GPII 1984 Insegnamenti - Al clero, all'università Sacro Cuore - San Juan (Porto Rico)

Al clero, all'università Sacro Cuore - San Juan (Porto Rico)

Titolo: "Specialisti del Vangelo" nello spirito delle beatitudini

Testo:

Carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi.


1. Motivo di particolare soddisfazione per me in questa visita a Porto Rico, che desideravo fare da tempo, è l'incontro con voi, le forze vive della Chiesa in questa bella isola, che Colombo battezzo con il nome proprio del Precursore del Messia: san Giovanni Battista.

Il Papa è ben cosciente di ciò che voi significate per la Chiesa, della donazione e dei sacrifici con cui vivete la vostra missione pastorale come messaggeri del Vangelo, testimoni della fede e servitori dei fratelli. Per questo, durante questo viaggio apostolico con cui si inizia la preparazione degli atti commemorativi del quinto centenario della scoperta e dell'evangelizzazione dell'America, non potevo fare a meno di riservare un tempo speciale, anche se per forza breve, a voi, che siete, o che un giorno sarete, i consacrati al Signore.

Mi piacerebbe potervi salutare personalmente, uno a uno; sapere delle vostre attività apostoliche, conoscere le vostre inquietudini, i vostri problemi, le vostre pene e le vostre gioie; udire le vostre confidenze e speranze, i desideri del vostro cuore pieno di amore a Cristo e alla sua Chiesa.

Pero desidererei soprattutto che questo incontro fosse per voi un momento di conforto, di stimolo nella vostra vita di testimoni di Cristo, di apostoli, di persone che hanno dedicato la loro vita al servizio di Dio e dei fratelli. Siate dunque pienamente coscienti che, in buona parte, l'edificazione della Chiesa a Porto Rico dipende dalla vostra attività apostolica, come quotidiani messaggeri e distributori dei beni della salvezza. Per questo motivo, strettamente uniti ai vostri vescovi e superiori, siate veramente nel mondo di oggi, ciascuno nel proprio ambiente, "il sale della terra e la luce del mondo" (Mt 5,13-14). Sale che dia una nuova ispirazione alla società, luce che orienti verso orizzonti che non sono quelli suggeriti da ragioni meramente umane.


2. Cari sacerdoti diocesani e religiosi: non trascurate di guardarvi interiormente con occhi di fede rinnovata ogni giorno. Siete gli eletti, gli amici di Gesù, i servitori del suo piano di salvezza. Dispensatori dei misteri di Dio in favore delle vostre comunità; dotati di poteri che superano le vostre persone, in virtù della potestà ricevuta con l'imposizione delle mani (cfr. 2Tm 1,6), siete le braccia, la voce, il cuore di Cristo che continua a salvare l'uomo di oggi attraverso il vostro ministero ecclesiale.

Ravvivate dunque la gioia, la speranza, la grazia ricevuta nella vostra ordinazione sacerdotale. Ricordatevi che agite tante volte "in persona Christi", "in virtute Spiritus Sancti". Una forza interiore che supera le capacità umane e che deve portarvi con umiltà, pero con grande fiducia, verso la vostra pienezza interiore, divenuta maturità di vita in Cristo: "Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognatevi dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro" (2Tm 1,7-8).

Si, miei cari fratelli nel sacerdozio: guardando Cristo come modello e come forza che può rinnovare ogni giorno la vostra giovinezza di spirito, sentitevi gioiosi della vostra identità di sacerdoti e non cedete mai al dubbio sul valore della vostra vita e sulla possibilità di essere fedeli ad essa con perseveranza. Non siete soli, con le vostre uniche forze umane: "Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce. perciò non temiamo" (Ps 45,2-3).

Pero siate al tempo stesso coscienti della vostra debolezza, per superare la quale avete il bisogno imprescindibile di una costante e decisa unione con Cristo nell'orazione; avete bisogno della grazia dei sacramenti, che anche per voi sono fonte di rinnovamento e di grazia. così, saziati a questa sorgente inesauribile che è Cristo, fedeli alla meditazione quotidiana, alla recita della liturgia delle ore e con un profondo amore filiale alla Madre di Gesù e Madre nostra, manterrete inalterato il vigore e la freschezza della vostra donazione.


3. Le anime a voi affidate aspettano molto da voi. Non defraudatele nella donazione generosa: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8).

L'amore a Cristo deve ispirare efficacemente l'amore all'uomo, soprattutto ai più bisognosi. Pero che tutti vedano in primo luogo in voi gli amici e i maestri della fede, i seguaci di Cristo, i costruttori della Chiesa, i predicatori della fratellanza e del dialogo, che in questo spirito si aprono anche generosamente all'opera del progresso e della promozione dell'uomo.

Nel vostro ministero concreto, rimanete sempre uniti ai vostri vescovi, centro della vita ecclesiale diocesana. L'unità che nasce dal nucleo stesso della nostra fede cristiana e che appartiene all'intima essenza della Chiesa, si rende ancora più necessaria quando sorgono difficoltà. Per questo non cedete mai alla tentazione con il pretesto di una presunta maggior efficacia pastorale di disattendere o agire contro le direttive dei vostri pastori.

E quando nell'esercizio del vostro ministero vi imbattete in questioni che riguardano opzioni concrete di carattere politico, non tralasciate di proclamare i principi morali che sono alla base di ogni campo dell'umana attività.

Pero lasciate che siano i laici, ben formati nella loro coscienza morale, a ordinare secondo il piano di Dio le cose temporali. Voi dovete essere creatori di comunione e di fraternità, mai di divisione in nome di opzioni che il popolo fedele può scegliere legittimamente nelle loro diverse espressioni. Questa considerazione che dirigo a voi, sacerdoti diocesani e religiosi, si può egualmente applicare agli altri membri delle famiglie religiose.


4. Che dire adesso di più specifico per voi, religiosi e religiose di Porto Rico? Ricordando le parole dell'Apocalisse, vi ripeterei con gioia: "Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza" (Ap 2,19). So della vostra presenza qualificata nei diversi campi dell'apostolato ecclesiale: nelle parrocchie, con i bambini, gli studenti, i malati, i bisognosi di assistenza, i poveri, gli emarginati, gli uomini di cultura, o con tanti altri che con fiducia ricorrono a voi cercando consiglio e incoraggiamento.

Mi rallegra tutta questa presenza ecclesiale che voi offrite con il vostro lavoro e il vostro amore all'uomo per Cristo. Permettetemi, a questo proposito, di ricordarvi che, come anime consacrate a Dio, dovete essere prima di tutto specialisti del Vangelo di Gesù, seguaci della carità perfetta verso Dio e verso il prossimo in cui si riassume l'essenza del Vangelo.

E' in questo dinamismo della santità, nella linea del carisma di ogni istituto, che la vocazione religiosa trova il suo vero senso e la sua realizzazione. In un fondamentale atteggiamento di servizio: "schola dominici servitii", come indica la bella formula della Regola di san Benedetto (Prologo, 45).

Ricordatevi sempre che come è compito del laico dare testimonianza cristiana nella sfera delle realtà temporali, così l'anima consacrata deve dare testimonianza percorrendo nella sua vita l'itinerario delle beatitudini, vivendo con gioia le esigenze di castità, povertà, obbedienza, partecipando attivamente alla vita della propria comunità, mantenendo un'intensa vita di orazione, poiché "ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto, discende dal Padre della luce" (Jc 1,17).

Per questo, non fatevi ingannare dal miraggio di un attivismo sproporzionato che possa impedirvi il contatto con il Signore. Non cedete nemmeno alla facile tentazione di sottovalutare la vita in comune o di permettere che motivazioni non evangeliche appannino la vostra identità religiosa o ispirino la vostra condotta.


5. So che è anche qui presente un gruppo di giovani, che rappresentano quei più di trecento alunni del seminario maggiore e di diversi istituti religiosi, in fase di formazione. Essi rallegrano profondamente il mio cuore di Pastore, poiché incarnano le speranze poste nel futuro della Chiesa in questa isola. Non ho bisogno di molte parole per manifestarvi, cari giovani, il mio grande affetto e il mio desiderio di confermarvi nel vostro cammino. Vi esorto a non moderare la vostra generosità e a mantenervi fedeli alla chiamata che Dio ha posto nella vostra anima. Di fronte al compito esigente ma grandioso che vi aspetta, siate coscienti dell'importanza di questo tempo di preparazione e, come il servo fedele e prudente del Vangelo, fate fruttificare al massimo i talenti che avete ricevuto (cfr. Mt 25,14-22), per metterli a disposizione della Chiesa e di coloro che attendono il vostro futuro ministero.


6. E' consolante per me e motivo di gratitudine al Padre, constatare la promettente fioritura di vocazioni sacerdotali e religiose a Porto Rico. Questo dimostra che la Chiesa affonda ognor più le sue radici nell'anima buona del popolo portoricano. E questo stesso fatto ha permesso di arrivare alla bella meta che tutti i vescovi dell'isola siano nativi e che Porto Rico abbia il suo primo cardinale. Pero questa crescita non è sufficiente, e perciò bisogna continuare a coltivare con tutti i mezzi le vocazioni alla vita consacrata. Uno sforzo che spetta a tutta la comunità cristiana.

Quest'isola, che sta per compiere i suoi cinquecento anni di evangelizzazione, ha ricevuto e continua a ricevere l'aiuto prezioso e la dedizione di altri fratelli nella fede, che venendo da altre terre, hanno dato e danno il meglio di sé a questa Chiesa. A loro voglio dire: grazie in nome di Cristo! Grazie per la vostra generosità! Grazie per la vostra apertura di cuore! Continuate a lavorare in questa Chiesa ospitale che è anche la vostra, quella di Cristo in America Latina.


7. Concludo chiedendo al Signore che il Piano nazionale pastorale per il quinto centenario dell'inizio dell'evangelizzazione dell'America, preparato dai vostri vescovi, produca abbondanti frutti per la Chiesa portoricana, e in primo luogo per voi.

Alle vostre suppliche affido la responsabilità del mio ministero come successore di Pietro, e vi assicuro che prego la Madre della divina Provvidenza, perché vi aiuti, vi conforti maternamente e vi faccia fedeli alla vostra donazione ecclesiale. Con questi desideri, a voi e a tutti coloro che voi qui rappresentate, impartisco con grande affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-10-12 Data estesa: Venerdi 12 Ottobre 1984




Celebrazione per i martiri coreani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I cristiani non debbono essere discriminati per la loro fede

Testo:

[In apertura:] Oggi siamo qui riuniti, intorno all'altare di san Pietro, simbolo della "confessione" della vera fede, per celebrare insieme la santa Eucaristia in onore dei martiri della Corea, canonizzati in Seoul durante il periodo di Pasqua.

Con questo atto solenne vogliamo dare testimonianza non solo all'unità e all'universalità della Chiesa, ma anche al loro messaggio, alla loro "confessione" nel martirio, tanto rilevante e attuale oggi per il mondo e per la Chiesa universale. Vorrei rivolgere uno speciale saluto ai carissimi fedeli coreani nella loro lingua: Sia lodato Gesù Cristo! Sono davvero lieto e grato che siate venuti da così lontano per celebrare insieme con me la santa Eucaristia in onore dei santi martiri della Corea. Auspico che la vostra vita di veri cristiani faccia risplendere nel mondo di oggi il loro eroico esempio! [All'omelia:]


1. "Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio" (Mt 22,2). A queste nozze speciali il Padre eterno invita tutti i popoli e tutte le nazioni della terra.

Due secoli fa è stato invitato il popolo coreano. Nello scorso mese di maggio ho avuto la gioia di celebrare in Corea il bicentenario di quella cristianità. Il popolo coreano ha risposto all'invito al mistico banchetto del Padre celeste mostrando nel proprio cuore una straordinaria disponibilità e un edificante impegno, che oggi sono premiati con una splendida fioritura della comunità ecclesiale.

In Corea la fede fu recata - caso unico nella storia - spontaneamente dai coreani stessi. Il cammino dei coreani verso la fede infatti è cominciato grazie all'iniziativa autoctona di alcuni laici. Tale cammino ci fa comprendere di quanta importanza, ai fini della salvezza eterna, sia rivestita l'aspirazione naturale della ragione umana alla verità. Fu infatti, come sappiamo, una leale ricerca della verità a spingere quei laici - era un gruppo di letterati e "filosofi" - a prendere contatti, non senza gravi rischi, con Pechino, laddove avevano sentito parlare della presenza di uomini, alcuni dei quali cattolici, che avrebbero potuto illuminarli sulla nuova fede da essi conosciuta mediante i nuovi libri.

Questi laici, uomini e donne, giustamente considerati i "fondatori della Chiesa" in Corea, per ben 56 anni, dal 1779 al 1835, senza l'aiuto di sacerdoti - tranne la presenza assai breve di due sacerdoti cinesi - hanno diffuso il Vangelo nella loro patria fino all'arrivo dei missionari francesi nel 1836, e hanno offerto e sacrificato la vita per la loro fede in Cristo.

E quel Figlio di Dio che, venendo sulla terra tanti secoli prima, aveva detto: "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37), non poté deluderli nella loro ricerca, anzi, con la sua parola divina, li illumino molto al di là di quanto essi all'inizio si attendevano. Li illumino e li fortifico. Dette loro quello Spirito di fortezza che già li aveva guidati, senza che essi stessi se ne fossero resi conto nel cammino verso il Verbo di verità e verso il Padre.

E' per questo Spirito di fortezza, che essi rimasero ben saldi in Cristo, pronti a perdere ogni bene, anche quello della vita, pur di non perdere lui, Gesù salvatore.


2. La Chiesa in terra coreana ha reso, specie nel corso dei primi cent'anni, una straordinaria testimonianza alla fede in Cristo, come ne sono prova le numerose schiere dei martiri.

Come è noto, durante l'Eucaristia giubilare del 6 maggio scorso a Seoul, mi è stato dato di canonizzare 103 martiri della Corea. Questi martiri della Corea costituiscono un numero piccolo, ma particolarmente significativo, tra le migliaia e migliaia che vengono ricordati dalla storia.

ciò che ci riempie di profonda ammirazione, almeno nelle testimonianze più eroiche che ci sono riferite, è l'eccezionale serenità e la misteriosa gioia delle quali, per uno speciale dono di Dio, essi furono capaci pur davanti alla prospettiva di crudeli tormenti e della morte. La fortezza dei martiri della Corea richiama alla memoria quella di cui si parla circa i primi secoli cristiani. In essi lo splendore particolare della testimonianza sembra risentire in qualche modo della disciplina orientale concernente l'autodominio e il distacco ascetico dai beni di questo mondo, compresa la stessa vita fisica, completando nella loro carne "quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).


3. Il Vangelo di oggi ci parla dei servitori che il re manda a chiamare gli invitati alle nozze di suo Figlio: "Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze" (Mt 22,9).

Molti figli e figlie di Francia hanno compiuto un grande servizio missionario nei confronti della giovane Chiesa di Corea.

Infatti, papa Gregorio XVI, avendo ricevuto una lettera della comunità di laici che chiedevano l'invio di sacerdoti, si rivolse nel 1827 alla Società delle missioni estere di Parigi, che conosceva un momento di forte espansione missionaria, proponendole di rispondere alla richiesta. Tra i volontari che si presentarono, vi era il primo vescovo designato dalla Santa Sede come vicario apostolico per la terra di Corea, monsignor Barthélemy Bruguière. Egli mori pero prima di raggiungere il suo luogo di destinazione.

Ma il martirio attendeva i francesi coraggiosi che dall'anno seguente, il 1836, cominciarono la loro attività in Corea: Pierre Maubant e Jacques Chastan.

Furono poi martirizzati il secondo vicario apostolico, monsignor Laurent Imbert, arrivato nel 1837, poi monsignor Siméon Berneux, monsignor Antoine Daveluy, ed altri eroi francesi dei quali abbiamo iscritto i nomi, come voi sapete, "nel libro della vita" (Ph 3 Ap 3,5 Ap 13,8 Ap 21,27).

Questi martiri missionari hanno fraternizzato con i coreani in un'unica testimonianza di fede che mostra fino a che punto la carità ha un valore che non conosce le barriere o i limiti della nazionalità o della cultura. Colui che ama veramente la sua patria non può considerare "straniero" il cristiano di un altro Paese. E ogni vero cristiano considera suoi compatrioti, in un certo modo, gli uomini di altri Paesi. Come i missionari francesi seppero riconoscere dei fratelli nei coreani, così i coreani seppero riconoscere dei fratelli nei francesi. Il miglior modo di amare la propria patria e di rispettare quella degli altri è giustamente parte di questo spirito di "cattolicità", cioè di autentica universalità, di questo amore per l'uomo insegnato dal Vangelo e che è un dono di Dio all'umanità intera.

Ecco perché il Vangelo è aperto ad ogni forma di cultura: esso feconda dall'interno le qualità spirituali e i doni propri delle diverse culture (cfr. GS 53).


4. Dove dovrebbe condurci, oggi, questa riflessione sull'eroica testimonianza dei martiri, perché non rimanga un ricordo di essi meramente astratto? Anche oggi, nonostante l'universale affermazione del principio della libertà religiosa, proclamata dalle organizzazioni internazionali, tanti nostri fratelli e sorelle, in non poche regioni del mondo, sono soggetti a incomprensioni, all'emarginazione, alla persecuzione e alla violenza fisica e morale a causa della loro fede in Cristo. In non poche nazioni, i cristiani così come i seguaci di altre religioni, sono imprigionati e privati delle loro libertà fondamentali.

In questa solenne e importante celebrazione in onore dei 103 martiri coreani mi appello alle autorità interessate e chiedo loro di fare in modo che la libertà religiosa dei loro concittadini sia rispettata ad ogni livello. Il loro popolo non può e non deve essere discriminato a causa della sua fede! I cristiani sono, e intendono rimanere, cittadini leali ed esemplari, ma "fermi nella fede" (cfr. 1P 5,9), pronti e desiderosi di promuovere e di contribuire al progresso morale e civile dei loro Paesi con tutte le loro capacità! Questa celebrazione vuole anche essere un'esaltazione doverosa e grata, da parte dell'intera Chiesa, del lavoro instancabile e generoso compiuto, nel passato come nel presente, dai missionari - sacerdoti, religiosi, religiose, laici, uomini e donne - che hanno lasciato la loro patria, la loro famiglia, i loro affetti e ideali umani per dare una pronta risposta alla chiamata di Cristo e diffondere il suo Vangelo in tutto il mondo! Questo dinamismo missionario, che è parte della realtà stessa della Chiesa, può adottare, nel corso del tempo, differenti metodi e strumenti per permettere che il messaggio del Vangelo abbia maggiore incidenza e efficacia secondo le varie circostanze. Ma questo dinamismo sarà sempre fondato e animato da un'intensa fede e da un'immensa carità e sostenuto e illuminato dagli insegnamenti della Chiesa.

In questo senso la testimonianza dei martiri della Corea è essenzialmente, ancor oggi, un esempio pienamente valido e splendido per tutti i missionari, ai quali rinnovo la mia gratitudine e quella dell'intero popolo di Dio!


5. Il testo della seconda lettura di questa messa, presa da san Paolo, illustra molto bene la spiritualità dell'apostolo-missionario-martire.

Ci sono sorprendenti similarità tra ciò che vediamo in molti martiri della Corea e la personalità del grande apostolo dei gentili: totale dedizione alla causa di Cristo; coraggio inflessibile e spirito di sacrificio per la difesa di quella causa fino alle estreme conseguenze; un desiderio irrefrenabile e incrollabile di condividere la gioia interiore della propria esperienza cristiana con il maggior numero possibile di anime, senza mai soccombere all'incomprensione o allo scoraggiamento.

"Ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco..." (Ph 4,12). Paolo era pronto a tutto e, nello stesso tempo, era distaccato da tutto.

Era preoccupato di una sola cosa: essere e rimanere con Cristo. Ogni altra cosa era vista come secondaria e finalizzata a quel traguardo assoluto, in relazione a quel valore supremo e irrinunciabile. Da Gesù stesso riceveva la forza per il suo completo distacco. Mediante la grazia, Gesù lo teneva vicino a sé. ciò avvenne anche con i martiri della Corea.


6. Oggi i figli e le figlie della Corea e quelli della Chiesa in Francia gridano insieme: "Possa il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illuminare gli occhi della nostra mente per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati" (cfr. Ep 1,17-18).

Ecco la luce della vostra vita: la speranza della salvezza e del regno di Dio. Questa è la verità che deve guidare i nostri passi, facendoci superare tutti gli ostacoli che si oppongono a tale prospettiva: prepararsi ad attendere il regno del Signore, guardare sempre al di là della morte, e rendersi degni, con una vita santa, della terra nuova dei viventi.

Il Signore Gesù sia la nostra guida. Diciamo anche noi con i martiri coreani e francesi: il Signore è mio Pastore! Egli mi rinfranca, mi sorregge e mi guida. Con lui non manco di nulla.

Amen!

Data: 1984-10-14 Data estesa: Domenica 14 Ottobre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Raccomandata la preghiera del Rosario

Testo:


1. "Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45). Queste parole, indirizzate a Maria da Elisabetta durante la visitazione, penetrano la nostra preghiera del Rosario.

Particolarmente in questo mese di ottobre, che è il mese del Rosario.

Recitiamo le singole "decine", meditiamo uno dopo l'altro i misteri: gaudiosi, dolorosi, gloriosi, e nel corso di ciascuno di essi gridiamo a Maria come ha fatto Elisabetta durante la visitazione: "Beata colei che ha creduto"! Tu che hai creduto con fede piena di gioia: all'annunciazione, alla visitazione, alla natività, alla presentazione al tempio, al ritrovamento nel tempio. Tu che hai creduto con fede piena di dolore; durante tutta la passione del Getsemani, della flagellazione, della coronazione di spine, della via Crucis: tu che hai creduto sotto la croce al Calvario. Tu che hai creduto, con la fede di una gloria incipiente, nella glorificazione di tuo Figlio: alla risurrezione, all'ascensione, nel giorno della Pentecoste. Tu, la cui fede si compiva nell'Assunzione: Madre nostra, ornata con la corona della gloria celeste! così chiediamo a Maria, recitando il santo Rosario.


2. E oggi la ringraziamo in modo particolare per la fede dei martiri della Corea, per la fede della Chiesa intera in Corea nel corso dei due ultimi secoli.

Ringraziamo anche per la fede testimoniata dai missionari francesi, alcuni dei quali fanno parte dei martiri della Corea. E diciamo: "Beati coloro che hanno creduto fino al versamento del sangue"! La vostra fede e l'eroica testimonianza sono diventate come uno specchio, nel quale si riflette la fede della Vergine di Nazaret, della Madre del Dio-uomo: "la prima tra i redenti" (cfr. LG 53).


3. Voglio ringraziare ora il Signore per avermi consentito di compiere felicemente il viaggio apostolico per inaugurare a Santo Domingo la preparazione alla celebrazione del quinto centenario dell'inizio dell'evangelizzazione nel continente americano. Ritornero su questo argomento nell'udienza generale di mercoledi prossimo. Desidero tuttavia fin d'ora esprimere il mio ringraziamento alle autorità civili e religiose e alle buone popolazioni dei Paesi visitati, assicurando loro il mio ricordo nella preghiera.


4. Una notizia positiva si è diffusa in questi giorni: è previsto che domani, lunedi, il presidente della Repubblica di El Salvador si incontri con esponenti dell'opposizione armata salvadoregna, per ricercare, per la via del dialogo e della trattativa, un'intesa che ponga fine alla guerra civile.

Sono particolarmente vicino alla cara popolazione di El Salvador, troppo a lungo provata da lutti e violenze, auspicando di cuore che, dopo tante sofferenze, possa finalmente ottenere la pace a cui così intensamente aspira e una convivenza degna dell'uomo.

Invito tutti a pregare perché l'auspicata pace possa ritornare nel Salvador e in tutti gli altri Paesi del mondo che sono travagliati da violenze, divisioni e lotte fratricide.

Data: 1984-10-14 Data estesa: Domenica 14 Ottobre 1984




A fedeli francesi e coreani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivete la fede come degni discendenti dei vostri martiri

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle di Corea!


1. Lo scorso mese di maggio ho avuto la gioia di incontrarmi con i vostri connazionali sotto il bel cielo azzurro della Corea, e oggi sono lieto di trovarmi in mezzo a voi qui a Roma. Saluto cordialmente tutti e ciascuno di voi. Benvenuti alla città eterna! La grazia e la pace di Gesù siano con voi! Siamo già a metà autunno, e guardando indietro a questi ultimi mesi mi rendo conto che l'esperienza davvero emozionante della mia visita pastorale in Corea e la canonizzazione dei martiri coreani sono stati eventi straordinari di grazia e di gioia, sia per voi che per me. In verità, conservero sempre nel mio cuore tale esperienza come uno dei momenti più preziosi della mia vita, e per questo sono profondamente grato a Dio.

Durante il mio pellegrinaggio in Corea, ho visto come sprigionarsi dalle vostre anime, quale frutto dell'intercessione dei martiri, quella vita che è dono di Dio. Ho visto risplendere, non solo in Corea, ma anche in tutta l'Asia e anche nel più vasto mondo, una luce di grande speranza.

Ora abbiamo celebrato, in unità di cuore, la santa Eucaristia, raccolti attorno all'altare di san Pietro, simbolo della confessione della vera fede in Cristo risorto, per ringraziare insieme a Dio di aver dato a voi così illustri antenati martiri, i quali tanto eroicamente confessarono la stessa fede. Il modo più vero e autentico per rendere ora grazie di tale grande dono spirituale è quello di testimoniare la stessa fede vivendo come veri e degni discendenti di tali nobili antenati. E come? Mettendo in pratica gli insegnamenti delle Beatitudini, giorno per giorno, senza paura e senza stancarsi.

Come ho detto a Seoul nel corso dell'inaugurazione della Conferenza pastorale, è giunto il tempo per voi di interiorizzare sempre maggiormente quella viva fede per renderla veramente vostra. Se vi sforzerete di fare ciò, l'abbondante grazia, con la quale il Signore sta benedicendo - e certamente continuerà a benedire - il vostro amato Paese, potrà portare frutti sempre più preziosi.

Mi ha fatto piacere apprendere che fedeli coreani e francesi, dopo essersi conosciuti in Corea e aver stretto legami di amicizia e di comune fede, in occasione della canonizzazione desiderano ora rafforzare questi legami, recandosi questa volta insieme in Francia. Desidero incoraggiare tale lodevole iniziativa ed esprimere l'auspicio che abbiate a sviluppare sempre maggiormente questi legami fraterni fino alla loro piena fioritura.

Invoco le benedizioni di Dio sopra le vostre famiglie e i vostri amici, sopra il vostro diletto popolo e sull'intera nazione. Vi auguro un sicuro viaggio di ritorno e vi incarico di portare ai vostri cari i miei cordiali saluti.


2. Sono felice di salutare anche tutti i pellegrini francesi, venuti in delegazione a Roma, così come altri loro compatrioti erano venuti a Seoul, per celebrare i vescovi e i sacerdoti del loro Paese che sono stati missionari e martiri in Corea. Partecipo inoltre alla gioia delle famiglie dei nuovi santi, che si sentono molto vicini a loro, attraverso alcune generazioni. Mi felicito con i rappresentanti della famiglia spirituale di questi martiri, i responsabili e i membri della Società delle missioni estere di Parigi, questo meritevole istituto che li aveva così ben formati al servizio plenario della Chiesa. Saluto le delegazioni delle diocesi e delle parrocchie di cui sono originari in Francia ciascuno dei missionari canonizzati e i vescovi che li accompagnano.

Auguro, cari fratelli e sorelle, che l'esempio ammirevole di questi pionieri e la loro intercessione fortifichino la fede delle vostre comunità, guidino la loro testimonianza coraggiosa, suscitino una nuova generosità missionaria e una solidarietà fraterna e approfondita con la Chiesa della Corea come con le altre giovani Chiese di oggi, che hanno bisogno del vostro aiuto, ma che vi donano il dinamismo della loro fede e il senso della Chiesa universale.

Data: 1984-10-14 Data estesa: Domenica 14 Ottobre 1984




Al Collegio nord-americano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rinnovate il vostro impegno al servizio del popolo di Dio

Testo:

Cari fratelli in Cristo.


1. So che l'occasione del nostro incontro di oggi ha grande importanza per tutti voi, alunni e studenti del Pontificio collegio nord-americano. E' il 125° anniversario della fondazione del vostro collegio! Nello stesso tempo, l'avvenimento che state celebrando a Roma ha profondo significato per la Chiesa degli Stati Uniti; è in un profondo rapporto con un lungo periodo nella storia del vostro Paese.

Oggi è veramente un giorno di riflessione, di gratitudine, e di rinnovata consacrazione di voi stessi al servizio del popolo di Dio in America.


2. Nella vostra riflessione voi starete certamente pensando al significato che il collegio ha per voi e per la Chiesa. E' immediatamente chiaro che la ragione dell'esistenza del collegio, e il suo destino, sono per sempre legati al mistero del sacerdozio ministeriale di nostro signore Gesù Cristo. Il collegio fu fondato in un dato momento della storia della vostra nazione e in circostanze molto diverse da quelle del nostro tempo, e tuttavia la sua finalità rimane la stessa: aiutare i giovani a prepararsi al sacerdozio. La sezione per i diplomati alla Casa di santa Maria, come anche l'Istituto per l'educazione teologica permanente, sono anch'essi legati allo stesso mistero di fede, poiché aiutano i sacerdoti ad esercitare il loro ministero di particolare servizio alla Chiesa d'America. E tutta l'educazione e la formazione ricevute avvengono nel contesto di un Collegio nazionale a Roma.

Per voi ciò implica molte cose. Significa avere il vantaggio di vivere in una comunità di sacerdoti o di seminaristi, e avere accesso allo studio disponibile nelle università romane. Significa essere testimoni, giorno dopo giorno, della tradizione viva della fede quale è proclamata nella Sede di Pietro.

La vostra situazione vi permette di vivere la realtà soprannaturale della comunione con la Chiesa di Roma e col Vescovo di Roma. E nell'esperienza ecclesiale di questa comunione, voi entrate ancora in un'altra realtà: voi fate esperienza della comunione con tutti coloro che sono a loro volta in comunione con la Chiesa di Roma.

Essere studenti nel vostro collegio significa essere partecipi - anche se in misura modesta - di un immenso scambio vitale tra le Chiese locali degli Stati Uniti e la Chiesa universale. Ognuno di voi porta a Roma un'esperienza vissuta di fede e di grazia, che - se unita con le esperienze vissute da altri individui della stessa cultura e di altre culture - costituisce un grande e prezioso contributo alla Chiesa che tutta la cristianità venera come "madre di tutte le Chiese". Attraverso di essa, poi, voi ponete i vostri talenti, i vostri intenti devoti, e tutta la generosità dei vostri cuori al servizio della Chiesa universale.

In questo atto di comunione ecclesiale, che per sua stessa natura deve essere aperto all'intero corpo di Cristo, voi stessi siete arricchiti dalla Sede di Pietro e confermati nella comunione ecclesiale con tutte le altre Chiese particolari, la cui identità è riconosciuta, protetta e garantita dal Vescovo di Roma. E il vostro personale arricchimento diviene allora un dono che voi siete incaricati di portare al vostro popolo, perché anch'esso possa progredire sempre più nell'esperienza della cattolicità. Riflettendo insieme qui, in questa città, sulla realtà che avete vissuto negli anni passati, o che state vivendo ora da studenti, vi accorgerete di essere in un'eccellente posizione per essere testimoni, personalmente o comunitariamente, davanti a tutti i vostri fratelli e sorelle delle vostre Chiese locali, del grande mistero dell'unità della Chiesa manifestata nella legittima diversità, vissuta in unità di fede e consumata nell'amore pronto al sacrificio.

Cari fratelli, questi sono i valori ai quali la vostra presenza oggi rende testimonianza. Siete venuti per proclamare la vostra adesione al sacerdozio cattolico nel mistero della Chiesa. Siete venuti per professare con tutta l'energia del vostro essere che voi credete nell'unità del corpo di Cristo che esiste nelle vostre Chiese locali, proprio perché sono cattoliche, unite nella comunione della Chiesa universale. E, si, credo che voi siate venuti - con i vostri cuori colmi dell'amore particolare acquistato a Roma - "per consultare Cefa" (Ga 1,18), per mostrare il vostro appoggio all'ufficio e alla persona del romano Pontefice, e, con il Concilio Vaticano II, per professare la fede della Chiesa secondo la quale, come successore di Pietro, egli è "il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità, sia dei vescovi sia della massa dei fedeli" (LG 23). Siate certi, cari fratelli, che il vostro atto di fede e la vostra testimonianza d'amore hanno grande valore per la vita della Chiesa e per l'efficacia del vostro ministero, e che io li apprezzo profondamente.


3. La vostra celebrazione giubilare è anche occasione di rendimento di grazie. Le memorie del vostro passato devono esprimersi in gratitudine: gratitudine ai pionieri del vostro collegio; a coloro che hanno indicato il cammino al tempo della sua fondazione da parte di Pio IX e si sono fatti carico del suo inizio e della sua crescita; a tutti coloro che hanno contribuito a formarvi nel mistero di Cristo. Con le parole della Lettera agli Ebrei (13,7): "Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede".

Un debito di gratitudine è dovuto ai vescovi degli Stati Uniti per la sollecitudine pastorale e la generosità che li ha spinti a mantenere il Collegio nord-americano negli anni, e per il loro devoto interesse, incoraggiamento e sostegno. La Santa Sede si unisce a voi, alunni e studenti, nell'esprimere profondo ringraziamento alla gerarchia del vostro Paese.

Nella vostra riflessione, certamente voi ricorderete tutti i vostri compagni di studio, vivi e morti, che nel vincolo di amicizia tanto fecero con la loro fraterna carità e il loro esempio individuale e comunitario per aiutarvi ad essere fedeli agli ideali evangelici del sacerdozio di Gesù Cristo. Anche questo è un debito che può essere sufficientemente ripagato soltanto nella preghiera. Nello stesso tempo voi dovete preservare, per il futuro del vostro collegio, la forza del sostegno fraterno e della reciproca, umile edificazione spirituale: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" ().

La vostra celebrazione è, innanzitutto, un'occasione per rendere grazie a Dio per tutto ciò che ha compiuto mediante il Collegio nord-americano come strumento della sua grazia nei trascorsi 125 anni. Generazioni di sacerdoti sono stati formati a immagine di Cristo mediante l'azione dello Spirito Santo. Un gran numero di apostoli è stato mandato a predicare il Vangelo negli Stati Uniti e a costruire nella carità, nella giustizia e nella verità la comunità dei fedeli. E' un onore rendere grazie per tutte le benedizioni elargite alla Chiesa degli Stati Uniti attraverso la vostra provvidenziale istituzione. E' tempo di rendere grazie alla santissima Trinità per le centinaia di vocazioni al sacerdozio, nutrite e sostenute dall'Eucaristia, dal sacramento della Penitenza e dalla parola di Dio, e protette nella costante lotta cristiana contro il peccato dalla sollecitudine amorevole dell'immacolata Vergine Maria.


4. Infine è giusto che nelle vostre celebrazioni voi rinnoviate la dedicazione di voi stessi al ministero del santo sacerdozio. Insieme con Maria, madre di Gesù e madre di tutti i sacerdoti, continuate ad ascoltare la parola salvifica di Dio, ad abbracciarla nelle vostre vite perché possiate proclamare fedelmente ed efficacemente la sua pienezza, nell'unità della Chiesa. A onore del vostro collegio e per i bisogni della vostra patria, rinnovo l'offerta delle vostre vite a Gesù Cristo, il Figlio di Dio e Sacerdote supremo del Nuovo Testamento. Il suo sacerdozio deve rimanere l'ideale della vostra giovinezza, il centro della vostra vita e la gioia del vostro cuore.

Cari fratelli, mentre riflettete, rendete grazie e rinnovate la dedicazione di voi stessi a ciò che vi ha preceduti, ricordate sempre: "Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!" (He 13,8). E' a lui che appartiene la vostra vita. Soltanto lui spiega esaurientemente la storia passata, l'esistenza presente e il futuro destino del Pontificio collegio nord-americano. Ed è nel suo amore che voi dovete rimanere saldi, per servire il popolo di Dio che è in America: il cuore di ciascuno di voi stia saldo per sempre nel suo amore, secondo il motto del vostro collegio: "Firmum est cor meum"!

Data: 1984-10-15 Data estesa: Lunedi 15 Ottobre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Al clero, all'università Sacro Cuore - San Juan (Porto Rico)