GPII 1984 Insegnamenti - Al Patriarca della Chiesa assira - Città del Vaticano (Roma)

Al Patriarca della Chiesa assira - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costruire l'unità e impegnarsi per superare i conflitti

Testo:

Vostra santità, l'amore che unisce tutti i discepoli di Cristo vi ha spinto a rendere visita alla Chiesa di Roma e al suo Pastore. Non ho dimenticato che voi eravate presente alla messa inaugurale del mio ministero di Vescovo di Roma. Vi rivolgo oggi un cordiale benvenuto. Dopo lunghi secoli di separazione le nostre Chiese si stanno riavvicinando, perché "il Signore dei secoli, il quale con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato ad effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l'interiore ravvedimento e il desiderio dell'unione" (UR 1). E' in lui, l'unico Signore di tutti, che noi poniamo la nostra speranza di poter vedere un giorno ristabilita la piena comunione tra di noi.

La vostra Chiesa, fondata nell'antica Mesopotamia, si è radicata nella rivelazione biblica ed è annoverata tra le più antiche Chiese d'Oriente. I tesori di fede che abbiamo in comune sono tali che ciò che già ci unisce è più forte e più grande di ciò che ancora di separa. Ma è necessario chiarire le incomprensioni e infine risolvere le differenze che potrebbero ancora permanere tra di noi.

Facendo questo, possiamo avanzare verso la piena comunione, e così lavorare perché attraverso la fervente preghiera e il dialogo fraterno, noi possiamo rispondere al desiderio di Cristo, che così pregava: "Che tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda" (Jn 17,21).

So che in molti luoghi il clero e i fedeli delle nostre Chiese vivono in amichevole armonia, cercando, in condizioni talvolta difficili, di rendere testimonianza comune al Vangelo di Cristo. Voi avete in comune con i cattolici del Patriarcato caldeo una prestigiosa storia missionaria, la testimonianza e l'insegnamento di numerosi santi, il coraggioso esempio di molti martiri e un ricco patrimonio teologico, liturgico e spirituale. Mio desiderio è che un'eredità come questa possa essere per tutti un invito continuo a pregare e a lavorare affinché l'unità visibile del corpo di Cristo possa essere ristabilita.

Al fine di contribuire a questo grande proposito, i pastori e i fedeli sono chiamati a una costante conversione del cuore, perché ogni Chiesa porti la forza della sua carità e la ricchezza del suo patrimonio all'edificazione dell'unica Chiesa di Dio.

Vostra santità viene da una regione dove una terribile guerra ha per molti anni gettato il popolo nella sofferenza e nel dolore. Non cesso di essere preoccupato per questa tragedia, e vi assicuro che la Sede apostolica sta usando tutti i mezzi a sua disposizione al fine di contribuire ad un rapido ristabilimento della pace.

Con voi chiedo al Signore di suscitare tra i fedeli delle nostre Chiese e tra tutti gli uomini di buona volontà degli operatori di pace, affinché ovunque nel mondo l'umanità possa vivere nella pace e nella dignità.

Prego anche gli apostoli Pietro e Paolo, che voi siete venuti a venerare a Roma, perché per loro intercessione il Signore effonda le sue abbondanti benedizioni su di voi e su tutto il popolo affidato alla vostra cura pastorale.

Data: 1984-11-08 Data estesa: Giovedi 8 Novembre 1984




A vescovi cileni in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riconciliazione, unica via per promuovere la pace in Cile

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Ricevendovi oggi in occasione della vostra visita "ad limina apostolorum", vi saluto fraternamente, amati pastori della Chiesa di Dio in Cile. Conosco il vostro zelo e l'impegno ecclesiale che mi fanno rendere grazie al Signore, mentre vi porgo il più cordiale benvenuto a questo incontro.

Con voi desidero salutare anche tutti i fedeli delle vostre diocesi o vicariati, dato che questa visita è l'espressione di una profonda comunione tra le vostre comunità cristiane e la sede di Pietro. In questo clima di scambio di informazioni ed esperienze voglio rispondervi con l'affetto cordiale che nasce dalla "sollecitudine di tutte le Chiese" (cfr. 2Co 11,28).

Recentemente ho avuto l'opportunità di proporre al primo gruppo di vescovi cileni alcuni temi pastorali che ritenevo di particolare importanza e attualità. Desidero che consideriate quelle parole dirette anche a voi, e spero che le parole che ora pronuncero vengano considerate dai vostri fratelli vescovi come validi orientamenti per loro stessi. In entrambi i casi il mio pensiero si rivolge anche, per quanto li concerne, ai sacerdoti, diaconi e incaricati della pastorale.


2. In questo momento di comunione con la Chiesa di Roma "con cui necessariamente deve concordare ogni Chiesa" (sant'Ireneo, "Adversus haereses", III, 3,2: PG 7, 848), voglio proporvi alcune riflessioni circa il ministero della parola che vi è stato affidato tramite l'ordinazione episcopale (cfr. LG 21) e che è uno dei compiti principali dei vescovi (cfr. LG 25 CD 12).

Oggigiorno, di fronte all'umanesimo autosufficiente che con frequenza prescinde da Dio; di fronte a chi dimentica la condizione peregrinante dell'uomo sulla terra; di fronte a dottrine e comportamenti personali e sociali incompatibili con la morale del Vangelo, è necessario che i fedeli trovino nei loro pastori prima di tutto la luce della fede e dell'insegnamento, che hanno diritto di ricevere con abbondanza e in tutta la sua purezza (cfr. LG 37).

Voi, in virtù del compito episcopale, siete testimoni autentici del Vangelo e maestri non delle scienze umane - pur rispettabili che siano - ma della verità contenuta nella rivelazione, di cui si nutre e deve sempre nutrirsi il vostro magistero. Per poter far fronte alle sfide del presente, bisogna che la Chiesa appaia, a ogni livello, come "colonna e fondamento della verità" (1Tm 3,15).

Il servizio della verità che è Cristo è il nostro compito prioritario.

Questa verità è rivelata. Non nasce dalla semplice esperienza umana. E' Dio stesso, che in Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, si dà a conoscere all'uomo. Per questo, un tale servizio alla verità rivelata deve nascere dallo studio e dalla contemplazione, e deve aumentare nella ricerca continua su di essa.

La nostra fermezza verrà da questo solido fondamento, dato che la Chiesa oggi, nonostante tutte le difficoltà ambientali, non può parlare diversamente da come parlo Cristo. Per questo la Chiesa, e prima di tutto i suoi pastori, dovranno trovarsi uniti intorno alla verità assoluta che è Dio e annunciarla in tutta la sua integrità e purezza.

Il titolo I del Libro III del nuovo Codice di diritto canonico tratta del "ministero della parola divina" nei due capitoli che si occupano della "predicazione della parola di Dio" e della "formazione catechetica". Vi raccomando caldamente che facciate quanto vi è possibile affinché, mediante la predicazione e la catechesi, possiamo offrire al Verbo di Dio, parola unica del Padre, l'omaggio delle nostre parole, al servizio puro e sincero delle sue, le uniche che sono parole di vita eterna (cfr. Jn 6,68).


3. La vita di fede e l'ossequio alla verità rivelata si manifestano soprattutto nella partecipazione alla vita liturgica e sacramentale che conduca a una vita integra di opere buone. Gli uomini hanno sete del Dio vivo e vero, del contatto personale e comunitario con lui.

Le fonti pasquali della grazia che arricchiscono e dinamicizzano la vita cristiana, dandole tutta la sua bellezza e vigore, sono prima di tutto l'Eucaristia e la Penitenza. Com'è possibile sviluppare la vita cristiana e la missione dell'uomo nel mondo senza la grazia di Cristo che sgorga da questi sacramenti? Il Concilio Vaticano II ha espresso con enfasi difficilmente superabile il ruolo centrale della celebrazione della sacra liturgia nella vita della Chiesa: "La liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana la sua virtù... Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'Eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia e si ottiene, con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini a glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa" (SC 10).

Una tale sottolineatura non esclude altre azioni ecclesiali, ma indica con molta chiarezza l'intima struttura del compito ecclesiale. La giusta attenzione a questa struttura è garanzia di un corretto orientamento pastorale, che emerge nell'armonia e nell'equilibrio, caratteristiche proprie della vita cristiana e cattolica. Tutto questo rende evidente l'importanza capitale di un'adeguata celebrazione della liturgia nella Chiesa, nonché la necessità di fare quanto sia possibile affinché la partecipazione dei fedeli sia in essa attiva non solo esteriormente ma interiormente.

D'altra parte, il servizio della parola, l'Eucaristia e la Penitenza devono tornare ad essere il centro dinamico della vita comunitaria della Chiesa, che li incontra la propria missione, a somiglianza di Cristo Buon pastore.

Vi invito, quindi, a ricordare ai vostri sacerdoti di non tralasciare mai il servizio pastorale dei sacramenti. La Chiesa li vuole testimoni prima di tutto della trascendenza di Cristo e missionari infaticabili della sua salvezza.

Li vuole vivo esempio e dispensatori dei misteri di Cristo redentore.

So che per preparare i vostri fedeli a una degna accoglienza dei sacramenti avete pubblicato una "Guida alla pastorale sacramentale", vigente "ad experimentum" in Cile e che nel lasso di tempo che manca alla sua approvazione definitiva potrà ulteriormente arricchirsi. In questo campo si dovrà preservare il dovuto equilibrio tra il diritto che hanno i fedeli di ricevere i sacramenti (cfr. LG 37; CIC 213 CIC 843 § 1) e il dovere che hanno di prepararvisi in modo adeguato. Dovere, in cui i pastori hanno il compito di sostegno e discernimento.


4. L'educazione cristiana dei giovani è un tema che mi preoccupa in modo particolare, e che ha per la Chiesa una grande importanza. Questa esigenza pone la Chiesa di fronte alla responsabilità di una seria opera evangelizzatrice "che comprende anche l'insegnamento religioso nella scuola, anche pubblica, particolarmente alla scuola cattolica, come luogo di educazione cristiana e di formazione integrale del bambino e del giovane sotto il segno della fede e a una visione dell'uomo e del mondo che ad esso si ispira" (Allocuzione alla Curia romana, 28 giugno 1984).

So che nelle vostre diocesi s'incrementa sempre più lo sforzo per organizzare e intensificare l'insegnamento religioso nelle scuole, comprese quelle pubbliche, grazie alle nuove possibilità, recentemente assicurate in modo opportuno dalla legislazione statale, che ha esteso l'insegnamento religioso a tutte le scuole, comprese le medie e le superiori.

Per questo vorrei stimolarvi in questa missione tipicamente ecclesiale vista la necessità urgente di porci in modo deciso "in stato di evangelizzazione e catechesi". ciò implica che l'educazione religiosa nelle scuole si collochi organicamente all'interno dei progetti pastorali della diocesi, come uno dei compiti assolutamente prioritari.

Non è inopportuno ricordarvi che mettersi "in stato di evangelizzazione e catechesi" comporta notevoli sforzi, come la ricerca e l'accurata preparazione dei professori di religione, l'attento studio dei programmi di formazione, la preoccupazione per moltiplicare i catechisti laici, la creazione di centri catechistici di studio e di dipartimenti diocesani d'animazione, i servizi di produzione e di diffusione del materiale catechistico e sussidi didattici, l'esame dei programmi di studio e di metodologie applicate ai diversi ambienti.

E' evidente che nell'ampio campo dell'evangelizzazione e della catechesi la scuola cattolica costituisce un luogo privilegiato di educazione cristiana. In essa, al di là dei perfezionamenti accademici, si ricerca la formazione integrale della persona, cercando di plasmarla alla luce di alcuni principi umanistici che hanno il loro fondamento in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo.

Per raggiungere questo obiettivo, la scuola cattolica si organizza in comunità educativa e stabilisce il suo progetto educativo, nel quale esprime qual è il tipo di uomo che vuole formare. Gli educatori, da parte loro, rispettosi della coscienza dell'alunno e dei suoi genitori, lavorano in essa come "testimoni della fede" e come esperti, per vocazione ecclesiale, al dialogo di purificazione e trasformazione delle culture.

In questo senso devo profondamente ringraziarvi per gli sforzi da voi praticati in Cile al fine di migliorare e potenziare la scuola cattolica. Siate sicuri che con ciò portate un valido servizio alla Chiesa e alla retta formazione della società. Infatti la società ha assoluto bisogno dell'apporto di giovani e di laici cristiani in generale, ai quali spetta come proprio compito l'ordinamento della società secondo i piani di Dio. Per questo, offrite al laicato cattolico cileno una solida formazione morale, affinché possa far sentire nella realtà temporale concreta la presenza responsabile della Chiesa nella promozione della verità, della giustizia, dei diritti delle persone.


5. Benché avessi già parlato al precedente gruppo di vescovi cileni a riguardo della promozione delle vocazioni, vorrei oggi aggiungere alcune parole su un problema che mi sta molto a cuore: i seminari e la formazione dei sacerdoti.

Se da un lato non dobbiamo risparmiare nessuno sforzo per aumentare il numero dei candidati al sacerdozio, d'altro canto bisogna che gli studenti del seminario si preparino in modo adeguato al sacro ministero in campo spirituale, dottrinale, pastorale, scientifico e umano. Il che richiede una grande attenzione e precisione da parte vostra e da parte degli educatori. Con questo aiuto e quello delle norme emesse dalla Santa Sede e dalla Conferenza episcopale, voglia Dio che i seminaristi trovino una strada sicura per prepararsi alla vita sacerdotale di domani.

Prima di concludere, permettetemi tramite voi di inviare un cordialissimo saluto a tutti i seminaristi cileni, riuniti nei seminari, tra cui quelli di Concepcion e di San José de la Mariquina, i cui pastori sono qui presenti.


6. Abbiamo insieme analizzato, cari fratelli dell'episcopato, alcuni compiti prioritari del lavoro pastorale. So che la strada che vi si prospetta non è facile, ma la Chiesa in Cile è ricca di vive e valide forze di sacerdoti, religiosi, religiose e laici ricchi di fede. Con zelo e abnegazione, con l'incoraggiamento del Papa che segue e comprende le vostre difficoltà, continuate con ardore. Cristo è prima di tutto la fonte della forza e della fedeltà della Chiesa. Essa è sostenuta dalla grazia dello Spirito Santo, che "è Signore e dà la vita".

Vorrei infine manifestare la mia sollecitudine rispetto alle aumentate tensioni e difficoltà di questi ultimi giorni, che causano dolore, sofferenze e lutti nel Paese. Conto sul vostro impegno e sulla vostra donazione perché, come pastori di tutto il gregge a voi affidato, possiate sempre più infondere nel cuore di ciascun cittadino e di tutta la comunità nazionale un proposito generoso ed efficace di riconciliazione, dono prezioso del Signore, e frutto anche della buona volontà e dello sforzo degli uomini responsabili. E' l'unica via per creare, favorire un clima di serenità e di pace, che porterà come benefica conseguenza un miglioramento anche delle condizioni generali del vostro Paese. così si potrà assicurare un futuro di prosperità con la collaborazione e per il bene di tutti.

Gettando, in particolare, uno sguardo alla comunità ecclesiale, la esorto a continuare il suo lavoro affinché, sempre più unita intorno ai suoi pastori e al romano Pontefice, intensifichi ogni giorno di più la comunione degli animi.

Già alle origini della Chiesa, san Paolo sentiva tanto imperiosa la necessità pastorale, da scrivere ai Corinzi: "Abbiate i medesimi sentimenti, vivete in pace, e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi" (2 or 13,11). Solo così si realizzerà la pressante preghiera di Cristo: "Che tutti siano una sola cosa perché il mondo creda" (Jn 17,21).

Animati così dalla virtù della speranza, proseguite sereni il vostro compito ecclesiale e sforzatevi di fare in modo che, superate le divisioni e le intolleranze, tutti sappiano collaborare sinceramente alla costituzione del bene comune, della pace sociale, della giustizia, del rispetto della vita e dei diritti di ciascuno.

A voi, fratelli amati, sia diretta la certezza della mia stima, del mio affetto e dell'assidua preghiera al Signore per voi, per le vostre diocesi, per la vostra patria e i fedeli che Dio vi ha affidati, mentre a tutti imparto la mia cordiale benedizione.

Data: 1984-11-08 Data estesa: Giovedi 8 Novembre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La giornata del ringraziamento per i prodotti della terra

Testo:


1. Ci riuniamo per la preghiera dell'Angelus nella seconda domenica del mese di novembre. In questa preghiera meditiamo, con fedeltà e novità di cuore, che "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

La prima dimora del Verbo incarnato fu la Serva del Signore, la vergine Maria di Nazaret. Uniamoci a lei in modo particolare mediante questa preghiera, e con lei soprattutto meditiamo questa verità: Dio-Figlio si fece uomo e la Madonna è Madre di Dio. Questa verità è profondamente penetrante e al tempo stesso imperscrutabile. Quindi bisogna meditarla spesso e vivere sempre alla sua luce.


2. Il mese di novembre è dedicato alla commemorazione dei defunti. Non solo li ricordiamo, ma mediante questa memoria rinnoviamo in noi la fede nella vita eterna.

Nel brano della prima Lettera ai Tessalonicesi, che si legge nella messa odierna, san Paolo scrive: "Noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui" (1Th 4,14-15). "Radunerà": dalla morte verso la vita nuova: verso quella vita che si è rivelata nella risurrezione di Cristo, dopo la sua morte sulla croce.

Questa vita è in Dio, viene da Dio stesso. Nessun altro la può dare all'uomo. Essa viene partecipata da coloro che, insieme con Cristo, "da Dio sono stati generati" (Jn 1,13).


3. Nella liturgia odierna la Chiesa grida con le parole del salmista: "Ha sete di te, Signore, l'anima mia" (Salmo 62). Grida così commemorando i defunti, che si purificano ancora dopo la vita terrestre, per poter conseguire la perfetta partecipazione gloriosa alla vita divina. Uniamoci in questo grido della Chiesa recitando l'Angelus.

Dopo la recita della preghiera mariana, il Papa ha così proseguito: Oggi, giorno in cui si commemora anche san Martino, santo particolarmente legato alla vita e alla devozione della gente dei campi, si celebra la Giornata del ringraziamento voluta dalla Confederazione nazionale coltivatori diretti, che pochi giorni fa ha ricordato il 40° anniversario della sua fondazione.

Intendo essere vicino ai carissimi coltivatori, per esprimere a Dio, insieme con loro, lieta gratitudine e lode benedicente per "i frutti della terra e del lavoro dell'uomo", alla cui operosità il Signore provvidente ha affidato il mondo.

Auspico che gli uomini dei campi, collaborando alla creazione di Dio e rendendola sempre più feconda, utile e bella, educhino sempre più il loro cuore e il loro spirito alla riconoscenza, perché solo Dio è la sorgente della vita e della pace. Li invito pure ad unire sempre la loro tipica laboriosità alla preghiera a chi è "la forza che tiene avvinta la realtà" (Inno di Nona della liturgia delle ore).

Questo mio auspicio scenda come benedizione e invito alla santificazione del lavoro a quanti con la fatica delle braccia e della mente lavorano per costruire una civiltà della verità e dell'amore, in cui coabitino la giustizia e la fratellanza, anticipo del regno di Dio.

Data: 1984-11-11 Data estesa: Domenica 11 Novembre 1984




Alla parrocchia della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio

Testo:


1. "Il regno è simile a dieci vergini, che... uscirono incontro allo sposo" (Mt 25,1).

Chi è questo sposo? La figura dello Sposo, che parla d'amore disinteressato, è profondamente inscritta nei Libri dell'Antico e del Nuovo Testamento. E' l'amore col quale Dio "dona se stesso". Non solo rivela se stesso nei numerosi e differenti doni del creato ma Egli stesso diventa il Dono per l'uomo che vive nella comunità del Popolo di Dio: il Dono per la vita eterna in Dio.

Il popolo d'Israele ha conosciuto questa verità su Dio nell'Antica Alleanza, soprattutto mediante l'insegnamento dei Profeti.

Questa verità su Dio alla fine è stata rivelata in Gesù Cristo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito..." (Jn 3,15) E il Figlio ha realizzato questo amore del Padre mediante il suo Vangelo. E infine lo ha realizzato mediante la Croce e la Risurrezione. Nella Croce e nella Risurrezione l'amore misericordioso di Dio per tutta l'umanità ha assunto una potenza redentrice.

Lo Sposo, di cui si parla nella parabola odierna, è il Redentore del mondo. Nella potenza del suo amore redentore Gesù Cristo è diventato lo Sposo della Chiesa, lo Sposo di ogni anima umana nella grande, interpersonale comunità del Popolo di Dio.


2. La parabola parla di dieci vergini che uscirono incontro allo Sposo. In questo modo essa fa riferimento alla prassi di allora collegata con la cerimonia nuziale.

Mediante questo riferimento, mediante questa cifra simbolica delle dieci vergini, si rivela una verità universale.

Tutti gli uomini sono chiamati ad andare incontro a Cristo Redentore, perché Egli stesso viene incontro a tutti ed a ciascuno, come "Colui che ama"; come lo Sposo, il quale dona se stesso per amore.

Non ci parlano forse di questo la Croce e la Risurrezione? Non ce ne parlano tutti i sacramenti della Chiesa e, in particolare, la santissima Eucaristia?


3. Oggi, questa chiamata è rivolta, in modo particolare, a questa vostra parrocchia, dedicata alla Gran Madre di Dio.

La visita pastorale del Vescovo di Roma nella vostra parrocchia ha proprio questo scopo: vuole esprimere e riconfermare il fatto che nella comunità del Popolo cristiano di tutta la Chiesa, e in particolare di questa Chiesa che fin dai tempi di San Pietro è a Roma, la vostra parrocchia - ed insieme ciascuno e ciascuna di quanti appartengono ad essa - sono chiamati ad incontrare Cristo-Redentore - Cristo stesso, infatti, viene incontro come Sposo a ciascuno e a tutti in questa comunità.

Nel nome del suo amore redentore ed insieme col Cardinale Vicario, tutti e ciascuno di voi qui convenuti per prendere parte alla celebrazione eucaristica.

Saluto, in particolare, Monsignor Antonetti, il Vescovo Ausiliare del Settore Nord, Monsignor Alessandro Plotti; il Parroco Monsignor Gastone Moretti, e gli altri Sacerdoti del Presbiterio quali sono in mezzo a voi, cari Fratelli e Sorelle del quartiere di Ponte Milvio, per costruire una comunità viva e per testimoniare il Cristo con l'esempio della loro coerenza evangelica e del loro zelo apostolico.

Saluto poi le Suore Serve di Maria Ss.ma Addolorata; le Suore Scolastiche Francescane di Cristo Re; le Suore dell'Apostolato Cattolico, fondate da San Vincenzo Pallotti; le Suore di San Francesco di Sales e le Ancelle di Maria Immacolata, di rito Bizantino-ucraino. A tutte queste zelanti Religiose va il mio ringraziamento per la loro collaborazione nell'ambito parrocchiale e per la loro sempre più profonda e matura apprezzata opera nel campo scolastico ed ospedaliero.

Il mio saluto si rivolge altresi a tutti i membri delle Associazioni, dei Movimenti e dei Gruppi catechistici, che si adoperano per animare e favorire una formazione interiore sia nell'ambiente dei giovani che in quello degli adulti.

Un pensiero affettuoso vorrei far giungere anche a coloro che si tengono lontani dalla Comunità parrocchiale, forse perché nutrono nei confronti di essa sentimenti di indifferenza o di ostilità. Sappiano costoro che essi non sono dimenticati o ignorati dalla Chiesa, dal Papa, come pure dai Sacerdoti che qui svolgono il loro ministero, e che non cessano di alimentare nel loro cuore la speranza di poter un giorno aprire con loro un dialogo, che consenta una migliore conoscenza reciproca ed un discorso approfondito sul Cristo e sulla sua Chiesa.

A tutti voi, che vivete all'ombra di questa Chiesa che sorge sul luogo dove, secondo una tradizione, apparve a Costantino il segno della Croce in un momento decisivo per la storia del Cristianesimo, dico: guardate alla Croce, come al simbolo della lotta e della vittoria sul peccato e sul male; sia essa lo strumento della vostra santificazione e del vostro successo finale: in hoc signo vinces.


4. La parabola evangelica parla di dieci vergini, delle quali cinque erano sagge e cinque no.

Le sagge furono quelle che, uscendo incontro allo Sposo, presero non solo le loro lampade, ma anche l'olio per sostenere la fiamma che ardeva in quelle lampade.

Le vergini stolte dimenticarono l'olio.

perciò, quando giunse lo sposo, le prime furono pronte per entrare insieme con lui alle nozze. Alle altre invece si spensero le lampade per mancanza di olio. Non erano pronte per entrare alle nozze insieme con lo sposo. E non entrarono.

Questa parabola è molto eloquente ed in pari tempo profondamente significativa.

La lampada accesa è l'uomo, che risponde alla chiamata dello Sposo. La lampada accesa è la vita umana, nella quale fruttifica la potenza redentrice della Croce e della Risurrezione di Cristo. La lampada accesa è il cuore dell'uomo, illuminato dalla fede e dalla speranza, ed insieme ardente di quell'amore che lo Spirito Santo "diffonde nei nostri cuori" come l'olio di cui parla il Vangelo. La lampada accesa è la grazia santificante, come stato dell'anima umana, come pegno della vita eterna.


5. Il Vescovo di Roma viene oggi alla vostra parrocchia per ricordarvi il mistero dello Sposo Divino, che è il nostro Redentore.

Viene pure per ricordare le "lampade e l'olio" della parabola evangelica.

Viene a ricordare la necessità di tenere sempre desta la lampada del fervore cristiano e sempre pronto l'olio della generosità, che non viene meno nell'attesa del Signore. Fervore e generosità: sono queste, virtù indispensabili affinché voi possiate perseverare nella sequela del Cristo con entusiasmo, per scuotervi, qualora ce ne fosse bisogno, dal torpore e dall'indifferenza in materia religiosa, e per sentirvi ed essere membri realmente vivi ed operanti nel contesto della vita parrocchiale. Fervore e generosità per superare ogni indugio, ogni pregiudizio ed ogni esitazione nella libera e fattiva risposta all'invito evangelico di vigilare e di scrutare i segni dei tempi salvifici per non sentirsi ripetere un giorno le dure parole della parabola: "In verità vi dico: non vi conosco" (Mt 25,12).


6. Il nostro incontro, in occasione della visita, con Cristo Sposo, è prima di tutto un incontro nella preghiera. Celebrando l'Eucaristia desidero pregare insieme con voi, con quelli che sono qui presenti, e con tutti coloro che appartengono a questa parrocchia: prima di tutto: affinché, con sempre maggiore consapevolezza, riconosciate in Gesù Cristo quell'Amore eterno che dà senso e valore definitivi a tutta la nostra esistenza e vita; poi: affinché rispondiate a questo amore; affinché non si spengano le lampade della vocazione cristiana nelle vostre mani, ma perché siano sempre ardenti con la luce della fede, della speranza e della fiamma dell'amore. Affinché viviate nella grazia santificante e non in stato di peccato.

E infine: in questo mese che è dedicato in modo speciale alla memoria dei Defunti, io prego insieme con voi per tutti i Defunti di questa parrocchia della Gran Madre di Dio.

Che essi tutti insieme, entrino con Cristo-Redentore e Sposo alle "nozze" della Vita Eterna nella Casa del Padre! Amen.

Data: 1984-11-11 Data estesa: Domenica 11 Novembre 1984




Alla "Caritas Internationalis" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Appello per soccorrere l'Etiopia

Testo:

Signor cardinale, cari fratelli e sorelle.


1. E' certamente una gioia per il Papa, ma anche per la Chiesa, "sacramento dell'amore di Dio" verso l'umanità, vedere un gran numero di delegati della Caritas Internationalis fraternamente riuniti al fine di promuovere il servizio evangelico ai più bisognosi, ai "più piccoli". Siate tutti benvenuti! Mi felicito con tutti voi e con coloro che voi rappresentate per il buon lavoro compiuto, garanzia di nuove vittorie dello spirito di solidarietà sul possesso egoistico o il timore di non avere a sufficienza. Voi troverete del tutto naturale che io saluti in modo particolare il cardinale Alexandre do Nascimento, vostro presidente - di recente predicatore apprezzato agli esercizi spirituali in Vaticano - e anche il vostro segretario generale, così devoto e competente, monsignor Gerhard Meier.


2. L'anno scorso, in occasione della XII assemblea generale, avevo sottolineato e stimolato il vostro lavoro di animazione delle comunità locali volto a far si che i più poveri divengano a poco a poco gli artefici della loro stessa crescita.

Voi ne siete persuasi e, tuttavia, è assolutamente fondamentale convincerci tutti che una comunità caritativa, parrocchiale, diocesana o nazionale, deve aprire gli occhi e aprire quelli dei suoi fratelli e sorelle nel bisogno, sui loro diritti a vivere degnamente, umanamente, sul piano personale, culturale, familiare, economico, civile, ma anche sui loro diritti ad uno sviluppo spirituale e ai mezzi per farlo progredire. La parola del Signore deve conservare la sua freschezza e la sua urgenza nello spirito e nel cuore di ogni uomo e donna impegnati nella Caritas Internationalis: "L'uomo non vive di solo pane" (Mt 4,4).

Questa convinzione ci renderà capaci di spronare ancor di più coloro, uomini e donne, che bussano alla porta della Caritas, ad impegnare le loro risorse di intelligenza, di cuore, di forza fisica, che essi pensano forse esaurite tanto la miseria materiale e la sofferenza morale le hanno come inibite. In una parola, il vostro lavoro caritativo è sia d'ordine spirituale che materiale. Deve promuovere la persona tutta intera.


3. Questi propositi mi inducono a incoraggiarvi a operare mantenendo legami ben ponderati e rafforzati con la pastorale del vescovo della diocesi e il suo consiglio, con la pastorale delle vostre rispettive conferenze episcopali e anche in comunione salutare con l'organismo romano di "Co Unum". L'azione della Caritas Internationalis e di ogni organismo caritativo guadagnerà - in ampiezza di vedute, in efficacia concreta, in vigore di testimonianza evangelica - ad essere pensato e attuato dai membri, o almeno dai delegati debitamente scelti, di tutte le forze apostoliche di una diocesi, di una regione, di un Paese; laicato e clero, congregazioni religiose e movimenti cristiani di adulti e anche di giovani. E' insieme che tutti questi delegati e animatori rileveranno meglio le trasformazioni da effettuare nella società in genere e in un certo Paese in particolare. E' insieme che essi aiuteranno i loro fratelli e sorelle privi del necessario, non informati o mal informati dei loro diritti ad una vita dignitosa, poco fiduciosi nelle loro possibilità individuali e di gruppo, ad accedere ai beni che costruiscono la persona umana e la società: il rispetto, la sanità, l'istruzione, la famiglia, il lavoro, i diritti civili, la libertà religiosa, eccetera, li aiuteranno, dunque, a contribuire a queste conquiste.


4. Certamente, c'è sempre da fare per convertire il proprio spirito e il proprio cuore, e quelli degli altri, a questa crescente solidarietà concreta con i diseredati, perché essi accedano sia ad un indispensabile "avere" che a un "essere". La sorgente di questa conversione è nella frequentazione assidua di Dio amore. Senza di lui, è possibile costruire il regno di giustizia e di pace? E' il Signore - la cui tenerezza e pietà si sono manifestate luminosamente in Gesù Cristo - che ci può comunicare, come trasfondendocelo, questo amore preferenziale per i "più piccoli". ciò è evidente se si considera attentamente la vita degli araldi della carità. Pensate soltanto a san Vincenzo de' Paoli! I poveri hanno bisogno di sentire che, attraverso di noi, è Dio che li ama!


5. Incontrandovi, un anno e mezzo fa, ero stato molto felice di apprendere che voi avevate fatto convergere gli sforzi della Caritas Internationalis in direzione di tre settori ben importanti: la calamità della fame nel mondo, dovuta a cause naturali ma anche a scelte economiche cieche ed egoiste) la situazione molto spesso drammatica di milioni di rifugiati, obbligati a lasciare i loro Paesi a causa di catastrofi improvvise e - forse, peggio ancora - a causa della violenza di gruppi armati o di regimi economici insopportabili; infine l'urbanizzazione massiva, in seguito all'esodo rurale, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Ancora una volta, mi felicito calorosamente con voi.


6. In tutto questo vi è impossibile agire da soli. Il vostro lavoro esige una concertazione con altri organismi. La vostra missione specifica è quella di far risuonare nell'adeguata tonalità l'amore di Cristo, di accreditare con pazienza e convinzione soluzioni di giustizia e fraternità che favoriscano il progresso. Esse sono soluzioni certamente più costruttive delle tentazioni della violenza.

Considerate anche le vostre possibilità di agire non soltanto alla base, ma di fare intendere la voce e i bisogni dei poveri al livello delle massime istanze internazionali, come le Nazioni Unite, per esempio.


7. Noi viviamo, cari fratelli e sorelle, in un'epoca in cui purtroppo vengono privilegiati, da parte di molti responsabili, gli equilibri strategici, piuttosto che le istanze della giustizia e dello sviluppo. Agli alti livelli a cui alcuni di voi hanno accesso, lavorate anche per la conversione degli spiriti e dei cuori.

Speriamo, con la speranza che è dono del Signore, speriamo tutti, malgrado tante situazioni preoccupanti e malgrado notizie scoraggianti dal punto di vista umano, che la carità abbia la meglio, con iniziative perseveranti, sugli egoismi individuali o nazionali. La Caritas Internationalis, senza nascondere né togliere niente della sua identità ecclesiale, che la pone come organismo non governativo, gode di un grande prestigio negli ambienti internazionali. Non dico questo perché ciò sia per noi motivo di vanagloria, ma per stimolare tutti ad investire insieme i nostri talenti e soprattutto il nostro cuore in un'opera che contribuisce certamente all'avvento della civiltà dell'amore, la sola degna dell'uomo, creata a immagine di Dio e di tutte le generazioni umane che si succedono.

Permettetemi di aggiungere ancora qualche parola che mi sta particolarmente a cuore. So che la Caritas Internationalis si sforza di portare soccorso alle popolazioni etiopi, vittime della carestia causata dalla siccità e dell'esodo dovuto alla mancanza di sicurezza. Pensando alle parole ben note dell'apostolo Paolo: "Chi è debole, che anch'io non lo sia?" (2Co 11,29), oso dire: come può un popolo essere in difficoltà senza che anch'io ne sia afflitto? Tutti noi qui presenti soffriamo nel sapere gli etiopi in una situazione disperata. E' per questo che io incoraggio molto vivamente la Caritas Internationalis a fare tutto il possibile per alleviare le difficoltà delle popolazioni etiopi. Ed estendo il mio appello a tutti gli uomini di buona volontà perché vengano in aiuto a questa situazione umana che sta diventando drammatica.

E' con questi sentimenti che provo una grande gioia nel benedire voi e coloro che voi rappresentate nel nome del Padre e del figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1984-11-12 Data estesa: Lunedi 12 Novembre 1984






GPII 1984 Insegnamenti - Al Patriarca della Chiesa assira - Città del Vaticano (Roma)