GPII 1985 Insegnamenti



Giovanni Paolo II

1985 Insegnamenti





Omelia solennità di Maria Madre di Dio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accogliere il programma salvifico del Natale e il messaggio di pace




1. "Quando venne la pienezza del tempo..." (Ga 4,4).

Secondo il computo umano del tempo, oggi ha inizio l'anno nuovo 1985. In questo computo si riflette il ritmo cosmico del divenire, al quale è sottoposto l'uomo ed al quale consapevolmente egli partecipa.

La Chiesa attinge il significato dell'anno nuovo dal mistero della nascita di Dio. La liturgia infatti ci porta ancora una volta col pensiero nella grotta di Betlemme: partecipiamo all'avvenimento della notte santa e guardiamo con gli occhi dei pastori il Bambino che giace nella mangiatoia, circondato da Maria e Giuseppe.

Oggi è il giorno dell'ottava di Natale. I nostri occhi sono pieni di quello stupore che nasce dalla rivelazione e dalla fede dinanzi al mistero inaudito.

Il mistero di Gesù Cristo, del Dio-uomo che nasconde in sé e al tempo stesso svela il mistero di Maria sua Madre terrena. Sulle orme dei pastori di Betlemme, la Chiesa professo sin dall'inizio questo mistero e contemporaneamente lo approfondi in modo sempre più perspicace: la Madre dell'uomo-Dio è la Madre del Dio-uomo: "Theotokos", Genitrice di Dio.

Nel giorno dell'ottava di Natale la Chiesa concentra la sua attenzione sulla santissima maternità della Madonna. La maternità divina della Vergine appartiene alla pienezza del tempo: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna...": Theotokos!.


2. così dunque la Chiesa, gli occhi fissi sulla maternità della Genitrice di Dio, trae l'inizio dell'anno nuovo - 1985 - dalla "pienezza del tempo". Insieme con l'intera umanità, inserita nell'ordine cosmico del divenire, la Chiesa misura il tempo: conta i giorni, le settimane, i mesi e gli anni, ma anche li radica nel mistero della nascita di Dio. Infatti, in questo mistero, l'umanità e il tempo umano hanno raggiunto la loro pienezza, quella propria della storia della salvezza.

Non è questa la pienezza definitiva. La pienezza definitiva, il compiersi definitivo del tempo umano è sempre davanti a noi. Ci avviciniamo ad esso mediante il mistero della nascita di Dio, mediante l'incarnazione di Dio.

Dio, accogliendo nell'incarnazione il tempo umano, lo attira a sé e avvicina gli uomini in esso immersi verso il compimento definitivo, che è in Dio stesso nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.


3. Dio, quindi, rivela sempre di nuovo e particolarmente il primo giorno dell'anno nuovo, il suo disegno, il suo programma salvifico a tutta l'umanità. E lo fa con le parole di san Paolo, che la Chiesa legge ogni anno nell'odierna solennità. Esse dicono: "Dio mando il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4).

Questo è il punto fondamentale e centrale del disegno divino, del programma salvifico a favore dell'intera umanità. Dio salva gli uomini in Gesù Cristo, nel suo eterno Figlio, nato da Maria Vergine: li salva quali figli nel Figlio. Fa si che l'umanità di ciascuno di noi uomini sia penetrata della divina figliolanza di Gesù Cristo.

Ciò si compie a prezzo di un particolare "riscatto". Dio ha mandato il suo Figlio "per riscattare" i figli e le figlie del genere umano, e "riscattare" vuol dire anche "ristabilire il valore": per ristabilire nell'uomo il valore che egli possiede da sempre agli occhi di Dio, che Dio gli ha donato fin dall'inizio, creandolo a sua immagine e somiglianza. così dunque al programma salvifico per cui Dio "mando il suo Figlio, nato da donna", appartiene ciò che costituisce la dignità essenziale dell'uomo. Questa dignità è iscritta profondamente nel mistero dell'incarnazione e della redenzione; nella nascita di Dio e poi nella croce e nella risurrezione di Cristo.

Sulla stessa linea procede l'opera dello Spirito Santo. Egli agisce nell'incarnazione e nella redenzione. E in seguito prolunga l'opera dell'incarnazione e della redenzione e la fa giungere alle anime degli uomini, alla dimensione di ciascun uomo. Nella potenza dello Spirito Santo, che è "lo Spirito del Figlio", l'uomo, come figlio nel Figlio, grida a Dio: "Abbà, Padre!" (Ga 4,6). Nella potenza dello Spirito Santo l'uomo, consapevole della sua dignità filiale, si libera da tutto ciò che fa di lui uno schiavo, da tutto ciò che gli toglie la dignità della figliolanza divina.


4. Tale è il disegno divino, tale è il programma salvifico che la Chiesa sempre ripropone, il giorno di Capodanno, all'intera umanità. Oggi la Chiesa rivolge questo programma salvifico in modo particolare alla gioventù. L'iniziativa dell'Anno dei giovani, proposta sul piano internazionale dall'Onu, trova la sua eco incessante nella missione della Chiesa: la Chiesa va costantemente incontro alle giovani generazioni e in questo modo va incontro all'avvenire, poiché i giovani portano in sé il futuro dell'intera famiglia umana: "da essi dipende il domani" dell'umanità.

E la Chiesa è, in pari tempo, consapevole di servire incessantemente il "Padre per sempre" (Is 9,5). Perciò nell'iniziativa di quest'anno delle Nazioni unite, essa trova anche un suo posto e un suo compito. Accanto alle iniziative che saranno promosse dalla Sede apostolica, soprattutto per opera del Consiglio per i laici, e insieme con esse, chiedo vivamente ai miei fratelli nell'episcopato e a tutti i pastori di anime di dare a questa impresa un'adeguata dimensione nelle singole Chiese locali.


5. Oggi la Sede apostolica, compiendo il suo servizio annuale a favore della pace, consegna proprio alla gioventù il suo messaggio di Capodanno: "La pace e i giovani camminano insieme".

La pace e i giovani. Quanti significati si nascondono in queste due parole congiunte! Quale ricchezza di contenuto ci comunica questo collegamento delle due espressioni, sia per quanto concerne la gioventù, come per quanto riguarda la pace! Quanto esso è intensamente legato col programma salvifico che si rivela nel mistero della nascita di Dio, nel mistero della maternità della Genitrice di Dio, e che la liturgia annunzia proprio oggi con le parole della lettera di Paolo ai Galati. Per questo, alla gioventù, dalla quale "dipende il domani", desideriamo rivolgere le parole che Dio ha rivolto un tempo al suo popolo mediante Mosè: "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda la pace" (Nb 6,24-26). Insieme con questa benedizione della liturgia del Capodanno, accogliete, cari giovani amici, il programma salvifico di Natale e il Messaggio della pace dell'anno nuovo. Lo accolgano tutti i giovani del mondo intero.

Accoglietelo voi, giovani appartenenti a varie associazioni e movimenti, che affollate questa mattina, così numerosi e gioiosi, la basilica di San Pietro. Dio vi conceda la sua grazia! 6. "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Maria - Madre di Dio - "Theotokos". In questo incomparabile mistero essa divenne Madre di tutti gli uomini. Divenne in modo particolare Madre della Chiesa.

La Chiesa fissa il suo sguardo su di lei quale suo perfetto prototipo, e impara presso il suo cuore a "serbare e a meditare" tutte le cose che attraverso la storia della salvezza raggiungono tutti gli uomini e che vengono in evidenza anche nella storia dei popoli, delle nazioni, delle generazioni e dei continenti.

Desidero poi oggi, attingendo al tesoro della Chiesa, ravvivare il ricordo dei due santi fratelli, che hanno meritato di essere chiamati, insieme con san Benedetto, patroni dell'Europa: i santi Cirillo e Metodio. Sono trascorsi quasi undici secoli dal momento in cui la grande missione di entrambi i fratelli termino, con la morte di Metodio in Moravia. ln precedenza Cirillo era stato separato dal fratello dalla morte, avvenuta a Roma, e riposa in questa città nella basilica di San Clemente. A loro due l'eterno Pastore ha affidato l'opera del Vangelo tra gli slavi. Sono diventati i primi apostoli dei popoli che abitano la parte orientale e quella meridionale dell'Europa. Sono diventati i padri della loro fede e della loro cultura. Hanno annunziato ai contemporanei il disegno divino della salvezza, quel programma salvifico, che oggi, nell'ottava di Natale, san Paolo ci ricorda.

In questo programma è contenuto anche il messaggio evangelico della pace. Annunziando il Vangelo, essi hanno gettato nei cuori umani i semi di quella pace, che il mondo non può dare, che proviene da Dio. Tutta la Chiesa, soprattutto in Europa - e particolarmente tra le nazioni che furono il terreno immediato della loro evangelizzazione - desidera inserire il ricordo di ambedue i santi nella trama dell'anno 1985. Anche la Sede apostolica si sente in modo speciale a ciò chiamata.


7. Maria - Madre di Dio - "Theotokos": professando la sua maternità divina, desideriamo attingere insieme con lei a questa "pienezza del tempo", rivelatasi nella nascita di Dio; desideriamo "serbare e meditare nel cuore" tutto il disegno divino della salvezza, continuando ad andare con esso incontro all'avvenire; desideriamo innestare nei cuori dei giovani il Messaggio della pace, che deriva dal disegno della salvezza.

"Dio misericordioso ci benedica".

Data: 1985-01-01 Data estesa: Martedi 1 Gennaio 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Affidato a Maria l'avvenire che si apre sul mondo nuovo



1. "Theotokos", Genitrice di Dio! Siamo riuniti in piazza San Pietro nel primo giorno del nuovo anno per recitare l'Angelus. Nel primo giorno di quest'anno ci riuniamo per venerare la tua maternità, o Vergine Maria. Essa appartiene intimamente al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, e la Chiesa con la festa della tua maternità corona l'ottava della nascita di Dio.


2. "Theotokos", degnati di unirci tra noi col tuo cuore materno sulla soglia del nuovo anno. Questo anno, che iniziamo oggi, affidalo al tuo Figlio, affidalo al Verbo eterno e - insieme con noi, e immensamente meglio di noi - in questo inizio volgi la tua adorazione a Dio, uno e trino, a "colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8).

A gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo noi desideriamo esistere e agire, vivere e morire, gioire e soffrire, nel tuo cuore materno.


3. O "Theotokos", Genitrice di Dio! Sulla soglia del nuovo anno affidiamo a te - in Gesù Cristo, tuo Figlio a Betlemme, a Nazaret e al Calvario - l'avvenire, che si apre di nuovo al mondo nella giornata odierna.

Nel tuo cuore materno poniamo le nostre speranze e le nostre ansie; poniamo nel tuo cuore la nostra sollecitudine quotidiana, per l'intera umanità, per ogni uomo, Per la pace nel mondo contemporaneo, per la vittoria della giustizia e dell'amore, per la Chiesa e per la sua missione evangelizzatrice tra i popoli.

Iscriviamo nel tuo cuore materno tutti i giorni, tutte le giovani generazioni di ogni famiglia di ogni nazione, di tutto il mondo; questo anno sarà nel mondo intero l'Anno dei giovani, e oggi consegniamo loro il Messaggio della pace, che proclama: "La pace e i giovani camminano insieme".


4. O "Theotokos", Genitrice di Dio! Che sia dato ad essi, ai giovani, di realizzare il programma di questo messaggio nella prospettiva del terzo millennio.

Che sia dato a noi tutti di vedere i frutti della conversione e della riconciliazione nella giustizia, nell'amore e nella pace.

Per la tua intercessione preghiamo con le parole del salmista: "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, / su di noi faccia splendere il suo volto; / perché si conosca sulla terra la tua via, / fra tutte le genti la tua salvezza" (Ps 66,2-3).

[Recitato l'Angelus, ha proseguito:] L'anno nuovo si apre con il negoziato che avrà inizio il 7 gennaio a Ginevra tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica per la limitazione degli armamenti nucleari. E un bagliore di speranza sull'orizzonte del mondo, dopo oltre un anno di ansiosi interrogativi.

La via del negoziato è una scelta di saggezza, anche se il cammino non sarà facile. Ogni volta che le parti tornano al tavolo trovano i problemi sempre più vasti e intricati. Sono in esame armamenti di complessità e potenza inaudite; alle installazioni continentali e planetarie si affiancano ora progetti di sistemi globali per lo spazio, mentre la produzione dei congegni più sofisticati si consuma in una gara di continui superamenti.

I calcoli degli esperti, non sempre univoci, sfuggono alla comprensione dell'uomo comune, il cui animo è stretto dall'angoscia per la minaccia di distruzione che pende sull'umanità. E' chiaro che il negoziato non potrà essere guidato soltanto da criteri tecnici ma dovrà ispirarsi soprattutto a ragioni umane e morali.

Queste ragioni si ritrovano in alcuni semplici assiomi: l'accordo sarà possibile se le parti sono convinte che, in materia di sopravvivenza o di distruzione, corrono una sola, medesima avventura; il dialogo sarà onesto se terrà conto delle legittime esigenze e degli interessi reali di ciascuno; la sicurezza di tutti - concepita ancor oggi come equilibrio delle forze - potrà essere ottenuta a un livello più basso di armamenti se si accetteranno efficaci sistemi di verifica; ma tutto sarà fragile e precario finché non si affermi una nuova "filosofia" delle relazioni internazionali, rinunciando a interessi egoistici o ideologici che alimentano le tensioni, gli odi, le sovversioni, e dedicano le energie e le risorse rese libere dal disarmo alle grandi cause del nostro tempo: la lotta contro la fame, la promozione umana, lo sviluppo dei popoli.

Se ciò avvenisse, cambierebbero non solo le relazioni Est-Ovest, ma anche quelle Nord-Sud. E un sogno? No, è un augurio che faccio a voi tutti, ai popoli di ogni continente, alla gioventù del mondo. E con particolare intensità invito tutti a pregare il Signore perché conceda questa grazia all'umanità, nel nuovo anno.

Data: 1985-01-01 Data estesa: Martedi 1 Gennaio 1985





All'ordinazione di nuovi vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I Magi testimoni della dimensione universale della salvezza



1. Gerusalemme... "viene la tua luce" (Is 60,1).

La Chiesa nella liturgia dell'odierna solennità segue le orme dei tre Magi. Registra con precisione le tappe del loro cammino, che conduce da Oriente a Gerusalemme. Domandano: dov'è nato il neonato? (cfr. Mt 2,2). Domandano del re, la cui nascita è stata loro rivelata in Oriente da una stella. Questa stella è un segno conduttore: il segno dell'Epifania.

Alla corte di Erode, alla domanda: "Dov'è nato?" ricevono, in base alla Scrittura, la risposta: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: ...Betlemme, da te uscirà... un capo che pascerà il mio popolo, Israele" (Mt 2,5-6). I Magi si sono incamminati verso Betlemme, condotti dalla loro stella e dalla parola del profeta: la parola all'Epifania. A Betlemme trovano il neonato: "Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre" (Mt 2,11).


2. Oggi la Chiesa percorre nella sua liturgia Ia strada dei Magi. Ma questa è, al tempo stesso, una via interiore. E' la via della nostra fede. L'Epifania vuol dire il rivelarsi di Dio al cuore umano: la rivelazione data all'uomo interiore. E' la sorgente della fede.

Mediante la luce di una stella insolita, mediante la parola del profeta l'uomo è raggiunto dalla voce di Dio, dalla chiamata di Dio: alzati e mettiti per via! L'uomo che segue questa chiamata entra nel cammino della fede. così si è incamminato, una volta, Abramo; così Mosè al vedere il roveto ardente; così è entrata su questa strada Maria nel momento dell'annunciazione.

Così anche si sono incamminati i Magi dall'Oriente. La loro via non conduce a Gerusalemme, a Betlemme, essa conduce a Dio, a quel Dio che è invisibile, benché si riveli mediante ciò che è visibile. I tre Magi sono stati chiamati a diventare testimoni di questo che nella rivelazione dell'invisibile è l'apice e il limite: Dio si è rivelato come uomo, è diventato uomo. Agli occhi dei Magi si è rivelato come bambino nelle mani della madre.

Qui il cammino interiore dei tre Magi raggiunse il suo punto fondamentale. Tornarono alla loro patria, portando nel cuore della propria fede la pienezza della rivelazione divina: "magnalia Dei".


3. La Chiesa, celebrando oggi la solennità dell'Epifania, accompagna i tre Magi dell'Oriente e con il profeta Isaia (come abbiamo ascoltato nella prima lettura) guarda le grandi moltitudini e le intere nazioni, che si recano a Gerusalemme: "Cammineranno i popoli alla tua luce, / i re allo splendore del tuo sorgere. / Alza gli occhi intorno e guarda: / tutti costoro si sono radunati, vengono a te. / I tuoi figli, le tue figlie... / verranno a te i beni dei popoli... / tutti verranno... / proclamando le glorie del Signore" (Is 60,3-6).

Il profeta Isaia fa vedere la dimensione universale dell'Epifania. I Magi dell'Oriente sono diventati preannunzio di questa dimensione.


4. In questo giorno solenne, qui presso la tomba di san Pietro, il Vescovo di Roma saluta i nuovi eletti all'ordine dell'episcopato: 1) monsignor Bernard Patrick Devlin, nominato vescovo di Gibilterra; 2) monsignor Kazimierz Gorny, nominato vescovo ausiliare di Cracovia; 3) monsignor Aloysius Balina, nominato primo vescovo di Geita, in Tanzania; 4) monsignor Afonso Nteka, nominato primo vescovo di Mbanza Congo, in Angola; 5) monsignor Pellegrino Tommaso Ronchi, nominato vescovo della diocesi suburbicaria di Porto e Santa Rufina; 6) monsignor Fernando Saenz Lacalle, nominato vescovo ausiliare di Santa Ana, in El Salvador; 7) monsignor Jorge Medina Estévez, nominato vescovo ausiliare di Rancagua, in Cile.

Il solo pronunciare il vostro nome, cari fratelli, è un segno della cattolicità della Chiesa. Perciò, guardandovi, desidero ripetere le parole del profeta: "Surge, illuminare, Jerusalem": le parole della gioia di Epifania.

Infatti nella vostra presenza vedo l'irradiazione dello stesso mistero, che ha avuto il suo inizio sulla via dei tre Magi.

Venendo da diverse nazioni, come figli e presbiteri delle Chiese, che in quelle nazioni si sono radicate, portate con voi quei doni mistici, che sono tanto simili, nella loro eloquenza, a quelli che hanno portato i tre Magi! I doni che sono ricchezza della comunità universale della Chiesa.

Siate, come i tre Magi, servi dell'Epifania di Dio.


5. Vi saluto sulla via, alla quale vi ha chiamato il Signore. Desidero imporre su di voi le mani, come gli apostoli le imponevano sui loro successori. Desidero compiere nei vostri riguardi, mediante la grazia dello Spirito Santo, il ministero dell'Ordinazione episcopale, affinché possiate ritornare ai vostri Paesi con una nuova missione, con un compito nuovo.

Di fronte a quanti vi circondano - tra di loro ci sono certamente le persone che vi sono più vicine - rendo grazie oggi, insieme con voi, per la stella che è apparsa sulle vie della vostra vita. Sulla vostra via interiore. Nello splendore di questa stella accogliete tutta la ricchezza dell'Epifania di Dio. Voi stessi diventate i suoi servi dinanzi agli uomini, ai quali Cristo vi manda.

"A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore..." (Is 60,5). Vi auguro questa visione! La visione della fede. Vi auguro questa irradiazione! L'irradiazione del Vangelo. Vi auguro la sollecitudine pastorale e la larghezza del cuore, che nascono dall'Epifania, dal mistero di Dio-uomo, dal mistero del bambino nelle braccia della madre.

Ricevete il sacramento dell'Ordinazione episcopale e diventate la via per tutti coloro che dovete guidare!

Data: 1985-01-06 Data estesa: Domenica 6 Gennaio 1985





Recita dell'Angelus - Invito a pregare per i servitori della fede




1. Cari fratelli e sorelle! Nell'ora destinata alla preghiera dell'Angelus, ripetiamo: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14), esprimendo così il contenuto più profondo del mistero del Natale. Ripetiamo queste parole del Vangelo di san Giovanni, unendoci alla Vergine madre di Dio, nella quale si è compiuto il mistero dell'incarnazione: nella quale e per la quale "il Verbo si fece carne".

Nello stesso tempo guardiamo questo mistero con gli occhi dei tre Magi dell'Oriente. Guardiamo con gli occhi dell'Epifania. I tre Magi giunsero a Betlemme. Seguendo la Luce di una stella, "videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono... e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra" (Mt 2,11). La vista della fede permise loro di vedere il Verbo fatto carne. Questo Verbo, che era presso Dio, che era Dio (secondo le parole del Vangelo di Giovanni 1,1), che si fece carne.


2. Oggi la Chiesa scende nel profondo dell'uomo. Tocca il suo intimo: l'intimo in cui si gioca il dramma divino-umano dell'Epifania mediante la fede. E la Chiesa ripete le parole del profeta Isaia (Is 60,2): "Ecco, le tenebre ricoprono la terra, / nebbia fitta avvolge le nazioni: / ma su di te risplende il Signore".

E la Chiesa prega per ogni uomo, perché la sua vista interiore trapassi le tenebre e provi la gioia dell'Epifania: la gioia della conoscenza di Dio, la gioia della fede, la gioia che è stata partecipata dai tre Magi dell'Oriente.


3. Oggi pensiamo dunque - mediante il mistero di questo giorno solenne - a ciascuno e a tutti. Pensiamo particolarmente ai missionari e alle missionarie, ma insieme pensiamo a tutti coloro che in qualsiasi luogo e in qualsiasi modo sono messaggeri della buona novella, servitori della fede. Tutta la Chiesa è, per sua natura, missionaria, e questo servizio, il servizio della fede, è parte di ciascuno e di tutti. E con tale spirito preghiamo per tutti.

[Dopo la preghiera mariana:] Ecco si vede che non tutti i romani hanno paura della neve. Vi sono alcuni coraggiosi. Si deve dire che è una sorpresa, una vista piuttosto rara di questa città, di questa piazza. Vi saluto tutti cordialmente nella festa dell'Epifania, chiamata popolarmente Befana. Vi saluto tutti, tramite questa neve, tutti voi presenti, tutti i romani, tutti i pellegrini, tutti gli ospiti. E tramite questa neve saluto anche quanti si trovano sulle montagne per sciare. Auguri per questa grande solennità, a tutti i miei fratelli e sorelle.

Data: 1985-01-06 Data estesa: Domenica 6 Gennaio 1985





Al Corpo diplomatico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa disponibile come luogo di incontro e di dialogo

Ecellenze, signore e signori.


1. Le nobili parole appena pronunciate da sua eccellenza il signor Joseph Amichia, interpretando i sentimenti e i voti di tutto il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, raccolgono, ne sono sicuro, l'adesione di tutti i partecipanti. Chi non condividerebbe queste aspirazioni alla pace di fronte ai conflitti in corso, alle minacce, alla carestia, alla discriminazione razziale, all'indebitamento, alla disoccupazione? Ringrazio in modo particolare il vostro decano per la stima generosa e fiduciosa con la quale ha passato in rassegna l'azione della Santa Sede e ha ricordato numerosi aspetti della mia missione spirituale. Dio faccia si che questi voti così ben formulati si realizzino al meglio nel 1985, nonostante i nostri limiti umani, per la comunità delle nazioni e per la Chiesa! Tra qualche istante saro lieto di salutare ciascuno di voi. Alcuni partecipano per la prima volta a questo incontro, avendo presentato di recente le loro Lettere credenziali e, in alcuni casi, come primi ambasciatori dei loro Paesi presso la Santa Sede. Molti altri sono attesi, poiché i loro governi hanno allacciato dall'anno scorso relazioni diplomatiche con la Santa Sede. A nome di tutti, indirizzo ai nuovi venuti il benvenuto in questa assemblea di illustri diplomatici, che vorrebbe essere anche una famiglia. La grande varietà dei vostri volti, delle lingue, dei Paesi, delle culture che rappresentate, non potrebbe simboleggiare, in un clima di rispetto, di stima reciproca e di pace, l'avvicinamento delle nazioni in cerca di comprensione reciproca e di fratellanza? I miei auguri cordiali vanno a ciascuno di voi, capi di missione e collaboratori, alle vostre famiglie, ai popoli e alle istituzioni che voi servite, cioè ai governi, e ancor di più alle nazioni la cui fisionomia e il cui vigore permangono al di là delle vicissitudini della storia e della sorte degli uomini politici.

Attraverso di voi, potrei inoltre salutare i diversi continenti. Una parte dell'Europa è sempre molto presente attorno alla Santa Sede. Ma l'Africa non lo è di meno, come attesta l'intervento del vostro decano, ambasciatore della Costa d'Avorio. Attraverso di voi, la Santa Sede fa sue le speranze e le preoccupazioni dei diversi Paesi africani, di cui si conosce la giovinezza e la vitalità, le aspirazioni allo sviluppo, i bisogni di articolare l'autorità, la libertà e la pace, gli sforzi per promuovere l'unità del continente, per assicurare la dignità umana e particolarmente per superare le inammissibili discriminazioni razziali. Formulo i migliori auguri perché essi si aprano il loro cammino, ancora piuttosto nuovo, in modo desiderabile e giusto per tutti.

L'America Latina, nella quale sono concentrate tante popolazioni a grande maggioranza cattoliche, riveste ai nostri occhi un'importanza considerevole. L'ho sottolineato recandomi a Santo Domingo, per preparare il quinto centenario dell'evangelizzazione. Presto visitero quattro di questi Paesi.

Le loro preoccupazioni di lottare contro la povertà, di ripartire meglio la ricchezza, di assicurare formazione e lavoro ai giovani, tanto numerosi, di garantire i diritti umani, di assicurare la pace all'interno e all'esterno, sono questioni che interessano tutta la comunità delle nazioni, e la Santa Sede esprime a questi Paesi i suoi cordiali incoraggiamenti.

Anche l'Asia è ben rappresentata tra di noi, dal vicino Oriente all'estremo Oriente, e, oltre alle missioni permanenti, non possiamo dimenticare le altre nazioni, in particolare la grande nazione cinese, di cui la Chiesa segue sempre con rispetto e interesse le aspirazioni e il dinamismo. Le mie visite in Corea e in Thailandia, hanno manifestato la sollecitudine della Santa Sede per i popoli asiatici e le loro illustri culture, del resto rappresentate nella Chiesa cattolica: l'esperienza personale che ne ho fatto rimane incisa nella memoria del cuore.

Non c'è bisogno che mi dilunghi ora sull'America del Nord. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, ciascuno conosce le possibilità di questo grande Paese, la sua influenza mondiale, l'attaccamento del suo popolo alla libertà. E conservo un ricordo riconoscente di ciò che, recentemente, ho osservato in Canada.

Infine, auspico che le numerose isole dell'Oceania percepiscano, malgrado la loro lontananza geografica, l'interesse della Santa Sede che è stata manifestato, tra l'altro, dalla visita papale in Papuasia Nuova Guinea e alle numerose Isole Salomone e, attraverso un messaggio, a Tahiti.

Questo incontro di auguri al Papa è semplice, perché bandisce ogni inutile artificio E' tuttavia solenne, perché siamo invitati, voi e io, a gettare sull'anno che comincia, su tutta la scena mondiale, uno sguardo lucido, il più ampio e profondo possibile, rilevando le minacce e i segni di speranza, davanti a Dio che sonda l'intimo dei cuori e che, nella notte di Natale, chiama tutti gli uomini di buona volontà alla pace.


2. La lucidità può portare a vedere innanzitutto le cose che lasciano a desiderare, e che i mass-media rivelano impietosamente, ogni giorno. Io stesso, il giorno di Natale, quando la nostra attenzione si concentrava sulla povera mangiatoia del bambino-Dio a Betlemme, ho ricordato numerosi tipi di sofferenze, di mali, di "povertà" in tutti i sensi della parola (come quella dei rifugiati che ho incontrato in Thailandia), di violenze, di pericoli, perché tutte le vittime conoscano la nostra solidarietà e l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri, ma anche perché la speranza rinasca nei loro cuori di fronte a colui che è venuto ad arricchirci della sua divinità e a dissipare le tenebre dell'errore, dell'egoismo e dell'odio.

Bisogna inoltre, e forse innanzitutto, considerare le innegabili realizzazioni positive, per meglio valutare ciò che è possibile fare, fortificare la speranza e il desiderio di intraprendere gesti di pace. A titolo d'esempio significativo, voi comprenderete che io citi la firma del Trattato di pace e di amicizia tra Argentina e Cile, che conclude il contenzioso sulla zona australe.

Ecco una questione che, sei anni fa, avrebbe potuto degenerare in guerra fratricida, consumare le energie di questi popoli dinamici in imprese distruttive.

Ma le due parti hanno voluto continuare sulla via del dialogo, che era in difficoltà, chiedendo la mediazione della Santa Sede.

Ciò è stato laborioso poiché si trattava di una questione assai complessa. Occorreva una volontà tenace da una parte e dall'altra. Ciascuno dei due Paesi ne è uscito con onore e senza danni per i suoi interessi nazionali, semplicemente con ragionevoli concessioni reciproche. Questa procedura apre nel medesimo tempo delle prospettive promettenti per i diversi settori di fruttuosa collaborazione, di cui parleremo. L'esempio mostra che la via del negoziato, saggio e paziente, direttamente tra le parti o con l'ausilio di un intermediario, può condurre alla soluzione di controversie apparentemente insolubili. La Santa Sede continua a rendere grazie, per questo avvenimento, alla Provvidenza che le ha dato questa occasione di offrire i suoi servizi, di essere il suo modesto strumento, e che ha disposto le persone e le circostanze in modo favorevole.

Si potrebbe inoltre ricordare, come segni positivi, i progressi realizzati in senso democratico in numerosi Paesi che conoscevano un certo totalitarismo. Non che la nuova situazione semplifichi i problemi dell'economia o degli equilibri sociali; ma ai nostri occhi essa costituisce, mentre assicura una necessaria autorità pubblica sufficientemente forte e l'unità della nazione, una via più normale, più sicura, più rispettosa delle libertà, in una parola, più giusta; essa mette fine a ingiustizie e apre il campo alla partecipazione responsabile di tutti (cfr. RH 17,6-7).

Voglio poi citare, come un altro segno positivo, l'apertura in questi giorni a Ginevra, dei colloqui tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica, sulla limitazione degli armamenti nucleari. Era infatti necessario che il dialogo, da lungo tempo congelato, riprendesse su una questione così vitale. Dopo questo primo incontro, sembra che si possa provare un prudente ottimismo.

Voglia Dio che gli autentici negoziati, che saranno senza dubbio laboriosi, confermino le previsioni favorevoli! Tutto il mondo ha gli occhi fissi sui rapporti tra queste due grandi potenze, a causa del loro potenziale economico e militare senza pari, e dunque delle loro enormi responsabilità, in campo nucleare, che tocca le sorti dell'umanità, ma anche in ben altri campi politici o morali.

Questa situazione di bipolarismo non può tuttavia condizionare la libera espressione, il margine di manovra e le possibilità di iniziative degli altri Paesi; questa responsabilità di due potenze - come quella dei membri permanenti nel Consiglio di sicurezza in seno all'organizzazione delle Nazioni Unite - trova la sua giustificazione soltanto nella misura in cui essa permette ad altre nazioni di assumere il loro posto, di prendere le loro iniziative, di esercitare la loro influenza nelle giuste condizioni e per il bene della comunità mondiale.


3. Perché i rapporti internazionali favoriscano e affermino una giusta pace, sono necessarie nello stesso tempo reciprocità, solidarietà, e collaborazione effettiva, che è il frutto delle altre due. Queste tre parole chiave saranno quest'anno il leitmotiv dei nostri discorsi.

Questi orientamenti potrebbero poi essere ravvicinati al grande progetto della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, che si è conclusa a Helsinki nel 197 5. Essa ha aperto una speranza per ciò che riguarda, tra l'altro, lo sviluppo delle mutue relazioni, in considerazione delle realtà di ordine tecnico, culturale, sociale e umanitario di ciascuno, il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Quest'anno segnerà, nel mese di agosto, il decimo anniversario della firma dell'Atto finale. Le difficoltà della cooperazione non mancano e i frutti si fanno spesso attendere, da una sessione all'altra; sarà necessario ancora un lungo cammino, un cammino paziente, molta buona volontà e lealtà. Ma chi negherebbe che un orientamento è ormai tracciato per aiutare tutti i Paesi interessati, quelli d'Europa e d'oltre Atlantico, a realizzare un reale progresso negli scambi, a beneficio della qualità della vita dei loro popoli? La Santa Sede, che è membro della Conferenza, continua a sperare.

Per quanto riguarda la reciprocità nei rapporti, essa non si oppone alla sovranità, ma è una condizione del suo degno esercizio. Ciascuno dei Paesi qui rappresentati è sovrano agli occhi della comunità dei popoli, uguale nella dignità, fiero della sua indipendenza e alla ricerca dei suoi legittimi interessi.

Voi stessi, signore e signori, membri del Corpo diplomatico, siete designati per servire il bene dei vostri rispettivi Paesi. L'anno scorso, nella medesima circostanza, vi avevo intrattenuto sui benefici, le condizioni e le esigenze di una tale sovranità.

Ma, allorché un Paese rivendica i suoi diritti, il diritto di essere trattato - eventualmente aiutato - con giustizia e onore, tenendo conto dei suoi interessi, non dovrebbe ignorare i diritti simili degli altri. Il vero dialogo politico - che è stato già oggetto del mio messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1983 e dell'allocuzione ai diplomatici dello stesso anno - esige apertura, accoglienza e reciprocità: accetta la differenza e la specificità dell'altro, per un'onesta conciliazione; è nello stesso tempo alla ricerca di ciò che è e resta comune agli uomini, anche nelle tentazioni, nelle opposizioni e nei conflitti, perché ne va di ciò che è vero, buono e giusto per ogni uomo, ogni gruppo e società. Non c'è dialogo di pace senza questa accettazione della giustizia che è al di sopra delle parti, che le giudica tutte, e che implica, nella pratica, la reciprocità. Come rivendicare sul piano internazionale o nei rapporti bilaterali ciò che si rifiuta di concedere agli altri, conformemente ai loro diritti? E' una questione di lealtà, di giustizia; potrebbe ostacolarla soltanto, da una parte, la paura della violenza ingiusta degli altri, dall'altra, la paura della verità, l'egoismo cieco di un popolo o di una frazione d'un popolo, la volontà di potenza dei suoi dirigenti e, ancora più, il loro irrigidimento ideologico.

I cristiani trovano nel Vangelo una frase di Cristo stesso che apporta luce, forza e pone delle esigenze su questo cammino della reciprocità: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12).

Questa frase esplicita il comandamento: "Ama il prossimo tuo come te stesso". Vi saranno numerose applicazioni nella vita internazionale.

- Come invocare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, dei quali non si è mai tanto parlato, se non li si rispetta all'interno del proprio Paese? - Come parlare del diritto all'indipendenza, come dell'abc dei principi che regolano i rapporti internazionali, se si interviene dall'esterno per suscitare e appoggiare forze sovversive in un altro Paese, sia in maniera indiretta, sia anche in maniera diretta, con la forza, e questo contro il desiderio della maggioranza della popolazione? E lo si potrebbe dire anche quando un paese ha praticamente imposto a un altro un regime e il suo apparato governativo.

- Come, all'interno di un Paese, invocare i diritti di una parte della popolazione escludendo i diritti degli altri a vivere pacificamente sulla stessa terra? - O come imporre a tutto un Paese una legge particolare che soffoca i diritti civili e religiosi di una minoranza? - Uno sguardo sull'attività delle organizzazioni internazionali suscita anch'esso qualche perplessità. Queste organizzazioni hanno valore nella misura in cui accolgono la cooperazione di tutti i membri e perseguono il bene comune di tutti, cercando di comunicare loro i frutti derivanti da un'azione concertata. E' auspicabile che esse beneficino di una partecipazione il più possibile universale.

- Per quanto riguarda la libertà religiosa si deve attuare una reciprocità, cioè una parità di trattamento. Certamente, coloro che credono nel vero Dio, per rispetto alla verità alla quale essi aderiscono con tutta la loro fede, non possono ammettere l'equivalenza di tutte le fedi religiose, e ancor meno cadere nell'indifferenza religiosa; essi desiderano inoltre, normalmente, che tutti accedano alla verità che essi conoscono, e si impegnino in una testimonianza che rispetti la libertà dell'adesione, perché ne va della dignità dell'uomo di aprirsi alla fede religiosa con un libero omaggio della ragione e del cuore, con la grazia, secondo ciò che scopre e prescrive la coscienza ben formata. Essi possono dunque nello stesso tempo - e lo devono - rispettare la dignità delle altre persone, che non dovrebbero essere ostacolate nell'agire secondo la propria coscienza, soprattutto in materia religiosa. Il Concilio Vaticano II ha fatto questa distinzione nella dichiarazione DH 2, risolvendo così un problema che aveva potuto lasciar a desiderare nel passato delle comunità cristiane. così - voi mi permetterete di esprimermi qui in perfetta confidenza - si comprende la sorpresa e il sentimento di frustrazione dei cristiani che accolgono, per esempio in Europa, dei credenti di altre religioni dando loro la possibilità di esercitare il loro culto, e che si vedono interdire l'esercizio del culto cristiano nei Paesi in cui questi credenti maggioritari hanno fatto della loro fede la religione di Stato.

- D'altra parte, gravi difficoltà sorgono là dove lo Stato adotta un'ideologia atea. Vi è, certamente, una grande diversità di situazioni, a seconda che lo Stato si trovi o meno di fronte a forti e vigorose comunità confessionali.

Ma, in generale, esiste una contraddizione tra le dichiarazioni ufficiali sulla libertà religiosa, concessa, per modo di dire, alle singole persone e la propaganda antireligiosa, alla quale si aggiungono, qua e là, misure di coercizione che impediscono il libero esercizio della religione, la libera scelta dei ministri di culto, il libero accesso ai seminari, la possibilità di catechesi dei giovani, senza contare le discriminazioni dei diritti civili dei credenti, come se l'adesione alla fede mettesse in pericolo il bene comune! Inoltre, esiste almeno una situazione in Europa, in cui l'ideologia atea fa talmente causa comune con lo Stato che l'ateismo è imposto alle coscienze e ogni gesto religioso, non importa di quale confessione, è assolutamente vietato e severamente punito.

In queste diverse situazioni, ciò che è in causa è lo spirito di tolleranza ben inteso, che non è indifferenza religiosa ma rispetto delle coscienze, cioè di una delle libertà più fondamentali, e rispetto della distinzione degli ambiti politico e religioso, che Cristo ha così ben formulato: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22,21).


4. Al di là della reciprocità dei diritti e della stretta giustizia nell'uguaglianza del trattamento, bisogna arrivare a una solidarietà comune di fronte alle grandi poste in gioco dell'umanità. Tutti i popoli si trovano in una situazione di mutua interdipendenza, sul piano economico, politico, culturale.

Ciascun Paese ha o avrà bisogno degli altri. Dio ha affidato la terra a tutta l'umanità, facendo della solidarietà una legge che vale per il bene come per il male. Certamente, ci sono state possibilità diverse per quanto concerne la ricchezza delle terre o del sottosuolo, il favore del clima, i talenti legati a questa o quella civiltà, e anche la fatica compiuta dagli uomini, secondo il loro più o meno sviluppato spirito di iniziativa. Il progresso economico e sociale può essere ritardato dalle difficoltà sperimentate soprattutto dalle nazioni giovani a padroneggiare i nuovi processi di produzione e di distribuzione talvolta anche per la negligenza, anzi la corruzione, degli uomini, difficoltà alle quali bisognerà coraggiosamente porre rimedio. Ma, in ogni modo, queste situazioni di disuguaglianza chiamano quegli esseri ragionevoli che sono gli uomini a superare insieme queste difficoltà e, davanti alla sorte crudele che tocca larga parte dell'umanità, non ci sono validi pretesti per rifiutare il contributo alla loro sopravvivenza e al loro sviluppo. La solidarietà reciproca è la sola risposta pienamente umana, ed è anche, a lungo termine, l'interesse rettamente inteso di tutti. E' una sola e medesima l'avventura che noi tutti corriamo. A Edmonton, in Canada, ho ancora una volta difeso la causa dei Paesi del Sud, e sono lieto di vedere capi di Stato sensibilizzare l'opinione del loro popolo a questo problema capitale.

L'imperioso bisogno di progredire in questo spirito di solidarietà è così evidente che mi limitero a due esempi.

Molti Paesi in via di sviluppo hanno contratto debiti enormi che si aggravano. So che il problema è complesso e che implica eventualmente la questione della prudenza dei prestiti e la loro reale utilizzazione per degli investimenti nel Paese. Ma la situazione è diventata inestricabile per molti Paesi debitori: senza un nuovo sistema di solidarietà, come li potranno rimborsare? Come potranno uscire da questo impasse? Ne va dell'interesse di tutti, ivi compresi i Paesi ricchi che rischiano di trovarsi isolati. Ne va del senso umano della solidarietà.

Per i cristiani un tale rinnovamento dei rapporti potrà difficilmente attuarsi senza l'amore generoso e disinteressato di cui Cristo stesso è il modello e la sorgente.

L'altro esempio è quello che, ogni giorno, l'attualità propone ai nostri occhi atterriti, se almeno non distogliamo lo sguardo e il cuore, come ha ben detto il vostro decano: la carestia dei Paesi della siccità, specialmente in Africa. Ben si sa che i Paesi interessati attualmente non possono - da soli - emergere da questa drammatica situazione, impedire la morte di milioni di persone, né arrestare in futuro l'espansione del deserto. Ma la situazione può essere ripresa in mano: non soltanto bisogna continuare a portare soccorsi d'emergenza, prelevati tra l'altro dal surplus che taluni sono tentati di distruggere per equilibrare un'economia troppo circoscritta, ma bisogna mettere in comune le tecniche che Dio ci ha permesso di scoprire. Ho parlato, all'inizio, di segni positivi. Tengo a sottolineare questo: il fatto che, in questi ultimi tempi, organizzazioni della comunità internazionale, Paesi e istituzioni, abbiamo accettato di affrontare questa sfida, è molto incoraggiante.


5. Secondo i principi di reciprocità e di solidarietà esposti, sarà possibile effettuare una collaborazione più efficace dei membri della comunità mondiale in altri ambiti, precisamente dove la violenza continua le sue devastazioni e dove gravi minacce pesano sull'umanità.

Si tratta di scoraggiare soluzioni di violenza e contribuire a superare la paura, il clima di diffidenza che paralizza alcuni Paesi, provoca il loro ripiegamento su di sé, ma può anche trascinarli nella menzogna, nell'irrigidimento, nella provocazione, nella violenza. Certamente, si invoca ancora la giustizia o l'autodifesa, ma un altro clima, una nuova filosofia, come ho detto il 1° gennaio di quest'anno, permetterà di trovare altre soluzioni alla giustizia e alla sicurezza. Ricordo ora quattro ambiti. Qui potrebbero cooperare, non soltanto le parti direttamente interessate da questa controversia o da quel conflitto, ma un numero crescente di Paesi e in particolar modo le organizzazioni internazionali.

a) Senza che si possa parlare di ingerenza negli affari interni degli altri, non sarebbe loro possibile usare la loro influenza per scoraggiare i conflitti in corso, per aiutare a riprendere i cammini del dialogo, cercare soluzioni negoziate suscettibili di essere accettate da tutti, salvo forse da coloro che un'ideologia cieca o un interesse machiavellico trattengono nei loro disegni? Ci si potrebbe almeno aspettare dagli altri Paesi che si astengano dal sostenere le parti in conflitto nel perseguimento di operazioni che provocano tanti morti e rovine. Qui non si può fare a meno di pensare al Libano. Quando potrà finalmente trovare la pace desiderata e la capacità di rafforzare le proprie istituzioni nella leale collaborazione tra le diverse componenti della nazione? Come porre fine, prudentemente, agli interventi esterni e, quando essi termineranno, come garantire la pace, evitare le vendette e i massacri che tutto il mondo ancora ricorda? Si potrebbe ragionare in modo simile per le guerre e le violenze senza pietà che si compiono tra Iran e Irak - questo conflitto viene alimentato da una corrente continua di anni fornite dalle parti più disparate - e poi in Afghanistan, in Cambogia, in numerosi Paesi dell'America centrale. Se la Santa Sede ne parla, anche quando i suoi correligionari non sono in causa, è perché non può risolversi a vedere rovinare e massacrare dagli innocenti, che già hanno pagato cara l'assurdità della guerra. La Chiesa sa bene che la rinuncia alla violenza è difficile, ma bisogna avere il coraggio di cominciare. Da parte sua, per esempio in America centrale, essa è pronta a offrirsi come il luogo o l'istanza che permettono alle parti di incontrarsi, di comprendersi, di cominciare un sincero dialogo di pace.

b) Bisogna inoltre scoraggiare la violenza e la paura sul piano del disarmo; far abbassare il più possibile il livello degli armamenti, incoraggiare una nuova filosofia delle relazioni internazionali, rinunciare a interessi egoistici e ideologici che alimentano le tensioni, gli odi, le sovversioni e consacrare le energie e le risorse rese disponibili dal disarmo per le grandi cause del nostro tempo: la lotta contro la fame, lo sviluppo, la promozione umana (cfr. Angelus del 1° gennaio 1985).

c) E' importante lottare insieme contro il terrorismo internazionale, non incoraggiando in alcun modo i terroristi e, su un altro piano, il traffico della droga, diventato un autentico flagello. In questi ambiti, a parte il dramma creato ancora recentemente da alcuni pirati dell'aria, sembra ci siano stati dei progressi che risultano soprattutto da una maggiore solidarietà internazionale.

d) Ma bisognerebbe scoraggiare la violenza sotto tutti gli aspetti, compresa quella che si accanisce contro i prigionieri politici, compiuta in segreto e senza alcun freno, come se si trattasse di una questione lasciata all'arbitrio dei poteri, anche col pretesto della sicurezza, nei campi di concentramento, nelle prigioni, negli altri luoghi di internamento. Vi sono casi in cui si accanisce contro di loro in modo ignobile, volendo arrivare fino alla distruzione completa della loro personalità. E la vergogna della nostra umanità.

Sarebbe necessaria perlomeno una denuncia di questi fatti, una condanna molto netta da parte dell'opinione internazionale, e un diritto di visita da parte delle istanze umanitarie riconosciute legittimamente a questo titolo. Ciò vale per la violazione di tutti i diritti umani, come per la libertà religiosa.


6. Per concludere, desidero consegnarvi ancora tre riflessioni: sul contributo dei giovani, sull'educazione ai valori morali, sulla profondità spirituale della riconciliazione.

Si, è bene, è necessario puntare sui giovani. La maggior parte dei Paesi rappresentati nel Corpo diplomatico ha una proporzione enorme di giovani.

Nell'interesse della pace è necessario che essi possano fare delle scelte etiche valide. L'organizzazione delle Nazioni Unite ci ha invitati a entrare nell'Anno internazionale dei giovani, e io ho dedicato loro il messaggio della Giornata della pace: "La pace e i giovani camminano insieme". I giovani non hanno l'esperienza che voi avete: senza dubbio essi non vedono tutte le difficoltà della vita politica, nazionale e internazionale. Anch'essi hanno le loro debolezze, le loro tentazioni, la loro violenza, e talvolta fuggono le responsabilità concrete.

Non si tratta di fare con loro della demagogia. Ma sappiamo tener conto delle loro legittime aspirazioni, che spesso toccano generosamente l'essenziale? In ogni modo, essi saranno domani gli artefici della pace. Come vengono preparati a questo ruolo? Il nostro modo di trattare la giustizia e la pace è in grado di soddisfarli? Come dar loro un esempio, una speranza, un inserimento professionale che li faccia uscire dal trauma della disoccupazione, che li conduca a partecipare attivamente? E soprattutto, come educarli, come educarli ai veri valori e al rispetto degli altri? 7. Senza questa educazione ai valori morali, nel popolo e presso i suoi responsabili o futuri responsabili, ogni costruzione della pace resta fragile; essa è votata all'insuccesso, quali che siano l'abilità dei diplomatici o le forze impiegate. Spetta agli uomini politici, agli educatori, alle famiglie, ai responsabili dei mass-media contribuire a questa formazione. E la Chiesa è sempre pronta a portare il suo contributo.

Non è necessario che io esponga qui nei particolari questi valori morali. Si pensi alla lealtà, alla fedeltà agli impegni presi, all'onestà, alla giustizia, alla tolleranza, al rispetto degli altri - della loro vita, delle loro condizioni di vita, della loro razza - alla condivisione, alla solidarietà... I cristiani amano congiungere tutte queste virtù sociali alla carità, all'amore, e fondarle sulla dignità trascendente di ogni persona umana di cui Dio è garante e sull'esempio di Cristo.

Ma si va abbastanza lontano nel rispetto dell'uomo? Non si dovrebbe cominciare dall'embrione umano? Oggi si moltiplicano le manipolazioni genetiche, le esperienze audaci, che passano velocemente da un Paese all'altro. Questi problemi divengono in qualche modo internazionali. Chi oserebbe dire che non si tratta che di prodezze tecniche? Che non si vedono i gravi problemi umani che sono in causa e che si dovranno trovare delle soluzioni sul piano del diritto, sul piano dell'etica? Il rispetto dei valori morali a questo livello fa parte del rispetto dell'uomo che è alla base della pace, che comincia evidentemente dal rispetto della vita umana. Ogni Paese, soprattutto se dispone di potenti mezzi di influenza, deve misurare la sua responsabilità quanto al valore etico delle tecniche, dei metodi o concezioni più o meno morali o settarie che esporta o lascia esportare.


8. Infine, la Chiesa sa bene che è difficile guarire gli uomini dalla tentazione della guerra, dell'egoismo, dell'odio. Si dice talvolta che essa è utopica. Ma non è ingenua al punto da pensare che si riuscirà sulla terra ad esorcizzare ogni violenza. Nell'esortazione post-sinodale pubblicata nel dicembre scorso, "Reconciliatio et Paenitentia", ho parlato di "un mondo scosso fin dalle fondamenta". E per noi, le radice di queste lacerazioni è una ferita nel cuore stesso dell'uomo, il peccato originale. Il dramma dell'umanità - molti filosofi l'hanno riconosciuto - è un dramma spirituale, un dramma soprattutto dell'umanesimo ateo. Ma, pur sapendo che su questa terra non si può realizzare la definitiva riconciliazione degli uomini con Dio, con gli altri, con se stessi, con la creazione, la Chiesa vuole lavorarvi con ardore, come segno, abbozzo e testimonianza del mondo che verrà. Essa crede sempre che la liberazione del cuore peccatore dell'uomo, mediante il perdono e l'amore, è possibile, che il progresso del dialogo, della riconciliazione, della fraternità è possibile, soprattutto se gli uomini si riconciliano con Dio. Sua parte specifica è lavorare a questo livello, nella sua catechesi e nei suoi sacramenti. Ma essa si impegna anche nell'opera di riconciliazione sociale, innanzitutto con l'azione della Santa Sede e dei suoi diversi organismi. Essa vuole mettere la sua struttura istituzionale e la sua autorità morale al servizio della concordia e della pace (RP 25).

E' questo ciò di cui, spero, voi continuerete ad essere testimoni qui.

Il mio proposito era di esporvi le realizzazioni della Santa Sede - che sono ben al di sotto dei nostri desideri e del nostro ideale - ma soprattutto di incoraggiarvi, eccellenze, signore, signori, a concorrere voi stessi alla creazione del clima di reciprocità, di solidarietà e di collaborazione internazionale di cui abbiamo parlato. E' l'onore della vostra nobile professione, soprattutto quando voi l'esercitate presso un'autorità spirituale. Noi avremo contribuito insieme a preparare un mondo più umano, più degno degli uomini e di Dio. Affidiamo questo progetto all'ispirazione e alla grazia di Dio. Invoco su ciascuno di voi la sua benedizione. Sta qui l'essenziale degli auguri cordiali che sono lieto di rinnovarvi.

Data: 1985-01-12 Data estesa: Sabato 12 Gennaio 1985






GPII 1985 Insegnamenti