GPII 1984 Insegnamenti - Ai vescovi del Paraguay in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi del Paraguay in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa resti con generosità accanto ai popoli indigeni

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. E' con vera gioia che vi ricevo oggi, vescovi del Paraguay, venuti a Roma per compiere la vostra visita "ad limina apostolorum". Vi conduce qui il vostro senso ecclesiale, la vostra fede e quella del vostro popolo che, agli inizi dell'evangelizzazione del continente americano, diede al mondo l'esempio ammirabile delle "reducciones" che resero famoso il nome della vostra terra. Vi spinge anche la vostra coscienza di pastori zelanti per il maggior bene del vostro popolo e dediti a procurarlo in comunione piena con il successore di Pietro, che oggi vi dice con affetto: siate i benvenuti a questo incontro.

Prima di proseguire voglio ringraziarvi per questa visita accuratamente preparata, così come per le parole pronunciate dal vostro presidente, per le relazioni che ciascuno di voi ha inviato, così come per la relazione della vostra Conferenza, relazioni che si riferiscono a cinque anni di vita e di lavoro, di gioie e sacrifici, di preoccupazioni e fatiche ecclesiali.


2. Dalle analisi delle relazioni che avete presentato emerge la gratitudine a Dio, datore di ogni grazia. Nell'ultimo quinquennio, la Chiesa in Paraguay ha compiuto passi significativi. E lo ha fatto grazie al tenace e generoso impegno dei vescovi, dei sacerdoti, dei membri delle famiglie religiose e degli istituti di vita consacrata, di tanti e meritevoli laici. In verità ci sono state delle difficoltà e si potrebbero menzionare alcune carenze, non sono pero mancate serenità e audacia nello svolgimento di un compito pianificato e perseverante della Chiesa. A questo proposito non posso non ricordare i progressi evidenziati nel campo della pastorale vocazionale, con una incoraggiante crescita del numero degli aspiranti alla vita sacerdotale e religiosa. Altrettanto positivo è lo sviluppo della pastorale giovanile e di quella familiare, così come gli sforzi per realizzare opere concrete di assistenza e per promuovere l'opzione preferenziale per i poveri. Con questo spirito di ringraziamento al Signore, voglio condividere con voi alcune riflessioni che scaturiscono dalla realtà in cui è immersa la Chiesa del vostro Paese.


3. In questa occasione voglio esprimere innanzitutto il mio più vivo apprezzamento per lo sforzo compiuto al fine di mantenere e aumentare l'unità in seno alla vostra Conferenza episcopale e alla Chiesa in generale. Questa Sede apostolica conosce, infatti, la fraterna coesione che caratterizza i pastori della Chiesa nel Paraguay. E voi siete consci dell'importanza di questa testimonianza, che è il primo contributo al popolo a voi affidato.

Vi incoraggio, quindi, a cercare ogni giorno di conservare e rafforzare l'unità dell'intera comunità ecclesiale. Quale esigenza della propria condizione di seguaci di Cristo e garanzia di efficacia apostolica, bisogna prestare molta attenzione alle parole del Maestro: "Che tutti siano uno" (Jn 17,21). Orbene, una simile unità ecclesiale non può conservarsi e aumentare senza delle motivazioni profonde e soprannaturali, che rendano facile la rinuncia, la comprensione, il dialogo, il carattere di servizio dell'autorità e la collaborazione responsabile dell'obbedienza. D'altra parte, l'unità della Chiesa intorno ai suoi legittimi pastori è un valido contributo alla stessa società civile e allo svilupparsi di iniziative di solidarietà a favore del bene comune.

Sono lieto, poi, che al tema dell'unione ecclesiale, ai tentativi che a volte si mettono in atto per minarla alle radici su cui si fonda, abbiate dedicato un recente documento della vostra Conferenza (Lettera pastorale precedente alla visita "ad limina", 7 ottobre 1984).


4. In stretta connessione col tema precedentemente trattato si trova quello del magistero episcopale. Non è necessario ricordarvi l'abbondante tradizione scritturistica a proposito della responsabilità e della missione dei pastori della Chiesa. Non è nemmeno necessario segnalare la diversità e la gravità dei delicati problemi che oggi preoccupano la coscienza del credente.

La tradizione religiosa del vostro popolo, lo sapete bene, reputa particolarmente importante la parola del vescovo e del sacerdote. Mi limito, quindi, a segnalare la necessità di un magistero che, in intima unione con la Sede di Pietro, esponga con purezza e integrità le necessità della fede e della morale cristiane; che aiuti a superare i dubbi o l'ignoranza religiosa; che chiarisca, a partire dal Vangelo, le concrete situazioni e i problemi dei fedeli e che eviti in loro il disorientamento morale. Un compito difficile, che costituisce pero un autentico servizio al bene della Chiesa e persino della patria.

Seguendo le indicazioni del Concilio Vaticano II e delle Conferenze di Medellin e di Puebla, questa volontà di servizio vi spingerà ad accompagnare da vicino l'uomo paraguaiano nella sua realtà quotidiana, nelle sue concrete necessità, coscienti della missione della Chiesa, madre e maestra. Il vostro stesso piano di pastorale organica mostra l'alveo nel quale deve svolgersi tale proposito di accompagnare, orientare ed evangelizzare i vostri fedeli.


5. Desidero anche incoraggiarvi caldamente al compito di dinamicizzare e approfondire la religiosità popolare dei vostri fedeli. Numerose ed eloquenti sono le loro manifestazioni, e ad esse vi siete riferiti in più di un documento, qualificandole come ricche ma, nello stesso tempo, come bisognose di purificazione.

Lo studio di tali manifestazioni renderà possibile la riscoperta di autentici valori religiosi, molte volte nascosti e dimenticati. Lo zelo pastorale che vi caratterizza e il contributo intelligente degli esperti saprà rivitalizzare una tradizione che non deve perdere il proprio contenuto né cadere nella routine.

Lo sviluppo e la diffusione della fede si affermeranno nella dinamicità della pietà popolare, e il sentimento religioso del popolo troverà un adeguato ambito per manifestarsi.

A questo proposito, non possiamo dimenticare l'importanza fondamentale della sacra liturgia. Il suo opportuno rinnovamento ha favorito certamente una maggiore partecipazione del fedele cattolico alla vita liturgica. Il vostro lavoro e quello dei vostri collaboratori dovrà prestare particolare attenzione al giusto equilibrio, all'osservanza delle norme che la regolano e al decoro proprio dell'azione sacra. In questo modo, anche in Paraguay la liturgia può essere il grande strumento pedagogico per educare alla fede i fedeli.


6. Compito prioritario e specifico della Chiesa è l'evangelizzazione. A questo proposito, il primo servizio che la liturgia deve offrire generosamente è questo lavoro evangelizzatore, al fine di condurre tutti al centro del mistero salvifico in Cristo. E' logico che, per essere efficace, l'evangelizzazione deve tener conto dei concreti bisogni del popolo. Per questo motivo; il vostro piano pastorale organico parla di "evangelizzare l'uomo paraguaiano nella sua cultura".

Certamente, le sfide della realtà sono un richiamo alla coscienza che deve trovare ispirazione e grida nei principi della fede. perciò, in momenti come questi, in cui la società paraguaiana si interroga sulla sua attuale situazione e sulle sue prospettive future, la parola dei pastori dovrà orientare i fedeli riguardo al piano di Dio sulle realtà temporali. A tal fine i pastori dovranno illuminare, a partire dalla fede, le esigenze della vocazione cristiana dei fedeli, anche nella sua proiezione sociale, alla luce dei principi morali che devono orientare il comportamento etico delle persone.

Non v'è dubbio che in tutto ciò i pastori devono rispettare le legittime opzioni che si presentano alla coscienza del popolo fedele. Come è altrettanto vero che devono lasciare ai laici, adeguatamente formati moralmente, il compito che ad essi compete, di rendere presente la Chiesa nell'ordine temporale e mutare dall'interno le situazioni sociali, politiche o economiche, che devono essere trasformate alla luce del Vangelo (cfr. AA 7 AA 13-14 AA 29).

Si tratta di promuovere un cammino che raccolga le giuste aspirazioni delle persone, il rispetto dei loro diritti, la volontà di collaborare - in un clima di legittima libertà - alla costruzione responsabile della società di cui fanno parte, cercando obiettivi di solidarietà e di fraterna convivenza che eliminino sempre il ricorso alla violenza e all'ingiustizia. Solo così si potranno trovare vere e accettabili soluzioni alla problematica sociale, creando a tale proposito le adeguate forme intermedie di relazione e collaborazione tra le varie strutture all'interno del tessuto sociale.


7. In questo contesto desidero far ora riferimento alle sollecitudini per la pastorale sociale. E voglio farlo ricordando l'esempio del nostro Maestro e Signore. E' vero che l'amore a tutti gli uomini non ammette nessuna esclusione. Ma ammette un particolare impegno a favore dei più bisognosi. Come non ricordare gli indigeni, troppo spesso costretti a penose condizioni di vita? Come non ricordare i numerosi abitanti dei quartieri popolari ammassati in condizioni malsane e la cui esistenza scorre nell'incertezza di un lavoro? Come dimenticare il contadino prostrato e sofferente, afflitto dai problemi della terra e della casa, con una retribuzione insufficiente e precari servizi educativi e sanitari? La Chiesa guarda con particolare amore questi gruppi. Per questo voglio raccomandarvi un particolare interesse e sostegno al lavoro che si realizza nel vostro Paese a favore dei bisognosi. Seguendo le direttive dell'insegnamento sociale della Chiesa, aprite in questo ambito nuove strade e iniziative di promozione e assistenza, con generosità e perseveranza. In questo modo si manifesterà, in tutto il suo valore, la coerenza tra fede e vita pratica dei cristiani, sia nell'ambito personale e familiare come in quello sociale e comunitario. Darete così insieme un valido contributo al bene della comunità nazionale.


8. Prima di concludere il nostro incontro, desidero lasciarvi brevemente tre raccomandazioni che interessano l'ambito della pastorale familiare, di quella giovanile e vocazionale.

So che avete iniziato le celebrazioni dell'Anno nazionale della famiglia, con uno slogan suggestivo ed eloquente. Se molte volte ho dovuto mostrare la mia preoccupazione di fronte agli attacchi contro la famiglia, oggi esprimo la mia soddisfazione per questa iniziativa pastorale. Numerose e piene di lode sono le iniziative messe in atto a motivo dell'Anno della famiglia.

Voglio sottolineare, da parte mia, l'attenzione alle famiglie prive di risorse e l'impegno nella diffusione della dottrina familiare della Chiesa. Vi garantisco la mia preghiera, affinché il Signore susciti abbondanti frutti pastorali, in favore di tutte le famiglie paraguaiane, perché ciascuna di esse sia veramente una comunità più cristiana e umana.

Per quanto riguarda la pastorale giovanile vi esorto a perseverare applicando le migliori risorse umane e pastorali all'evangelizzazione del mondo dei giovani. Non stancatevi di sostenere un'agile ed efficace organizzazione della pastorale giovanile, affinché possiate contare su più "uomini di Chiesa nel cuore del mondo". Una solida formazione dottrinale, un'adeguata spiritualità e una sana generosità dei cuori farà si che siano i giovani i primi evangelizzatori dei loro coetanei.

Infine, la dinamicizzazione dei gruppi e dei movimenti giovanili, in coordinamento con la pastorale della famiglia e dell'educazione, spingerà a una feconda pastorale delle vocazioni.

Voglio assicurarvi che il Papa condivide le vostre preoccupazioni e il vostro sforzo a favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. Per questo, anche se giustamente vi rende lieti il crescente numero di aspiranti, vi esorto a un rinnovato impegno. Per voi molto è stato fatto fino ad oggi da parte di missionari provenienti da varie nazioni. Forse è giunto il momento di pensare alla sfida missionaria della Chiesa in Paraguay. E sono sicuro che il cuore coraggioso e generoso dei vostri giovani saprà prodigarsi a favore dei cristiani di altri continenti.


9. Al termine di questo fraterno incontro, desidero ripetere la mia gratitudine per il lavoro realizzato e i propositi che vi animano. E, nell'incoraggiarvi a un rinnovato impegno di evangelizzazione in Paraguay, cito le parole che il vostro piano di pastorale organica utilizza nella formulazione dell'obiettivo generale: "Evangelizzate l'uomo paraguaiano nella sua cultura, con opzione preferenziale per i poveri e con un'azione pianificata e organica, per l'edificazione di una comunità ecclesiale, che sia testimone e missionaria, che celebri la salvezza e sia presente alla nascita di tempi nuovi, animando la formazione di una società più giusta, fraterna e aperta a Dio".

Su questi propositi e sulle vostre persone, sui sacerdoti, famiglie religiose e seminaristi, così come su tutto l'amatissimo popolo del Paraguay invoco la protezione del beato Roque Gonzales e dei compagni martiri. E, fiducioso nell'intercessione dell'Immacolata Concezione di Caacupé, di cuore vi impartisco la benedizione apostolica.

Data: 1984-11-15 Data estesa: Giovedi 15 Novembre 1984





Al Segretariato per l'unione dei cristiani - Dialogo e cammino evangelico nella fedeltà al Vangelo



Cari fratelli e sorelle in Cristo.

Sono particolarmente lieto di dare oggi il benvenuto a voi, membri, consultori e personale del Segretariato per l'unione dei cristiani. Ne sono lieto perché mi dà l'opportunità di salutare alcuni nuovi membri, vescovi diocesani di diverse parti del mondo che volentieri sono convenuti qui nell'esercizio delle loro responsabilità collegiali, per assistere la Santa Sede nella sua unità universale. Ne sono lieto perché il mio incontro con voi avviene a pochi giorni dal ventesimo anniversario della promulgazione da parte del Concilio Vaticano II della sua costituzione dogmatica sulla Chiesa e del suo decreto sull'ecumenismo, documenti basilari che costituiscono, per così dire, la "magna charta" del vostro particolare servizio alla Chiesa. E ne sono lieto perché durante questa settimana voi state esaminando le dimensioni ecumeniche del nuovo Codice di diritto canonico.

Nella costituzione apostolica sul nuovo Codice, la "Sacrae disciplinae leges", ho parlato di esso come di un "grande sforzo per tradurre... l'insegnamento ecclesiologico conciliare in termini canonici" e come di "un complemento all'insegnamento autentico proposto dal Concilio Vaticano II".

Nell'elencare gli elementi che caratterizzano la vera e autentica immagine della Chiesa, ho voluto menzionare "l'impegno della Chiesa per l'ecumenismo".

Un canone è di particolare importanza a questo proposito. Facendo eco a una fondamentale preoccupazione della "Unitatis Redintegratio", esso afferma senza ambiguità: "Spetta in modo particolare all'intero collegio dei vescovi e alla Sede apostolica promuovere e guidare tra i cattolici il movimento ecumenico, il cui fine è di ristabilire quell'unità tra tutti i cristiani, che, per volontà di Cristo, la Chiesa deve promuovere" (CIC 755 § 1).

La promulgazione del Codice, un'opera preparata così attentamente e sulla quale si è discusso per molti anni, è un esempio del modo in cui la nostra fedeltà al Vangelo e al mistero della Chiesa deve condurci dalle parole ai fatti.

Inevitabilmente il Codice è breve e succinto, ma nella sua applicazione alla vita pastorale deve essere inteso come "un mezzo efficace perché la Chiesa possa progredire, conforme allo spirito del Concilio Vaticano II" ("Sacrae disciplinae leges").

E' stato vostro compito in questi giorni riflettere ulteriormente sui molti modi in cui le implicazioni ecumeniche di questa "legge del Concilio" possano e debbano trovare espressione pratica nella vita quotidiana della Chiesa.

Alcuni mesi fa ne abbiamo avuto uno straordinario esempio. Durante la visita del patriarca siriano ortodosso Moran Mar Ignatius Zakka Iwas nel giugno scorso, siamo stati felici di firmare una dichiarazione comune. In essa, come risultato di un lungo e attento dialogo, abbiamo potuto professare la nostra unica fede nel mistero del Verbo incarnato. Abbiamo inoltre dato espressione pratica di questa fede comune autorizzando una stretta collaborazione pastorale tra le nostre Chiese e anche l'amministrazione dei sacramenti a quei membri di entrambe le Chiese che non hanno accesso ai loro sacerdoti. Questa non è ancora quella comunione completa che noi desideriamo ardentemente, ma già dà più piena espressione nelle opere alla crescente comunione che già esiste tra di noi.

Ma, come questo esempio mostra, le parole possono condurre ai fatti soltanto nella misura in cui noi siamo realmente una cosa sola nella fede che professiamo. E' per questa ragione che sono tanto importanti i molti dialoghi nei quali la Chiesa cattolica è ora impegnata mediante il lavoro del vostro Segretariato e dei suoi generosi collaboratori. Questi dialoghi sono troppo numerosi perché io li elenchi in questa breve allocuzione. Devo pero esprimere la mia soddisfazione che si sia iniziato un dialogo ufficiale con l'Unione mondiale battista.

I molti temi del nostro dialogo di fede con le Chiese ortodosse si riferiscono al mistero della Chiesa e ai sacramenti. In relazione del progresso di questo dialogo sono stato particolarmente felice, durante la mia visita in Svizzera di quest'anno, di visitare il Centro ortodosso del Patriarcato ecumenico di Chambésy. La mia visita è stata necessariamente breve ma, nel cordiale benvenuto che ho ricevuto, ho potuto rivivere qualcosa dell'esperienza della mia visita al Patriarcato ecumenico di cinque anni fa, un'esperienza che è stata rinnovata e approfondita dagli annuali scambi di visite tra Roma e Costantinopoli nelle solennità dei santi apostoli nostri patroni.

E' particolarmente incoraggiante vedere che molti altri dialoghi sono ora arrivati, ognuno a suo modo, a un punto nel quale il loro tema principale è il mistero della Chiesa stessa; così la dottrina che sta al cuore dell'insegnamento del Concilio è oggi al cuore del dialogo ecumenico. Questo è vero, per esempio, della nuova fase del dialogo con la Comunione anglicana, che ha avuto un buon inizio, proprio mentre il rapporto finale della precedente commissione è oggetto di studio prolungato e di valutazione, secondo le rispettive procedure delle nostre due comunioni.

Come sapete, durante la mia visita in Svizzera ho avuto un incontro di grande importanza al Centro ecumenico del Consiglio mondiale delle Chiese e li, in un clima di preghiera, ho potuto parlare ancora una volta dell'impegno della Chiesa cattolica nel lavoro per l'unità. Ho potuto inoltre parlare col personale dei vari stadi pratici nei quali la nostra crescente collaborazione sta sempre più trovando espressione, sia nel campo del dialogo teologico multilaterale che nell'ambito della cooperazione per dare risposta agli innumerevoli bisogni di un'umanità dolorosamente divisa. Tale incontro, come i numerosi incontri ecumenici che sono parte importante dei miei viaggi apostolici, è stato realmente un incoraggiamento e una gioia.

Così le nostre parole stanno cominciando a tradursi in fatti. I nostri dialoghi e gli altri contatti sono finalizzati a condurre, nella verità e nell'amore, a profondi cambiamenti di relazioni con i nostri fratelli cristiani, e io ringrazio Dio perché, per sua grazia, tali cambiamenti stanno ora cominciando a divenire manifesti. Ma non dobbiamo essere troppo soddisfatti di ciò; tale cambiamento di relazioni non dev'essere confinato a una semplice questione di mutue cortesie che non tiene conto delle serie difficoltà che ancora rimangono da affrontare. ciò ci deve condurre a una collaborazione che ci renda capaci di proclamare con un solo cuore e un'anima sola la parola di Dio, una collaborazione che, noi speriamo, ci condurrà, mentre progredisce, a quella pienezza di comunione nella fede e nella carità che è volontà di Dio e che noi desideriamo.

Per questa ragione noi che siamo vescovi abbiamo la grave responsabilità di promuovere il desiderio dell'unità tra i fedeli che sono affidati alla nostra sollecitudine. L'attento e sensibile utilizzo del nuovo Codice di diritto canonico, con la sua costante sottolineatura dell'importanza della comunione ecclesiale, deve essere uno strumento fondamentale per intensificare quello "spirito del Concilio" che dovrebbe caratterizzare ovunque i cattolici. Nella vostra collaborazione con la Sede apostolica mediante il vostro lavoro nel Segretariato per l'unione dei cristiani e nel vostro lavoro di pastori delle vostre diocesi e di membri delle conferenze episcopali, vi esorto a proseguire questo grande lavoro con coraggio e fedeltà, perché questi sono gli elementi reali dell'autentica prudenza pastorale. San Paolo dice a tutti, non soltanto "vigilate", ma anche "state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti.

Tutto si faccia tra voi nella carità" (1Co 16,13-14). Mentre il canone che ho già citato dice: "Spetta ai vescovi, e, in accordo con la legge, alle conferenze episcopali, promuovere questa stessa unità e, secondo i vari bisogni e le opportunità delle circostanze, emettere norme pratiche che concordino con i provvedimenti formulati dalla suprema autorità della Chiesa" (CIC 755 § 2).

Ricordando ancora una volta il ventesimo anniversario del decreto conciliare sull'ecumenismo, un decreto che è ancora più significativo per noi dopo la ricca esperienza ventennale di nuovi rapporti con i nostri fratelli cristiani, un decreto che ci sfida costantemente a un'azione nuova e sempre più vigorosa ad ogni livello della vita della Chiesa, vi ringrazio ancora una volta per la vostra partecipazione a questa assemblea plenaria. Chiedo al Dio dell'unità di benedire voi e tutti coloro che collaborano con voi e con il Segretariato nell'opera di ristabilimento dell'unità tra tutti i cristiani: un compito che "per volontà di Cristo, la Chiesa deve promuovere" (CIC 755 § 1).

Vi assista Maria, Madre del Verbo incarnato di Dio, a indirizzare tutte le vostre attività a gloria della santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Data: 1984-11-16 Data estesa: Venerdi 16 Novembre 1984




Alla plenaria di "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vera carità va oltre la pietà e la solidarietà

Testo:

Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato, cari fratelli e sorelle.


1. E' questa la terza assemblea plenaria della Pontificia commissione "Co Unum".

Sono sempre molto lieto di ricevere in questa occasione i responsabili, tutti i partecipanti, e con loro, coloro che qui svolgono quotidianamente il vasto lavoro del Segretariato generale. Ne è ragione l'importanza dell'opera che vi è stata affidata e che è ben esposta nell'opuscolo da voi editato: "La diaconia moderna della carità al centro stesso della Chiesa". Ma questa udienza sottolinea anche i peculiari servizi che il consiglio "Co Unum" assicura a nome del Papa e che creano legami particolari con lui: è l'organismo della sua carità.

Saluto con gioia il nuovo presidente, il caro cardinale Roger Etchegaray, che ha lasciato la sua cosmopolita città di Marsiglia per consacrarsi a questa missione universale della carità.

E saluto attorno a lui tutti i membri di "Co Unum", molti dei quali partecipano per la prima volta a un'assemblea di questo Consiglio. Cari amici, oltre ai gravi compiti che voi del resto svolgete, siete stati chiamati a questo servizio della Chiesa universale e noi contiamo molto sulla vostra collaborazione.

La vostra partecipazione a questa riunione non è per voi soltanto un'informazione, ma un impegno.


2. Voi conoscete gli scopi della fondazione "Co Unum". Come il Consiglio si è impegnato a farle finora, voi vi sforzerete di armonizzare le forze e le iniziative dei diversi organismi cattolici, che già lavorano con ardore negli ambiti della carità, della promozione umana, della sanità, in modo da favorire, non una centralizzazione né un'uniformità, ma una necessaria concertazione e una migliore ripartizione delle risorse e dei mezzi d'azione, soprattutto nei casi di cataclismi improvvisi, di flagelli naturali di grande ampiezza, o davanti alle tragiche conseguenze dei conflitti umani. Voi vi metterete in particolar modo a disposizione dei vescovi, delle Chiese locali, per permettere loro di beneficiare di tali mezzi. Cercherete una collaborazione con i fratelli separati che perseguono un'opera simile, come con i responsabili del bene comune, con le organizzazioni di carattere pubblico e internazionale. Sarete un'istanza di incontro, di dialogo, e anche di riflessione teologica approfondita sulla carità e il suo radicamento nel messaggio cristiano, in modo da contribuire al suo rinnovamento e al suo sviluppo in tutta la Chiesa.


3. La vostra assemblea vi permette di redigere un bilancio dell'opera compiuta nell'anno passato e di formulare dei progetti. Non è il caso che li ricordi nei dettagli. Ma non posso fare a meno di pensare con voi alle grandi urgenze che attendono la Chiesa e il mondo rispetto alle quali si dovrà continuare a svolgere una parte attiva, secondo i nostri mezzi e la sensibilità dei nostri contemporanei.

La miseria di intere regioni in Africa, dovuta alla siccità e alla carestia catastrofica da essa generata, deve mobilitare la nostra immaginazione e le nostre energie. Insieme con i vostri confratelli della Caritas Internationalis, qualche giorno fa, ho lanciato un appello pressante per i nostri fratelli dell'Etiopia, dove migliaia di persone, adulti e bambini, sono in costante pericolo di morte. E non posso dimenticare i numerosi altri Paesi di questo continente che debbono far fronte a situazioni molto difficili dello stesso genere. La nostra fondazione per il Sahel contribuisce a preparare un avvenire migliore, ma bisogna già far fronte al dramma del presente.

Per ragioni differenti, in seguito a guerre, conflitti, guerriglie, molti altri popoli vivono in situazioni molto precarie, aggravate dalla lontananza dai loro Paesi e dalla loro famiglia: sono i rifugiati dell'Asia, dell'Africa o dell'America Latina. Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto e che farete per loro.


4. I bisogni sono molteplici. La nostra azione potrebbe sembrare sproporzionata. Ma in modo reale, efficace, puntuale, essa contribuisce a dare sollievo; dà l'esempio; stimola ad affrontare l'avvenire; suscita un movimento di carità. E, pur conservando le sue caratteristiche, essa si congiunge con quanto è intrapreso dalle istanze internazionali con le quali vi sta a cuore intrattenere relazioni molto positive di informazione e di cooperazione: le organizzazioni specializzate delle Nazioni Unite, l'Alto commissariato per i rifugiati, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per i soccorsi in caso di catastrofi (Undro), l'Organizzazione mondiale della sanità, la Comunità economica europea, eccetera.

Infine, oltre ai servizi di informazione, di coordinamento e di azione, voi cercate di promuovere nella Chiesa una riflessione, particolarmente nei vostri gruppi di lavoro, concernente la promozione umana integrale e solidale, la sanità... E' importante che la pastorale della Chiesa, ai suoi diversi livelli, benèfici di una tale riflessione; è una prospettiva che essa non deve mai dimenticare nei suoi sforzi di evangelizzazione.


5. Non dovete mai perdere di vista che la carità è l'anima della missione del Pontificio consiglio "Co Unum". Con forza dovete dare testimonianza di ciò che dovrà normalmente caratterizzare tutti i cristiani: l'amore del prossimo. Voi siete in qualche modo l'occhio che discerne le molteplici "povertà". Siete il cuore che compatisce e che vuol fare per l'altro che è nel bisogno ciò che si vorrebbe per se stessi. Siete la mano che si tende fraternamente e che aiuta efficacemente.

Questa è la vocazione dei cristiani. E oggi è significativo vedere rinnovata la sensibilità di alcune Chiese locali e di alcuni responsabili civili nei confronti delle nuove povertà, dei veri poveri, in una società che sembrava arrivata a un alto grado di organizzazione e di sviluppo, e che aveva creduto di regolare tutto in termini di giustizia.

Ma la ragion d'essere della nostra carità è l'inalienabile dignità che noi riconosciamo in ogni essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, amato da Dio, salvato da Dio, adottato da Dio come suo figlio e identificato con Cristo stesso. Noi non possiamo rassegnarci a lasciare nella miseria, nell'abbandono, nella solitudine affettiva quel fratello che è tanto prezioso agli occhi di Dio. La nostra carità va oltre la pietà sensibile che è certamente una soglia naturale alla carità. Essa va oltre la solidarietà orizzontale. Essa si basa su quella trascendenza che noi riconosciamo in ciascuno dei nostri fratelli.

La nostra fraternità ha la sua sorgente in Dio. Tale è la testimonianza che voi dovete portare, alta e forte, nella Chiesa, come una luce che non si dovrà mettere sotto il moggio, come una fiamma che deve brillare agli occhi degli uomini. E nello stesso tempo conserviamo, in tutta umiltà, la coscienza di non essere altro che servitori.

Cari fratelli e sorelle, vi assicuro di tutta la mia fiducia. Prego lo Spirito Santo, lo Spirito d'amore, di donarvi la sua luce e la sua forza, e di tutto cuore vi benedico.

Data: 1984-11-17 Data estesa: Sabato 17 Novembre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con Maria la Chiesa confessa la fede nella vita eterna

Testo:


1. "Credo videre bona Domini in terra viventium" (Ps 116,9).

Recitando l'Angelus nel mese di novembre ci uniamo innanzitutto alla fede della Vergine di Nazaret, a quella fede che ha trovato una particolare espressione salvifica nel momento dell'Annunciazione: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Ci uniamo pure alla fede di tutti i santi: apostoli, martiri, confessori, vergini, dottori della Chiesa, uomini e donne che nel corso dei secoli si sono distinti nel campo della santità.

Questa fede fu la via e la luce di ciascuno di essi. Ha illuminato la via e ha condotto alla Gerusalemme celeste. così unita nel mistero della comunione di tutti i santi, a Maria e a tutti i figli e figlie del popolo di Dio nel corso dei secoli, la Chiesa non cessa di confessare: "Credo la risurrezione dei morti, credo la vita eterna".


2. Con questa fede ci chiniamo sulle tombe dei nostri morti, di tutti i morti nell'intero globo terrestre; di coloro che si purificano ancora sulla via della loro unione con Dio. Sembra che preghino con le parole del salmista: "Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nasconderà il tuo volto..." (Ps 26,7-9).

Insieme con la Chiesa pellegrinante sulla terra, tutti quei fedeli defunti sembrano ripetere dal profondo della loro purificazione e della dolorosa aspettativa: "Credo videre bona Domini in terra viventium"... E la Chiesa, pellegrinante sulla terra, seguendo le loro orme con l'incessante sua preghiera, risponde: "Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore" (Ps 26,14).

[Dopo l'Angelus:] Il mio pensiero si volge ora alla nazione cilena, dalla quale continuano a giungere notizie preoccupanti. Nell'esprimere la mia trepida partecipazione alla sofferta vicenda di quel popolo, a cui mi sento particolarmente vicino in questo momento difficile, elevo per esso a Dio la mia accorata preghiera. Nel ricordo delle nobili tradizioni di vita democratica e di impegno cristiano, da cui è contraddistinta la sua storia, faccio voti affinché possano ritornare nel Paese la serenità, la concordia e la pace, come è nelle comuni aspirazioni di tutti i cittadini.

La Chiesa italiana celebra oggi la Giornata delle migrazioni, che quest'anno ha per tema: "Giovani in emigrazione... timori o speranze?". E' questo un appuntamento importante, destinato a ricordare i numerosi connazionali, i quali sono stati costretti ad abbandonare la propria terra in cerca di un lavoro e di un avvenire più sicuro; ma offre anche l'occasione per riflettere sulla situazione degli immigrati in Italia, dei quali oltre trecentomila sono giovani. Invito tutti i fedeli a elevare una preghiera per questi emigrati e immigrati, affinché si sentano accolti con spirito di umana solidarietà, che li faccia vivere confortati dall'affetto e dall'aiuto dei fratelli. Il Signore ricompensi largamente quanti compiono gesti generosi a loro favore.

Un cordiale saluto rivolgo ai partecipanti al convegno nazionale, organizzato dal "Movimento pro sanctitate", per celebrare il ventesimo anniversario della costituzione dogmatica "Lumen Gentium" sulla Chiesa, facendo particolare riferimento al pressante invito di quel documento all'universale vocazione alla santità. L'importanza di tale commemorazione è rappresentata dalle parole che in esso si leggono: "Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore" (LG 40). Incoraggiandovi, carissimi, nei vostri generosi propositi di realizzare, nella più larga forma possibile, questi ideali, vi imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1984-11-18 Data estesa: Domenica 18 Novembre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ai vescovi del Paraguay in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)