GPII 1985 Insegnamenti - Terminati gli esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Terminati gli esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un momento privilegiato di preghiera nella vita della Curia

Sia lodato Gesù Cristo.

Vogliamo adesso ringraziare il Signore per questi giorni; vogliamo ringraziarlo cantando il Magnificat. Lo ringraziamo per la sua presenza in mezzo a noi; per essere egli con noi, qui riuniti nel cenacolo del Vaticano; riuniti per ascoltare la sua parola: quella detta dal di fuori e quella detta dentro di noi con le luci che vengono dallo Spirito Santo, così come ci ha augurato il nostro predicatore la prima sera di questi esercizi.

Mentre ringraziamo il Signore, vogliamo esprimere il nostro sentito grazie anche a colui che ha voluto farsi carico del compito di predicatore, cioè del ministero della parola di Dio, della parola degli esercizi spirituali in Vaticano. Questo grazie di tutti noi va al carissimo monsignor Achille Glorieux, che ha accettato questo compito e questo ministero nell'anno 1985, all'inizio della Quaresima. Egli ci ha parlato con grande semplicità della fede, ha confessato davanti a noi e con noi il Credo, il simbolo apostolico in tutti i suoi articoli, con grande semplicità, cercando di risalire sempre alle fonti della parola divina, le fonti bibliche, e, d'altra parte, cercando di presentare queste verità sullo sfondo della situazione odierna del mondo e della Chiesa. Si è sentito che si trattava di persona che ha lavorato molto nel Concilio Vaticano II e, poi, nel periodo post-conciliare, nella prima fase di vita del Consiglio per i laici. Si è sentita tutta quella esperienza conciliare e anche pastorale, specialmente nel campo dell'apostolato dei laici. Ma si è sentita poi un'altra esperienza: quella del nunzio apostolico. Era mio desiderio che almeno una volta un nunzio apostolico potesse essere il predicatore degli esercizi spirituali in Vaticano.

Ringraziamo per i molti aspetti delle considerazioni che provenivano espressamente dalla sua esperienza pastorale, legata alla missione diplomatica; ma come diceva a lei, caro monsignore, Paolo VI, questa missione è sempre pastorale, è partecipazione alla missione pastorale del Vescovo di Roma. Un valore eccezionale hanno avuto per noi i suoi riferimenti al mondo musulmano, nel quale si è svolto tutto il suo servizio diplomatico. Ringraziamo per il modo semplice e devoto, pieno di fede, con il quale ella ci ha voluto presentare gli articoli del nostro Credo, il simbolo apostolico della nostra fede.

Il predicatore è come un seminatore. Certamente, il seminatore si trova sempre davanti a un mistero: quello della crescita, quello della maturazione, quello dei frutti. Ma come il seminatore, anche il predicatore lascia tutto questo alla provvidenza misericordiosa di Dio, all'opera dello Spirito Santo. Noi tutti, grati per il suo servizio, vogliamo solamente pregare che questi frutti non manchino in noi, nelle nostre anime, nella nostra vita personale, sacerdotale, e nella nostra vita comunitaria, nella Curia romana.

Gli esercizi spirituali sono ogni anno un momento privilegiato della vita di questo organismo. Dobbiamo anche per quest'anno ringraziare il Signore per averci dato questo privilegio, per averci consentito di essere insieme, di pregare insieme, di vivere ogni giorno insieme, nella preghiera davanti a Gesù Eucaristia presente tra noi, e con la mediazione della Madre sua e nostra, Maria santissima.

Ecco, vogliamo adesso riprendere le parole del Magnificat per esprimere tutta la nostra gratitudine per queste grandi cose, "magnalia Dei", che il Signore ci ha dato, ci ha manifestato e ci ha concesso di vivere. Ringraziando il predicatore, voglio ringraziare anche tutti i miei fratelli cardinali, i confratelli nell'episcopato e nel sacerdozio per questa comunione e per la preghiera di ogni giorno secondo le intenzioni del Papa, Vescovo di Roma, e della sua missione nella Chiesa e nel mondo.

Data: 1985-03-02 Data estesa: Sabato 2 Marzo 1985


Alle Chiese del Medio Oriente - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unione tra i cristiani fonte di speranza

Ai venerabili patriarchi e ai responsabili delle Chiese del Medio Oriente.

Avendo appreso che, da tutto il Medio Oriente, avete deciso di riunirvi insieme per testimoniare la speranza cristiana, desidero esprimervi la mia gioia e associarmi a voi tramite il presidente del nostro Segretariato per l'unità, il caro cardinale Jean Willebrands.

Questa vostra assemblea, unica senza dubbio fino ad oggi nella storia delle vostre Chiese, esprime certamente l'unità che già esiste tra i cristiani del Medio Oriente e che vuol essere una testimonianza d'amore, al servizio di tutti gli uomini, ma è anche un segno dell'azione dello Spirito Santo in mezzo ai suoi, poiché fa prender loro nuova coscienza dell'urgenza di pervenire ad una completa unità.

Scegliendo come tema del vostro incontro l'espressione di san Pietro: "Per una speranza viva" (1P 1,3), voi date un orientamento ai vostri lavori e indicate la via per rispondere alle aspirazioni di tutte le Chiese sul cammino della giustizia e della pace. "La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).

Progredendo nella carità divina, voi non deluderete le aspettative dei cristiani del Medio Oriente perché la vostra assemblea sarà una nuova tappa dello sviluppo della collaborazione e della testimonianza sempre più necessarie tra i cristiani. Quando in diverse maniere noi ci sforziamo di ritrovare l'unità in una medesima professione della fede apostolica, è possibile già da oggi l'unità nella carità. Il dialogo della carità, del resto, crea il clima necessario al progresso del dialogo dottrinale. Nella vita quotidiana, numerose situazioni pastorali ci spronano a lavorare insieme. Auspico che, in un'atmosfera di crescente fiducia e lealtà, le vostre Chiese possano sviluppare una collaborazione ancora più feconda nel servizio pastorale per i bambini e i giovani nel quadro della formazione cristiana e dei movimenti della gioventù, per le famiglie fondate su un matrimonio misto, per i malati e tutti coloro che sono nel bisogno, e nel vasto ambito dell'educazione e della cultura.

Fortificati da questa carità che li unisce sempre più, i fedeli delle Chiese del Medio Oriente sapranno esercitare, nelle situazioni di sofferenza e di conflitto che continuano ad affliggere la loro regione, il ruolo loro proprio: essere i responsabili della speranza che ci viene da Cristo risorto e dare testimonianza di una comunità unita, desiderosa di superare le opposizioni create dalla guerra o dalla mancanza di fiducia reciproca. Potranno così lavorare sempre di più con tutti i credenti al servizio dei valori inestimabili della pace, della giustizia e del bene comune.

Il vasto programma tracciato da Dio per ricomporre l'unità tra tutti i cristiani e per permettere a tutti gli uomini di vivere nella dignità e nella concordia supera le nostre forze e le nostre capacità umane. così, vi assicuro di unirmi alla vostra preghiera, domandando che vi siano date in abbondanza la luce e la forza dello Spirito Santo. Siate certi, cari e venerati fratelli, della mia profonda carità fraterna.

Data: 1985-03-02 Data estesa: Sabato 2 Marzo 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vera conversione esige atti di penitenza

"Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo" (Mc 9,7).


1. Al compiersi della Trasfigurazione, come già all'atto del Battesimo nelle acque del Giordano, il Padre celeste rende a Gesù la solenne testimonianza: "Questi è il Figlio mio prediletto". Ma qui, sul monte della Trasfigurazione, dove lo contempliamo con la liturgia odierna, Dio Padre aggiunge un comando preciso: "Ascoltatelo". Ascoltare il Figlio di Dio significa innanzitutto accogliere l'imperativo preliminare che, fin dagli inizi del suo ministero pubblico, egli bandisce come proclama dei tempi nuovi: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Quell'imperativo, carissimi fratelli e sorelle, risuona con toni particolarmente pressanti durante la Quaresima. L'itinerario quaresimale è tutto orientato alla conversione del cuore e cioè a quella trasformazione profonda del modo di pensare e di vivere, che strappa l'uomo agli schemi e alle abitudini mondane per plasmarlo sul modello di Cristo.

La conversione del cuore non può quindi non includere la penitenza. In un certo senso, come ho illustrato nell'esortazione apostolica "Reconciliatio et Paenitentia", essa ne è l'elemento principale, anzi l'elemento costitutivo. "La penitenza significa l'intimo cambiamento del cuore sotto l'influsso della parola di Dio e nella prospettiva del regno", essa è l'impegno a "ristabilire l'equilibrio e l'armonia rotti dal peccato" e quindi a "cambiare direzione anche a costo di sacrificio".


2. Gli intenti di conversione e di pentimento, per essere autentici e duraturi, devono tradursi in atti concreti di penitenza. Tra ciò che l'uomo è nel proprio intimo e le azioni che costituiscono la trama della sua esistenza, non può non intercorrere una coerenza fedele e limpida. "La penitenza, pertanto, è la conversione che passa dal cuore alle opere e, quindi, all'intera vita del cristiano" (RP 4).

Uno stile di vita sinceramente improntato alla Quaresima dedica ampio spazio alle opere di penitenza. E' uno stile di austerità, di autodisciplina, di misurate privazioni volte a temprare la volontà. Si comincia con l'accettare in serenità le sofferenze che il vivere quotidiano richiede inevitabilmente come conseguenza della condizione di creature in vario modo limitate. Si arriva a cercare intenzionalmente le occasioni di penitenza e di mortificazione, nel convincimento sempre più profondo che esse sono fonte di quella spirituale ricchezza che impreziosisce la vita.

Il binomio conversione-penitenza, lealmente vissuto nella sua duplice dimensione intima ed esteriore, colloca il cristiano sulle orme del Maestro divino che, attraverso la passione, giunge al sepolcro e all'alba pasquale. E' l'itinerario al quale la Quaresima ci chiama. Ci accompagni in esso la materna protezione di Maria santissima.

[Dopo la preghiera:] Per la domenica delle Palme giungeranno a Roma giovani di ogni parte del mondo per il programmato incontro internazionale. So che la comunità diocesana di Roma - d'intesa col Pontificio consiglio per i laici - è impegnata nel preparare un'adeguata accoglienza dei numerosi giovani che verranno.

Mentre mi congratulo con le famiglie che, per l'occasione, già si sono offerte di ospitare qualche ragazzo o ragazza, esorto quanti ne hanno la possibilità a imitare il loro esempio. Il mio invito si rivolge in particolare agli istituti religiosi della città e dei dintorni, perché aprano generosamente le porte delle loro case, così che tutti coloro che in quel giorno verranno a Roma in pellegrinaggio possano trovare un tetto che li accolga con cordiale ospitalità e tale testimonianza antica e sempre attuale di carità diventi fonte di gioia per tutti.

Si conclude in questi giorni la celebrazione del sesto centenario della nascita di santa Francesca Romana, vissuta a Roma agli albori del Rinascimento e compatrona di questa città. Il suo carisma di carità e consacrazione vive tuttora nella comunità delle Oblate di Tor de' Specchi, da lei fondata. Mi auguro che la testimonianza della sua vita valga come esempio anche per il nostro secolo e per ogni donna cristiana, poiché ella fu modello di grande carità e di profondo spirito di fede prima come sposa e madre, e poi come religiosa e contemplativa.

Data: 1985-03-03 Data estesa: Domenica 3 Marzo 1985





Omelia nella parrocchia di San Tarcisio - IV Miglio (Roma)

Titolo: Essere nel territorio fermento di elevazione spirituale

"[Dio], che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi..." (Rm 8,32).


1. Il periodo di Quaresima, ancor più che qualsiasi altro, pone dinanzi agli occhi della nostra fede e delle nostre coscienze questa verità, questa immagine di Dio, che dà il proprio Figlio in sacrificio per i peccati dell'uomo. Sulla croce. Nella morte. Non lo risparmia, ma lo dà.

Dio, nel quale in modo mirabile si incontrano e si compenetrano reciprocamente la giustizia e la misericordia. E' rigorosamente giusto dinanzi al peccato. E' infinitamente misericordioso dinanzi ai peccatori. Perciò "non risparmia" il Figlio. E il Figlio "non risparmia" se stesso. Dona se stesso in sacrificio come "vittima divina" della giustizia e della misericordia.


2. Verso quel Dio, Padre e Figlio, si rivolge la liturgia della Chiesa in Quaresima, in particolare nell'odierna domenica. Lo dimostra già la prima lettura del libro della Genesi dove - nel sacrificio di Abramo - troviamo una "prefigurazione", cioè una figura e un preannunzio, in un certo senso un lontano delineamento, di quell'inscrutabile mistero della croce. Questo sacrificio di Abramo è soltanto una prova di fede per colui che l'apostolo ha chiamato "padre della nostra fede" (cfr. Rm 4,11). Abramo, mediante la fede, arrivo ad avere un discendente ed erede in Isacco. E pure mediante la fede - basandosi sull'obbedienza rigorosa verso Dio - era pronto ad offrire in sacrificio a Dio quel primogenito e unico figlio.

Entro questi limiti, Abramo-padre ha una certa qual somiglianza a Dio-Padre, e Isacco, il figlio, è un'immagine di Cristo-figlio. Tuttavia, soltanto entro questi limiti. Nell'ambito di una prova di obbedienza e di sincerità d'intenzione. Infatti, in definitiva, Dio non permette ad Abramo di sacrificare Isacco. "Non stendere la mano contro il ragazzo - dice - e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio" (temere significa aver fede) "e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio" (Gn 22,12). E Abramo offre in sacrificio un agnello al posto di suo figlio.


3. Invece il suo proprio Figlio "Dio non lo ha risparmiato, ma lo ha dato per tutti noi". così annunzia san Paolo scrivendo ai Romani. E su questo sfondo egli pone una serie di domande fondamentali. Prima di tutto: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?". E, dando il proprio Figlio, Dio rivela che è con noi. Rivela che è pronto a perdonarci tutto: se ci offre il Figlio in olocausto, "come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rm 8,31-32).

Dio - Padre del Figlio crocifisso - è Dio "ricco di misericordia" (Ep 2,4). E in pari tempo un Dio giustissimo, che ha preso personalmente su di sé il problema della giustificazione dell'uomo, dell'uomo peccatore. E perciò l'apostolo domanda: "Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica" (Rm 8,33). Si sa che se egli stesso giustifica, questo vuol dire che non vuole accusare. Vuole salvare.

Non vuole condannare. "Chi condannerà?" domanda l'apostolo. "Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?" (Rm 8,34).


4. La liturgia di Quaresima contiene in sé una chiamata radicale nei confronti di ciascuno di noi. Meditiamo fino in fondo il problema del peccato! Meditiamo fino in fondo il problema della colpa dell'uomo dinanzi a Dio! Questo problema è stato offuscato e svilito alquanto nella coscienza contemporanea. La Quaresima è tempo di una particolare conversione. Convertirsi vuol dire scoprire la malizia del peccato. Riscoprirla nella propria coscienza. Mettere in moto per questo fine tutti i criteri umani. Ma i criteri umani qui non bastano. Il male del peccato si svela nella sua pienezza solo quando pensiamo ad esso alla luce del mistero del Padre, "che non ha risparmiato il proprio Figlio". Solo allora comprendiamo la profondità del male, quando diventa palese per noi il bisogno della giustificazione del peccato da parte di Dio stesso. Solo allora ci avviciniamo alla croce di Cristo, affinché si dimostri l'infinità dell'amore misericordioso, che compie ogni misura della giustizia e del giudizio! 5. La liturgia di Quaresima contiene in sé questo invito. A questo invito corrisponde l'enciclica "Dives in Misericordia", che può essere letta e meditata come commento alla liturgia di Quaresima. Questo periodo ci introduce gradatamente nel cuore stesso del mistero pasquale. Anche per questo il Vangelo dell'odierna domenica presenta la Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor.

Il Dio di Abramo non ha accolto il sacrificio della vita di Isacco. Il Dio e Padre di Gesù Cristo accoglie invece il sacrificio della vita del suo Figlio. Il Padre e il Figlio, in questo sacrificio, iniziano a compiere la giustificazione dell'uomo. Al fine di preparare gli apostoli all'orribile morte di Cristo sulla croce, Dio permette loro di gustare quasi in anticipo la gloria della sua risurrezione nella Trasfigurazione sul monte Tabor. Li, dal centro della nube luminosa, si sente la voce del Padre (come dopo il Battesimo nel Giordano): "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo" (Mc 9,7). La morte sulla croce sarà una prova terribile e una spogliazione del Figlio di Dio. Tuttavia diventerà in pari tempo l'inizio della nuova vita. Cristo ritornerà nella gloria del Padre.


6. Ecco i principali pensieri della liturgia quaresimale, che ho desiderato meditare con voi, cari fratelli e sorelle della parrocchia di San Tarcisio. A voi tutti qui presenti rivolgo, insieme al cardinale vicario e al vescovo ausiliare del settore, il mio cordiale saluto: al parroco e alla comunità francescana, al consiglio pastorale, ai gruppi parrocchiali, alla rappresentanza delle numerose religiose, ai membri del Pontificio collegio sloveno.

A tutti voi, cari fedeli, il mio pensiero affettuoso e benedicente. Alle vostre famiglie, ai giovani, agli anziani, ai bambini, ai malati, a tutti coloro che con buona volontà operano nel territorio parrocchiale per una convivenza umana e civile più giusta e più serena, per tenere lontana ogni forma di pericolo o di offesa alla dignità delle persone e al bene comune. Possa, nell'ambito di queste imprescindibili esigenze di promozione umana, consolidarsi sempre più un dialogo fecondo di risultati concreti! 7. La comunità parrocchiale è dotata da Dio di forze soprannaturali che le consentono di fare da fermento su tutto l'ambito del suo territorio per un'elevazione continua della vita morale dell'ambiente, nonostante le difficoltà.

So come la vostra comunità punta molto sui valori della liturgia, della catechesi, dell'evangelizzazione. Molto bene! Vi incoraggio a continuare, con rinnovato impegno. E sappiate attendere i frutti con pazienza. Il Vangelo, e in particolare la liturgia di oggi, ci insegnano che occorre in qualche modo "morire" per dare la vita. Sull'esempio di nostro Signore. Dobbiamo imitare il suo sacrificio, nella certezza che i risultati verranno.

Il sacrificio evangelico per i fratelli non ci impoverisce, ma ci fa crescere. Non ci spoglia della nostra dignità o dei nostri autentici interessi; al contrario, ci spoglia dell'"uomo vecchio" e rafforza in noi l'"uomo nuovo". Non temiamo di seguire in ciò l'esempio di nostro Signore, della Madonna e dei santi, e la nostra azione sarà straordinariamente feconda.

Tra i santi, avete come modello, in modo speciale, san Tarcisio, al quale è dedicata la vostra parrocchia. Egli dono la sua vita per la santissima Eucaristia, perché sapeva che il pane eucaristico è la fonte della vita.

L'alimento divino che il Padre in Cristo ci offre possa sostenere anche la vostra azione al servizio del Signore e per il bene dei fratelli.


8. Cari fratelli e sorelle! Desidero ardentemente che questa visita alla vostra parrocchia e la comune meditazione del mistero della morte salvifica del Figlio di Dio risveglino in voi una vita di profonda fede. "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?".

E Dio è con noi. Infatti "non ha risparmiato il proprio Figlio". E noi, rispondiamo a ciò? Siamo noi con Dio nel profondo dei nostri pensieri, delle nostre opere e delle nostre coscienze? Siamo con Dio così come egli lo "chiede"? Egli, "che ha dato il proprio Figlio per tutti noi"? Siamo con Dio? [All'inizio della visita pastorale:] Io vi saluto di cuore. Saluto di cuore questo quartiere e questa parrocchia che porta il gran nome del giovane martire san Tarcisio. Saluto tutti i presenti, che sono molti; saluto tutti senza alcuna eccezione, anche quelli che non sono in questa assemblea. E' per me una grande gioia visitare questa parrocchia romana che ha già una sua età, i suoi meriti, un suo sviluppo e che sempre si mantiene fedele a Cristo, il nostro Pastore buono. E' nel suo nome che io vengo; nel nome di Cristo, il Buon Pastore, che cerca di raccogliere nel suo ovile tutti, anche quelli che ne sono restati fuori. Saluto tutti voi e tutti coloro che fanno parte di questa parrocchia, di questo quartiere. Vi saluto come Vescovo di Roma, ed esprimo la mia grande gioia di poter essere oggi tra voi, di poter visitare questa parrocchia, di poter abbracciare i vostri bambini e salutare tutte le generazioni, cominciando dai più anziani, dai nonni, e poi i genitori, i giovani, i bambini. Che il Signore benedica questa visita, che la faccia diventare un'opera di pastore, non del pastore-Papa ma del Buon Pastore Cristo Gesù. Lui sia presente tramite la mia presenza e sia operante tramite il mio umile ministero pastorale. Voglio benedire tutti i presenti e tutti gli appartenenti a questa comunità insieme con il cardinale vicario e con il vescovo ausiliare.

[Ai bambini:] Vedo un po' tutte le generazioni riunite in questa chiesa che è il punto centrale della vostra parrocchia e vi ringrazio per la bella e cordiale accoglienza. Mi avete accolto non solamente come un Papa ma come un papà.

Anch'io vi incontro nello stesso spirito. Abbracciando voi tutti e abbracciando i più piccoli perché siamo della stessa famiglia. Gesù ci ha costituito in una sola famiglia e ci ha lasciato per pregare come famiglia una preghiera per il nostro Padre, e questa è la preghiera più conosciuta e più recitata in tutto il mondo: "Padre nostro che sei nei cieli...".

Vi auguro una buona vita cristiana e una buona Quaresima. Voi sapete che cos'è la Quaresima? E' un periodo di quaranta giorni che ogni anno ci ricorda la Quaresima di Gesù, quei quaranta giorni che lui ha passato digiunando e durante i quali ha permesso di essere tentato per mostrare a noi che dobbiamo vincere le tentazioni. Queste tentazioni si vincono soprattutto con la preghiera, con il digiuno e poi anche con le buone opere di carità. Vi auguro di vivere questa Quaresima in un spirito veramente cristiano, così come Gesù Cristo ha insegnato con la sua Quaresima. Vivete questa Quaresima facendo il bene e vincendo il male per prepararvi alle feste; le feste massime dell'anno liturgico: la Pasqua di risurrezione di Gesù. Un ricordo liturgico che ricorre ogni anno per confermarci la speranza della nostra risurrezione. Io vi auguro di vivere così la vostra Quaresima in questa parrocchia dedicata a san Tarcisio, il giovane martire. Devo ringraziare i due vostri compagni che mi hanno accolto con tante buone parole e con i fiori e che si sono dimostrati veramente solidali con tutti voi e anche con i vostri pastori, ricordandomi di visitare uno di loro che è gravemente malato, padre Nicolo. Io vi auguro di vivere sempre cristianamente la domenica. Oggi è domenica, una domenica di Quaresima. Ma che cosa si deve fare la domenica? E che cosa non si deve fare? Si, giusto, non si deve lavorare, bisogna essere liberi, perché siamo figli di Dio e come tali dobbiamo manifestare questa libertà. E che cosa si deve fare la domenica? Si, ho sentito tante risposte.

Dicono che bisogna andare in chiesa. E per fare che cosa in chiesa? Per pregare, è vero. Ma per pregare si potrebbe andare anche fuori, nei campi, sulle montagne. In chiesa si deve andare per partecipare alla santa messa, si deve partecipare all'Eucaristia. E' questo che deve riunire tutti i cristiani la domenica perché domenica vuol dire "dies Domini", giorno del Signore, e noi celebriamo il giorno del Signore partecipando alla risurrezione del Signore che viene rinnovata tramite la santissima Eucaristia, nella santa messa. Questo è un compito, questo è un dovere di tutti i cristiani. E questo è anche un privilegio di tutti i cristiani che possono, devono partecipare alla santa Eucaristia, alla santa messa, ogni domenica. Naturalmente si deve pregare, si deve lasciare spazio per la preghiera, per manifestazioni, incontri, ma al centro deve essere sempre la santa messa. Io dico a voi tutti, ai giovani, agli adulti, ai genitori che la santa messa deve stare al centro della vita nel giorno della festa. Vi benedico tutti.

[Al termine della celebrazione eucaristica. Alle religiose:] Voi avete già scelto quello che significa il regno dei cieli; avete scelto la strada che conduce verso questo regno. Il vostro cammino, la vostra scelta, la testimonianza che offrite sono importantissimi, necessari per la Chiesa. E' un elemento costitutivo della Chiesa nella sua universalità. Quando leggo i rapporti della diocesi leggo il numero degli abitanti, dei cattolici, delle parrocchie e poi leggo il numero delle suore, delle religiose. Si deve dire che normalmente sono tanto numerose. Sono più numerose le suore che i sacerdoti. E' questa anche una prova della Provvidenza. Conservate questo vostro ruolo nella parrocchia, nel quartiere, continuando a prestare la vostra testimonianza e il vostro ministero.

[Ai membri del consiglio pastorale:] Lei ha definito molto bene quella che è la natura stessa del consiglio pastorale. Vi auguro di lavorare qui nel vostro ambiente con il parroco per cercare di aiutare la comunità della vostra parrocchia a trovare sempre più la sua identità cristiana e romana. Oggi si cerca molto l'identità. Ci sono molti che dicono di non poterla trovare, di averla perduta. E' una cosa importante anche dal punto di vista psicologico, per una persona, trovare la propria identità. Ma ora noi parliamo di una comunità. E anche questa deve avere una sua identità. Specialmente dopo cinquant'anni, questa identità è importante per poter proseguire un cammino normale, per poter avere una vita pienamente rispondente a quella di una parrocchia, di una comunità cristiana.

Vi ringrazio di aver accettato di svolgere questo compito nel consiglio pastorale.

Vi auguro anche di poter sviluppare sempre più la vostra formazione personale, la vostra personalità che deve essere rafforzata dall'adempimento dei compiti che avete scelto di assolvere.

[Agli insegnanti:] Vi incontro con grande piacere e vi sono riconoscente per la vostra visita. Io faccio visita alla parrocchia e voi fate visita a me.

Capisco bene qual è la responsabilità che voi portate nella vostra professione, in quello che costituisce il lavoro di ogni giorno della vostra vita, e voglio dirvi che come insegnanti siete anche maestri. Voi sapete bene che Cristo era chiamato Maestro, insegnante. Era veramente un Maestro. Voi insegnate diverse materie; Cristo insegnava il regno di Dio, insegnava la buona novella, ma soprattutto insegnava la verità. Anzi, diceva: "Io sono la verità". Insegnando qualsiasi materia si deve sempre pensare a questa verità a cui noi avviciniamo le menti, le intelligenze dei nostri allievi, di quelli che ci ascoltano, di tutti coloro dei quali noi siamo insegnanti e maestri. Io vi auguro di vedere sempre Cristo davanti a voi come Maestro di verità. così che anche voi possiate sempre guidare i giovani nel cammino della verità, della giustizia, dell'amore, delle virtù. Ecco questa è la vostra vocazione. In questa vocazione voi siete molto vicini alla Chiesa. Siete naturalmente rappresentanti soprattutto della società, del popolo italiano che tramite voi compie questo grande compito di educare le nuove generazioni, di farle crescere spiritualmente. Ripeto pero che siete molto vicini alla Chiesa perché anche la Chiesa è "mater et magistra". Voglio augurare a tutti i presenti tutta la grazia dello stato della vostra vocazione. Benedico voi, le vostre famiglie e le scuole, gli ambienti dove lavorate.

[Ai gruppi di apostolato:] In tutti questi vostri gruppi, impegnati in vario modo e con differenti carismi nella comunità parrocchiale, deve sempre essere presente l'apostolato; l'apostolato che deve essere radicato nella spiritualità, nella preghiera. L'apostolato nella Chiesa è infatti attuato da quanti sono impegnati nella pastorale, nell'azione evangelizzatrice, ma anche e forse soprattutto dalle anime dedicate completamente alla preghiera. Voglio esprimere la mia soddisfazione per il fatto che voi siete presenti in questa comunità cristiana, in questa parrocchia, perché qui siete un po' come il lievito che deve trasformare la massa. Voi dovete trasformare, dovete far vivere la massa della parrocchia. Dovete in un certo senso evangelizzare, cristianizzare, dovete far diventare i cristiani più cristiani. Vi ringrazio di aver risposto a questa vocazione, alla chiamata del Signore. Vi auguro di proseguire nella strada dell'apostolato. E vi auguro di portare avanti anche voi stessi, di crescere interiormente, spiritualmente, per poter far crescere la Chiesa intorno a voi, in mezzo ai vostri fratelli. Vi auguro di trovare in queste forme di vita comunitaria che svolgete all'interno della parrocchia la vostra pace e il vostro bene. Pace e bene sono i frutti della carità, vi auguro questi frutti; che crescano in voi stessi e, tramite voi, in tutti gli altri.

[Ai soci del circolo bocciofilo:] La vostra accoglienza, la presenza vostra e delle vostre famiglie, qui, nel circolo bocciofilo "San Tarcisio", mi ha fatto pensare se Gesù aveva mai pensato a una forma di apostolato da svolgersi attraverso un circolo di bocciofili. Sicuramente lui non avrà mai pensato a ciò, ma Gesù è venuto a santificare tutto e certamente ha pensato anche a ogni forma di santificazione del riposo. Anche questa vostra attività, nella quale vi impegnate nel tempo libero, serve a fare apostolato, perché l'apostolato è tutto ciò che ci fa essere cristiani più convinti, più maturi: direi, cristiani più cristiani. Vi auguro, carissimi, di trovare in questa vostra associazione, in questo circolo, il perfezionamento della vostra vita cristiana: di essere più cristiani e più umani insieme.

[Alle comunità neocatecumenali:] Io vi conosco. Vi incontro in diverse parrocchie di Roma, vi incontro anche in diversi Paesi del mondo. E' molto facile identificarvi, perché quando cominciano a suonare le chitarre e quando si ripete quel canto caratteristico dei neocatecumenali, in qualsiasi angolo del mondo il Papa sa subito chi sono e si rallegra. Si rallegra dappertutto e si rallegra anche in questa parrocchia. Io ho parlato più volte alle diverse comunità neocatecumenali, in diverse parti di Roma, e ormai so benissimo che sono due gli elementi caratterizzanti il vostro carisma. Il primo è un entusiasmo della fede.

Entusiasmo della fede ritrovata. Della fede ritrovata anche in quelli che l'avevano da sempre, forse anche la fede vissuta, la fede praticata; in quelli che erano onesti e bravi cristiani, più o meno. Una volta ritrovata - ritrovata nel suo significato pieno, nel suo mistero, nella sua soprannaturale grandezza - la fede crea l'entusiasmo. Questo entusiasmo della fede è tanto necessario per la nostra epoca. La nostra epoca fredda, indifferente, la nostra epoca che non vuole impegnarsi, che dice delle verità della fede, di Dio, di Cristo: "chissà, può essere". Ci vuole questo entusiasmo, questa convinzione personale che solamente è capace di convincere anche gli altri.

Poi, la seconda cosa che penso appartenga al vostro carisma è la conversione radicale. Io ho sentito le vostre due testimonianze, specialmente la prima, con una profonda commozione e ho pensato subito: abbiamo un'altra testimonianza di Paolo di Tarso. Uno che era andato contro, che voleva addirittura uccidere Gesù, distruggere il cristianesimo. Poi, in un momento, ha ritrovato Gesù risorto, è diventato suo discepolo, il suo apostolo più zelante, più efficace.

Allora io penso che la nostra epoca - in cui tante persone hanno perduto la fede e hanno intrapreso un'altra via seguendo ideologie e sistemi filosofici, trovando anche associazioni e organizzazioni che offrono un programma antireligioso - la nostra epoca ha bisogno di conversioni radicali del tipo di quella di Paolo di Tarso.

Io vi vedo con grande piacere e penso che siete tanto necessari nella Chiesa di oggi, nel mondo di oggi. Dovete solamente continuare a coltivare i vostri carismi e approfondire la vostra identità mantenendovi sempre molto vicini ai pastori della Chiesa e sempre seguendo quella grazia specifica che appartiene all'identità delle comunità neocatecumenali.

[Ai giovani che avevano proposto una rappresentazione del Cantico delle creature:] Vi ringrazio per l'accoglienza e per il programma che avete preparato per questo incontro. Un programma significativo perché la parrocchia è affidata ai figli di san Francesco; ci voleva quindi un programma francescano e voi lo avete rappresentato artisticamente: il Cantico delle creature. Voglio perciò augurarvi, nello spirito di san Francesco, di essere amanti della creazione, di saper vivere tutte le ricchezze enormi della creazione, di saper lodare Dio creatore tramite le sue creature, come sapeva fare san Francesco. Questa, si può dire, è la vocazione principale dell'uomo, perché è prerogativa dell'uomo saper esprimere la gratitudine al Creatore guardando le sue opere, guardando la creazione, le creature. L'uomo è chiamato ad essere la voce di tutta la creazione che non ha voce; ogni cosa ha la sua natura, la sua consistenza, la sua caratteristica, la sua ricchezza naturale, ma la voce ce l'ha solamente l'uomo. Naturalmente una voce intelligente capace di esprimere la gratitudine, e di esprimere la gloria di Dio che si manifesta nella grazia. Io vi auguro di vivere in questo spirito che è un elemento centrale nella spiritualità francescana.

Voi avete anche presentato, insieme con questo Cantico delle creature di san Francesco, un'ottima analisi di quello che sono i giovani e di qual è la loro situazione nel mondo contemporaneo. Avete spiegato come voi siate ricercati. Io penso che questa analisi sia molto perspicace, sia molto profonda e giusta. E' così: veramente, siete molto ricercati. Tutti vi cercano, e tutti vi presentano una proposta ideologica o una proposta esistenziale: di vivere così, di lottare così, di pensare così. Ci sono diverse proposte. Sappiamo bene quanti giovani hanno già perduto molto ascoltando alcune proposte. Sono cose che mi commuovono profondamente, come quando la voce della coscienza muove certi giovani ad accusarsi di aver ucciso, di aver ucciso pensando di fare bene, pensando che quella era la strada giusta. E' una cosa tremenda. Ma questo è solo un aspetto della realtà giovanile nel mondo d'oggi. Anche la Chiesa vi cerca, naturalmente.

Cristo vi ha cercato, e sapete bene in che modo lo ha fatto. Ma la Chiesa vi presenta naturalmente un cammino, un cammino evangelico, che ha così affascinato san Francesco e tanti altri, cominciando dal patrono della vostra parrocchia, san Tarcisio, il giovane martire che è un simbolo del legame esistenziale fra i giovani e l'Eucaristia.

Ecco, la Chiesa vi cerca per offrirvi il Vangelo, la parola della vita eterna. Pietro una volta disse a Gesù: tu hai parole di vita eterna, dove possiamo andare, tu solo hai parole di vita eterna. Questa è la proposta della Chiesa. La Chiesa vi cerca presentandovi anche le esigenze e le difficoltà di seguire la sua proposta. Rivedete ancora una volta il Vangelo, rivedete questo dialogo stupendo di Gesù con un giovane, che gli aveva chiesto: cosa devo fare io per entrare nel regno di Dio? Cristo gli ha detto: conosci i comandamenti? Se hai fatto questo seguimi. Cristo rappresenta una grande proposta, una proposta completa e non parziale. E' una proposta che abbraccia la vita umana fin dalla nascita, in ogni momento, in ogni situazione. E' una proposta concreta che pone delle esigenze chiare. Questa è la ricerca della Chiesa ed è anche la ricerca dei giovani. Una ricerca che è propria dei pastori della Chiesa.

Vi auguro, cari giovani, di abbracciare questa proposta di Gesù Cristo con sincerità, con coraggio. Per abbracciare questa proposta ci vuole un grande coraggio che forse non hanno avuto quei giovani che sono andati per altre strade, che si sono scoraggiati. Vi auguro di avere coraggio. E' stata là prima parola del mio pontificato: non abbiate paura. Dovete continuare qui in questa parrocchia e dappertutto nel cammino che avete intrapreso e vi auguro di trovare su questa strada Cristo".

Data: 1985-03-03 Data estesa: Domenica 3 Marzo 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Terminati gli esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)