GPII 1985 Insegnamenti - Al Corpo Diplomatico in Nunziatura - Caracas (Venezuela)

Al Corpo Diplomatico in Nunziatura - Caracas (Venezuela)

Titolo: La Chiesa difende l'uomo e la dignità della persona

Signori ambasciatori, signore e signori.

Nel compiere il viaggio apostolico in questa nazione, che proseguiro con la visita ad altri Paesi dell'area bolivariana, mi è sommamente gradito incontrarmi con voi, illustri membri del Corpo diplomatico accredidato presso il governo del Venezuela, terra natale di Simon Bolivar. Anzitutto, vi ringrazio sinceramente per la vostra amabile accoglienza e mi compiaccio nel presentare il mio cordiale saluto a tutti e a ognuno di voi, come pure alle vostre famiglie.

Questo nuovo viaggio apostolico in America Latina vuole essere un rinnovato impegno da parte della Chiesa e del Papa nel proclamare e nel trasmettere il messaggio di fede, di pace e di verità, di fraternità, di giustizia e di libertà che Cristo ha portato al mondo. La Chiesa si mette dalla parte dell'uomo e della sua dignità. Per secoli, in questo continente della speranza, essa ha levato la sua voce in difesa dei diritti della persona, specialmente dei più deboli e bisognosi. Nel suo impegno per promuovere, nei limiti delle sue possibilità, il progresso morale e materiale degli uomini e dei popoli, essa è consapevole di aver a che fare con un'opera che richiede una volontà costante e rinnovata di perfezionamento. E in quest'opera essa si fa sostenitrice dei mezzi della persuasione interiore, del ricorso alle forze morali.

Come affermarono gli episcopati dell'America Latina a Puebla de Los Angeles (Messico), la Chiesa si avvale dei "mezzi evangelici, e della loro peculiare efficacia" (Puebla, 485) per cercare di ottenere la liberazione integrale dell'uomo.

Voi ben sapete, signore e signori, che la pace e il progresso morale e materiale sono elementi imprescindibili per la vita giusta e ordinata delle nazioni. E conoscete gli impegni che ciò implica. Pertanto, in presenza di un mondo diviso e minacciato da frequenti tensioni, il vostro compito come diplomatici, ossia come costruttori di pace e di intesa tra i popoli e le culture, assume un'importanza capitale nell'ambito delle relazioni internazionali.

Come ho avuto occasione di far notare recentemente ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (12 gennaio 1985), "perché i rapporti internazionali favoriscano e consolidino una pace giusta, occorrono al tempo stesso reciprocità, solidarietà e collaborazione effettiva". E' così che la comunità internazionale godrà un clima di fiducia e di mutua collaborazione nel quale i diritti dell'altra parte siano sempre riconosciuti su un piano di uguaglianza e di rispetto e i grandi problemi che affliggono le nazioni e l'umanità siano affrontati nella ricerca di soluzioni appropriate mediante il dialogo, gli accordi, i trattati e le soluzioni di pace, evitando sempre vie traumatizzanti per la pacifica convivenza e per la vita delle persone.

Signore e signori, sono certo che voi, così come i governi che rappresentate, volete continuare a offrire un deciso contributo alla grande causa della costruzione di un mondo più pacifico, più giusto e più fraterno. In questo cammino troverete appoggio e incoraggiamento dalla Chiesa e da colui che la serve dalla Sede di Pietro.

Nel rinnovarvi il mio vivo apprezzamento per l'opera preziosa che svolgete, chiedo all'Onnipotente che vi assista costantemente nella vostra alta missione e vi benedica, unitamente alle vostre famiglie.

Grazie!

Data: 1985-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1985





Omelia alla messa - Maracaibo (Venezuela)

Titolo: Nella luce del vangelo un fecondo cammino dei popoli

"Fammi conoscere, Signore, le tue vie / insegnami i tuoi sentieri. / Guidami nella tua verità / e istruiscimi perché sei tu il Dio della mia salvezza" (Ps 24,4-5).

Signor arcivescovo, fratelli nell'episcopato, autorità, cari fratelli e sorelle del Venezuela.


1. Con le parole del salmo appena ascoltate, rendo profondamente grazie a Dio, al Dio uno e trino, perché gli abitanti di queste terre del Zulia e di tutto il Venezuela hanno accolto la parola della fede portata quasi cinque secoli fa dai messaggeri del Vangelo, perché hanno seguito le vie del Signore, e perché riconoscono in Cristo il loro Dio e salvatore.

Il nostro ringraziamento all'Altissimo si rinnova, per la presenza amorevole fra voi della Madre di Cristo, la Vergine santa di Chiquinquira, patrona del Zulia, che voi abitanti di questa zona chiamate con grande affetto "la Chinita". La sua venerata immagine, con i lineamenti della popolazione autoctona, presiede al nostro incontro. Ella ci istruisce sui sentieri del Signore (cfr. Ps 24,4).

Ammaestrati da Maria, la sempre docile alla voce del Padre, la Serva del Signore, ascolteremo in questa liturgia la parola rivelata, che ci aiuta a camminare con lealtà per le vie del nostro Dio. ln questo spirito di disponibilità all'ascolto dell'insegnamento dall'alto, saluto con affetto il pastore di questa sede di Maracaibo, arcivescovo metropolita, i pastori e i fedeli delle vicine diocesi di Cabimas, Machiques e Coro, e a coloro che sono venuti dalla Colombia, dall'Honduras e dalle Antille; e con particolare affetto invio il mio abbraccio di pace, a causa della situazione che stanno attraversando le Chiese di El Salvador e di Nicaragua, ai loro pastori qui presenti. Saluto anche tutti voi qui presenti venuti dal Zulia e da altre parti del Venezuela. Un saluto che si estende a tutte le autorità, ai responsabili e ai membri dell'università di Maracaibo, nel cui "campus" noi ci troviamo.


2. Oggi, qui sulla sponda del lago di Maracaibo, uniti al successore del pescatore di Galilea, ascoltiamo la parola di Gesù di Nazaret, il Maestro del lago di Tiberiade. Sono le parole con le quali egli inaugura la sua missione messianica in Galilea: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Queste parole racchiudono in certo senso il programma completo, "educativo" e "catechetico" che il Signore Gesù svolgerà durante la sua vita pubblica. Il programma che la Chiesa riceverà da lui come eredità, e che dovrà continuare fino alla fine dei secoli. A tale scopo, Cristo ricorre al ministero dei suoi apostoli e dei loro successori. Sceglie perciò i dodici e li forma con cura alla sua scuola durante un triennio. Nella lettura di questa messa, l'evangelista san Marco ricorda la chiamata dei primi due, i pescatori Simone e suo fratello Andrea, che chiama all'apostolato: "Seguitemi, vi faro diventare pescatori di uomini. E subito, lasciate le reti, lo seguirono" (Mc 1,17-18).

Subito dopo si trova la chiamata di altri due fratelli, Giacomo e Giovanni: "Li chiamo. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono" (Mc 1,19-20).

Gesù di Nazaret cerca fin dal principio gli uomini, ai quali affiderà un giorno il suo Vangelo. Essi a poco a poco entrarono nel mistero di Cristo, compresero che il tempo era compiuto, che il regno di Dio era vicino, e si dedicarono alla grande opera della evangelizzazione, l'opera della educazione e della catechesi nella fede. Ammaestrati da Gesù, diventarono maestri al servizio di Cristo maestro.


3. Quest'opera è unita, fin dal principio e nella sua stessa base, alla conversione dell'uomo al suo Dio. Il precetto di Cristo: "Convertitevi", esige da parte del soggetto un profondo mutamento di mente e di volontà, per respingere il male commesso e tornare sinceramente alla legge del Signore.

Dio vuole che gli uomini partecipino al suo regno; perciò pone determinate esigenze. Una eloquente testimonianza di questo la troviamo nella prima lettura di oggi, presa dall'Antico Testamento. Ce la offre il profeta Giona.

Dio lo invia a Ninive, la grande città immersa nel peccato. Giona proclama a gran voce, per tutto il giorno, la minaccia del Signore: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta". Questa minaccia di Dio è accolta come una chiamata alla conversione. E la città non fu insensibile alla voce dall'alto: "I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo". Dinanzi a tale penitenza, il frutto della salvezza non si fece attendere: "Dio si impietosi riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece" (Jon 3,4-5 Jon 3,10).

4. fede e conversione sono intimamente unite, come vediamo nel testo del profeta Giona e come ci indica anche il Vangelo di san Marco che abbiamo ascoltato.

Attraverso le letture dell'odierna liturgia, nel quadro del sacrificio eucaristico, vogliamo fermarci oggi sul tema così importante dell'educazione e della catechesi, che corrispondono a necessità e funzioni essenziali della Chiesa nel Venezuela.

Effettivamente, nella parola rivelata si trova la vita divina incarnata nel Verbo del Padre, in Cristo. Il suo messaggio è l'oggetto della nostra fede, la ragione della nostra speranza e il traguardo del nostro amore. L'essenza della missione dell'educazione religiosa e della catechesi sta in questa capacità, e in questo dovere, di accogliere nel suo centro il messaggio integrale di Gesù.

La fede nel Vangelo e, attraverso il Vangelo, in Cristo che lo proclamo, porta con sé una conoscenza che trascende di molto l'orizzonte della scienza, ma senza giammai creare una frattura con essa. Da ciò deriva il suo influsso nel campo educativo, fino al punto che una educazione chiusa al Vangelo non sarebbe integrale nei suoi programmi; come pure non si concepisce un Vangelo sprovvisto di valore educativo.

Questo riflesso del Vangelo nel processo educativo non riguarda soltanto l'alunno, ma si estende anche al catechista, in quanto maestro, educatore della fede. Difatti Marco, che apre il suo racconto evangelico col precetto: "Credete al Vangelo", chiude il suo libro con un altro simmetrico imperativo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).

Perciò vogliamo riflettere, qui a Maracaibo, sugli impegni pratici che portano con sé questi due comandamenti del Signore. Essi ci indicano la grande incidenza della evangelizzazione sul futuro del processo educativo nel Venezuela, affinché gli uomini e le donne di questo Paese possano camminare veramente per i sentieri del Signore e seguirli con lealtà (cfr. Ps 24,4-5).


5. Vi è anche un nesso profondo tra educazione e Vangelo. Essi si richiamano e si integrano reciprocamente. Il salmista ce lo mostra nel salmo responsoriale quando chiede: "Insegnami", "istruiscimi", "fammi conoscere le tue vie", i "tuoi sentieri". E' una preghiera che implora l'"evangelizzazione educativa" oppure l'"educazione evangelica".

Si tratta di una realtà di sommo interesse, che nel Venezuela, nel suo contesto latinoamericano, possiede un nome e un programma: l'educazione evangelizzatrice (cfr. Puebla, 1024), in intima relazione con la catechesi educatrice della vita, di tutti gli aspetti della vita. Perciò, nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 31) Paolo VI fece giustamente notare che "tra evangelizzazione e promozione umana - sviluppo e liberazione - esistono profondi vincoli". Perché il Vangelo, nonostante la sua trascendenza, cerca la perfezione di tutte le dimensioni dell'uomo, senza trascurare la sua situazione concreta nel mondo e nella storia.

L'educazione evangelizzatrice che, applicata concretamente ai giovani, fu una delle grandi opzioni di Puebla, è chiamata a rinnovare, nell'ambito scolastico, l'insegnamento della verità rivelata, e, nel campo della catechesi, l'esperienza di vita divina, soprattutto sacramentale, nella parrocchia. E non è necessario dire che l'educazione evangelizzatrice deve cominciare nella famiglia, che è scuoia di base e chiesa domestica.

Questa educazione evangelizzatrice trova il suo ambiente ideale nella scuola cattolica, dove il maestro può vivere in perfetta fedeltà il suo compito professionale e la sua vocazione apostolica. Hanno qui un importante compito i religiosi consacrati alla missione educativa, una missione che non ha perduto la sua attualità, come pure trovano uno spazio provvidenziale i laici per la loro testimonianza specifica di vita evangelica e di formatori nella fede. Ma l'educazione evangelizzatrice non deve essere circoscritta all'ambito della scuola confessionale. Deve essere presente in tutte le scuole senza distinzione. Perciò l'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" esprime la speranza che, in base ai diritti inalienabili della persona umana e delle famiglie, i poteri pubblici lascino sufficiente spazio, affinché "gli alunni cattolici possano progredire nella loro formazione spirituale con l'apporto dell'insegnamento religioso che dipende dalla Chiesa" (CTR 69).

Né è necessario dire che l'educazione evangelizzatrice deve essere portata al mondo della comunicazione sociale, che è una immensa scuola parallela, tanto frequentata dai giovani, e non sempre con sufficienti garanzie educative in campo umano e religioso.

Lo sforzo di formazione nella fede impone concrete misure perché non sia travisata una decisione che potrebbe essere provvidenziale: evangelizzare la cultura. Portare il Vangelo a tutte le forme dell'educazione giovanile significa incrementare cristianamente le cellule germinali del mondo e della Chiesa del futuro. Significa anche, a tutti i livelli, aprire grandi possibilità di penetrazione della verità, e mettere le forze dirigenti della società al servizio del Vangelo e della causa dell'uomo.

Posso annunziare questo in un "campus" universitario, perché anche nell'università si deve fare spazio alla penetrazione del Vangelo. Il Signore ha detto: "Andate e predicate a tutte le genti". E questo si deve applicare anche all'università. Essa è molto importante. Io desidero una buona relazione con tutte le scienze - "Universitas scientiarum et nationum" - ma bisogna farlo alla luce della fede.

Perciò bisogna approfittare di tutte le possibilità che sono offerte alla Chiesa nel campo dell'educazione e della catechesi, che hanno tanti vincoli in comune. Difatti, la catechesi stessa è una educazione "verso la fede", per poi educare l'uomo "nella fede" e portarlo alla misura della pienezza in Cristo, per condurre quest'uomo "per mezzo della fede" alla vita cristiana, alla vita "secondo la fede", alla vita degna dell'uomo, nella quale cammini con lealtà per i sentieri del Signore (cfr. Ps 24,5).


6. La qualità evangelica dell'educazione deve essere garantita guardando al supremo esempio, quello del Figlio di Dio, che nel seno della famiglia di Nazaret cresceva in età, in sapienza e in grazia, dinanzi a Dio e agli uomini.

D'altra parte, miei cari fratelli e sorelle, noi sappiamo che i frutti dell'educazione evangelizzatrice dipendono in grande misura dalla qualità degli educatori. Si impone, pertanto, di incrementare lo sforzo vocazionale e curare con predilezione l'adeguata formazione degli educatori affinché ricevano la fede con umile docilità e la trasmettano fedelmente, come il grande dono della bontà di Dio che chiama incessantemente al retto cammino: "Ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. Buono e retto è il Signore, la via giusta addita ai peccatori" (Ps 24,6-8). Questo presuppone una costante conversione.

Perché l'educazione comporta la trasformazione dell'uomo vecchio e il far fruttificare i talenti che l'uomo riceve dalla natura e dalla grazia. Ce lo ricorda il salmista nel testo di questa messa: "Signore, la tua tenerezza e la tua misericordia sono eterne", "il Signore insegna la via ai peccatori; fa camminare gli umili secondo giustizia" (Ps 24,6 Ps 24,8 Ps 24,9).

7. La liturgia odierna, fratelli marabini e venezuelani, mette opportunamente sulle nostre labbra la preghiera del salmista. E anche la nostra preghiera, che implora da Dio, in primo luogo, la verità. "Signore, guidami nella tua verità, istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza" (Ps 24,5). La liturgia chiede anche a Dio che aiuti l'uomo, noi, a superare il peccato per mezzo della grazia: "Ricordati, Signore, del tuo amore, della tua fedeltà che è da sempre. Non ricordare i peccati della mia giovinezza; ricordati di me nella tua misericordia" (Ps 24,6-7).

Dio, quindi, vuole educarci con la bontà, con l'amore. Questo aspetto dell'educazione si rivela come un programma per la catechesi. Questo programma deve essere ben radicato nella missione della Chiesa in questa terra venezuelana, perché possa dare i suoi frutti. Essa è un'impresa di tutta la Chiesa. E' indispensabile per questo contare sul contributo di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità e responsabilità ecclesiali.


8. "Buono e retto è il Signore, la via giusta addita ai peccatori, guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie" (Ps 24,8-9). Gesù Cristo, Figlio di Dio e Signore della nostra salvezza, da cinque secoli insegna "la via" agli abitanti di questa terra. Lo ha fatto per mezzo dei missionari, i sacerdoti, i religiosi e le religiose di tanti ordini e congregazioni; lo ha fatto attraverso la famiglia, che alla luce del Vangelo è diventata progressivamente cristiana. In questo compito, educazione e catechesi hanno camminato insieme.

Oggi alla soglia del quinto centenario della evangelizzazione la Chiesa del Venezuela vuole impegnarsi in quest'opera salvatrice, come compito fondamentale della sua missione. Vuole farlo nelle sue 29 diocesi e vicariati, fra i 16 milioni di venezuelani, nelle grandi regioni del centro, di oriente e di occidente, con i suoi 20 Stati -cominciando da questo del Zulia - nei due territori federali, nel Distretto federale e nelle Dipendenze federali con le loro 72 isole dei Caraibi. Vuole farlo sulla costa, sulle Ande, in questa depressione del lago di Maracaibo, nelle Pianure (Llanos); nella Gran Sabana, nella foresta; fra i discendenti degli aborigeni aruacos o caribes e il resto della popolazione, tra gli addetti all'agricoltura, all'artigianato, ai servizi, all'industria o allo sfruttamento petrolifero. Vuol farlo nel seno della moderna società, che sperimenta grandi trasformazioni umane e professionali. Queste hanno portato dalle antiche attività dell'agricoltura, della caccia e della pesca all'attuale attività dell'industria petrolifera che da sé sola contribuisce al 90 per cento del bilancio nazionale. Tutto ciò presenta non poche sfide, che la Chiesa vuole raccogliere con la revisione e il rinnovamento dei suoi metodi educativi e catechetici.

La Chiesa del Venezuela ha la certezza che il Signore "è buono e retto", perciò "insegna la via" ai peccatori. Questa è la via del Vangelo di Gesù Cristo.

Perciò tutta la Chiesa - vescovi, sacerdoti, famiglie religiose, laici - desidera convertirsi in una grande comunità che catechizza e insieme è catechizzata (cfr. CTR 45), che educa ed è educata.

Grande missione quella di educare l'uomo! fargli vedere le vie per le quali egli può realizzare se stesso nella verità e nell'amore, che sono le vie di Cristo.

Non senza motivo diceva il Crisostomo ("In Mt. Hom.", 59,7): "Non v'è arte superiore a questa. Infatti, che cosa si può paragonare all'opera di colui che forma un'anima e plasma l'intelligenza e lo spirito di un giovane? Colui che professa questa scienza deve procedere con più scrupolosità di qualsiasi pittore o scrittore nella sua opera".

Insieme con voi, cari fratelli e sorelle, voglio mettere questa grande missione, dalla quale dipende il futuro eterno di ciascuno e di tutti, nelle mani di Maria, la Madre e Signora di Chiquinquira.

"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo". Credete. E realizzate la vostra fede nella vita di ogni giorno. Amen. Data: 1985-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1985





Agli emigrati polacchi - Caracas (Venezuela)

Titolo: "Affidiamo a Dio la storia di tutte le genti del mondo"

Sia lodato Gesù Cristo, ringrazio di cuore gli organizzatori di questo incontro; ringrazio il sacerdote della missione polacca per le parole introduttive, dense di contenuto, d'amore, piene di fede e di speranza. Avete cantato all'inizio: "Maria, Regina della Polonia, sono con te, ricordo, veglio". Quanto ci uniscono, queste parole, nello stesso spirito, che riguardano colei che "difende Jasna Czestochowa e risplende sulla Porta dell'Aurora", che riguardano Maria, Regina della Polonia.

Quanto uniscono noi, che siamo qui riuniti, a tutti i connazionali che vivono in terra polacca e aspirano al bene, alla libertà e all'autonomia della loro patria.

Quanto ci fanno sentire uniti a tutti i connazionali dispersi in tutto il mondo, in tanti Paesi e in tutti i continenti. Tutti siamo uniti spiritualmente accanto alla Madonna di Jasna Gora, e tramite lei, a Cristo, Signore della storia. A lui affidiamo la storia di tutti i popoli del mondo, la storia di questa nuova patria nella quale vi è toccato di vivere; la storia del Venezuela, la storia di tutti i Paesi del mondo, e anche la storia e il futuro della nostra amatissima patria.

Carissimi, desidero salutare di cuore tutti e ciascuno, salutare tutte le famiglie polacche e quelle degli emigrati; desidero salutare tutte le generazioni, anche quelle che, essendo ormai lontane dalle proprie radici, non parlano la lingua madre. Desidero salutare in modo particolare i sacerdoti della comunità polacca che danno prova della loro laboriosità pubblicando la rivista "Merkuriusz Polski". Vi auguro che, vivendo in questa terra ospitale, possiate rimanere sempre fedeli alla patria dalla quale provenite e nello stesso tempo servire nel modo più creativo questa nuova patria che vi ha accolto con tanta ospitalità qui in terra latinoamericana. Che Dio vi benedica. Vi affido alla protezione di Maria, Regina della Polonia, e vi affido alla protezione di tutti i santi patroni polacchi, a cominciare da sant'Adalberto, a san Stanislao, fino a san Massimiliano Maria Kolbe.

Vorrei ora rivolgere a tutti gli ospiti che avete invitato a questo comune incontro un breve saluto nella loro lingua madre. Sono lieto di potervi incontrare in questa allargata comunità di popoli e di nazioni con i quali è intrecciata la nostra storia, ai quali siamo legati dalla geografia del continente europeo; e ci legano, qui, anche comuni ricordi, comuni affetti, tradizioni comuni e aspirazioni comuni. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1985-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1985





Omelia durante la Messa - Mérida (Venezuela)

Titolo: Rinnovare la fede per vivere la fedeltà a Cristo e all'uomo

"Benedetto sia Dio, Padre del nostro signore Gesù Cristo".


1. Amatissimi fratelli e sorelle: rendo grazie alla divina Provvidenza che mi permette di visitare queste amate terre delle Ande venezuelane. Questo incontro ha luogo nella cornice della storica città di Mérida, quella delle "cinque aquile bianche" che da due secoli è la capitale spirituale della regione andina. Mi è grato rendere omaggio alle nobili tradizioni cristiane di questa terra: e riconoscere i grandi meriti che il clero e i figli di questa arcidiocesi hanno acquistato nella diffusione della fede. Mi è infatti noto che questa Chiesa è fonte di numerose vocazioni sacerdotali e religiose, che oggi lavorano in molte altre parti del Venezuela. Si può dire in un certo modo che queste comunità andine costituiscono la "riserva spirituale" della nazione. Stanno per compiersi duecento anni dall'arrivo del primo vescovo, fra Juan Ramos de Lora, fondatore del seminario da cui nasce l'università delle Ande.

Fulgida gloria di questa Chiesa fu anche il vescovo Rafael Lasso de la Vega che opero la restaurazione della gerarchia ecclesiastica dopo le dolorose ferite della guerra di indipendenza. Fu lui a fare i primi passi per l'instaurazione delle relazioni fra le nuove repubbliche e la Santa Sede.

Saluto con fraterno affetto il signor arcivescovo di questa diocesi, il vescovo ausiliare, così come tutti gli altri vescovi presenti; saluto le autorità, il clero, i religiosi e le religiose, i seminaristi, i laici impegnati. Rivolgo il mio saluto anche ai giovani qui convenuti, ai contadini, agli educatori della regione andina, così come alle autorità e ai professori dell'università delle Ande, nel bicentenario della sua fondazione.


2. Come Vescovo di Roma e successore di san Pietro provo una gioia profondissima nel poter esprimere in questo momento, davanti a voi, la fede dell'Apostolo, riferendomi alla lettera che egli scrisse alla prima comunità dei testimoni di Cristo e che poco fa, in una sua parte significativa, è stata letta nella nostra assemblea liturgica. Infatti fu Pietro colui che, in un momento decisivo, seppe dire a Cristo: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio" (Jn 6,68-69).

Sia la stessa fede di Pietro a parlare alla comunità che qui si è riunita per dare, dopo venti secoli, la testimonianza di aver perseverato in Cristo, il santo di Dio.

"Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (1P 1,3). Con queste parole dell'apostolo Pietro saluto tutti voi nell'unità di fede della Chiesa.


3. La Chiesa in America Latina, la Chiesa in Venezuela, ritorna col pensiero, nel corso di questi nove anni di preparazione, agli stessi inizi della fede in tutto il continente.

Questo inizio - mezzo millennio fa - ha la sua radice nell'avvenimento ricordato dal Vangelo di oggi. Gli undici apostoli (dopo il tradimento di Giuda Iscariota erano undici) andarono "in Galilea, al monte" all'incontro con Cristo risuscitato. fu questo l'ultimo incontro prima che Gesù ascendesse dalla terra al Padre. Fu proprio allora che Gesù trasmise loro la pienezza della verità su Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, e defini la missione della Chiesa che loro, apostoli, dovevano far sviluppare, come vigna del Signore, su tutta la terra.

Gesù parlo con queste parole: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,18-20).


4. La fede che, attraverso i secoli e le generazioni, si è propagata fra uomini di diverse lingue, nazioni e razze, ha il suo inizio nell'insegnamento apostolico.

"Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui?", si chiede san Paolo (Rm 10,14).

Anche la vostra fede, cristiani del Venezuela, incontra li il suo primo inizio. Con la stessa missione che gli apostoli ricevettero da Cristo in "Galilea, sul monte", giunsero fino a voi cinque secoli fa, come suoi successori, annunciando la buona novella. Fu da essi che i vostri antenati ascoltarono la parola del Dio vivo, qui, in questa terra. Dalla parola e dalla grazia dello Spirito Santo nasceva nei loro cuori la fede. Nasceva e cresceva. così fu di generazione in generazione. E così è anche ai nostri giorni.


5. Il salmo della liturgia di oggi dischiude davanti ai nostri occhi un meraviglioso scenario. "I cieli narrano la gloria di Dio, e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento" (Ps 18,2).

E' come un magnifico e incessante "inno cosmico" che, davanti all'uomo e alla mente umana, rivela la verità sul Creatore invisibile. "Il giorno al giorno ne affida il messaggio, la notte alla notte ne trasmette notizia" (Ps 18,3).

Questo "inno cosmico" su Dio, la testimonianza della creazione, fu certamente compresa dai vostri antenati in questa terra, ancor prima che venissero qui i testimoni del Vangelo di Cristo. Anche dopo il loro arrivo, questa testimonianza del creato non cessa di parlare all'uomo, trovando nel Vangelo una sua ratificazione e insieme una nuova manifestazione. Infatti, il salmo dice: "Non è linguaggio e non sono parole di cui non si oda il suono. / Per tutta la terra si diffonde la loro voce / e ai confini del mondo la loro parola" (Ps 18,4-5).


6. Nel contesto di questo inno cosmico del creato verso il Creatore invisibile, il salmista attribuisce un ruolo particolare al sole: "Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuziale, esulta come prode che percorre la via.

Egli sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l'altro estremo, nulla si sottrae al suo calore" (Ps 18,6-7).

Sullo sfondo della testimonianza del creato appare il sole della giustizia, lo Sposo della Chiesa e di ogni anima immortale, il Redentore del mondo e dell'uomo in questo mondo: Gesù Cristo. Nessuno si sottrae al calore del suo amore.

Gli apostoli ricevettero dal loro Maestro la missione di trasmettere la fede con la parola e con i sacramenti, furono i primi che sperimentarono il calore di questo amore nell'intimità con Gesù di Nazaret, ma soprattutto nell'esperienza della sua croce e della sua risurrezione. Perciò san Pietro scrive nella sua prima lettera (1,3-4) che Dio "nella sua grande misericordia, ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi".


7. Pertanto, cosa è la fede? La fede è l'inizio della nuova vita in Dio. Poiché grazie ad essa siamo in Gesù Cristo eredi del cielo: coeredi della vita divina. E per questo - continua san Pietro - "dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la vostra fede per la salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi" (1P 1,5). In questo modo la fede dà anche un nuovo e definitivo significato alla nostra vita sulla terra. Gli conferisce una dimensione nuova e soprannaturale.

Questo nuovo significato, questa dimensione soprannaturale della fede, ci porta a vedere la vita terrena come una prova, mediante la quale l'uomo entra nella prospettiva della vita eterna: come l'oro che "si prova nel fuoco" (1P 1,7). Per questo la fede ci consente di affrontare, perfino con serenità, le diverse prove della vita, in particolare le sofferenze. "Rallegratevi di ciò - scrive l'apostolo - sebbene attualmente dobbiate soffrire un poco, in varie prove: così la vostra fede - ben provata più dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco - torni a vostra lode..." (1P1,6-7).


8. San Pietro scriveva queste parole ai primi cristiani, la cui fede aveva sopportato la prova delle persecuzioni, spesso cruente. Attraverso quali prove passa la fede dei cristiani contemporanei? Quali sono le prove in mezzo alle quali essa deve maturare e crescere qui, in Venezuela? Come deve essere questa fede perché l'eredità apostolica risponda veramente all'eredità dei secoli? Sono lieto di sapere che negli ultimi mesi avete realizzato una Missione nazionale con l'obiettivo di rinnovare e rafforzare la vostra fede; questa fede "che è più preziosa dell'oro" e che è la grande eredità di cinque secoli di evangelizzazione. Questa fede, che ha sofferto e soffre gli attacchi del laicismo e del secolarismo, deve essere rinnovata. Rinnovare la fede vuol dire approfondire la conoscenza della dottrina cattolica; fare l'esperienza vitale dell'amore a Dio e ai fratelli; vuol dire annunciare agli altri il Vangelo. Soltanto questa fede rinnovata sarà capace di condurre alla fedeltà: fedeltà a Gesù Cristo, alla Chiesa, all'uomo.

In primo luogo, fedeltà a Gesù Cristo. E' una giusta corrispondenza a chi è "il testimone fedele" (Ap 1,5). Fedeltà che deve essere frutto dell'amore. A tale proposito ha detto l'apostolo san Pietro nella sua prima lettera (1,8): "Gesù Cristo lo amate pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui".

Questa fedeltà a Gesù Cristo è inseparabile dalla fedeltà al Vangelo, al Vangelo con tutte le sue esigenze.

Fedeltà anche alla Chiesa. Essere fedeli ad essa vuol dire amarla come nostra madre, quale è. Essa ci dà Cristo, ci dà la sua grazia e la sua parola, ci sostiene nel nostro cammino, resta al nostro fianco nelle gioie e nelle pene, ci istruisce nei suoi centri di educazione, alza la sua voce contro l'ingiustizia e ci apre la prospettiva di una eterna felicità.

Essere fedeli alla Chiesa è anche vivere in intima comunione con i pastori posti dallo Spirito Santo per guidare il popolo di Dio; è accettare con docilità il suo magistero; è far conoscere il suo insegnamento. Essere fedeli alla Chiesa vuol dire non lasciarsi trascinare da dottrine o ideologie contrarie al dogma cattolico, come vorrebbero alcuni gruppi di ispirazione materialista o di dubbio contenuto religioso.

La stessa fede rinnovata deve trarre con sé la fedeltà all'uomo. La fede ci insegna che l'uomo è immagine e somiglianza di Dio, il che significa che l'uomo è dotato di un'immensa dignità. Quest'uomo, figlio di Dio, dobbiamo accoglierlo, amarlo e aiutarlo. La fedeltà all'uomo ci richiede di accettare e di rispettare le sue tradizioni e la sua cultura, aiutarlo a promuoversi, a difendere i suoi diritti e a ricordargli i suoi doveri.

Questa triplice fedeltà a Gesù Cristo, alla Chiesa e all'uomo deve essere una vera sfida di fronte al futuro, per far crescere in profondità la fede del popolo venezuelano. Quest'opera di crescita nella fede reclama l'impegno profondo dei pastori, degli operatori della pastorale, del laicato impegnato, della gioventù, degli uomini e delle donne cristiane, del mondo della cultura.

Solo così si otterranno un uomo e una donna venezuelani rinnovati interiormente, giunti a una maturità di pienezza in Cristo. Vi resta dunque un programma per la post-missione che adesso comincia.

Voglia Dio che questa crescita nella fede si traduca in comunità cristiane più coscienti e apostoliche, in una catechesi solida, soprattutto della famiglia - insistendo in una buona preparazione al matrimonio -, in una nuova vitalità del laicato, in un risveglio di abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose.


9. L'ottavo giorno dopo la risurrezione il Signore Gesù si presento di nuovo agli apostoli, riuniti nel cenacolo. Allora Tommaso, che prima non aveva voluto credere agli apostoli che davano testimonianza del Signore risuscitato, finalmente credette: e, prostrandosi ai piedi di Cristo confesso: "Signore mio e Dio mio". Fu in quel momento che egli senti le parole significative del Risorto: "Perché mi hai veduto hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Jn 20,28-29).

L'apostolo Pietro ripeterà questa beatitudine nella sua prima lettera.

Questa si riferisce a tutte le generazioni dei confessori del Cristo, che per mezzo della parola della buona novella hanno creduto in lui; in questa fede sono cresciuti, in essa hanno speso la loro vita terrena, con la speranza di partecipare dell'eternità di Dio stesso.

Anche tutti voi, amati fratelli e sorelle, appartenete a queste generazioni. La vostra fede "è stata provata al fuoco" dalle esperienze contemporanee, per giungere ad "essere lode, gloria e onore quando si manifesti Gesù Cristo". Per questo desidero ripetere di fronte a tutti voi le parole della lettera di Pietro ai primi cristiani: "Voi lo amate pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede la salvezza delle anime" (1,8-9).

Data: 1985-01-28 Data estesa: Lunedi 28 Gennaio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Al Corpo Diplomatico in Nunziatura - Caracas (Venezuela)