GPII 1985 Insegnamenti - Al'Hospitalité Notre-Dame di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)

Al'Hospitalité Notre-Dame di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Condurre il fratello sofferente alla sorgente della speranza

Cari fratelli e sorelle dell'Hospitalité Notre-Dame di Lourdes.


1. Siete venuti a Roma, presso la tomba di Pietro, per festeggiare il centenario della vostra confraternita. E' questo un segno di comunione ecclesiale che sono lieto di sottolineare accogliendovi oggi, col vostro presidente, monsignor Henri Donze, vescovo di Tarbes e Lourdes, che ringrazio per le sue parole.

Da quando, alla grotta di Massabielle, si è ascoltato l'appello della Vergine alla preghiera e alla penitenza, da quando si sono riconosciuti i segni della misericordia, i malati sono venuti a pregare, a offrire le loro sofferenze, a chiedere sollievo, a domandare i doni della speranza e della pace del cuore.

Questi uomini e queste donne, giovani e vecchi, sono presto apparsi come i privilegiati dell'amore salvifico di Cristo e i prediletti della Madre sua, infinitamente compassionevole.

La presenza dei malati ha suscitato attorno al santuario e nei pellegrinaggi un intenso movimento di fraternità e di aiuto ad accompagnarli.

Molti di coloro che li hanno accuditi si sono legati a questo compito e l'hanno compiuto anno dopo anno. Si sono fatti carico di molti aspetti dell'animazione dei pellegrinaggi, sia sul piano spirituale che sul piano pratico. così è nata a Lourdes la vostra confraternita, presto associata a innumerevoli confraternite e impegnata nei pellegrinaggi organizzati regolarmente in Paesi dell'Europa e di altre parti del mondo.


2. Considerando ciò che rappresenta l'Hospitalité di Lourdes, mi colpisce il significato evangelico di ciò che essa compie. Vi si potrebbe scoprire una lunga serie di risposte alle parole della Madre di Gesù: "Fate quello che egli vi dirà".

Servire i malati è fare quello che il Signore aspetta da voi. E quando lo si è fatto nel corso di un pellegrinaggio, l'esperienza dell'imitazione del Signore nei tratti del buon Samaritano, come gli descrive se stesso nel Vangelo, certamente non può essere un'esperienza isolata, di un giorno. Gli animatori dell'Hospitalité tornano anno dopo anno. Inoltre, negli anni, essi prolungano la loro azione nelle comunità della loro vita quotidiana. Alla sequela del Signore, a Lourdes come in qualsiasi altro luogo, essi sanno che il soccorso fraterno portato a coloro che vivono tante diverse sofferenze implica, nello stesso tempo, un aiuto d'ordine materiale, una testimonianza di ordine spirituale, un'esperienza di comunità ecclesiale.


3. Oggi non sviluppero tutti questi aspetti; vorrei semplicemente sottolineare la ricchezza del vostro impegno. Quando i membri dell'Hospitalité pronunciano il loro atto di consacrazione, pregano la Vergine Immacolata, nella docilità allo Spirito Santo e nel fervore della fede; essi chiedono la grazia di lavorare "per confortare coloro che soffrono, per la riconciliazione degli uomini, per l'unità della Chiesa e la pace nel mondo". Con questa preghiera, voi delineate un ammirevole programma. Con voi, vorrei rendere grazie per tutto ciò che è stato realizzato in questo spirito nel corso di un secolo di vita della vostra confraternita, che si è diffusa in tanti luoghi; e vorrei con voi pregare la Madre del Signore perché vi aiuti a compiere sempre più intensamente la vostra azione e, in particolare, perché aiuti molti giovani ad accogliere l'appello evangelico della carità in tutte le sue dimensioni. Questa testimonianza deve contribuire a dare alla Chiesa un nuovo volto e ad aprire voi stessi alle diverse sollecitudini pastorali della Chiesa.


4. La vostra presenza a Roma sottolinea il carattere ecclesiale del vostro servizio di accoglienza. Possiate contribuire a questo grande aspetto della missione della Chiesa: accogliere e visitare i più poveri, i più sofferenti tra noi, accompagnarli con la discrezione che richiede la sofferenza dell'altro e il mistero del suo cammino interiore; voi li aiutate anche a ricevere la grazia salvifica del Redentore affinché, riconfortati dall'aiuto dei loro fratelli, possano essere illuminati nella fede dalla forza della speranza e dell'amore.

Questa intensa esperienza vi conduce a partecipare sempre più ai numerosi sforzi pastorali della Chiesa, anche in altri ambiti.

Per concludere, vorrei riprendere una preghiera della vostra cerimonia di impegno: "Che Dio, nostro Padre, vi aiuti a scoprire al suo servizio e a quello dei fratelli, come Maria e Bernadette, quale sia il dono della sua grazia". E dal profondo del cuore prego Dio di benedire voi, tutti i membri dell'Hospitalité di Lourdes e tutti coloro che voi servite nel nome del Signore.


5. E ora una parola di saluto agli associati di lingua italiana. Carissimi, il compito che vi siete assunti, di dedicarvi ai malati e ai disabili che vogliono accedere a Lourdes per il pellegrinaggio, risponde a un appello evangelico.

Possiamo dire che Maria santissima vi ha condotti, per una vocazione di grazia, a sentire quasi rivolto a voi il lamento del paralitico accanto alla piscina di Betzata: "Signore... non ho nessuno" (cfr. Jn 5,7). Voi accompagnate il malato per tutto il tempo del pellegrinaggio, attenti ad ogni sua necessità, fino al momento del ritorno a casa.

Sappiate apprezzare la grandezza di questo compito. Siete chiamati a divenire per ogni malato fratelli e amici, compiendo un servizio di assistenza e di apostolato con cuore aperto, profondamente attenti anche al momento spirituale dell'infermo, accettando volentieri di dialogare con lui sui problemi dello spirito che talvolta lo assillano e accompagnandolo nella preghiera.

Comprenderete quale dono del Signore sia il privilegio di poter condurre un fratello sofferente all'incontro con la misericordia di Dio e all'esperienza dell'amore di Cristo, sorgente di gioia e di speranza. La mia benedizione su di voi e sulla vostra opera affinché siate sempre confortati dalla grazia e dalla presenza del Signore.


6. Desidero ora rivolgere il mio cordiale saluto a voi, pellegrini che siete venuti dalla Spagna per commemorare, accanto alla tomba dell'apostolo Pietro, il primo centenario della vostra confraternita.

Gesù, che "si è caricato delle nostre sofferenze" (Is 53,4), vi conforti nel vostro servizio pieno di abnegazione e tanto prezioso verso gli infermi; e la sua Madre santissima vi accompagni nei vostri pellegrinaggi affinché, dando testimonianza di amore autentico, infondiate speranza in coloro che soffrono e confidano nella vicinanza umana dei fratelli.

Vi benedico di cuore e vi incoraggio a diffondere la vostra opera apostolica tra le nuove generazioni, perché con rinnovato entusiasmo continuino questo prezioso servizio di carità ecclesiale.

Data: 1985-03-18 Data estesa: Lunedi 18 Marzo 1985





Lettera al clero cecoslovacco - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il 1100° anniversario della morte di san Metodio

Diletti figli.


1. Nella gloriosa cittadina di Velehrad, presso la tomba di san Metodio, vi siete riuniti, cari sacerdoti e religiosi della Cecoslovacchia, insieme al cardinale Frantisek Tomasek, al venerabile fratello Josef Vrana, amministratore apostolico di Olomouc, e ai vostri vescovi e superiori, per celebrare con profonda devozione il 1100° anniversario della morte del grande apostolo delle vostre genti. Infatti, il 6 aprile dell'anno 885, dopo una vita fervorosa e ardimentosa, tutta spesa nell'annunzio del Vangelo e per la conversione delle anime, san Metodio raggiungeva il premio celeste e qui venivano sepolte le sue spoglie mortali.

La biografia, scritta subito dopo la sua dipartita, narra che "i suoi discepoli lo prepararono (per le esequie) e gli resero degni onori: celebrarono un servizio ecclesiastico in latino, greco e slavo e lo deposero nella cattedrale...

La folla dei partecipanti, l'insieme del popolo radunato, lo accompagnava con candele, piangendo il buon maestro e pastore: (erano) uomini e donne, umili e potenti, ricchi e poveri, liberi e servi, vedove e orfani, stranieri e gente del luogo, sani e malati, tutti: poiché "si era fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti" (1Co 9,22)" ("Vita Methodii", XVII,11-13).

Nella sua stringatezza la cronaca non poteva essere più completa e commovente: san Metodio durante la sua vita si era davvero totalmente donato alle anime, si era fatto tutto a tutti, e il popolo, orante e piangente alla sua morte, formato da tutte le categorie di persone, dimostrava in concreto che aveva preso il suo ardore apostolico e l'aveva seguito con gioia e riconoscenza.

Dopo tanti secoli di distanza dalla sua opera e dalla sua scomparsa, san Metodio, insieme al suo grande fratello san Cirillo, il filosofo morto a Roma e quivi sepolto nella basilica di San Clemente, è tuttora presente con il suo esempio e il suo insegnamento e soprattutto con la sua intercessione per voi, sacerdoti e religiosi, e per tutti i fedeli di Cecoslovacchia.

L'importante data commemorativa della sua morte non poteva e non doveva passare sotto silenzio e, mentre mi compiaccio profondamente per questo vostro incontro spirituale e formativo e di tutte le altre iniziative e attività in programma, anch'io ho voluto confidarvi la mia parola di esortazione e incoraggiamento, come già fecero in circostanze simili i miei predecessori (cfr. Leone XIII, enciclica "Grande munus", 30 settembre 1880, per estendere il culto dei santi Cirillo e Metodio a tutta la Chiesa; Benedetto XV, lettera "Saepe nobis", 30 novembre 1921, all'episcopato cecoslovacco; Pio XI, lettera "Quod S.

Cyrillum", 13 febbraio 1927, per commemorare l'undicesimo centenario della morte di san Cirillo; Giovanni XIII, lettera "Magnifici eventus", 11 maggio 1963, per l'11° centenario dell'arrivo dei santi in Moravia; Paolo VI, lettera "Antiquae nobilitatis", 2 febbraio 1969, per l'11° centenario della morte di san Cirillo; Paolo VI, omelia del 14 febbraio 1969 in San Pietro).


2. Poche sono le notizie riguardanti la vita di san Metodio prima della sua missione nella grande Moravia. Di lui si sa soltanto che, nato a Tessalonica nell'812 da famiglia profondamente cristiana, dapprima intraprese la carriera politica e poi abbraccio la vita monastica, ritirandosi sul monte Olimpo, in Bitinia, e assumendo il nome di Metodio. Di carattere umile e riservato, innamorato della vita contemplativa, mai avrebbe abbandonato l'amata solitudine della montagna, se non avesse compreso che la volontà di Dio lo desiderava invece nella vita pubblica per l'annunzio del Vangelo, al seguito del fratello Cirillo.

Già nell'860 prese parte a un'importante missione politico-religiosa in Crimea; poi, nell'863, parti con il fratello Cirillo verso la Moravia, dietro l'appello del principe Rastislav, che aveva appunto chiesto all'imperatore Michele III di inviare nel suo Paese due missionari, perché spiegassero nella lingua slava il Vangelo e le altre verità di fede. Ben note sono le vicende dei due santi fratelli che si recarono nella loro nuova missione, portando con loro la traduzione slava dei Vangeli e le reliquie di san Clemente papa, morto in Crimea nel II secolo, esiliato dall'imperatore Traiano.

Erano accompagnati da un gruppo di giovani slavi, loro discepoli, già istruiti nelle Sacre Scritture; è inoltre nota la loro invenzione dell'alfabeto adatto a quei popoli (la scrittura "glagolitica"), per tradurre in modo comprensibile i Vangeli e i libri liturgici e per svolgere in lingua slava i riti della liturgia. In seguito, per motivi politici, i due fratelli si trasferirono in Pannonia, invitati dal principe slavo Kocel a svolgere anche là la loro opera evangelizzatrice. Ben presto pero, accusati come eretici, Cirillo e Metodio dovettero recarsi a Roma per spiegarsi di fronte al Papa.

Quando giunsero nell'Urbe, per il Natale dell'anno 867, portando le reliquie di san Clemente papa, trionfali furono le accoglienze e papa Adriano II, sentite e valutate le loro spiegazioni, approvo interamente il loro apostolato e l'uso della lingua slava. Purtroppo a Roma moriva il 14 febbraio dell'anno 869 Costantino il filosofo, già ammalato; prima pero di lasciare la sua Chiesa tanto amata volle fare la professione di monaco, assumendo il nome di Cirillo e affido al fratello Metodio la sua missione apostolica: "Ecco, o fratello - gli disse - condividevamo la stessa sorte, premendo (l'aratro) sullo stesso solco; io ora cado sul campo al concludersi della giornata. Tu ami molto, lo so, la tua montagna; tuttavia per la montagna non abbandonare la tua azione di insegnamento. Dove, in verità, puoi meglio salvarti?" ("Vita Methodii", VII,2-3).

Metodio accetto con ardore la consegna del fratello; torno in Pannonia per organizzarvi la Chiesa secondo il desiderio di papa Adriano, che in seguito lo consacro vescovo, affidandogli piena giurisdizione sulle terre conquistate al Vangelo. Purtroppo ripresero contro di lui le accuse e le persecuzioni: fu processato e condannato all'esilio dallo stesso imperatore Ludovico; qualche tempo dopo venne liberato per ordine del pontefice; torno nella Grande Moravia, stabilendosi a Velehrad. Si reco nuovamente a Roma perché accusato di eresia: il pontefice Giovanni VIII pero approvo totalmente la sua azione missionaria, comprese le sue ragioni e lo confermo vescovo della Grande Moravia. Nonostante le molteplici avversità di genere politico e anche religioso, san Metodio non si perse mai d'animo, non diminui mai il fervore spirituale e l'ardore apostolico a vantaggio delle popolazioni a lui affidate, non manco mai di fiducia nella Provvidenza, convinto che nei travagli della storia umana, tante volte oscuri e dolorosi, la parola di Dio, che è verità e salvezza, rimane in eterno.

L'antico biografo, dopo aver elencato le grandi figure dei giudici, dei profeti, degli apostoli e dei martiri, e di altre auguste e famose personalità, così scrive: "Dio misericordioso, che vuole che ognuno si salvi e pervenga alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), al tempo nostro, in favore del nostro popolo, di cui nessuno mai si era preoccupato, suscito per la buona impresa il nostro maestro, il beato Metodio, le cui complessive virtù e lotte paragoniamo senza arrossire una per una a quelle di quegli uomini graditi a Dio". E aggiunge che "manifestava il timore di Dio, l'osservanza dei comandamenti, le preghiere assidue e la santità unite all'esercizio della continenza fisica, un'oratoria efficace e soave, austerità, affidabilità, misericordia, affetto, fortezza e pazienza" ("Vita Methodii", II,1-3) Anche papa Adriano II nella lettera inviata ai principi Rastislav, Svatopluk e Korcel, lo definisce "come uomo pieno di maturità intellettuale e di retta fede". Sono affermazioni autorevoli e ponderate, che ci commuovono e spingono a meditare per la nostra vita interiore e per i nostri impegni di ministero.

Mi piace, in questa solenne e significativa circostanza ripetere anche a voi ciò che dissi a Roma, ricordando il fulgido messaggio dei due apostoli: "L'ambito delle loro attività non si limitava al campo esclusivamente religioso, ma dalla fede in Dio tirarono le conseguenze efficaci per la vita quotidiana dei singoli, delle famiglie e di tutta la società, perché ogni settore, ogni passo di vita avesse in Dio la sorgente e il fine. così costruirono le fondamenta di una nuova società, della nuova giustizia e pace. Non temevano di combattere e di soffrire per questi principi: in Dio trovavano il fine, l'appoggio e la forza.

Quante accuse ingiuste, quante umiliazioni ha dovuto subire Metodio a causa della fedeltà alla missione che considerava come volontà di Dio e che eseguiva come l'ultimo messaggio del fratello morente".


3. Scrive il biografo che san Metodio "in tutti i suoi viaggi andava incontro a molti rischi (suscitati) dal diavolo; predoni nei deserti, onde burrascose in mare, incidenti mortali nei corsi d'acqua". Ma in tutti questi avvenimenti egli, abbandonato ogni turbamento, poneva in Dio la propria preoccupazione, e così, attraverso contrasti e sofferenze, "condusse al termine la sua corsa, conservo la fede, attendendo il premio della giustizia" (cfr. "Vita Methodii", XIV,1; XV,1; XVII,1). Il giorno della morte fu ben gioioso per lui, che senti le parole consolanti del divin Maestro: "Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti daro autorità su molto: prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,23).

La commemorazione che stiamo celebrando deve essere per voi, sacerdoti e religiosi della Cecoslovacchia, come pure per la Chiesa intera, motivo e stimolo per mantenere limpido l'ideale e fervorosa la vita di ministri del Vangelo, per il cui annunzio siete stati chiamati da Dio, come san Metodio.

a) Il primo insegnamento che proviene dall'apostolo della Moravia è il coraggio dell'accettazione della storia e dell'umiltà di fronte ai misteri della Provvidenza divina. San Metodio fu coinvolto e alla fine travolto dagli avvenimenti che egli mai avrebbe potuto prevedere, nei quali entravano forze politiche e sociali, ambizioni umane, avversioni di carattere religioso.

Certamente ebbe sofferenze e amarezze indicibili; ma non si turbo e non cedette alla depressione e allo smarrimento. In effetti, non si riesce mai a comprendere pienamente il motivo degli avvenimenti che si susseguono sulla faccia della terra e che formano la storia dell'umanità: ma non è tanto questione di capire, bensi di amare. Soltanto nella luce trascendente della visione beatifica comprenderemo l'armonia della storia umana e delle singole esistenze. Ora è tempo di amare; è tempo di chiedersi continuamente: "Che cosa vuole l'Altissimo da me mediante questo avvenimento?". Bisogna continuare intrepidi il cammino dell'evangelizzazione e della testimonianza, anche se le situazioni storiche del momento lo rendono arduo, difficile, talvolta amaro, pero sempre meritorio.

Infatti, come scriveva san Paolo, "noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno" (Rm 8,28). Gli uomini passano, gli avvenimenti cambiano, le epoche mutano e nessuno ci può separare dall'amore di Cristo e dall'amore che in Cristo portiamo a tutti i nostri fratelli.

Non bisogna cedere mai allo sconforto, convinti che attraverso gli avvenimenti della storia si realizza il progetto della Provvidenza. "Quando i cristiani di oggigiorno dicono la preghiera domenicale - scriveva il filosofo Jacques Maritain - essi desiderano, vogliono che il regno di Dio venga, insieme alla risurrezione dei morti, al di là della storia. Ed essi desiderano, vogliono - sulla terra, in questo mondo, nella storia - l'incessante marcia in avanti verso il regno di Dio. Il regno nel suo pieno compimento verrà soltanto dopo la fine del tempo: ma il cammino verso il regno, in ogni tappa della storia, è una cosa che può e deve realizzarsi sulla terra, in questo mondo, nella storia. E per questo cammino verso il regno i cristiani non devono solamente pregare, ma anche lavorare e sforzarsi instancabilmente" (Jacques Maritain, "Per una filosofia della storia", cap. IV, VI,9).

b) Il secondo insegnamento riguarda più propriamente la vostra personalità sacerdotale e religiosa. Come si ricava dalla sua biografia, san Metodio ebbe una completa formazione spirituale e culturale, in campo teologico, biblico, giuridico, che, unita alle sue virtù e al suo carattere affabile, rese efficace il suo apostolato. Non si farà mai abbastanza per la formazione del clero, specialmente nei nostri tempi, così evoluti ed esigenti. Con ansia profonda anch'io rivolgo al Padre la preghiera del divin Salvatore: "Consacrali nella verità! La tua parola è verità!" (Jn 17,17). E' impressionante notare quanto san Cirillo e Metodio si preoccupavano per la solida e illuminata educazione dei discepoli ("Vita Cyrilli", XV,1.1 8.19; XVII,6; "Vita Methodii", V,13; VI,14). Il loro zelo infaticabile ed esemplare nasceva dalla profonda vita interiore, dal loro ideale di personale santificazione come mezzo di autentico apostolato, dal loro amore alla croce di Cristo, che li rendeva anche duttili a inventare e a cambiare metodo di lavoro, quando era necessario, e a sopportare con pazienza le avversità. Erano tempi difficili quelli di san Cirillo e Metodio! A tutti sono note le vicende dolorose intercorse tra papa Nicola I e il patriarca Fozio e le penose accuse di eresia che furono lanciate contro Metodio. Ma essi, forti del loro amore a Cristo e della loro fedeltà alla Chiesa, continuarono il loro cammino, senza recriminazioni e senza contestazioni. Il loro esempio ci illumina e ci conforta. La nostra forza morale sta nella "vocazione" e nella "missione". E' Dio infatti che ci ha scelti e ci ha mandati: "Non vi chiamo più servi - dice il Signore agli apostoli - ma amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre, l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutti e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,15-16).

Con il pensiero rivolto a san Metodio, dico anche a voi ciò che fin dai primi giorni del mio pontificato espressi al clero romano e che poi ho ribadito e sottolineato in vari modi, in tutti i luoghi in cui ho potuto recarmi in visita pastorale: "Dobbiamo amare dal più profondo dell'animo il nostro sacerdozio, come grande "sacramento sociale". Dobbiamo amarlo come l'essenza della nostra vita e della nostra vocazione, come base della nostra identità cristiana e umana. Il sacerdozio sacramentale, il sacerdozio ministeriale esige una particolare fede, un particolare impegno di tutte le forze dell'animo e del corpo, esige una speciale consapevolezza della propria vocazione, come vocazione eccezionale. Ognuno di noi deve in ginocchio ringraziare Cristo per il dono di questa vocazione" (9 novembre 1978). c) Infine, san Metodio inculca e insegna il senso della responsabilità.

"Vi faro pescatori di uomini!" disse Gesù agli apostoli, delineando così per tutta la Chiesa e per tutti i sacerdoti l'impegno essenziale e costante. "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16) esclamava san Paolo. "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato?... Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,13).

Le parole programmatiche del divino Maestro furono per san Metodio e devono essere per voi e per tutti i ministri dell'Altissimo l'unica linea direttiva e devono creare e mantenere viva la coscienza della propria responsabilità. Il sacerdote deve essere la luce che illumina tutti gli abitanti del paese, della città, della nazione, del mondo; deve dare a tutti il significato della vita, il significato vero e positivo delle proprie scelte, nella prospettiva dell'eternità che ci attende.

Il senso di responsabilità esige la cosciente valorizzazione dell'unità dottrinale e disciplinare con la Chiesa voluta e fondata da Cristo, e cioè con il successore di Pietro e con i vescovi in comunione con lui. Per tale unità con Pietro, molto dovettero soffrire Cirillo e Metodio; e tuttavia, riconoscendo la suprema giurisdizione ecclesiastica del Vescovo di Roma, rimasero fedeli al Sommo Pontefice, garante della fede della Chiesa, cosicché papa Giovanni VIII poté scrivere al principe di Moravia Sviatopluk, riguardo all'ortodossia di Metodio: "Egli ha professato questa fede e ha dichiarato che canta e insegna secondo la dottrina evangelica e apostolica come la santa Chiesa romana insegna ed è trasmessa dai padri" (lettera apostolica "Industriae tuae", anno 880).

Egli conosceva bene le parole di Gesù nell'ultima cena: "Prego che siano tutti una cosa sola, come tu sei in me e io in te... affinché siano perfetti nell'unità" (Jn 17,20-23).


4. Gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo, hanno bisogno di luce e di salvezza; e fra le tribolazioni delle vicende della storia e l'angoscia dei supremi interrogativi, è in costante ricerca della verità. La commemorazione della morte di san Metodio che celebriamo in questo secolo così drammatico, anche se così meraviglioso per le sue conquiste scientifiche e tecniche, sia per voi, sacerdoti, religiosi e religiose della Cecoslovacchia, uno stimolo e l'impegno della vostra santificazione per venire incontro all'uomo di oggi, che cerca, domanda, geme e attende con ansia la vostra opera di amore e di salvezza in nome di Cristo.

Fiducioso nella loro intercessione e nel loro esempio, con la lettera apostolica "Egregiae virtutis" (31 dicembre 1980), proclamavo san Cirillo e san Metodio compatroni dell'Europa, accanto a san Benedetto, e successivamente auspicavo di cuore per tutta l'Europa il ritorno alla considerazione e alla valutazione della dignità cristiana dell'uomo, come l'avevano insegnata e instaurata i grandi santi del primo millennio. Le stesse riflessioni rivolgo oggi a voi, in questa circostanza tanto significativa: la vostra nazione, l'Europa, il mondo intero hanno bisogno di verità e di salvezza e si rivolgono alla Chiesa cattolica, ai sacerdoti e ai religiosi consacrati totalmente a Cristo e alle anime; hanno bisogno di certezze trascendenti e divine consolazioni. Non deludiamo nessuno.

La Vergine santissima, che voi venerate e amate con sentita devozione, vi illumini, vi ispiri, vi aiuti e vi conforti.

"Tu poi dall'alto, capo santo e venerabile, guarda con le tue preghiere noi che abbiamo desiderio di te, libera i tuoi discepoli da tutti i pericoli e diffondi la dottrina, contrastando le eresie, affinché vissuti qui "in modo degno della nostra vocazione" (Ep 4,1), come tuo gregge veniamo a raggiungerti, alla destra di Cristo Dio nostro, ottenendo da lui la vita eterna. A lui infatti va la gloria e l'onore nei secoli dei secoli ("Vita Methodii", XVII,14).

Infine, come pegno del mio particolare affetto, imparto di cuore a tutti voi la benedizione apostolica, che estendo a tutti i fedeli della Cecoslovacchia.

Dal Vaticano, 19 marzo 1985

Data: 1985-03-19 Data estesa: Martedi 19 Marzo 1985











All'Unione cattolica della stampa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con la parola scritta la vita degli uomini può cambiare

Cari fratelli e sorelle in Cristo, sia lodato Gesù Cristo! Sono molto lieto di salutare il Consiglio dell'Unione cattolica internazionale della stampa e altri giornalisti cattolici con questo tradizionale saluto cristiano, perché esso esprime una parte essenziale della vostra vocazione.

Sia lodato Gesù Cristo! Che ciò che facciamo, ciò che diciamo e ciò che scriviamo conduca a lodare colui che ci ha redenti, che ha portato la buona novella della salvezza in tutto il mondo.

Sia lodato Gesù Cristo! Sia lodato in modo particolare nelle pagine delle vostre pubblicazioni che sono conosciute come cristiane, perché riflettono la fede in Gesù, e come cattoliche, perché riflettono l'universalità del suo amore e della sua signoria.

Che sia lodato anche negli scritti di tutti i giornalisti cattolici, non perché il nome di Gesù sia menzionato in ogni articolo che essi scrivono, ma perché la verità di Cristo e l'amore di Cristo permeino i loro scritti che si distingueranno per accuratezza, onestà e per quella fame e sete di giustizia che sono caratteristiche di coloro che Cristo ha chiamato "beati".

La stampa cattolica già fa molto per dare informazione cristiana, formazione e ispirazione a milioni di lettori nel mondo, ma dobbiamo chiederci: come si può lodare Gesù sempre più efficacemente? Egli non è lodato nella vita della sua Chiesa che porta non soltanto la luce della verità di Cristo ma anche il calore del suo amore ai poveri, ai malati, ai perseguitati, ai giovani che cercano una guida e agli anziani che cercano conforto e speranza? Non è lodato nella vita dei suoi discepoli che cercano di vedere e di servire in ogni persona Gesù, nostro Salvatore e Signore? Ci sono dunque molte buone notizie da proclamare: le buone notizie di ciò che la Chiesa sta facendo nel nome di Gesù; le buone notizie di ciò che i singoli cristiani stanno facendo per amore di Gesù.

E' scritto di sant'Ignazio di Loyola che la sua vita fu cambiata dalla lettura della vita di Cristo e delle vite dei santi. Le buone notizie di ciò che i santi avevano fatto per la potenza di Gesù lo porto a chiedersi perché non poteva fare lo stesso nel nome di Gesù - "ad maiorem Dei gloriam" - a maggiore gloria di Dio. Attraverso la parola scritta la vita degli uomini può cambiare; gli individui possono convertirsi a Cristo o ad una maggiore unione con lui, conoscendo come egli sia imitato nella vita di altri.

Spesso il giornalismo contemporaneo cerca i peccatori nascosti nella società, così che i loro crimini siano rivelati e la società sanata. Questo servizio può essere salutare. Ma vorrei sperare che il giornalismo cattolico contemporaneo, in particolare, riveli i santi nascosti - quegli umili uomini e donne che insegnano ai giovani, che si prendono cura dei malati, che consolano gli afflitti -, questi servi nascosti di Dio che vivono autenticamente il Vangelo.

Nelle loro vite essi lodano Gesù Cristo; una maggiore conoscenza del loro lavoro nascosto, umile ed eroico potrebbe condurre altri a lodare Gesù Cristo. In un mondo così spesso diviso dai conflitti e dall'odio e così spesso sfigurato dal peccato e dall'egoismo, l'altruismo e il servizio agli altri nel nome di Cristo sono realmente interessanti; sono aspetti della buona novella di Cristo che è nostro privilegio non soltanto proclamare ma anche ricercare e far conoscere perché altri possano essere incoraggiati, ispirati e anche convertiti alla fede e al fervore.

Questo è un piccolo modo in cui possiamo lodare Gesù Cristo nell'opera del giornalismo cattolico; possiamo trarre conforto dal fatto che le parole che noi scriviamo rimangono. "Scripta manent". Quando le immagini si allontanano dalla vista e le parole pronunciate passano dalla memoria, la buona novella sulla Chiesa di Cristo e sui cristiani che abbiamo il privilegio di riportare può condurre alla meditazione, alla riflessione e alla lode permanente di Gesù Cristo, nostro Signore e nostro Dio. Nelle nostre parole e nel nostro lavoro, sia lodato Gesù Cristo, per sempre!

Data: 1985-03-21 Data estesa: Giovedi 21 Marzo 1985





Al Segretariato per i non credenti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dialogo con Dio e con l'uomo per non deludere chi cerca la fede

Cari fratelli nell'episcopato, cari amici.

1. E' grande la mia gioia nell'accogliervi questa mattina in occasione dell'assemblea plenaria del Segretariato per i non credenti, istituito dal mio predecessore Paolo VI, vent'anni fa, come frutto ed esigenza del Concilio Vaticano II. E' bene che noi rendiamo grazie a Dio del cammino percorso malgrado le difficoltà e che domandiamo a lui luce e forza per proseguire in esso.

Avete percorso la prima tappa sotto la direzione prudente e coraggiosa del caro e venerato cardinale Franz König. Ora è con monsignor Paul Poupard che voi continuate quest'opera. Lo ringrazio, come ringrazio anche tutti i collaboratori permanenti del Segretariato. Insieme a loro, vi ringrazio tutti, membri e consultori, venuti talvolta da lontano, per ciò che compite al servizio della Santa Sede e di tutta la Chiesa.

Paolo VI disse: "Si tratta di un lavoro complesso e difficile, ma anche urgente e necessario" (18 marzo 1971). La vostra missione ha infatti una finalità pastorale. Voi non vi accontentate di effettuare degli studi teorici sulla non-credenza - studi che hanno anch'essi la loro importanza - voi incontrate degli uomini, credenti e non credenti. Malgrado tutto ciò che li separa, voi volete gettare tra di loro, più che delle fragili passerelle, dei solidi ponti per costruire quella civiltà dell'amore che il mondo invoca con tutte le sue forze. Al di là delle frontiere politiche, delle separazioni ideologiche, voi li chiamate a scoprirsi fratelli, responsabili insieme del futuro dell'uomo, amanti della giustizia e della fraternità, della solidarietà e dell'amore.


GPII 1985 Insegnamenti - Al'Hospitalité Notre-Dame di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)