GPII 1985 Insegnamenti - Forte appello agli uomini della lotta armata - Ayacucho (Perù)

Forte appello agli uomini della lotta armata - Ayacucho (Perù)

Titolo: Combattere la violenza con le armi della pace

Signor arcivescovo, fratelli nell'episcopato, amati fratelli e sorelle,

1. Non ho voluto che mancasse una visita del Papa ad Ayacucho durante il mio viaggio apostolico in Perù. In essa desidero avvicinarmi al dolore degli abitanti di questa zona, rivolgervi una parola di incoraggiamento e contribuire alla desiderata riconciliazione degli animi.

In queste terre, come purtroppo anche in altre di questo amato Paese, si ode il grido d'angoscia delle popolazioni che implorano la pace. So che molta sofferenza è causata dalla spirale di violenza che ha il suo focolaio in mezzo a voi. Condivido dal più profondo del cuore la sofferenza che questa lacerazione vi procura. Voglia il cielo che il dolore che ferisce le vostre famiglie abbia presto fine, e che nel frattempo sappiate affrontarlo con spirito evangelico. Il che non significa scoraggiamento, ma fortezza per reagire con dignità, ricorrendo ai mezzi legittimi di tutela della società, e non alla violenza che genera una maggiore violenza.

La difficile sfida che a voi si pone è di combattere la violenza con le armi della pace e di convincere quelli che sono caduti nella tentazione dell'odio che solo l'amore è efficace. Se veramente vogliamo costruire un mondo nuovo, non esiste altra via all'infuori di quella che ci mostra Gesù, "principe della pace" (Is 9,6).


2. Tuttavia, occorre andare alla radice di certe situazioni dolorose, che a volte provocano dolore su dolore in tante vittime innocenti, aggravando la tragedia.

"Non è fortuito - hanno detto i vostri vescovi nel loro documento del settembre scorso - il fatto che le manifestazioni di violenza appaiano proprio nelle zone più depresse ed emarginate della comunità nazionale, circostanza questa che è stata sfruttata per anni al fine di inculcare nella mente dei bambini e dei giovani il nefasto seme ideologico dell'odio, della violenza e della lotta armata come unica via per cambiare la società".

Non si può né si deve ignorare la realtà della sofferenza di uomini e donne a causa dell'ingiustizia. Questa dolorosa realtà deve spingere efficacemente all'azione. In tutti gli uomini dev'essere riconosciuta la dignità di immagine di Dio. A tutti si deve garantire il diritto di partecipare ai beni spirituali, culturali e materali di ogni popolo e dell'umanità, in virtù della destinazione universale di questi beni. Le ingiuste disuguaglianze e l'emarginazione devono essere un pungolo costante per ogni coscienza cristiana.

Per questo occorre impegnarsi ad elevare il livello culturale mediante la creazione e il potenziamento dei centri educativi privati e pubblici; promuovere il livello di vita con lo sviluppo di un'economia industriale e agricola nella quale tutti possano trovare un lavoro degno e remunerativo; con l'impiego, infine, di tutte le risorse umane ed economiche in opere di utilità sociale. Queste sono le linee maestre dell'opera di sviluppo nella quale le pubbliche autorità e i responsabili devono impegnare tutte le energie disponibili per arrivare a strutture sociali giuste, a una più adeguata e umana distribuzione dei beni materiali e della cultura.


3. Pero se l'ingiustizia e la miseria possono creare il clima propizio perché nascano l'amarezza e l'odio, esse non bastano da sole a spiegarlo, non ne sono le vere radici. L'odio e la violenza nascono dal cuore dell'uomo, dalle sue passioni o convinzioni aberranti, dal peccato.

La radice dell'odio è quella stessa del peccato. L'odio manifesta che l'uomo, invece di optare per l'amore, ha permesso che vincano in lui l'aggressività, il risentimento e, di conseguenza, l'irrazionalità e la morte.

Nella lotta fra il bene e il male, fra l'amore e l'odio, che si combatte nel cuore dell'uomo, e con maggiore forza nel cuore dell'uomo provato dalla sofferenza, possono influire potentemente le convinzioni ideologiche. Tutti siamo stati testimoni di come gruppi di uomini, proponendosi di reagire a situazioni sociali frustranti, promettono vie di liberazione, scatenando a volte conflitti e violenze che alla fine producono solo maggiori frustrazioni e più grande dolore.

Grave è la responsabilità delle ideologie che proclamano l'odio, il rancore, il risentimento come motore della storia. Come quella di coloro che riducono l'uomo a dimensioni economiche contrarie alla sua dignità. Senza negare la gravità di molti problemi e l'ingiustizia di molte situazioni, non possiamo esimerci dal proclamare che l'odio non è mai una via: solo l'amore, lo sforzo personale costruttivo, possono arrivare al fondo dei problemi.

Si rende dunque necessaria un'autentica e radicale conversione del cuore dell'uomo. Finché si continuerà ad eludere il punto centrale, cioè la radice dei mali che turbano la vita degli uomini e dei popoli, le situazioni di conflitto, la violenza e l'ingiustizia continueranno ad essere irrisolte.


4. Oggi più che mai bisogna tornare al senso autentico della croce. Di questa croce così venerata in Perù.

La croce del Signore esprime per noi il dono della riconciliazione con Dio e degli uomini fra di loro (cfr. Rm 5,10 Ep 2,14-16). Per questo il Papa è venuto ad Ayacucho per portarvi un messaggio di amore, di pace, di giustizia, di riconciliazione, per esortarvi tutti a riconciliarvi con Dio, allontanandovi dal peccato e dalle sue conseguenze, affinché vi convertiate all'amore accogliendo il dono della riconciliazione nei vostri cuori, al fine di vivere i suoi frutti nella vita personale e sociale.

Per questo motivo mi rivolgo in primo luogo a voi, orfani e vedove, con cui ho desiderato incontrarmi e per cui provo compassione e affetto immenso. Si, tutti voi, uniti a Cristo col vostro calvario, invito a perdonare quelli che vi hanno fatto del male, "perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

Vi chiedo che, nella sperata ed efficace tutela a voi dovuta, testimoniate di fronte al mondo il sublime gesto del perdono evangelico, frutto della carità cristiana, di fronte a quanti strappano la vita dei vostri cari, distruggono il frutto del vostro lavoro, attentano alla vostra dignità, pretendono di manipolarvi in nome di un'ideologia di odio. così contribuirete ad attirare anch'essi verso l'amore, abbandonando falsi cammini.

Alle autorità e ai responsabili dell'ordine pubblico, che hanno il dovere di difendere il retto ordine della società e di proteggere gli indifesi - come lo sono tanti abitanti di questa zona di Ayacucho - la cui missione risulta sommamente delicata nelle attuali circostanze, e persino ingrata e incompresa, voglio ricordare, facendole mie, le parole dell'episcopato del Perù: "E' importante che le istituzioni incaricate della vigilanza sull'ordine pubblico e dell'amministrazione della giustizia, la cui missione è la difesa della vita e dell'ordine giuridico, riescano a conquistarsi la fiducia della popolazione, contribuendo così a rafforzare la convivenza secondo la legge nel nostro Paese" (Documento del 6 settembre 1984).

Per raggiungere la desiderata riconciliazione vale ancora oggi nel Perù quanto dissi due anni fa in EI Salvador: "E' urgente seppellire la violenza...

Come? Con una vera conversione a Gesù Cristo. Con una riconciliazione capace di affratellare quanti oggi sono separati da barriere politiche, sociali, economiche, ideologiche. Con meccanismi e strumenti di autentica partecipazione nel campo economico e sociale, con l'accesso ai beni della terra per tutti, con la possibilità della realizzazione per mezzo del lavoro. In questo contesto si inserisce un valido e generoso sforzo a favore della giustizia, dalla quale mai si può prescindere" (Omelia, 6 marzo 1983; cfr. La Traccia 1983, n. 3, p. 233, §7).


5. Mi rivolgo anche a coloro che, per diversi titoli, hanno particolari responsabilità riguardo al futuro di questa cara nazione: politici e uomini di scienza, imprenditori e sindacalisti, dirigenti sociali e rappresentanti del mondo della cultura.

Combattete con le armi della giustizia, e con efficacia, ogni peccato contro il bene comune e le sue esigenze, nell'ampio panorama dei diritti e doveri dei cittadini. Con senso cristiano, e più ancora umano, offrite un servizio pieno di abnegazione al bisognoso. Il messaggio di Gesù non si limita all'ambito della coscienza. Ha chiare e concrete ripercussioni nell'ordine sociale, come ricorda l'esortazione apostolica Reconcilialio et Paenitentia: "può essere sociale il peccato di azione od omissione da parte di dirigenti politici, economici e sindacali che, potendolo, non si adoperano con sapienza per il miglioramento o la trasformazione della società secondo le esigenze e le possibilità del momento storico" (n. 16).

Sull'orizzonte del Perù vi si presenta un compito non procrastinabile: lavorare, con mezzi non violenti, per ristabilire la giustizia nelle relazioni umane, sociali, economiche e politiche; per essere così fautori di riconciliazione fra tutti, poiché la pace nasce dalla giustizia.

E' necessario che tutti i peruviani di buona volontà volgano il loro sguardo alla sofferenza del popolo di Ayacucho e delle altre regioni peruviane provate dal dolore. E che vi trovino motivazioni e impulso per uno sforzo deciso, allo scopo di evitare e correggere le ingiustizie, l'emarginazione, la negligenza civica. L'impegno di diventare artefici di riconciliazione deve manifestarsi in fatti concreti che sradichino, con urgenza, le circostanze sociali che feriscono la dignità degli uomini, e che possono convertirsi in terreno di coltura di situazioni esplosive, favorendo la violenza, generando ira, dando luogo a prostrazioni laceranti.

La dottrina sociale della Chiesa propone criteri etici radicali. Ogni cristiano deve sentirsi spinto a metterli in pratica. Per questo occorre non solo generosità di cuore, ma impegno efficace e competenza tecnica. E' necessario che cristiani convinti, esperti nei diversi campi del sapere e contemporaneamente conoscitori per esperienza propria degli ambiti politici, riflettano a fondo sui problemi della società contemporanea, per illuminarli alla luce del Vangelo (cfr. Istruzione della Sacra congregazione per la dottrina della fede sulla Teologia della liberazione, XI, 14). Da questa riflessione scaturiranno orientamenti e norme, molteplici in molti casi, che stimolino gli uomini di azione e li guidino nel loro agire. Da questo interscambio fra uomini di pensiero e d'azione, potrà derivare il miglioramento della società, la giustizia e con essa la pace.

La comunità internazionale, da parte sua, e le sue istituzioni operanti nell'ambito della cooperazione fra le nazioni devono applicare giuste misure nelle relazioni, soprattutto economicbe, con i Paesi in via di sviluppo. Devono lasciare da parte ogni rapporto discriminatorio negli interscambi commerciali, soprattutto nel mercato della materie prime. Nell'offrire il necessario aiuto finanziario si devono cercare, di comune accordo, condizioni cbe permettano di aiutare questi popoli a uscire da una situazione di povertà e di sottosviluppo, rinunziando a imporre condizioni finanziarie cbe, alla lunga, invece di aiutare questi popoli a migliorare la loro situazione la rendano ancora più grave, portandoli persino a condizioni disperate cbe causino conflitti di portata incalcolabile.


6. Voglio adesso rivolgere la mia pressante parola agli uomini che hanno posto la loro fiducia nella lotta armata, a coloro che si sono fatti ingannare da false ideologie, fino a credere che il terrore e l'aggressività, esacerbando le già lamentevoli tensioni sociali e forzando un confronto supremo, possano portare a un mondo migliore.

Ad essi voglio dire: il male non è mai un cammino verso il bene! Non potete distruggere la vita di vostri fratelli; non potete continuare a seminare il panico fra madri, spose e figli. Non potete continuare a minacciare gli anziani.

Non solo vi allontanate dal cammino che con la sua vita ci mostra il Dio amore, ma ostacolate lo sviluppo del vostro popolo.

La logica spietata della violenza non conduce a nulla! Non si ottiene nessun bene contribuendo ad accrescerla. Se il vostro obiettivo è quello di un Perù più giusto e fratemo, cercate le vie del dialogo e non quelle della violenza.

Ricordate ciò che i vescovi latinoamericani hanno insegnato varie volte: che la "Chiesa respinge la violenza terrorista e guerrigliera, crudele e incontrollabile quando si scatena. In nessun modo si giustifica il crimine come via di liberazione. La violenza genera inesorabilmente nuove forme di oppressione e schiavitù, ordinariamente più gravi di quelle dalle quali pretende liberare.

Pero soprattutto è un attentato alla vita, che dipende solo dal Creatore...

Dobbiamo sottolineare anche che quando un'ideologia si appella alla violenza riconosce in ciò la sua insufficienza e debolezza" (Puebla, 532).

Per questo vi supplico con dolore nel mio cuore e al tempo stesso con fortezza e speranza, di riflettere sulle vie che avete intrapreso. A voi, giovani, dico: non permettete che si strumentalizzi la vostra eventuale generosità e il vostro altruismo! La violenza non è un mezzo di costruzione. Offende Dio, offende chi la subisce e chi la pratica (cfr. Omelia a Loyola, 6 novembre 1982; cfr. La Traccia 1982, n. 10, p. 1303, § 6). Ancora una volta ripeto che il cristianesimo riconosce la nobile e giusta lotta per la giustizia a tutti i livelli, ma invita a promuoverla mediante la comprensione, il dialogo, il lavoro efficace e generoso, la convivenza, escludendo soluzioni che percorrano vie di odio e di morte.

Vi chiedo, dunque, in nome di Dio: Cambiate strada! Convertitevi alla causa della riconciliazione e della pace! Siete ancora in tempo! Molte lacrime di vittime innocenti aspettano la vostra risposta. 7. Incoraggio i membri della Chiesa in Perù a essere i primi nel diventare strumenti di riconciliazione, di speranza, di giustizia integralmente liberatrice.

In questo imprescindibile sforzo per cambiare le persone e le strutture, ricordate sempre che un impegno nella liberazione non ispirato al proposito di verità, di giustizia e all'amore senza esclusivismi, non accompagnato da azioni a favore della riconciliazione e della pace, non è cristiano. Siate dunque vigilanti nei vostri cuori, di fronte a interessi e propositi che mirano ad acuire gli antagonismi. Guidati dal Vangelo, siate artefici di giustizia e seguite fedelmente le norme fissate a tal proposito dai vostri vescovi (cfr. Documento sulla Teologia della liberazione, ottobre 1984).

Pastori e fedeli della Chiesa nel Perù, cercate personalmente Cristo per poterlo così portare agli altri. Nell'attuale congiuntura del Perù, del continente latinoamericano, del mondo, la Chiesa ha una funzione propria da svolgere: ricordare che Cristo soltanto può essere principio e fondamento di un'autentica riconciliazione sociale.


8. Cari fratelli, voglio concludere questo incontro con un appello alla speranza.

Non vi lasciate abbattere dal dolore che grava sulle vostre vite. Non dimenticate la costante capacità di conversione a Dio del cuore umano. Non perdete la speranza e il proposito di vincere il male con il bene. Cristo ci accompagna e ha vinto il male! Non cessate, quindi, di vedere la vostra vita nella prospettiva della croce redentrice e riconciliatrice di Gesù, che ci indica le mete eterne della nostra esistenza.

A Maria, la Madre della speranza, affidiamo queste necessità. Pregheremo ora insieme ad essa recitando l'Angelus: chiediamole di illuminare i governanti, di stimolare le forze vive del Paese, di pacificare i violenti, di aiutare quelli che soffrono.

Santa Maria ottenga dal suo Figlio la pace eterna per i morti di questa regione! La Vergine fedele interceda presso suo Figlio per le vittime del terrorismo, affinché trovino consolazione, aiuto e solidarietà efficace! La Madre del Redentore dell'uomo incoraggi gli sforzi per migliorare la situazione in tutti i Paesi che conoscono l'ingiustizia o la povertà! La Madre della Chiesa spinga i suoi figli a impegnarsi nel servizio per lo sviluppo integrale dei loro fratelli più bisognosi! Cattolici figli di Huamaga, vi porto l'amore del nostro Dio, affinché, seminato nella vostra terra, sia la risurrezione dei vostri cuori.

Data: 1985-02-03 Data estesa: Domenica 3 Febbraio 1985





Ordinazioni all'Ippodromo Monterrico - Lima (Perù)

Titolo: Dalla famiglia la vocazione alla missione sacerdotale



1. "Per loro io consacro me stesso..." (Jn 17,19).

Nella lettura del Vangelo di san Giovanni che abbiamo ascoltato, sono state proclamate queste parole che Cristo pronunzio nel Cenacolo, poco prima di dirigersi al Getsemani, dove sarebbe iniziata la sua passione e il suo sacrificio.

Sono parole con le quali Gesù si rivolge al Padre nella sua "preghiera sacerdotale". Cristo prega per i suoi discepoli, per la Chiesa, per l'umanità.

Prega perché l'amore del Padre sia in noi.

Con queste parole che oggi risuonano in questa assemblea del popolo di Dio, nello storico centro dell'antico impero inca, viene a voi, cari fratelli e sorelle, il Vescovo di Roma. Egli è grato alla Provvidenza di poter compiere anche qui il suo ministero di successore di Pietro: confermare i suoi fratelli nella fede (cfr. Lc 22,32).

Il Papa viene a voi quando la Chiesa si prepara a commemorare i 500 anni dell'evangelizzazione dell'America, e vuole riunirsi con il popolo fedele in questo importante luogo, nella capitale del Perù, Lima, che fu uno dei punti centrali da dove si irradio la luce del Vangelo nel Nuovo Mondo.


2. Infatti, il 18 gennaio 1535 viene fondata la vostra città, che ha appena celebrato il suo 450° anniversario. Pochi anni dopo papa Paolo III la eleva ad arcidiocesi. E sebbene gli abitanti della città fossero pochi, l'estensione dell'arcidiocesi era enorme, poiché si arrivava fino al Nicaragua, al Cile e al Rio de la Plata. Quasi tutta l'America del Sud dipese praticamente, per qualche tempo, da questa sede metropolitana.

Pastore insigne della stessa fu san Toribio di Mongrovejo, secondo arcivescovo di Lima, che per quasi 25 anni animo con esemplare zelo la vita religiosa di questa vasta sede, percorrendo con ammirevoli viaggi tutta la sua estensione. In quel periodo si celebro il III Concilio Limense (1582-1583), le cui norme di evangelizzazione e organizzazione ecclesiale rimasero vigenti per secoli.

Qui ebbe origine un ammirevole sforzo missionario che ancora oggi suscita stupore, se si pensa a come quei valorosi araldi della buona novella poterono superare tante difficoltà. Quello sforzo e abnegazione di esemplari vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli rese possibile la fioritura di vita cristiana, che con il passare degli anni mise radici fino a maturare in frutti scelti, come santa Rosa da Lima, Martin de Porres, Juan Macias e la nuova beata Ana de los Angeles, onore della Chiesa, della nazione peruviana, di questa città dei santi del Nuovo Mondo.

Oggi la vostra arcidiocesi conta quasi cinque milioni di fedeli. Una comunità che sperimenta tutte le tensioni del mondo moderno, in campo economico-sociale, politico, ideologico. In questo contesto Cristo vuole portare il suo messaggio di salvezza e speranza a tutti i suoi abitanti, a tutto il Perù, a voi che dovete raccogliere nelle vostre mani l'eredità del passato, per donarla piena di vigore alle future generazioni.

ln questa prospettiva, porgo il mio saluto fraterno e affettuoso al signor cardinale e pastore di questa storica sede di Lima, ai vescovi ausiliari, così come a tutti i fratelli nell'episcopato del Perù che hanno voluto unirsi al Papa nella cordiale accoglienza al gruppo di diaconi che stanno per essere ordinati sacerdoti. Saluto anche i sacerdoti, religiosi e religiose, che con generosa dedizione prestano il loro servizio alla Chiesa nei diversi campi della pastorale, così come i laici dei movimenti apostolici, delle organizzazioni cattoliche, e tutti i fedeli presenti.


3. In modo particolare rivolgo il mio saluto alle famiglie di Lima e a tutte le famiglie del Perù, alle quali è dedicata questa Eucaristia. Esse sono le "Chiese domestiche" (cfr. LG 11), come si legge nei primi testi cristiani, costituiscono un luogo specifico della presenza di Dio, santificato dalla grazia di Cristo nel sacramento.

Il sacramento del matrimonio nasce, come da una fonte, dal sacrificio redentore di Cristo, che con la sua passione e morte comunica la grazia che santifica. Dalla maestà imponente della croce il Signore sembra rivolgersi a tutte le famiglie, a tutti i coniugi per dire loro: "Per loro io consacro me stesso perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,19). Per questo la Chiesa insegna che nel sacramento del matrimonio "i coniugi sono corroborati e consacrati per compiere fedelmente i propri doveri, di fronte al mondo" (HV 25; cfr. GS 48).

In questo contesto avranno luogo, nell'Eucaristia che celebriamo, le ordinazioni sacerdotali. Coloro che saranno ordinati sacerdoti sono i vostri figli, care famiglie del Perù; sono il frutto del vostro amore, della fedeltà e dell'affetto matrimoniale. Essi hanno visto la luce in queste "Chiese domestiche" che sono le famiglie, e adesso, mediante il sacramento dell'Ordine, si donano anima e corpo al servizio della Chiesa. In primo luogo del Perù, ma anche in qualsiasi altra parte della Chiesa dove Dio li chiami.


4. Il Vangelo della liturgia di oggi ci porta con la mente e con il cuore al Cenacolo. Cristo, sacerdote e vittima del sacrificio pasquale, istituisce l'Eucaristia e, al tempo stesso, il sacramento del Sacerdozio, della nuova ed eterna alleanza. Li, per la prima volta, Gesù prese il pane nelle sue mani e lo diede ai suoi discepoli affinché ne mangiassero: "Questo è il mio corpo". E allo stesso modo con il vino: "Questo è il calice del mio sangue". ln questo modo istituisce il sacramento dell'Eucaristia, e conclude: "Fate questo in memoria di me".

Obbedendo al comandamento del Signore, celebriamo il sacrificio della messa a lode della santissima Trinità e per la salvezza del mondo. Fedeli anche a questo mandato noi vescovi, successori degli apostoli, conferiamo il sacramento dell'Ordine a quei fratelli che sentono la voce divina e sono chiamati ad occuparsi delle necessità della Chiesa.


5. E sono tante le necessità della Chiesa oggi! Dinanzi al sacerdote si apre un'ingente missione, quando Gesù dice nella sua preghiera sacerdotale al Padre: "Ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e tu li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola" (Jn 17,6). Queste parole non hanno limite: il Padre ha affidato al Figlio tutti gli uomini affinché "siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4).

E alla vigilia della sua passione il Signore si rivolge al Padre pensando ai suoi discepoli: "Io ho dato loro la tua parola... la tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo".

Missione senza limiti quella che si apre dinanzi alla Chiesa. Una missione che si estende a tutti i secoli, comprende tutte le generazioni.

Oggi, guardando l'attuale generazione che si avvicina alla fine del secondo millennio, io, successore di Pietro, insieme ai miei fratelli vescovi, ripeto a voi, sacerdoti che state per ricevere il sacramento dell'Ordine, le parole del Signore: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo". Accogliete la sublime missione ricevuta con la forza della parola di Dio e del sacramento della Chiesa. Che essa dia pieno senso alla vostra vita! "Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno" (Jn 17,15).


6. Cari giovani! Siete stati chiamati per servire il popolo di Dio, che già da molto tempo ha, per istinto di fede, un senso ben chiaro della missione del sacerdote e della sua necessità nella Chiesa. Questo popolo riconobbe tal senso nell'esemplare figura sacerdotale di padre Francisco del Castillo, nato in questa città. Perciò, esso chiede ai suoi sacerdoti che siano prima di tutto maestri nella fede, nella verità, nella vita spirituale, e non semplici dirigenti umani, anche se deve preoccuparli profondamente la promozione umana, culturale e sociale dei loro fratelli, illuminati dal Vangelo. "Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi" (Jn 15,16) vi dice il Signore oggi.

Siete stati consacrati per avere uno stile di vita che vi unisce a Cristo con un vincolo ineffabile attraverso il carattere sacramentale. Accogliendo il mandato della Chiesa, agirete "in persona Christi": consacrando il suo corpo e il suo sangue, perdonando i peccati, predicando la sua parola, amministrando gli altri sacramenti. La testimonianza della vostra vita deve essere, pertanto, di amore e di servizio; uomini di Dio, uomini per gli altri.

ln questo giorno della vostra ordinazione sacerdotale, prego che lo Spirito Santo incida a fuoco nei vostri cuori queste parole dell'apostolo Paolo: "Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro" (2Co 5,20). In questo compito, sostenuti da una preghiera perseverante, e fedeli alla vostra oblazione mediante il celibato, siate collaboratori fedeli e generosi dei vostri vescovi. Essi, al pari di Mosè, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, hanno bisogno di collaboratori "che portino il carico del popolo" (Nb 11,17).


7. E' necessario tuttavia che tutta la comunità diocesana si responsabilizzi su queste necessità. Da qui il mio desiderio di rivolgermi oggi alle famiglie cristiane del Perù, affinché si impegnino in questo compito. Inoltre, se le vostre case non diventano veramente "Chiese domestiche", nelle quali i bambini ricevono fin dai primi anni la fede dei loro genitori e non imparano attraverso il loro esempio il retto comportamento morale, difficilmente fioriranno le vocazioni sacerdotali di cui ha bisogno la Chiesa nel Perù, per realizzare la sua opera evangelizzatrice.

"Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo" (Jn 17,18). La Chiesa nel Concilio Vaticano II ha visto in queste parole del suo Signore e Maestro non solo l'insegnamento perenne sulla vocazione e missione sacerdotale, ma anche la dottrina evangelica sulla vocazione e missione dei laici, discepoli di Cristo.

ln forza di questa missione che nasce dal sacramento del Battesimo e della Cresima, il laico è tenuto a impegnarsi come compito proprio - a trasformare il mondo dal di dentro, secondo lo spirito del Vangelo. In tal modo, il ruolo della famiglia cristiana è posto in piena evidenza. Questa è la vostra missione, una vera sfida per voi, famiglie cristiane del Perù! Conosco le speranze e le pene dei focolari peruviani, e per questo vengo come pellegrino apostolico per confermarvi nei vostri desideri di perfezionamento cristiano. Le parole di Gesù: "Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non separi" (Mt 19,6) devono essere legge per coloro che si dicono cristiani. Ricordate per questo che il cristiano autentico deve rifiutare con energia il divorzio, l'unione non santificata dal sacramento, la sterilizzazione, la contraccezione, l'aborto che elimina un essere innocente. Al contrario, il cristiano deve difendere con tutta l'anima l'amore indissolubile nel matrimonio, la protezione della vita umana, anche di quella non ancora nata, e la stabilità della famiglia che favorisce l'equilibrata educazione dei figli protetti dall'amore paterno e materno che si completano a vicenda.

Per poter essere fedeli à questo programma esigente, non manchi nelle vostre case la preghiera familiare secondo le vostre migliori tradizioni; la devozione della famiglia verso la Vergine Maria, così radicata in mezzo a voi, la devozione e la consacrazione della famiglia al Cuore di Gesù, così amate dal popolo peruviano. A questo proposito voglio incoraggiare e benedire tutte quelle famiglie che hanno posto nei loro focolari l'immagine del Cuore di Gesù, come segno di fedeltà a Cristo e come preparazione alla venuta del Papa.

Cari sposi, spose e figli! Rinnovate in questa Eucaristia la vostra fedeltà e il vostro amore reciproco, basandolo sul sincero amore a Cristo.


8. Rendo grazie al Dio uno e trino per questa grande assemblea orante del popolo di Dio a Lima. La vostra presenza è un segno dell'unità di tutte le famiglie. Sono le "Chiese domestiche" il luogo in cui nascono, come esigenza della fede, le vocazioni sacerdotali che oggi ho avuto la gioia di accogliere nel sacramento dell'Ordine. Desidero ripetere qui le parole piene di emozione che san Paolo rivolgeva agli "anziani" della Chiesa a Mileto: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue" (Ac 20,28).

"Pertanto, vigilate". L'apostolo menziona anche in quella occasione i "lupi rapaci" che minacciano il gregge; e menziona le "dottrine perverse" che allontanano dalla retta via. Parole queste che scaturiscono dalla sua sollecitudine di pastore e di innamorato della croce di Cristo. Da ultimo, dice: "E ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati".

Desidero ripetere queste parole, rivolgendole a voi, venerati fratelli nell'episcopato; a voi, cari sacerdoti, in particolare ai neo-ordinati; a voi, religiosi e religiose delle diverse congregazioni; a voi sposi, padri e madri, giovani e bambini; a tutto il popolo di Dio di Lima e del Perù. Tutti vi raccomando a Dio! Si! La parola della sua grazia ha il potere di edificare la "Chiesa del popolo di Dio"; per ottenervi "l'eredità con tutti i santi", nella comunione dei santi. E' vostra questa eredità! Custoditela bene! Voi siete la "Chiesa di Dio", che egli ha conquistato con il suo sangue! Rimanete in essa! Per voi Cristo "ha consacrato se stesso, affinché anche voi siate consacrati nella verità". Rimanete fedeli a lui! Rimanete fedeli a lui! A Dio vi affido!

Data: 1985-02-03 Data estesa: Domenica 3 Febbraio 1985





Al Corpo diplomatico - Lima (Perù)

Titolo: Il rispetto dei diritti umani garanzia per una vera pace

Signori ambasciatori, signore e signori, durante la mia visita pastorale in questo amato Paese, non poteva mancare questo incontro con voi, illustri membri del Corpo diplomatico accreditato presso la repubblica del Perù. Ringrazio sinceramente dell'affettuosa accoglienza, così come delle deferenti parole che il vostro decano, interpretando il sentimento di tutti, ha voluto rivolgermi.

Da questa antica e sempre giovane Città dei re desidero esprimervi la mia profonda stima per la vostra specifica missione e incoraggiarvi a continuare nel vostro lodevole impegno a favore dell'intesa e della convivenza pacifica fra i popoli, perché, superando sfiducia, rivalità e interessi contrapposti - sia di nazioni che di gruppi di nazioni - si stabilisca un ordine internazionale, che risponda sempre più adeguatamente alle esigenze della giustizia, della solidarietà fra i popoli e dei diritti fondamentali della persona umana. Proprio il rispetto di questi diritti è la miglior garanzia di una corretta e pacifica convivenza fra le nazioni.

Nel messaggio indirizzato in occasione della recente Giornata mondiale della pace scrivevo (8 dicembre 1984): "Ci sono oggi persone a cui dai regimi totalitari o dai sistemi ideologici è negato di esercitare il loro diritto fondamentale di decidere da soli circa il proprio futuro. Uomini e donne oggi soffrono insopportabili offese alla propria dignità umana a causa di discriminazioni razziali, di esili forzati, di torture. Sono vittime della fame e della malattia. Sono impediti di praticare le loro credenze religiose o di sviluppare la propria cultura". In questo la Chiesa vuole porre tutto il suo impegno, e invita quanti possono offrire il loro valido apporto, perché si raggiunga questo nuovo ordine di vita, che stabilisca su basi solide, in modo equo e duraturo, le relazioni fra gli uomini e le nazioni. Si aprono grandi possibilità agli esperti di questa materia, chiamati ad essere costruttori di pace, di avvicinamento, pionieri contro l'odio e la guerra. Per eliminare sempre la violenza. Perché la pace non sia mera assenza di guerra, ma presupposto di un'autentica convivenza.

Signore e signori, ripetendovi il mio apprezzamento per il vostro alto incarico, chiedo che continuiate a dedicare il vostro impegno e la vostra competenza alla giusta causa della pace e all'intesa fra i popoli, mediante il rispetto dei diritti di ogni persona.

Molte grazie!

Data: 1985-02-03 Data estesa: Domenica 3 Febbraio 1985





Ad ammalati e anziani - Callao (Perù)

Titolo: Il mondo della sofferenza invoca il mondo dell'amore umano

"Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti" (Is 53,4 Is 53,11).


GPII 1985 Insegnamenti - Forte appello agli uomini della lotta armata - Ayacucho (Perù)