GPII 1984 Insegnamenti - Ai parrocchiani di Santa Maria del Popolo - Roma

Ai parrocchiani di Santa Maria del Popolo - Roma

Titolo: Un pensiero rivolto a ogni categoria e gruppo di fedeli

Testo:


1. "Ringrazio il parroco per le parole di benvenuto e, insieme, voglio salutare tutti i presenti, tutti i parrocchiani di questa parrocchia dedicata alla Madre di Dio, Madonna del popolo, Madre del popolo di Dio, Madre della Chiesa, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II e papa Paolo VI. Vi auguro di essere sempre vicini a questa Madre, e di trovare in lei, in Maria, la strada aperta verso suo Figlio che è il nostro redentore, il nostro salvatore. Auguro ogni bene ai parrocchiani, ai cittadini di questa parrocchia, di questa bellissima zona della città di Roma, del suo settore "centro". Auguro tutto il bene, specialmente a coloro che soffrono, che non possono essere con noi. Auguro ogni bene anche ai giovani, ai bambini, perché loro sono il futuro del popolo, della patria e della Chiesa. E augurando loro un buon futuro auguriamo un buon futuro a noi tutti".

[Ai bambini:] In questa parrocchia, dove non vive molta gente, anche la comunità dei bambini, dei ragazzi, non è troppo numerosa. Oggi, nella liturgia eucaristica si parlerà dei talenti. Voi avete diversi talenti. Uno di questi è il fatto di essere ancora bambini, di avere un cuore fresco, puro, aperto al bene. Un altro è il fatto che alcuni di voi si preparano alla prima Comunione. E poi avete tanti altri talenti. So che ogni settimana, ogni mamma, ogni papà - che vedo qui presenti e saluto cordialmente insieme con gli insegnanti, le suore e i sacerdoti - è preoccupato dei talenti del proprio figlio. Naturalmente, ogni papà cerca di far crescere questi talenti e io auguro ai vostri genitori che quest'opera sia fruttuosa. E auguro lo stesso a voi. Questo è l'augurio principale che vi porto oggi, in questo incontro.

Inoltre, la parrocchia della Madre di Dio, santa Maria del Popolo, ha una madre celeste. Voglio dirvi che questa Madre, Madre di Gesù, Madre della Chiesa, cura tutti i talenti che sono nei nostri cuori, vuole che crescano perché essi fanno crescere anche il regno di Dio in questo mondo e ci avvicinano a questo regno che ci attende nel mondo futuro. Per far crescere questi talenti voi dovete lavorare, imparare molto, imparare anche la religione, il catechismo. Dovete lavorare per eliminare i vizi e acquistare invece le virtù, tutti i talenti che si devono coltivare nella vita per essere un uomo buono e, poi, un buon cristiano".

[Al Consiglio pastorale:] Voglio ringraziare tutti i membri di questo Consiglio pastorale. Esso è in un certo senso il nucleo centrale di quella porzione del popolo di Dio costituita dalla vostra parrocchia di Santa Maria del Popolo. Certamente, il Consiglio pastorale è un'emanazione di tutti i parrocchiani, specialmente delle forze vive, apostoliche, che rappresentano l'apostolato della Chiesa, dei laici. Ma, dovete ricordare sempre che il vostro Consiglio, chiamandosi pastorale, è anche e soprattutto un'emanazione di Cristo, Buon pastore. Questo è ancora più importante e noi dobbiamo avere gli stessi sentimenti che Cristo Buon Pastore ha espresso tante volte, specialmente nella parabola del buon pastore. Dobbiamo avere gli stessi sentimenti per entrare nella sua opera pastorale, che in modo specifico, ministeriale e sacramentale, è affidata ai sacerdoti, come ministri dell'Eucaristia, dei sacramenti, ma è affidata anche a tutta la comunità del popolo di Dio. così si vede bene il ruolo del Consiglio pastorale nella parrocchia. Vi auguro di approfondire sempre meglio questa realtà, di contribuire al bene spirituale, e anche materiale, della parrocchia, e di trovare in questo anche un approfondimento della grazia del vostro Battesimo, della vostra vocazione cristiana. Ringraziandovi ancora, auguro tutto il bene alle vostre persone e alle vostre famiglie. Che il Signore sia sempre con tutti voi e, tramite voi, con tutte le altre persone di questa parrocchia e di questa città di Roma.

[Agli anziani:] E' una buona cosa essere amici degli anziani. Ce lo insegnano i bambini che preferiscono sempre avere, per amici, i nonni, gli anziani. Direi che questa è saggezza, che i bambini portano nel loro cuore con il dono soprannaturale della grazia santificante, della grazia del Battesimo. Ecco, vorrei confermare, con la mia presenza, questa amicizia con voi, carissimi parrocchiani, carissimi anziani, che in più siete anche un gruppo di preghiera.

Nella vostra comunità voi coltivate una speciale amicizia con Dio. Questa si coltiva soprattutto con la preghiera. Voglio quindi raccomandarmi a questa preghiera, come anche raccomandare il cardinale vicario, il cardinale titolare della vostra Chiesa, i vescovi presenti e tutta la Chiesa e le intenzioni che il Papa porta nel suo cuore a causa del suo ministero petrino, del suo ministero universale. Vi affido, vi raccomando tutte queste intenzioni nel nome della nostra amicizia.

[Alle religiose:] Vi ringrazio per la vostra presenza nella parrocchia, con la vostra opera di apostolato, per la vostra identità religiosa, per questa vocazione che avete di vivere per l'unico sposo divino, Gesù. Ma pur avendo questo grande amore soprannaturale, siete molto impegnate nei problemi di questa terra, svolgete un apostolato tra i malati, i bambini: un contributo molto prezioso. Vi auguro di mantenere questa vocazione, anzi di avere più vocazioni e di vivere sempre questa gioia".

[Ai giovani:] Il vostro collega ha parlato molto bene e vedo che siete tutti molto felici. Anch'io lo sono. Ma devo dire che la mia gioia ha avuto inizio fin dal momento in cui sono entrato in parrocchia e in una sala ho visto le iscrizioni: "Centro dell'amicizia" e "Siamo amici". Ho pensato subito a questa parola tanto ricca di contenuto, al significato della parola amicizia. Amicizia vuol dire uscire dall'egoismo e dall'egocentrismo, vuol dire uscire dal proprio io e trovarsi con un altro, insieme, in comunione, in comunità. Condividere i ritmi della mente e del cuore, i ritmi dell'agire. Tutto questo vuol dire amicizia. Si potrebbe dire molto di più perché il tema è molto vasto. Sant'Agostino, che è il padrone di questa casa, saprebbe dire cose molto profonde sull'amicizia.

L'amicizia umana è una dimensione costitutiva della vita, l'amicizia arreca felicità al cuore umano, ci dà la certezza di non essere soli, di camminare insieme. L'uomo è creato per non essere solo, è creato per l'amore e l'amicizia è la forma di amore più autentica. Ma questa amicizia cui avete intitolato questo Centro di cui parlate, di cui avete cantato così bene non è solo orizzontale per l'uomo. C'è anche l'amicizia con Gesù, con un Dio che si è fatto uomo. Che è venuto per farsi nostro amico e per fare che noi ci facessimo suoi amici. Al momento conclusivo della sua missione, il venerdi santo, ha detto ai suoi discepoli: "Non vi chiamo più servi, ma amici". Siete chiamati ad essere amici con Gesù, amici di Gesù. Questa amicizia c'innalza, perché l'amicizia col Figlio di Dio ci porta al suo livello, ci realizza veramente tramite la grazia santificante.

Per essere amici di Gesù dobbiamo farci anche noi figli di Dio, condividere la sua missione, i suoi compiti così come voi cercate di fare qui in parrocchia, nello studio o nel lavoro. E poi avete il compito di essere catechisti, e poi altri compiti che vi fanno amici di Gesù. Si può dire che con questa amicizia con Gesù, il mondo ci apre a nuovi orizzonti. Alle volte il mondo ci sembra cattivo, triste, e a questa visione si accompagna una concezione negativa della vita. Ma se siamo amici di Gesù questa visione muta. Il mondo è ricco di compiti, di servizi, di ministeri, ha una finalità. Vi auguro di vivere questa amicizia con Gesù il più profondamente e più efficacemente possibile. Sono perciò lieto di avervi trovato qui, in questo centro di amicizia, e di avervi trovati pronti a vivere in profondità questa amicizia con Gesù. così l'amicizia fra voi sarà più autentica e più umana. Questa amicizia può arricchirvi, l'amicizia con Gesù arricchisce sempre. Gesù si è fatto povero essendo ricco, per far ricchi noi tutti: questa è la natura della sua amicizia con noi.

Data: 1984-11-18 Data estesa: Domenica 18 Novembre 1984




Omelia nella parrocchia di Santa Maria del Popolo - Roma

Titolo: Accrescere i talenti nella vita personale e comunitaria

Testo:


1. "Bene, servo buono e fedele, sei rimasto fedele nel poco, ti daro autorità su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,23).

Avvicinandosi il termine dell'anno liturgico, la Chiesa ci fa ascoltare le parole del Signore che ci invitano a vegliare nell'attesa della parusia. Ad essa dobbiamo prepararci con una risposta semplice, ma decisa, all'appello di conversione, che Gesù ci rivolge chiamandoci a vivere il Vangelo come tensione, speranza, attesa.

Oggi, nell'odierna liturgia, il Redentore ci parla con la parabola dei talenti, per mostrarci come chi aderisce a lui nella fede e vive operosamente nell'attesa del suo ritorno, è paragonabile al "servo buono e fedele", che in modo intelligente, alacre e fruttuoso cura l'amministrazione del padrone lontano.

Che cosa significa talento? In senso letterale indica una moneta di grande valore usata ai tempi di Gesù. In senso traslato vuol dire "le doti", che sono partecipate a ogni uomo concreto: il complesso delle qualità, di cui un soggetto personale, nella sua interezza psicofisica, viene dotato "dalla natura".

Tuttavia la parabola mette in evidenza che queste capacità sono al tempo stesso un dono del Creatore "dato", trasmesso ad ogni uomo. Queste "doti" sono diverse e multiformi. Ce lo conferma l'osservazione della vita umana, in cui si vede la molteplicità e la ricchezza dei talenti che sono negli uomini.

Il racconto di Gesù sottolinea con fermezza che ogni "talento" è una chiamata e un obbligo ad un lavoro determinato, inteso nel duplice significato di lavoro su se stessi e di lavoro per gli altri. Afferma, cioè, la necessità di un'ascesi personale unita all'operosità in favore del fratello.


2. Oggi mi è dato di visitare, in qualità di Vescovo di Roma, la parrocchia di Santa Maria del Popolo, la cui immagine materna con il Bambino Gesù benedicente invita alla preghiera ed è un segno di presenza e di amore.

Sono lieto di essere qui tra voi in questa basilica adorna di opere d'arte, che la rendono uno dei più prestigiosi monumenti rinascimentali di Roma, e desidero salutare tutti e ciascuno di cuore. Insieme col cardinale vicario e il vescovo ausiliare di zona, monsignor Filippo Giannini, saluto cordialmente il cardinale Thiandoum, titolare di questa insigne basilica, saluto il parroco padre Lucio Fabbroni, i viceparroci, suoi diretti collaboratori, e gli altri religiosi agostiniani, che con zelo aiutano a portare in fraterna unione la responsabilità pastorale di questa porzione della diocesi di Roma.

Un saluto vada anche ai religiosi e alle religiose che, presenti nell'ambito della parrocchia, operano con dedizione e generosità: i preti del Sacro Cuore di Betharram, le suore Figlie della misericordia, le suore Angeliche di san Paolo.

Voglio infine ricordare i membri del consiglio pastorale, i catechisti, i ministranti, tutti gli appartenenti ai vari gruppi parrocchiali, i lavoratori qui residenti: gli operai, gli impiegati, i professionisti, gli artisti; saluto i malati e le persone anziane. Saluto i giovani che, in proporzione, sono abbastanza numerosi, incoraggiando le iniziative che la parrocchia sta promuovendo a loro favore. A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera e a tutti rivolgo l'augurio a fare della parrocchia "una casa di famiglia, fraterna e accogliente, dove i battezzati e i cresimati prendono coscienza di essere popolo di Dio. Dove il pane della buona dottrina e il pane dell'Eucaristia sono spezzati a tutti in abbondanza nel contesto di un medesimo culto; dove i fedeli sono rinviati quotidianamente alla loro missione apostolica, in tutti i cantieri della vita del mondo" (CTR 67).


3. La parola di Dio nell'odierna celebrazione permette di approfondire la consapevolezza che la parrocchia è una comunità di fratelli e sorelle, che sono chiamati ad aderire a Cristo e ad esserne la trasparenza nei luoghi dove vivono e dove lavorano. Questo implica che ognuno di voi, con le capacità che ha avuto da Dio, lavori su di sé per convertire ogni giorno il proprio cuore in un cammino religioso fatto con costanza e decisione, con volontà e generosità.

Ognuno di voi deve sentirsi impegnato a fissare la mente e il cuore in ciò che vale. Deve condurre una vita che non sia determinata dalla stima mondana, dal rispetto umano. E ciò sarà possibile se presterete efficace ascolto alla parola di Gesù, come sorgente di virtù cristiana, e obbedirete all'esortazione dell'apostolo Paolo: "Qualsiasi cosa facciate, o in parole o in opere, fate tutto nel nome del Signore Gesù rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui" (Col 3,17); in tal modo, come ci ricorda la seconda lettura della messa, certi della redenzione di Cristo "sia che vegliamo, sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.

perciò confortatevi a vicenda, edificandovi gli uni gli altri come già fate" (1Th 5,9-11).

Uno dei segni più grandi di mancanza di lavoro su di sé, di assenza di ascesi è la non accettazione della propria persona, caratterizzata da quei talenti che sono da accogliere, perché dati da quel Dio di misericordia, che ci ha creati, ci tiene in vita e ci aiuta a percorrere le strade dell'esistenza.


4. Frequentemente i doni che Dio pone nel nostro essere sono talenti difficili, ma non possono essere sprecati né per disistima, né per disobbedienza, né tantomeno perché sono faticosi. La croce per Cristo non fu motivo di obiezione alla volontà del Padre, ma la condizione, il talento supremo, con il quale "morendo ha distrutto la morte e risorgendo ci ha ridonato la vita" (Prefazio pasquale).

perciò io chiedo a tutti voi, e in particolare ai malati, ai sofferenti, ai portatori di handicap, di rendere fruttuoso, mediante la preghiera e l'offerta, il difficile talento, l'impegnativo talento ricevuto. Tenete sempre presente che l'invocazione, le preghiere e la libera accettazione delle fatiche e delle pene della vita, vi permettono di raggiungere tutti gli uomini e di contribuire alla salvezza di tutto il mondo.


5. Questo lavoro su di sé, che porta frutto a tutti gli uomini, ha la sua radice nel Battesimo, il quale ha dato inizio in ciascuno di voi alla vita nuova, mediante il dono soprannaturale della grazia e la liberazione dal peccato originale.

Con tale sacramento, che vi ha resi figli di Dio, avete ricevuto quelle "doti", che costituiscono un'autentica ricchezza interiore della vita in Cristo.

Incorporati a Gesù, conformati a lui, siete chiamati come membra vive a contribuire con tutte le vostre forze e attitudini all'incremento della vostra parrocchia, che è la porta della Chiesa romana-universale.

I talenti ricevuti con il Battesimo sono pure una chiamata alla cooperazione con la grazia, che implica un dinamismo inerente alla vita cristiana e una crescita graduale e costante in quella maturità, che viene formata dalla fede, dalla speranza, dalla carità e dai doni dello Spirito Santo. Tale collaborazione si compie soprattutto in quel centro di comunione che è la parrocchia, comunità di uomini e donne, che mettono le loro varie capacità a servizio della crescita personale e dei fratelli vicini e lontani.

La parrocchia è Chiesa: comunità di uomini che devono sviluppare in se stessi "i talenti del Battesimo". Tutta la sua struttura, favorendo e garantendo un apostolato comunitario, soprattutto attraverso la liturgia, la catechesi e la carità, fonde insieme le molteplici differenze umane che vi si trovano e permette che ognuno, secondo le capacità che possiede, dia fraternamente il suo contributo a ogni iniziativa missionaria della sua famiglia ecclesiale (cfr. AA 10).


6. La parabola dell'odierno Vangelo parla pure di un talento "nascosto sottoterra", non utilizzato. "Colui che aveva ricevuto un solo talento disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso, per paura andai a nascondere il tuo talento sottoterra; ecco qui il tuo talento" (Mt 25,24-25). Quest'ultimo servo che ha ricevuto un solo talento mostra come si comporta l'uomo quando non vive un'operosa fedeltà nei confronti di Dio. Prevale la paura, la stima di sé, l'affermazione dell'egoismo, che cerca di giustificare il proprio comportamento con la pretesa ingiusta del padrone, che miete dove non ha seminato.

Questo atteggiamento implica da parte del Signore una punizione, perché quell'uomo è venuto meno alla responsabilità che gli era stata chiesta, e, così facendo, non ha portato a compimento ciò che la volontà di Dio esigeva, con la conseguenza sia di non realizzare se stesso, sia di non essere di utilità a nessuno. Invece il lavoro su di sé e per il mondo è qualcosa che deve impegnare concretamente il vero discepolo di Cristo. Nelle varie e specifiche situazioni in cui il cristiano è posto, egli deve saper discernere ciò che Dio vuole da lui ed eseguirlo con quella gioia, che poi Gesù rende piena ed eterna.


7. Carissimi fratelli e sorelle, vi esorto ad unirvi con tutto il vostro spirito al sacrificio di Cristo, alla liturgia eucaristica, che rappresenta ogni volta la presenza del Salvatore nella vostra comunità. Perseverate nell'essere e nel diventare sempre più un cuor solo e un'anima sola, per accogliere ogni giorno tra voi Cristo. Che egli entri in voi, e rimanga in voi, per portarvi la sua pienezza.

Che la Madre di Dio, Santa Maria del Popolo, introduca Gesù nella vostra comunità e l'aiuti a rimanere con il suo Figlio, per portare molto frutto.

Ecco la sintesi dell'insegnamento racchiuso nella parabola dei talenti, che insieme abbiamo ascoltato e meditato: per avere la pienezza della vita e portare frutto occorre, con appassionata vigilanza, compiere la volontà di Dio e rimanere in Cristo, con preghiera supplice e adorante.

Rimaniano in lui! Rimaniano in Gesù Cristo! Rimaniamo mediante tutti i talenti della nostra anima e del nostro corpo! Mediante i talenti della grazia santificante e operante! Mediante tutti i talenti che comporta la partecipazione alla parola di Dio e ai sacramenti, soprattutto nell'Eucaristia! Rimaniamo! Rimaniamo per dare molto frutto!

Data: 1984-11-18 Data estesa: Domenica 18 Novembre 1984





Agli artisti della galleria "L'Agostiniana" - Roma

Titolo: La parabola dei talenti è particolarmente adatta ad artisti

Testo:

Si è parlato dei talenti. Parola chiave della liturgia e del Vangelo d'oggi. Per analogia la parabola dei talenti è aperta a tutte le possibili interpretazioni di ordine naturale e soprannaturale. Ma la parola viene usata con una connotazione del tutto specifica quando si tratta di artisti. Si dice: un uomo di talento, un talento artistico. Ma cos'è questo talento? Per rispondere ci vorrebbe uno studio approfondito, è chiaro comunque che si tratta di un carisma, di un dono specifico di Dio, di un dono dello Spirito, un dono che un artista porta in sé come sfida e sorgente di gioia perché questo dono è aperto alla creatività. Ma tale dono porta con sé anche delle sofferenze. Non si crea senza sforzi, senza dolori, il creare artistico è simile al partorire, e sappiamo che la donna partorisce nel dolore. Ma con quest'ultimo dolore, viene al mondo un bambino. Qui, un'opera d'arte. Vi sono molto grato di avere occupato il vostro tempo in questa galleria dove avete creato opere di pittura, di scultura.

L'uomo ha bisogno di meravigliarsi perché il meravigliarsi è il punto di partenza per una conoscenza più profonda. Aristotele diceva che è il punto di partenza della filosofia. Per fare filosofia dobbiamo meravigliarci, dobbiamo vivere la meraviglia, trovare meraviglia anche nelle cose che sembrano semplici, normali. Dobbiamo provare questa meraviglia se vogliamo conoscerla. Conoscere vuol dire infatti approfondire la realtà, andare alle sue dimensioni sconosciute.

Ammirando queste vostre opere una per una, ho trovato in ciascuna motivo di meraviglia perché in ogni opera artistica si trova una nuova realtà, una nuova visione, una nuova prospettiva. I temi sono sempre gli stessi: temi classici dell'arte religiosa, tante volte trattati nella storia dell'arte, eppure è stata una scoperta.

Frutto del talento e della sofferenza, questa meraviglia ci aiuta a conoscere più in profondità le realtà della nostra fede. Gesù, la Madre sua, la natività, la croce, la passione. Tante volte abbiamo visto questi temi affrontati anche in grandi opere. Ma per voi è stata una nuova scoperta e io per questa scoperta mi congratulo con voi: certo vi è costata molto. Ma queste vostre scoperte servono ad avvicinare la realtà cristiana, il mistero cristiano alla sensibilità dell'uomo contemporaneo. A farlo meravigliare, insomma. E questo è necessario.

Il meravigliarsi, di per sé, apparterrebbe all'ordine estetico, ma può anche essere di ordine religioso, carismatico. Potrebbe servire anche a una conversione. così, l'arte religiosa, come è avvenuto tante volte nella storia, tornerebbe ad essere di nuovo una "predica", una bibbia dei poveri. Ci sono tanti poveri nel nostro tempo.

Ecco, queste sono alcune riflessioni. Sono molto lieto che lo spirito di sant'Agostino operi anche in questo campo perché questo grande pastore, questo grande dottore della Chiesa, uno dei più grandi geni della cristianità e dell'umanità, aveva una sensibilità artistica. Basta leggere i suoi testi.

Qualsiasi testo di sant'Agostino è un'opera d'arte. Mi rallegro di questa circostanza, di questa mostra allestita nell'ambiente della vostra Chiesa, in un ambiente agostiniano, sotto il patrocinio di sant'Agostino.

Data: 1984-11-18 Data estesa: Domenica 18 Novembre 1984




Al pontificio consiglio per i laici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costruire un mondo più giusto e più umano

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. E' per me una grande gioia questo incontro con voi, membri entrati di recente nel Pontificio consiglio per i laici e che partecipate per la prima volta alla sua annuale assemblea plenaria! Vi saluto tutti e di tutto cuore. Mi rivolgo in particolare al cardinale Eduardo Pironio, che da alcuni mesi presiede a questo Consiglio, e a tutti i membri che lavorano abitualmente all'animazione del Consiglio per i laici. La mia riconoscenza si estende a tutti e a ciascuno.

Apprezzo vivamente la vostra collaborazione e non sfuggono alla mia attenzione le fatiche che vi siete imposti per servire la Chiesa. La mia gratitudine diviene caloroso incoraggiamento ai nuovi membri, per la loro generosa accettazione di contribuire alla vitalità dell'organismo romano per l'apostolato dei laici.

Ciascuno di voi ha la sua esperienza personale, vissuta e maturata in un impegno all'interno dei movimenti apostolici, dei consigli nazionali dei laici e di molte altre forme di collaborazione alla vita missionaria della Chiesa.

Ciascuno ha percorso il suo itinerario particolare di fede, ha trovato Dio nello svolgersi della sua esistenza.

La Chiesa non si costruisce senza la cooperazione di tutti i membri del corpo di Cristo. Come ogni membro ha bisogno del corpo, anche il corpo ha bisogno di tutte le sue membra. E' quanto l'apostolo Paolo ricorda ai cristiani di Corinto: "Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo" (1Co 12,12-13).

Voi siete inseriti nella vita e nella missione di un organismo della Curia romana, voluto dai padri del Concilio Vaticano II e istituito dal mio predecessore Paolo VI. Questo organismo è cresciuto in esperienza e maturità. Ha dato prove evidenti di servizio fedele, dell'importanza dei suoi compiti per la vita della Chiesa e il ministero del Papa. Gli incarichi ad esso affidati sono molto esigenti. Siate persuasi che io conto sulla vostra collaborazione, ma anche che voi stessi potete contare sulla mia attenzione e il mio sostegno per il lavoro dei prossimi anni.


2. Siete chiamati a prendere parte alla vita del Pontificio consiglio per i laici in un momento privilegiato. Vent'anni fa si chiudeva il Concilio Vaticano II. E il cammino della Chiesa, fecondato da questo grande avvenimento, arriverà presto alla data prevista per il Sinodo dei vescovi sulla "missione dei laici nella Chiesa e nel mondo". Questi due avvenimenti sono intimamente legati. Voi sapete molto bene con quale profondità teologica, con quale saggezza ecclesiale, con quale spirito di rinnovamento il Concilio Vaticano II ha sostenuto e stimolato la partecipazione accresciuta e cosciente dei laici alle attività apostoliche e missionarie della Chiesa.

Nel piano conciliare che include due assi principali, quello della "Lumen Gentium" e quello della "Gaudium et Spes", e che è stato in seguito arricchito grazie ai Sinodi dei vescovi e verificato dalle esperienze positive di rinnovamento spirituale, si trova la base feconda per un nuovo slancio di vita cristiana del laicato. Ho sempre desiderato che il mio pontificato avesse come scopo fondamentale la realizzazione piena e legittima del Concilio. E il prossimo Sinodo dei vescovi ci chiama ad avanzare su questo cammino, in ciò che concerne la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.


3. L'insieme delle vostre esperienze, dei problemi e delle sfide dev'essere considerato e compreso alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa. Nelle consultazioni che precedono il Sinodo, si deve incoraggiare l'ampia partecipazione dei laici, dei movimenti e delle associazioni.

Oggi i laici sono presenti e attivi nella liturgia, nelle attività catechetiche e nelle varie strutture delle Chiese locali. Essi svolgono ruoli differenti nel ministero non ordinato; sostengono le vocazioni sacerdotali e religiose, prendendo ispirazione dal Vangelo e dalla dottrina sociale della Chiesa; lavorano per la promozione della giustizia e per la difesa della dignità e della libertà. Danno testimonianza alle loro convinzioni cristiane nella famiglia, tra i poveri, nelle scuole, nel mondo del lavoro, dalle questioni quotidiane alla vita internazionale. Vari movimenti ecclesiali, in aggiunta alle forme tradizionali di associazioni, stanno crescendo e stanno raggiungendo la maturità, arricchendo così le forze vive della Chiesa.

Quante esperienze, quanti problemi, quante speranze! Oggi desidero lasciarvi solo un pensiero, che io considero fondamentale in questo campo. La proclamazione dinamica del Vangelo è cominciata con la venuta dello Spirito Santo come vento e fuoco. Il messaggio della morte e risurrezione di Cristo non è un fatto statico. Richiede movimento. Vuole raggiungere altri. Chiede di essere diffuso lontano e con ampiezza. E il mondo aspetta. Perché il materialismo non può soddisfare il cuore umano.

Come incrementiamo la quantità e la qualità dei laici cristiani, sempre più consci della loro dignità, delle loro responsabilità, dei loro compiti specifici, che contribuiranno a rendere realtà i grandi ideali e gli impulsi del Concilio Vaticano II, non solo per un'élite ristretta ma per tutto il popolo di Dio? Questo è il vostro compito e la sfida che vi attende. L'educazione dei laici cristiani richiede lavoro catechetico in tutta la Chiesa. Richiede l'eliminazione di ogni separazione tra fede e vita nell'esperienza dei battezzati. L'analisi intellettuale, per quanto necessaria, non è sufficiente. Dobbiamo creare ambiti che favoriscano la conversione, che siano disponibili al rinnovamento che trova impulso nella parola di Dio e che accolgano le sue richieste e la sua potenza rinnovatrice.


4. In questa prospettiva noi vediamo delinearsi un grande compito per un sempre più ampio numero di laici consci della loro fondamentale e specifica vocazione: essere costruttori di un mondo più idoneo alla dignità di ogni individuo e di tutti gli esseri umani. Il mondo ha bisogno della presenza e del particolare contributo dei cristiani in molti campi: dove il progresso scientifico e tecnologico deve essere armonizzato con l'etica; dove si stanno combattendo battaglie contro la guerra e la fame; dove il valore umano del lavoro si rende manifesto nella solidarietà dei lavoratori stessi; dove viene difesa e promossa una cultura che stia dalla parte della vita e non della morte; dove individui e popoli diventano consci della schiavitù delle diverse forme di materialismo e si oppongono alle menzogne delle ideologie su cui si basa il materialismo; dove si costruisce la vera fraternità e la comunione. In una parola, il mondo ha bisogno del contributo dei cristiani ovunque vi siano le premesse per una nuova civiltà della verità e dell'amore.

Sono soprattutto i giovani coloro che potrebbero essere chiamati a questo vostro cammino in compagnia di Cristo. Come ho spesso ripetuto, essi sono la speranza della Chiesa, il mondo di domani. E questa mia convinzione è anche più forte oggi, dopo lo straordinario avvenimento del Giubileo dei giovani, organizzato dal vostro Consiglio, con la generosa collaborazione dei vari movimenti e gruppi giovanili a Roma. Ho fatto personale esperienza di quell'avvenimento con gioia ed entusiasmo. Ho sentito la presenza di quel soffio di Pentecoste che può trasformare i cuori. Ne ho visto i frutti guardando i volti di quei giovani. Sarebbe un errore non afferrare l'opportunità pastorale offerta da tali raduni. E' per questa ragione che vi incoraggio ancora una volta a portare avanti il progetto che ho tanto a cuore, il progetto cioè dell'incontro internazionale dei giovani proposto dal Pontificio consiglio per la prossima domenica delle Palme e il sabato precedente, in connessione con l'Anno internazionale dei giovani. E' mia viva speranza che mentre si terrà questo incontro a Roma, si svolgeranno simili celebrazioni in tutte le Chiese locali, anche con l'aiuto delle organizzazioni giovanili internazionali cattoliche.

So che vi sto chiedendo molto, ma so anche che voi affiderete al Signore le vostre responsabilità di membri del Pontificio consiglio per i laici, nella consapevolezza che è soltanto lui che può rendere fruttuosi il vostro lavoro e i vostri sforzi. Con Cristo tutto diventa possibile. State uniti perciò nella preghiera e nel vostro lavoro.

Conto sul vostro servizio e sulla vostra fedeltà. E conto sulle preghiere per le mie intenzioni per tutto il mondo. La Vergine Maria vi accompagni. Lei, la prima discepola, sia per ciascuno di voi modello ed esempio che vi insegnerà a fare ciò che il signore Gesù desidera.

E' per la gloria del nome di Gesù che noi fatichiamo e lottiamo. E' il suo mistero che noi ci sforziamo di comunicare al mondo. "La grazia del signore Gesù sia con tutti voi" (2Th 3,17).

Data: 1984-11-19 Data estesa: Lunedi 19 Novembre 1984




A parlamentari americani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'America è se stessa quando serve la pace

Testo:

Signore e signori, cari amici.

Attraverso l'ambasciata degli Stati Uniti d'America sono stato informato della vostra visita a Roma ed è ora per me un piacere accogliervi in Vaticano. Vi do il benvenuto quali membri del Comitato "On Ways and Means" del Parlamento americano, insieme con i vostri principali consiglieri e collaboratori.

Permettetemi nello stesso tempo di offrirvi una parola di fraterno sostegno, di incoraggiamento e di amicizia. E poiché, in ragione delle vostre attività, voi siete di fatto i rappresentanti del vostro Paese, i miei sentimenti si rivolgono a tutto il popolo degli Stati Uniti. L'amicizia di cui parlo è stata favorita da numerosi contatti personali negli anni passati e, naturalmente, nel corso della mia indimenticabile visita pastorale del 1979.

Il vostro ruolo di rappresentanti del popolo americano, cioè l'esercizio di un compito sacro, comporta un'immensa responsabilità. Nello stesso tempo, voi avete invidiabili occasioni per servire il vostro popolo in diversi settori come quello della disoccupazione, della sicurezza sociale, dell'aiuto agli anziani e ai bisognosi e dell'assistenza alle famiglie indigenti. Ogni vero servizio reso in questi modi per promuovere la vita, la libertà e perseguire la felicità è un contributo alla costruzione dell'intero edificio che è l'America.

Voi siete anche gli strumenti dell'apertura americana verso gli altri e della sua attenzione verso un mondo che ha bisogno. Uno spirito di solidarietà umana vi spinge ad assistere le altre nazioni, talvolta quelle da cui vennero i vostri antenati, nazioni che, da parte loro, hanno contribuito a fare dell'America quella che è oggi.

Quando guardate al di là di voi stessi e vi accorgete di tanti altri in maggiore difficoltà, voi contribuite infatti a consolidare l'identità interna degli Stati Uniti. L'America non è pienamente se stessa quando desiderando la giustizia si impegna a promuovere condizioni di libertà e di pace mondiali e, assistendo gli altri, offre al mondo una testimonianza di amicizia e di amore fraterno? Che il Dio della pace, Padre di tutti noi, ci renda capaci di contribuire efficacemente alla pace mondiale, e che la sua pace alberghi nei vostri cuori e nei cuori dei vostri cari.

Data: 1984-11-20 Data estesa: Martedi 20 Novembre 1984



Ad un convegno - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà umana è rispetto della dignità

Testo:

Signore e signori.


GPII 1984 Insegnamenti - Ai parrocchiani di Santa Maria del Popolo - Roma