GPII 1985 Insegnamenti - Messaggio al popolo del Perù - Città del Vaticano (Roma)


Messaggio al patriarca Khoraiche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà a Cristo che ci insegna il perdono e la comprensione

A sua Beatitudine, il cardinale Antoine Pierre Khoraiche, patriarca maronita di Antiochia, l'affetto che nutro per il caro Libano mi ha spinto, il 1° maggio 1984, ad affidarne la causa alla preghiera e alla solidarietà di tutta la Chiesa, poiché mi sta a cuore tutta la nazione libanese. E' proprio questo affetto, unito alla costante sollecitudine che anima l'azione della Sede apostolica fin dall'inizio della lunga guerra che affligge il vostro Paese, che mi spinge a rivolgermi ancora una volta a vostra eminenza e, attraverso di lei, a tutti i suoi concittadini, senza distinzione di comunità e di appartenenza religiosa.

E' con ansietà che ho seguito gli avvenimenti che, in questi ultimi mesi, hanno caratterizzato l'evoluzione della situazione in Libano, condividendo la speranza dei libanesi ogni volta che una tappa, anche modesta, è stata superata sul cammino arduo della pacificazione e del dialogo, sul piano sia nazionale che internazionale. Ho sentito profondamente le sofferenze di coloro che sono stati ancora provati dai tragici avvenimenti, che piangono i loro cari o che si vedono privati dei loro beni e dei loro mezzi di sussistenza. Ho appreso con pena delle altre gravi difficoltà che hanno ostacolato il buono svolgimento di iniziative che avrebbero potuto condurre a una possibile soluzione o, almeno, a una tregua durevole.

Se la speranza, animata dalla fede, non è mai mancata e ha resistito nel cuore della maggioranza dei libanesi, so anche che di nuovo li assilla lo spettro di altre tragedie, senza contare l'incertezza del domani. Tutto ciò è per me motivo supplementare di preoccupazione.

Coloro che hanno a cuore la sorte del Libano desiderano, in questo momento particolarmente delicato, che cessino infine le tensioni che alimentano il confronto armato tra i diversi gruppi e che possa profilarsi una soluzione che permetta di evitare ogni ricorso alla violenza. Questo desiderio diviene, nell'animo del Papa e di tutti i credenti, una supplica a Dio onnipotente e misericordioso, affinché tutti coloro che sono in grado di offrire la loro mediazione riescano a dare un contributo concreto.

Questo desiderio è anche un invito, di cui mi voglio fare messaggero affidandolo a vostra eminenza: che da Bkerké esso raggiunga ogni cittadino libanese amante del suo Paese, cosciente della sua responsabilità personale e alla ricerca di un avvenire nel quale i valori di ogni comunità siano salvaguardati in un'armoniosa collaborazione! E' un invito che si rivolge anche a tutti coloro che sono stati afflitti duramente dalle sofferenze della guerra: che il rancore, l'odio, le lotte fratricide o il desiderio di vendetta non vadano ad aggravare ulteriormente il fardello dei dolori che già pesa tanto gravemente sul popolo del Libano! E' infine un invito particolare a tutti coloro che, nelle diverse comunità, hanno l'importante responsabilità di guidare e di orientare i loro fratelli. Domando loro di fare in modo che non manchi mai la fiducia nella capacità di ciascuno di riconciliarsi e di dialogare col suo simile.

Nella mia lettera a tutti i libanesi, scrivevo che ciascuno, in quanto responsabile del bene del suo Paese, dev'essere capace di fare un esame di coscienza, di rinunciare a qualcosa e di rimettersi in questione, affinché prevalgano i valori che uniscono. E' soltanto grazie a questo rinnovamento interiore che sarà possibile l'avvento di un'autentica rinascita nazionale. Essa sarà l'effetto della volontà di tutto il popolo libanese, unito in uno stesso desiderio di costruire una patria libera da ogni ingerenza straniera, unita attorno alle sue legittime autorità e testimone di quel pluralismo costruttivo che, da secoli, ha modellato il volto di questa nobile nazione.

Grazie a questa volontà comune di pace e di dialogo, diventerà allora possibile un accordo equo e duraturo sulle questioni relative al reciproco riconoscimento dei diritti e delle particolarità di ciascuna comunità. Ma, lo ripeto, è necessaria la fiducia reciproca. Essa è fondamento del rispetto delle persone e condizione di questa sicurezza che sola è capace di dissipare i timori che oggi provocano tante sventure e attizzano la violenza.

Eminenza, oggi come ieri, il mio pensiero si rivolge in modo del tutto speciale ai cari figli cattolici del Libano e ai fratelli nella fede in Gesù Cristo, senza che per questo sia diminuita la mia sollecitudine verso tutti gli altri libanesi. E' a loro che mi rivolgo tramite vostra eminenza per dire loro che il Papa è più che mai vicino a loro e che tutta la Chiesa è a loro fianco, solidale con le loro pene e i loro timori.

Che, nella fedeltà alla loro vocazione, essi cerchino di farsi discepoli di Cristo che ci insegna il perdono, la misericordia e la comprensione! Nello stesso tempo, essi siano i coraggiosi testimoni della verità quando si tratta di vivere e proclamare liberamente e comunitariamente i valori del Vangelo! Tali sono i voti che il Papa, mediante la preghiera della Chiesa, affida all'intercessione della santissima Vergine. Tali sono le preoccupazioni che mi fanno implorare da Dio onnipotente per il popolo del Libano, la forza di saper superare le difficoltà del momento per percorrere il cammino che conduce alla fratellanza e alla riconciliazione. Con la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 25 gennaio 1985

Data: 1985-01-25 Data estesa: Venerdi 25 Gennaio 1985


All'aeroporto Maiquetia - Caracas (Venezuela)

Titolo: "Vengo a fortificare la prima semina evangelica"

Signor presidente, diletti fratelli nell'episcopato, autorità, cari fratelli e sorelle.

La divina Provvidenza mi permette ancora una volta di ritornare nelle terre latinoamericane. Questa volta inizio la nuova missione apostolica sul suolo venezuelano per continuarla poi nell'Ecuador, Perù e Trinidad-Tobago.

Mi rallegro di potermi incontrare personalmente con gli abitanti di questa cara nazione venezuelana, che fin dal primo momento mi ricevono con quel grande spirito di accoglienza e ospitalità che li distingue. Di questi sentimenti si è fatto autorevole interprete il signor presidente della Repubblica, con le nobili e significative parole che ha or ora pronunziato a nome di tutti i venezuelani. Sento perciò il dovere di manifestare la mia più viva gratitudine per quanto ha detto, così come per l'invito a visitare il Paese e per essere egli venuto all'aeroporto di Maiquetia a darmi il benvenuto.

I miei sentimenti di gratitudine si estendono alle autorità nazionali e locali qui presenti. E si convertono in un affettuoso abbraccio di pace ai miei fratelli, i vescovi del Venezuela José Ali Lebrun, arcivescovo di Caracas e presidente della conferenza episcopale.

Da molto tempo desideravo venire a vedervi, cari fratelli e sorelle del Venezuela, in questa vostra terra, dove Colombo, vedendo l'immenso corso d'acqua dell'Orinoco, credette di trovarsi dinanzi a "un altro mondo dove può essere molto diffusa la nostra fede" (Lettera ai re cattolici sul suo terzo viaggio). Vengo alla terra di Simon Bolivar, il cui vivo desiderio fu di costruire in questo continente una grande nazione, sia per la sua estensione e ricchezza, e, molto di più, per la sua libertà e gloria (Lettera di Bolivar, Kingston, settembre 1815).

Vengo pero con uno scopo ben preciso: cercare di fortificare quella prima semina evangelica che fu fatta sulle spiagge di Cumana, e che subito trovo espressione visibile nella prima diocesi, quella di Coro, dichiarata città pontificia da uno dei miei predecessori, e che doveva essere, secondo le sue intenzioni, un "seminario spirituale" per tutto il territorio.

Questo viaggio ha una proiezione concreta sugli obiettivi che ho segnalato con la mia recente visita nella Repubblica Dominicana, come preparazione al V centenario dell'evangelizzazione dell'America, al quale desidero dare il mio contributo personale.

Mi compiaccio particolarmente che le finalità della mia visita abbiano trovato un'eco anticipata nella grande Missione nazionale, con la quale così numerosi agenti ecclesiali hanno cercato non soltanto di rinnovare la fede, ma di "rinnovare il Paese per mezzo della conversione del cuore".

In questo momento importante e delicato della storia latinoamericana e venezuelana, vorrei con la mia presenza dare impulso a questi obiettivi di rinnovamento, perché si traducano in nuove mete di riacquisizione dell'integrità familiare, in termini di maggiore giustizia sociale, in una ricerca di nuove iniziative nel campo dell'educazione, del lavoro e della convivenza civile.

Non possiamo dimenticare tuttavia che la prima meta da raggiungere è quella del maggiore arricchimento della persona, affinché con fede nel suo spirito e con illuminata coscienza della sua vocazione temporale ed eterna, assuma attitudini coerenti dinanzi a Dio e dinanzi alla realtà umana. Attitudini che vanno molto al di là di orizzonti puramente materialistici.

Affido alla nostra Madre e Signora di Coromoto queste intenzioni e tutti i passi di questo viaggio. E nell'inviare il mio cordiale saluto a ciascun venezuelano, specialmente agli infermi e a coloro che non potro incontrare personalmente in questi giorni, con molta gioia imparto al popolo fedele del Venezuela la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-01-26 Data estesa: Sabato 26 Gennaio 1985





Ai vescovi del Venezuela - Caracas (Venezuela)

Titolo: "Sappiate essere la coscienza morale della società"

Venerabili e cari fratelli nell'episcopato.


1. Mentre è ancora vivo nella mia memoria il gratissimo ricordo della vostra visita "ad limina", oggi ho la gioia di rendere io stesso una visita alla vostra terra. può così vedersi realizzato il caloroso invito, che già da tempo mi avete fatto, di venire a vedere e incoraggiare nel suo cammino la comunità fedele del Venezuela. Desidero quindi ringraziarvi ancora una volta di questo invito fraterno e della ospitale accoglienza che mi avete riservata fin dal mio arrivo nella vostra patria.

"Conosco le tue opere, le tue fatiche e la tua costanza" (Ap 2,2), potrei dire con san Giovanni a ciascuno di voi, che dividete con me la sollecitudine di tutta la Chiesa (cfr. LG 2). Mi compiaccio pertanto nell'incoraggiarvi nell'opera che realizzate per la causa del Vangelo, dedicando le vostre forze alle Chiese che lo Spirito Santo vi ha affidato (cfr. LG 20).

Siete gli eredi e i continuatori di quell'opera evangelizzatrice, alla celebrazione del cui V Centenario ci stiamo preparando, iniziata da infaticabili e zelanti missionari venuti da altre Chiese, e continuata, non senza grandi difficoltà e sacrifici, per quasi mezzo millennio. Un'opera colossale, realizzata con scarsità di mezzi e di persone, il cui frutto è penetrato così profondamente nell'indole nazionale che ha fatto della fede cattolica un segno essenziale dell'identità venezuelana.


2. Sono appena giunto nella vostra terra. Voi sapete bene come avrei desiderato recarmi anche in altri luoghi che il programma stabilito non mi permetterà di visitare, nonostante il vivo e insistente desiderio di pastori, autorità e fedeli.

Voi sapete anche che il proposito di questo viaggio apostolico è di visitare la comunità cristiana, tutto il popolo di Dio del Venezuela con a capo di suoi pastori. Perciò, in quest'incontro, che ha la priorità che meritano coloro che sono i miei fratelli e guide nella fede di queste Chiese particolari, desidero salutare nelle vostre persone tutte le diocesi del Venezuela. Il mio affettuoso ricordo e saluto va a ciascun membro delle vostre Chiese diocesane, agli operatori della pastorale, alle anime di vita consacrata, ai diaconi, ai seminaristi e novizi, ai membri di tutti i movimenti di apostolato e al popolo fedele. Nessuno sia escluso dal mio ricordo, dal mio incoraggiamento a perseverare nella fedeltà a Cristo, dalla mia preghiera, soprattutto coloro che sono infermi, coloro che vivono nella povertà o nella sofferenza.

E così la voce dell'apostolo Pietro, della quale si fa eco di comunione il suo successore nella sede di Roma, giunga a tutte le vostre Chiese: "Pace a tutti voi che siete in Cristo" (1P 5,14). Pace alla Chiesa di Caracas, al suo cardinale arcivescovo e agli ausiliari, e al popolo di Dio; ai fedeli di Calabozo, La Guaira, Los Teques, San Fernando de Apure e ai loro pastori. Pace alla comunità ecclesiale di Barquisimeto e al suo pastore, al vescovo ausiliare e al popolo di Dio; ai vescovi e ai fedeli di Guanare e San Felipe. Pace alla sede metropolitana di Ciudad Bolivar, col suo arcivescovo e l'ausiliare, assieme ai fedeli; pace al popolo di Dio di Barcelona, Ciudad Guayana, Cumana, Margarita e Maturin, con i loro vescovi pastori. Pace alla arcidiocesi di Maracaibo, al suo ordinario e ai suoi fedeli; ai prelati di Cabimas e Coro, assieme al popolo di Dio. Pace al popolo cristiano di Mérida, al suo arcivescovo e all'ausiliare, alle comunità ecclesiali di Barinas, San Cristobal de Venezuela e Trujillo, e ai pastori che le presiedono nella fede. Pace al gregge di Cristo di Valencia, al suo arcivescovo metropolita e agli ausiliari; al popolo di Dio di Maracay e di San Carlos de Venezuela, così come ai loro prelati. Pace a quanti sono in Cristo nei vicariati di Caroni, Machiques, Puerto Ayacucho, Tucupita e ai loro pastori. Come anche un abbraccio di pace ai pastori che hanno lasciato la cura del loro gregge per motivi di età e che ora edificano la Chiesa con il loro lavoro, la preghiera e la speranza. Pace a tutti voi che siete in Cristo! 3. In voi, fratelli, che siete continuatori di una ricca eredità ecclesiale, desidero rendere omaggio, esprimere ammirazione e riconoscenza ai vescovi che vi hanno preceduto, cominciando da Rodrigo de Bastidas (1532-1542), primo vescovo del Venezuela, che dalla sede episcopale di Santa Ana de Coro apre la serie dei pastori di queste Chiese di Dio, coi quali siete uniti dai vincoli di un destino comune e della legittima e ininterrotta successione apostolica. Vorrei nominarli tutti, ma sarebbe troppo lungo; mi accontentero quindi di segnalare alcuni nomi tra tante figure nobili e degne di encomio.

Desidero ricordare il dotto fra Pedro de Agreda (1561-1579) che, dinanzi alla urgente necessità di ministri per la predicazione del Vangelo e la conversione degli indios, incomincia personalmente le lezioni di latino e di teologia. Con uguale preoccupazione, il vescovo fra Antonio Gonzalez de Acuna (1670-1682) fonda più tardi e organizza il seminario di Santa Rosa da Lima a Caracas.

Ricordiamo pure Diego de Banos y Sotomayor (1682-1714), che celebra il più importante Sinodo della Chiesa in Venezuela, le cui costituzioni sono state in vigore fino al principio di questo secolo. Diego Antonio Diez Madronero (1756-1769), di grande pietà e zelo, devotissimo alla Vergine sotto il suggestivo titolo di Nostra Signora della Luce, che volle dare nomi mariani alle strade di Caracas. Mariano Matti (1770-1792), il vescovo itinerante, civilizzatore e fondatore di paesi. Nell'arco di tredici anni compie a cavallo la visita pastorale del suo immenso vescovado, oggi smembrato in quindici diocesi, e lascia della sua minuziosa visita a più di 300 città e paesi una dettagliata relazione, che costituisce una fonte unica e inesauribile per la storia e la sociologia coloniale. Francesco de Ibarra (1792-1806), il primo prelato nativo del Paese, primo vescovo di Guayana e primo arcivescovo di Caracas. Rafael Lasso de la Vega (1815-1828), vescovo di Mérida, insigne per aver contribuito col suo prestigio e la sua mediazione a normalizzare le relazioni delle nascenti repubbliche con la Sede di Pietro. Ramon Ignacio Méndez (1827-1839), eroe dell'indipendenza e intrepido difensore dei diritti e delle libertà della Chiesa, per cui fu espulso due volte dal Paese e mori in esilio. Silvestre Guevara y Lira (1852-1876), che non esita ad opporsi alle indebite ingerenze del potere temporale e subisce ugualmente un duro esilio.

E già nel secolo presente, citiamo Antonio Ramon Silva (1894-1932), vescovo di Mérida, uno dei grandi artefici dell'organizzazione della Chiesa nelle Ande venezuelane. Juan Bautista Castro (1905-1915), anima eucaristica, che celebra il primo Congresso eucaristico del Venezuela, consacra la repubblica al Santissimo Sacramento e fonda la benemerita congregazione delle Serve del Santissimo.

Francisco Antonio Granadillo (1923-1927), primo vescovo di Valencia, educatore di esemplari sacerdoti. Lucas Guillermo Castillo (1923-1955), primo vescovo di Coro e poi arcivescovo di Caracas e primate del Venezuela, zelante e umile pastore, che con predilezione dedica la sua attenzione pastorale alla gente semplice. José Humberto Quintero, cultore di letteratura e primo cardinale venezuelano, di cui ancora lamentiamo la recente scomparsa.

L'opera che questi e altri vescovi venezuelani hanno realizzato con l'aiuto insostituibile dei sacerdoti e col valido contribuito degli ordini e delle congregazioni religiose, specialmente nel campo dell'educazione religiosa della gioventù, può ben essere definita insigne, manca tuttavia ancora molto perché possa considerarsi conclusa. Tocca a voi continuarla e completarla nel nuovo contesto storico.

In effetti, il progresso tecnico e industriale del Paese, la sua crescita demografica, gli accentuati contrasti sociali, le nuove condizioni culturali, presentano enormi sfide, alle quali urge rispondere, con costanza e decisione, con abnegazione e zelo apostolico, con nuove ed efficaci iniziative pastorali; impegnando nel comune compito tutti i membri del popolo di Dio.


4. Nei nostri incontri a Roma durante la vostra visita "ad limina", e che continuano nell'incontro di questa sera, abbiamo riflettuto su alcune linee programmatiche di azione che sono tuttora valide. Perciò non mi dilungo sugli stessi temi. Desidero tuttavia, quasi come corollario, riferirmi ad alcuni aspetti che mi sembrano di particolare importanza.

I vescovi, in comunione con la Cattedra di Pietro, sono "veritatis catholicae testes" e "authentici fidei doctores et magistri" (LG 25). Questa relazione con il deposito della fede, affidato da Cristo alla Chiesa, affinché lo custodisca e lo annunzi, è fonte di gravi obblighi che caratterizzano la funzione episcopale.

Prima di tutto, l'annunzio della parola, incessante, coraggioso, in ogni occasione opportuna e inopportuna (2Tm 4,2), che promuova la convinta collaborazione di tutti i sacerdoti, degli operatori della pastorale e anche dei fedeli, secondo la funzione e la condizione propria di ciascuno, e in accordo con le norme della Chiesa.

All'annunzio devono essere accompagnate la carità pastorale e la vigilanza, per "allontanare dal gregge gli errori che lo minacciano" (LG 25; 2Tm 4,1-4). Dovere delicato, che esige speciale tatto pastorale, sia per conquistare gli erranti, sia per impedire che la fede della comunità ne abbia danno.

Voi sapete molto bene che purtroppo non mancano oggi coloro che, abusando della missione di insegnare che hanno ricevuto dalla Chiesa, annunziano non la verità di Cristo ma le loro proprie teorie, a volte in aperto contrasto col magistero della Chiesa; come pure non mancano coloro che deformano il messaggio evangelico, strumentalizzandolo al servizio di ideologie e di strategie politiche, alla ricerca di una illusoria liberazione terrena, che non è quella della Chiesa né quella del vero bene dell'uomo.

Dinanzi a simili situazioni, i pastori e guide nella fede del popolo di Dio devono rispondere, esponendo integralmente e fedelmente la retta dottrina, rettificando tempestivamente gli errori, correggendo con carità e fermezza gli erranti, e soprattutto impedendo che si abusi del potere ricevuto dalla Chiesa.

La fede pero non soltanto deve essere creduta ma anche praticata, applicata alla vita. Non vi sono settori dell'attività individuale e sociale che possano sfuggire al suo orientamento, il quale, senza pregiudizio della legittima autonomia delle realtà terrene, deve permeare con lo spirito del Vangelo l'ordine sociale, economico o politico.

Il Concilio Vaticano II qualifica come "uno dei più gravi errori del nostro tempo di divorzio tra la fede e la vita quotidiana" (GS 43). Conseguire la riattivazione pratica della fede che superi questa incoerenza è un compito colossale, verso il quale deve orientarsi la vostra sollecitudine pastorale.


5. Uno dei settori nei quali la fede cattolica del popolo venezuelano deve maggiormente esprimersi è la famiglia, la cui importanza decisiva, per la società e per la Chiesa, non sarà mai sufficientemente valutata.

Conosco i mali, non pochi e alcuni anche cronici, che affliggono la famiglia nel Venezuela, che la indeboliscono e a volte la distruggono. Molti di essi hanno radici sociali e storiche, che possono essere chiamate ataviche.

Derivano, fra l'altro, dall'ignoranza o dall'insufficiente formazione nella fede, da condizioni sociali precarie, da una concezione edonistica della vita.

La presenza pastorale ed educatrice della Chiesa può rappresentare per le famiglie venezuelane un prezioso sostegno, che le aiuti a contrastare le pericolose insidie che la minacciano. Anche allo Stato spetta, in questo campo, un'importante funzione, come riconosce la stessa costituzione del Venezuela, quando stabilisce nel suo articolo 73: "Lo Stato proteggerà la famiglia come cellula fondamentale della società e vigilerà per migliorare la sua situazione morale ed economica. La legge proteggerà il matrimonio, favorirà l'organizzazione del patrimonio familiare inimpotecabile e provvederà per quanto possibile a facilitare l'acquisto di una abitazione comoda e igienica".

E' necessario che una così solenne disposizione costituzionale trovi una democratica e coerente rispondenza nelle altre leggi dello Stato, che, conseguentemente, debbono promuovere e proteggere i valori fondamentali dell'istituto familiare, tra i quali la sua unità e indissolubilità; debbono favorire il libero e adeguato esercizio dei diritti dei genitori, specialmente in relazione all'educazione, e degli stessi figli ad avere una famiglia unita e stabile.

Qui s'impone a voi un compito grave e ineludibile, che esige insieme prudenza e fermezza, per esporre con coraggio le esigenze della fede, per chiarire dubbi, incoraggiare, persuadere; sapendo essere, in una parola, la coscienza morale critica della società, che segnala responsabilità e denunzia eventuali deviazioni.

Questo necessario servizio pastorale al quale ho accennato, servizio continuo e vigile, intelligente e creativo, prudente e intrepido, deve derivare in voi da un grande amore e dalla fedeltà a Gesù Cristo, "via, verità e vita", e alla Chiesa da lui fondata.


6. Non potrei terminare questo incontro senza segnalare alla vostra attenzione, sia pur brevemente, alcuni campi verso i quali deve aprirsi, con nuova creatività, la vostra sollecitudine di pastori e quella dei vostri collaboratori.

Il mondo della cultura esige la cura particolare che comporta la sua importanza. So che nel Venezuela avete fatto costanti sforzi - con l'aiuto soprattutto degli istituti religiosi - per portare una necessaria presenza della Chiesa nella scuola e nei collegi. I livelli superiori della formazione della gioventù, soprattutto l'ambiente universitario, debbono suscitare il vostro impegno per impostare anche in questo campo un'adeguata pastorale.

Questo ovviamente implica la selezione di un personale ben qualificato e dotato di profondo senso ecclesiale e umano. Questi collaboratori, in sincera unione con i pastori e ispirati a una viva coscienza della loro fedeltà alla dottrina e alle norme della Chiesa, devono attuare un'adeguata pastorale in tutti gli alti organismi nei quali si preparano i futuri dirigenti del paese. Devono instaurare al tempo stesso - con una opportuna evangelizzazione del mondo culturale - un fecondo dialogo tra la fede e la cultura, a tutti i livelli, e suscitare la mutua collaborazione, nel servizio alla verità e al bene dell'uomo e della donna venezuelani.

L'impegno nel campo sociale è un altro settore che richiede totale dedizione, come pastori e come Chiesa, nella vostra nazione. Il vostro Paese possiede abbondanti ricchezze, e questo non impedisce che vi siano ampi strati sociali soggetti alla povertà e perfino alla miseria estrema. So che giustamente vi preoccupa questa situazione precaria di tanti venezuelani, che denunzia una cattiva distribuzione delle risorse della società e della loro proficua utilizzazione.

E' vero che la Chiesa ha la sua propria e specifica missione nel compito dell'educazione alla fede e della salvezza in Cristo redentore. Questo non deve essere dimenticato mai, né può essere relegato a un posto secondario. Tuttavia è anche vero che Cristo vuole la dignità di ogni uomo e di tutto l'uomo. Perciò la Chiesa, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli - soprattutto questi ultimi che hanno come compito specifico quello di trasformare il mondo dal di dentro, alla luce della fede - debbono collaborare per quanto è possibile a questa dignificazione ed elevazione dell'uomo, per renderlo più umano, più sviluppato e più aperto al Dio della trascendenza.

Vi esorto, perciò, a diffondere sempre più l'insegnamento sociale della Chiesa fra i vostri sacerdoti, seminaristi, religiosi e fedeli. Cercate tutte le strade possibili. E questo contribuisca ad una maggiore elevazione morale e materiale dei bisognosi. Predicate anche senza stancarvi le esigenze sociali del cristianesimo, e favorite tutte le forme di avvicinamento e di aiuto - purché con criteri e finalità evangeliche, secondo le indicazioni della Chiesa - ai più bisognosi dei vostri fedeli, all'uomo venezuelano che soffre.

La promozione delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa deve essere un altro deciso impegno nel vostro programma di attività. E la naturale conclusione di quanto abbiamo detto prima. Perché gli obiettivi segnalati hanno bisogno di persone - sempre più numerose - che li realizzino.

A quello che potremmo definire quasi un male endemico, cioè la scarsezza delle vocazioni, è stato in parte posto rimedio grazie alla generosità di altre Chiese e persone provenienti da queste. Esse meritano la massima stima e gratitudine, quale quella che voi sentite. Ma ciò non vi esime dal fare nuovi sforzi per cercare di risolvere il problema con la creatività e il dinamismo proprio della Chiesa del Venezuela.


7. Miei cari fratelli, vi sono altri temi nel vostro animo di pastori che richiederebbero la nostra riflessione, ma non possiamo abbracciarli tutti.

Vorrei terminare con un vivo ringraziamento e incoraggiamento nella vostra difficile e faticosa dedizione alla Chiesa. Continuate nel vostro impegno, con grande speranza. "così infatti vi sarà ampiamente aperto l'ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo" (2P 1,11). Che egli vi colmi di serenità e di fiducia. E che la Madre e Patrona del Venezuela, la Vergine santissima di Coromoto, sia la vostra guida verso la patria eterna. E così sia.

Data: 1985-01-26 Data estesa: Sabato 26 Gennaio 1985





Messa per le famiglie - Caracas (Venezuela)

Titolo: Famiglie unite e formate nella fede, l'ideale cristiano

Signor cardinale, fratelli nell'episcopato, autorità, care famiglie cristiane, amati figli e figlie del Venezuela.


1. Come vescovo di Roma, successore dell'apostolo san Pietro, e oggi pellegrino nella vostra patria, voglio innanzitutto prostrarmi in profonda adorazione davanti all'unico Dio nel mistero della santissima Trinità.

Ai piedi della Madre di Dio, la santissima Vergine di Coromoto, patrona del Venezuela, che presiede a questo incontro, e davanti a tante famiglie dei quartieri a noi vicini, proclamiamo oggi tutti insieme, in questa spianata di Montalban, la nostra umile lode alla sapienza e all'onnipotenza divina. Lo facciamo con le parole della liturgia, in particolare con quelle parole che abbiamo ascoltato nella prima lettura, del libro dei Proverbi. Lo facciamo obbedendo a una profonda necessità della nostra fede in nome di tutte le generazioni che attraverso i secoli hanno abitato in questa terra; dai primi abitanti indigeni fino agli ultimi immigrati.

Dio mi concede la grazia di visitare il vostro nobile Paese all'inizio di questa Novena di anni con cui la Chiesa di tutta l'America Latina si prepara a celebrare solennemente il V centenario dell'inizio dell'evangelizzazione, i 500 anni di presenza e di servizio al popolo di Dio in questo continente della speranza.


2. Nella prima lettura abbiamo ascoltato le lodi alla sapienza e all'onnipotenza che Dio ha manifestato nella creazione. Con quale inaspettata magnificenza apparve questo mondo creato da Dio agli occhi di Cristoforo Colombo e ai suoi compagni, 500 anni fa. La nuova terra! Come sorgenti dall'abisso, appaiono davanti ai suoi occhi la terra e i campi, i monti e le colline, le sorgenti cariche d'acqua (cfr. Pr 8,24-26).

Improvvisamente il globo terrestre si presento diverso da come fino ad allora lo avevano creduto. Ora appariva il vero "globo terrestre" sotto l'immenso firmamento, senza che le acque superassero i confini delle terre recentemente scoperte (cfr. Pr 8,24-29).

Desidero che da questa città di Caracas, come da una porta del continente, volgiamo lo sguardo come 500 anni fa, per prostrarci, accanto agli scopritori, in atteggiamento di lode e di adorazione al Dio creatore delle meraviglie del Nuovo mondo.


3. La Chiesa in Venezuela, come in America Latina, durante questa Novena di anni si prepara, guidata dai suoi pastori, al giubileo del V centenario del primo annuncio del Vangelo, si prepara alla solenne commemorazione della grande semina della fede in questo continente. Davanti a questo evento non possiamo fare a meno di esclamare con le parole della Lettera agli Efesini: "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo" (Ep 1,3).

Prendendo il bastone del pellegrino, sono venuto fino a voi, cari fratelli e sorelle, perché tutti insieme, facendo nostre le parole dell'apostolo, benediciamo Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo. Sono venuto a ringraziare con voi il Dio uno e trino per la grande semina della fede, per i frutti abbondanti dell'evangelizzazione che si è consolidata tra di voi, tra diversi gruppi e razze, e che dura fino ad oggi.

E' per me dovere ineludibile, come Pastore di tutta la Chiesa, ricordare e rendere omaggio ai pionieri dell'evangelizzazione nelle vostre terre e a tutti gli operai della vigna del Signore. A questa punto non posso fare a meno di ricordare i padri Francisco de Cordoba e Juan de Garcés, il primo vescovo del Venezuela Rodrigo de Bastidas, il vescovo Pedro de Agreda, che organizzo i sacerdoti Dottrinari, i padri Francescani osservanti che realizzarono le prime missioni. In questo lavoro missionario spiccano le figure di fra Francesco de Pamplona e fra Juan de Mendoza. A questi si uniscono altrettanto zelanti ed esemplari servitori della Chiesa, che nei cinque secoli passati hanno consolidato la Chiesa nella vostra patria.

Nel rendere grazie a Dio, imploro per la sua paterna misericordia che il seme della fede continui a maturare, producendo frutti abbondanti, che rispondano alle sfide e alle esigenze del nostro tempo e dei tempi che stanno per giungere.

Sia anche espressione del nostro ringraziamento e della nostra comune preghiera al Padre, il solenne atto di incoronazione della venerata immagine di Nostra Signora di Coromoto, patrona di tutti i venezuelani e delle famiglie del paese.


4. Il Vangelo della liturgia di oggi ci porta fino alla grotta di Betlemme, e, insieme ai pastori, ci avviciniamo alla grotta. Essi furono i primi testimoni del grande mistero della nascita del Figlio di Dio: "Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16).

Davanti ai pastori appare questa immagine che si è fissata per sempre nella memoria della Chiesa e dell'umanità: l'immagine della Sacra Famiglia. Nella sua infinita misericordia, il Padre eterno "ci ha benedetti con ogni benedizione" attraverso il mistero dell'incarnazione, nella persona di Gesù Cristo, il Figlio dell'uomo che si è fatto bambino, viene al mondo come un neonato nel seno di una famiglia. In questo modo, ogni famiglia umana con l'esempio della Sacra Famiglia di Betlemme e Nazaret, è chiamata da Dio ad essere santa e Immacolata in Cristo Gesù (Ep 1,4).


5. Tuttavia affinché la santità della famiglia sia preservata, la Chiesa deve continuare a predicare la verità sul matrimonio cristiano e sulla famiglia vista da Dio nel cuore dell'uomo e rivelata per Cristo in tutta la sua profondità.

Il punto di partenza della dottrina ecclesiale in questo campo si trova nel significato dell'amore coniugale inteso in tutta la sua verità. Si tratta dell'amore in quanto comunione interpersonale dei coniugi, che si integrano reciprocamente in corpo e anima. Questo amore interpersonale autentico, base di tutta la vita coniugale e familiare (cfr. GS 48) è compito vostro, cari sposi, custodirlo e incrementarlo. Infatti l'amore coniugale comincia a deteriorarsi quando la donazione tra gli sposi si fa più debole, si chiude nell'egoismo. Per questo giustamente scrivevano i vostri vescovi: "Disgraziatamente constatiamo l'esistenza di unioni che, seppur legittime, non formano una comunità di amore. In effetti, l'egoismo, la mancanza di maturità, l'incomprensione, le attività professionali eccessivamente assorbenti o altre cause, hanno minato la solidità dell'amore iniziale" (esortazione pastorale "Famiglia, popolazione e giustizia", 18).


6. La realtà stupenda dell'amore coniugale si manifesta particolarmente attraverso la comunione nell'amore. Comunione degli sposi tra di loro e dei genitori con i figli. Questi intimi vincoli trasformano la famiglia in focolare, in casa, dove la fusione dei cuori è garantita da Dio: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 126,1). La grandezza dell'amore coniugale risiede nel fatto che è chiamato a collaborare con l'amore creatore di Dio. Come abbiamo ricordato nel salmo responsoriale: "Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo" (Ps 126,3). Si, i figli sono un dono dell'amore creatore di Dio, fatto a misura dell'amore degli sposi.

Tuttavia è tale la trascendenza della paternità e della maternità, che deve realizzarsi in maniera pienamente responsabile, per giungere così a decidere anche il numero dei figli e il loro distanziamento. In questo gli sposi devono essere guidati "dalla coscienza, la quale deve conformarsi alla stessa legge divina, docile al magistero della Chiesa" (GS 50). D'altra parte, come insegna l'enciclica "Humanae Vitae" (HV 11): "Ogni atto matrimoniale deve essere aperto alla trasmissione della vita"; per cui la contraccezione e la sterilizzazione per fini contraccettivi risultano essere sempre gravemente illecite.

Cari sposi e spose, venuti da Caracas e da tutto il Venezuela: la vostra missione nella società e nella Chiesa è sublime. Siate creatori di veri focolari, di famiglie unite e formate nella fede. Lottate contro la piaga del divorzio che rovina le famiglie e incide tanto negativamente sull'educazione dei figli. Non rompete voi quello che Dio ha unito. Rispettate sempre la vita che è uno splendido dono di Dio (cfr. FC 30). Ricordate che mai è lecito sopprimere una vita umana, con l'aborto o l'eutanasia. La vostra stessa costituzione è ben chiara e giusta a questo proposito.


7. San Paolo ci diceva nella seconda lettura: Dio ci ha scelti per essere suoi figli adottivi (Ep 1,5). I nostri figli, tutti i figli delle famiglie cristiane, giungono ad essere, attraverso il Battesimo, figli adottivi di Dio.

Quale grandezza e quale responsabilità è quella dei genitori cristiani, che, come frutto del loro amore, divengono templi, nei quali Dio realizza la sua azione creatrice! Siate coscienti di questa altissima missione che Dio ha posto nelle vostre mani, e fate delle vostre famiglie un tempio di Dio, una "chiesa domestica". Per realizzare ciò, coltivate nei vostri focolari la preghiera che unisce e orienta rettamente la vita, insegnate a pregare ai vostri figli ed educateli nella morale e nelle esigenze della vita cristiana. A questo compito sono chiamati i padri e le madri, in reciproca collaborazione.


8. Dopo queste riflessioni, rivolgiamo ora il nostro sguardo di fede verso la santa Madre di Dio. Oggi il Papa, Vescovo di Roma, circondato dai fratelli, i vescovi del Venezuela, compie l'incoronazione canonica dell'immagine di Nostra Signora di Coromoto, che sarà venerata nella sua nuova basilica. Con questo atto vogliamo rendere un fervente omaggio di devozione e di amore, qui nella capitale della nazione alla dolce Madre e Patrona del Venezuela, che dal suo santuario di Guarane accompagna i suoi figli. Davanti a lei il Papa, i vescovi e tutti i fedeli del Venezuela si fanno pellegrini spirituali nel suo santuario. In un immenso pellegrinaggio di fede, di amore filiale. per rendere grazie a Dio per tutto il passato della Chiesa nel vostro Paese.

Il Vangelo di oggi ci dice: "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Si, Maria è costantemente presente nel mistero di Cristo e della Chiesa. Come insegna il Concilio Vaticano II, la Vergine è presente nella sua condizione di madre (cfr. LG 61). Ella è stata presente come Madre durante questi cinque secoli di evangelizzazione che stanno per compiersi. Ella conserva, meditandola nel suo cuore, la storia del popolo di Dio in queste terre, di generazione in generazione.

Oggi vogliamo, per così dire, "incoronare" e lodare questa presenza di Maria, mediante il ringraziamento che sgorga dai nostri cuori. Chiediamo inoltre che continui ad essere presente nel popolo di Dio del Venezuela: come in Betlemme, in Nazaret, ai piedi della croce sul Calvario, nel Cenacolo della Pentecoste con gli apostoli, quando nasce la Chiesa. Preghiamo Dio perché Maria continui ad essere presente tra voi e perché, tramite la sua materna intercessione, Dio Padre vi benedica di generazione in generazione "con ogni benedizione spirituale... in Cristo" (Ep 1,3), perché voi siate, perché tutti siamo lode della sua gloria, tutti noi, che, da secoli e per generazioni, "abbiamo sperato in Cristo" (Ep 1,12).

Data: 1985-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1985



GPII 1985 Insegnamenti - Messaggio al popolo del Perù - Città del Vaticano (Roma)