GPII 1984 Insegnamenti - All'assemblea staordinaria della Conferenza episcopale italiana

All'assemblea staordinaria della Conferenza episcopale italiana

Titolo: Il contributo specifico della Chiesa per una libera e giusta convivenza sociale

Testo:

Signori cardinali e voi tutti, venerabili fratelli della Conferenza episcopale italiana.


1. Vi saluto con intenso affetto ed intima gioia, dicendovi con san Paolo: "Grazie a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Voi siete in questi giorni riuniti per un'assemblea generale straordinaria nella quale siete chiamati ad affrontare argomenti molto importanti, che impegnano intensamente la vostra sollecitudine di pastori, in un momento della vita italiana destinato ad avere una grande incidenza sull'avvenire.

Ciascuno di voi è ben consapevole del rilievo che il presente periodo ha nella vita della nazione. Ne è consapevole con voi anche il Successore di Pietro, il quale, in virtù del suo ufficio di Vescovo di Roma, ha un singolare legame di ordine ecclesiologico, oltre che storico, con le Chiese particolari che sono in Italia: legame che deriva dall'intrecciarsi dell'ufficio di Successore di Pietro con quello di Vescovo di una diocesi italiana, Roma. Ne consegue, per il Papa, una particolare responsabilità nell'espletare insieme con l'episcopato italiano un adeguato servizio al Vangelo nella nazione italiana, ben sapendo che l'uomo trova la salvezza soltanto nella verità fatta a noi conoscere dalla divina rivelazione, che in Cristo si è compiuta.


2. Tra gli argomenti all'ordine del giorno della vostra assemblea straordinaria voglio sottolineare in modo particolare la preparazione al secondo convegno ecclesiale, in programma per la prossima primavera, sul tema "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini".

Il convegno sarà il punto di arrivo di un lungo cammino di riflessione: esso dovrà indicare una traiettoria comune di marcia ed offrire una fonte di ispirazione per gli anni che verranno. Esso non mancherà inoltre di dare applicazione concreta alle indicazioni del Sinodo dei vescovi celebrato un anno fa.

So che la preparazione è all'opera su molti fronti e coinvolge attivamente tutte le componenti della vita italiana. Ne sono lieto, perché il convegno, come espressione di Chiesa, dovrà ospitare in sé tutte le molteplici forze della Chiesa in Italia, che operano e vivono in comunione con essa soprattutto nei momenti più difficili.

Il mio voto e la mia preghiera al Signore sono che lo Spirito del Cristo risorto si effonda copiosamente su voi e sulle vostre Chiese, perché diventino realmente segno e strumento di unità e di riconciliazione, secondo le grandi indicazioni del Concilio (cfr. LG 1), per tutta la comunità degli uomini.


3. Tema luminoso e inesauribile quello della riconciliazione cristiana! Si esprime qui in maniera esistenziale e interpersonale il nucleo germinale della vita secondo il Vangelo, la quale tende per natura sua a espandersi e a coinvolgere liberamente tutti gli uomini. Il convegno, pertanto, dovrebbe innanzitutto far risuonare alto nella società l'annuncio sempre nuovo della riconciliazione e dell'amore, offerti da Dio a ciascun uomo: "Pace in terra agli uomini che Dio ama!" (Lc 2,14). Il convegno ha da essere un momento di intensa meditazione e di assimilazione spirituale di questo messaggio: mentre eravamo peccatori e lontani, Dio ci ha amato e ci ha riconciliati a sé in Cristo rendendoci partecipi del suo Santo Spirito (cfr. Rm 5,5-10), e ci invita oggi a vivere questa riconciliazione in noi e ad estenderla ad altri, cominciando da quelli che ci sono vicini, fino a raggiungere le persone più lontane.

Sarà quindi vostro compito cercare gli ambiti di applicazione del dono della riconciliazione: voi infatti avete ricevuto "il ministero (la diaconia) della riconciliazione" ed a voi è stata affidata "la parola della riconciliazione" (2Co 5,18-20).

Rinnovamento nello spirito


4. Il primo ambito è certamente quello della vita personale. Nel contesto della società contemporanea non emerge sempre in tutta la necessaria evidenza la specifica qualità di vita e di comportamento di chi si dichiara discepolo di Cristo. Qui dunque deve essere il punto di partenza: un rinnovamento nello spirito, dal quale traspaia la novità della vita cristiana, che san Paolo fa derivare precisamente dall'esperienza del dono della riconciliazione: "Se uno è in Cristo è creatura nuova; le vecchie cose sono passate, ecco ne sono nate di nuove.

Ma tutto è da Dio che ci ha riconciliato a sé in Cristo" (2Co 5,17-18).

Dal cuore e dalla vita del singolo la riconciliazione si estenderà all'ambito della famiglia, proiettandosi nei rapporti tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra giovani e anziani, tra malati e sani. Voi sapete che per ciascuna di queste categorie vi sono oggi, nel tessuto della famiglia, lacerazioni e sofferenze che invocano la medicina della riconciliazione cristiana.

La famiglia, che vede minacciata la sua stabilità spesso fin dal suo costituirsi e mortificati i suoi valori etici ed i suoi fini, deve essere oggetto di attenta e premurosa cura pastorale, perché ritorni ad essere considerata come prima e fondamentale cellula della società, e - per usare le parole del Concilio - "veluti ecclesia domestica".

Riconciliazione nella comunità ecclesiale


5. Un ambito successivo che la riconciliazione deve raggiungere è quello della comunità ecclesiale, "corpo di Cristo" e "campo di Dio" (cfr. 1Co 12,37 1Co 3,9).

Quante premure ha dedicato san Paolo alla riconciliazione e comunione nella Chiesa! "So - scrive l'apostolo ai corinzi - che vi sono contese tra voi... Ma forse Cristo è diviso?" (1Co 1,11 1Co 1,13). "Abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi" (2Co 13,11). L'apostolo parla del corpo che "ha molte membra, ma tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo: così anche Cristo" (1Co 12,12-13). Del resto, risuona sempre come monito per noi la commossa preghiera di Gesù: "Ut unum sint, che tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda" (Jn 17,21).

Toccherà a voi, pastori della Chiesa che è in Italia, individuare secondo verità e carità i punti di tensione, di insufficiente comunione, di possibile divisione nel tessuto ecclesiale, per impegnarvi a propiziare in quei settori - con la preghiera, con la parola, con l'azione - il dono della riconciliazione, non mancando di sottolineare che la riconciliazione esige l'adesione alla verità, autenticamente proposta dal magistero, l'impegno di rispettare sempre la comunione ecclesiale, e la sincera conversione del cuore. La conversione, infatti, comporta il rifiuto del peccato e il ritorno alla piena amicizia con Dio e con i fratelli, grazie all'opera redentrice di Cristo esercitata mediante la Chiesa. Essa comprende, quindi, non solo il sincero pentimento interiore, ma anche la leale partecipazione alla comunione ecclesiale in tutte le sue esigenze.

A consolidare tale unità, che è insieme interiore e visibile, della comunità ecclesiale, sono destinate le "sacrae disciplinae leges", contenute nel Codice di diritto canonico, promulgato lo scorso anno; esse postulano in diverse materie le decisioni dei singoli episcopati per diventare immediatamente operative. Gioveranno, inoltre, a quel fondamentale scopo anche le norme dello statuto, a cui state dando gli ultimi ritocchi. perciò anche le scelte che voi farete in questa materia, sono finalizzate ad assicurare l'unità organica del corpo ecclesiale.

Dare vigore alle radici morali e religiose


6. La comunità cristiana che, grazie alla conversione, supera le divisioni e le contrapposizioni, talvolta artificiose, e vive la sua unità interiore e visibile nella pluralità dei doni in essa diffusi dallo Spirito Santo, è in se stessa un annuncio ed una testimonianza di riconciliazione fra gli uomini.

Voi, pastori, conoscete come pochi altri le situazioni di "irriconciliazione" della società che ci circonda: esse vanno dall'indifferenza verso il proprio vicino e fratello, alla diffidenza, al sospetto, alla divisione, al disprezzo, alla conflittualità aperta e non di rado alla violenza. In questa società Dio ha affidato alla sua Chiesa e a voi in particolare, venerabili fratelli, il "servizio della riconciliazione" (2Co 5,18). Fatevene carico generosamente! Possano i vostri fedeli trovare in voi le guide sicure di una rinnovata dedizione alla causa del bene comune della società, dando vigore alle radici morali e religiose dei grandi valori della dignità e dei diritti dell'uomo, della giustizia, della solidarietà, della pace. La Chiesa ha recato, nel corso dei secoli, un contributo importante in tali campi, meritando il riconoscimento e la gratitudine degli spiriti illuminati ed onesti. Anche nella presente situazione essa è in grado di offrire un proprio apporto specifico per la ricomposizione della vita della società italiana, sulla base di quei valori morali di cui il cristianesimo è portatore e deve continuare ad essere tenace assertore. Vi sono numerosi segnali di un crescente riconoscimento del ruolo pacificatore che la Chiesa può svolgere a beneficio della nazione. Sono attese che è nostra grave responsabilità non lasciare andare deluse. La parola di Cristo, a noi affidata perché ne siamo servi fedeli e coraggiosi, è la vera base su cui è possibile fondare la presenza dei cristiani nella società italiana ed il loro concorde impegno per l'edificazione di quella convivenza libera e giusta, che è sinonimo di vera civiltà.

Parlando a voi in questo momento non posso dimenticare che la Chiesa di Dio ha visto sorgere in Italia figure di santi che hanno operato per la riconciliazione al punto di diventare luminosi emblemi di essa. Voglio ricordare in particolare san Francesco d'Assisi e santa Caterina da Siena, entrambi patroni d'Italia. Siano essi auspici e patroni del convegno ecclesiale, e lo sia in modo speciale la Vergine Maria, presso il cui santuario di Loreto vi raccoglierete: ella è stata la Madre di colui "nel quale siamo stati riconciliati" (cfr. Rm 5,10).

Salvezza e perdono


7. Vorrei poi raccomandare a voi ed ai vostri sacerdoti l'annuncio del Vangelo della salvezza e del perdono.

L'opera di evangelizzazione, la catechesi, l'insegnamento religioso, sono ordinati alla nascita, alla crescita, al corroboramento dell'"uomo nuovo", "creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità", e quindi allo sviluppo del corpo mistico di Cristo.

Deve inoltre valutarsi in tutta la sua importanza l'insegnamento della religione cattolica nella scuola statale, secondo la nuova situazione giuridica, venutasi a determinare a seguito dell'accordo della Santa Sede con lo Stato italiano del 18 febbraio 1984.

Pur essendo distinto dalla catechesi propriamente detta, tale insegnamento è ad essa completamente e con essa intimamente connesso, in ragione dell'identico soggetto cui l'uno e l'altro sono destinati, cioè l'alunno, e dell'identico contenuto oggettivo, su cui l'una e l'altro vertono: il discorso formativo secondo tutte le dimensioni della personalità dell'alunno.

"L'insegnamento religioso" - come ho già avuto occasione di dire - "può essere considerato sia come una qualificata premessa alla catechesi, sia come una riflessione ulteriore sui contenuti della catechesi ormai acquisiti" (L'Osservatore Romano, 7 marzo 1981; cfr. La Traccia 1981, n. 3, p. 199, § 3).

Esso è un vero insegnamento e, perciò, è caratterizzato dagli obiettivi e dai criteri propri di una struttura scolastica. Ma è un insegnamento della religione callolica e, perciò, ha per oggetto il messaggio cristiano in tutta la sua integrità, proposto dalla Chiesa cattolica ed in nome di essa e, quindi, garantito dall'autorità ecclesiastica quanto alla scelta sia dei testi che degli insegnanti.

Quest'insegnamento, pur partendo da un dato di fede ed essendo quindi un discorso sulla fede, è offerto a tutti coloro che vogliono avvalersene, in ordine a decisioni mature e consapevoli riguardo al problema religioso.

La nuova situazione giuridica impegna, da un lato la responsabilità dei genitori e degli alunni cattolici chiamati ad esercitare il loro diritto di scelta su richiesta dell'autorità scolastica, dall'altro quella dei pastori e degli insegnanti laici, chiamati ad offrire un servizio sempre più qualificato. Al riguardo è da lodare ogni iniziativa intesa a sensibilizzare le famiglie, gli studenti ed i docenti affinché si avvalgano dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola statale.

Nel campo della catechesi, più in particolare, sono sicuro che non mancherete di studiare criteri precisi per la verifica dei testi di catechismo.


8. In questa prospettiva appare in tutto il suo inestimabile valore per la formazione delle coscienze e, quindi, per il miglioramento della società religiosa e civile, l'opera del clero italiano, impegnato nei vari campi dell'apostolato, specialmente in quello della gioventù.

E' grazie all'impegno ed ai sacrifici dei sacerdoti nei piccoli paesi di montagna, nelle grandi parrocchie delle città, nelle scuole, nelle associazioni, nei movimenti, nelle opere sociali che si consolida e cresce il regno di Dio in Italia.

Dobbiamo loro gratitudine, incoraggiamento e sostegno. E riconoscenza e sostegno deve ad essi non solo la comunità religiosa, ma anche la società civile.

In questi ultimi mesi l'opinione pubblica ha seguito con interesse la revisione delle norme che riguardano il riconoscimento civile delle opere ecclesiastiche, vitalmente inserite nel tessuto della società italiana, le quali non si propongono soltanto fini di culto ma svolgono anche attività di carità e di educazione, secondo la ricchezza di contenuti propria della missione religiosa della Chiesa. Ugualmente l'interesse è stato attirato dalla riforma del sistema di sostentamento del clero. La Santa Sede segue con grande sollecitudine tali questioni e manifesta la sua solidarietà all'episcopato italiano, impegnato a trovare adeguate soluzioni nello spirito delle indicazioni del Concilio Vaticano II e del nuovo Codice di diritto canonico.

Ai sacerdoti d'Italia desidero infine assicurare che i loro vescovi, e con essi il Papa, sono loro vicini, condividono le loro ansie e le loro gioie, invitano la comunità cristiana ad amarli ed aiutarli, a seguirne gli insegnamenti e gli esempi, ed auspicando che anche la società civile concretamente apprezzi e riconosca il benefico influsso della loro opera nella storia e nella vita dell'Italia.

Nell'affidare questi voti alla vigile ed amorevole provvidenza di Dio, invoco la sua continua assistenza sulle vostre persone e sui vostri sforzi, mentre a tutti imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1984-10-25 Data estesa: Giovedi 25 Ottobre 1984




Per l'inizio dell'anno accademico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accrescere alla fonte della sapienza i doni del Signore

Testo:


1. Sulla soglia del nuovo anno accademico saluto con tutto il cuore i superiori della Congregazione per l'educazione cattolica e i rappresentanti degli atenei cattolici di Roma: le comunità composte dai docenti e dagli studenti delle Pontificie università Gregoriana, Lateranense, Urbaniana, di San Tommaso d'Aquino, Salesiana e dei Pontifici atenei di Sant'Anselmo, Antonianum e delle altre facoltà teologiche e istituti di studi. A tutti esprimo il cordiale benvenuto in questa basilica che sorge sopra la tomba di san Pietro.


2. Ci incontriamo presso l'altare, che è il luogo del sacrificio. Nell'Eucaristia vogliamo offrire tutto ciò che compone l'insieme del nuovo periodo degli studi nei nostri "atenei". Questo "insieme" costituisce una "parte" importante della vita di questa Chiesa che è a Roma e che si raccoglie intorno al suo vescovo, ma anche della vita di tutta la Chiesa.

Idealmente sono invitati a unirsi a questa odierna comunità di preghiera e di sacrificio tutti gli atenei cattolici sparsi nel mondo. Col pensiero rivolto a tutti canteremo "Veni Creator Spiritus", chiedendo la luce e la potenza dell'alto per le nostre comunità.


3. Noi ci incontriamo, per ascoltare - nella liturgia della parola di Dio - la parabola dei talenti. Per meditarla ancora una volta. In questa parabola è nascosta una profonda e vasta analogia. Il talento di cui parla Gesù è una moneta, un denaro, una cosa. Verbalmente quindi le parole del Maestro di Nazaret riguardano l'ordine delle cose: l'ordine economico.

Oggi non è più in corso il denaro chiamato "talento". Il termine "talento" significa invece un attributo o una qualità dell'uomo. L'attributo del corpo, della mente o del cuore. Dall'ordine delle cose è stato trasferito all'ordine della persona.

Le parole della parabola di Cristo indicano, del resto, chiaramente quest'ordine. Non l'"economia del denaro", ma l'"economia dell'uomo", è il tema proprio della parabola. Anzi: l'"economia della salvezza".


4. Bisogna quindi che quest'"insieme" che è davanti a noi, e che forma l'anno accademico, noi lo mettiamo nei limiti dell'economia dell'uomo. Anzi, che mettiamo quest'"insieme" nei limiti dell'economia della salvezza. A questo ci invita l'odierna liturgia. Seguiamo fin dall'inizio questa chiamata.


5. Gli atenei, le università, le facoltà, gli istituti sono un ambiente particolare. Quest'ambiente è destinato, per natura sua, a compiere in sé la moltiplicazione dei talenti: sia dei talenti che corrispondono alla vocazione degli studiosi e dei professori; sia anche di quelli che corrispondono alla vocazione degli studenti.

Qui si tratta, in un certo senso, di due diversi "livelli", di due diverse "metodologie", che tuttavia sono profondamente congiunti e coerenti. così dunque è necessario che a ciascuno di questi livelli, e insieme nella dimensione della loro interdipendenza, si compiano le parole della parabola: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque" (Mt 25,20).

"Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due" (Mt 25,22).


6. Rimane ancora la questione di "un solo talento", di quello nascosto sottoterra.

Un esegeta così spiega le parole: "A chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha" (Mt 25,29): "Dio accresce la grazia a chi la mette a frutto e la ritira a chi la lascia inerte" (S. Garofalo, "La Sacra Bibbia", III, p. 84).


7. così dunque la questione dei talenti - quindi anche degli studi - si colloca nella dimensione di ciò che si potrebbe chiamare un essenziale "dramma dell'uomo".

E' la questione dell'uso che egli fa di ciò che gli è stato "dato" nella sua irripetibile umanità, di ciò che gli è stato, al tempo stesso, assegnato come compito: "assegnato come compito" nelle dimensioni della vita che contemporaneamente è una vocazione; "assegnato come compito" nelle dimensioni della storia che, in definitiva, è la "storia della salvezza".


8. Su questo sfondo acquistano piena chiarezza le parole del Libro del Siracide della prima lettura: "Beato l'uomo che medita sulla sapienza e ragiona con l'intelligenza, considera nel cuore le sue vie, ne penetra con la mente i segreti" (Si 14,20-21).

L'autore del libro si esprime col linguaggio poetico della metafora, quando, parlando della sapienza, invita a inseguirla "come uno che segue una pista..." / a spiare "alle sue finestre..." / ad "ascoltare alla sua porta..." / a fare "sosta vicino alla sua casa" / a soggiornare "sotto i suoi rami" (Si 14,22-2

4.26).

E a quelli che si comportano così nei riguardi della sapienza, egli promette che essa "gli andrà incontro come una madre, / l'accoglierà come una vergine sposa; / lo nutrirà con il pane dell'intelligenza, / lo disseterà con l'acqua della sapienza. / Egli si appoggerà su di lei e non vacillerà. / Si affiderà a lei e non resterà confuso" (Si 15,2-4).


9. "Ecco, ne ha guadagnati altri cinque... Vedi, ne ho guadagnati altri due...".

L'accrescimento dei talenti è un'opera della sapienza. Collaborando con essa, diventiamo partecipi delle ricchezze nascoste nell'uomo, nell'uomo intero: corpo, mente, cuore.

I talenti evangelici si sviluppano nei raggi della sapienza che è da Dio, che è Dio in se stesso, e che è in Dio "per l'uomo". Bisogna quindi ponderare costantemente nella propria anima ciò che è "dato" e ciò che è "assegnato come compito": il dono e la chiamata. Bisogna "ponderarlo" sempre di nuovo; specialmente quando inizia una tappa nuova; nel nostro caso, all'inizio di un nuovo anno accademico.

"Sei stato fedele nel poco, ti daro autorità su molto" (Mt 25,21). Sei stato fedele? Hai deciso di essere fedele?


10. Cari fratelli e sorelle! Meditiamo la parola di Dio nell'odierna liturgia.

Meditiamo sulla parabola dei talenti. Scopriamo in essa il dono e la chiamata che il nuovo anno accademico porta con sé. Gridiamo dal profondo delle nostre anime: "Veni Creator Spiritus". I talenti si sviluppano sotto il soffio della divina sapienza e conducono alla sapienza.

Data: 1984-10-26 Data estesa: Venerdi 26 Ottobre 1984




Ai vescovi delle Antille in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Difendere e proclamare la visione cristiana della vita

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. In voi e attraverso di voi saluto tutti coloro che compongono la Chiesa nella vasta area dei Caraibi, dove siete chiamati da Dio ad esercitare il ministero pastorale: "Grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore" (Tt 1,4).

Il nostro riunirci oggi è espressione della grande realtà dell'unità cattolica nella provincia ecclesiastica di Port-of-Spain, Kingston, Castries e Fort-de-France. Questa unità cattolica è una caratteristica della Chiesa universale e, nello stesso tempo, è autenticamente vissuta in tutte le Chiese locali che voi rappresentate. La vostra presenza qui è una bella testimonianza dell'unica Chiesa costituita da "uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5,9). Attraverso questa unità cattolica voi rendete anche testimonianza alla fratellanza dei popoli, mostrando che i loro destini sono strettamente uniti l'uno all'altro. Inoltre, esemplificando il grande valore della solidarietà fraterna, voi mostrate l'efficacia della stretta collaborazione per la causa del Vangelo di Cristo.


2. Dall'ultima visita "ad limina" dei vescovi delle Antille, nel maggio 1979, ci sono stati molti cambiamenti nella vostra vita e nella vita del vostro popolo.

Cinque di voi sono stati designati all'episcopato e sono stati ordinati vescovi.

Quattro nuovi Stati hanno avuto accesso all'indipendenza: Saint Vincent e le Grenadines, Belize, Antigua e Barbuda, e Saint Kitts-Nevis. In aggiunta alle relazioni diplomatiche già esistenti tra la Santa Sede e la repubblica di Trinidad e Tobago, Grenada e Barbados, sono state stabilite relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e altre cinque nazioni: Giamaica, Bahamas, Dominica, Belize e Saint-Lucia. Inoltre, la provincia ecclesiastica di Fort-de-France è stata incorporata nell'area della Conferenza episcopale delle Antille. L'anno scorso ho avuto la gioia di poter compiere una breve visita nel Belize, come avevo precedentemente fatto nelle Bahamas, e come spero di fare l'anno prossimo a Port-of-Spain. Con l'aiuto di Dio spero di poter accettare in seguito gli altri inviti che mi sono stati rivolti.

Ricordo queste considerazioni e questi avvenimenti per assicurarvi ancora una volta della mia partecipazione a tutte le vostre sollecitudini pastorali e della mia vicinanza nel vostro zelante servizio al vostro popolo.

Desidero esprimervi i miei sentimenti di amore fraterno e di sostegno in Cristo.

Voglio che voi e i vostri sacerdoti conosciate la mia gratitudine "a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Tt 1,5). Vi ringrazio per tutti gli sforzi nel condurre il vostro popolo alla pienezza della sua vocazione cristiana in santità di vita.


3. Noi stessi, in questo momento, stiamo celebrando l'unità alla Chiesa nella nostra profonda comunione gerarchica. E' mia preghiera che questa celebrazione vi rafforzi nell'importante missione di presentare la Chiesa nelle Antille come "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Vivendo, come vescovi, nella fede e nell'amore, il mistero dell'unità della Chiesa e riflettendo insieme sul suo significato, noi riceviamo il potere di proclamarlo, di preservarlo, di rafforzarlo. E quest'unità è modellata sull'unità della santissima Trinità, un'unità che dev'essere vissuta da tutto il popolo di Dio.


4. Vi sono grato per tutte le vostre iniziative volte a promuovere un'elevata visione cristiana della persona umana, creata a immagine di Dio e destinata a partecipare in pienezza dell'unità della santissima Trinità. Sono con voi ogni volta che insistete sulla dignità umana, sul rispetto della vita umana e dei diritti umani, sulla necessità della liberazione da tutto ciò che ostacola o offende il rapporto dell'uomo con Dio. E' realmente compito del pastore proclamare per ogni individuo, donna o uomo, la pienezza della sua dignità in Cristo, la dignità del suo essere figlio di Dio, erede del cielo, la necessità di vivere secondo il piano di Dio e di partecipare alla vita sacramentale della Chiesa.

Nei vostri zelanti sforzi per promuovere la giustizia e la pace, la vera libertà e lo sviluppo del popolo dei Caraibi, voi avete tutto il sostegno della Santa Sede e dei vostri fratelli vescovi di tutto il mondo. Il Concilio Vaticano II ha chiamato tutta la Chiesa a proclamare e vivere le esigenze del Vangelo d'amore di Cristo.


5. E' incoraggiante notare come lo Spirito Santo sia sempre attivo nei giovani e come non abbandoni la Chiesa. Per alcune vostre Chiese locali la grazia di Dio ha di recente fornito e incrementato vocazioni al sacerdozio e per questo, come pastori, dobbiamo essere profondamente grati. E' grande responsabilità dei vescovi assicurare a questi giovani la miglior formazione possibile. I programmi del seminario, per gli anni a venire, influenzeranno tutta la vita e il progresso della Chiesa nei Caraibi. La Santa Sede ha un interesse e una sollecitudine speciale per la formazione dei seminaristi in tutto il mondo, proprio perché grande è la posta in gioco. Ci sono molti aspetti nella preparazione al sacerdozio, ma nessuno è più importante di un'autentica formazione nella parola di Dio, quale è proclamata dalla Chiesa e interpretata dal suo magistero.


6. Nell'ambito dei vostri impegni pastorali voi avete la possibilità, giorno dopo giorno, anno dopo anno, di dare testimonianza dell'importanza che la Chiesa attribuisce all'ecumenismo. L'impegno del Concilio Vaticano II è irrevocabile perché corrisponde alla volontà di Dio e alla preghiera di Cristo. A questo proposito, il valore della preghiera e la necessità della conversione e della purificazione sono stati ripetutamente sottolineati e così dev'essere sempre fatto. La sfida dell'ecumenismo è una chiamata alla santità. E poiché ciò richiede fedeltà al piano di Dio per la sua Chiesa, non ci può essere unità senza verità e carità. Nel lungo cammino verso la perfetta unità, la collaborazione fraterna e sincera alla causa del Vangelo rimane un segno indispensabile di autentica discepolanza.


7. A questo punto dell'evangelizzazione del vostro popolo, so quanto voi fate affidamento sul laicato cattolico e quanta speranza avete riposto in esso. Le vostre aspirazioni corrispondono pienamente a quelle dell'intera Chiesa e si riflettono nel desiderio che il prossimo Sinodo dei vescovi sia dedicato alla vocazione e alla missione dei laici.

Continuando ad essere formati dalla parola di Dio e nutriti dai sacramenti di Cristo i laici potranno essere sempre più efficienti nel loro compito di evangelizzare il mondo e di permeare dello spirito del Vangelo l'ordine temporale. Perché, comunque, i laici possano adeguatamente adempiere alla loro vocazione, è estremamente importante il ruolo del clero. Ma è soltanto un laicato ben formato che, a sua volta, può donare vocazioni sacerdotali e religiose alla Chiesa.


8. Desidero offrirvi una parola di speciale incoraggiamento per tutte le vostre attività apostoliche a favore della famiglia. Nel proclamare il piano di Dio per la famiglia voi vi siete anche preoccupati di aiutare i fedeli a raggiungere il traguardo che Dio ha stabilito per loro. Siate certi che tutti i vostri sforzi per esaltare l'amore umano e per difendere la vita umana sono un grande servizio all'umanità. I programmi finalizzati a preparare i giovani al matrimonio sono molto lodevoli, come lo sono le iniziative volte a promuovere la pianificazione naturale della famiglia. Nello scoprire la giusta connessione tra gli aspetti unitivi e procreativi dell'amore umano, molte coppie scopriranno, contemporaneamente, maggiore felicità e appagamento nel piano di Dio. Il bene della famiglia nei Caraibi è davvero degno di tutta la vostra energia pastorale.


9. Al centro della comunità cristiana vi è la celebrazione della sacra liturgia e in particolare del sacrificio eucaristico. La realizzazione umana e cristiana richiede assolutamente il culto di Dio, la comunione con lui e l'esperienza del suo amore. L'importanza della messa domenicale per la vitalità di una Chiesa locale dev'essere messa ben in evidenza. A questo proposito vorrei ricordarvi le parole che vi ho rivolto in occasione della vostra visita "ad limina": "Vi chiedo di ricordare ai vostri fedeli quale reale privilegio sia per loro radunarsi in assemblea per la messa domenicale, essere uniti a Cristo nell'adorazione del Padre. La messa domenicale è realmente di primaria importanza nella vita dei fedeli, non nel senso che le altre loro attività sono prive di importanza e di significato nella vita cristiana, ma piuttosto nel senso che la messa domenicale sostiene, nobilita e santifica tutto ciò che essi fanno nel corso della settimana".


10. Venerabili fratelli nell'episcopato, molte volte ho espresso la stima della Chiesa per la vita religiosa, il suo amore per gli uomini e le donne consacrati: sacerdoti, religiosi e religiose. So ciò che essi rappresentano per voi e per l'evangelizzazione nelle vostre diocesi. Con voi, io li ringrazio per quello che sono e per ciò che fanno per il regno di Dio. E domando loro di continuare a testimoniare l'amore di Cristo mediante la loro fedeltà ai consigli evangelici, mediante la loro generosa consacrazione a Gesù Cristo. In modo particolare, mi rivolgo a coloro che si dedicano ai compiti dell'educazione, incoraggiandoli a continuare ad aiutare i giovani a scoprire Cristo e a vivere in lui, per assicurare l'evangelizzazione delle future generazioni.


11. Cari fratelli nell'episcopato, considerando con voi la vita ecclesiale delle vostre comunità locali, non possiamo non vedere i problemi e le sfide, le gioie e le speranze che esse portano con sé. Ma, nello stesso tempo, non possiamo non unirci in un grande atto di fede nella grazia di Dio, nella potenza del mistero pasquale, e nei meriti infiniti di Gesù Cristo. E' lui, Gesù Cristo, il Buon Pastore, il Figlio di Dio, il Verbo eterno fatto carne, è lui che guida la sua Chiesa, che provvede ai suoi bisogni, che sostiene la sua fede e la conduce alla vita eterna.

Il grande privilegio dell'episcopato è quello di avere parte alla missione pastorale dell'unico "Pastore dei pastori" della Chiesa (1P 5,4). E' nel suo nome che noi proclamiamo il Vangelo della salvezza e che costruiamo la Chiesa.

La nostra fiducia è in lui soltanto e nella sua potenza.

Affidiamo questa attività di importanza vitale, questo nostro ministero pastorale, nelle mani di Maria, Madre del nostro Signore Gesù Cristo e Madre della sua Chiesa.

Data: 1984-10-27 Data estesa: Sabato 27 Ottobre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - All'assemblea staordinaria della Conferenza episcopale italiana