GPII 1985 Insegnamenti - Ai giovani nello stadio olimpico - Quito (Ecuador)

Ai giovani nello stadio olimpico - Quito (Ecuador)

Titolo: Evitare sentieri di ideologie e sistemi contrari alla fede

Cari giovani.


1. Non posso nascondere la mia gioia nell'incontrarmi con voi in questo stadio olimpico Atahualpa. Vi saluto e vi ringrazio per la calorosa accoglienza che offrite a chi viene a voi come amico e come successore di san Pietro. L'entusiasmo e l'intenso vibrare delle vostre voci giovanili risvegliano nel mio spirito sentimenti di speranza. Con voi la Chiesa, l'Ecuador e il mondo sentono che le loro energie si rinnovano.

Le maestose Ande, i cui picchi innevati ci invitano a glorificare il Creatore, ci offrono una cornice naturale incomparabile per questa celebrazione.


2. Abbiamo or ora ascoltato la parola di Dio. Nel passo del Vangelo appena letto, un giovane rivolge a Gesù la grande domanda dell'essere umano: "Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?" (Lc 18,18).

E' il grande interrogativo di qualsiasi età, ma in modo particolare quello di chi si apre alla vita; il vostro, amati giovani: come raggiungere la felicità? La risposta di Gesù non lascia luogo ad alcun dubbio: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti. Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre" (Lc 18,19-20).

In modo sintetico Gesù ha risposto: la via verso la vita eterna è quella dei comandamenti. Quella dell'amore prioritario a Dio, l'unico buono in pienezza.

Quella del rispetto delle esigenze fondamentali della morale umana e cristiana. La risposta del Maestro è piena d'amore verso il giovane che gli dice: "Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza" (Lc 18,21). Dinanzi a ciò, nota l'evangelista Marco, "Gesù, fissatolo, lo amo" (Mc 10,21). Era uno sguardo che chiamava il giovane all'intimità con Cristo, che voleva dar senso alle sue ansie e inquietudini, che attendeva una corrispondenza generosa.

Tuttavia, quando la voce amica di Gesù si fa esigente: "Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri, poi vieni e seguimi" (Lc 18,22), il giovane non risponde all'amore, se ne va triste perché era molto ricco (cfr. Lc 18,23). Come ci sorprende questa opzione del giovane ricco per la ricchezza e non per Cristo! Questa opzione con la quale si rinchiude nel suo egoismo invece di aprire il suo spirito e i suoi beni agli altri.

E' il dramma odierno di tante persone, che invece di sentirsi "mobilitate per il grande compito di promozione di una maggiore giustizia, la costruzione di una società sempre più giusta e conseguentemente più umana" (cfr. discorso nella "favela dos Alagados", Salvador de Bahia, 7 luglio 1980, 1), si accecano spiritualmente con la loro ricchezza e si escludono dal regno di Dio (cfr. discorso nella "favela Vidigal", Rio de Janeiro, 2 luglio 1980). La subordinazione della ricchezza alla causa del regno di Dio si trova alla base del messaggio di Cristo sulle beatitudini. Si trova inoltre alla base dell'opzione preferenziale in favore dei poveri fatta dalla Chiesa.

Che cosa dice a voi? Cosa significa per voi, giovani ecuadoriani, questa opzione? Volete anche voi allontanarvi tristi da Gesù, per chiudervi in un egoismo sterile dovuto alla ricchezza o al cuore insensibile? Oppure volete amare l'uomo fratello, offrendogli - anche se vi costa sacrificio - la vostra solidarietà, il vostro lavoro e il vostro aiuto, perché sia più uomo, più libero, più aperto a Dio, più istruito e più fraterno! Cristo aspetta da voi questa prova di amore verso l'uomo, perché lo vuole sempre più degno della sua dimensione umana e spirituale, con la sua sete di giustizia e di grazia redentrice, con la sua ansia di liberazione dal peccato e dalle oppressioni che minacciano la sua dignità. La vostra opzione per Cristo comprenderà anche la vostra opzione per l'elevazione dell'uomo, immagine di Dio.


3. L'opzione per Cristo e l'opzione per l'uomo visto nella luce di Cristo, ha avuto validi e coraggiosi seguaci fra la gioventù ecuadoriana. Sulle rupi del vicino e maestoso Pichincha, un giovane eroe, Abdon Calderon, diede la vita e conquisto per il suo popolo il gran dono della libertà. ln questi stessi luoghi, Mariana di Gesù, una giovane santa, offri in maniera esemplare la sua vita nel fiore della gioventù. Il santo fratello Miguel, recentemente elevato all'onore degli altari, offri senza riserve la sua vita fin dalla prima giovinezza, per portare i bambini a Cristo. Mercedes de Jesus Molina, che proclamero beata della Chiesa, si dedico anch'essa alle giovani povere e abbandonate. E così migliaia e migliaia di giovani, in Ecuador e nel mondo, non esitarono ad offrire la loro vita, rimanendo molte volte nel silenzio e nell'anonimato, per amore di Cristo.

Il Papa vorrebbe scoprire in voi, giovani ecuadoriani, nuove anime nobili e generose delle quali oggi ci parla san Giovanni nella sua prima Lettera, quando dice: "Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno" (1Jn 2,14). So che per prepararvi alla venuta del Papa, alcuni di voi hanno avuto il primo Incontro nazionale di pastorale giovanile. Il tema scelto è molto eloquente e di grande portata: "Cristo nel giovane per una nuova società". Mi riferiro ora brevemente ai vari punti del vostro studio.


4. Non è sfuggita alla vostra riflessione l'analisi della realtà del vostro Paese e il ruolo che deve avere la gioventù nella società ecuadoriana. Un giovane non può e non deve chiudere gli occhi di fronte alla problematica del mondo che lo circonda. Cristo gli insegna a guardare il mondo con visione critica per operare di conseguenza. Non per amare unicamente le cose terrene o limitarsi alle cose del mondo, ma per elevarsi al di sopra di esse, perché "chi fa la volontà di Dio rimane in eterno" (1Jn 2,17).

A questo proposito ricordiamo le parole del Documento di Puebla (n. 33) quando, nell'indicare i volti concreti nei quali dobbiamo riconoscere i lineamenti di Cristo che soffre, indica quelli di certi "giovani disorientati per non aver trovato un loro posto nella società; frustrati, soprattutto nelle zone rurali e urbane periferiche, per la mancata possibilità di una specializzazione e di un'occupazione".

Durante il vostro incontro, e in altre giornate di riflessione, avete evidenziato che la gioventù ecuadoriana non deve diventare vittima della droga, dell'alcolismo, del sesso, della violenza, dell'allontanamento sistematico da Dio, e da un sistema educativo che ufficialmente non tiene conto della religione. Avete constatato anche che il giovane di oggi vive in una realtà conflittuale e piena di problemi, quali il potere, la competizione, il consumismo. Per questo volete rimanere giustamente critici di fronte alla corsa agli armamenti, al razzismo, ai soprusi contro i diritti umani e la dignità dell'uomo. Per questo sentite in prima persona i gravi problemi dei vostri fratelli emarginati, particolarmente gli indigeni e gli abitanti dell'altopiano. E soffrite, accanto ai vostri genitori, fratelli e compagni, gli effetti di una precaria situazione economica. E' qui che dovete dimostrare il vero amore al mondo, il vostro amore, giovani, con cui volete vincere il Maligno.


5. Di fronte a tanti e così gravi problemi, qualcuno potrebbe sentirsi tentato dalla facile soluzione della fuga, dell'indifferentismo o dello scoraggiamento.

Pero il giovane cristiano non cade, non può cadere nella disperazione. L'apostolo san Giovanni vi ripete: "Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi" (1Jn 2,14).

Sappiate che nella vostra lotta contro il male e lo scoraggiamento non siete soli. In mezzo a voi c'è Cristo e Cristo risorto. Lui che, nella sua casa di Nazaret, cresce "in età, in grazia e in sapienza davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52), è diventato l'esempio definitivo per ogni giovane. Per questa ragione mi conforta il constatare che voi siete decisi a non percorrere sentieri contorti di ideologie e di sistemi contrari alla fede di Cristo. Nelle vostre riflessioni è visibile questo entusiasmo proprio della gioventù nel conoscere meglio il Signore, nello scoprirlo attraverso le fresche pagine del Vangelo, nel seguirlo con generosità, fino a giungere ad una donazione totale per il regno.

Si, fino a una donazione totale a lui. Voi, in effetti, sapete bene che la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia delle ricchezze di cui ci parla San Giovanni (cfr. 1Jn 2,16), "non vengono dal Padre", non possono appagare la vostra sete di amore "genuino". Cristo vi mostra il vero amore, offrendovi una dimensione di eternità. Egli vi mostra il mistero della vocazione cristiana. Questa vocazione si apre anche alla donazione totale a lui nel sacerdozio o nella vita consacrata a Dio e ai fratelli.

Perché non tu, giovane ecuadoriano? E se la tua chiamata è alla vita in famiglia, al matrimonio, non tralasciare di imparare da Cristo l'amore che non si esaurisce in modesti surrogati dell'amore: il piacere, il sesso, il potere, la ricchezza. Impara da Cristo l'amore più alto, l'amore sacrificato che sa darsi, il bell'amore. Quello che ci mostra Maria, la Madre del bell'amore, la "Mater pulchrae dilectionis".

Se saprete accogliere questo amore nella vostra vita, avrete accolto davvero la parola di san Giovanni: "Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi" (1Jn 2,14).


6. Fra i temi del vostro Incontro nazionale di pastorale giovanile voglio sottolineare quello de "Il giovane nella Chiesa di oggi". Seguendo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, avete visto che tutti noi battezzati siamo Chiesa, che la Chiesa confida nei giovani, i quali sono per essa speranza di futuro fecondo e promessa di rinnovamento.

Si, come proclamo il Concilio Vaticano II, vi ripeto con gioia, giovani, che il Papa e la Chiesa guardano a voi con fiducia e con amore; la Chiesa "possiede quello che dà forza e costituisce il fascino della gioventù: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza aspettare una ricompensa, di rinnovarsi e di partire verso nuove conquiste. Guardate e vedrete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e amico dei giovani" (Messaggio del Concilio ai giovani, 6).


7. Nel pensare ancora una volta alla chiamata rivolta da Cristo al giovane del Vangelo: "Vieni e seguimi" (Lc 18,22), tornano alla mia mente le parole del mio predecessore Giovanni XXIII: "La vita è la realizzazione di un sogno di gioventù.

Che ogni giovane abbia il suo sogno per trasformarlo in meravigliosa realtà".

Alla luce di queste parole, vi domando: giovani ecuadoriani! - Volete impegnarvi davanti al Papa ad essere membra vive della Chiesa di Cristo? Vi impegnate a donare persino la vostra vita per il bene degli altri, in particolare per i più poveri? Volete lottare contro il peccato, portando sempre l'amore di Cristo nel vostro cuore? Volete impiegare il vostro vigore giovanile nel costruire una nuova società secondo la volontà di Dio? Volete rinunciare alla violenza, costruendo fraternità e non odio? Volete essere seminatori permanenti di giustizia, di verità, di amore e di pace? Volete portare Cristo agli altri giovani? Volete essere fedeli a Cristo, anche se altri non lo sono? Avete risposto di si. Se siete fedeli a questo programma, con l'apostolo san Giovanni vi ripeto: "Voi avete vinto il Maligno" (1Jn 2,14). Per questo, nel darvi la sua benedizione, il Papa vi dice con immenso affetto: giovani ecuadoriani, condotti per mano da Cristo e accompagnati da Maria, andate sempre avanti!

Data: 1985-01-30 Data estesa: Mercoledi 30 Gennaio 1985





Messaggio dalla Radio cattolica nazionale

Titolo: Grande compito educativo dei mezzi di comunicazione sociale



1. Da q


uesti microfoni di "Radio Catolica Nacional" dell'Ecuador, in rete con numerose altre emittenti distribuite su tutta la geografia ecuadoriana, porgo cordialmente un saluto a quanti lavorano nella comunicazione sociale: ai rappresentanti della stampa, della radio e della televisione, e alle persone e ai gruppi professionali che fanno parte dell'insieme delle moderne organizzazioni informative. Giunga anche a tutti - e fra essi alla rete ecuadoriana di canali televisivi - il mio personale ringraziamento per il singolare sforzo professionale e tecnico che state realizzando in questi giorni e mi permette di giungere fino a coloro che, per diverse ragioni, non potro incontrare fisicamente durante il mio soggiorno in Ecuador.

Conosco bene l'importanza dei mezzi di comunicazione sociale - che andrà crescendo nel futuro - e che sono espressione della natura sociale della persona umana.


2. Le vostre attività, tanto appassionanti quanto delicate, sono ordinate al servizio e alla perfezione dell'uomo, di ogni uomo. Questo esige in primo luogo che la radice stessa di ogni attività sia sempre la rigorosa obiettività e il rispetto per la dignità dell'uomo. Deve essere riconosciuta in questo settore la libertà di pensare e di esprimersi conformemente ai dettami della retta coscienza.

Ma da ciò deriva anche che un adeguato spazio di libertà sia un'esigenza imprescindibile per il vigore e il servizio efficace della comunicazione sociale.

So che voi, professionisti ecuadoriani, godete di una apprezzata tradizione in questo campo e che la difendete con cura. Vi invito a comprenderla e a purificarla sempre più, a salvarla dai pericoli che la insidiano, ad arricchirla con la profondità morale che le si addice. Non dovete dimenticare, senza dubbio, che la vostra libertà finisce là dove cominciano i diritti degli altri. Questa frontiera la trovate con frequenza nel doveroso rispetto dell'intimità e del buon nome di persone e di istituzioni.

Vorrei aggiungere l'invito a non prestarvi mai ad essere strumenti di interessi particolari smodati, ansiosi di trarre profitti a spese del bene comune. Abbiate, invece, il coraggio di impegnarvi in quegli ideali per i quali vale la pena: quelli della moralità a tutti i livelli, della libertà, della giustizia, della pace, della fraternità, dei diritti di ogni persona, del progresso sociale.

Essi affiorano giorno per giorno nell'evolversi degli avvenimenti. Si esige che chi presta loro attenzione, li esamini con retto criterio, sappia spiegare agli altri quali sono le vie che, senza scoraggiarsi, bisogna costruire e ricostruire per poter superare i vari conflitti. Dio vi benedica per quello che avete fatto in questo senso e sostenga i vostri sforzi migliori in quello che resta ancora da fare.


3. La cultura odierna, che spesso si viene creando a margine degli ideali cristiani, vi pone sfide ben note, alle quali dovete rispondere con onoratezza.

Quale grande responsabilità nell'educazione dei popoli ricade sui mezzi di comunicazione sociale. E quante sono le tentazioni che insidiano il vostro quotidiano lavoro: gruppi di pressione, interessi economici, facile lucro, permissivismo morale, sensazionalismo, istigazione all'odio e alla violenza.

Permettetemi che vi chieda adesso che nel vostro lavoro non dimentichiate mai la grande, decisiva comunicazione che Dio ha voluto indirizzarci in suo Figlio Gesù Cristo: la buona novella, il Vangelo. La vostra attività, come poche altre, deve alimentarsi del fertile suolo della verità che è Cristo, il cui riflesso salvifico brilla di fronte ad ogni gesto umano e illumina la più fugace cronaca dell'andirivieni quotidiano. Che la luce della vita, Cristo (cfr. Jn 8,12), vi aiuti a comprendere ciò che accade e a trasmetterlo agli altri, per contribuire alla formazione di una opinione pubblica matura e ben orientata.

Cercate voi stessi con sincerità questa luce, fatela vostra mediante l'amore, diffondetela e custoditela in fedeltà e comunione con la Chiesa.


4. Il Concilio Vaticano II, nel decreto sui mezzi di comunicazione sociale, raccomanda calorosamente che si "creino sollecitamente anche emittenti cattoliche e si procuri che le loro trasmissioni si distinguano per perfezione ed efficacia" (IM 14).

E' consolante trovare realtà come questa della "Radio Catolica Nacional" dell'Ecuador che, con l'aiuto di Dio, sarà un importante strumento di evangelizzazione e di istruzione per grandi masse della popolazione ecuadoriana.

La tecnica della radiodiffusione posta al servizio del Vangelo potrà essere - come già stanno facendo vescovi e sacerdoti presso altre emittenti, specialmente cattoliche - di valido aiuto perché la Parola di Dio possa essere ascoltata in tanti luoghi lontani del paese dove, a causa della scarsezza di sacerdoti e di altri operatori pastorali, non può giungervi con la frequenza desiderata. Il messaggio del Vangelo e la dottrina della Chiesa potranno, in questo modo, rendersi presenti nelle famiglie e nei cuori di tante persone bisognose della parola che illumina, che istruisce, che consola. Questo medesimo fatto deve incoraggiare i pastori ad approfittare dell'opportunità evangelizzatrice che offrono i programmi televisivi.

Accanto a questa missione specificatamente evangelizzatrice della radio, non mancherà quella non meno importante dell'educazione e dell'istruzione. La Chiesa in Ecuador, decisamente impegnata nella promozione dell'uomo, potrà così contare su mezzi efficaci per collaborare in campagne di educazione culturale, sanitaria, di alfabetizzazione ed istruzione a tutti i livelli. Allo stesso tempo potrà offrire un'informazione obiettiva e un servizio alla verità, anche quando questa non venga debitamente esposta nel campo religioso o umano.


5. A coloro che lavorano in questa "Radio Catolica Nacional" dell'Ecuador, espressione di una felice iniziativa evangelizzatrice, ripeto quello che indicai ai vescovi ecuadoriani nella loro ultima visita "ad limina": contate sul mio incoraggiamento, sul mio ringraziamento e sul mio plauso. Vi animo a proseguire nei vostri sforzi, per fare di questo strumento ciò di cui la Chiesa ha bisogno, qui e adesso. In modo che non solo la perfezione tecnica, ma soprattutto la qualità delle trasmissioni servano con efficacia al bene della Chiesa e alla promozione dei fratelli.

A voi e a quanti in Ecuador lavorano nel mondo delle comunicazioni sociali, esprimo tutta la mia stima, e invoco su di voi la protezione e la guida di san Francesco di Sales, vostro patrono.

Vedo inoltre, qui presente, un selezionato gruppo di persone che aiutano con il loro lavoro la Conferenza episcopale ecuadoriana. Avete il privilegio di lavorare nel cuore della Chiesa particolare che vive in questo amato Paese. Dovete sentire, pertanto, una speciale responsabilità per corrispondere a quello che Dio vi chiede nella vostra dedizione all'impegno quotidiano. Vi auguro di perseverare e di cercare di migliorare costantemente.

Ponete tale amore per la Chiesa, da poter essere un aiuto efficace, un sollievo e una consolazione per i vostri pastori.


6. A tutti voi che mi ascoltate attraverso "Radio catolica nacional" dell'Ecuador e la grande rete di emittenti Aer (Asociacion ecuadoriana di radiodifusion) in special modo agli abitanti delle zone rurali: della foresta, delle paludi, della sierra; agli uomini del mare, agli infermi e ai carcerati e a quanti non potro incontrare personalmente in questi giorni, invio con grande affetto il mio paterno saluto e la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-01-30 Data estesa: Mercoledi 30 Gennaio 1985





Omelia per i 450 anni di evangelizzazione - Quito (Ecuador)

Titolo: Popolo dell'Ecuador: il tuo futuro è nella luce di Cristo



1. Sign


or cardinale, fratelli nell'episcopato, autorità, cari fratelli e sorelle.


1. "Voi sarete il mio popolo e io saro il vostro Dio" (Ez 43,28). Con queste parole tratte dalla prima lettura della liturgia di oggi, desidero commemorare questo giorno importante nella storia della evangelizzazione dell'Ecuador. Come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa nella sede di san Pietro, suscita in me una grande gioia il trovarmi qui con tutti voi. Stiamo per celebrare l'Eucaristia, centro della vita liturgica della Chiesa, che di generazione in generazione ha alimentato la fede, la speranza e l'amore di questo popolo, riunito come comunità ecclesiale intorno al primo episcopato dell'Ecuador, precisamente quello di Quito.

Qui i primi missionari celebrarono per la prima volta il santo sacrificio, nel luogo in cui oggi si trova la storica cappella di Cantuna.

In questa sede episcopale di Quito, insieme al vostro pastore, il cardinale arcivescovo, ai miei fratelli nell'episcopato, ai sacerdoti, ai religiosi, e alle religiose, ai laici dei diversi movimenti ecclesiali e a tutto il popolo cattolico dell'Ecuador, elevo il mio rendimento di grazie al Dio uno e trino per gli abbondanti frutti di questi 450 anni di evangelizzazione iniziata in questi territori poche decadi dopo l'arrivo di Cristoforo Colombo nel nuovo mondo.


2. Nel nome della santissima Trinità, Cristo risorto, giunto il momento di ritornare al Padre e dopo aver consumato la sua missione messianica nel mondo, invio i suoi apostoli dicendo: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.

Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". E aggiunse: "Insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,18-20).

Gli apostoli di Cristo, e poi i loro successori, hanno compiuto il mandato del Signore risorto e hanno continuato di generazione in generazione, facendo discepoli in tutti i popoli. Come il chicco di grano che si deposita in terra e germina, così il seme del Vangelo fu seminato nell'anima feconda dei nuovi popoli che, sempre più numerosi, ricevettero il Battesimo nel nome della santissima Trinità. Essi, accettando Cristo, come signore e salvatore, entrarono nella famiglia dei figli di Dio, la Chiesa.


3. In questo modo è venuto a compiersi, anche fra i popoli del continente americano nati alla fede, la profezia di Ezechiele che abbiamo ascoltato nella prima lettura: "vi prendero dalle genti, vi radunero da ogni terra e vi condurro sul vostro suolo. Vi aspergero con acqua pura e sarete purificati: vi purifichero da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli" (Ez 36,24-25).

La promessa del Signore si è compiuta, ed ecco che i popoli del nuovo mondo sorgono come un popolo nuovo, il popolo di Dio: "Abiterete la terra che io diedi ai vostri padri: voi sarete il mio popolo e io saro il vostro Dio" (Ez 36,28).


4. Ciò che il profeta Ezechiele aveva annunciato, avendo davanti agli occhi l'Israele dell'antica alleanza, si è realizzato nella nuova alleanza; dopo 15 secoli dalla venuta di Cristo, il suo messaggio di salvezza s'è fatto vita fra voi, incominciando dai vostri antenati.

Infatti, secondo le relazioni, nel 1534 viene fondata la città indoispana di San Francisco di Quito, allo scopo di evangelizzare. Dieci anni più tardi, quella comunità è elevata a diocesi. Le "dottrine", anticipazioni delle future parrocchie, si moltiplicano in mano ai religiosi francescani, domenicani, agostiniani e mercedari. E dopo vent'anni, da questa comunità ecclesiale elevata a diocesi nasce politicamente la Real Audiencia di Quito, il 29 agosto del 156 3.

Associatisi all'attività evangelizzatrice anche i religiosi della Compagnia di Gesù, l'opera ecclesiale dà vita ad una rete di scuole e licei; all'università domenicana di San Fulgenzio e a quella gesuitica di San Gregorio, all'arte della scuola "quitena" e alla santità di Mariana de Jesus; all'opera missionaria in zone amazzoniche dove messaggeri del Vangelo testimoniano Cristo con il martirio.

Nell'Ecuador repubblicano, vescovi, sacerdoti diocesani, religiosi, religiose ed eminenti secolari impegnati estendono e riaffermano, dagli inizi del XIX secolo fino al giorno d'oggi, la fisionomia cristiana e culturale della vostra nazione.


5. Dopo questi 450 anni di evangelizzazione, e alla vista dei frutti che la parola di Dio e l'azione dello Spirito Santo hanno fatto maturare nella vostra amata patria, come successore di san Pietro mi colma l'anima di gioia il poter ripetere qui, a San Francisco di Quito, le parole del principe degli apostoli, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce... siete il popolo di Dio... avete ottenuto misericordia" (1P 2,9-10).

Una nazione consacrata. Si. Questa nazione, già da più di un secolo, si consacro come popolo al sacro cuore di Gesù. Ancora risuona in tanti cuori l'eco del suo atto di consacrazione: "Questo è il vostro popolo, Signore. Vi riconoscerà sempre per il suo Dio. Non volgerà i suoi occhi ad altra stella che non sia questa di amore e misericordia che brilla in mezzo al vostro petto, santuario delle divinità, arca del vostro cuore".

Quella solenne professione di fede popolare onora questa nazione che conta fra i suoi figli esempi illustri di santità, come santa Mariana di Gesù, il santo fra Miguel, madre Mercedes di Gesù Molina, che avro la gioia di proclamare beata, dopodomani, a Guayaquil. Sono il frutto eletto dell'evangelizzazione dell'Ecuador. Essi incoraggiano e servono da modello a tanti figli e figlie della Chiesa, che vogliono oggi nella loro vita seguire fedelmente Cristo, consacrarsi a lui e agli uomini, per lui.

Cari fratelli e sorelle, accogliete come pegno di fedeltà la misericordia di Dio Padre, nella quale siete stati chiamati a partecipare della vita divina in Cristo, e siete stati fatti templi del suo Spirito. Siete il popolo annunciato dal profeta Ezechiele che cammina verso il Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo (cfr. LG 4). Siete parte della Chiesa, corpo mistico di Cristo, Redentore del mondo.


6. ln questo giorno felice nel quale eleviamo il nostro ringraziamento a Dio per i 450 anni di evangelizzazione, desidero abbracciare con il mio cuore e con la mia preghiera tutta la Chiesa di Quito che cammina verso il Padre; tutta la Chiesa in Ecuador. Tutte le Chiese che durante questo tempo vi hanno aiutato con persone e mezzi.

Questa Eucaristia che celebriamo nella capitale della nazione, riunisce intorno all'altare fedeli provenienti da tutti gli angoli del Paese. Come i chicchi di grano si uniscono per formare il pane eucaristico, così gli ecuadoriani si riuniscono qui con i loro pastori intorno al Papa, per essere confermati nella fede, per ravvivare la speranza, per testimoniare con amore il loro proposito di fedeltà a Cristo. Dalla pianura amazzonica fino alla costa, dalle città e dalla campagna, dalle Ande e dalla pianura, i figli di questo paese, situato alla metà del mondo, si riuniscono oggi per elevare a Dio un inno di rendimento di grazie per il dono della fede.

Dato che sono venuto a visitare tutti, anche se non posso andare in tutti i luoghi, da questo altare, simbolo di comune unità di fede, rivolgo a tutti il mio saluto di pace, di amore, di comunione in Cristo, il quale ci ha chiamati "dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (1P 2,9).

Ai pastori e ai fedeli delle province ecclesiastiche di Quito, di Cuenca e Guayaquil, con le loro rispettive diocesi suffraganee; a quelli della prelatura de Los Rios, delle prefetture e vicariati apostolici; a quelli del continente e delle isole del Pacifico; alle popolazioni indigene e al resto degli abitanti; ai bambini, ai giovani, agli adulti e agli anziani. Infatti, ogni incontro con un gruppo o settore del popolo di Dio, in ognuna delle città incluse nel programma della visita, vorrei che fosse un gesto simbolico che potesse giungere agli stessi gruppi o settori del popolo fedele di tutta la nazione.


7. Nel salmo responsoriale abbiamo cantato: "Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla" (Ps 22,1). Dal principio dei tempi, ancor prima che fosse giunta la luce del Vangelo, la bontà paterna di Dio adorno con innumerevoli bellezze le terre dell'antico regno di Quito. Dio ha stabilito ogni cosa perché servisse all'uomo: i pascoli erbosi e le acque tranquille di cui ci parla il salmo. Il creatore mostro con ciò tutto il suo amore per la creatura, fatta a sua immagine e somiglianza. Pero solo con l'incarnazione del Verbo si manifesta in tutta la sua profondità l'amore di Dio verso l'uomo. Cristo viene per essere il pastore che si prende cura amorosamente del gregge. Egli è il Buon Pastore, che e disposto persino a "dare la vita per le sue pecore" (Jn 10,11).

Con quanta gioia la liturgia di oggi proclama questa verità del Vangelo! "Il Signore è il mio pastore... Mi guida per il giusto cammino... Se dovessi camminare per una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei come me".

Egli è il Buon Pastore, Gesù Cristo! Egli, che è la via che è la luce, è colui che "mi rinfranca", che "davanti a me prepara una mensa": il banchetto eucaristico, la mensa della parola, che rivela i misteri di Dio e la mensa del suo corpo e del suo sangue, che sono alimento per la vita eterna.

Egli realizza la promessa biblica: "Cospargi di olio capo", della quale ci parla il salmo responsoriale. Con questo olio, con questo profumo viene simbolizzata la grazia che irrompe dall'alto, la forza dello Spirito che profuma, che rafforza con la sua unzione.

Cristo è l'unto di Dio, il Buon Pastore che continua a santificare mediante i sacramenti della Chiesa. Egli è nella grazia dell'unzione di chi riceve il Battesimo, per entrare a far parte dell'unico gregge di Cristo; è nell'unzione del sacramento della maturità cristiana, la Cresima; è nell'unzione sacerdotale di chi è consacrato per predicare, offrire il sacrificio nell'Eucaristia e perdonare i peccati nella Penitenza; è nella grazia che ricevono gli sposi che si uniscono nel matrimonio; è nell'unzione dell'infermo che si prepara al viaggio dell'incontro con Dio. Per questo il salmista esclama colmo di gioia: "Il mio calice trabocca". Ecco così simbolizzata la comunione continua della nuova ed eterna alleanza, alla quale partecipano coloro che professano la propria fede in Cristo crocifisso, risorto ed esaltato alla destra del Padre.


8. Popolo di Dio che abiti questa terra dell'Ecuador! Anche oggi la mia gioia trabocca perché il Signore è il tuo pastore; perché partecipi del sacrificio della nuova alleanza, perché professi Cristo morto e risorto, come tuo Dio e Signore. Il mio calice trabocca di ringraziamento, perché si compie la profezia di Ezechiele: "Voi sarete il mio popolo e io saro il vostro Dio" (Ez 36,28). Un popolo nuovo nato dall'acqua e dallo Spirito Santo, che accetta la legge di Dio nel suo cuore come norma di vita: "Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi uno spirito nuovo, togliero da voi il cuore di pietra e vi daro un cuore di carne. Porro il mio spirito dentro di voi, vi faro vivere secondo i miei statuti e vi faro osservare e mettere in pratica le mie leggi" (Ez 36,26-27).

A quattro secoli e mezzo di distanza da quando hai ricevuto il Vangelo, ti domando, popolo di Dio dell'Ecuador, che hai ricevuto lo Spirito Santissimo, l'eredità della prima Pentecoste: il tuo cuore è fedele al Signore? Osservi i comandamenti del Dio dell'alleanza, del Dio del Vangelo? Ti conservi in quella "novità di vita" che proviene dal Signore?".


9. Le generazioni sono passate su questa terra. Una ha trasmesso all'altra la luce di Cristo, che per quattro secoli e mezzo ha illuminato il cammino del popolo di Dio in Ecuador. Nella loro anima portavano il segno indelebile del Battesimo; nel loro cuore, la speranza ardente nella risurrezione futura e nella vita eterna. Di nuovo diciamo col salmista: "Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abitero nella casa del Signore per lunghissimi anni" (Ps 22,6).

Nel nostro rendimento di grazie di questa mattina, evochiamo il ricordo di quanti ci precedettero nella fede e adesso abitano nella casa del Signore per anni senza fine. Da loro avete ricevuto come eredità questa bella nazione, la cultura, il tesoro inestimabile della fede, l'eredità dello spirito. Sappiamo che ci attendono difficoltà e prove. Pero camminiamo con coraggio verso il futuro! Cristo, il Buon pastore, è il principe del secolo futuro! Egli è la via, la verità e la vita. Conserviamo l'unione con lui e fra di noi. E seguiamolo.

Aiutati da Maria, siamo perseveranti nel rimanere con lui. così sia.

[Al termine della messa viene rinnovata la consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù] Questo è, Signore, il tuo popolo, / sempre, o Gesù, ti riconoscerà come suo Dio, / non volgerà i suoi occhi ad un'altra stella / se non a quella dell'amore e della misericordia / che brilla in mezzo al nostro patto. / Sia, dunque, Dio nostro, sia dunque il tuo cuore / il faro luminoso della nostra fede, / l'ancora sicura della nostra speranza, / il simbolo della nostra bandiera, / lo scudo impenetrabile della nostra debolezza, / la bella aurora di una pace imperturbabile, / lo stretto vincolo di una santa concordia, / la nube che feconda il nostro campo, / il sole che illumina il nostro orizzonte, / la vena, infine, ricchissima / della prosperità e dell'abbondanza di cui abbiamo bisogno. / E inoltre ci consacriamo e ci affidiamo senza riserva / al tuo cuore divino. / Moltiplica senza fine gli anni della nostra pace, / estirpa dai confini della patria / la miscredenza e la corruzione, la calamità e la miseria. / Il tuo Vangelo detti le nostre leggi, / governi la tua giustizia i nostri tribunali / sostengano e dirigano i nostri governanti / la tua clemenza e la tua forza, / perfezionino i nostri sacerdoti / la tua saggezza, santità e zelo / converta tutti i figli dell'Ecuador la tua grazia / e la tua gloria li coroni per l'eternità / perché tutti i popoli e le nazioni della terra, / contemplando la vera gioia e felicità del nostro cuore / si rifugino a loro volta nel tuo cuore che ama / e usufruiscano della pace che offre al mondo / quella fonte pura e simbolo perfetto / di amore e carità. Amen. Data: 1985-01-30 Data estesa: Mercoledi 30 Gennaio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai giovani nello stadio olimpico - Quito (Ecuador)