GPII 1985 Insegnamenti - L'incontro con gli indigeni nell'aeroporto di Latacunga - Equador

L'incontro con gli indigeni nell'aeroporto di Latacunga - Equador

Titolo: Sono tra voi come padre tra i suoi figli più cari

Sia lodato Gesù Cristo! Amati figli e figlie: Pai Apuchic Jesucristo yupaichashca cachun! Cuyashca churicuna, ushushicuna.

In questa antica città di Latacunga, mi sento felice di trovarmi fra di voi come un padre in mezzo ai suoi figli più cari ma poco conosciuti. Saluto con grandissimo affetto tutti i Cayapas, i Colorados, gli Otavalos, i Panzaleos, i Yamapuelas, i Cangazambis, i Caranquis, gli Hilnayas, i Carahuelas, i Yugulalamas, gli Shuaras, i Coyanes, gli Ashuara, i Salazacas, i Canaris, i Saraghuros, i Tibuleos, gli Aucas e tutti i gruppi minori qui presenti. Vedo qui tanti che sono venuti - molti anche a piedi - dalle immense foreste orientali e dai grandi fiumi della costa, accanto agli abitanti di questa bella sierra ecuadoriana. Voi mi offrite un vivace spettacolo con la policromia dei vostri vestiti, e soprattutto con il vostro ardente amore a Gesù, del quale sono umile messaggero. Ricevete in primo luogo la mia più viva gratitudine per la vostra venuta a questo incontro.

I. I valori indigeni

1. Quattrocentocinquant'anni fa la fede in Gesù Cristo arrivo alle vostre popolazioni. Già prima, senza che voi lo sospettaste, Dio era stato presente, illuminando il vostro cammino. Ce lo dice l'apostolo san Giovanni: il Verbo, il Figlio di Dio, "è la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9).

Fu lui a illuminare il cuore dei vostri popoli, per farvi scoprire le orme di Dio Creatore in tutte le sue creature: nel sole e nella luna, nella buona e grande madre terra, nella neve e nel vulcano, nelle lagune e nei fiumi che scendono dalle vostre alte cordigliere.

Che emozione quella dei vostri progenitori, quando, alla luce del Vangelo, scoprirono di valere molto di più di tutte le meraviglie della creazione, poiché erano stati creati a immagine e somiglianza di Dio, come suoi ritratti splendenti! Che gioia quella dei vostri antenati, quando seppero che il gran Dio che aveva creato tutto per il servizio degli uomini, questo stesso Dio aveva voluto tornare vicino a noi nel suo Figlio Gesù Cristo, facendosi uomo, affinché noi giungessimo a essere suoi figli adottivi! Che gioia per loro sapere che tutti gli uomini sono fratelli, poiché la vita di Gesù - Figlio di Dio - possiamo averla anche tutti noi. Da allora, lo spirito di unità e di solidarietà, così proprio dei vostri popoli, ricevette più profondità e forza.

Questo spirito di unione solidale si manifesta in molte altre forme: nella letizia e nell'entusiasmo delle vostre "mingas", nelle vostre belle feste, nella generosità con cui accogliete i forestieri, nell'amore con cui accompagnate i vostri vicini nelle loro pene. così mettete in pratica quello che Dio ci chiede nella sua parola dicendoci: "Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto" (Rm 12,15). Questa unità si rivela con grande ricchezza nelle vostre organizzazioni, come le "comuni".


2. Da prima dell'evangelizzazione c'erano nelle vostre popolazioni semi del Verbo: in voi è la convinzione di essere uniti al di là della morte; i vostri popoli identificano il male con la morte e il bene con la vita, e Gesù è la vita. I vostri popoli hanno un vivo senso della giustizia e Gesù proclama beati quelli che hanno sete della giustizia (cfr. Mt 5,6). I vostri popoli danno un grande valore alla parola, e Gesù è la parola del Padre. Le vostre genti sono aperte alla interrelazione, direi che vivete per avere reciproci rapporti, e Cristo è la via per la relazione fra Dio e gli uomini e degli uomini fra di loro. Tutte queste cose sono semi di Cristo, che l'evangelizzazione ha trovato e ha dovuto poi purificare, approfondire e completare.

Dal principio, senza rendervene conto, avevate anche intuito nel vostro cuore il gran desiderio di Dio che gli uomini di tutte le razze e culture si unissero in una sola comunità di amore, in una immensa famiglia, il cui capo è Gesù, il cui Padre è il Padre di Gesù Cristo, la cui anima è lo Spirito Santo, Spirito di Gesù e del Padre. Questa famiglia è la Chiesa, che ha per Madre la Vergine Maria.


3. I vostri vescovi a Puebla fecero notare che l'America Latina e, in essa, l'Ecuador ha origine nella mescolanza razziale e culturale tra la Spagna e le vostre popolazioni. Tale mescolanza è segno di grandezza spirituale, quando è fonte di rispetto mutuo tra i discendenti di entrambe le comunità.

I valori profondi dei vostri popoli non sono realtà puramente folkloristiche, sono realtà in atto, che avete mantenuto, non senza grandi difficoltà, attraverso i secoli.

Queste realtà tanto positive, segno di robustezza interiore, parlano con eloquenza maggiore di quella delle vestigia delle vostre culture rinvenute in luoghi come la Tolita, Valdivia, Manta, Pachusala, Chorrera, Angamarca e Ingapirca.

II. Problemi

1. Conosco le difficoltà e le sofferenze che avete incontrato nella vostra storia passata e presente, e che a volte vi hanno fatto dubitare di voi stessi e della vostra identità.

So anche che numerosi missionari, tra i quali fra Bartolomé de las Casas, il padre Vieira, il vescovo Pedro de la Pena e altri, così come i membri dei diversi Concili, lottarono in difesa dei diritti degli indigeni. Essi fecero udire il loro grido di denuncia alle autorità europee con grande energia.

Uomini di grande talento e cuore, come i padri Vitoria e Suarez, avevano preceduto queste proteste, proclamando che i diritti umani dei vostri popoli precedevano qualsiasi altro diritto stabilito da leggi umane. Da allora il "diritto dei popoli" è la misura delle mutevoli leggi positive da cui dipende la rettitudine e l'efficacia delle stesse. La vostra comunità si è impegnata per secoli a conservare i suoi valori e la sua cultura. Non si tratta di opporsi ad una giusta integrazione e convivenza a livello più ampio, che permetta alle vostre comunità lo sviluppo della propria cultura e le renda capaci di assimilare in modo proprio le scoperte scientifiche e tecniche. Ma è perfettamente legittimo cercare la conservazione dello spirito proprio nelle sue varie espressioni culturali. così hanno affermato i vostri vescovi nel loro documento sulle Opzioni pastorali.


2. Un grave problema del momento è che la vostra società sta perdendo valori preziosi, che potrebbero arricchire altre culture: si sta indebolendo il senso religioso e si dimentica Dio, il senso della comunità e della famiglia, soprattutto perché vi vedete obbligati ad emigrare per mancanza di terre ed a causa di uno squilibrio tra agricoltura, industria e commercio.

Ci sono altri pericoli che vi minacciano di morte. Menzionero soltanto quello dell'alcolismo, che sta distruggendo il vigore del vostro popolo. Non mi è sconosciuta la complessità del problema. Per questo, nell'invitarvi a una condotta morale che eviti questo doloroso fenomeno, faccio allo stesso tempo appello a quanti possono collaborare al fine di combattere tutte le cause che aggravano o favoriscono fenomeni di questo genere. Una lotta efficace non potrà prescindere dal combattere la denutrizione, l'analfabetismo, la mancanza di vestiario, di un'abitazione dignitosa, di lavoro, la carenza di sane distrazioni; in una parola, l'emarginazione è ciò che impedisce un orizzonte di speranza per la persona umana e la via verso la sua dignità come tale.

III. Aspirazioni Voglio ora farmi eco e portavoce delle vostre più profonde aspirazioni.


1. Anzitutto voi volete a ragione essere rispettati come persone e come cittadini.

La Chiesa fa sua questa aspirazione, giacché la vostra dignità non è inferiore a quella di qualsiasi altra persona o razza. In effetti, ogni uomo è nobilissimo, perché è immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,26-27). E Gesù volle identificarsi con l'uomo, specialmente con i poveri e gli emarginati, a tal punto da dichiarare che tutto quello che si fa o si omette di fare a uno qualsiasi di questi fratelli, si fa o si omette di fare a lui. Per questo nessuno può vantarsi di essere vero cristiano se disprezza gli altri a causa della loro razza o cultura. San Paolo scriveva: "In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, giudei o greci, schiavi o liberi" (1Co 12,13). Una realtà che deve concretarsi nella vita personale e sociale.

I più consapevoli fra di voi ambiscono che siano rispettate la vostra cultura, le vostre tradizioni e i vostri costumi, e che sia rispettata la forma di governo delle vostre comunità. E' una legittima aspirazione che si inserisce nel quadro della verità di espressione dello spirito umano. Ciò può arricchire non poco la convivenza umana, nell'insieme delle esigenze e dell'equilibrio di una società.


2. A questo proposito, desidero incoraggiare i sacerdoti e i religiosi ad evangelizzare tenendo ben presente la vostra cultura indigena, e ad accogliere con gioia gli elementi autoctoni dei quali essi stessi partecipano. In questa linea faccio mia la richiesta che i vostri vescovi fecero a Puebla: "Le Chiese particolari si sforzino di adattarsi, realizzando il trasferimento del messaggio evangelico al linguaggio antropologico ed ai simboli della cultura nella quale si inserisce" (Puebla, 404).

Pero anche se la Chiesa rispetta e stima le culture di ogni popolo, e pertanto quelle dei vostri gruppi etnici, anche se cerca di valorizzare tutto ciò che di positivo c'è in esse, non può rinunciare al suo dovere di sforzarsi per elevare i costumi predicando la morale del Decalogo, la più fondamentale espressione etica dell'umanità, rivelata da Dio stesso e completata con la legge dell'amore insegnata da Cristo. Essa considera al tempo stesso un dovere cercare di sradicare le pratiche o i costumi che siano contrari alla verità e alla morale del Vangelo.

La Chiesa, in effetti, deve essere fedele a Dio e alla sua missione.

"Perciò, l'evangelizzazione, che invita ad abbandonare false concezioni di Dio, comportamenti contro natura e aberranti manipolazioni dell'uomo da parte dell'uomo, non può essere considerata come una violenza" (Puebla, 406).


3. Voi, come parte del mondo contadino latino-amencano al quale appartenete, amate la terra e volete rimanere a contatto con essa. La vostra cultura è vincolata al possesso effettivo e dignitoso della terra.

So che da alcuni anni si sta effettuando una riforma agraria, alla cui preparazione la Chiesa ecuadoriana ha preso parte validamente. Voglio incoraggiare questa lodevole iniziativa, che con l'esperienza correggerà le deficienze, per completarsi con il dovuto equipaggiamento tecnico, con l'aiuto di mezzi economici, con il rispetto dell'integrazione comunitaria, così tipicamente vostra, per rendere possibile un migliore rendimento e la successiva commercializzazione dei prodotti.

L'irrinunciabile rispetto al vostro ambiente può a volte entrare in conflitto con esigenze come lo sfruttamento delle risorse. E' un conflitto che lancia una vera sfida a numerosi popoli, e per il quale bisogna trovare soluzioni che rispettino le necessità delle persone, al di sopra delle sole ragioni economiche.

Sulla via della vostra promozione, voi volete essere i gestori e gli operatori del vostro progresso, senza interferenze da parte di coloro che vorrebbero spingervi a reazioni di violenza o mantenervi in situazioni di inaccettabile ingiustizia. Volete prendere parte allo sviluppo della vostra nazione, gomito a gomito con tutti i vostri fratelli ecuadoriani e in effettiva uguaglianza di diritti. E' una giusta e irrinunciabile aspirazione, la cui realizzazione darà solido fondamento alla pace, che deve essere frutto della giustizia. In questo processo, ricordate sempre che Gesù ci chiama alla pace, che lui è la nostra pace (cfr. Ep 2,14). Solo in lui, con lui e per lui la otterrete veramente.


4. Per quanto riguarda il vostro posto nella Chiesa, essa desidera che possiate occupare il luogo che vi spetta nei diversi ministeri, compreso il sacerdozio.

Felice giorno quello in cui le vostre comunità potranno essere servite da missionari e missionarie, da sacerdoti e vescovi della vostra stessa origine, affinché accanto ai fratelli di altri popoli possiate adorare l'unico e vero Dio, ciascuno con le sue proprie caratteristiche, ma tutti uniti nella stessa fede e nello stesso amore.

Mi rallegra profondamente che tutte queste vostre aspirazioni siano state raccolte nelle Opzioni pastorali, che i vostri vescovi hanno fatto proprie dopo aver ascoltato i diversi settori del popolo di Dio: il desiderio di comunione e partecipazione nelle relazioni con Dio, nelle relazioni interpersonali e nelle relazioni col mondo (Opzioni pasiorali, 81).

Voglio affidare questi desideri e necessità a Maria santissima, la Madre che dall'inizio dell'evangelizzazione ha fatto sentire la sua speciale protezione su di voi e che è stata amata sotto diversi appellativi: la Virgen del Quinche, del Cisne, de Las Lajas, la Dolorosa, la Virgen del Agua Santa de Banos, de Macas, del Rocio, de la Nube, de la Merced, del Carmen, de la Elevacion, del Guayco, de la Paz. Trattatela sempre come Madre e ricorrete a lei con amore di buoni figli.

IV. Commiato Amati figli e figlie, che siete venuti a incontrarvi con il Successore dell'apostolo Pietro: sono contento di aver potuto stare con voi. Mi dispiace di non poter prolungare la gioia di questo incontro, ma vi assicuro che vi porto nel mio cuore.

So che mi chiederete di consegnare la Bibbia alle comunità cristiane dei vostri villaggi. Con la letizia di sapere che la Chiesa in Ecuador ha pubblicato 200.000 esemplari della Bibbia in occasione della mia visita, desidero affidare la parola di Dio ai vostri animatori, catechisti, missionari e lettori, accoliti, affinché, uniti ai propri vescovi e sacerdoti, la comunichino alle loro comunità come forza di fede, di speranza cristiana, di libertà, di amore, di giustizia e di pace.

Prima di lasciarvi, giunga la mia voce di incoraggiamento e di gratitudine a tutti quelli che vi servono con amore: al vescovo di questa diocesi di Latacunga, agli altri vescovi, ai sacerdoti, alle religiose, ai laici che, sotto differenti denominazioni, dedicano la loro vita per promuovere il vostro bene.

Vi rinnovo la mia gratitudine, perché con le vostre autorità e il vostro comitato avete accolto così cordialmente me e numerosi vostri fratelli.

Data: 1985-01-31 Data estesa: Giovedi 31 Gennaio 1985





Omelia nel parco di Miraflores - Cuenca (Ecuador)

Titolo: La famiglia primo ambiente della vocazione cristiana

Signor arcivescovo, fratelli nell'episcopato, autorità, cari fratelli e sorelle.

"Lodate il Signore, nazioni tutte" (Ps 116,1).


1. Pronunciamo con entusiasmo le parole del salmo, per rendere gloria a Dio creatore del mondo e Signore della storia, che, per mezzo di Gesù Cristo, è particolarmente presente da quattro secoli e mezzo tra il suo popolo nelle terre dell'Ecuador. Mi rallegro di poter partecipare, come Vescovo di Roma e successore di san Pietro, a questo importante anniversario celebrato dal popolo e dalla Chiesa nella vostra patria.

Oggi ho l'occasione di incontrarmi con i figli e le figlie dell'Ecuador, qui nella città di Cuenca. Da un impulso di fede scaturi per essa il motto cristiano e umano: "Prima Dio e poi voi". La stessa fede ispiro grandi cittadini e letterati, come Honorato Vazquez, Remigio Crespo, Miguel Moreno e altri illustri figli di questa città, l'"Atene dell'Ecuador". La stessa fede si incarno in ecclesiastici come il servo di Dio, padre Julio Maria Matovelle, fondatore delle congregazioni dei padri Oblati e delle sorelle Oblate, promotore della basilica del Voto nazionale di questa repubblica, la prima ad essere consacrata al Sacro Cuore. Città eucaristica e mariana è questa di Sant'Anna de Los Rios de Cuenca.


2. "Lodate il Signore, nazioni tutte".

Desideriamo oggi entrare nell'intimo di questo popolo, che vive nella vostra patria. Questa interiorità - come in qualsiasi parte del mondo - si forma mediante la famiglia. Questa è la società umana fondamentale e allo stesso tempo, la più piccola cellula di ogni società, di ogni nazione. E' stata definita anche - secondo la tradizione dei padri della Chiesa - "la chiesa domestica". A questa tradizione si è riferito il Sinodo dei Vescovi del 1980 e l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio", promulgata dopo il Sinodo, ne ha dato testimonianza.


3. Questa "chiesa domestica" nasce dal preciso disegno di Dio, che altro non è che un disegno di amore. L'unione dell'uomo e della donna nel sacramento del matrimonio, che dà origine a ogni famiglia cristiana, prende le mosse proprio da qui. Il reciproco dono degli sposi, sia a livello fisico che a livello spirituale, acquista la sua vera, grande e indistruttibile importanza - anche da un punto di vista umano - come impegno totale dell'uomo e della donna per tutta la vita, fino alla morte; da questa globalità nascono anche le esigenze della fecondità responsabile "che, orientata a generare una persona umana, oltrepassa per sua natura l'ordine puramente biologico e tocca una serie di valori personali, per la cui crescita armoniosa è necessario il contributo costante e concorde dei genitori" (FC 11). Perciò è possibile solo questo tipo di donazione all'interno del matrimonio, nella comunità di vita e d'amore voluta da Dio.

L'unione coniugale è una alleanza che ha come modello il patto di comunione d'amore tra Dio e il suo popolo nella storia della salvezza, con un vincolo di fedeltà da cui trae la sua natura, la sua forza e la sua indissolubilità; inoltre, essa ha come modello l'unione sponsale tra Cristo e la sua Chiesa, nell'economia sacramentale del Nuovo Testamento, in modo che gli sposi, appartenendo l'uno all'altro, ne sono la vera immagine, il "segno" eloquente, la rappresentazione reale. così, il dono preziosissimo dei figli è l'espressione più elevata di questa donazione reciproca, fondata sulla donazione di Dio all'umanità e di Cristo alla Chiesa (cfr. FC 14).


4. La liturgia di oggi ci pone, inoltre, all'interno della società familiare, mettendo soprattutto in evidenza, nel Vangelo secondo Luca, la vita della sacra famiglia ai Nazaret. ln seno a questa famiglia si realizzo la redenzione del mondo per il fatto che Gesù Cristo "si trovava sotto l'autorità" di Maria e di Giuseppe, come un figlio nei confronti dei suoi genitori. Crescendo in età, egli andava crescendo in sapienza, in statura e grazia davanti a Dio e agli uomini". Sua Madre, Maria, "conservava tutto questo - i ricordi di quegli anni - nel suo cuore".

La vita nascosta di Nazaret: questa realtà ci fa comprendere che esiste un particolare ministero dell'economia salvifica di Dio, in relazione con la famiglia umana. All'interno della famiglia di Nazaret si preparo il ministero messianico di Gesù: quel Vangelo della salvezza, che dal Battesimo nel Giordano risuono come una grande eco, prima tra le generazioni di Israele e poi su tutta la terra. Questo Vangelo - la buona novella preparata durante il periodo della vita nascosta in seno alla famiglia nazarena - contiene in sé tutte quelle verità e quelle indicazioni che assicurano ad ogni famiglia umana la sua dignità, la sua santità e la sua felicità.


5. Per questo anche l'apostolo Paolo, nella seconda lettura della liturgia di oggi, grida a tutte le famiglie: "La parola di Cristo abiti tra voi in tutta la sua ricchezza"! E, allo stesso tempo, nella Lettera ai Colossesi, l'apostolo ci dà l'immagine veramente evangelica della vita della famiglia cristiana.

ln questo meraviglioso passo, ricco, luminoso, ma anche realistico, perché descrive le possibili difficoltà della convivenza familiare, sono racchiusi i diversi elementi della spiritualità della famiglia (Col 3,12-21): l'amore reciproco: "Al di sopra di tutto vi sia poi la carità, vincolo di perfezione"; l'obbedienza e il rispetto: dei mariti verso le spose, delle spose verso i mariti, dei genitori ai figli, dei figli ai genitori: "come conviene nel Signore... che questo piace al Signore"; la comprensione reciproca: "sostenetevi a vicenda e perdonatevi... il Signore vi ha perdonato: fate voi lo stesso"; la delicatezza del vero amore: "rivestitevi dunque di sentimenti di misericordia, di bontà, umiltà, dolcezza, comprensione".

Allo stesso tempo, san Paolo descrive la famiglia - la prima comunità ecclesiale umana, precedente a qualsiasi altra - come ambiente privilegiato dell'educazione morale e religiosa: "Ammaestratevi con ogni sapienza; esortatevi reciprocamente... e tutto quello che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome del signore Gesù".


6. Questa profonda deontologia familiare, tracciata dall'apostolo, ha ispirato, insieme ad altri elementi della rivelazione e del magistero pontificio, la già ricordata esortazione "Familiaris Consortio" (FC 15), che ha proprio cercato di far luce su tutti i vari aspetti della famiglia, vista come comunione di persone: sia perché essa, mediante l'educazione, introduce la persona umana nell'ambito della comunità degli uomini, sia, e soprattutto, perché partecipando dell'efficacia salvifica della morte e risurrezione di Cristo, "costituisce il luogo naturale all'interno del quale si realizza l'inserimento della persona umana nella grande famiglia della Chiesa". Pertanto è qui che nasce la responsabilità dei doveri propri della famiglia cristiana, dei quali si occupa il documento nella III parte: la formazione di una comunità di persone; il servizio alla vita nell'apertura totale e gioiosa al progetto divino; la partecipazione allo sviluppo della società civile come esperienza di comunione e di corresponsabilità sul piano civile, sociale e politico; e finalmente, la sua partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa, nella comprensione sempre più convinta del fatto che la famiglia cristiana è "comunità credente ed evangelizzatrice", "comunità in dialogo con Dio" e "comunità al servizio dell'uomo".


7. Il Vangelo di san Luca ci ricorda un avvenimento particolare della storia della Sacra famiglia di Nazaret. Questo avvenimento ebbe luogo quando Gesù aveva dodici anni e i suoi genitori si erano recati con lui a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Tornando dopo la solennità, essi si rendono conto che Gesù non era tra loro. Quando, dopo una ricerca di tre giorni, lo trovano nel tempio e Maria dice a Gesù: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". La risposta di Gesù fa molto pensare: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio" (Lc 2,48-49). Il Vangelo aggiunge che Maria e Giuseppe "non compresero" queste parole. Allo stesso tempo, queste parole rimangono impresse nella memoria della madre, come quelle che più spesso e con maggior profondità ella "conservava nel suo cuore".

Gesù parla della sua vocazione: della missione che il Padre celeste ha iscritto fin dal principio in tutta la sua natura divino-umana. Nel tempio di Gerusalemme si ebbe come il primo annuncio di ciò che - dopo il Battesimo nel Giordano - Gesù di Nazaret avrebbe fatto poi sempre. Annunciava il Vangelo del regno. Rivelava il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Nella verità di questa vocazione, che gli aveva dato il Padre celeste, Gesù cammino fino alla croce, e con il potere di Dio, risuscito.


8. La famiglia è per questo anche il primo e fondamentale ambiente nel quale sboccia, si forma e si manifesta la vocazione cristiana. Come la vocazione di Gesù si manifesto nella famiglia di Nazaret, così ogni vocazione nasce e si manifesta, anche oggi, nella famiglia.

Le famiglie del nostro tempo devono essere sempre coscienti della missione principale e insostituibile che hanno ricevuto da Dio: formare i figli perché prendano coscienza del posto che Dio ha assegnato ad ognuno in questo mondo. Perché prendano coscienza della propria vocazione. Ognuno ha una missione da svolgere, che nessuno può realizzare al posto suo. Ognuno è chiamato: come battezzato; come membro della Chiesa, città di Dio; come membro della città degli uomini; come edificatore della società in comunione coi fratelli; come artefice di pace; come testimone dell'amore di Dio agli uomini.

E quando questa vocazione generale si rivela come vocazione particolare a "lasciare tutto" (Lc 5,11 Mt 4,20 Mc 1,18) compreso ciò che più il mondo ama, per seguire Cristo, nella vita sacerdotale e religiosa, nella donazione missionaria, nei diversi ministeri laicali - anche qui così egregiamente rappresentati da persone benemerite venute da ogni parte del Paese - allora la famiglia cristiana si rivela anche qui, e soprattutto qui, come il luogo privilegiato dove il seme lasciato cadere da Dio nel cuore dei figli può attecchire e crescere; il luogo dove si rivela in sommo grado la partecipazione dei genitori alla missione sacerdotale di Cristo stesso.


9. La vocazione tocca le radici stesse dell'anima umana. E' una chiamata interiore di Dio rivolta all'uomo: a quell'uomo unico e irripetibile. Della vocazione scrive il profeta Geremia: "Mi fu rivolta la parola del Signore: prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato, e ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Jr 1,4-5).

"Prima di...": il progetto di Dio sull'uomo è anteriore alla concezione stessa nel seno materno. E' eterno. Questo progetto eterno di Dio è all'origine di ogni vocazione. L'uomo lo deve scoprire... e scoprirlo esattamente. Il profeta Geremia testimonia esplicitamente che questo non si realizza senza lotte interiori.

L'uomo - l'uomo giovane - è cosciente della sua debolezza, vorrebbe liberarsi. Ma la grazia e la forza di Dio sono più grandi della debolezza umana: "Non temere...; ma va' da coloro a cui ti mandero e annunzia ciò che io ti ordinero. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti" (Jr 1,7-8).


10. Oggi, in questa città di Cuenca, abbiamo posto l'altare della Chiesa, del popolo di Dio che abita nelle terre dell'Ecuador. Su questo altare realizziamo il sacrificio eucaristico di Gesù Cristo, fonte della necessaria unità. Dei pastori fra di loro, dei fedeli con i loro pastori.

Preghiamo per tutte le famiglie di questa terra. Preghiamo per le vocazioni: cristiane, sacerdotali, religiose, maschili e femminili. Preghiamo, evocando i più santi ricordi della famiglia di Nazaret. ln effetti la famiglia è l'ambiente nel quale si manifesta e si forma la vocazione voluta da Dio.

Gridiamo a tutti, con le parole dell'Apostolo delle genti: "La parola di Cristo abiti tra voi in tutta la sua ricchezza". Accogliete questa parola! Che essa produca frutti di vita cristiana! Che si dimostri il cammino della vocazione.

"Lodate Jahvè, nazioni tutte". Che il popolo che abita in questa terra, ascoltando la parola di Cristo, lodi sempre Dio: "Perché è grande il suo amore per noi; la lealtà di Jahvè dura per sempre". Amen. Data: 1985-01-31 Data estesa: Giovedi 31 Gennaio 1985





A claustrali, genitori di religiosi e reclusi - Cuenca (Ecuador)

Titolo: Vi accolgo sentendovi molto vicini al mio cuore

Nella mia visita a questa bella e immensa cattedrale di Cuenca, costruita dall'amore di tutto un popolo, saluto con affetto la parte della comunità diocesana qui riunita. Siete le religiose che lasciarono tutto, per nascondersi con Cristo nel silenzio del chiostro. Siete i genitori di sacerdoti e religiosi che avete donato a Dio, in un'offerta silenziosa, il frutto del vostro amore.

Siete i fratelli carcerati, venuti a vedere il Papa, lasciando il silenzio doloroso della vostra reclusione. Accolgo voi tutti con l'amore di fratelli e di figli del Padre comune, sentendovi molto vicini al mio cuore (cfr. Ph 12).

A voi, religiose di clausura, rendo grazie, nel nome del Signore, per l'offerta delle vostre vite in una donazione totale che, come dice santa Teresa di Lisieux, vuole essere "l'amore nel cuore della Chiesa". Il vostro silenzio contemplativo si converte per voi nell'esperienza della presenza e della parola divina; la vostra solitudine diviene per voi una solitudine piena di Dio. Gesù continua in voi la sua orazione silenziosa, a volte anche con una sensazione di "silenzio" e di "assenza" divina, che diverrà per voi presenza più profonda. Nel cuore di Dio si entra attraverso questo processo di silenzio interiore, a volte così doloroso, che comporta una sintonia con i sentimenti del cuore di Cristo e con la volontà del Padre.

Dio continua a pronunciare la sua parola nel silenzio sonoro dell'amore del suo Spirito effuso nei vostri cuori (cfr. Rm 5,5). Il vostro silenzio contemplativo diviene, come in Maria, fedeltà sponsale e fecondità materna per il mondo. La vostra vita è preziosa per la Chiesa, anche oggi. Siate, quindi, fedeli e continuate a progredire nella vostra donazione.

A voi, padri e madri di sacerdoti e di persone consacrate, voglio manifestare un affetto e una gratitudine speciali, usando una vostra espressione così popolare e cristiana: "Che Dio ve ne renda merito". Si, che Dio vi renda merito della vostra offerta silenziosa, che è amore fecondo, che si prolunga - per mezzo dei vostri figli e figlie - in una vita spirituale e apostolica che è manifestazione speciale della fecondità della Chiesa. "Che Dio ve ne renda merito". lo non ho di che ripagarvi, se non con la gioia e con l'affetto dei vostri figli, con la loro benedizione sacerdotale, con la loro donazione alla vita consacrata.

Immagino che tutti voi sentiate la presenza di Dio, in maniera particolare quando pensate che il vostro amore si è trasformato in un sacerdote che predica, che celebra l'Eucaristia, che perdona, che serve la comunità. Penso a come sentirete la grandezza della vostra missione di genitori, ogni volta che mediterete sul fatto che il vostro amore si è realizzato nella vita di una persona consacrata che serve instancabilmente, che mantiene viva la lampada della speranza accesa dalla venuta di Gesù. La vostra devozione a Maria, Madre di Cristo Buon Pastore, vi farà scoprire e vivere con gioia questa vostra vocazione a una nuova fecondità ecclesiale.

A voi, cari reclusi non presenti, ma senz'altro intenzionalmente presenti, lo so, in questo tempio, che come tempio cristiano è segno e strumento di un'autentica liberazione totale, rivolgo l'invito ad ascoltare la voce di Dio che parla come Padre alla vostra coscienza. Egli non è lontano da voi e vede il vostro desiderio di riscatto, di reinserimento nella società come persone rinnovate. Il Signore, attraverso tutti gli errori umani, prepara la vostra autentica libertà, che è anzitutto la libertà derivante dal riscatto interiore, dalla conversione del cuore.

L'esperienza dolorosa che state vivendo associa anche voi alla redenzione di Cristo, per il bene di tutti coloro che nel mondo cadono nell'errore. Prendete allora su di voi la vostra croce con nobiltà, con il proposito di una dignità nuova, con fortezza, con speranza in Maria, la Vergine della Mercede, la Madre di misericordia.

A tutte le religiose di clausura dell'Ecuador, ai genitori dei sacerdoti e delle persone consacrate e ai carcerati impartisco la mia cordiale benedizione.

[Agli ammalati:] Per voi infermi, mancano le parole in questo testo ma non mancano nel mio cuore e nelle mie intenzioni tutti i giorni, non mancano nella mia profonda convinzione, perché voi siete la mia convinzione profonda, voi siete i miei collaboratori più validi. Il vostro agire è soffrire, il vostro agire è sopportare le sofferenze insieme a Gesù sulla croce: è la croce che porta alla risurrezione, è la croce che porta al perdono dei peccati, è la croce che porta alla venuta dello Spirito Santo, è la croce che porta alla conversione e alla grazia. Tutto questo è la croce che voi avete: una parte specifica e privilegiata in questa croce di Cristo.

Data: 1985-01-31 Data estesa: Giovedi 31 Gennaio 1985



GPII 1985 Insegnamenti - L'incontro con gli indigeni nell'aeroporto di Latacunga - Equador