GPII 1985 Insegnamenti - Ai giovani peruviani - Ippodromo di Monterrico (Perù)

Ai giovani peruviani - Ippodromo di Monterrico (Perù)

Titolo: Costruite la pace di oggi e quella del nuovo millennio

Carissimi giovani,

1. In questo incontro che tanto ho desiderato e al quale vi siete preparati con gioia con numerose iniziative, ci ha parlato Gesù. Abbiamo ascoltato uno dei passi del Vangelo che più ha commosso il mondo nel corso dei secoli: le otto beatitudini del discorso della montagna.

Papa Paolo VI si riferi a questo passo con parole espressive, presentandolo come "uno dei testi più sorprendenti e positivamente rivoluzionari: chi avrebbe osato nel corso della storia proclamare "felici" i poveri di spirito, gli afflitti, i mansueti, gli affamati, gli assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli edificatori di pace, i perseguitati, coloro che ricevono insulti? Quelle parole, seminate in una società basata sulla forza, sul potere, sulla ricchezza, sulla violenza, sull'oltraggio, potevano essere interpretate come un programma di viltà e di inettitudine indegne dell'uomo; invece erano il proclama di una nuova "civiltà dell'amore"" (Omelia alla messa del 29 gennaio 1978).


2. Cari amici, il programma evangelico delle beatitudini è molto importante per la vita del cristiano e per il cammino di ogni uomo. Per i giovani e per le giovani è semplicemente un programma affascinante. Ben si può dire che colui che ha compreso e si propone di praticare le otto beatitudini proposte da Gesù ha compreso e può fare divenire realtà tutto il Vangelo. In effetti, per entrare in sintonia pienamente e in modo concreto con le beatitudini, è necessario cogliere in profondità e in tutti i suoi aspetti l'essenza del messaggio di Cristo, bisogna accettare senza alcuna riserva l'intero Vangelo.

Certamente l'ideale che il Signore propone nelle beatitudini è elevato ed esigente. Proprio per questo, pero, risulta un programma di vita fatto a misura dei giovani, dal momento che la caratteristica fondamentale della gioventù è la generosità, l'apertura a ciò che è sublime e arduo, l'impegno concreto e deciso in cose di cui valga la pena, umanamente e soprannaturalmente. La gioventù è sempre in atteggiamento di ricerca, in marcia verso le vette, verso gli ideali nobili, cercando di trovare risposte agli interrogativi che continuamente pone l'umana esistenza e la vita spirituale. E allora, c'è forse un ideale più alto di quello che ci propone Gesù Cristo? Per questo io, pellegrino dell'evangelizzazione, sento il dovere di proclamare questa sera davanti a voi, giovani del Perù, che solo in Cristo si trova la risposta ai desideri più profondi del vostro cuore, alla pienezza di tutte le vostre aspirazioni; solo nel Vangelo delle beatitudini troverete il senso della vita e la luce piena sulla dignità e il mistero dell'uomo (cfr. GS 22).


3. Gesù di Nazaret inizio la sua missione messianica predicando la conversione nel nome del regno di Dio. Le beatitudini sono proprio il programma concreto di questa conversione. Con la venuta di Cristo, Figlio di Dio, il regno si fa presente in mezzo a noi: "E' dentro di noi", e nello stesso tempo questo regno costituisce l'escatologia, cioè la meta definitiva dell'esistenza umana. E allora, ognuna delle otto beatitudini segnala questa meta ultratemporale. Nello stesso tempo, pero, ognuna delle beatitudini riguarda direttamente e pienamente l'uomo nella sua esistenza terrena e temporale. Tutte le situazioni che formano l'insieme del destino umano e del comportamento dell'uomo sono comprese in forma concreta, con il loro nome, fra le beatitudini. Queste caratterizzano e orientano in particolare il comportamento dei discepoli di Cristo, dei suoi testimoni. Per questo le otto beatitudini costituiscono il codice più conciso della morale evangelica, dello stile di vita del cristiano.

Le parole che Gesù pronuncio duemila anni fa nel discorso della montagna, sono sempre di vitale attualità. Illuminando la storia sono giunte sino a noi. La Chiesa le ha sempre ripetute e lo fa anche ora, rivolgendole soprattutto ai giovani di cuore generoso e aperto al bene. Ascoltate.


4. Gesù proclama: beati coloro che piangono, e cioè gli afflitti, coloro che provano sofferenza fisica o travaglio morale; perché saranno consolati (Mt 5,5).

La sofferenza è in certo modo il destino dell'uomo, che nasce soffrendo, trascorre la vita tra le afflizioni e giunge al suo fine, all'eternità, attraverso la morte, che è una grande purificazione per la quale tutti dobbiamo passare. Da qui l'importanza di scoprire il senso cristiano dell'umana sofferenza. E' questo il tema della mia lettera apostolica "Salvifici Doloris" che, quasi un anno fa, ho indirizzato a tutto il popolo di Dio. In essa ho cercato di scoprire che cos'è il mondo dell'umana sofferenza con i suoi mille aspetti e le sue terribili conseguenze; e in essa, alla luce del Vangelo, ho cercato di dare risposta alla domanda sul senso della sofferenza. Con lo sguardo fisso "su tutte le croci dell'uomo di oggi" (n. 31), ho affermato che "nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l'uomo a Cristo" (n. 26). Questa è la consolazione di coloro che piangono.

I giovani, mettendo in gioco la loro generosità, non devono avere mai paura della sofferenza vista alla luce delle beatitudini. Devono stare sempre vicini a coloro che soffrono e devono saper scoprire nelle proprie afflizioni e in quelle dei fratelli il valore salvifico del dolore, la forza evangelizzatrice di ogni sofferenza.


5. Beati i puri di cuore. Gesù assicura che coloro che praticano questa beatitudine vedranno Dio (cfr. Mt 5,8). Gli uomini di animo limpido e trasparente, già in questa vita, vedono in Dio, vedono alla luce del Vangelo tutti i problemi che esigono una particolare purezza: così l'amore e il matrimonio. Su questi temi la Chiesa ha parlato sempre e soprattutto nel nostro tempo con molta chiarezza e insistenza, proiettando la luce della sua dottrina in modo particolare sulla gioventù. L'importante è educare i giovani e le giovani all'"amore bello" al fine di allontanarli da tutti gli assalti che cercano di distruggere il tesoro della loro giovinezza: dalla droga, dalla violenza, dal peccato in genere, e orientarli verso il cammino che porta a Dio: nel matrimonio cristiano, cammino reale per la realizzazione umana e la santificazione della maggior parte degli uomini e delle donne; e anche, quando Cristo chiama, nella donazione radicale che esige la vocazione sacerdotale o religiosa. La Chiesa ha bisogno oggi di molti apostoli per evangelizzare il mondo del nuovo millennio che si avvicina e si aspetta di trovare questi evangelizzatori tra di voi, giovani uomini e donne del Perù.


6. Beati i misericordiosi (Mt 5,7). La misericordia costituisce il centro stesso della rivelazione e dell'alleanza. La misericordia così come la insegno e la pratico Gesù, "ricco di misericordia" è l'aspetto più autentico dell'amore, è la pienezza della giustizia. D'altra parte l'amore misericordioso non è una semplice compassione nei confronti di colui che soffre, ma un'effettiva ed affettiva solidarietà con tutti gli afflitti.

Il giovane di animo nobile, generoso e buono deve distinguersi per la sua sensibilità nei confronti delle altrui sofferenze, nei confronti di ogni genere di disgrazia, nei confronti di qualunque male affligga l'uomo. La misericordia non è passività, ma azione decisa in favore del prossimo che nasce dalla fede.

Quante schiere di giovani si vedono oggi dedite con immensa gioia al servizio dei fratelli in ogni luogo e nelle circostanze più difficili della vita! La gioventù è servizio. E la testimonianza di servizio e di fraternità che dà la gioventù di oggi è una delle cose del nostro mondo che più danno consolazione e che più sono stupende. Il Signore dà in premio ai misericordiosi la misericordia stessa, la gioia, la pace.


7. I pacifici, gli operatori di pace: ecco una categoria eccezionale di uomini che Gesù proclama beati. Questo compiacersi da parte di nostro Signore nei confronti di chi cerca la pace nell'ambito familiare, sociale, del lavoro e politico, a livello nazionale e internazionale, ha un'attualità sorprendente.

Voi sentite giustamente - dovete sentirla sempre - l'aspirazione a una società più giusta e solidale; pero non seguite coloro che affermano che le ingiustizie sociali possono sparire solo mediante l'odio di classe o il ricorso alla violenza o ad altri mezzi anticristiani. Solo la conversione del cuore può assicurare un mutamento di strutture per portare a un mondo nuovo, un mondo migliore. "Il confidare nei mezzi violenti, con la speranza di instaurare migliore giustizia, significa essere vittima di un'illusione mortale. La violenza genera violenza e degrada l'uomo. E' un oltraggio alla dignità dell'uomo nella persona delle vittime e svilisce questa stessa dignità in coloro che la praticano" (Sacra congregazione per la dottrina della fede, "Istruzione su alcuni aspetti della Teologia della liberazione", XI,7). "Solamente ricorrendo alle capacità etiche della persona e alla perpetua necessità di conversione interiore si otterranno i mutamenti sociali che saranno veramente al servizio dell'uomo" (Puebla, IV,3).

Costruire la pace di oggi e la pace del domani, la pace dell'anno duemila: questo è il vostro compito, se volete essere chiamati "figli di Dio". Non dimenticate mai che, come ho detto nel mio messaggio del primo dell'anno, "La pace e i giovani camminano insieme".


8. Beati i mansueti (Mt 5,4). Si esprime così il Maestro buono, che predicando il regno di Dio disse anche ai suoi discepoli: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29).

E' mite colui che vive in Dio. Non si tratta di codardia, ma dell'autentico valore spirituale di colui che sa porsi di fronte al mondo ostile non con ira, non con violenza, ma con benignità e amabilità; vincendo il male col bene, cercando ciò che unisce e non ciò che divide, il positivo e non il negativo, per "possedere così la terra" e costruire in essa la "civiltà dell'amore". Ecco un compito entusiasmante per voi.


9. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia (Mt 5,6). Con queste parole Gesù ci invita alla santità, alla giustizia e alla perfezione che nascono dall'ascolto della parola di Dio fatta stile di vita, condotta sociale, esistenza quotidiana. Questa è la giustizia che la Chiesa vuole promuovere efficacemente fra gli uomini mediante la sua dottrina sociale, che voi, giovani, dovete studiare con interesse e applicare con impegno.

Il cristiano autentico deve farsi carico responsabilmente delle esigenze sociali che nascono dalla sua fede. La visione del mondo e della vita che ci dà il Vangelo e che ci spiega la dottrina sociale cattolica, spinge all'azione costruttiva molto più di qualunque ideologia, per quanto attraente essa possa, apparire. E allora, giovani, coraggio! La Chiesa vi guida lungo le rotte che conducono a "nuovi cieli e terra nuova nei quali abita la giustizia" (2P 3,13). Non trascurate di ascoltare la sua voce. Accettate pienamente i suoi insegnamenti.


10. Beati i poveri in spirito (Mt 5,3). Questa è proprio la prima delle otto beatitudini che proclamo Gesù nel discorso della montagna.

"I poveri in spirito sono coloro che sono più aperti a Dio e alle "meraviglie di Dio" (Ac 2,11). Poveri, perché sono sempre disposti ad accettare questo dono dall'alto, che proviene da Dio stesso. Poveri in spirito sono coloro che vivono coscienti di avere ricevuto tutto dalle mani di Dio come un dono gratuito e che sanno apprezzare ognuno dei beni ricevuti. Costantemente grati, ripetono senza fine: "Tutto è grazia", "Rendiamo grazie al Signore nostro Dio". I cuori aperti a Dio sono, per ciò stesso, più aperti agli uomini. Sono disposti ad aiutare disinteressatamente. Disposti a dividere ciò che hanno. Disposti ad accogliere nella loro casa una vedova o un orfano abbandonati. Sempre trovano un luogo disponibile fra le ristrettezze in cui vivono. E trovano anche sempre un po' di cibo, un pezzo di pane sulla loro povera tavola. Poveri pero generosi. Poveri, pero magnanimi" (Discorso nella "Favela Vidigal", 2 luglio 1980).

Così pure i poveri in spirito sono coloro che, mancando di beni terreni, sanno vivere con dignità umana i valori di una povertà spirituale ricca di Dio; e coloro che, possedendo beni materiali, vivono il distacco interiore e la comunione dei beni con coloro che soffrono privazioni. Dei poveri in spirito è il regno dei cieli. Ecco la ricompensa che Gesù promette loro. Non si può promettere di più.

Questa beatitudine che, in un certo senso, comprende tutte le altre, dobbiamo applicarla ai poveri veri, tenendo conto di tutti i generi e le forme di povertà che esistono nel nostro mondo e guardando anche a tanti uomini ricchi che sono tremendamente poveri (cfr. Radiomessaggio di Natale, 1984).

Guardando così a tutti coloro che soffrono per necessità materiali o spirituali, la Chiesa ha formulato la sua opzione preferenziale, non esclusiva, né escludente, per i poveri. In questa opzione che l'episcopato latinoamericano fece già a Medellin e a Puebla e che io ho proclamato nuovamente nel mio ultimo messaggio di Natale, voi, giovani del Perù, dovete essere, e so che lo siete, molto uniti alla Chiesa e ai suoi pastori.


11. Insieme alla prima, voglio ora citare l'ultima beatitudine, che si riferisce a coloro che soffrono persecuzioni a causa della giustizia, coloro che sono perseguitati per la loro testimonianza di fede: sono gli autentici poveri in spirito e per questo Gesù dice anche che di essi è il regno dei cieli (cfr. Mt 5,l0).

Io vi invito a una solidarietà con questi poveri, che sono tanti nel nostro mondo di oggi: vittime di queste povertà che colpiscono i valori spirituali e sociali della persona. I giovani, che tanto apprezzano il dono della libertà, possono comprendere molto bene che cosa significhi soffrire per mancanza di libertà, soprattutto per mancanza di libertà religiosa. Non dimentichiamo mai questi nostri fratelli dei quali Cristo si compiace nella sua ottava beatitudine.

Sono i prediletti di Gesù e per questo devono essere anche i prediletti degli amici di Gesù, i prediletti della Chiesa.




12. Cari giovani: se volete essere veramente felici, cercate l'identificazione con Cristo. "Egli è il vero protagonista delle otto beatitudini: non è solo colui che le ha insegnate o enunciate, ma è soprattutto colui che le ha realizzate nel modo più perfetto durante tutta la sua vita". E' vero che le beatitudini non sono comandamenti. Pero certamente esse sono comprese nel comandamento dell'amore, che è il "primo" e il "più grande". Le beatitudini sono come il ritratto di Cristo, un riassunto della sua vita e "per questo si presentano anche come un "programma di vita" per i suoi discepoli, confessori, seguaci. Tutta la vita terrena del cristiano, fedele a Cristo, può racchiudersi in questo programma, nella prospettiva del regno di Dio" (Omelia nella parrocchia romana di San Marco Evangelista, 29 gennaio 1984).

Giovani, voi siete in grado di entusiasmarvi per questo programma. Pero per poterlo realizzare avete bisogno di ricorrere alla preghiera, ricorrere con umiltà, fiducia e sincerità al sacramento della riconciliazione e partecipare con fervore all'Eucarestia. Avete anche bisogno di guardare alla santissima Vergine, che la tradizione della Chiesa ha chiamato sempre beata. Che Maria sia la vostra Madre Cercate di scoprire, attraverso la meditazione frequente, la fedeltà con cui ella visse lo spirito delle beatitudini. Che santa Maria vi guidi sempre lungo il cammino della verità, del bene, dell'amore e della generosità.

Non è questo il momento per indecisioni, assenze o mancanze di impegno.

E' l'ora degli audaci, di coloro che hanno speranza, di coloro che aspirano a vivere con pienezza il Vangelo e di coloro che vogliono realizzarlo nel mondo attuale e nella storia che si avvicina.

Sull'esempio della giovane santa Rosa da Lima, impegnate le vostre energie nel costruire un Perù dove risplenda la santità, dove prendano forma le beatitudini del regno. Edificate un Perù più fraterno e riconciliato. Edificate un Perù molto più giusto. Edificate un Perù senza violenza, che è sempre anticristiana. Edificate un Perù dove regnino l'onestà, la verità, la pace.

Edificate un Perù più umano, dove il mistero di ogni uomo si viva alla luce del mistero di Dio. Particolarmente in questo Anno della gioventù, edificate un Perù dove risuonino, fatte coraggio e speranza, le parole dell'apostolo: "Saluto voi, giovani che siete forti e dimora in voi la parola di Dio, e avete vinto il maligno" (1Jn 2,14). La vostra vittoria non sarà quella delle armi, ma quella dello spirito delle beatitudini, fatte vita propria e proclamate al mondo.

Perché sia così, vi offro il mio incoraggiamento, la mia preghiera, la mia benedizione.

Consacrazione della gioventù peruviana alla santissima Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, oggi i giovani peruviani riuniti intorno al Vicario di Cristo, per proclamare la loro fede, il loro incondizionato affidamento a Gesù Cristo, la loro disponibilità a costruire un mondo più giusto, più fraterno e più cristiano, vogliono consacrarsi a te.

Coscienti della nostra debolezza, ci accostiamo con la fiducia del figlio che cerca la protezione di sua madre. Mettiamo nelle tue mani i nostri aneliti, le nostre inquietudini, le nostre speranze. Vogliamo costruire un mondo migliore, dove regnino l'amore, la giustizia e la pace. Ti offriamo tutte le nostre giovani forze con il proposito di seguire l'insegnamento di Cristo, con l'intenzione non di essere serviti ma di servire, di servire i nostri fratelli, e maggiormente servirli quando sono più bisognosi. Servire la Chiesa, sacramento universale di salvezza, servire il Perù, nostra patria, perché tuo Figlio, Gesù, sia amato e accolto presso i giovani.

Ti offriamo gli anni della nostra giovinezza perché, benedetti dal tuo amore materno, siamo capaci di adempiere il nostro dovere al di là del nostro tornaconto.

Intercedi a nostro favore affinché in questo periodo della nostra esistenza penetriamo e assimiliamo il messaggio che Cristo porto al mondo, senza ridurlo né travisarlo, ma accettandolo in tutta la sua pienezza e rigore. Concedi la nobiltà di riconoscere i nostri errori e debolezze e la forza di convertirci costantemente a Cristo salvatore.

Concedi la grazia che la nostra vita non sia vuota, ma che riusciamo ad essere, nelle condizioni di vita che Dio vuole per ciascuno di noi, una testimonianza viva, un incentivo perché gli uomini cerchino e incontrino l'azione trasformatrice di Dio.

Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra, accogli la nostra offerta e accompagnaci nel nostro camminare per il mondo. Amen. Data: 1985-02-02 Data estesa: Sabato 2 Febbraio 1985





Il discorso all'episcopato - Perù

Titolo: Evangelizzazione per la dignità dell'uomo

Cari fratelli nell'episcopato,

1. Nella sede della vostra Conferenza episcopale, dove in spirito di profonda fraternità vi riunite per organizzare, coordinare, e promuovere la vita della Chiesa in Perù, è per me motivo di profonda gioia incontrarmi con voi, miei fratelli vescovi di queste Chiese locali che sto visitando. Questi momenti prolungano e completano le esperienze e le riflessioni fatte durante la vostra visita ad limina. Ho al tempo stesso la lieta impressione che, in qualche modo, il fratello nella Sede di Pietro restituisca, con grande affetto, la visita ai fratelli che precedentemente erano andati a incontrarlo, in rappresentanza di quelle Chiese, che oggi mi accolgono nella fede.

Questo incontro ha luogo in una data di grande significato ecclesiale.

In questa data, sotto lo sguardo materno della Vergine di Chapi, ho avuto la gioia di beatificare suor Ana de los Angeles Monteagudo. In lei si condensa un passato di esemplare consacrazione sponsale a Cristo, il Signore, e allo stesso tempo, ci indica un futuro: quello che abbiamo potuto intravedere soprattutto nelle migliaia di giovani riuniti con noi. La Chiesa latinoamericana ha operato una "opzione per i giovani". Essi attendono sempre che noi indichiamo loro in maniera inequivocabile il cammino dei santi, della piena realizzazione come cristiani, e non possiamo deluderli.

E' un meraviglioso privilegio appartenere a una Chiesa nella quale è fiorita la santità, ma è anche una responsabilità. I giovani, tanto sensibili ed esigenti, ci obbligano ad innalzare lo sguardo, a metterci continuamente in cammino, a non venire meno nell'arduo sforzo di manifestare e di seguire coerentemente Gesù. Essi costituiscono un'istanza critica che ci spinge a fare ancora qualcosa di più. Ci fanno scoprire che la santità, che inizia con un rinnovamento interiore, ha indubbie dimensioni sociali. La vostra storia ecclesiale è ricca di illustri modelli di vita cristiana, capaci di illuminare con la novità del Vangelo il presente e di guidare verso un futuro migliore.

In tale prospettiva, e come conferma o completamento di quanto abbiamo trattato a Roma, desidero condividere con voi alcune riflessioni suggeritemi dalla figura profetica, centrale nelle vostre Chiese, di san Toribio de Mogrovejo, che ho recentemente proclamato patrono dei vescovi dell'America Latina. Inoltre, nella sua festa liturgica, il 23 marzo, ho approvato il documento finale della III Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano, che si è tenuta a Puebla de los Angeles, e avente come tema: "L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina".

Vi è, inoltre, un'altra congiuntura storica di fondo che ci induce a guardare alla figura di san Toribio: il suo grande compito consistette nel realizzare, illuminato dal Concilio di Trento, la prima evangelizzazione del Nuovo mondo. Oggi tocca a voi realizzare, alla luce del Concilio Vaticano II, una nuova evangelizzazione dei vostri fedeli che - come dissi nell'allocuzione al Celam a Puerto Principe - dev'essere "nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione" (Discorso al Celam, 9 marzo 1983; cfr. La Traccia 1983, n. 3, p. 269, III).

Desideriamo soffermarci solo su alcune delle grandi lezioni che vengono dall'esempio di san Toribio.


2. Evangelizzazione per la santità. La prima evangelizzazione germino facendo della fede il substrato dell'anima latinoamericana in generale e peruviana in particolare (cfr. Puebla, 412). Ciò fu, in buona parte, frutto dell'ammirevole sforzo apostolico di san Toribio de Mogrovejo e del suo lavoro nel III Concilio Limense, aiutato da altri insigni missionari.

Quell'evangelizzazione dette come risultato modelli esemplari di santi.

Lo testimoniano la mistica figura di santa Rosa da Lima, l'amore per i poveri di san Martin de Porres e di san Juan Macias, la solidarietà e l'ardore missionario di san Francisco Solano.

Una nuova evangelizzazione ai nostri giorni dovrà infondere nei figli del Perù queste aspirazioni alla santità. così sarà possibile superare le tentazioni del materialismo: animare dall'interno e incoraggiare questo compito dev'essere la vostra grande missione.

Questa nuova evangelizzazione dovrà riscoprire e potenziare quei valori cristiani che sono impressi nella fede del popolo, perché possano essere la risposta alle situazioni e alle esigenze nuove del nostro tempo, perché facciano del Vangelo la forza motrice dell'aiuto al fratello che ha più bisogno, visto nella sua dignità di uomo che è chiamato all'incontro con Dio.


3. Evangelizzazione per l'unità nella fedeltà. Il santo arcivescovo di Lima fu un esemplare costruttore di unità ecclesiale. Nel suo lavoro di evangelizzazione seppe associare presbiteri, religiosi e laici in un'ammirevofe ricerca di comunione. Il III Concilio Limense è il risultato di questa tensione, presieduto, incoraggiato e diretto da san Toribio, che diede come frutti un prezioso tesoro di unità nella fede, norme pastorali e organizzative e al tempo stesso valide ispirazioni per l'auspicata integrazione latinoamericana.

Egli stesso fu un insigne maestro di verità, che amava sempre quanti erravano, ma senza mai omettere di combattere l'errore. Con grande senso di responsabilità pastorale seppe dare frequenti esempi di tale squisita carità di padre e di chiarezza di maestro. Fermamente convinto del fatto che rimanere inattivo di fronte alle deviazione della fede dei fedeli non è mai vera carità, seppe vegliare sulla fedeltà alla dottrina deffa Chiesa, fondamento sicuro della comunione ecclesiale. Lo fece in un momento storico importante per la riflessione teologica e il lavoro intellettuale al servizio dell'annuncio della Buona novella.

Di fronte a un mondo frammentato e spesso contrapposto, è necessario che la Chiesa dia testimonianza di fedeltà a se stessa e al suo fondatore, che aiuti a colmare distanze e divisioni, che sappia unire i cuori, saldando le fratture che si annidano nel cuore della società e dell'uomo stesso, a cominciare dalla frattura tra fede e vita.


4. Evangelizzazione per la dignità della persona. In san Toribio scopriamo il coraggioso difensore e promotore della dignità della persona. Di fronte a tentativi di limitare l'azione della Chiesa, nell'annuncio del suo messaggio di salvezza, seppe difendere con audacia la libertà ecclesiastica.

Egli fu un autentico precursore della liberazione cristiana nel vostro Paese. Partendo dalla sua piena fedeltà al Vangelo, denuncio gli abusi dei sistemi ingiusti adottati verso gli indigeni, non per mire politiche o per motivazioni ideologiche, bensi perché scopriva in essi seri ostacoli all'evangelizzazione, per fedeltà a Cristo e per amore ai più piccoli e indifesi.

Divenne in questo modo il sollecito e generoso servitore dell'indigeno, del negro, dell'emarginato. Seppe essere al tempo stesso rispettoso promotore dei valori culturali degli aborigeni, predicando nelle lingue native e facendo pubblicare il primo libro in Sud America: il catechismo unico nelle lingue spagnola, quechua e aymara.

E' questo un prezioso esempio al quale dovete guardare assiduamente, carissimi fratelli, soprattutto in un momento in cui la nuova evangelizzazione deve prestare grande attenzione alla dignità della persona, ai suoi diritti e alle sue giuste aspirazioni.

In questo senso avete inteso muovervi con la pubblicazione della vostra Lettera collettiva: "Applicazione e diffusione dell'enciclica Laborem exercens nella nostra realtà pastorale". Come vescovi, presentate la realtà del vostro popolo, con le sue luci e le sue ombre, non con il proposito di causare scoraggiamento, bensi per stimolare tutti coloro che possono migliorarla.

Interpellati dalla dura realtà del Peru di oggi, riaffermate la vostra responsabilità di essere presenti nel mondo del lavoro mediante il compito dell'evangelizzazione, secondo le funzioni specifiche che il Signore ha affidato ai diversi membri del popolo di Dio, con una chiara identità evangelica, evitando di cadere in particolarismi di qualsiasi segno, e superando gli ostacoli che impediscono la vostra missione.

Siete coscienti - come evidenziate in vari documenti della vostra Conferenza - del fatto che l'insegnamento sociale della Chiesa, elaborato in un lungo periodo di esperienza ecclesiale, illumina i problemi del mondo con la luce della ragione naturale, della fede e della morale della Chiesa. Di qui nasce l'impulso evangelico per la salvezza dell'essere umano nella sua integrale dignità. Perché non si può dimenticare quante conseguenze per la vita sociale nascono dal Vangelo, come ben ricorda il documento di Puebla: "La nostra condotta sociale è parte integrante del nostro seguire Cristo" (n. 476).

A tale riguardo, mi compiaccio del fatto che nel vostro lodevole impegno di chiarificazione, per raggiungere il giusto equilibrio tra immanenza e trascendenza nel lavoro delle vostre Chiese particolari, abbiate pubblicato il recente documento sulla Teologia della liberazione. Sono certo che con il vostro zelo, il vostro senso ecclesiale e con la vostra perseveranza, gli orientamenti pastorali che avete tracciato daranno i frutti desiderati nel necessario e giusto impegno a favore dei più poveri.


5. Evangelizzazione in costante sintonia con la Sede apostolica. E' visibile, in san Toribio, un elemento di fondo, che oggi è fondamentale nella pietà popolare peruviana e latinoamericana, e che egli contribui a costituire con la sua vita e con la sua opera: la vicinanza spirituale e il caloroso affetto per il Successore di Pietro, che il Signore volle porre come capo della Chiesa (cfr. CIC 331).

In intima comunione con lui, voi siete chiamati a realizzare il rinnovamento ecclesiale tracciato dal Concilio Vaticano II, coscienti di essere guide del popolo di Dio, e servitori della verità dell'unico Vangelo di Gesù.

A voi è stata affidata la missione di pascere il popolo di Dio, pellegrino nel Perù; a voi spetta, in comunione con la Sede apostolica, come state facendo, tracciare le vie dell'evangelizzazione, fedeli agli impulsi con i quali lo Spirito Santo benedice la sua Chiesa. Di qui il vostro impegno e il vostro dovere di evitare magisteri paralleli, ecclesialmente inaccettabili e pastoralmente sterili, vegliando con enorme carità per il bene e la fedeltà della Chiesa.


6. Carissimi fratelti nell'episcopato: ricordo con grande gioia gli incontri con voi durante la vostra visita ad limina che mi hanno consentito di constatare il grande amore per la Chiesa che vi anima. Sull'esempio di questo vostro grande predecessore e patrono, san Toribio de Mogrovejo, siate i saggi e santi pastori di cui il Perù ha bisogno, gli autentici animatori della vita spirituale, i promotori instancabili della dignità delle persone e della riconciliazione. Alla vigilia del V Centenario dell'evangelizzazione dell'America Latina, la Chiesa che guidate sia segno e strumento di speranza conciliando con sapienza e coraggio le legittime aspirazioni di promozione umana con gli essenziali valori dello spirito.

Il santo arcivescovo vi aiuti con il suo esempio ad approfondire le esigenze delta vostra missione, per il presente e per il futuro dell'evangelizzazione in Perù. E la Madre santissima, la Vergine fedele, vi accompagni nella vostra dedizione generosa e piena di sacrificio a questa giovane Chiesa, che cammina verso il Padre, con l'azione dello Spirito Santo. Ve lo auguro con fraterno affetto.

Data: 1985-02-02 Data estesa: Sabato 2 Febbraio 1985





Omelia durante la liturgia della Parola - Cuzco (Perù)

Titolo: L'umanesimo cristiano seme fecondo nel cuore dei campesinos

Cari fratelli e sorelle.


1. La parola di Dio che abbiamo ascoltato ci conduce al campo nel quale i contadini raccolgono le spighe. Questa parola dell'Antico Testamento è tratta dal libro di Rut. Il campo appartiene a Booz, originario di Betlemme, la città nella quale secoli dopo sarebbe nato Gesù Cristo. Booz è il proprietario del campo, e nel periodo della mietitura va a vedere i mietitori. Tra di loro incontra Rut, la moabita. Booz chiede notizie di lei, poiché gli era sconosciuta né faceva parte dei suoi lavoratori ma si era volontariamente avvicinata al campo durante la mietitura. Quando sa chi è Rut, Booz accetta con piacere la sua presenza tra i mietitori e le dimostra grande benevolenza e cordialità. Dallo stesso libro sacro sappiamo che Rut divento la sposa di Booz.


2. La parola di Dio letta in questa celebrazione è stata scelta affinché possiamo entrare in quello che costituisce il contenuto della vostra vita di ogni giorno, miei cari contadini e abitanti delle Ande peruviane. A tutti voi e a quelli che non sono potuti venire, pur desiderandolo, voglio dare il mio saluto abbracciandovi fraternamente; così come voglio salutare coloro che sono venuti dalle zone del Cuzco, di Puno o Apurimac, coloro che sono venuti da altre regioni del Perù o che in quelle prestano la loro manodopera agricola. Con questa visita agli altopiani andini, il papa desidera manifestarvi l'amore profondo che sente per voi, il suo vivo rispetto per le vostre condizioni culturali e sociali, l'impulso che vorrebbe darvi affinché la vostra vita sia sempre più degna di uomini e di cristiani.

Saluto anche con grande stima l'arcivescovo e pastore di questa sede, l'antica capitale dell'impero inca, a cui presto conferiro il "pallio", simbolo della sua dignità di metropolita e riconoscimento della sua completa dedizione al successore di Pietro. Con lui saluto cordialmente i vescovi delle vicine diocesi e prelature, che con tanto zelo e sacrificio si impegnano per aiutarvi nella vostra vita di fede e nelle vostre necessità culturali e materiali. Non dimentico neppure i sacerdoti, i religiosi e le religiose presenti, ai quali esprimo la mia profonda e affettuosa considerazione per la loro completa e costante abnegazione. So che non pochi tra loro provengono da altre nazioni e che sono venuti a collaborare generosamente con la Chiesa del Perù, che sentono pienamente loro. Grazie nel nome di Cristo per la vostra opera a voi e a quanti offrono la loro attività ecclesiale in altre parti di questo caro Paese.

Un saluto affettuoso, pieno di particolare ringraziamento, ai fratelli e alle sorelle che lavorano la terra i quali, come animatori cristiani, animatori della fede, catechisti, promotori di salute, o attraverso le associazioni delle madri, fanno tanto bene al prossimo. So che voi, guidati dai sacerdoti e dai religiosi, dedicate preziose energie in favore dei poveri nel corpo e nell'anima, e supplite tante volte alla scarsezza dei sacerdoti. La mia viva gratitudine per il vostro impegno è quella della Chiesa e quella di tutti i contadini del Perù.


3. Il passo biblico letto prima ci presenta Rut, la straniera, che va a mietere perché non aveva da mangiare; i contadini del luogo le lasciano raccogliere le spighe affinché si nutra lei e i suoi. Il padrone del campo le offre anche parte del proprio pasto: "Fermati con i miei servi", "Avvicinati, puoi mangiare" (Rut 2, 8.14). E' un bell'insegnamento che la Sacra Scrittura dà agli uomini di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Una lezione di solidarietà degli uni verso gli altri.

Sentirsi fratello di quanti soffrono, aiutarsi reciprocamente, come quei contadini di Betlemme che diedero del loro ad una povera vedova che veniva in cerca di cibo.

Ho sentito parlare tanto del vostro senso di ospitalità, della vostra prontezza nel soccorrere gli orfani, della vostra generosità nel condividere - nonostante la vostra povertà - con chi è ancora più povero, della vostra pietà verso tutti i bisognosi. Desidero incoraggiare queste invidiabili virtù umane e cristiane che già possedete e delle quali potete sentirvi orgogliosi. Sapete che qualsiasi progresso in questo impegno di cooperazione, meglio organizzato e ampliato a tutto il vostro lavoro agricolo, vi servirà come grande avanzamento nella vostra condizione sociale; potrete così cercare di migliorare le vostre difficili situazioni di insicurezza, di penuria, di scarsa alimentazione, di mancanza di mezzi per curare la vostra salute e quella dei vostri figli, per difendere il vostro diritto alla necessaria e urgente promozione umana. Cercandola con tutte le vostre forze, non dovete permettere che si degradi la vostra dignità morale e religiosa cedendo a sentimenti di odio e di violenza, ma dovete amare sempre la pace.

La solidarietà che il libro di Rut ci presenta è la forte invocazione che il Papa vuole fare agli uomini delle città e ai coltivatori della terra, affinché siano esempio di giusta collaborazione tra la campagna e la città, in tutto il Perù e nel mondo. Non si può costruire la patria solo con la città né solo con la campagna. E' necessario essere solidali gli uni con gli altri, stimarsi e aiutarsi, senza che nessuno sfrutti nessun altro, perché tutti siamo fratelli, figli dello stesso Padre, Dio, anche se occupiamo posti diversi nella società.

Questa gigantesca fortezza di Sacsayhuaman davanti alla quale noi ci troviamo, è simbolo di mutua collaborazione. Essa non poté essere edificata senza l'impegno congiunto dei vostri predecessori, senza la stretta unione di tante pietre. Non si potrà costruire nemmeno una grande patria senza fraternità e aiuto reciproco, senza giustizia tra chi popola i campi e l'abitante della città, senza equilibrio tra la crescita tecnica e industriale senza diligente attenzione per i problemi agricoli. E' un terreno che richiama la necessaria attenzione delle autorità pubbliche, con provvedimenti adeguati e urgenti che includano, ove sia necessario, le giuste riforme sulla proprietà e il suo sfruttamento. E' un problema di giustizia e di umanità.


4. Questa solidarietà esclude tutte le forme di egoismo, che seminano zizzania nella convivenza. E' all'estremo opposto delle ideologie che dividono gli uomini in gruppi nemici e inconciliabili e che propugnano una lotta fanatica che porta allo sterminio dell'avversario. Anche nella vostra amata patria soffrite di questa piaga, sotto forma di violenza inumana, come soffrite di altre piaghe, meno spettacolari, ma non meno dannose.

Una di queste è l'esasperata differenza di classi sociali, il benessere e lo sperpero di alcuni, accanto alla povertà di molti contadini e abitanti dei quartieri nuovi delle vostre città, che mancano del minimo indispensabile per vivere una vita dignitosa. E' una situazione, questa, che lascia il campo aperto a sconsiderate iniziative ispirate dal risentimento e dalla violenza.

Lo stesso accade con tutte quelle attività nelle quali gli interessi particolari e ingiusti sono più forti del bene della comunità. Questo è il caso della corruzione ai diversi livelli dell'amministrazione pubblica o privata; della frode per eludere il giusto contributo alle necessità della collettività; dell'utilizzazione indebita dei fondi pubblici per l'arricchimento personale.

L'egoismo è anche la causa del traffico corrotto che si è creato intorno alla coltivazione della coca, un prodotto che gli indigeni usavano a volte in modo naturale come stimolante dell'attività umana, e che, convertito in droga, si è trasformato in funesto veleno che alcuni sfruttano senza il minimo scrupolo, preoccupandosi ben poco della gravissima responsabilità morale derivante dal fatto che i benefici economici di alcuni vadano a discapito della salute fisica e mentale di molti - soprattutto adolescenti e giovani - che in molti casi resteranno emarginati da una vita degna.

In presenza di tutte queste radici di egoismo che si annidano nel cuore umano, la Chiesa si sforza di proclamare l'urgente necessità di rinnovare moralmente gli spiriti, di cambiare gli uomini nella loro interiorità, di farli tornare alle radici più profonde della loro umanità. Continua a lottare anche per la causa della giustizia mediante la sua dottrina sociale e l'azione per la promozione di tanti uomini e donne. E vuole soprattutto essere presente e solidale con i più poveri. Come alle sue origini sorse da gente umile e bisognosa - dai poveri di Jahvè - la Chiesa vuole anche oggi lavorare con amore preferenziale per questa porzione prediletta del Signore.

Perché se non facesse così, non sarebbe fedele al suo fondatore, Gesù Cristo. Ma vuole farlo non per ispirazione politica, ma per ispirazione evangelica; non con metodi di lotta di classe, non mirando ad apparenti liberazioni parziali che non considerano, o considerano in maniera insufficiente, la dimensione spirituale dell'uomo, o lo conducono a nuove e non minori schiavitù togliendogli la sua libertà. E' necessario e imprescindibile abbracciare la causa dei poveri e della loro promozione. E' la causa di tutti: la vostra, membri della Chiesa, della gerarchia, sacerdoti e religiose. Una causa per la quale raccomando tanta attenzione alle opportune direttive indicatevi qualche mese fa dai vostri vescovi (cfr. Documento sulla Teologia della liberazione, ottobre 1984).


5. Il libro di Rut, che con il suo insegnamento ispira il nostro incontro, ci mostra la dimensione religiosa di quei lavoratori dei campi. Al saluto spontaneo di Booz: "ll Signore sia con voi", rispondono: "Il Signore ti benedica" (Rut 2,4).

Amatissimi figli contadini, la fede e la religiosità cristiana che professate vi hanno fatto sentire profondamente Gesù Cristo nell'intimo del vostro essere e si sono plasmate attraverso i secoli nelle manifestazioni di devozione che celebrate durante l'anno. Sono le vostre processioni - con le quali esteriorizzate in modo comunitario e pubblico il vostro sentimento cristiano -, sono i vostri pellegrinaggi ai grandi santuari del Signore di Huanca, del Signore di Koylloriti, della Vergine di Cocharcas, è la vostra devozione profonda e sentita verso il Signore dei Temblores, è la vostra pietà eucaristica espressa nelle feste del Corpus Domini, è il vostro sentimento filiale verso Maria, la Vergine santissima Madre di Dio e nostra, alla quale avete dedicato innumerevoli santuari.

Questa religiosità popolare che ha segnato la vostra anima, ha anche segnato quella dell'America Latina determinando la sua identità storica.

Purificate e aumentate sempre più la vostra conoscenza e l'amore per Cristo, seguendo gli insegnamenti dei vostri vescovi e sacerdoti. E che questa fede vi aiuti a raggiungere una maggiore consapevolezza di un "umanesimo cristiano", ad affermare radicalmente la dignità di tutta la persona umana, considerando ogni uomo figlio di Dio, e a stabilire una fraternità fondamentale. così questa religiosità popolare incarnata nella vostra cultura, per questo essenziale contenuto fraterno, può e deve essere la più formidabile spinta liberatrice dalle strutture ingiuste che opprimono i vostri popoli.


6. I primi evangelizzatori seminarono generosamente la fede cristiana nel cuore dei vostri popoli andini. Fede che deve svilupparsi ogni giorno, per dare frutti più maturi, miei cari contadini. Anche l'anima, come la buona terra, necessita di cura continua per dare frutti. Deve accogliere in sé il seme della parola di Dio, insegnata dalla Chiesa; bisogna irrigarla frequentemente con i sacramenti che ci infondono la grazia; bisogna nutrirla con lo sforzo diretto a praticare le virtù cristiane; bisogna togliere le erbe cattive delle passioni deviate; bisogna destinare i suoi frutti al buon esempio e alla propagazione della fede. Non c'è coltivazione più importante di questa né che offra frutto più sicuro, un frutto che va verso la vita eterna.

Per vivere come fratelli dobbiamo comportarci prima come figli di Dio, mediante il compimento fedele dei doveri religiosi. Celebrare il culto di Dio partecipando alla santa messa la domenica e nei giorni di festa, sarà una sincera manifestazione del senso religioso della nostra vita. Ricevere il Signore realmente presente nell'Eucaristia e avere il perdono divino nel sacramento della Penitenza: se faremo questo frequentemente manterremo una retta condotta cristiana. Ascoltare la parola di Dio e ricevere i sacramenti istituiti da Cristo: sono questi mezzi indispensabili per tutti, uomini e donne, giovani e anziani.


7. Passando per la storica capitale degli incas, per arrivare a questa impressionante fortezza, ho potuto ammirare fugacemente alcune delle grandezze della vostra storia. In questa stessa pianura i vostri antenati adorarono il sole, come fonte di vita. Oggi siete venuti qui per ascoltare le parole del Papa, rappresentante di colui che è il vero "sole di giustizia e amore, Cristo nostro salvatore", il quale non solo dà la vita in questo mondo, ma la vita che dura oltre la morte, la vita che non termina mai, la vita eterna. ln questo luogo vi manifesto sinceramente il mio profondo rispetto per la vostra plurisecolare cultura ancestrale, per la vostra pietà e religiosità che, una volta ricevuta la luce di Cristo, si trasformo nell'arte e nella bellezza delle basiliche e dei templi delle vostre città e di tutte le regioni andine.

La Chiesa è pronta ad accogliere le culture di tutti i popoli. In esse si trovano sempre le orme e i semi del Verbo di Dio. così i vostri antenati, pagando il tributo alla terra (Mama Pacha), non facevano altro che riconoscere la bontà di Dio e la sua presenza benefattrice che concedeva loro gli alimenti per mezzo del terreno che essi coltivavano. O quando riassumevano i concetti morali nel triplice precetto "ama sua, ama quella y ama llulla" (non essere ladro, non essere pigro, non mentire) - dove si esige il rispetto del prossimo nella sua dignità e nelle sue proprietà (ama sua); l'obbligo di perseguire la perfezione di se stessi e il proprio contributo al bene della comunità (ama quella); e la conformità delle proprie azioni e delle proprie parole al proprio cuore (ama llulla) - non facevano altro che applicare la legge naturale alla loro indole.

Conservate, inoltre, i vostri genuini valori umani, che sono anche cristiani. E senza dimenticare le vostre radici storiche, fortificatele alla luce di Cristo seguendo gli insegnamenti dei vostri vescovi e sacerdoti. Voi, operatori della pastorale, rispettando la cultura delle vostre genti e promuovendo tutto ciò che hanno di buono, cercate di completarla alla luce del Vangelo. Col messaggio cristiano non dovete distruggere la loro cultura, ma cercare di perfezionarla, come Gesù Cristo perfeziono l'antica legge nel discorso della montagna, nei ben conosciuti paragrafi nei quali dice: "vi è già stato detto, ma io vi dico...".

Bisogna presentare, poi, ai fedeli tutta la novità cristiana in campo dottrinale e morale. Che questa rispettosa evangelizzazione elevi sempre di più la vita umana, cristiana, familiare e sociale dei vostri fedeli, del mondo contadino del Perù.


8. Torniamo ancora una volta al campo di Booz, di cui ci parla il testo biblico di questa paraliturgia. L'Antico Testamento ci insegna che Rut fu la sposa di Booz e, attraverso suo figlio Jesse, la nonna del re David, dalla cui stirpe è nato il Messia, Gesù di Nazaret. così quindi il campo dei mietitori nel quale lavorava Rut, la moabita, è entrato nella grande genealogia dell'attesa del Messia, del Salvatore, alla cui venuta si preparavano tutte le generazioni dell'antico Israele.

Ispirandomi a questa parola di Dio, auguro a tutti voi, agricoltori e contadini, che il lavoro dei campi diventi per ognuno di voi una partecipazione all'opera redentrice di Gesù Cristo, il Salvatore del mondo. Voi potete comprendere meglio il messaggio di Gesù, che parlava con frequenza dell'erba dei campi, del giglio, degli uccelli, del seminatore che sparge il seme, del pastore che guida il gregge, dell'agricoltore che pota le piante. Cercate di sentire, perciò, la presenza di Dio nella natura, nella Provvidenza che con la pioggia o il calore nutre e fa crescere le piante. Levate dai vostri solchi e dai campi uno sguardo e una preghiera a Dio per voi e per il prossimo. Uniti a Gesù, che lavoro come voi con le sue mani, sentite la dignità della vostra condizione - di contadini. Ponete in essa lo spirito di servizio prezioso, di chi procura gli alimenti per la società e collabora ai piani di Dio. così potrete sentirvi pienamente orgogliosi del vostro contributo al bene di tutti.

Per concludere, con profondo rispetto e stima per voi rivolgo ad ogni contadino del Perù un abbraccio paterno e amichevole; ad ogni vostra famiglia una cordiale benedizione; una preghiera per le vostre spose e i vostri parenti; una carezza, affinché la portiate a ogni vostro figlio. La Madre santissima del Carmelo la cui immagine di Paucartambo mi accingo a coronare canonicamente, vi accompagni e vi protegga.

[Nella lingua locale:] Amati figli contadini del Cuzco e di tutte le Ande peruviane: con grande speranza e gioia arrivo oggi a voi per esprimervi il mio sincero e paterno affetto. Dio Padre, Figlio e Spirito Santo siano con voi.

Data: 1985-02-03 Data estesa: Domenica 3 Febbraio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai giovani peruviani - Ippodromo di Monterrico (Perù)