo della presenza del Dio vivente e della familiarità con lui! Essa formi le vostre anime e i vostri cuori con il soffio dello Spirito di Dio! Essa vi plasmi come comunità del popolo di Dio di generazione in generazione! Essa sia per voi una pregustazione dell'eterna permanenza nei templi santi di Dio! Essa vi prepari a questo! Affido questi miei voti al cuore materno della Vergine Maria assunta in cielo, alla quale è dedicata la vostra cattedrale, mentre mi accingo ad incoronare la sua venerata immagine sotto il titolo di "Madonna di Porto", in questo primo sabato del mese di ottobre, dedicato alla preghiera del Rosario. E chiedo l'intercessione del vostro celeste patrono, san Vitaliano! La gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo abiti nella vostra cattedrale. Essa abiti anche nei vostri cuori e sia un costante pegno della vita, alla quale siamo chiamati in Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984




All'ospedale di Catanzaro

Titolo: Le vostre sofferenze sono una risposta d'amore

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Volentieri sono venuto in mezzo a voi, per portarvi il mio saluto più affettuoso e per assicurarvi che ho un particolare e costante ricordo di voi nella mia preghiera al Signore Gesù, il quale ha voluto provare la sofferenza per la salvezza degli uomini. Giunga a ciascuno di voi il mio abbraccio, quale segno del tenero ed esigente amore di Cristo, che con la luce del suo volto e con la forza che promana dalle sue piaghe gloriose vi sostiene nel doloroso cammino della malattia. Intendo pure salutare cordialmente il personale dirigente, medico, paramedico e ausiliario, come anche i religiosi, le religiose e tutti coloro che, in qualche modo, prestano la loro opera benefica in questo ospedale regionale.


2. Cari ammalati, a voi, che avete un posto speciale nel mio cuore, voglio ricordare che, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, diventate "degni di quel regno di Dio, per il quale ora soffrite" (2Th 1,5), e collaborate alla sua opera salvifica, completando nella vostra carne "quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1,24).

Dicendo questo, intendo esortarvi a fare della vostra presente esperienza un sacrificio di lode e di espiazione, vivendo, sull'esempio del Salvatore, le vostre sofferenze come risposta di amore, di quell'amore che crea il bene ricavandolo anche dal male, "ricavandolo per mezzo della sofferenza, così come il bene supremo della redenzione del mondo è stato tratto dalla croce di Cristo, e costantemente prende da essa il suo avvio" ("Salvifici Doloris", 18).

Voi aggiungerete così la vostra pagina a quel Vangelo della sofferenza, che svela la forza e il significato salvifico del dolore nella missione di Cristo e in quella della Chiesa.

Vi auguro di cuore, cari fratelli e sorelle, di riacquistare presto la pienezza della vostra salute e delle vostre energie. Auspico che le presenti sofferenze siano per voi un arricchimento spirituale e umano per la vita che vi attende.


3. La mia cordiale riconoscenza e il mio apprezzamento si estendono altresi a quanti, assistendovi con premurosa assiduità, vi sono accanto con dedizione. Li esorto a vivere il loro compito "da buoni samaritani", facendo del loro lavoro una vocazione, oltre che una professione. In tal modo non solo ci recheranno un soccorso e un aiuto efficaci, alleviando e curando le vostre malattie, ma saranno cristianamente vicini a voi, che soffrite le ferite della vita, divenendo sempre più consapevoli che quanto fanno a ciascuno dei loro fratelli, lo fanno a Cristo (cfr. Mt 24,45). così l'amore a Gesù si trasforma in accoglienza e attenzione amorosa al fratello. La testimonianza di fede diventa al tempo stesso testimonianza di carità.

Come segno dell'assistenza provvida di Dio, che ricolma di pace quanti a lui ricorrono, imparto a tutti di cuore la mia confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984




Ai sacerdoti riuniti nel Seminario - Catanzaro

Titolo: Dalla vostra opera dipende la rinascita di questa terra

Testo:

Cari fratelli nel sacerdozio!


1. Questo incontro nella sede del seminario regionale San Pio X, di cui celebrate con la dovuta solennità il 70° anniversario di fondazione, costituisce una tappa privilegiata del mio pellegrinaggio. Ringrazio cordialmente monsignor arcivescovo di Catanzaro per le cortesi espressioni con cui ha interpretato autorevolmente i comuni sentimenti.

A voi tutti, carissimi fratelli nel sacerdozio, il mio fervido saluto.

E' un saluto pieno di letizia, che rivolgo a ciascuno dei presbiteri della regione calabra, qualunque sia il campo del loro pastorale servizio: le comunità parrocchiali, le associazioni e i movimenti cattolici, gli organismi regionali e diocesani, l'apostolato sociale, le istituzioni educative e culturali.


2. La parola che mi sgorga spontanea dal cuore, in questa riunione di carità sacerdotale, si ispira alla commossa esortazione rivolta da Gesù agli apostoli: "Manete in dilectione mea" (Jn 15,9). Nell'amore Dio ci ha prevenuti in modo singolare. Egli non soltanto ci ha amati per primo dall'eternità, come ha fatto con tutte le sue creature, ma ha usato con noi sacerdoti un atteggiamento particolare, unico e irreversibile, chiamandoci a continuare nel mondo l'opera di salvezza.

Come per gli apostoli e i discepoli, il Signore rivendica a sé l'iniziativa: "Non voi avete scelto me; ma io ho scelto voi" (Jn 15,16). Questa scelta ha il valore di un dono, di una grazia. Se il "perché" di tale scelta rimane racchiuso nel mistero di Dio, e anche noi stessi non ce ne rendiamo esattamente conto, resta pero sempre chiaro che si tratta di un atto d'amore. Ci ha scelti perché ci ha amati. Il dono della vocazione è di valore inestimabile.

Soltanto una generosità trascendente lo rende possibile, molto al di là dei meriti personali. Ed è un dono che poi, da parte di Dio, resta incessantemente operante, perché non può mai venir meno né attenuarsi la pienezza del suo perfettissimo amore.

"Tu sei sacerdote in eterno" (He 7,21), perché eterno - possiamo aggiungere - è il mio amore per te. "Le montagne possono crollare, ma il mio cuore non verrà mai meno" (Ps 88,3). Ed è appunto in virtù di questo amore ineffabile che il Signore è venuto a battere alla porta del vostro cuore per farvi sentire, con chiari accenti, la sua misteriosa chiamata; per fissare sopra ciascuno di voi un disegno eterno.

Tale chiamata esige una risposta continua che trova la sua forza e il suo alimento anzitutto nell'ascolto della parola del Maestro per conoscere pienamente il disegno di Dio sulla vostra vita e sulla vostra opera. Per corrispondere pienamente alla chiamata è necessario ascoltare la voce dello Spirito di Cristo, cioè tutte quelle ispirazioni di sicura provenienza soprannaturale; ascoltare la voce della Chiesa, quand'essa parla nell'esercizio del suo magistero; ascoltare la voce del Signore in quella del vescovo, che è il capo della Chiesa particolare; ascoltare anche la voce del popolo di Dio, quand'essa fa appello al vostro zelo pastorale; ascoltare mediante lo studio delle scienze sacre; ascoltare finalmente mediante la preghiera e la meditazione, le quali sono come i due polmoni della vostra vita sacerdotale e la garanzia di sicuro successo nell'impegno di corrispondenza alla divina chiamata.


3. Ma la perfetta fedeltà a questa divina chiamata esige ancora la sequela del Cristo. Non si può essere ministro di Cristo senza essere seguace di Cristo.

Seguire Cristo comporta un distacco. Come gli apostoli lasciarono le reti, le case, le occupazioni, il paese, le famiglie, così ogni sacerdote deve essere pronto a subordinare tutto al servizio del Signore. Senza questi distacchi, non potrete essere dei fedeli servitori della Chiesa, dei ministri coerenti. Essi sono richiesti non solo per motivi ascetici, ma anche per rendere efficace e credibile la vostra missione sacerdotale.

Soprattutto oggi, in una società contrassegnata dal fenomeno della secolarizzazione, occorre chiarezza di propositi e fermezza di volontà che attingono direttamente alle fonti genuine del Vangelo. Come ho già detto in altre occasioni: "Più la gente si scristianizza, più è in preda all'incertezza o all'indifferenza, più ha bisogno di vedere nella persona dei sacerdoti quella fede radicale che è come un faro nella notte o come una roccia alla quale attaccarsi" (cfr. "L'Osservatore Romano", 13 settembre 1984, p. 4).

In ogni tempo i sacerdoti che si sono posti con maggior chiarezza il problema della loro identità alla luce del Vangelo, sono quelli che sono riusciti a gettare un fermento nuovo in mezzo al popolo e a far segnare una tappa al cammino di fede della comunità loro affidata. Quando il sacerdote è veramente il testimone vivente della fede, è il missionario del Vangelo, è il profeta della speranza, che non delude, diventa per ciò stesso costruttore della Chiesa di Cristo, artefice di pace e di promozione umana, tutore degli orfani e dei piccoli, consolatore dei sofferenti, in una parola: padre delle anime.


4. La Calabria ha bisogno di siffatti sacerdoti, ha bisogno di voi! La rinascita religiosa, morale e civile di questa regione dipende in modo prevalente dalla vostra opera di pastori di anime, dipende da quei valori umani e cristiani che voi saprete far vivere nella società calabrese. La Chiesa, infatti, con i suoi pastori, i suoi sacerdoti, con i religiosi e le religiose, con tutto il laicato che vive l'impegno cristiano nelle molteplici realtà della vita sociale, ha un compito fondamentale nella soluzione dei problemi che formano la "questione meridionale" e più specificamente la "questione calabrese" che non è solo questione economica. "Si tratta infatti - come leggiamo nella lettera collettiva dell'episcopato dell'Italia meridionale su "I problemi del Mezzogiorno", lettera che, come è noto, è stata redatta nel 1948 da un illustre figlio di questa terra, alunno di questo seminario, il già arcivescovo di Reggio Calabria monsignor Antonio Lanza - si tratta, ripeto, di esigenze e di problemi non estranei alla vita dello spirito, i quali, pur sotto l'aspetto materiale, economico e sociale, nascondono esigenze più profonde e rivelano una più alta istanza: quella cioè di una religione più pura e di una giustizia più piena".

Si! Una religione più pura e una giustizia più piena per la vostra regione esprimono in modo compiuto il progetto pastorale di evangelizzazione e promozione umana, che è l'impegno urgente e attuale di tutta la Chiesa di Calabria, secondo le linee tracciate nel Convegno ecclesiale di Paola del 1978.

Non mancano nella storia recente della Calabria figure di sacerdoti che hanno capito profondamente il senso di questo impegno e che hanno vissuto la loro vita sacerdotale dando quotidiana e coerente testimonianza di una forte tensione per l'elevazione morale e religiosa e per il riscatto sociale della propria gente.

Ricordo i sacerdoti Carlo De Cardona e Luigi Nicoletti di Cosenza, don Francesco Caporale di Catanzaro, don Francesco Maiolo di Nicastro, e i due servi di Dio don Francesco Mottola di Tropea e padre Gaetano Catanoso di Reggio Calabria, dei quali sono in corso i processi di beatificazione.

Cari sacerdoti! So che grande deve essere il vostro impegno sacerdotale per corrispondere alle esigenze religiose, spirituali e morali della Calabria. Non vi scoraggiate! Non abbiate paura di annunciare il messaggio di fede, di giustizia e di amore di cui voi siete portatori e testimoni.

Siate sempre uniti ai vostri vescovi, siate uniti fraternamente tra di voi con l'amicizia e l'aiuto scambievole, siate sempre in mezzo al vostro popolo segno di unione e di comunione; amate il vostro lavoro sacerdotale di servizio al popolo di Dio; considerate che, più di qualsiasi altra attività, il preminente impegno del sacerdote deve essere quello del lavoro parrocchiale attraverso il quale, in modo particolare, voi vivete la vita stessa del vostro popolo e condividete le sue gioie e le sue speranze, come le tristezze e le angosce dei più poveri e di coloro che soffrono: siate, nella società calabrese, costruttori di comunità.


5. Mi rivolgo ora a voi, carissimi seminaristi, che rappresentate la continuità del sacerdozio ministeriale nella Chiesa. Le riflessioni che ho fin qui proposto - lo avete certamente notato - si applicano per molti aspetti anche a voi. Abbiate somma cura della vostra vocazione. Alimentate la consapevolezza del dono che il Signore vi ha fatto chiamandovi al suo servizio. Comportatevi sempre "in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria" (1Th 2,12).

Con grande affetto benedico ora tutti, sacerdoti e seminaristi, assicurandovi che occupate un posto speciale nel mio cuore.

Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984




All'incontro con la cittadinanza - Cosenza

Titolo: Ai giovani una formazione accademica, umana e cristiana

Testo:


1. La ringrazio vivamente, signor ministro, per le nobili espressioni che mi ha rivolto a nome suo e del governo italiano, e ringrazio pure lei, signor sindaco, per quanto ha detto interpretando i sentimenti di questa accogliente città.

Ringrazio e saluto le autorità civili e militari, come anche i rappresentanti dei comuni di questa laboriosa terra.

Saluto con viva cordialità tutti voi, fratelli e sorelle, che siete venuti ad accogliermi con tanto entusiasmo. Sento vibrare in voi i sentimenti migliori di questa generosa terra di Calabria, che tanto posto ha ormai nel mio cuore. Ringrazio inoltre quanti hanno contribuito alla riuscita di questa visita con la realizzazione di opere che rimangono come patrimonio stesso della città.


2. Sono contento di essere in Cosenza, centro dell'antico Brutium, in questo luogo racchiuso tra la Sila e la Valle del Crati. Luogo stupendo, che ha tutta una sua storia di popoli, di dominazioni, di culture. Cosenza ha per patrono la Vergine del Pilar e per suo compatrono il figlio più illustre di questa terra, san Francesco di Paola.

Sono venuto per rendere onore alle vostre tradizioni di fede e di cultura. Qui, nel passato, si è visto il felice intreccio tra la fede del popolo e la spiritualità dei monaci del vicino Oriente, sospinti verso la Calabria dall'invasione ottomana. Il popolo guardo sempre a Roma e segui la direttiva di coniugare il rito romano con la sensibilità monastica di provenienza bizantina. Ne venne come conseguenza che tutta la terra di Cosenza si popolo di monasteri cosiddetti "basiliani", da qui trassero origine anche tante località e paesi. Il popolo seppe discernere e poi conservare la sua fede, inserendo nel passato e nel presente molti nomi nel catalogo dei santi.


3. Cosenza è sempre stata centro di cultura e di pensiero, che ha conosciuto nei secoli esponenti illustri. Oggi questa città ospita l'università di Calabria, di recente istituzione. Molti giovani della regione preparano qui il loro futuro, qui si addestrano alla ricerca scientifica, maturano il loro pensiero. Esser sede universitaria è un impegno che valorizza la città, ma è anche una grande responsabilità, poiché richiede da parte di tutte le componenti cittadine attenzione e dedizione per una formazione non solo accademica, ma umana e cristiana di tanti giovani.

Auspico vivamente che l'università, fucina del pensiero e dell'uomo, gareggi con le altre istituzioni sorelle per contribuire alla promozione culturale di questa diletta regione, offrendo un servizio alla scienza degno della Calabria erudita del passato. L'università di Calabria sia il punto più alto dell'interesse degli amministratori di questo capoluogo, poiché con uno studio serio che avvii a una professionalità qualificante si crea quella classe dirigente di cui la Calabria ha bisogno per risolvere i suoi problemi.

La ricomposizione del tessuto sociale passa attraverso lo studio e l'impegno culturale, volti all'affermazione della dignità della persona umana: la Calabria tutta attende fiduciosa questo contributo di pace e di progresso sociale.


4. Un pensiero infine rivolgo ai cittadini più bisognosi, agli ammalati, ai carcerati, ai piccoli, agli emarginati perché possano trovare sempre in Cristo conforto e speranza; possano essere loro, carichi di sofferenze e di umanità, il ponte per un mondo e una società più giusta e più buona.

A tutti imparto la mia benedizione, invocando dal Signore su questa città e sui suoi abitanti prosperità, concordia operosa, pace.

Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984




Omelia alle santa Messa allo Stadio - Cosenza

Titolo: Lavoro pastorale moderno e organico adatto alla realtà sociale

Testo:


1. "La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita" (Is 5,7).

La liturgia odierna è dominata dall'immagine biblica della vigna. Nel canto del profeta Isaia e nella parabola evangelica che abbiamo ora ascoltato, possiamo intravedere tutta la storia della salvezza, in ogni sua fase: possiamo leggere la storia delle alterne vicende dell'uomo, le sue infedeltà, le sue ingratitudini, ma soprattutto possiamo ammirare le molteplici e continue manifestazioni dell'amore di Dio per l'uomo, amore sempre fedele, sia nell'antica che nella nuova alleanza.

Dio aveva scelto per sé un popolo, il popolo di Israele; con lui aveva stabilito un'alleanza e gli aveva dato leggi, capi, sacerdoti, profeti che lo aiutassero nel cammino verso la terra promessa, la liberazione dalla schiavitù, la salvezza. Ma il popolo eletto non è stato fedele all'alleanza; non ha corrisposto all'amore di Dio; non ha ascoltato i suoi profeti; non ha osservato le sue leggi.

La vigna così ben coltivata e curata avrebbe dovuto produrre uva buona, invece "essa fece uva selvatica". Il Dio dell'alleanza aspettava dal suo popolo giustizia "ed ecco spargimento di sangue", attendeva rettitudine "ed ecco grida di oppressi". Ma nonostante tutto ciò, Dio non ha mai abbandonato il suo popolo, gli è rimasto fedele, ponendosi sempre dalla sua parte.


2. Nella vicenda del popolo eletto si riflette tutta la storia dell'umanità e la stessa storia di ciascuno di noi. Noi, che siamo la vigna del Signore, quanta uva selvatica abbiamo prodotto, invece dell'uva buona! Quanti odi e vendette, spargimenti di sangue, furti, rapine, sequestri di persone, ingiustizie e violenze di ogni genere! Di fronte a questa triste realtà, le espressioni del salmo responsoriale accendono una luce di speranza; il popolo eletto comprende il suo peccato e la sua ingratitudine e si rivolge al Dio dell'amore e della fedeltà per invocare perdono e aiuto; "Dio degli eserciti, volgiti... / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato... / Da te più non ci allontaneremo, / ci farai vivere e invocheremo il tuo nome. / Rialzaci Signore... fai splendere il tuo volto / e noi saremo salvi" (Ps 79).

Ecco, il salmista parla col linguaggio della conversione e della contrizione. E' la vigna del Signore che grida, a colui che l'ha piantata e coltivata, il suo pentimento, la sua implorazione di aiuto e di salvezza. Essa vuole rigenerarsi e rinnovarsi. Questo deve essere l'atteggiamento di chi vuole dare un senso alla propria vita: riconoscere il proprio errore e il proprio peccato, riconciliarsi con Dio e convertire il proprio cuore al disegno di amore e di salvezza che egli ha per noi.


3. Al canto del profeta e del salmista fa seguito l'insegnamento di Gesù di Nazaret. Con lui si attua il disegno di Dio per la salvezza dell'uomo. Tutto ciò che i profeti avevano preannunciato come prospettiva in lui si compie e si realizza a beneficio di tutta l'umanità. Il significato della vigna non è più limitato alla casa di Israele, ma comprende tutti gli uomini della terra senza distinzione alcuna.

La parabola riferita nel Vangelo di oggi è drammatica perché in essa si parla anche di violenza e di morte; ma il suo epilogo si apre alla speranza perché la morte del figlio del padrone prefigura quella del Cristo da cui il mondo è stato redento. "Da ultimo mando loro il proprio figlio dicendo: avranno rispetto di mio figlio!" (Mt 21,37). Ma quei vignaioli uccisero pure lui.

Con la morte del Figlio di Dio si avvera il canto della vigna, già da secoli intonato dal profeta Isaia, e il suo valore salvifico entra nell'economia della nuova alleanza, in cui si inaugura una nuova stagione della storia della salvezza; la vigna del Signore incomincia a vivere una nuova vita, e un popolo nuovo è chiamato a far parte del regno di Dio.


4. Nell'immagine della vigna, la Chiesa vede anche se stessa. Nella costituzione apostolica "Lumen Gentium" la Chiesa è anche rappresentata come il podere o "il campo di Dio" (1Co 3,9). Questa nuova vigna, che è la Chiesa, è chiamata dal Padre a portare i frutti della redenzione e della salvezza in ogni tempo e in ogni luogo. Deve portare questi frutti in ogni uomo.

Nell'immagine della vigna, eternamente amata da Dio, ritroviamo ognuno di noi, ritroviamo il popolo di Dio, ritroviamo la Chiesa che è in Calabria, la Chiesa che è in Cosenza e Bisignano e che saluto cordialmente: l'arcivescovo monsignor Dino Trabalzini, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i giovani che sono la speranza della Chiesa cosentina, i lavoratori, i rappresentanti della cultura, gli anziani e gli ammalati. Rivolgo un deferente pensiero anche alle autorità civili e militari, con i numerosi sindaci presenti.

La storia religiosa della Calabria ci dice che questa porzione della vigna del Signore ha accolto il messaggio del Vangelo fin dal primo secolo, producendo molti frutti, permeando di spirito cristiano gli animi, la vita, la cultura, l'arte, il folklore della sua gente. Questa storia ci ricorda figure di uomini santi che hanno arricchito con la loro spiritualità non solo la Chiesa di Calabria ma tutta la Chiesa di Cristo: ricordiamo san Nilo e san Bartolomeo di Rossano, che sono le figure più rappresentative del monachesimo cenobitico italo-greco; san Bruno che, pur provenendo da Colonia, in Calabria diede impulso al monachesimo certosino, fondando la certosa di Serra San Bruno, che ieri con commozione ho potuto visitare; san Francesco di Paola, fondatore dell'ordine dei Minimi, che fu il santo dell'umiltà e della carità più vicino al cuore della gente di Calabria.

Anche nei tempi recenti la vivacità dei cattolici cosentini ha dimostrato che questa vigna del Signore sa produrre i suoi frutti: basti ricordare i sacerdoti Carlo de Cardona e Luigi Nicoletti, animatori intrepidi del movimento cattolico calabrese, che sotto la spinta della "Rerum Novarum" e della "Quadragesimo Anno", seppero promuovere iniziative sociali di grande rilievo per la promozione dei lavoratori.


5. Ma ora è necessario guardare al presente, ai frutti di redenzione e di salvezza che la Chiesa in Calabria - e qui la Chiesa cosentina - deve produrre per l'uomo del nostro tempo; per far fronte alla nuova realtà sociale e religiosa, diversa dal passato, forse più carica di difficoltà, ma anche più ricca di potenzialità, è necessario un lavoro pastorale moderno e organico che impegni intorno al vescovo tutte le forze cristiane: sacerdoti, religiosi e laici, animati dal comune impegno di evangelizzazione e promozione umana.

Si impone innanzitutto un lavoro di catechesi per una continua formazione delle coscienze cristiane dei fanciulli, dei giovani e degli adulti; una catechesi solida, fondata sull'autentica dottrina della fede, che dia all'uomo di oggi le motivazioni più profonde della propria adesione a Cristo e al suo insegnamento.

Una valida azione pastorale deve promuovere con impegno l'assidua partecipazione dei fedeli alla vita liturgica e sacramentale, con particolare riguardo alla celebrazione della domenica, giorno del Signore: è qui che la vita cristiana, attraverso l'alimento della parola di Dio e del pane eucaristico, cresce, si irrobustisce e diventa portatrice di testimonianza in mezzo al mondo.

Mediante un continuo itinerario formativo di catechesi e una vita liturgica vissuta secondo le norme stabilite dalla Chiesa, va ricuperato quel vasto fenomeno della religiosità popolare che, se liberato dalle eventuali incrostazioni superstiziose, costituisce una grande ricchezza spirituale delle genti di Calabria; le feste religiose e i pellegrinaggi ai santuari, se ben preparati e guidati, sono occasioni propizie di formazione e crescita nella vita religiosa.

L'impegno di apostolato, per essere credibile ed efficace, deve produrre nella Chiesa e nei cristiani l'esigenza della testimonianza; non vi può essere frattura o contraddizione tra la fede cristiana e tutte le implicazioni che essa ha nella vita di ogni credente. La Chiesa e il cristiano sono portatori di luce, e la luce è fatta per illuminare: "Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,15).

La Chiesa di Calabria, con la sua ansia religiosa e pastorale, deve essere presente nella realtà sociale di questa terra. La Chiesa ha una grande missione da compiere dinanzi all'uomo e alla società. La Chiesa deve aiutare l'uomo e la donna di Calabria a rinvigorire il senso della propria dignità umana, il senso dei propri diritti e doveri, il senso morale del rispetto dei diritti altrui, il senso della giustizia e della solidarietà nei rapporti umani e sociali.

La Chiesa deve avere un'attenzione particolare alla pastorale della famiglia, perché questa comunità di vita e di amore corrisponda al disegno di Dio, conservi la sua stabilità, sia difesa e culla della vita nascente, adempia al compito primordiale e originario di educazione umana e religiosa dei figli e sia insieme cellula della società e chiesa domestica.


6. In una città come Cosenza, che ha un'antica tradizione culturale di grande prestigio, e dove oggi ha sede una delle più importanti università statali italiane, l'impegno della Chiesa per la cultura deve avere un posto preminente. I cristiani devono animare col loro apporto la cultura dell'uomo moderno, quella cultura cioè che costruisce il modo di essere dell'uomo e della società, quella cultura che con tutte le sue interrelazioni e influenze è capace di creare una più elevata qualità della vita.

Vi sono poi le scuole cattoliche che qui in Cosenza svolgono un ruolo insostituibile per la formazione culturale e cristiana della gioventù; come pure la scuola di servizio sociale e la scuola di teologia per laici.

C'è poi l'impegno della Chiesa per la giustizia sociale. In questa regione la questione sociale si chiama "questione meridionale" e più specificamente "questione calabrese". Si tratta di una questione che investe complessivamente tutti gli aspetti della vita di un popolo: c'è l'aspetto economico relativo al diverso grado di sviluppo tra Nord e Sud d'Italia, c'è l'aspetto sociale riguardante le differenti condizioni di vita delle popolazioni meridionali, c'è l'aspetto morale legato a talune forme di comportamento e a talune manifestazioni di criminalità, vi sono tante preoccupazioni sociali, la prima delle quali è oggi la disoccupazione, e in particolare quella giovanile e intellettuale, che richiedono urgentemente di essere sanate.

Di fronte a questi problemi la Chiesa non può tacere, non può restare assente o indifferente. La Chiesa e i cristiani hanno il dovere di porsi in prima fila nel denunciare le ingiustizie ma soprattutto per creare una forte coscienza morale, sociale e politica, che susciti concrete iniziative.


7. Avendo davanti agli occhi tutta questa problematica, mi rivolgo ancora una volta alla parola di Dio per trarre incoraggiamento e sostegno. San Paolo ci invita a non angustiarci ma, in ogni necessità, ad esporre a Dio le nostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

Ed ecco ancora san Paolo: "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!" (Ph 4,8-9).

Si, cari fratelli e sorelle! Il Dio della pace sia sempre con voi! Estendo questo augurio, unitamente a un cordiale saluto, anche ai membri della Comunità italo-albanese di rito greco dell'eparchia di Lungro, convenuti numerosi a questo incontro, accompagnati dal loro vescovo, monsignor Giovanni Stammati.

Carissimi, desidero esprimervi il mio sincero affetto e quello di tutta la Chiesa; conosco le vostre vicende storiche, apprezzo le vostre doti di fortezza, di fierezza e di gentilezza. Con le Chiese sorelle vostre vicine abbiate relazioni fraterne e raggruppatevi organicamente con esse, in modo speciale in seno alla conferenza episcopale. Con mutuo rispetto arricchitevi a vicenda dei vostri tesori propri, perché in tutta la Calabria il nome di Cristo sia sempre meglio conosciuto e il suo messaggio più pienamente compreso e vissuto.

Nel ricordare il vostro nativo legame con l'Albania, la terra patria così ricca di tradizioni culturali e religiose, così vicina al di là delle sponde dell'Adriatico, auspico che la vostra presenza qui, nell'accogliente e amata Italia, sia per i cristiani di quella nobile nazione, e anche per quanti vi professano la fede in Dio, come una luce che indica la speranza di un avvenire migliore, quando la libertà religiosa allieterà il cuore di tutti i credenti.

La liturgia odierna è dominata dall'immagine biblica della vigna. La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele. La vigna del Signore è la nostra carissima Calabria. Che sia sempre amata da Dio creatore, da Dio redentore, come fu amata la vigna di cui parla il profeta Isaia.

Così, carissimi fratelli e sorelle, auguro durante questa celebrazione eucaristica a tutti voi, alla vostra Chiesa di Cosenza, di tutta la Calabria e, tramite la Chiesa, a tutto l'amato popolo di questa regione. Il Dio della pace sia sempre con voi tutti. Amen.

Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984






GPII 1984 Insegnamenti - Festa della Dedicazione della cattedrale - Catanzaro