GPII 1984 Insegnamenti - A ministri della sanità centroamericani - Città del Vaticano (Roma)

A ministri della sanità centroamericani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rispettare l'etica in campo sanitario

Testo:

Signori ministri, illustri signore e signori.

E' per me un vero piacere avere questo incontro con i responsabili dei ministeri della Sanità del Centro America che, accompagnati da alti funzionari dei loro governi e dai dirigenti dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'Organizzazione panamericana, sono in questi giorni in visita a diversi Paesi europei per presentare un piano di priorità urgenti per l'assistenza sanitaria in Centro America e Panama. A voi e a tutte le illustri personalità che vi accompagnano rivolgo innanzitutto un cordiale saluto.

Mi rallegra il fatto che i più alti responsabili di governo nel campo della sanità di Belize, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama - Paesi tutti che ho avuto la gioia di visitare l'anno scorso - stiano compiendo questo sforzo congiunto, per far fronte, in modo più adeguato e globale, ai gravi problemi che si riferiscono alle condizioni sanitarie di quegli amati popoli.

Desidero assicurarvi che la Chiesa condivide la vostra preoccupazione di servire l'uomo, di elevare la sua qualità di vita, di eliminare o ridurre - per quanto possibile - le cause della mortalità e della malattia in alcuni settori della popolazione. Per questo motivo non posso fare a meno di incoraggiarvi nel vostro lodevole impegno per migliorare i livelli della sanità in Centro America e Panama, come uno dei primi servizi alla dignità delle persone, sempre nel rispetto delle norme etiche che regolano un ambito tanto importante e delicato dell'attività umana.

E' questo un campo che la Chiesa stima moltissimo e nel quale perciò non tralascia di proclamare i principi morali che indirizzano alla difesa, alla tutela e alla promozione della vita, alla sua qualità, alla completa attenzione per la persona nei suoi aspetti spirituali, psichici e corporali (cfr. GS 14 §1), perché ogni essere umano non è solo l'espressione massima della vita sulla terra, ma è anche riflesso di Dio. Per questo la Chiesa collabora volentieri in tante istituzioni di carattere sanitario.

Cosciente delle molte e urgenti necessità esistenti nella regione centroamericana - come in tanti altri Paesi del mondo - formulo voti affinché la comunità internazionale sia sensibile ai vostri obiettivi. Voglia Dio che il miglioramento delle condizioni della salute degli abitanti dei vostri Paesi sia anche impegno e strumento a favore della pace, della solidarietà e dell'intesa tra i popoli del Centro America e Panama.

Nel ringraziarvi per questa visita e auspicando il miglior esito possibile per il piano di sanità in Centro America, invoco su ciascuno di voi, sui vostri collaboratori e familiari, le benedizioni del Signore e autore della vita.

Data: 1984-11-27 Data estesa: Martedi 27 Novembre 1984




Al Convegno ecclesiale di Roma - Creare condizioni spirituali a operare per chi non ha voce


Al signor cardinale Ugo Poletti, vicario generale della diocesi di Roma.

A dieci anni dal Convegno sulle "responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di giustizia e di carità" dei loro fratelli, la diocesi di Roma si riunisce nuovamente nelle sue varie componenti per riflettere sulle "disuguaglianze sociali" che affliggono la città e per interrogarsi circa le misure adatte a ovviare alle incresciose situazioni, in cui versano cospicue fasce di popolazione. Il presente Convegno si propone di prendere, innanzitutto, conoscenza esatta delle reali dimensioni dei fenomeni di emarginazione sociale, rilevabili nella città, per poter elaborare, poi, una concreta strategia di azione, capace di contribuire efficacemente al loro superamento.

Si è, quindi, pensato di ricorrere all'aiuto di istituti specializzati nelle analisi sociologiche, per poter fondare su dati precisi ogni successiva proposta operativa. La conoscenza approfondita delle disfunzioni operanti nel tessuto sociale è condizione indispensabile per l'individuazione di rimedi che siano in grado di incidere non solo sulle manifestazioni della disuguaglianza, ma anche sulle radici di essa.

I sussidi scientifici, tuttavia, non bastano. Fondamentale per il buon esito del Convegno è lo spirito con cui le varie componenti ecclesiali vi parteciperanno, come anche il clima in cui si sforzeranno di operare. Lo spirito è quello dell'apertura: nessuno può restare indifferente, tutti devono sentirsi coinvolti. Il clima è quello della comunione: ciascuno deve disporre il proprio animo alla comprensione e al rispetto verso gli altri, evitando critiche corrosive che finiscono per distruggere la carità.

In particolare, occorre impegnarsi per una presenza attiva dei cattolici nelle istituzioni sociali, entro le cui strutture essi devono recare una coraggiosa testimonianza di fede, sforzandosi di iscrivere la legge divina nella città terrena, secondo gli insegnamenti della dottrina sociale cristiana. ciò avverrà, ovviamente, nel pieno rispetto dell'autonomia di tali istituzioni, cui compete di distribuire beni materiali secondo giustizia, senza indulgere a parzialità o favoritismi di sorta.

Una seconda linea di impegno sarà quella del sostegno alle iniziative poste in essere dalla Chiesa come espressione della propria sollecitudine per tutti quei "piccoli" nei quali Cristo si è identificato (cfr. Mt 25,40). Il cristiano di ogni tempo ha sempre avuto coscienza di dover vivere il proprio amore per quel "Dio che non vede" nella dedizione fattiva al proprio "fratello che vede" (cfr. Jn 4,20). Per questo dal seno della Chiesa, per iniziativa di suoi figli generosi, sono sbocciate nel corso dei secoli innumerevoli "opere di carità", destinate al sollievo delle molteplici sofferenze che affliggono l'umanità.

Attraverso queste opere si vive e si testimonia concretamente la fede cristiana, aggiungendo al loro valore sociale la fondamentale significazione religiosa.

I cristiani di oggi possono coltivare sentimenti di legittima fierezza, non soltanto guardando a quanto è stato fatto nel passato, ma anche volgendo lo sguardo alle molteplici iniziative che nel mondo contemporaneo la Chiesa incoraggia e sostiene per venire incontro a forme antiche e nuove di povertà e di emarginazione. Poiché, tuttavia, la storia cammina e il progresso, insieme con nuove conquiste, porta pure con sé nuovi mali, occorre che i cristiani della presente generazione, emulando la generosità e l'inventiva dei loro padri nella fede, sappiano trovare nuove forme di intervento, capaci di offrire terapie efficaci per le moderne necessità sociali.

Desidero, pertanto, esortare quanti prenderanno parte al Convegno a dar prova di grande senso di responsabilità, dapprima, nella valutazione dei risultati raggiunti in sede di indagine preliminare sulla situazione della città e, successivamente, nella predisposizione delle concrete linee di azione, atte a promuovere le condizioni spirituali, che inducano la comunità ad operare specialmente a favore di coloro che non hanno voce per farsi sentire. La saggia valorizzazione delle numerose istituzioni ecclesiali già esistenti, l'intelligente coordinamento delle forze generose espresse dal volontariato, la coraggiosa capacità di immaginare iniziative nuove in risposta alle nuove esigenze, consentiranno alla comunità diocesana di essere vicina all'uomo di oggi con quella partecipazione solidale ed efficace che l'annuncio evangelico richiede.

Invocando dal Signore su tutti i partecipanti l'abbondanza dei lumi celesti, affinché il Convegno costituisca un'autentica esperienza di Chiesa e conduca alla concorde adozione di decisioni coerenti con l'eterno messaggio di Cristo e con i presenti problemi dell'uomo, invio di cuore a lei, signor cardinale, ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici, raccolti in fraterna condivisione di sofferenze, di ansie, di speranze, una speciale benedizione apostolica.

Data: 1984-11-28 Data estesa: Mercoledi 28 Novembre 1984




Al Centro di azione liturgica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La liturgia è preghiera, colloquio, ascolto e vita

Testo:

Cari fratelli.


1. Sono lieto di accogliervi e salutarvi, in questo breve e cordiale incontro, col quale intendete riaffermare il vostro servizio in un campo così importante per la vita ecclesiale, quale è quello della liturgia. Vi saluto tutti cordialmente, rivolgendo uno speciale pensiero al venerato fratello monsignor Carlo Manziana, presidente del Centro di azione liturgica, a monsignor Virgilio Noè, segretario della Sacra congregazione per il culto divino e a padre Secondo Mazzarello, il quale ricorda il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale.

So bene quanto l'attuazione della riforma liturgica in Italia debba al vostro Centro. Sorto sullo scorcio del 1947, poco prima della grande enciclica "Mediator Dei" di Pio XII, il CAL riconobbe subito in quel documento la traccia del suo cammino, e in base ai criteri operativi fissati dal suo iniziatore monsignor Adriano Bernareggi, vescovo di Bergamo, divenne il principale coordinatore delle varie iniziative, con le quali andava affermandosi anche in Italia il movimento liturgico, già assai vivace in altre nazioni europee.

Nell'ambito di tali iniziative, mi piace ricordare le vostre pubblicazioni - tra cui il periodico "Liturgia" - le varie attività promozionali, tra le quali il grande incontro della Settimana liturgica nazionale, che scandisce ogni anno, in varie città d'Italia, il cammino di una liturgia costantemente approfondita, che vuol tradursi in una coerente pratica di vita.

Voglio ricordare ancora che quando cominciarono a pubblicarsi i libri liturgici strutturati in base agli indirizzi del Concilio, a voi venne affidato il compito della divulgazione catechetica, della sensibilizzazione liturgica e della traduzione testuale.

Di tutto questo vi ringrazio, sicuro che il lavoro così felicemente intrapreso continuerà, in piena fedeltà ai criteri di fondazione del Centro sia pure con qualche ridimensionamento, reso necessario dall'esperienza di ormai sette lustri, dalle nuove strutture della Conferenza episcopale italiana.


2. E ora vorrei anche farvi qualche raccomandazione per ribadire alcuni principi, che è opportuno richiamare ed approfondire.

Cercate innanzitutto di trarre continua ispirazione da quella insostituibile intelaiatura biblica, che anima tutte le espressioni del culto cristiano. Ci avverte infatti il Concilio che "per promuovere la riforma, il progresso e l'adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorita quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali". Potremmo dire che la Sacra Scrittura è, secondo la "mens" del Concilio, il doveroso punto di partenza e, insieme, il necessario punto di riferimento per una retta comprensione della liturgia e per una sua celebrazione veramente degna e fruttuosa.

Inoltre, spendete ogni cura affinché la liturgia sia sempre veramente preghiera, cioè un dialogo orante che parte dall'alto, germoglia nell'ascolto, fiorisce nella contemplazione e nella lode e porta frutti saporosi di vita cristiana. Diversamente, essa svanirebbe nell'esteriorità, imboccando strade diverse, fatalmente destinate a perdersi in personalismi pseudo-liturgici o in un sociologismo di maniera, che con la liturgia vera ben poco ha da spartire.

Ricordate poi che la sollecitudine di regolare la sacra liturgia - come dice il Concilio (SC 22) - compete unicamente all'autorità della Chiesa, che risiede nella Sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo... Di conseguenza nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica". Sono parole assai chiare, e anche severe, da cogliere nell'espressione genuina del loro richiamo. Non si vuole con esse negare quella duttilità e quella benintesa creatività che gli stessi libri liturgici ammettono e raccomandano, perché la celebrazione sia più immediata e più viva per un saggio adattamento all'assemblea.

Si vuol pero sottolineare che la liturgia è un "servitium" affidato al ministro che presiede, il quale pertanto non può considerarsi come "proprietario", che arbitrariamente disponga del testo liturgico e del sacro rito come di un suo bene peculiare, ma dev'essere, con la sua azione, segno esterno dell'unità spirituale realizzata dal sacramento.

Un'ultima raccomandazione mi sta particolarmente a cuore, e mi viene suggerita dal n. 14 della costituzione conciliare: ed è quella della formazione liturgica, che deve essere impartita a tutti i fedeli, perché partecipino pienamente, consapevolmente e attivamente alle sacre celebrazioni. Per ottenere questo, è necessario che "gli stessi pastori d'anime siano penetrati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia, e ne diventino maestri"; per questo occorre "dare il primo posto alla formazione liturgica del clero".


3. Vorrei indicarvi in tali esortazioni un programma per il vostro Centro.

Continuate ad adoperarvi in tutti i modi perché per mezzo di pubblicazioni, di corsi teologici, di incontri a vario livello, e di esercizi spirituali, la liturgia sia conosciuta in profondità e, quindi, intensamente vissuta. Numerosi e spiritualmente densi sono i documenti del magistero in questo campo. Ottima pertanto è la vostra iniziativa di raccogliere in un Enchiridion questi documenti, perché tutti, e specialmente i giovani avviati al sacerdozio, li possano avere tra mano per consultarli e per metterli in pratica.

Con questi auspici rinnovo il mio saluto e il mio incoraggiamento, e augurandovi l'abbondanza dei favori celesti vi imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1984-11-30 Data estesa: Venerdi 30 Novembre 1984




Alla Plenaria di Iustitia et Pax - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa non dev'essere complice di situazioni d'ingiustizia

Testo:

Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato, cari fratelli e sorelle.


1. Parecchi organismi della Santa Sede hanno tenuto in questi tempi la loro assemblea generale, e io sono sempre felice di riceverne i partecipanti, perché si tratta di cooperatori qualificati della mia missione universale. Oggi mi è dato incontrare tutti i membri della Pontificia commissione "Iustitia et pax" e coloro che lavorano quotidianamente nella sua sede romana. La sua istituzione risale al


1967 e io so che questo organismo ha tenuto regolarmente la sua riunione plenaria.

Ma quest'anno mi trovo in presenza di un gran numero di nuovi membri che io accolgo con i miei auguri più cordiali.

Saluto innanzitutto il nuovo presidente, che ringrazio per le sue amabili parole. Caro cardinale Etchegaray, le sue responsabilità a Marsiglia, in Francia, in Europa, e i suoi viaggi nei diversi continenti l'hanno preparata ad essere in ascolto delle situazioni umane dove la pace, la giustizia, la libertà sono in gioco. Con i suoi collaboratori e collaboratrici, lei compirà qui un nuovo servizio, al cuore della Chiesa universale, perché la Chiesa testimoni sempre meglio, e nel suo modo particolare, il suo desiderio di promozione umana e perché porti un effettivo contributo.

Do il benvenuto anche a voi tutti, nuovi membri designati, che avete generosamente risposto al mio invito a mettervi, per un periodo di cinque anni, al servizio della Chiesa negli ambiti della giustizia e della pace sul piano universale. E' un autentico impegno quello che vi è domandato. Voi venite da tutti i continenti e da numerosi settori di attività; rappresentate esperienze diverse di responsabilità professionali ed ecclesiali complementari. La varietà dei vostri talenti e delle vostre competenze, la vostra ferma risoluzione di migliorare la sorte dei vostri fratelli e sorelle, secondo le vostre convinzioni di fede e di carità cristiane, permetteranno di arricchire gli scambi di idee e le proposizioni che elaborerete con i responsabili e i collaboratori permanenti della Commissione.

I miei fratelli nell'episcopato porteranno a questa impresa la saggezza, il dinamismo e la prospettiva di pastori delle Chiese particolari. Noi contiamo sul contributo qualificato dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose chiamati a lavorare nella Commissione. E vi voglio dire anche la mia gioia di vedere presente un numero considerevole di laici, uomini e donne; il loro compito non è quello di rinnovare l'ordine temporale dove essi sono profondamente e naturalmente inseriti? In altre parole, cari amici, il vostro contributo di laici è prezioso e, direi, indispensabile.


2. E' normale che, nel corso di questa assemblea, voi avete voluto consacrare una particolare riflessione alla natura, alle esigenze e ai limiti della missione che vi è stata affidata. Il mio predecessore Paolo VI ha precisato gli scopi e il genere di lavoro della Commissione, quando stabili le sue strutture definitive con il motu proprio "Iustitiam et pacem" del 10 dicembre 1976.

Ha molto insistito sullo studio e l'approfondimento dottrinale dei problemi relativi alla giustizia e alla pace. Questo studio dev'essere fatto alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa. Vi è già un insegnamento sociale della Chiesa che si tratta di raccogliere, di mettere in luce, di esplicare, di approfondire, di ampliare e di far conoscere. Risale a molto lontano. La conoscenza dei testi dei padri della Chiesa, dei grandi teologi e dei principali interventi in materia sociale nella storia della Chiesa sarà qui molto utile. I documenti del magistero costituiscono evidentemente le fonti capitali, soprattutto quelli che, da un secolo a questa parte, hanno analizzato le situazioni contemporanee e hanno orientato gli sforzi sociali dei cristiani. Si trova in tutti i testi del Concilio Vaticano II un aggiornamento e una sintesi privilegiate. Come non citare almeno la costituzione pastorale "Gaudium et Spes", della quale l'anno prossimo celebreremo il ventesimo anniversario? Questi testi sono stati sufficientemente letti, studiati, compresi in profondità, con tutte le loro implicazioni? Non è certo. Bisogna poi completarli con tutti i testi che sono seguiti, le encicliche "Populorum Progressio", "Laborem Exercens", e i numerosi e puntuali interventi dei Papi, degli altri vescovi e dei delegati della Santa Sede.

Soltanto questo approfondimento dottrinale permette di ben studiare la responsabilità dei cristiani nell'immenso campo sociale, la responsabilità di tutti i membri del popolo di Dio, ciascuno secondo la sua missione specifica.


3. Ma il motu proprio di Paolo VI vi domandava anche di rivolgere la vostra attenzione alle attuali realtà sociali, oggetto di riflessione o di impegno concreto, che è necessario conoscere bene e valutare perché i principi della dottrina sociale facciano presa sulla vita del mondo, e perché si possa portare un contributo specificamente cristiano alla soluzione dei problemi.

Bisogna dunque essere allo stesso tempo in ascolto del magistero e in ascolto di fatti dai quali sorgono nuovi problemi. E questi problemi sono complessi. Tra le grandi sfide di oggi, basti citare la miseria e la fame di interi popoli nei Paesi in via di sviluppo, la proliferazione degli armamenti convenzionali e non convenzionali, la crisi economica e monetaria internazionale, la fragilità delle strutture politiche in cui hanno la meglio gli interessi particolari e di gruppo, le violazioni dei diritti umani fondamentali, le dominazioni ingiuste dei sistemi totalitari, la crisi di valori che tocca le società, le famiglie, gli individui, in particolare i giovani.

La caratteristica della vostra Commissione non è senza dubbio quella di accumulare un sapere tecnico; è quella di assumerlo e di valutarlo alla luce del Vangelo e dei principi della dottrina tracciati dal magistero. Voi potete farlo approfittando del lavoro serio di un certo numero di centri, di organismi, di sessioni che studiano in profondità questi problemi, con l'aiuto di eminenti specialisti.


4. Ma il vostro ruolo non si ferma all'approfondimento teorico della dottrina sociale della Chiesa. Il motu proprio "Iustitiam et pacem" vi chiede - e ne fa una priorità - di "farla conoscere ampiamente con i mezzi appropriati" e di sforzarvi di "ottenerne la concretizzazione a tutti i livelli della società". Perché dovete contribuire a illuminare il popolo di Dio, "portarlo alla piena intelligenza di questi problemi e alla coscienza del loro ruolo e dei loro doveri". Di conseguenza, tocca a voi far conoscere il risultato dei vostri studi e delle vostre riflessioni a tutte le istanze della Chiesa interessate, in vista dell'azione e situandole in una prospettiva di evangelizzazione, al servizio dei membri e delle istituzioni della Chiesa. Questo aspetto è forse difficile da realizzare; dovete cercare i mezzi adeguati.


5. Pensiamo naturalmente al servizio qualificato che dovete compiere, in questo ambito, in favore del Papa stesso e dei diversi organismi della Santa Sede: bisogna mettere a loro disposizione le riflessioni approfondite e le informazioni raccolte, proporre alcune forme di impegno che rispondano ai bisogni, contribuire a sensibilizzare questi organismi sui nuovi aspetti dei problemi della giustizia e della pace.

Ma il motu proprio indica un'altra serie di interlocutori privilegiati: le Conferenze episcopali, nazionali o regionali, e - attraverso di esse e in accordo con esse - le organizzazioni che queste Conferenze si danno per promuovere la giustizia e la pace, in particolare le commissioni o i segretariati di azione sociale. Ecco, io penso, una delle vie più appropriate per diffondere la dottrina sociale e stimolare l'azione dei cristiani.

Da parte vostra, voi potete mettere a loro disposizione le sintesi dell'insegnamento del magistero e i chiarimenti teologici che sono frutto dei vostri lavori, sotto forma per esempio di pubblicazioni adeguate su questo o quel tema; potete portar loro i consigli e gli impulsi che vi derivano dalla vostra responsabilità e dalla vostra informazione a livello di Chiesa universale, come Commissione pontificia, dicastero della Santa Sede. Di rimando, voi raccogliete presso le Conferenze e i loro organismi le informazioni utili e il frutto delle loro riflessioni ed esperienze. Ci si può infatti rallegrare dei molteplici sforzi intrapresi a questo livello: per esempio, lettere pastorali dei vescovi, iniziative prese per far conoscere e comprendere l'insegnamento sociale della Chiesa (programmi nelle scuole, nei seminari, nelle università; conferenze, simposi, "settimane sociali"), impegno dei movimenti e delle organizzazioni dei laici. Forse queste istituzioni delle Chiese particolari devono ampliare la loro visione troppo legata ad avvenimenti locali, a reazioni passionali o alla pressione dell'opinione pubblica dell'ambiente; è là che la vostra Commissione può aiutarli fraternamente. Ma, d'altra parte, sono loro che devono affrontare concretamente le realtà sociali in movimento e che devono trovare ad esse delle risposte adeguate, e questo può arricchire la testimonianza di tutta la Chiesa.


6. Vi è un ultimo punto sul quale desidero attirare la vostra attenzione, e che il motu proprio "Iustitiam et pacem" ebbe cura di considerare. Vi sono nel mondo molte ingiustizie, molte violazioni dei diritti dell'uomo, molte ingiustizie concrete. Vi è domandato, a un titolo speciale, di essere attenti a queste situazioni, di sforzarvi di conoscerle, di raccogliere delle informazioni obiettive e concrete su questi casi, e di esaminare le iniziative da intraprendere in collaborazione con le istanze appropriate della Santa Sede e delle Conferenze episcopali interessate. La Chiesa infatti, nel rispetto delle persone, e in particolare dei responsabili del bene comune, ha il dovere di dire la verità, come i profeti che non potevano adattarsi all'ingiustizia; essa non deve essere e neppure apparire complice di situazioni che ledono i diritti fondamentali delle persone; essa ha soprattutto il dovere di esprimere la solidarietà cristiana con coloro che soffrono a causa dell'ingiustizia. Bisogna dunque trovare i mezzi per dare testimonianza in questo senso; ne va della credibilità della Chiesa e, molto semplicemente, della sua carità.

Tra le violazioni dei diritti fondamentali dell'uomo - che sono tutte condannabili - come non pensare a quelle restrizioni sempre più penose che, in molti Paesi, impediscono ai cristiani di esprimere la loro fede, di riunirsi, d'avere i pastori che sono loro necessari? Abbiamo ricordato alcune linee essenziali del vostro immenso compito.

Prego lo Spirito Santo di donarvi la sua luce e la sua forza. Possano i cristiani, possano le comunità ecclesiali, grazie al vostro contributo, trovare sempre di più l'incoraggiamento, l'illuminazione e l'impulso di cui hanno bisogno per realizzare un mondo più giusto e più pacifico. Benedico di tutto cuore il vostro lavoro, il vostro servizio alla Chiesa e ciascuna delle vostre persone.

Data: 1984-11-30 Data estesa: Venerdi 30 Novembre 1984




Alle delegazioni Cile-Argentina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In seguito alla firma del Trattato di pace e di amicizia

Testo:

Nella solenne cerimonia di ieri avete firmato, signori ministri, in nome dei vostri rispettivi governi, il Trattato di pace e di amicizia che porrà fine definitivamente alla controversia australe che per tanti anni ha turbato le relazioni tradizionalmente buone esistenti tra i vostri due Paesi fin dalle loro origini.

Se sempre sono stati graditi e motivo di speranza i miei incontri con voi e con tutti coloro che, nel corso di questi anni, con la continua assistenza di questa Sede apostolica, hanno prestato la loro intelligenza e il loro lavoro pieno di abnegazione per dissipare queste ombre, oggi desidero manifestarvi la profonda soddisfazione con la quale vi ricevo. In tutte le vostre persone percepisco anche la presenza dei vostri due popoli, il cui futuro di pace e di amicizia è stato motivo della mia partecipazione personale e della conseguente azione della Santa Sede, durante il processo della mediazione.

I vostri popoli, che hanno manifestato la loro gioia e il loro appoggio fin dal momento in cui, già più di un mese fa, si seppe della perfetta intesa tra le parti, sono coscienti del fatto che, con la firma del Trattato, si avvicina sempre più il giorno in cui, compiute le necessarie pratiche in ciascuno dei due Paesi, essi potranno vivere felici in un'atmosfera di concordia e di cooperazione, frutto di questo stesso Trattato. perciò, formulo voti e prego il Signore perché le due nazioni sorelle vedano molto presto il compimento di questa ratifica.

La presenza rilevante, nell'atto della firma, dei rappresentanti dei due episcopati, ci fa ricordare la sollecitudine di entrambe le Chiese, nei difficili momenti del 1978, per trovare canali di soluzione pacifica. In questa presenza vedo anche la loro volontà decisa, che incoraggio pienamente, di favorire e promuovere, nell'ambito proprio del loro servizio pastorale, tutto ciò che contribuisce a rendere realtà sempre più viva le relazioni di fraternità, di comprensione e di collaborazione che sono state oggetto del Trattato.

In questo momento, desidero ricordare ancora una volta con gratitudine il lavoro del signor cardinale Samorè, al quale tanto deve quest'opera di pace.

Nello stesso tempo, desidero ringraziare l'apporto e la dedizione dei due governi e delle loro rispettive delegazioni che, alla saggia difesa degli interessi dei loro Paesi, hanno saputo unire l'apertura indispensabile al raggiungimento dell'accordo.

Con profondo affetto seguo la vita e le vicissitudini dei vostri popoli e prego Dio che conceda loro prosperità nell'anelata pace, il cui conseguimento deve guidare l'azione responsabile di quanti partecipano alla guida dei destini delle vostre nazioni.

Un saluto cordiale a tutti i rappresentanti dei mezzi di comunicazione qui presenti, che ringrazio per l'interesse che hanno sempre manifestato.

Vi chiedo di farvi interpreti dei miei sentimenti presso i vostri governi e tutti i vostri concittadini. Con una particolare benedizione apostolica ai vostri due Paesi.

Data: 1984-11-30 Data estesa: Venerdi 30 Novembre 1984




Ai vescovi argentini in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vita eucaristica cuore della comunione nella Chiesa

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Ho la gioia di ricevere oggi il vostro folto gruppo di pastori della Chiesa di Dio che vive in Argentina, e che nella Sede di Pietro, con tutti i fedeli sparsi in tutto il mondo, realizza la comunione nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

Le mie parole di saluto e di benvenuto sono espressione di questa intensa comunione spirituale tra il Papa e i suoi fratelli, i pastori delle Chiese locali e, tramite loro, con tutti e ciascuno dei loro fedeli. Di fatto, come ben sapete, questa visita "ad limina apostolorum" è un'esperienza di comunione con la Chiesa "che presiede nella carità" e per questo nella verità e nell'unità del corpo di Cristo.

Nei giorni scorsi ho potuto conversare con ciascuno di voi personalmente, interessarmi alla vita delle vostre diocesi, condividere con voi quella carità pastorale che è la grazia del vostro ministero, ispirato all'esempio del Buon Pastore. Ora desidero condividere con voi alcune riflessioni perché possano guidare la vostra azione di pastori, solidali nella guida delle vostre rispettive Chiese.


2. Siete giunti a Roma dopo uno straordinario avvenimento che vi ha visti uniti con tutto il vostro popolo attorno all'Eucaristia. Il recente Congresso eucaristico nazionale, celebrato nella prima quindicina di ottobre a Buenos Aires con la presenza del mio rappresentante e legato particolare, non è stato solo un ricordo commemorativo dell'altro Congresso eucaristico internazionale, celebrato cinquant'anni fa e presieduto dall'allora futuro Pio XII; si è trattato soprattutto di un momento di comunione, di vitalità, di una celebrazione piena di speranza della vostra esperienza attuale di Chiesa di oggi e di domani, nelle non facili circostanze in cui vive la vostra nazione.

Ci auguriamo tutti che questo avvenimento abbia risvegliato la coscienza cristiana del fedele popolo argentino, incoraggiandolo all'impegno di una vita esemplare che stringa vincoli di comunione e riconciliazione nella fede e nell'amore, per essere anche fermento di rinnovamento sociale.

L'Eucaristia è infatti il supremo bene spirituale della Chiesa perché racchiude in sé Cristo stesso, nostra Pasqua e Pane vivo, che con la sua carne dà la vita al mondo (cfr. PO 5). In questo modo, come il cuore trasmette vitalità a tutte le parti del corpo umano, così la vita eucaristica giungerà - dall'altare del sacrificio, dalla reale presenza e dalla comunione - a tutte le zone del corpo ecclesiale, e farà sentire i suoi salutari benefici persino nel complesso tessuto sociale, per mezzo dei cristiani che prolungano oggi l'azione di Cristo nel mondo.


3. L'Eucaristia deve quindi essere il centro della pastorale e deve irradiare la sua forza soprannaturale su tutti gli ambiti dell'esistenza dei cristiani: sull'evangelizzazione e la catechesi, sulla molteplice azione caritativa, sull'impegno e il rinnovamento sociale, la giustizia per tutti, incominciando dai più bisognosi, il rispetto per la vita e i diritti di ciascuno, l'impegno a favore della famiglia, della scuola, del giusto ordinamento politico e della promozione della moralità pubblica e privata.

Ma, al fine di rendere efficace l'azione eucaristica, bisogna curare sempre la degna e genuina celebrazione del mistero, secondo la dottrina e l'orientamento della Chiesa, come ho ricordato in diverse occasioni (cfr. "Dominicae Cenae", 12). In effetti, nella celebrazione eucaristica la Chiesa, oltre a partecipare dell'efficacia redentrice del mistero di Cristo, sviluppa una pedagogia della fede e della vita tramite la parola annunciata, la preghiera, i riti, tutto il complesso ed evocatore simbolismo ecclesiale della liturgia. Per questo qualsiasi manipolazione di tali elementi incide negativamente sulla pedagogia della fede, mentre la retta, attiva e coerente partecipazione liturgica, secondo le norme approvate dalla Chiesa, costruisce la fede e la vita dei fedeli.

Voglio quindi esortarvi a cercar di promuovere sempre la genuina celebrazione della liturgia, sforzandovi di seguire le indicazioni della Santa Sede e quelle che riguardano la vostra Conferenza episcopale. Ricordate in questo invito il dovere dei vescovi di essere "moderatori, promotori e custodi di tutta la vita liturgica" nelle loro rispettive diocesi (cfr. CIC 835 § 1 e CIC 838 § 4).


4. Il tema della liturgia e dell'Eucaristia mi porta a condividere con voi la gioia del fiorire pieno di speranza di nuove vocazioni nella vostra patria.

Rendiamo grazie al Signore delle messi e continuiamo a chiedere con fiducia che invii operai alle sue messi.

E' naturale che con il fiorire di nuove vocazioni si faccia più pressante il compito di un'adeguata formazione che risponda alle necessità della Chiesa e della vostra nazione oggi. Frutto della vostra responsabilità di pastori sono le "Norme per i seminari della Repubblica argentina", recentemente approvate dalla Santa Sede.

Vi raccomando la loro fedele osservanza nei seminari, affinché i futuri sacerdoti si formino con solidi criteri dottrinali, pastorali, spirituali e umani.

In questo sforzo potreste forse sentire il bisogno di qualche valutazione o bilancio per meglio esaminare il cammino ecclesiale percorso.

Contemporaneamente chiedo a ciascuno di guidare personalmente i vostri seminaristi, con la presenza e il dialogo, con una vicinanza tale che vi permetta di conoscerli e frequentarli, per interessarli ai problemi e alle necessità pastorali della diocesi. Si andrà creando così quella comunione con il vescovo che è garanzia di vita sacerdotale feconda e di un apostolato veramente radicato nella Chiesa locale.


5. Una priorità apostolica in cui con chiaroveggente prospettiva futura vi state impegnando è la pastorale della gioventù. Si tratta di un'opzione già approvata a Puebla e che ha un significato particolare in tutta l'America Latina. So che state lavorando a un piano quinquennale di pastorale giovanile e che il prossimo anno, a motivo dell'Anno internazionale dei giovani, sarà un punto decisivo nella sfida evangelica lanciata ai giovani cristiani della vostra patria: costruire una civiltà d'amore.

Nell'incoraggiarvi in questo cammino vorrei trasmettervi la fiducia che ho riposto nei giovani, che ho chiamato "speranza della Chiesa e del Papa".

Desidero ricordarvi che alla fine dell'Anno Santo della redenzione ho messo simbolicamente nelle loro mani la croce, raccomandando alla loro generosità d'essere testimoni di Cristo tra gli uomini del nostro tempo.

In preparazione al quinto centenario dell'evangelizzazione in America Latina, che ho appena inaugurato a Santo Domingo, i giovani devono essere i privilegiati destinatari del messaggio evangelico, affinché siano anche ferventi protagonisti di una nuova evangelizzazione negli ultimi lustri di questo secolo.

Abbiate fiducia nei giovani. Sono generosi. Fate sentir loro la portata di un amore sincero che li educhi alla verità e che sia nel contempo esigente come lo fu per Cristo. Riceverete una vibrante e totale risposta. Rendeteli vostri collaboratori nel campo della catechesi, della carità, della scuola, dell'impegno sociale. Non vi deluderanno, se prima di tutto sarete capaci di infondere in essi l'immenso amore di Dio per l'uomo e per la Chiesa, per il Cristo vivo che oggi vi interpella, chiedendo loro amore, testimonianza e generoso servizio.


6. In questa prospettiva di ottimismo cristiano vi esorto alla speranza, cosciente delle difficoltà esterne che trovate nel vostro ambiente e che anche le vostre comunità ecclesiali sperimentano. E' l'ora della testimonianza ecclesiale e sociale dei cristiani, che con generosità devono contribuire a elevare in tutti i sensi la società argentina, così ricca di valori umani e cristiani.

Siate voi i primi seminatori di pace, di riconciliazione, di giustizia, di rispetto per i diritti di ciascuno, di incoraggiamento e solidarietà. Che la vostra carità pastorale, animata dalla grazia dello Spirito, sia instancabile nella promozione di iniziative di comunione e partecipazione. A questo proposito sollecito in particolar modo a promuovere e tutelare l'efficacia della scuola cattolica, che tanto ha dato e può dare alla società argentina a partire dalla propria identità e da una giusta dimensione di libertà legale, in accordo con i principi e i diritti riconosciuti in una società veramente democratica.

Non potrei concludere questo incontro senza menzionare la firma del Trattato di pace e amicizia tra Argentina e Cile. Come ho avuto opportunità di dire ieri alle Delegazioni argentina e cilena, la rilevante presenza dei due episcopati nell'atto di stipulare il Trattato di pace e amicizia mi richiama la sollecitudine di entrambe le Chiese nei momenti difficili del 1978, al fine di incontrare vie pacifiche per una soluzione. In questa presenza intravedo anche la decisa volontà, che non posso fare a meno di incoraggiare, favorire e promuovere, negli ambiti propri del servizio pastorale, tutto ciò che possa contribuire a rendere reali e ancor più vive le relazioni di fraternità, di comprensione e collaborazione, che essendo state oggetto di tale mediazione, il Trattato riflette.

Cari fratelli: contate sempre sulla mia preghiera, a cui si unisce il ricordo incancellabile della mia breve visita in Argentina e il desiderio di ritornarvi. Portate ai vostri sacerdoti, seminaristi, religiosi, religiose, alle famiglie, ai bimbi, ai giovani, ai laici cristiani il saluto affettuoso. Chiedo alla Santissima Vergine di Lujan, patrona del popolo argentino, che sia per voi e per i vostri fedeli, come la invochiamo nella Salve Regina, "vita, dolcezza e speranza nostra". E che vi conforti nei vostri propositi la mia benedizione apostolica, che estendo volentieri alle vostre comunità cristiane.

Data: 1984-12-01 Data estesa: Sabato 1 Dicembre 1984






GPII 1984 Insegnamenti - A ministri della sanità centroamericani - Città del Vaticano (Roma)