GPII 1984 Insegnamenti - Incontro a Cristo

Incontro a Cristo


12. Pervasi dalla luce e dal calore che promanano da queste verità, noi mettiamo piede sulla soglia della capanna di Betlem. Colui che nasce nella "povertà" chiede a noi di rivolgerci col pensiero e col cuore verso le diverse forme di povertà che opprimono l'uomo contemporaneo: ci chiede di andargli incontro.

"Gesù Cristo... si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà" (cfr. 2Co 8,9).

Solo facendo spazio a Cristo nella nostra vita e in quella delle nostre comunità, noi potremo risolvere il problema delle molteplici povertà di cui soffriamo: potremo veramente diventare "ricchi", cioè pienamente uomini.

Il vero problema resta dunque questo: riconoscere a Cristo diritto di cittadinanza nei diversi "mondi" di cui si compone il mondo contemporaneo. Lui, e lui soltanto, possiede il segreto per colmare ogni nostra "povertà" e suscitare nei nostri cuori la gioia della vera ricchezza, che è, in definitiva, la ricchezza dell'amore.

Di questa gioia egli inondi i vostri cuori, venerati fratelli, e quelli dei vostri collaboratori. Che il Natale rechi a voi ed a loro, ai figli della Chiesa ed a tutti gli uomini e le donne della terra, un pregustamento della pace ineffabile di quel mondo nuovo, a cui la nascita nel tempo del Figlio di Dio ha dato felicemente ed irrevocabilmente inizio. La Vergine santa, che ospito nel suo grembo il Verbo incarnato, ci disponga ad accoglierlo con fede viva ed amore riconoscente.

A tutti buon Natale

Data: 1984-12-21 Data estesa: Venerdi 21 Dicembre 1984




A Polizia e Vigili urbani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Trovate il modo per riflettere e interiorizzare il Natale

Testo:

Carissimi fratelli.


1. Sono particolarmente lieto di trovarmi in mezzo a voi, Vigili urbani, Carabinieri e appartenenti al commissariato di Pubblica sicurezza della circoscrizione "Borgo" e di potere così esprimere la mia riconoscenza per le funzioni che voi svolgete nelle zone circostanti alla Città del Vaticano.

Questo incontro desta nel mio animo anche un profondo sentimento di stima e di ammirazione per il senso di dovere e per l'intelligente dedizione, con cui prestate il vostro servizio, ciascuno nel proprio settore di competenza, a favore dell'ordine pubblico.

Soprattutto nel corso dell'Anno Santo della redenzione, che ha richiamato innumerevoli pellegrini da ogni parte del mondo sulla tomba di san Pietro, la vostra presenza è stata di grande importanza per prevenire ogni inconveniente, contribuendo così a promuovere il senso della fraterna convivenza e ad educare al rispetto reciproco e all'osservanza della norma comune.


2. Ho notato con sincero apprezzamento come la vostra vigilanza intorno alla Sede di Pietro, che è il centro vivo e operante della fede cattolica, sia stata, nell'accennata circostanza, e sia tuttora improntata a un alto senso di consapevolezza e di impegno, che suppone in voi non solo una rettitudine di onesti funzionari di Stato, ma anche amore per la Chiesa e per il Papa. E mi ha fatto perciò tanto piacere apprendere con quale interiore disposizione voi cerchiate di adempiere i vostri faticosi doveri.

Il voto pertanto che desidero esprimere a tutti voi è che il contatto con popoli diversi per cultura, lingua e nazione, uniti nell'unica fede cristiana, sia per voi fonte di riflessione e di stimolo; la luce che si irradia dal centro della cristianità apra il vostro cuore a orizzonti sempre più vasti e dia ali alla vostra speranza cristiana, vi confermi nel vostro impegno civile e vi dia forza per superare le difficoltà inerenti al vostro dovere.


3. Desidero terminare queste mie parole, esprimendovi i miei più affettuosi auguri per le imminenti festività natalizie. Il mistero del Natale, così carico di suggestione e di care tradizioni, ci ricorda la venuta del Verbo di Dio in mezzo agli uomini per recare la buona novella della salvezza. Esso è il punto di arrivo di una lunga attesa messianica, ravvivata attraverso i secoli dalle espressioni religiose di invocazione, di desiderio e di speranza dei profeti. La Chiesa, nel tempo di Avvento, invita i fedeli a ripercorrere questo itinerario spirituale e storico e a rinnovare nelle anime la tensione verso il Messia, che è l'Emmanuele, cioè Dio con noi.

Anche voi, pur impegnati in tanti servizi di ordine pubblico e in attività talora assorbenti, sappiate trovare il modo per riflettere e interiorizzare questo evento così centrale per la fecondità della vita cristiana.

Tale impegno è tanto più importante in quanto oggi il desiderio di Dio non sempre ha il primo posto nel cuore umano, quando cioè il desiderio di sé prevale sul desiderio di Dio; e allora l'attività dell'uomo verrebbe a mancare del suo sostegno principale. Per questo occorre prepararsi bene al Natale; occorre riaccendere nei cuori il desiderio, la sete e l'ansia di Dio. Solo così avrete la certezza di incontrare nel Neonato di Betlemme il Dio fatto uomo.

Con questi fervidi sentimenti, mentre rinnovo il mio auspicio di buon Natale e di felice Anno Nuovo per voi e per le vostre amate famiglie, vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo volentieri ai vostri cari e a tutti i colleghi da voi qui rappresentati.

Data: 1984-12-21 Data estesa: Venerdi 21 Dicembre 1984





Agli ufficiali dell'Aeronautica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Natale parla al nostro cuore e alla nostra volontà

Testo:

Carissimi! Sono sinceramente lieto di potermi incontrare oggi con voi, che, insieme ai vostri familiari, avete voluto porgermi gli auguri per il santo Natale e il Nuovo Anno. Desidero anzitutto esprimervi il mio ringraziamento per il vostro gesto di cortesia, e anche per le continue attestazioni di ossequio, che ricevo dai benemeriti componenti del XXXI Stormo durante i miei viaggi pastorali nelle regioni e città d'Italia.

In questo odierno incontro ho la gioia di poter salutare tutti gli ufficiali dello Stato maggiore dell'Aeronautica militare italiana, con le mogli, i figli e le figlie: è quasi una singolare riunione di famiglia, che assume un tono tutto particolare in questo clima di preparazione al santo Natale, così carico di significato umano e soprannaturale per il nostro cuore di credenti. In questi giorni noi meditiamo, nella preghiera e nel raccoglimento, l'evento centrale della storia della salvezza, anzi della storia stessa dell'umanità: l'incarnazione del Verbo. Il Figlio eterno di Dio, mediante la potenza dello Spirito Santo, ha assunto la natura umana nel grembo verginale di Maria santissima, per salvare il suo popolo, cioè tutti gli uomini, dai loro peccati (cfr. Mt 1,21). L'evento del Natale, con i particolari riferiti dagli evangelisti san Matteo e san Luca, parla al nostro cuore, alla nostra volontà, alla nostra intelligenza, e ci presenta un Bimbo, piccolo e fragile, che vagisce in una mangiatoia, circondato dall'affetto immenso della sua Madre immacolata, Maria, e dal padre putativo, Giuseppe, l'uomo "giusto", che con piena disponibilità e fede ha aderito al misterioso progetto di Dio.

Il Natale è pertanto un pressante invito alla riconciliazione e alla pace: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14): è questo in sintesi il grande messaggio del gioioso canto degli angeli sulla regione di Betlemme, simbolo e segno di tutta la vasta terra, bisognosa di serenità, di concordia, di comprensione vicendevole fra tutti i suoi abitanti.

E' l'invito, che qualche giorno fa io ho rivolto a tutti gli uomini di buona volontà nel messaggio per la XVIII Giornata mondiale per la pace; pace che è una realtà di interesse primario, una sfida ineludibile, una speranza immensa. Parlando in special modo ai giovani, ho ricordato che per costruire la storia è necessario che sia liberata dai falsi sentieri che sta percorrendo. Per far questo, occorre essere "persone con una profonda fiducia nell'uomo e una profonda fiducia nella grandezza della vocazione umana, una vocazione da perseguire nel rispetto per la verità, per la dignità e per gli inviolabili diritti della persona umana" (n. 3).

L'impegno personale e comunitario per la pace - secondo le proprie possibilità e capacità - è una risposta positiva al canto intonato dagli angeli nella notte della Natività di colui che proclamo beati "gli operatori di pace" (Mt 5,9).

E' questo l'augurio che rivolgo a voi, ufficiali dello Stato maggiore dell'Aeronautica militare italiana, alle vostre mogli e, in modo speciale, ai vostri figli e alle vostre figlie, qui presenti, che fra pochissimi anni - con i loro coetanei - avranno nelle loro mani la responsabilità della vita delle famiglie e della vita delle nazioni, del bene comune di tutti e della pace nel mondo! Con questi miei voti, invoco su di voi l'abbondanza delle grazie e dei favori celesti e vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-12-22 Data estesa: Sabato 22 Dicembre 1984





Ai membri del Circolo San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mondo non sempre è disposto ad accogliere il regno di Dio

Testo:

Carissimi.

La tradizione d'incontrarmi con voi, membri del Circolo di San Pietro, si rinnova anche quest'anno ed è, ancora una volta, motivo di sincera gioia per me l'accogliervi.

Tra le molteplici e importanti opere caritative e assistenziali del vostro Circolo c'è anche questo segno particolarmente espressivo della vostra devozione al Papa, l'Obolo di san Pietro che voi oggi mi recate e che costituisce un contributo ben gradito per le opere di carità che impegnano la mia persona e il mio ministero. Io vi ringrazio sentitamente per questo vostro generoso gesto.

Come ben sapete, il vostro Circolo è nato come speciale testimonianza di devozione alla persona del successore di Pietro in un momento in cui, con la fine del potere temporale, si affidavano la persona e le opere del Papa unicamente al sostentamento dei fedeli. La vostra risposta è stata, e continua ad essere, un atteggiamento di nobile devozione al successore di Pietro, al suo magistero, alla sua missione per la Chiesa romana e per il mondo intero.

I tempi in cui il Papa svolge il suo servizio comportano sempre difficoltà, poiché il regno di Dio passa attraverso un mondo non sempre disposto ad accoglierlo; secondo l'espressione del Vangelo di Giovanni che meditiamo a Natale "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5). Per questo, anche oggi il Papa è confortato dal segno della vostra solidarietà, dell'adesione fedele e fattiva della vostra mente e del vostro operare alla sua parola e al suo insegnamento. Auspico, pertanto, che la vostra iniziativa continui ad essere per la Chiesa e per il mondo una testimonianza viva e convincente della vostra fede.

La mia benedizione apostolica vi accompagni sempre nell'impegno che vi siete assunti, e sia auspicio di bene per ogni vostra iniziativa, per le vostre famiglie e per tutte le persone che vi sono care.

Data: 1984-12-22 Data estesa: Sabato 22 Dicembre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Avvento del Salvatore raggiunge il suo "zenit"

Testo:


1. "Ecco, si è compiuto tutto ciò che dall'angelo fu detto della Vergine Maria".

La Chiesa rende testimonianza a questo compimento nella giornata odierna, 23 dicembre, ormai alla vigilia della notte del Natale del Signore.

L'angelo disse a Maria. "Ecco, concepirai un figlio lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31). Il momento del compimento di queste parole è molto vicino. Tutta la liturgia d'Avvento è colma di questa vicinanza.


2. Nel corso degli ultimi giorni dell'Avvento salutiamo colui che deve venire con le meravigliose antifone, che racchiudono in sé quasi una sintesi del mistero dell'Incarnazione.

A colui che deve nascere dalla Vergine e ricevere il nome di Gesù, la Chiesa dice: - O sapienza che esci dall'Altissimo... O Adonai, re d'Israele... O germoglio della radice di Jesse, che t'innalzi come segno per i popoli... O chiave di Davide, che apri ciò che nessuno può chiudere, e chiudi ciò che nessuno può aprire... O astro che sorge, splendore di luce eterna e sole di giustizia... O re delle genti e pietra angolare... O Emmanuele!


3. "Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele" (Dio-con-noi). Sono parole di Isaia (7,14), scritte alcuni secoli prima di Cristo.

Maria con Giuseppe si avvicina a Betlemme. L'Avvento del Salvatore raggiunge il suo zenit. Ella è tutta attesa beata.

Rivolgo a tutti il mio più cordiale augurio di Buon Natale! Siamo già all'antivigilia di questa solennità, che per i credenti in Cristo ha un profondo contenuto teologico e spirituale. "Dominus prope est!". Il Signore è veramente vicino! Il mio augurio è accompagnato da un'esortazione a vivere il Natale nel suo autentico spirito, che è quello religioso. La gioia anche esteriore di questi giorni non sia fine a se stessa, ma sia una manifestazione dell'interiore incontro delle nostre persone con Cristo, Verbo incarnato. Cerchiamo pertanto di trascorrere e vivere il Natale del Redentore nello spirito della riconciliazione con Dio, con noi stessi, con gli altri. Ricordiamoci con fraterna solidarietà e condivisione di quanti si trovano nel bisogno.

A tutti ripeto ancora una volta: Buon Natale! Buon Natale nella grazia del Signore!

Data: 1984-12-23 Data estesa: Domenica 23 Dicembre 1984




All'ospedale Villa San Pietro - Roma

Titolo: Sopportando il dolore testimoniate di accettare la volontà di Dio

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Anche quest'anno, nella circostanza del santo Natale, ho voluto visitare un ospedale di Roma, di questa città da me tanto amata, che vorrei sempre più bella, più buona, più felice. Sono perciò molto lieto di trovarmi con voi oggi qui all'ospedale San Pietro e di porgervi gli auguri più cordiali e affettuosi di buon Natale e di felice anno nuovo, con l'assicurazione della mia preghiera.

Insieme col cardinale vicario e con monsignor Fiorenzo Angelini, desidero salutare il superiore generale, il provinciale e il priore locale dei Fatebenefratelli, tanto benemeriti nella città di Roma fin dall'apertura del primo ospedale romano, avvenuta nel marzo del 1581. Rivolgo poi il mio deferente pensiero al presidente della XX Unità sanitaria locale, ingegner Luigi Vincenzo Diaco, ai membri del comitato di gestione e a tutti i medici. Intendo salutare tutti coloro che collaborano al buon andamento di questo importante presidio ospedaliero: i religiosi che prestano il loro servizio, gli infermieri, le infermiere, il personale ausiliario e amministrativo, i volontari che sono di particolare conforto ai sofferenti. Rivolgo uno speciale pensiero anche al consiglio pastorale.

Ma soprattutto voglio porgere personalmente il mio amorevole saluto a voi, cari ammalati. Per voi principalmente sono venuto, in questa vigilia così suggestiva. Soprattutto a voi, malati, che sentite la nostalgia della casa e tuttavia dovete accettare pazientemente di rimanere in ospedale, anche per queste feste, e ai vostri familiari auguro un Natale sereno, con la consolazione della fede, nonostante le vostre sofferenze e la lontananza dai vostri focolari. E insieme desidero anche augurarvi la guarigione: giunga essa al più presto e sia completa! Per questo infatti esistono gli ospedali e lavorano appassionatamente medici, infermieri e personale! Nello stesso tempo, pero, proprio alla luce del divin Redentore nato per noi nella povertà e nell'umiltà della capanna di Betlemme, invoco per voi anche tanta pazienza e tanta forza di rassegnazione e di sopportazione, per essere sempre docili alla volontà di Dio, confidando nella sua bontà paterna e provvidente.


2. Insieme ai saluti e agli auguri, sono lieto di dirvi anche il mio vivo apprezzamento per quanto si è compiuto finora e si compie tuttora in questo ospedale per il migliore suo funzionamento. Esso, intitolato all'apostolo Pietro, è la più giovane fondazione romana dei Fatebenefratelli, iniziatasi nel 1940 e poi avviata a più vasta opera di accoglienza con la costruzione di un edificio che si amplio in successive tappe, dal 1949 in poi, fino ad ottenere a pieno merito la classificazione Ospedale generale di zona. Oggi il San Pietro è l'unico ospedale generale della XX Circoscrizione e riesce a sopperire alle esigenze di un vasto comprensorio racchiuso tra la Flaminia, la Cassia e la Trionfale estendendosi nei contigui comuni del settore nord-est del Lazio. La recente inaugurazione, nel 1983, di imponenti lavori di ampliamento delle infrastrutture e di creazione di nuovi reparti, indica chiaramente che si è voluto assicurare a tutti i malati le attrezzature e il conforto necessari per la loro degenza e per la loro guarigione.

Inoltre, si è cercato di stimolare la convinta collaborazione di tutti, per venire incontro alle necessità dei malati con vero spirito di servizio e con atteggiamento di generosità e di sensibilità. Ricordo la scuola infermieri, che fin dal 1957 ha qualificato ormai migliaia di infermieri generici, e in seguito anche infermieri professionali e specializzati; e cito ancora i corsi di specializzazione post-universitari. Vanno anche ricordate le attività ideatrici e coordinatrici del consiglio pastorale, delle sezioni dell'Associazione medici cattolici, dell'Associazione cattolica operatori sanitari e del Gruppo culturale ricreativo; e infine deve pure essere menzionato ed elogiato il gruppo organizzato dall'Associazione romana volontari assistenza sanitaria, che già da alcuni anni si impegnano nel portare all'assistenza ospedaliera quel contributo di familiarità e di spiritualità, di cui essi sentono un particolare bisogno.

Sono profondamente lieto di conoscere questo lodevole dinamismo e vi esorto di cuore a perseverare con fervore e con dedizione alle opere intraprese, in modo che l'ospedale, questa cittadella del silenzio, del dolore e dell'attesa, in mezzo al febbrile agitarsi della metropoli, sia sempre di più casa di accoglienza e di conforto, dove il malato trovi amicizia, comprensione, gentilezza e carità.


3. Questo infatti è propriamente il messaggio autentico del Natale, che ci ricorda la nascita del divin salvatore Gesù nell'umiltà e nella povertà della capanna di Betlemme. Gesù è venuto a rivelarci il valore autentico dell'uomo e il significato del suo destino. Infatti, se Dio stesso ha voluto farsi uomo nascendo nel seno di Maria santissima per opera dello Spirito Santo, ciò è segno che veramente l'Altissimo ama e stima la sua creatura umana assumendola addirittura nel suo Verbo eterno, nel mistero dell'unione ipostatica.

L'evangelista san Giovanni, spiegando la missione di Giovanni Battista, il precursore, afferma che egli "doveva rendere testimonianza alla luce", perché "veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo", Gesù (Jn 1,7-9).

Nella prima Lettera il medesimo apostolo ritorna su questo concetto: "Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1Jn 1,5-7).

Tali parole sottolineano che, in effetti, il Natale è veramente la festa della luce interiore e divina, che illumina la nostra singola esistenza e l'intera storia umana, proiettandole in una visione e in una dimensione trascendente ed eterna. Gesù stesso affermo: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12). Ecco perché si mettono tante luci nel Presepio, sull'albero di Natale, simbolo della nuova vita di grazia portata da Gesù, e per le strade delle città e dei paesi! "La notte mi si è cambiata in luce - diceva sant'Agostino - poiché era proprio notte quando disperavo di poter traversare un mare così immenso, di percorrere una via così lunga e, perseverando fino alla fine, raggiungere il traguardo... Infatti, finché dura la vita presente è notte; e come si è rischiarata questa notte? Con la venuta di Cristo. Cristo assunse una carne terrena e così illumino la nostra notte" ("Enarr. in Ps. 138", 14).

Meditando sul dolore dell'uomo, il grande poeta francese Paul Claudel, convertitosi alla fede cattolica proprio il giorno di Natale del 1886, scriveva: "Il Figlio di Dio non è venuto ad eliminare la sofferenza, ma a soffrire con noi.

Non è venuto a distruggere la croce, ma a distendervisi sopra... L'uomo che soffre non è inutile e inoperoso. Egli lavora e guadagna non beni peribili e relativi, ma valori assoluti e universali, ai quali si predispone con la sofferenza" ("Positions et propositions").


4. Ringraziamo dunque il divin Redentore per il dono della luce! Vi esorto di cuore a trascorrere il Natale nella grazia di Dio, nella letizia spirituale, nella fraternità, aprendo i vostri animi anche alla carità verso coloro che pure in questa circostanza soffrono il freddo, la fame, la solitudine, la mancanza di amore e di calore umano. La gioia che proviene dalle certezze che Cristo ha portato non deve mai essere disgiunta dalla partecipazione alle pene di tanti nostri fratelli.

Accogliete Gesù Bambino nei vostri cuori con lo stesso trepidante amore di Maria e di san Giuseppe.

Rinnovando con affetto i miei voti augurali, anche per l'anno nuovo, volentieri vi imparto la benedizione apostolica, che estendo ai vostri familiari e a tutte le persone care.

Data: 1984-12-23 Data estesa: Domenica 23 Dicembre 1984





Ai Fatebenefratelli - Ospedale Villa San Pietro (Roma)

Titolo: Siate apostoli negli ospedali con l'attenzione ai malati

Testo:

Carissimi! Al termine della visita all'ospedale San Pietro, diretto ed amministrato con tanta cura dai Fatebenefratelli, sono lieto di intrattenermi con voi soli, in questo breve incontro. Desidero prima di tutto esprimervi la mia stima profonda per il lavoro che compite qui, in questo ospedale romano, e in tutti gli altri luoghi a voi affidati, in Roma, in Italia e in altri Paesi del mondo. La vostra è un'opera assidua, delicata, generosa e tanto necessaria, perché il malato ha bisogno di cure e di medicine, ma nello stesso tempo di comprensione, di aiuto morale e spirituale, di ideali, proprio come comprese e insegno il vostro santo fondatore, ben esperimentato attraverso le impressionanti vicissitudini della sua avventurosa esistenza.

Nello stesso tempo voglio anche esortarvi alla fervorosa perseveranza nel vostro impegno assistenziale, nonostante le difficoltà e le incomprensioni che potete incontrare nell'attuale situazione sociale e politica. San Giovanni di Dio, durante un drammatico periodo (1495-1550), e in mezzo a difficoltà spesse volte terribili, continuo per la sua strada, con fede profonda e con quotidiana, intensa dedizione. così scriveva in una sua lettera: "La fortezza ci dice di essere forti e contenti nel servizio di Dio, mostrando un viso allegro tanto nei travagli, nelle tribolazioni, nelle fatiche, nelle malattie, come nella prosperità e nella gioia, e per l'uno e per l'altro ringraziare Gesù Cristo".

Abbiate fede nell'Incarnazione! La prossimità delle feste natalizie mi induce a sottolineare questo programma fondamentale della vostra vita religiosa, seguendo l'esempio del vostro fondatore. Aver fede nell'Incarnazione significa in primo luogo credere fermamente nella Provvidenza divina. Dio infatti ha manifestato concretamente il suo amore per l'umanità inserendosi in essa, come uomo e come salvatore: "In questo sta l'amore - scrive san Giovanni - non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ci ha mandato il suo Figlio come mezzo di espiazione per i nostri peccati" (1Jn 4,10). Molti avvenimenti della storia attuale ci urtano e ci turbano: l'"antropologia cristiana", fondata sul concetto della "persona umana", creata da Dio, redenta da Cristo, illuminata dalla Chiesa, responsabile per l'eternità dei propri atti, è in contrasto con l'antropologia immanentistica e storicistica senza rapporti con la rivelazione.

Anche voi, che vivete a contatto con tanti problemi e casi umani, ve ne potete rendere conto, con pena e sofferenza. Eppure, la commemorazione di Natale ritorna e continua a sottolineare che il "Verbo si è fatto carne" per illuminare l'umanità circa il suo vero destino e circa la presenza dell'amore divino nelle vicende della storia. E' necessaria l'umiltà del vostro santo, per accettare e vivere questa verità.

Aver fede nell'incarnazione significa poi amare l'uomo, chiunque egli sia, come creatura di Dio. Il fatto stesso che Dio abbia voluto farsi "uomo", significa chiaramente quanto egli lo ami, lo stimi, lo valuti. Questa spiritualità accompagno sempre san Giovanni di Dio, impegnandolo in una vita di continua carità specialmente verso i più poveri e bisognosi e spingendolo talvolta a gesti di grande eroismo. Certamente i tempi da allora sono molto cambiati; e tuttavia la sofferenza rimane e perdurano anche, in molti luoghi, la miseria e l'abbandono. La vostra si potrebbe definire la spiritualità dell'"Ecce homo", nel senso che potete vedere Cristo in ogni persona che soffre, e servirlo con amore e venerazione.

Infine, aver fede nell'Incarnazione significa ancora soccorrere le anime per salvarle. Per questo infatti Gesù è nato nella capanna di Betlemme ed è morto sulla croce. "Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati ci ha fatti rivivere in Cristo: per grazia siete stati salvati" (Ep 2,3-5). Questo era l'intento di san Giovanni di Dio e questa deve essere anche la vostra preoccupazione apostolica, delicata e discreta ma costante e stimolante.

La Chiesa vi ha affidato un compito assai importante: voi siete apostoli negli ospedali, nel rapporto con i medici e con gli infermieri e con l'amorevole attenzione ai malati. Quanti vostri confratelli hanno ben meritato nei quattrocento e più anni della vostra istituzione: medici, chirurghi, farmacologi, studiosi, infermieri, e anche teologi, apologeti, scienziati. Tra tanti vorrei ricordare il venerabile servo di Dio fratel Benedetto Menni, grande restauratore dell'ordine in Spagna e fondatore delle Suore ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, di cui è stato recentemente riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione.

Seguendo la vostra vocazione, voi avete lasciato tutto per mettervi al servizio dei malati: vi auguro di cuore la letizia spirituale di coloro che compiono tutto per amore! La Vergine santissima ispiri, conforti, protegga ognuno di voi. E vi accompagni anche la mia propiziatrice benedizione apostolica, che estendo con affetto a tutti i vostri confratelli nel mondo.

Data: 1984-12-23 Data estesa: Domenica 23 Dicembre 1984





Telegramma al cardinale Ballestrero - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "L'Italia reagisca con dignitosa fermezza"

Testo:

Ho seguito con animo angosciato le notizie circa la tremenda strage sul rapido Napoli-Milano in transito nella galleria che collega Vernio con San Benedetto Val di Sangro gettando nel lutto l'intera Italia. Mentre prego il Signore di accogliere nella sua pace le anime delle vittime di questa esecranda violenza e di consolare con le certezze della fede quanti ne piangono l'orribile morte, esprimo la mia profonda solidarietà e vicinanza ai familiari e ai numerosi feriti.

Nell'auspicare che la cara nazione italiana reagisca con dignitosa fermezza contro tale ignobile gesto e trovi la forza e la decisione di proseguire sul cammino della concordia e della civiltà, alla luce degli alti ideali umani e cristiani di cui è permeata la sua storia, imparto di cuore ad essa, e in particolare a coloro che sono stati maggiormente colpiti dall'atto criminale, la mia confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1984-12-24 Data estesa: Lunedi 24 Dicembre 1984




Ai pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Nella solidarietà è la speranza dei polacchi"

Testo:


1. Oggi è la vigilia di Natale. Attendendo la notte di Betlemme ci raduniamo attorno alla mensa della vigilia e spezziamo il pane chiamato "oplatek". Vogliamo ricordare così che colui che "ha avuto corpo umano dalla Madre, la Vergine immacolata", ci ha dato poi questo corpo come nutrimento, per renderci forti nel nostro cammino terreno con la forza del corpo divino.

Spezzando questo pane rinnoviamo continuamente i vincoli della comunione fraterna che ci unisce attraverso il corpo del Signore. L'"oplatek" deve anche rinnovare la comunione fraterna tra gli uomini. perciò voglio spezzare oggi l'"oplatek" con i miei fratelli e sorelle, che sono figli della mia stessa patria.


2. La parola "patria" ci parla di una storia comune che ci unisce, di un passato carico di ricordi delle vittorie e delle sconfitte. L'"oplatek" trasporta questo passato verso il futuro. Ci scambiamo infatti gli auguri, e gli auguri corrono sempre verso il futuro, verso il bene che si deve realizzare, verso la speranza...

Un popolo che ha vissuto dure esperienze storiche non può rinunciare alla speranza che è alla radice di queste esperienze.


3. Voglio ricordare qui le parole del sacerdote la cui morte ha sconvolto le coscienze, e non solo dei polacchi. Questa morte è stata una testimonianza in cui noi, polacchi, e non soltanto noi, leggiamo quei fondamentali contenuti e valori per i quali l'uomo e la società vogliono vivere.

"Solidarnosc - diceva padre Popieluszko era ed è la speranza di milioni di polacchi, speranza tanto più forte, quanto più è unita a Dio attraverso la preghiera" (discorso dell'agosto 1982).

"Il seme della preoccupazione per la patria, gettato nella terra polacca nell'agosto 1980, innaffiato di sangue, di lacrime, di sofferenze e del dolore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in questo ultimo anno (1982) deve dare buoni frutti... Non possiamo perdere questa speranza. Infatti il popolo è abbastanza forte per operare e lavorare creativamente per il bene della patria.

Questa nazione è capace di molti sacrifici ma vuole patti chiari. Vuole la garanzia che le sue fatiche non andranno di nuovo sprecate" (discorso del dicembre 1982).

4. Attorno alla mensa della vigilia ricordiamo i defunti. Molte famiglie polacche in questa omelia ricorderanno certamente quel sacerdote, la cui morte ha un'eloquenza così forte. Un'eloquenza per i vivi, per la nazione e la Chiesa, per il mondo del lavoro e il mondo della cultura, per i giovani, per chi detiene il potere. Questa testimonianza è anche un richiamo alla presenza di Cristo nella nostra vita polacca.

Tale è l'opinione della nazione. Questo desidera chi crede nella nostra patria. Questo desiderano i giovani che, difendendo eroicamente assieme ai genitori la presenza del Crocifisso nei luoghi di studio e di lavoro dei credenti, testimoniano che Cristo è per loro il valore più grande. E per questo i vescovi polacchi continuano a ricordare e rivendicare l'osservanza di questi fondamentali diritti dell'uomo.

"La croce è il sostegno della vita morale dell'uomo - leggiamo nella lettera pastorale del 6 dicembre 1984 -. Essa mostra e avvicina sempre, e a tutti, i più alti valori etici... svolge una funzione educativa della massima importanza: a casa, a scuola, in tutti i luoghi di lavoro e di vita sociale... La croce è scuola di fratellanza e di amore, poiché su di essa si è compiuta la riconciliazione... Vogliamo le croci nei luoghi dove cresce la nuova generazione, i figli della nazione prevalentemente cristiana".

Auguro con forza ai miei compatrioti questa presenza liberatrice del Dio-uomo in tutta la nostra vita, perché possa formare e trasfigurare la vita! Perché sia fonte di conversioni! Ci sono certamente necessarie molte conversioni.

Ringraziamo Dio per coloro che spesso ritornano da lontano, e arrivano a lui, alla Chiesa.

Ma la Chiesa, fedele alla sua missione, richiama a un'incessante conversione del cuore: a rifiutare sempre il male e il peccato per andare verso la grazia e il bene. Iddio che "ha visitato il suo popolo... e ha suscitato per noi una salvezza potente" (Lc 1,68-69), tocca nell'uomo prima di tutto ciò che duole, ciò che invoca con forza particolare la misericordia e la guarigione.

Di questi dolorosi problemi, del pericolo morale che minaccia la nazione e che può sempre aggravarsi, mi parlano con tanta preoccupazione e impegno i vescovi, i sacerdoti e i laici polacchi durante i colloqui personali. Vivo profondamente e spesso sottolineo il mio legame particolare con la Chiesa e la nazione dalla quale provengo, partecipando alla gioia di ogni vittoria e di ogni evento positivo, ma vivo anche nel mio animo ogni pericolo, ogni male.

Permettete che in questa mensa comune della vigilia, io esprima la mia sollecitudine e la mia preoccupazione. La Chiesa in Polonia è cosciente delle perdite e dei danni che colpiscono la comunità dei credenti a causa del programma ateistico impostole ormai da anni, ma è anche consapevole della debolezza, dei peccati e dei difetti del suo popolo.

Il lavoro è il bene fondamentale dell'uomo e della società. Purtroppo nella nostra terra esso è colpito da una molteplice crisi. Nasce giustamente il timore che le perdite subite dalla società nell'ambito dell'etica del lavoro saranno difficili da riparare. Mancano anche quelle importanti iniziative che potrebbero promuovere la vera "soggettività" della società, l'autentica "autogestione" nelle varie dimensioni del lavoro polacco, della vita polacca.

Possano risuonare qui ancora una volta le parole che ho pronunciato nello stadio "X Anno" di Varsavia durante il mio ultimo pellegrinaggio in patria: "Si tratta... dell'ordine maturo della vita nazionale e di quella dello Stato, nella quale saranno rispettati i fondamentali diritti dell'uomo. Solo una vittoria morale può portare la società fuori dalla divisione e restituire l'unità. Un tale ordine può essere contemporaneamente vittoria dei governati e dei governanti.

Bisogna arrivare ad esso per la via del dialogo reciproco e dell'accordo, l'unica strada che consenta alla nazione di poter godere in pienezza dei diritti civili e di strutture sociali rispondenti alle sue giuste esigenze" (17 giugno 1983).


5. E' importante che la patria, dopo le dolorose esperienze dello stato di guerra, riacquisti la posizione che le è propria nella vita internazionale. Con soddisfazione si registrano cambiamenti nell'atteggiamento dei governi occidentali nei confronti della Polonia. Bisogna pure sottolineare che il nostro Paese è in grado di intraprendere un rinnovamento in tutti i campi, che gli restituirà l'importanza che giustamente gli spetta tra le nazioni del mondo. Tramite il suo millenario passato, tramite la sua cultura la Polonia è legata all'eredità occidentale grazie a Roma, da dove venne a noi il cristianesimo. Nello stesso tempo la posizione geografica del nostro Paese, collocato al punto di confluenza di influssi orientali e occidentali, ha configurato in maniera significativa la nostra identità storica. Non senza ragione la Polonia si è meritata il titolo di baluardo della cristianità. Bisogna che questa specificità della nazione sia presa in considerazione nei rapporti internazionali, e che trovi piena comprensione anche da parte dei vicini dell'Est.


6. Durante le celebrazioni a Niepokalanow ho ricordato le parole di san Paolo: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male!" (Rm 12,21). Oggi ancora una volta, nello spirito di queste parole, esprimo gli auguri della vigilia per il Natale e il nuovo anno. Li indirizzo a tutti i compatrioti nel nostro Paese e anche fuori da esso, agli emigrati.

"Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male!". I vescovi polacchi hanno pubblicato un nuovo programma pastorale in cui desiderano tener conto dei contenuti espressi dal Papa durante l'ultimo pellegrinaggio in patria. Sono molto riconoscente per questa possibilità di un'ulteriore collaborazione con la pastorale svolta in Polonia.

Spezzo l'"oplatek" della vigilia con l'episcopato polacco: i cardinali, il primate, il mio successore alla sede di san Stanislao, gli arcivescovi e i vescovi, e anche con il cardinale Jan Krol, arcivescovo di Filadelfia e tutti i vescovi del mondo di origini polacche. così pure con tutti i fratelli nel sacerdozio.

Ricordo sempre che sono diventato sacerdote in terra polacca, nella comunità del presbiterio polacco dell'arcidiocesi di Cracovia. così pure con tutti gli ordini religiosi e comunità maschili e femminili, con i membri degli istituti secolari. Il Verbo incarnato benedica la vostra testimonianza di vita "consacrata" e il vostro apostolato.

Così anche con gli studenti dei seminari diocesani e religiosi, con gli studenti religiosi e laici degli atenei cattolici, con coloro che si preparano alla vita consacrata nel noviziato. Con i missionari polacchi in tutto il mondo.


7. Sento il canto natalizio che "esploderà" a mezzanotte in tanti luoghi della terra polacca durante la messa di mezzanotte: "Nel silenzio della notte / una voce si diffonde, / alzatevi!... Dio nasce per voi". E poi il canto-lamento: "Non c'era posto per loro a Betlemme... / e non c'è posto per te / in tante anime umane". E infine quel canto così pieno di contenuto teologico: "Dio nasce, la forza trema di paura..." e la preghiera: "Alza la tua mano, Bambino divino, / benedici l'amata patria, / nei buoni consigli, in una buona esistenza / sostieni le sue forze con la tua forza!" affinché non ci lasciamo vincere dal male, ma vinciamo con il bene il male.

E questo è il caldo augurio che, accanto a questo "oplatek", indirizzo a tutti i miei compatrioti nel Paese e oltre i suoi confini. A tutte le famiglie, i padri, le madri, i giovani, i bambini, alle persone che lavorano nei campi, in fabbrica, nell'artigianato, nelle professioni intellettuali, agli uomini della cultura e della scienza, ai malati e ai sofferenti: a tutti.

Alza la tua mano, Bambino divino... Alza la tua mano, Bambino divino... affinché non ci lasciamo vincere dal male, ma vinciamo con il bene il male (cfr. Rm 12,21).

Data: 1984-12-24 Data estesa: Lunedi 24 Dicembre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Incontro a Cristo