GPII 1985 Insegnamenti - Commiato dagli ecuadoriani dall'aeroporto - Quito (Ecuador)

Commiato dagli ecuadoriani dall'aeroporto - Quito (Ecuador)

Titolo: Rimanere uniti nella fede

Signor presidente, cari fratelli nell'episcopato, cari ecuadoriani tutti.

Sono quasi tre giorni che sono arrivato, come pellegrino del Vangelo, nella città di Quito, capitale della nazione, con la gioia di trovarmi fra gli amati figli dell'Ecuador. Adesso, in procinto di partire, rendo grazie a Dio per avermi concesso d'incontrare una Chiesa viva, e per aver condiviso con tanti membri di essa alcuni giorni intensi, di reciproca vicinanza, di esperienza spirituale, di speranza.

Lungo il mio itinerario attraverso i vari luoghi che ho avuto la fortuna di visitare, ho sempre trovato il calore umano e l'affetto che sorgono dalla consapevolezza d'essere uniti da forti legami di fede. Porto con me l'incancellabile ricordo di un Paese religioso che, a fianco dei suoi pastori e in unione con il successore di Pietro, è determinato a dare testimonianza, nella realtà concreta della società ecuadoriana, del messaggio salvifico di Cristo messaggio di pace, di giustizia, d'amore.

Nei successivi incontri con i vescovi, gli animatori pastorali, i giovani, gli intellettuali, il mondo del lavoro, le famiglie, gli indigeni e le altre componenti del popolo cristiano, avete evidenziato i valori più genuini dell'anima ecuadoriana, che pur nelle circostanze difficili dimostra fiducia in Dio, e il proposito di perseverare nell'eredità degli antenati: nella fede cristiana, nella lealtà alla Chiesa, alla propria cultura, alle proprie tradizioni, alla peculiare vocazione di giustizia e di libertà.

Giunga adesso a tutti e a ciascuno il mio più vivo ringraziamento, per la vostra collaborazione e il vostro entusiasmo, che hanno reso questa visita un'indimenticabile esperienza interiore. Le prime parole di gratitudine vanno al signor presidente dell'Ecuador, alle autorità, al signor cardinale, ai miei fratelli vescovi, alle persone consacrate, alle persone o alle organizzazioni che così efficacemente hanno collaborato per la preparazione e lo svolgimento del programma della mia visita.

Al momento del commiato da tutti voi, desidero assicurarvi che, sebbene fisicamente lontani, rimarremo uniti nella fede comune, nell'amore alla Chiesa, nella fedeltà a Cristo. Vi lascio, affinché traduciate in vita vissuta i discorsi pronunciati durante questi giorni; abbiate la certezza di un ricordo nella preghiera, in particolare voi ammalati, voi anziani e bambini, e voi tutti che soffrite. Voglia Dio che il vostro Paese, che si gloria di aver dato alla Chiesa figli esemplari nel cammino della santità, possa anche contribuire efficacemente al consolidamento dei vincoli di amicizia, di pace, di giustizia, di promozione umana tra i membri della grande famiglia latinoamericana.

Dio benedica l'Ecuador e tutti i suoi figli!

Data: 1985-02-01 Data estesa: Venerdi 1 Febbraio 1985





Arrivo all'aeroporto di Callao - Lima (Perù)

Titolo: La fede cristiana nell'identità storica del Paese

Signor presidente, fratelli nell'episcopato del Perù, autorità, carissimi fratelli e sorelle.


1. Ho appena messo piede in terra peruviana. Baciandola, ho voluto manifestare la mia stima profonda verso tutti i suoi abitanti, che fin da questo momento mi accolgono con cuore aperto. Per questo, la prima parola che viene alle mie labbra è un cordiale grazie! Molte grazie! Grazie prima di tutto al signor presidente della Repubblica, che mi ha invitato gentilmente a visitare il Paese e che mi ha dato il benvenuto a nome di tutti i peruviani con parole che ho molto apprezzato. Esse esprimono il sentimento dei cattolici del Perù che, in spirito di fede, sono stati tradizionalmente tanto uniti al Papa.

Grazie al signor cardinale, arcivescovo di Lima e presidente della Conferenza episcopale, al signor arcivescovo-vescovo di Callao, nella cui giurisdizione si trova questo aeroporto Jorge Chavez, e al segretario generale della Conferenza episcopale. Essi mi accolgono a nome di tutti i vescovi, che gentilmente mi hanno invitato a venire in Perù, e che aspettano nella cattedrale di Lima il nostro primo incontro. Vi saluto cordialmente fin d'ora.

Grazie a tutte le autorità, sia nazionali che locali, civili o militari, che hanno voluto venire a ricevermi. E grazie all'amato popolo fedele del Perù: a quanti oggi incontro o incontrero, e a tanti altri che in diversi modi mi hanno mostrato il desiderio di vedermi nella loro città o negli ambienti di lavoro.

Anche se evidenti esigenze organizzative non mi permettono di visitare altri luoghi che avrei desiderato, a tutti si estende la mia gratitudine e il mio ricordo.


2. Il nome del Perù mi evoca gli echi remoti dell'impero Inca del Tahuantinsuvo, che ha saputo vincere la formidabile barriera delle Ande. Doro l'evangelizzazione, questo nome parla di figure così insigni come i santi Toribio da Mongrovejo, Rosa da Lima, Francisco Solano, Martin de Porres, Juan Macias, suor Ana de los Angeles che domani vedremo beatificata nella sua terra arequipana.

Questo Paese ha permesso un processo di integrazione non solo razziale ma anche culturale e umano, che si articola in tanti modi nella vostra vita quotidiana. ln questo processo la Chiesa non è stata assente, ma, come riconosce la vostra stessa costituzione, ha avuto un ruolo "importante nella formazione storica, culturale e morale del Perù" (art. 86).

Nel Perù si sono incontrati gli ideali di san Martin e di Bolivar, e molte sono le date significative della sua storia, nelle quali si trova la presenza - creatrice di identità storica - della fede cristiana, dell'impulso religioso, dell'opera della Chiesa! Sono elementi che hanno cercato, nella vostra anima nazionale, una sintesi e un'integrazione non sempre facili.

ln questo momento storico è necessaria una crescente solidarietà fra tutti voi e una nuova scoperta delle vostre radici umane e religiose, per creare nuove forme di giustizia a tutti i livelli, per superare le funeste tentazioni dei materialismi, per dare ad ogni peruviano una dignità rinnovata che lo renda libero interiormente e ben cosciente del suo destino di fronte a Dio, di fronte a se stesso e di fronte alla società.

Ecco il grande ruolo delle forze interiori, l'importante funzione della fede, per cambiare dall'interno le persone e, mediante esse, la società. Perché non si potrà avanzare "nel difficile cammino delle indispensabili trasformazioni delle strutture della vita economica, se non si realizza una vera conversione della mentalità e dei cuori" (RH 16).

Questi sono gli ideali che voglio riproporre con la mia visita, e che desidererei si traducessero in un aiuto al rafforzamento della fede del popolo peruviano e in una promozione della causa della sua pace, della convivenza nel mutuo rispetto, della rivendicazione del diritto di ciascuno a percorrere vie del dialogo e non della violenza.

I 500 anni dell'evangelizzazione di queste terre - data per noi così vicina - costituisco l'esigenza di costruire urgentemente un nuovo uomo latinoamericano e peruviano, più forte nella sua fede, più giusto, più solidale, più rispettoso dei diritti altrui, mentre difende e rivendica il proprio più cristiano e più umano.

La santissima Vergine, tanto venerata in tutta la nazione, ci ottenga in questi giorni abbondanza di luce e di grazia. Il Signore de los Milagros aumenti in ogni peruviano la fede, l'unione, la fraternità.

Con grande fiducia benedico fin d'ora, ogni figlio del Perù.

Data: 1985-02-01 Data estesa: Venerdi 1 Febbraio 1985





Ai sacerdoti religiosi laici - Lima (Perù)

Titolo: Fedeltà, amore a Cristo, visibile unità ecclesiale

Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri (cfr. Jn 15,1-17).


1. Il brano evangelico che abbiamo appena proclamato in questa Plaza de Armas di una città che 450 anni fa ascolto per la prima volta gli insegnamenti del Vangelo, ci invita a una scelta libera e irrevocabile di fedeltà e amore totale a Gesù Cristo. Egli è il centro vitale della vostra esistenza, l'origine della vostra chiamata alla santità, l'oggetto dei vostri progetti apostolici, miei cari sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, membri dei diversi movimenti apostolici, congregazioni, confraternite, gruppi di preghiera e di riflessione biblica, neocatecumenali, appartenenti all'apostolato della preghiera e altri, qui riuniti.

Siete le forze vive della Chiesa in Perù. La prima di queste forze è colui che chiamo se stesso "la vera vite": Gesù Cristo. A tutti ci dice: "Io sono la vite, voi i tralci. Rimanete in me... perché senza di me non potete fare nulla" (Jn 15,4,-5). E' un invito per noi, che siamo inseriti in lui per mezzo del Battesimo e poi mediante gli altri sacramenti e i rispettivi carismi a cercare l'intimità della sua grazia vivificante. E' l'invito a vivere il carisma più grande che è la carità (cfr. 1Co 13,13). E' l'invito amoroso a stare sempre uniti a lui come garanzia di fecondità personale e apostolica. Ed è allo stesso tempo un richiamo all'unità ecclesiale, giacché la grazia di Cristo ci giunge incessantemente attraverso la Chiesa, corpo di Cristo, segno che rende visibile e realizza la comunicazione con lui.

Questa unità ecclesiale si effettua in ogni diocesi intorno al vescovo.

In effetti, ai vescovi - ben uniti "cum et sub Petro" (cfr. CD 2) - spetta di garantire l'ecclesialità degli insegnamenti, del culto, della comunione nella carità in ogni Chiesa locale. Per questo la vostra opera ecclesiale - sacerdotale, religiosa, laicale - sarà feconda soltanto se si realizza in stretta unione con il legittimo pastore.

Perciò, nel vostro essere e agire sentite il desiderio di stare uniti a Gesù Cristo nella sua Chiesa, questo grande albero nel quale si innestano molti rami. E poiché il ramo non può vivere separato dal tronco, né il tralcio dalla vite, unitevi vitalmente a Cristo, perché ogni membro e ogni Chiesa locale si uniscano a lui nella misura in cui partecipano della corrente vitale che vivifica tutto l'albero. Questa unione con il tronco è garantita e si manifesta nell'unione con il Pastore universale, con il Vescovo di Roma e successore di Pietro, che oggi vi fa visita. Quindi, questo viaggio pastorale deve significare per voi un rafforzamento del vostro inserimento nell'unica vite, Cristo, e nella sua Chiesa.

Senza di questo subireste la sorte del tralcio separato dalla vite, che si secca senza dare frutto.


2. Cari sacerdoti diocesani e religiosi, che da tutte le regioni del Paese vi siete dati appuntamento per stare oggi con il Papa, Cristo vi ripete con accento di immensa fiducia e affetto: "Voi siete miei amici... perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,14-16). Quanto devono incoraggiarvi queste parole nella vostra solitudine in paesi isolati, dove difficilmente giunge la consolazione fraterna! Quanto devono incoraggiarvi nella vostra angustia davanti alla "tragedia dell'uomo concreto dei vostri campi e città, minacciato quotidianamente nella sua stessa sussistenza, affranto dalla miseria, dalla fame, dalla malattia, dalla disoccupazione"! (Ai vescovi del Perù, 4 ottobre 1984). Quanto devono confortare il vostro cuore sacerdotale davanti a ogni forma di ingiustizia, di abuso dei potenti, di violenza che maltratta i deboli e i piccoli, di perdita (in certi settori) dei valori morali! So del rifiuto che turba i vostri cuori nel vedere il mondo esaltare l'ansia smodata e crudele di avere, di potere e di piacere. Pero Cristo è con voi come amico; egli sa ciò che significate per la Chiesa e i sacrifici della vostra missione come testimoni della fede e servitori dei fratelli. Per questo il Papa vi dice: rinnovate il vostro ottimismo. La vostra speranza non sarà defraudata.

Cristo vi accompagna e ha vinto il mondo! Amici di Gesù, destinati a dare un frutto che rimanga (cfr. Jn 15,16).

Grande è il vostro impegno sacerdotale. Non vi scoraggiate in esso. Non abbiate paura di annunciare il messaggio di fede, di giustizia e di amore. Siate sempre uniti ai vostri vescovi; siate uniti tra voi con l'amicizia e l'aiuto reciproco.

Ma soprattutto, mantenete una costante unione con Cristo nella preghiera e nei sacramenti, "perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda" (Jn 15,16). In questo senso ricordate che la sacra Eucaristia è la ragion d'essere del vostro sacerdozio, fino al punto che il sacerdote non può realizzarsi pienamente se l'Eucaristia non diventa centro e radice della sua vita.

Siete gli amici di Gesù e gli avete consacrato la vostra esistenza.

Rinnovate perciò continuamente e gioiosamente la vostra donazione nel celibato per mezzo del quale "i presbiteri si consacrano a Cristo in una forma nuova e squisita, si uniscono a lui più facilmente con un cuore indiviso, si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini" (PO 16). Meditate ogni giorno l'amore infinito di Cristo, che si è rivolto a ognuno di voi e vi ha detto: seguimi! Questa chiamata ha la sua fonte ultima nell'amore con il quale il Padre ama il figlio: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi" (Jn 15,9). Questa è la vera vocazione divina che dovete coltivare nella sua autentica grandezza.


3. A tutti, ma in modo speciale al sacerdote, si dirigono le parole del Signore: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto" (Jn 15,16). Per mezzo della vostra predicazione, dell'amministrazione dei sacramenti, delle opere di carità, Cristo continua la redenzione. Per mezzo di voi si mostra la misericordia che perdona nel sacramento della Penitenza. Esercitate, perciò, con generosità il vostro ministero, che la grazia di Cristo farà fecondo.

Nella recente esortazione apostolica "Reconciliatio et Paenitentia" (RP 29) ho segnalato come l'amministrazione del sacramento del perdono è "senza dubbio il più difficile e delicato, il più faticoso ed esigente, pero anche uno dei ministeri più belli e consolanti del sacerdote". Siate perciò, voi che mi ascoltate - sacerdoti, religiosi, laici - i primi a ricevere con frequenza questo sacramento, con autentica fede e devozione; e nelle vostre opere apostoliche non dimenticate la catechesi su tutte le realtà che sono in relazione con questo sacramento.

Sacerdoti amici di Gesù, ministri della sua redenzione: siete chiamati a suscitare frutti di santità e anche, dal Vangelo, frutti di giustizia, in accordo con l'insegnamento sociale della Chiesa. Per questo, come dissi poco tempo fa ai vostri vescovi, "è necessario che tutti... lavorino seriamente - e dove lo richieda il caso con ancor più impegno - alla causa della giustizia e della difesa del povero" (Discorso ai vescovi, 4 ottobre 1984, 4). Ma ricordate che la missione propria della Chiesa è "rivelare Cristo al mondo, aiutare ogni uomo perché incontri se stesso in lui" (RH 11).


4. Cristo chiama anche voi alla sua amicizia, all'intimità con lui, miei cari seminaristi qui presenti. Molte delle cose che ho detto per i sacerdoti hanno valore anche per voi che vi preparate ad esserlo. Anche per voi Gesù è la vite, la linfa, la forza e l'esempio. Per questo dovete imparare da lui, familiarizzarvi con la sua persona e il suo progetto di salvezza, per farne il vostro ideale di vita e l'ispirazione di tutto il vostro giovanile entusiasmo. Pensate, a questo proposito, a quanto dissi ai vostri vescovi nella loro ultima visita "ad limina" (24 maggio 1984); frattanto vi incoraggio ad acquisire un gran senso soprannaturale nella vostra esistenza. Siate fedeli alla preghiera quotidiana, trattate con pietà filiale Maria santissima e rivolgetevi con fiducia all'aiuto dei vostri superiori ed educatori. Ricordate che la vostra formazione richiede uno studio profondo, serio e sacrificato. Parte di questo sacrificio sarà la rinuncia ad altre occupazioni che toglierebbero tempo ed energie alla vostra preparazione specificamente sacerdotale.


5. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Jn 15,16). L'eco di questa chiamata personale di Gesù ha configurato la vostra vocazione, cari religiosi e religiose, che vi fate carico con gioia di una buona parte del lavoro apostolico in Perù. Questa iniziativa divina della vostra chiamata è frutto dell'amore: "lo ho amato voi... Voi siete miei amici" (Jn 15,9 Jn 15,14). E la voce di Cristo si è fatta vostra donazione, totale e definitiva, mediante i voti di povertà, castità e obbedienza. La vostra risposta è stata serena e generosa, ecclesiale e soprannaturale nelle sue motivazioni.

Non acconsentite dunque a qualsiasi tentativo di secolarizzare la vostra vita religiosa, né di coinvolgerla in progetti socio-politici che devono esserle estranei, e non dimenticate la responsabilità di testimoniare l'attualità del progetto integralmente cristiano di fronte alla società e al mondo di oggi. Siate fedeli alla vostra missione e al carisma dei vostri fondatori, in obbedienza alla Chiesa.

"Molte famiglie religiose nacquero per l'educazione cristiana dei bambini e dei giovani, specialmente dei più abbandonati" (CTR 65). Che la preoccupazione per il servizio in altri campi apostolici non vi allontani da questa missione che la Chiesa vi ha affidato. So che fate molto in questo campo; continuate a dedicarvici con generosità.

"Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore" (Jn 15,10). La fedeltà è la prova dell'amore. Inoltre, i cristiani hanno diritto ad esigere dalla persona consacrata una sincera adesione e obbedienza ai comandamenti di Cristo e della sua Chiesa. Pertanto, dovete evitare tutto ciò che potrebbe far pensare che esista nella Chiesa una doppia gerarchia o un doppio magistero. Vivete e inculcate sempre un profondo amore alla Chiesa, e una leale adesione a tutti i suoi insegnamenti. Non siate mai portatori di incertezze, ma di certezze di fede.

Trasmettete sempre le verità che proclama il magistero; non ideologie che passano.

Per edificare la Chiesa, vivete la santità. Essa vi porterà, se è necessario, alla prova suprema dell'amore agli altri, perché "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

In questa linea voglio esprimere tutta la mia stima e incoraggiamento ai membri degli istituti secolari o delle società di vita apostolica che lavorano alacremente e danno testimonianza di Cristo, con la loro presenza specifica, in tutti i campi della vita della Chiesa.


6. Anche voi, laici dei diversi movimenti ecclesiali, invito ad accogliere la voce di Cristo in questo incontro: "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli" (Jn 15,8). Meditate bene queste parole, amati diaconi permanenti. Cristo continua ad aspettare molti frutti dalla vostra attività, catechisti laici, che con una dedizione così degna di gratitudine esercitate una preziosa missione di apostolato secolare. Continuate con entusiasmo la vostra opera, formatevi sempre meglio secondo le indicazioni dei vostri pastori e vivete in maniera esemplare la parola che insegnate.

Attorno ai misteri della vita, passione e morte del Redentore, della sua santissima Madre e dei santi, ruota la vita delle congregazioni e delle confraternite. Come dimenticare la congregazione dei "Cargadores del Senor de los Milagros" o queste altre diverse confraternite nelle quali tante altri ricordano il loro santi patroni? Cristo si aspetta come frutti di queste devozioni che siano per tutti una continua chiamata alla conversione, al compimento fedele dei comandamenti di Dio, a una vita familiare ogni giorno più cristiana, a ricevere con frequenza i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia e alla partecipazione fedele e costante alla santa messa domenicale.

La Chiesa di Cristo, per assicurare la sua fecondità, è sempre una Chiesa orante. Anche tra i laici. Oggi esiste una potente corrente di preghiera all'interno della Chiesa. In questo terreno è necessario un attento discernimento degli spiriti sotto l'autorità della Chiesa. Inoltre, essendo questa corrente di preghiera un movimento che riguarda tante confessioni cristiane, dovete avere molta cura della genuina identità della vostra fede.

Infine, per lo stretto legame che ha con il Papa e per le profonde radici che ha nel vostro popolo, voglio incoraggiare i membri dell'Apostolato della preghiera, affinché uniscano le loro preghiere alle mie come Pastore della Chiesa universale, per produrre nuovi frutti ecclesiali.

Sono molti i campi nei quali Cristo e la Chiesa aspettano una rinnovata fecondità, sia da ciascun laico che dai movimenti apostolici impegnati a far presenti i valori del Vangelo nel mondo. Segnalo alla vostra attenzione quelli della famiglia, dell'educazione, delle comunicazioni sociali, l'attività politica, la difesa della dignità dell'uomo e dei suoi diritti inalienabili, la protezione dei più deboli e bisognosi, la moralizzazione della vita pubblica, la promozione della giustizia e della pace (cfr. Puebla, 790-792). ln tutto ciò è sommamente importante che il popolo di Dio si senta sempre unito a Cristo e non perda la sua identità, né subordini i contenuti del Vangelo a categorie politiche o sociologiche. E' responsabilità di tutti, principalmente dei pastori, vegliare affinché la Chiesa non perda il suo autentico volto.


7. Cari fratelli e sorelle: di fronte ai difficili momenti che vivete nella vostra vita comunitaria, di fronte alle crisi della vostra società, è necessario procedere a un ringiovanimento degli spiriti con la forza dell'amore che viene da Cristo. Un amore totale e pieno di abnegazione all'uomo per lui, perché "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Questo amore ci rende possibile vivere la vita con la massima dignità, e metterla a disposizione degli altri, per aiutarli a rendersi conto della loro dignità; ci rende capaci di affrontare senza timore il futuro, impegnati a costruire un uomo e un mondo nuovi, più giusti e umani, aperti a Dio e non rinchiusi in fallaci soluzioni materialiste. Perché "un umanesimo chiuso, insensibile ai valori dello spirito e a Dio, che ne è la fonte, potrebbe apparentemente avere maggiori possibilità di trionfare. Senza dubbio l'uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio non può, alla fine, che organizzarla contro l'uomo" (PP 42).

Invito, perciò, tutti voi, forze vive della Chiesa in Perù, a rinnovare la vostra donazione a Cristo, e per lui a lavorare incessantemente alla promozione dell'uomo e alla sua liberazione dal peccato e dall'ingiustizia. Seguite in questo i validi orientamenti indicati dai vostri vescovi nel loro recente documento sulla Teologia della liberazione. Ricordate sempre che Cristo è l'uomo nuovo: gli uomini nuovi possono sorgere soltanto a sua imitazione. Egli è la pietra fondamentale per costruire un mondo nuovo. Solamente in lui troveremo la verità totale sull'uomo, che lo renderà libero interiormente ed esteriormente in una comunità libera.

Solamente lui è la vite, i cui tralci vivi e fecondi dobbiamo essere noi.

Innestati in lui, alimentati dalla sua linfa, guidati dalla Madre della speranza, date all'uomo di oggi, sacerdoti, anime consacrate, laici cristiani, una testimonianza feconda dell'amore del Padre. Per tutto questo contate sul mio incoraggiamento e la mia cordiale benedizione.

Data: 1985-02-01 Data estesa: Venerdi 1 Febbraio 1985



Beatificazione di Ana de los Angeles - Arequipa (Perù)

Titolo: La nuova beata testimone di verità e di amore

"Lumen ad revelationem gentium!". "Luce per illuminare le genti!" (Lc 2,32).


1. Oggi la Chiesa in tutta la terra celebra la Presentazione del Signore nel tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la sua nascita a Betlemme. Li, nel tempio di Gerusalemme, furono pronunciate le parole profetiche che la Chiesa ripete ogni giorno nella sua liturgia e oggi proclama con speciale solennità.

L'anziano Simeone prende il Bambino dalle braccia della Madre e, illuminato dallo Spirito Santo, pronuncia le parole profetiche: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo, Israele" (Lc 2,29-32).




2. Oggi ripetiamo queste parole qui a Arequipa, in terra peruviana. Insieme professiamo con esse la fede in Gesù Cristo, quella fede che ha illuminato il popolo di questa terra da quasi cinque secoli. In questo nome e in questa luce ci uniamo oggi e reciprocamente ci salutiamo. E ho la gioia di poter partecipare con voi, come Vescovo di Roma, a questa festa grande della Chiesa nella vostra terra.

Una festa che ha due motivi di gioia: la beatificazione di suor Ana de los Angeles Monteagudo, e l'incoronazione pontificia dell'immagine della Vergine di Chapi, Madre e Regina di Arequipa, che presiede alla nostra celebrazione.

In questa festa della Chiesa nel Perù, in presenza di tutti i suoi pastori, voglio salutare tutto il popolo fedele peruviano che sono venuto a visitare anche se non potro, come vorrei, arrivare a ogni persona o luogo del Paese. Ma a tutti mi rivolgero intenzionalmente ogni volta che in questi giorni incontrero qualche gruppo o settore del popolo di Dio. così che Cristo, luce delle genti, illumini i membri di questa Chiesa di Dio di Arequipa che oggi mi accoglie, col suo pastore e gli ausiliari, così come le Chiese di Punto, Tacna, Ayaviri, Chuquibamba, e Juli con i suoi pastori.

Che la luce di Cristo guidi la Chiesa di Lima con il suo cardinale arcivescovo e gli ausiliari, i pastori e i fedeli di Callao, Huacho, Ica e Yauyos.

Che Cristo, luce del mondo, illumini il cammino dei pastori e dei fedeli di Ayacucho, Huancavelica e Caraveli. Che Cristo sia sempre la luce delle Chiese di Cuzco, Abancay, Chuquibambilla, Sicuani e dei suoi vescovi. Che la luce di Cristo risplenda nel popolo fedele di Huancayo, Huanuco, Tarma e nei suoi padri nella fede. Che Cristo accompagni con la sua luce il popolo santo di Dio a Piura, Chachapoyas, Chiclayo, Chota, Chulucanas e i suoi prelati. Che la luce di Cristo brilli sui pastori e sulle comunità ecclesiali di Trujillo, Cajamarca, Huaraz, Chimbote, Huari, Huamachuco e Moyobamba. Che Cristo indichi con la sua luce il cammino della fede agli ordinari e alle Chiese di Iquitos, Jaén, Pucallpa, Puerto Maldonado, Requena, San José de Amazonas, San Ramon, e Yurimaguas, all'ordinario e ai membri del vicariato castrense del Perù. E infine, che Cristo sia luce per tutti coloro che sono qui presenti, per i venuti da vicino e da lontano, e in modo particolare per la grande famiglia domenicana, che vede nella sua sorella, la beata Ana de los Angeles, una nuova gloria per i figli e le figlie di san Domenico, e un fedele riflesso della luce di Gesù Cristo.


3. Gesù di Nazaret sul quale, quaranta giorni dopo la sua nascita, il vecchio Simeone pronuncio le parole profetiche, sta davanti a noi come luce. Ascoltiamo quello che ci dice nel Vangelo della liturgia di oggi: "Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27). Cristo è la luce degli uomini perché li rivela a Dio. Soltanto lui conosce Dio: conosce il Padre ed è conosciuto da lui. Lui, unicamente lui, porta la luce della rivelazione divina ai cuori umani. Grazie a lui abbiamo conosciuto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, il Dio unico nella Trinità che è "il principio e la fine" di tutto ciò che esiste. In lui sta la nostra salvezza eterna.


4. Infatti questo Dio - come proclama Giovanni nella seconda lettura di oggi (1Jn 4,7-16) - è colui che "ci ha amati e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati". così è. "In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui". Il Figlio è la luce del mondo perché ci dà la vita di Dio.

Questa vita divina è per noi un dono, cioè la grazia. E la grazia deriva dall'amore e infonde in noi l'amore. In questo modo noi uomini, nati da uomini, dai nostri genitori, a nostra volta siamo nati da Dio. "Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio". Cristo è la luce degli uomini, perché grazie a lui siamo stati generati da Dio, e dal momento che siamo stati generati da Dio in Cristo, anche noi "conosciamo Dio": conosciamo il Padre, come anche il Figlio conosce il Padre.

Invece, "chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore".


5. Ecco lo splendido messaggio della festa di oggi. Il messaggio della luce e della vita, il messaggio della verità e dell'amore. Nel contenuto di questo messaggio riconosciamo anche questa figlia scelta della vostra terra che oggi posso proclamare beata della Chiesa: suor Ana de los Angeles Monteagudo.

Il signor arcivescovo di Arequipa, chiedendo ufficialmente la beatificazione di suor Ana, ha tracciato in sintesi la sua biografia e ha indicato le linee della sua vita santa, i meriti e le grazie celesti che hanno portato alla sua elevazione agli altari, come esempio e per la venerazione di tutta la Chiesa, specialmente della Chiesa del Perù. In suor Ana ammiriamo soprattutto la cristiana esemplare, la monaca contemplativa domenicana del celebre monastero di Santa Catalina, monumento di arte e di pietà del quale gli arequinos sono a ragione orgogliosi. Ella ha realizzato nella sua vita il programma domenicano della luce, della verità, dell'amore e della vita, concentrato nella famosa frase: "Contemplare e trasmettere ciò che si è contemplato". Suor Ana de los Angeles realizzo questo programma con un'intensa, austera e radicale attività nella vita monastica, secondo lo stile dell'ordine di san Domenico, nella contemplazione del mistero di Cristo, della verità e nella conoscenza di Dio.

Ma la sua vita ebbe una singolare irradiazione apostolica. Fu maestra spirituale e fedele esecutrice delle norme della Chiesa che chiedevano con urgenza la riforma dei monasteri. Sapeva accogliere tutti quelli che le si rivolgevano, insegnando loro i sentieri del perdono e della vita di grazia. La sua presenza nascosta si fece notare oltre le mura del suo convento, con la fama della sua santità. Aiuto con il suo consiglio e la sua orazione i vescovi e i sacerdoti; accompagnava i viandanti, i pellegrini che giungevano a lei, con la sua preghiera.

La sua lunga vita si consumo quasi per intero dentro le mura del monastero di Santa Catalina; prima come educanda, più tardi come religiosa e superiora. Nei suoi ultimi anni si consumo in una dolorosa identificazione con il mistero di Cristo crocifisso. Suor Ana de los Angeles conferma con la sua vita la fecondità apostolica della vita contemplativa nel corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Vita contemplativa che affonda molto presto le sue radici anche qui, sin dagli inizi stessi dell'evangelizzazione, e continua a essere ricchezza misteriosa della Chiesa nel Perù e di tutta la Chiesa di Cristo.


6. Certamente suor Ana ha percorso la sua vita seguendo questa massima di san Giovanni evangelista: "Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (1Jn 4,11). Alla scuola del divino Maestro si è andato modellando il suo cuore fino ad apprendere la mansuetudine e l'umiltà di Cristo, secondo le parole del Vangelo: "Prendete sopra di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,29-30).

Imitando la carità e il senso ecclesiale della sua patrona, Caterina da Siena, Ana ebbe un cuore mite e umilmente aperto alle necessità di tutti, specialmente dei più poveri. Tutti hanno trovato in lei un amore vero. I poveri e gli umili trovarono vera accoglienza; i ricchi comprensione che non tralasciava l'esigenza della conversione; i pastori trovarono preghiera e consiglio; gli infermi, sollievo; i tristi, consolazione; i viandanti, ospitalità; i perseguitati, perdono; i moribondi, la preghiera ardente.

Nella carità orante ed effettiva di suor Ana furono presenti in modo speciale i defunti, le anime del Purgatorio che ella chiamava "sue amiche". In questo modo, illuminando la pietà ancestrale per i defunti con la dottrina della Chiesa, seguendo l'esempio di san Nicola da Tolentino, del quale era devota, estese la sua carità ai defunti con la preghiera e il suffragio.

Perciò, ricordando questi dettagli intimi della vita della nuova beata, la sua penitenza e la sua elemosina, la sua preghiera continua e ardente per tutti, abbiamo ricordato le parole del libro di Tobia: "Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l'elemosina con giustizia! Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare l'elemosina che mettere da parte oro... Coloro che fanno l'elemosina godranno lunga vita" (Tb 12,8-9). Come lei, che mori in età avanzata, piena di virtù e di meriti.


7. Oggi la Chiesa di Arequipa e di tutto il Perù desidera adorare Dio in modo speciale per i benefici che lui ha concesso al popolo di Dio mediante il servizio di un'umile religiosa: suor Ana de los Angeles. Operando così la Chiesa fa quanto dice Tobia nell'invito proclamato nella liturgia di oggi: "Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non trascurate di ringraziarlo. E' bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio" (Tb 12,6-7).

In questo modo quel mistero della grazia di Dio, nascosto nel seno della Chiesa della vostra terra, si fa manifesto e si rivela: è suor Ana de los Angeles, beata della Chiesa! La santità dell'uomo è opera di Dio. Non sarà mai sufficiente manifestargli gratitudine per quest'opera. Quando veneriamo le sue opere, le opere di Dio, veneriamo e adoriamo soprattutto lui stesso, Dio santissimo. E tra tutte le opere di Dio la più grande è la santità di una creatura, la santità dell'uomo.


8. Ma ecco che nella festa di oggi, in presenza di tutta la Chiesa, c'è colei che è la più santa: la Madre di Cristo, Maria. La contempliamo, quaranta giorni dopo la nascita del suo Figlio, quando porta Gesù nel tempio di Gerusalemme accompagnata da Giuseppe. Il vecchio Simeone adora nel Bambino la luce di Dio: "Luce per illuminare le genti" (Lc 2,32). E a Maria rivolge queste parole: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima (Lc 2,34-35).

Tenendo presenti le parole di Simeone, desideriamo porre oggi sulla testa dell'immagine della Madre di Dio di Chapi la corona pontificia. Questo gesto che facciamo sulla terra risponde all'esaltazione che la Vergine ha ricevuto in cielo: l'esaltazione dei poveri e degli umili, proclamata per lei nel Magnificat (cfr. Lc 1,52). Con tale gesto il Papa vuole segnare il vincolo che già esiste e che si consoliderà ulteriormente, tra la città di Arequipa, la Chiesa del Perù e la Vergine santissima. Poiché questa "città bianca", eminentemente mariana, che nacque sotto la protezione di nostra Signora il giorno dell'Assunzione del 1540, ha professato sempre grande devozione verso la Madre di Dio.

Lo testimoniano i tre splendidi e famosi santuari mariani della città: quello di Cayma, quello di Characato, e specialmente quello di Chapi.

L'incoronazione è anche un ricordo dell'amore che ebbe verso la Vergine santissima la beata Ana de los Angeles.


9. Davanti all'immagine di nostra Signora pongo le intenzioni di tutta la Chiesa, specialmente della Chiesa del Perù e di Arequipa: "O Madre di Cristo, santa Madre di Dio, venerata con tanto intimo amore dal popolo di Dio in tutta la terra peruviana. Madre e Regina di tutti i santi che questa terra ha dato: Toribio de Mongrovejo, Rosa da Lima, Martin de Porres, Juan Macias, Ana de los Angeles, proclamata beata nella giornata di oggi.

Non smettere di portare Gesù nelle tue mani; portalo ai cuori di tutti quelli che, in questa terra, tanto amorosamente confidano in te. Portalo sempre, come lo portasti al tempio di Gerusalemme; che gli occhi della nostra fede si aprano in ogni momento come si aprirono gli occhi di Simeone. Insieme a lui professiamo: "Luce per illuminare le genti"! Che in lui gli occhi della nostra fede vedano sempre la salvezza che viene da Dio... Proprio da Dio! Amen. Data: 1985-02-02 Data estesa: Sabato 2 Febbraio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Commiato dagli ecuadoriani dall'aeroporto - Quito (Ecuador)