GPII 1984 Insegnamenti - Proclamazione di tre nuovi beati - Città del Vaticano (Roma)

Proclamazione di tre nuovi beati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni di che cosa significhi essere di Cristo

Testo:


1. "Quelli che sono di Cristo" (1Co 15,23).

Oggi, solennità di Cristo Re, la Chiesa mediante questa cerimonia di beatificazione pone davanti a noi tre grandi figure. Abbiamo ascoltato i loro nomi. I vescovi, come pastori delle Chiese locali, hanno esposto la testimonianza circa la loro vita eroica: José Manyanet y Vives, sacerdote, fondatore della Congregazione dei figli della Sacra Famiglia e dell'Istituto delle figlie missionarie della Sacra Famiglia di Nazaret; Daniel Brottier, sacerdote della Congregazione dello Spirito Santo e del Cuore immacolato di Maria; Suor Elisabetta della Santissima Trinità, religiosa dell'Ordine delle Carmelitane scalze. Ecco "quelli che sono di Cristo".

Nell'ultima domenica dell'anno liturgico, la Chiesa desidera venerare Cristo come "re dei secoli", accogliendo con gioia la testimonianza dei suoi figli e delle sue figlie, nei quali il segno di appartenenza a Cristo è stato messo particolarmente in evidenza. Il Vangelo dell'odierna solennità ci permette di comprendere meglio in che modo ogni uomo è chiamato a dare testimonianza alla sua appartenenza a Cristo; in che modo egli deve diventare partecipe del suo regno.

Ecco, dinanzi all'assemblea di tutte le nazioni, alla fine del mondo, Cristo re e pastore pronunzia questo giudizio: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.

Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (Mt 25,34-36). I giusti chiedono: quando?... quando e dove abbiamo fatto tutto questo? Cristo pastore e re risponde: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Ecco in quale modo il segno dell'appartenenza a Cristo appare nell'uomo.

Ecco in che modo l'uomo si prepara ad entrare nel regno di Cristo. Per ricevere "in eredità il regno preparato... fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34). Il regno preparato dal Padre, il regno preparato in Gesù Cristo, crocifisso e risorto: in Gesù Cristo pastore delle anime e re dei secoli.


2. La prima figura che la Chiesa ci pone dinanzi questa mattina, per offrircela come esempio e modello di chi lavora per il regno di Dio in Cristo, è quella del beato José Manyanet y Vives, figlio illustre delle terre di Catalogna in Spagna.

Il motivo dell'esaltazione di questo sacerdote, fondatore di due congregazioni religiose, non è altro che la sua consegna eroica all'amore di Dio e alla causa di Cristo nel servizio al prossimo. Questo lo porto a impegnare tutte le sue forze - nonostante le limitazioni della malattia - per procurare, innanzitutto, "l'onore della Sacra Famiglia e il bene delle famiglie e dei bambini". Questo è il carisma particolare che penetra tutta la sua vita, immersa nel mistero della vocazione evangelica appresa dagli esempi di Gesù, Maria e Giuseppe nel silenzio di Nazaret.

In un difficile momento storico, nel quale certe ideologie cercavano di penetrare nella società attraverso l'erosione della famiglia, il nuovo beato guarda con chiaroveggenza agli esempi di santità nazarena che la Sacra Famiglia presenta. Di qui nasce il suo impegno apostolico per cercare di portare questo messaggio al mondo e fare di ogni focolare una Nazaret. Come si darà da fare, poi, per invitare ogni famiglia - il gioiello più prezioso, come egli la chiamerà - a guardare a Nazaret e costruire un modello di vita secondo il piano di Dio, basato, nello stesso tempo, sugli autentici valori umani! In questa stessa linea, egli si dedica con entusiasmo ad offrire ai bambini e ai giovani la pedagogia del Vangelo di Nazaret, con grande amore e rispetto per la vocazione di ciascuno e in vista di un'educazione armonica. Quanto può insegnare il nuovo beato alla nostra attuale società! E ora una parola in lingua catalana per i concittadini del nuovo beato: cercate di essere fedeli all'esempio di vita e al messaggio del vostro concittadino. Portate il modello della Sacra Famiglia alle vostre famiglie. Fate di ogni famiglia una Nazaret, secondo l'anelito apostolico del beato José Manyanet.


3. Tra "coloro che sono in Cristo", distinguiamo Daniel Brottier. Egli ha abbracciato la congregazione dei Padri dello Spirito Santo per rispondere nel modo più ardente alla vocazione missionaria. Recatosi in Africa, si è dedicato generosamente al servizio della comunità cristiana di Saint-Louis del Senegal, particolarmente dei giovani. ll suo zelo apostolico lo porta a prendere senza posa nuove iniziative perché la Chiesa sia viva e perché la buona novella sia ascoltata. Anche quando sarà lontano da questo campo d'azione, egli continuerà a contribuire alla costruzione della Chiesa in Senegal.

Discepolo di Cristo, lo è anche per la prova della sofferenza: il dolore fisico non lo abbandona. Volontario sul fronte, egli si prende cura dei feriti e li conforta con la sua presenza coraggiosa. Ai soldati morenti, porta il soccorso di Dio. A guerra conclusa, si adopera per dar seguito a quella fraternità nata tra questi uomini nella privazione e nel dono eroico di sé.

Quando riceve l'incarico di assistere gli orfani di Auteuil, è al loro servizio che dispiega con forza l'attività più febbrile, che lo farà conoscere ben oltre Parigi. Niente arresta la sua carità, quando si tratta di accogliere, nutrire, vestire dei bambini abbandonati e straziati dalla vita. Innumerevoli sono coloro che si uniscono a lui in quest'opera profondamente evangelica. Poiché bisogna trovare un alloggio a questi giovani e introdurli in un clima di calore umano, aiutarli a imparare un mestiere e a costruire il loro avvenire, padre Brottier moltiplica gli appelli e costituisce una catena sempre viva di solidarietà attiva.

Sacerdoti, religiosi, la sua grande attività "deriva dal suo grande amore verso Dio", come ha detto un testimone. Umile e nello stesso tempo vero, attivo fino ai limiti del possibile, servitore disinteressato, Daniel Brottier andava avanti con audacia e semplicità perché lavorava "come se tutto dipendesse da lui, ma anche sapendo che tutto dipende da Dio". Aveva affidato i bambini d'Auteuil a santa Teresa del Bambin Gesù che egli chiamava familiarmente in aiuto, certo del suo sostegno efficace a tutti coloro per i quali ella aveva offerto la sua vita.

Il beato Daniel Brottier ha terminato la sua opera sulla terra con un "fiat" coraggioso. Oggi noi lo sappiamo caritatevole con i poveri che l'invocano, perché comunica con l'amore del Signore che ha animato tutto il suo servizio sacerdotale.


4. Quasi contemporanea di Teresa del Bambin Gesù, Elisabetta della Trinità fece una profonda esperienza della presenza di Dio, che ella maturo, in modo impressionante, negli anni di vita al Carmelo. Noi salutiamo in lei un essere ricco di doni naturali; ella era intelligente e sensibile, pianista perfetta, apprezzata dai suoi amici, delicata nell'affezione ai suoi. Ecco che ella s'illumina nel silenzio della contemplazione, raggio della felicità di un totale oblio di sé; senza riserva, accoglie il dono di Dio, la grazia del Battesimo e della Riconciliazione; riceve ammirevolmente la presenza eucaristica di Cristo. In grado eccezionale, ella prende coscienza della comunione offerta ad ogni creatura dal Signore.

Noi osiamo oggi presentare al mondo questa religiosa claustrale che condusse una "vita nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3) perché è una testimone luminosa della gioia d'essere radicati e fondati nell'amore (cfr. Ep 3,17). Ella celebra lo splendore di Dio, perché si sa abitata nell'intimo dalla presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito nella quale ella riconosce la realtà dell'amore infinitamente vivo.

Anche Elisabetta ha conosciuto la sofferenza fisica e morale. Unita a Cristo crocifisso, ella s'è totalmente offerta, compiendo nella sua carne la passione del Signore (cfr. Col 1,24), sempre certa d'essere amata e di poter amare. Ella compie nella pace il dono della sua vita beata.

Alla nostra umanità disorientata che non sa più trovare Dio o che lo sfigura, che cerca una parola sulla quale fondare la sua speranza, Elisabetta dà la testimonianza di una disponibilità perfetta alla parola di Dio che ella ha assimilato al punto da nutrire realmente di essa la sua riflessione e la sua preghiera, al punto da trovare in essa tutte le ragioni per vivere e consacrarsi alla lode della sua gloria.

Questa contemplativa, lungi dall'isolarsi, ha saputo comunicare alle sue sorelle e al suo prossimo la ricchezza della sua esperienza mistica. Il suo messaggio si diffonde oggi con una forza profetica. Noi la invochiamo: discepola di Teresa di Gesù e di Giovanni della Croce, che ella ispiri e sostenga tutta la famiglia del Carmelo; che aiuti molti uomini e donne, nella vita laicale o nella vita consacrata, a ricevere e ad essere partecipi dei "fiotti di carità infinita" che ella raccoglieva "alla fonte della vita".


5. Rivolgendo il suo sguardo su queste tre alte figure, la Chiesa desidera oggi professare la fede apostolica nel regno di Cristo, desidera affermare di credere che egli regna realmente.

Data: 1984-11-25 Data estesa: Domenica 25 Novembre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla solennità di Cristo Re la luce della Risurrezione

Testo:


1. "Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo" (1Co 15,20-22). Con queste parole della prima Lettera di Paolo ai Corinzi la Chiesa professa oggi Cristo quale Re dei secoli e Signore dei dominatori.


2. Recitando l'Angelus, ci uniamo a Maria che, durante l'annunciazione, udi dall'angelo queste parole circa il suo Figlio: egli "regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,33). Nell'odierna solennità il regno di Cristo si è manifestato anche nella beatificazione dei servi di Dio: José Manyanet y Vives, sacerdote spagnolo e fondatore della Congregazione dei Figli della Sacra Famiglia e dell'Istituto delle Figlie missionarie della Sacra Famiglia di Nazaret; Daniel Brottier, sacerdote francese della Congregazione dello Spirito Santo e del Cuore Immacolato della beata Vergine Maria; suor Elisabetta della Trinità, religiosa francese professa dell'ordine delle Carmelitane scalze. Ecco tre membri di quel regno, a cui nessuno li toglierà.


3. Nel corso del mese di novembre ci fermiamo con particolare frequenza presso le tombe dei nostri defunti. Dalla solennità di Cristo Re scende su queste tombe la luce della risurrezione: "Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti". Da qui nasce la fede nella "risurrezione della carne e la vita eterna": "Tutti riceveranno la vita in Cristo". Presso le tombe dei defunti, le quali sono testimonianza della morte dell'uomo, imploriamo la vita: perché tutti ricevano "la vita in Cristo"; perché partecipino a questo regno che "non avrà fine"; perché "Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28).

I giovani invitati a un incontro nella prossima Settimana Santa Mi rivolgo ora in maniera particolare ai giovani, in questa festa in cui la Chiesa proclama il regno di Cristo, già presente, ma ancora in misteriosa crescita verso la sua piena manifestazione. Della dinamica del regno di Dio voi giovani siete insostituibili portatori, speranza della Chiesa e del mondo.

Come è noto, il 1985 sarà l'Anno internazionale della gioventù. La Chiesa, la quale incoraggia tutti i giovani alla costruzione di un mondo più degno dell'uomo, che rifletta la signoria del Signore, non può mancare all'appuntamento di tale anno, ma deve dare una testimonianza e un contributo originali, insieme a tutti quei giovani che hanno incontrato Cristo. Desidero, perciò, invitare i giovani di tutto il mondo a venire a Roma per un incontro col Papa, all'inizio della Settimana Santa, sabato e domenica delle Palme dell'anno venturo.

Celebreremo, proclameremo, testimonieremo insieme che "Cristo è la nostra pace", Signore della pace nel cuore degli uomini riconciliati e costruttori di pace.

Chiedo agli episcopati di tutte le nazioni, ai movimenti e alle associazioni internazionali cattoliche di appoggiare questa iniziativa, favorire la partecipazione di molti giovani, e disporre incontri per approfondire il tema del raduno. L'incontro con la Città eterna darà espressione alla vitalità della Chiesa oggi.

Un saluto ai centocinquanta giovani pellegrini di Verona, animatori e amici di Radiotelepace, insieme a tutti gli ascoltatori della Chiesa veronese e delle diocesi limitrofe, ora collegate con questa piazza San Pietro mediante l'emittente diocesana. Voi, giovani, disponete sempre di incredibili energie e sapete metterle al servizio del bene, con capacità inventiva, con arte, con spirito generoso, con sincerità d'intenzione. Fatevi allora sempre e scrupolosamente araldi della verità nei mezzi di comunicazione sociale moderna; e sappiate ispirare alla fede il vostro servizio, perché esso produca in chi vi ascolta un clima di accettazione e di disponibilità per la parola del Vangelo affinché essa sia recepita, apprezzata, capita e ascoltata nella sua integrità.

Per questo abbiate la mia benedizione.

Data: 1984-11-25 Data estesa: Domenica 25 Novembre 1984




Ai medici italiani di calcio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutate gli atleti a rimanere sempre uomini

Testo:

Egregi signori.


1. Sono lieto di essere in mezzo a voi, illustri medici di squadre di calcio professionistiche, convenuti a Roma per la vostra assemblea nazionale.

Porgo il mio cordiale saluto al professor Salvatore Matracia, presidente dell'associazione; ringrazio vivamente il professor Ernesto Alicicco per il deferente indirizzo di saluto che mi ha rivolto a nome di tutti; esprimo un pensiero affettuoso a monsignor Fiorenzo Angelini, presente a questo incontro.

Saluto tutti di cuore, non solo perché siete rappresentanti di una branca della scienza che ha come obiettivo la sanità dell'organismo umano, ma anche per ragione della vostra specificità professionale. Se poi aggiungiamo la considerazione che la vostra associazione si è sempre ispirata ai grandi valori della morale cristiana, allora mi piace dirvi che l'esercizio della vostra professione può portare un contributo non piccolo all'opera della promozione umana.


2. Come ho rilevato in occasione di altri incontri del genere, la Chiesa non è stata mai estranea al mondo dello sport, anzi guarda con viva simpatia la disciplina sportiva quale fattore positivo di perfezionamento, perché con essa il corpo umano, che è il capolavoro della natura fisica, ha modo di sviluppare le sue inesauribili possibilità. L'atleta, impegnandosi in una palestra competitiva che è insieme scuola di sacrificio, è chiamato a valorizzare pienamente le sue energie, la sua intelligenza, la sua immaginazione, la sua volontà. Egli viene immerso in un circolo di largo respiro volto a favorire la comunanza tra gli uomini di diverse lingue e culture, a richiamare folle immense al di là delle frontiere geografiche e delle ideologie di parte.

Nella visione cristiana dello sport è ulteriormente arricchita la concezione classica, che vedeva nell'atleta perfetto l'uomo fisicamente e spiritualmente maturo. Ebbene proprio voi, con la scelta della medicina sportiva - divenuta una scienza interdisciplinare, una specializzazione nella specializzazione - siete chiamati ad essere tra i principali artefici di questo grande e nobile compito.


3. Il vostro impegno vi porta ad aver cura del calciatore, il quale, prima di essere un individuo dotato di potenza di muscoli e di prontezza di riflessi, è una persona umana. Sotto tale profilo voi, come tutti gli altri colleghi della scienza medica, avete la fortuna di operare in un settore di privilegio, che vi rapporta alle stesse finalità dell'azione divina. Dio, autore dell'uomo e della natura, chiama altri uomini a collaborare con lui nel disegno di creazione continua, perché il corpo umano, nelle sue mirabili componenti fisiche e psichiche, possa essere aiutato a conseguire il suo pieno e armonioso sviluppo.

Così, al vostro impegno si pongono complesse problematiche, che vanno dal campo traumatologico a quello cardiologico, biochimico, riabilitativo. Il vostro compito, pero, non si esaurisce entro la branca della terapia, per allargarsi a quella più ampia dell'attività di prevenzione. Voi siete custodi degli uomini affidati alle vostre cure, difensori del loro equilibrio psicofisico, cooperatori del loro armonioso sviluppo. In breve, educatori dell'uomo. Voi tendete non solo a una difesa, ma anche all'esaltazione dell'uomo. Nel mondo difficile dell'agonismo sportivo tocca soprattutto a voi favorire la completa maturità della persona umana.


4. Di qui, per voi, l'ulteriore impegno a evitare le facili degenerazioni e i possibili travisamenti delle nobili finalità delle competizioni sportive.

L'uomo, che è il soggetto della vostra attività professionale, è anche un atleta, per di più giovane. Egli si trova ad agire nella cornice di uno stadio gremito, che può esaltare o deprimere. Questa situazione è fortemente condizionante, con pericolo di strumentalizzazione. Di qui le difficoltà di ordine psicologico, che voi siete chiamati a superare.

Medici e atleti debbono di continuo affrontare la preoccupazione di non deludere le esigenze delle rispettive società e le attese del grande pubblico, che richiede prestazioni di alto rendimento. Gli atleti, divenuti idoli delle folle, sono tanto più esposti e vulnerabili quanto più sono giovani, e possono essere travolti dalla tentazione di subordinare alla notorietà, che è una gloria di breve stagione, la fondamentale esigenza di restare persone. L'uomo può venire sacrificato all'atleta.


5. Egregi professionisti della libera associazione medici italiani del calcio, è appunto qui, in questo settore, che l'impegno di mettere in valore la libertà della vostra professione - che investe direttamente il rapporto medicina-morale - si colora di una nuova nobiltà e riveste il carattere di una missione.

Occorre evitare condizionamenti disumanizzanti. Il traguardo sportivo non è fine a se stesso. Lo sport è finalizzato all'uomo, non l'uomo allo sport. Il calciatore, anche professionista, non è un robot. Come tale egli deve essere aiutato a valutare meglio l'oggettiva e completa scala di valori umani e sovrumani.

La mia esortazione è un invito a guardare alla vostra professione con la visione cristiana dell'uomo. Far si che la disciplina sportiva sia veramente fattore di promozione dell'uomo e di esaltazione dei doni ricevuti da Dio. Lo sport è scuola. Di questa scuola voi medici siete soprattutto i maestri. Con questo auspicio, vi imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1984-11-26 Data estesa: Lunedi 26 Novembre 1984




A pellegrini francesi e spagnoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tre nuovi beati: guide in un mondo di incertezze e oscurità

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di poter incontrare voi tutti, pellegrini venuti dalla Francia per la beatificazione di padre Brottier. Saluto innanzitutto i padri e le suore della Congregazione dello Spirito Santo; amiamo riconoscere nel beato Daniel Brottier un discepolo fedele di padre Libermann, autentico missionario e padre spirituale che non cesserà di ispirare i suoi fratelli.

E' con emozione che rivolgo un saluto particolare a coloro tra voi che hanno conosciuto padre Brottier e ne conservano un vivo ricordo. E' una gioia poter onorare un uomo che è ancora nostro contemporaneo.

Ringrazio calorosamente tutti gli amici di Auteuil la cui presenza testimonia l'immensa influenza del beato Daniel Brottier. Voi siete coloro che continuano a rispondere ai suoi appelli alla generosità e manifestano concretamente di condividere il suo amore per i giovani e tutta l'audacia con la quale egli ha affidato alla Provvidenza un'opera che si basa sempre sul contributo disinteressato di innumerevoli donazioni. Voi rappresentate tutti coloro che contano sulla sua intercessione e che si lasciano guidare dalla sua fede evangelica.


2. Tutti comprenderanno che mi voglio rivolgere in questo momento soprattutto ai giovani d'Auteuil e a quelli di tutte le case dell'Opera. Essi sono venuti a prendere parte alla festa del loro padre, che noi abbiamo proclamato beato, servitore totalmente devoto, presente nella luce e nella gloria di Dio. Saremo fedeli al suo spirito ponendo questi ragazzi al centro del nostro incontro.

Amici miei, il Papa vorrebbe dirvi che, secondo l'esempio di padre Brottier, egli vi accoglie e vi ama. Io so che forse la vostra vita è stata dura.

Molti di voi hanno conosciuto una situazione familiare difficile e sono senza genitori. Molti, inoltre, presi nel turbine di un mondo lacerato, sono lontani dal loro Paese d'origine. Ai vostri predecessori, padre Brottier diceva: "Divenire uomini, questo dev'essere il vostro ideale, figli miei. Uomo è colui che sa ciò che vuole e lo compie costi ciò che costi".

So che il più vivo desiderio di tutti coloro che vi circondano e vi accompagnano giorno dopo giorno è di vedervi crescere con il gusto di vivere. Alla sequela di Daniel Brottier, noi rinnoviamo il suo appello: "Non siate ombre di uomini che procedono a caso". Si, noi vi ripetiamo questo perché sappiamo come è difficile continuare ad essere gioiosi e liberi nella società in cui ci troviamo.

Voi conoscete, o conoscerete, le tentazioni dell'evasione, incontrerete coloro che ho già chiamato "mercanti di illusioni". Cozzerete contro un mondo in cui regna troppa ingiustizia e troppo disprezzo. Potrete venir sedotti dalla frenesia di soddisfare non importa quale desiderio non importa a quale prezzo. Ma voi sapete che li non c'è la felicità.


3. Per costruire una personalità ben integrata, sviluppate con energia le vostre capacità. Abbiate il senso dello sforzo. Imparate il dominio di voi stessi.

Ricordo che padre Brottier aveva un temperamento molto vivace che sapeva pero controllare: aveva scoperto dalla sua giovinezza che per svolgere il suo compito era bene dominarsi e incontrare gli altri nella disponibilità. Voi sarete tanto più maestri di voi stessi in quanto avrete preso l'abitudine di rispettare coloro che vi circondano, di ascoltare, di entrare in dialogo con franchezza, di mettervi al servizio dei vostri fratelli con una generosità fraterna. Si avrà fiducia in voi, se vi si vedrà disponibili a progredire, a sviluppare le capacità del vostro spirito e del vostro corpo, nel vostro lavoro, soprattutto ovunque viviate. Avrete bisogno di tutte le vostre qualità per fondare un focolare solido, animato dall'amore, voi che sapete fin troppo bene quanto sia duro esserne privati. La vostra maturità e il vostro sviluppo, vi permetteranno anche di portare la gioia del rispetto e dell'affezione a coloro che non cessano di amarvi, anche se lontani da voi.


4. Padre Brottier vi dice ancora: "Il valore spirituale è proprio dell'uomo. La nostra situazione finanziaria, sociale, può cambiare; il nostro valore personale, intellettuale e morale, rimane e rimarrà. Abbiate a cuore di sviluppare in voi questa personalità, questo dono che Dio vi ha dato".

Non lasciatevi impoverire da una società che troppo spesso è un deserto spirituale. Ricordatevi che Daniel Brottier non avrebbe compiuto la sua opera se non avesse avuto fiducia soprattutto in Dio, se non fosse stato ispirato dall'amore stesso di Dio. Scoprite, anche voi, che Dio vi ama, che vi è vicino, che voi siete preziosi ai suoi occhi. Egli ha tanto amato il mondo da donare suo Figlio perché condividesse le pene degli uomini e vincesse il male. Sappiate che Cristo è vostro amico, vostro compagno di strada. Cercate di conoscerlo meglio.

Non osservatelo di lontano, entrate in dialogo con lui attraverso la preghiera, con i vostri fratelli. Guardate a coloro che hanno fatto esperienza di Dio.

Fidatevi di lui: egli vi è vicino nei momenti di dubbio, nei momenti della prova, nei momenti di debolezza o di caduta. E' lui che vi rende forti per avanzare verso il vostro avvenire. Conta su di voi perché siate suoi testimoni. Chiama certamente molti di voi a impegnarsi totalmente alla sua sequela per servire a loro volta nella vita sacerdotale, religiosa, o in altri servizi in cui si è felici di pagare di persona.


5. Non possiamo dimenticare che padre Brottier vi ha affidati a santa Teresa del Bambin Gesù: la cappella di Auteuil ve la ricorda quotidianamente. Egli aveva riconosciuto in lei un essere capace di accogliere l'amore di Dio umilmente e senza riserva, con gioia anche tra le difficoltà.

Ella aveva donato tutto a Dio per i suoi fratelli, in uno spirito missionario. Ella poteva dunque sostenervi e mostrarvi la strada, nonostante le differenze di situazioni. Oggi Daniel Brottier è egli stesso, insieme a lei, uno di coloro che vi sono di ispirazione e di aiuto; egli continua ad essere legato a voi e a tutti i vostri amici che così spesso testimoniano la sua presenza benevola.

Ieri abbiamo celebrato anche la beata Elisabetta della Trinità. E' sorprendente come, giovanissima, in una vita laicale simile a quella dei suoi numerosi amici, ella abbia conosciuto un'esperienza molto profonda della presenza di Dio in lei, della grandezza dell'amore di Dio. Al Carmelo ella ha offerto totalmente la sua vita, persino in dure prove, irraggiando attorno a sé la gioia di essere amata da Dio e di essere abitata dalle divine persone che ella amava chiamare familiarmente "i miei Tre". Testimone ammirevole della grazia del Battesimo sbocciata in un essere che l'accoglie senza riserva, ella ci aiuta a trovare a nostra volta le vie della preghiera e del dono di noi stessi.

Saluto in modo particolare i membri della grande famiglia carmelitana e di tutte le comunità che essi rappresentano. Saluto cordialmente anche i pellegrini della diocesi di Digione e tutti coloro che sono venuti a Roma per questa beatificazione. Con l'aiuto di santa Teresa, del beato Daniel Brottier e della beata Elisabetta della Trinità, auguro a tutti un avvenire degno dei figli di Dio che voi siete per grazia di Cristo. A tutti, ai giovani e agli anziani, impartisco di tutto cuore la benedizione di Dio.


6. Saluto ora con affetto il numeroso gruppo di pellegrini di lingua spagnola, venuti a Roma per la beatificazione di padre José Manyanet y Vives. Saluto in modo particolare i membri delle congregazioni da lui fondate: i Figli della Sacra Famiglia e le Figlie della Sacra Famiglia di Nazaret, accompagnati da ex alunni e da alunni dei diversi centri da essi diretti.

Ieri è stato proposto al culto pubblico nella Chiesa questo grande apostolo della famiglia e della gioventù, la cui spiritualità si è ispirata all'esempio vivo delle virtù della famiglia di Nazaret.

A voi, padri e madri, spetta raccogliere questa eredità, per aiutare i vostri figli nel cammino della vita. Questo sarà possibile se, con l'esempio di Giuseppe e Maria, voi accompagnerete i vostri figli con l'affetto con cui essi accompagnarono Gesù, e se aprirete loro spazi di libertà e creatività che permettano loro la loro maturazione integrale.

Invito gli ex alunni e gli alunni presenti ad essere coerenti con la formazione ricevuta o che state ricevendo, e a costruire una società migliore che cammini verso la "civiltà dell'amore". Invito in modo particolare voi, Figli e Figlie della Sacra Famiglia, ad essere sempre fedeli al patrimonio spirituale e umano che avete ricevuto dal vostro fondatore; a considerare la vostra vocazione di educatori come caratteristica della vostra vita consacrata, trasmettendo ai vostri alunni solidi principi cristiani e umani.

Perché questi auspici trovino in ciascuno di voi una realizzazione autentica e duratura, vi impartisco di cuore la mia benedizione apostolica.


7. Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini italiani che, guidati dai padri Carmelitani, insieme con gli altri, sono giunti per partecipare al rito della proclamazione dei tre beati, celebrato ieri, e assistere, in particolare, alla beatificazione di suor Elisabetta della Trinità. Si comprende bene, cari fratelli e sorelle, come la gioia di tutta la Chiesa sia oggi in modo speciale la vostra gioia, e il segno di come la vostra antica famiglia spirituale sia oggi più che mai viva e ricca di promesse per il futuro. Con la beata Elisabetta, una nuova luce brilla per noi, una nuova guida certa e sicura si presenta, nel nostro mondo così pieno di incertezze e di oscurità, per indicarci, nel nome del mistero trinitario, la via della salvezza e i mezzi per raggiungerla.

La beata Elisabetta vi stimola ora a prender ancor più coscienza del vostro particolare carisma di servizio per il bene di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo: insegnare agli uomini di oggi ad aver "fame e sete" di quel mistero altissimo, insegnar loro le vie della vera esperienza contemplativa, la sua rispondenza alle aspirazioni più profonde della persona, e la sua straordinaria fecondità in ordine alla trasformazione del mondo secondo le esigenze della giustizia e alla elevazione dell'uomo alla condizione di figlio di Dio.

A tutti do il benvenuto e tutti benedico di cuore.

Data: 1984-11-26 Data estesa: Lunedi 26 Novembre 1984




Al Patriarca ecumenico Dimitrios I - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Messaggio per la festa di sant'Andrea apostolo

Testo:

A sua santità, Dimitrios I, arcivescovo di Costantinopoli, patriarca ecumenico.

"Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ep 1,2). A voi e alla vostra Chiesa rinnovo questo saluto rivolto da san Paolo in Roma ai cristiani della fiorente Chiesa dell'Asia Minore e, in una fervida preghiera, domando al Signore di esaudire l'auspicio che esso esprime.

Alla celebrazione della festa di sant'Andrea, il primo chiamato dal Signore a camminare alla sua sequela, parteciperà la delegazione presieduta dal nostro fratello il cardinale Giovanni Willebrands. Che la presenza di questa delegazione al Patriarcato ecumenico manifesti ancora una volta la nostra comunione nella fede apostolica e il nostro comune impegno nella ricerca della piena unità tra le nostre Chiese! Esattamente vent'anni fa, i vescovi cattolici del Concilio Vaticano II dichiararono solennemente che la divisione contraddice apertamente la volontà del Signore sulla sua Chiesa e nuoce alla santa causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura (cfr. UR 1). I padri del Concilio domandarono allora a tutta la Chiesa cattolica, ai pastori e ai fedeli, di impegnarsi risolutamente per il ristabilimento della piena unità. L'esperienza costruttiva e feconda che abbiamo potuto fare da allora ci conferma nel nostro impegno. Le difficoltà incontrate e non ancora completamente superate, ci domandano uno sforzo supplementare di attenzione e di impegno in una preghiera perseverante, in uno studio coscienzioso, in un dialogo franco e in rapporti fraterni più intensi e frequenti.

Su questo cammino, il dialogo teologico ci è dato da Dio per chiarire tutte le divergenze che ancora rimangono. I risultati già ottenuti costituiscono un importante contributo perché è sulla comune concezione sacramentale della Chiesa e dei suoi sacramenti che si fonda la nostra comunione. Si tratta dunque di un chiarimento essenziale che bisogna portare a compimento. In realtà sono i sacramenti e, sulla base della successione apostolica, particolarmente il sacerdozio e l'Eucaristia, che costituiscono legami molto stretti della comunione che rimane tra di noi e che dev'essere portata alla sua perfezione con l'aiuto di Dio (cfr. UR 15). Su questo lungo cammino verso l'unità, noi abbiamo bisogno di sentire che il nostro cuore è "ardente" in noi (cfr. Lc 24,32), anche se noi non percepiamo sempre l'origine di questo misterioso ardore.

Presto o tardi si rivelerà e sarà compreso. Proseguiamo il nostro cammino perché il dialogo della carità, che ci sprona verso la verità e l'unità, è sempre più urgente. La carità ci permette di comprendere nel profondo le parole dei nostri fratelli. Senza questa carità esse rischierebbero di non essere altro che formule che non esprimono un reale accordo delle intelligenze e dei cuori.

Le celebrazioni comuni dei santi Pietro e Paolo a Roma e di sant'Andrea al Patriarcato ecumenico sono circostanze propizie per rinvigorire questa carità.

Sarebbe veramente bello se, in occasioni diverse a seconda dei luoghi, si potessero prendere iniziative analoghe sul piano locale tra ortodossi e cattolici che vivono gli uni accanto agli altri.

Assicuro a vostra santità, al santo Sinodo che vi circonda e a tutta la vostra Chiesa, che oggi sono in unità con voi nella preghiera e nella gioia di questa festa. Con voi, domando che vi siano abbondantemente donate grazia e pace.

Con questi sentimenti, venerato fratello, vi ripeto il mio sincero e fraterno affetto in Cristo Gesù.

Dal Vaticano, 26 novembre 1984

Data: 1984-11-26 Data estesa: Lunedi 26 Novembre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Proclamazione di tre nuovi beati - Città del Vaticano (Roma)