GPII 1985 Insegnamenti - Alle comunità polacche del Benelux - Bruxelles (Belgio)

Alle comunità polacche del Benelux - Bruxelles (Belgio)

Titolo: Fedeltà a Cristo e alla propria storia

Carissimi fratelli e sorelle, cari connazionali!


1. Voglio esprimere la mia grande gioia per questo incontro serale con voi, inserito nel programma del mio pellegrinaggio e della mia visita pastorale alle Chiese che sono nei Paesi de Benelux.

Come Vescovo di Roma non ho mai smesso di sentirmi cordialmente unito con i figli e le figlie della mia stessa nazione: sia con coloro che vivono in patria, sia con coloro che, in diversi tempi e in diverse circostanze, si sono trovati fuori dai suoi confini. Sento questa solidarietà polacca, la solidarietà di tutti i miei fratelli e sorelle che parlano la mia stessa lingua e che portano in loro - anche se in misura diversa - la stessa esperienza e lo stesso patrimonio storico. Continuamente chiedo a Dio la luce e la grazia per riuscire a realizzare nei vostri confronti - secondo il mio ministero alla cattedra di Pietro - quei compiti che la Provvidenza mi ha voluto assegnare nei nostri tempi.

Per questo incontro ringrazio di cuore tutti gli organizzatori, e in particolare monsignor Szczepan Wesoly, don Tadeusz Frankow - rettore della missione polacca nei Paesi del Benelux - e tutti coloro che hanno dato il loro contributo. Dio vi benedica per le parole che mi avete rivolto all'inizio, piene di fede e amore, piene di speranza.

Do il benvenuto e saluto cordialmente tutti e ciascuno dei presenti, come pure i rappresentanti dei Paesi nostri vicini, ai quali mi rivolgero alla fine. Do il benvenuto a voi che vivete in Belgio, in Olanda e in Lussemburgo, perché a quest'incontro partecipano soprattutto i polacchi che vivono in questi Paesi. Altrettanto cordialmente saluto tutti gli ospiti, venuti dai Paesi vicini.

Saluto tutte le famiglie polacche: i genitori, i bambini, i giovani, le persone anziane, i malati.

Do il benvenuto e saluto tutte le generazioni: gli emigrati più anziani e i loro figli che forse si sono allontanati dalla madre-patria e non parlano più la lingua dei padri. Saluto cordialmente anche coloro che hanno lasciato la patria negli ultimi anni, negli anni Ottanta, e hanno trovato qui ospitalità.

In modo particolare voglio ringraziare tutti i sacerdoti e le famiglie religiose che offrono qui il loro servizio pastorale agli emigrati polacchi e mantengono vivo il legame con il patrimonio e la cultura della Chiesa e della nazione dalla quale provengono.


2. I Paesi del Benelux, e soprattutto il Belgio e l'Olanda, hanno degli antichi legami con la Polonia. Molti protagonisti della "grande emigrazione" che ha avuto luogo dopo la sconfitta dell'Insurrezione del novembre 1830, hanno trovato un'ospitale accoglienza in Belgio. Anche la riconquista della libertà da parte del Belgio ha a che fare - almeno indirettamente - con gli avvenimenti del novembre nel regno della Polonia. Il generale Jan Skrzynecki e gli ufficiali dell'Insurrezione di novembre, come Ignacy Kruszynski o Feliks Pruszynski hanno reso importanti servizi all'esercito belga formato dal re Leopoldo I. A Bruxelles il grande storico Joachim Lelewel ha vissuto gli ultimi anni della sua vita e qui ha scritto le sue maggiori opere. Egli è anche l'autore dell'insegna "per la nostra e la vostra libertà", sotto la quale i nostri connazionali combattevano e morivano per la libertà della propria patria e per la libertà di altre nazioni.

Legami particolarmente cordiali risalgono al periodo dell'ultima guerra.

Sul finire dei combattimenti in Normandia, alle truppe polacche, specialmente alla divisione corazzata, fu assegnato un settore del fronte che aveva come obiettivo la liberazione - attraverso Roubens e Mield - della Gaidawa settentrionale, e poi la liberazione dell'Olanda. Le città di Axel, Alphen, Terover, e poi Breda e Moerdjik, sono state liberate dalle truppe polacche. Ieri, ad Ieper ho partecipato a una grande celebrazione in occasione del 40° anniversario della riconquista della libertà dopo la seconda guerra mondiale. E' stata inaugurata anche una lapide in memoria delle truppe polacche che proprio li hanno contribuito alla liberazione del Belgio.

In quel periodo qualcuno disse che Breda era la città più polacca. I monumenti che furono poi eretti a Breda e la cappella dedicata alla Madonna di Czestochowa esprimono la gratitudine per la liberazione. Le numerose tombe di soldati polacchi, soprattutto il cimitero di Lommel o quello di Breda, o le tombe dei polacchi caduti ad Arnheim testimoniano di quel sacrificio. Voglio ricordarlo in modo speciale nel 40° anniversario della fine di quell'orribile guerra.

Nonostante che il tempo passi, la tradizione iniziata dai soldati polacchi è viva e non mancano le prove di riconoscenza. L'azione della Caritas e della Croce rossa belga, specialmente nell'ultimo periodo, molto difficile per la nazione polacca a causa della situazione economica, ne è una delle espressioni.

Per questo generoso aiuto vogliamo ringraziare in modo particolare gli abitanti di Belgio, Olanda e Lussemburgo. Ma la maggior parte dei polacchi sono venuti in Belgio o nel Limburgo olandese in cerca di lavoro. Molto spesso si trattava del duro lavoro delle miniere di carbone. Grazie a quel lavoro raggiungevano un certo benessere e assicuravano il futuro ai propri figli, ma indubbiamente contribuivano anche allo sviluppo economico e spirituale dei Paesi che li hanno accolti.

Dopo l'ultima guerra, quando studiavo a Roma, ho servito come pastore - qui in Belgio, durante le vacanze - la comunità degli emigrati polacchi. Allora ho conosciuto la vostra fede e la vostra fedeltà a Dio e alla tradizione cristiana dei padri. Ho visto anche con quanta scrupolosità vi dedicavate al vostro lavoro.

Ho avuto anche l'opportunità di conoscere - nell'ambiente in cui per un mese ho svolto il mio lavoro pastorale - alcune famiglie. La vita religiosa e culturale trovava appoggio nelle numerose organizzazioni che avevano come scopo la salvaguardia e lo sviluppo delle ricchezze spirituali che hanno una propria forma, poiché sono radicate nella particolare esperienza millenaria della nazione.


3. Desidero per voi ardentemente e auguro, cari connazionali, a voi e a tutti coloro che rappresentate: le vostre famiglie, i parenti, le parrocchie, i gruppi sociali, e soprattutto alla giovane generazione, che approfondiate sempre la coscienza di quel patrimonio dal quale provenite e che vi portate dentro. E anche la coscienza e la disponibilità di dare sempre una fedele testimonianza della vostra identità cristiana: di tutto ciò che durante il nostro millenario passato cristiano è stato in uno speciale modo "investito" nella storia dell'anima polacca, dove ha trovato la propria espressione.

Questa storia, lo sappiamo, non è stata e non è facile, ma è proprio per questo che ha per noi un particolare valore e significato. So quali sono le difficoltà interiori ed esteriori che opprimono l'uomo dei nostri tempi. Vivete e fate parte di una società sempre più complessa, pluralistica, nella quale si scontrano diverse opinioni e valutazioni, una società che spesso si allontana da Cristo, dalla Chiesa e dal suo insegnamento.

Una nazione cristiana, forte della forza del mistero pasquale, della croce e della risurrezione di Cristo, neanche nei periodi difficili ha smesso di difendere, creare e trasmettere la propria cultura. Grazie a ciò ha conservato la coscienza di se stessa e ha saputo uscire vittoriosamente, nel senso cristiano, dalle minacce e dalle sconfitte morali e materiali, che non sono mancate e non mancano nella nostra storia. Anzi, ha rafforzato la propria identità, il proprio posto nella grande famiglia delle nazioni europee e del mondo.

Di questa volontà di vincere, della sua vitalità, parlano in modo particolare gli ultimi decenni, anzi gli ultimi anni della nostra storia. Durante l'ultima guerra abbiamo pagato un prezzo altissimo per la libertà "nostra e vostra". Conosciamo bene il prezzo di quel sacrificio. Probabilmente alcuni di voi ancora ne portano i segni sul corpo o nell'anima. Ma da quell'orribile ecatombe la nazione è uscita più forte, convinta della propria dignità, convinta del suo diritto di essere padrona della propria patria, di avere il diritto a una propria storia, alla piena libertà e indipendenza, all'autonomia e all'autogoverno, e tutto ciò nasceva dalla fedeltà a Cristo che è il Signore della storia e della nostra vita.

Penso che sia questo il contenuto della parola "Solidarnosc" che vedo in questo stadio. Sento che reagite molto vivamente a questa parola. Ciò non mi sorprende affatto. Oggi pomeriggio mi sono incontrato con i rappresentanti del mondo del lavoro belga, sia del gruppo linguistico fiammingo che di quello francese. Sono stato sulla tomba del cardinale Giuseppe Cardijn, famoso in tutta la Chiesa e in tutto il mondo. Quando il presidente delle organizzazioni cattoliche dei lavoratori legate al patrimonio del cardinale Cardijn, rivolgendomi un discorso a nome di tutti i presenti, ha parlato di solidarietà, ha nominato la "Solidarnosc" polacca, tutti i lavoratori belgi, presenti all'incontro, hanno reagito vivamente, proprio come voi. E bisogna dire che non si trattava solo della parola, si trattava dell'intero sforzo del mondo del lavoro diretto ad assicurarsi la giusta dignità, il giusto posto nella società, ad assicurare ai lavoratori un sindacato autogestito. Si vede che il problema legato alla parola "solidarietà" non è solo una nostra caratteristica polacca, ma trova un'eco anche fuori dalla Polonia e in particolare qui, nei Paesi che hanno dato un grande contributo a mettere in pratica l'insegnamento sociale cristiano, specialmente nella pratica della vita dei lavoratori, degli operai.

Sicuramente il nostro patrimonio è grande, ma è anche difficile.

Dobbiamo scoprirlo sempre di nuovo, approfondirlo, viverlo e trasmetterlo a coloro che vengono e verranno dopo di noi. Ciò è molto importante per voi che vivete fuori dalla vostra patria, o dalla patria dei vostri antenati. Quanto più sarete fedeli a Dio, alla vostra identità e al vostro patrimonio culturale, tanto più fruttuosamente contribuirete al bene del Paese e della nazione dalla quale provenite, e inoltre potrete servire meglio e più efficacemente il bene delle nuove patrie e società di cui ormai fate parte.

Con particolare sollecitudine - ma anche con speranza - penso soprattutto alle vostre famiglie. Penso alla famiglia cattolica, ricca di grazia e dei doveri del sacramento del matrimonio, alla famiglia che è una "Chiesa domestica". Oggi parlavo di queste cose durante la celebrazione eucaristica davanti alla basilica del Sacro Cuore di Gesù a Koekelberg. Che la famiglia sia impregnata di amore, di fedeltà e di rispetto per Dio e per gli uomini. Che sia una scuola di fede, di virtù, d'amore di Dio e del prossimo.

Accogliete queste parole. Accogliete tutto ciò che viene dal mio cuore e, insieme alla benedizione che desidero impartirvi alla fine, portatelo a tutti coloro che amate, tra coloro con cui vivete e lavorate. So che i polacchi che vivono in Belgio hanno una lunga tradizione di pellegrinaggi al santuario mariano di Montaigu. Li, la Madre di Dio rafforza la fede e come Madre aiuta a creare la giusta atmosfera religiosa nella famiglia e, tramite essa, nella società. Che ottenga la grazia della fede, della perseveranza e dell'unità nel pluralismo.

Tutto affido alla protezione della Signora di Jasna Gora, Regina della Polonia, e dei patroni della Polonia da sant'Adalberto e san Stanislao a san Massimiliano Maria Kolbe.

"Ricordati di noi, o Signore, per amore del tuo popolo. Visitaci con la tua salvezza, affinché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo della gioia del tuo popolo e ci gloriamo con la tua eredità" (Ps 105,4-5).

Data: 1985-05-19 Data estesa: Domenica 19 Maggio 1985





Omelia alla messa degli artisti - Bruxelles (Belgio)

Titolo: Un mondo senz'arte difficilmente s'apre alla fede e all'amore




1. "Dio non è lontano da ciascuno di noi, in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,27). così l'apostolo Paolo giudicava opportuno introdurre la sua predicazione su Gesù risorto ad Atene, davanti ad un pubblico colto, segnato dall'eredità dei poeti, dei filosofi, dei saggi, dei sapienti, degli artisti.

Cari fratelli e sorelle, sono lieto di rivolgere queste parole proprio a voi, oggi. Tutti vi sforzate di esprimere attraverso le arti plastiche, la musica o la parola, la vita più profonda dell'uomo e il cuore della realtà. Per il solo fatto di questa ricerca artistica, voi vi accostate, come a tentoni, a quel Dio - forse sconosciuto ad alcuni - che è la fonte, il sostegno trascendente e il fine ultimo degli esseri, della loro evoluzione, della loro vita. E, in quanto credenti, voi andate direttamente incontro al Dio vivo e personale che ha rivelato lo splendore della sua gloria e il suo amore immenso in Gesù Cristo, mentre cercate di vivere del suo Spirito.

"Il Signore è vicino". Questa vicinanza fa dire a san Paolo: "Rallegratevi nel Signore, sempre" (Ph 4,4). L'apostolo ci invita alla serenità, a una continua azione di grazia, alla fiducia nella supplica, alla pace, alla ricerca e alla realizzazione di ciò che è vero, bello e degno.

Anch'io vi auguro questa gioia nella fede. Essa viene da Dio: "Mi rallegri con le tue meraviglie" abbiamo cantato (Ps 91,5). Essa raggiunge ciò che di più umano vi è nell'uomo. Oso pensare, infatti, che la vostra vocazione di artisti faccia nascere in voi gioie profonde, quando create o quando contemplate le opere d'arte. Colui che crede, che ama, che spera nel senso cristiano del termine, entra in un mondo nuovo. E - per analogia - anche colui che pratica con passione l'arte di cui Dio gli ha dato il gusto e il talento. Egli non vi cerca il profitto personale; egli non conta sulle proprie forze. Egli lascia sbocciare nel suo cuore il meglio di sé, come uomo libero e lucido, disinteressato. Gusta una pace profonda.

Persuaso che esiste uno stretto legame tra la fede, la carità e la speranza da una parte, e la creazione artistica dall'altra, vorrei meditare con voi sui rapporti reciproci tra queste grandi ricchezze dello spirito umano. Vi invito alla riflessione su ciò di cui certamente avete già l'intuizione: da un lato, la realizzazione di un'opera d'arte è in sé un'esperienza che presenta analogie con l'approccio al mistero cristiano, ma allo stesso modo il cristiano, animato dalla fede, dall'amore e dalla speranza teologali trova nell'arte una dimensione nuova e un mezzo d'espressione straordinario per la sua esperienza spirituale.


2. La fede accoglie il Dio vivente quale si è rivelato. Nella rivelazione, il Dio invisibile si rivolge agli uomini come a degli amici, per invitarli a condividere la propria vita (cfr. DV 1). Attraverso gli avvenimenti della storia santa e le parole profetiche che ne danno il senso, fa loro segno e suscita la loro fede nell'alleanza che gli propone. Più ancora, nel Cristo, il Figlio diletto, il Verbo incarnato, "noi conosciamo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all'amore delle cose invisibili" (Prefazio di Natale). Noi andiamo verso questo Dio con l'adesione libera della nostra intelligenza, ma anche con l'amore che risponde al suo amore: "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).

La fede è dunque un modo di guardare la vita, la storia, alla luce dello Spirito Santo e, nello stesso tempo, di guardare al di là della storia. Attraverso di essa, noi diventiamo attenti alla realtà più profonda, al di là delle cose e all'interno delle cose. Gli occhi divengono capaci di vedere la bellezza e la coesione di tutto ciò che vive in questo mondo. Alla grande luce di Dio, tutte le luci della creazione acquistano un nuovo fulgore. E, allo stesso modo, l'esperienza umana, la nascita, l'amore, la sofferenza, la morte sono poste in una luce nuova, in relazione con la vita di Cristo.


3. Perciò i credenti, dotati dalla natura di doni artistici che hanno saputo sviluppare, utilizzano volentieri i linguaggi dell'arte per evocare, attraverso la bellezza delle forme sensibili, il mistero di ciò che è ineffabile. La Bibbia stessa non fa parte, in sommo grado, del patrimonio letterario dell'umanità? Essa non ha mai cessato d'essere fonte d'ispirazione per gli artisti, siano essi architetti, scultori, pittori, poeti, compositori di opere musicali e di canti, autori di teatro, di cinema, di coreografia.

La liturgia, da una parte, mette in atto dei simboli che esprimono e realizzano la presenza sacramentale di Cristo. Come dicevo a Roma proclamando beato fra Angelico patrono degli artisti (18 febbraio 1984): "In lui la fede è diventata cultura e la cultura è diventata fede vissuta... In lui l'arte diventa preghiera".


4. Ciò non significa che la sola fede esplicita sia generatrice di arte religiosa.

Poiché, in sé, l'arte implica un cammino quasi analogo a quello della fede. Ogni arte autentica interpreta la realtà al di là di ciò che percepiscono i sensi: nasce dal silenzio dello stupore, o dell'affermazione di un cuore sincero. Si sforza di avvicinare il mistero della realtà. L'essenziale dell'arte si situa nel più profondo dell'uomo, in cui l'aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna a un'intuizione fugace della bellezza e della misteriosa unità delle cose.

Certo, gli artisti sinceri e umili ne sono ben coscienti: qualunque sia la bellezza dell'opera delle loro mani, sanno che disegnano, scolpiscono e creano immagini che non sono che riflessi della bellezza divina. Qualunque sia la potenza evocatrice della musica e delle parole essi sanno di non cantare che un'eco balbuziente del Verbo di Dio. Potrebbero dire con san Paolo: "Dio non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo... la divinità non è simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana" (Ac 17,2 Ac 4 Ac 17,29). Dio è sempre al di là. E la realtà più profonda delle cose è al di là.

Ma le nostre opere artistiche agiscono su questo "al di là" come segni.

Se la nostra conoscenza e il nostro linguaggio sono frammentari, ci è dato talvolta di cogliere la profondità e l'unità degli esseri. E' certo che la fede è d'altra natura: essa suppone un incontro personale di Dio in Gesù Cristo, con la luce e l'attrazione che vengono da lui. Ma ogni arte autentica è, a suo modo, una via d'accesso alla realtà più profonda che la fede mette in piena luce. Un mondo senza arte difficilmente si aprirebbe alla fede. Esso rischierebbe di restare estraneo a Dio, come davanti ad un "Dio ignoto" (Ac 17,23).


5. Se l'uomo incontra Dio nella fede, dandogli il suo amore con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le sue forze e tutta la sua mente (cfr. Lc 10,27), è nella carità che egli incontra veramente il suo prossimo (cfr. 1Co 13,4-7).

L'amore volge allora lo sguardo sulla realtà profonda dell'essere incontrato. Esso permette di entrare in simpatia con lui, di comprenderlo, di vedere il bene che è sopito in lui, di avere compassione delle sue miserie visibili o nascoste (cfr. Lc 10,33). L'uomo che ama il suo prossimo sa interpellarsi attraverso di esso in modo radicale, irreversibile, come il buon samaritano. Egli si accosta a lui. Partecipa all'umanità dei suoi fratelli, familiari o lontani. Il credente vi scopre ancora di più il riflesso di Dio che ha creato l'essere umano, uomo e donna, a sua immagine. Il cristiano ha imparato a riconoscere, dietro il volto dell'altro, soprattutto del povero, il profondo mistero del figlio dell'uomo stesso (Mt 26,31-40).

Parte dal cuore e, sotto l'impulso dello Spirito Santo, raggiunge il volto in cui si esprime l'appello di Dio: tale è la via dell'amore. E questo amore trova naturalmente nell'arte - la pittura, il canto, la musica, l'opera letteraria - un'espressione della sua profondità e delle emozioni vibranti che l'accompagnano.


6. A modo suo l'arte, in sé, testimonia già un misterioso slancio che parte dal cuore dell'uno verso il volto dell'altro. Più ancora che la descrizione di un paesaggio naturale - che pure costituisce un bel soggetto per l'arte - essa è scoperta ed espressione dei lati nascosti dell'altra persona, della sua gioia profonda o del suo segreto tormento, della sua forza o della sua debolezza, delle sue speranze, della sua ricerca di comprensione e di amore. Si, nelle sue forme più autentiche, l'arte è l'espressione stessa dell'uomo e, in un certo senso, di tutta l'umanità. Essa sgorga dalla sorgente del cuore, quando non è ancora dispersa in tanti ruscelli. L'arte è il linguaggio dell'uomo, quell'essere che ha la capacità di stupirsi prima che di perdersi nella molteplicità delle cose, prima di lasciarsi assorbire da innumerevoli attività che gli danno l'illusione di vivere intensamente. E' in questo istante di unità che lo sguardo dell'artista si rivolge di preferenza al volto dell'altro. Quel volto è per lui lo specchio dell'anima e attraverso di esso della realtà tutta. Le cose delle quali si serve nella sua opera sono state tutte toccate dalla mano dell'uomo e si riferiscono a lui. Esse sono il frutto della sua attività e, reciprocamente, questa attività lo ha plasmato. Si, l'arte è un'espressione privilegiata della simpatia accordata dall'uomo al suo simile, dell'amore portato a ciò che di più profondo è nell'uomo.

Un mondo senza arte rischia d'essere un mondo chiuso all'amore. E nei momenti più privilegiati dell'opera di un artista si intuisce che, se la natura è già un riflesso della bellezza divina, il volto dell'uomo è la più bella icona del Dio vivente. Mai il viso dell'uomo è altrettanto bello come quando lascia trasparire la presenza di colui dal quale riceve la vita.


7. Non solo l'arte permette di comunicare il mistero dell'uomo che vuole evocare, rappresentare, dipingere, cantare, ma crea un legame tra tutti gli uomini che la praticano, la contemplano o ne gioiscono. In quanto espressione di tutto ciò che è pienamente umano, essa è universale e sfida il tempo e lo spazio. La memoria umana non cessa di tornarvi. Attraverso le epoche e le culture diverse, l'arte autentica si rivolge a tutti gli uomini. Li riunisce, come fa l'amore. Il potere, l'ambizione, la brama di possedere sono cause di divisione: si possiede ciò di cui l'altro è sprovvisto. Ma quando ascoltiamo insieme un concerto, quando ammiriamo un'opera d'arte, riceviamo tutti questo dono, ciascuno a modo suo, e questa esperienza ci arricchisce.


8. E' come dire "l'arte ha le sue esigenze". Quale senso dell'uomo comunica? Quale visione dell'amore presenta? Quale comunione tra gli uomini ispira? Da quale rispetto è animata per la coscienza dell'uomo, per il suo senso religioso? Sarebbe giusto chiederlo agli artisti. L'albero si riconosce dai frutti. E' il cuore dell'artista che si rivela attraverso le sue opere. A voi, cari fratelli e sorelle, che ponderate la vostra responsabilità in questo settore, voglio dire, con san Paolo: "Tutto quello che è vero, nobile e giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri" (Ph 4,8).

E all'attività artistica si applicherebbero anche queste parole di Gesù agli apostoli: "La vostra luce brilli agli occhi degli uomini affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il vostro Padre che è nei cieli". Per voi questa luce è la bellezza della vostra opera d'arte. Nel suo messaggio agli artisti, il Concilio Vaticano II diceva: "Voi siete i guardiani della bellezza del mondo: basti questo a liberarvi da gusti effimeri e senza valori veri, a rendervi capaci di rinunciare ad espressioni strane o malsane. Siate sempre e dovunque degni del vostro ideale".

Certo, l'arte è sempre una "prova". Ma non tutte le prove sono egualmente ispirate e felici. Alcune sembrano allontanarsi dalla vocazione dell'arte a tradurre il bello, il vero, l'amore, ciò che vi è di più profondo nella natura che è l'opera di Dio, e nel cuore dell'uomo segnato da un destino trascendente. E quando l'arte è interprete di realtà propriamente religiose o si vuole "sacra" si è in diritto di chiederle di evitare ogni falsificazione, dissacrazione, attentato al sentimento religioso delle persone, alle verità delle fede, alle virtù che costituiscono il loro ideale. Questo rispetto degli uomini per ciò che essi hanno più a cuore è fondamentale per la dignità dell'arte.


9. Radicata nella fede e nella carità, vi è un'altra virtù teologale che anima il cristiano: è la speranza. Il poeta Péguy si meravigliava davanti alla "bambina" Speranza. Bernanos, Graham Greene ne hanno parlato a modo loro, descrivendola in situazioni di miseria, di impotenza, di silenzio apparente di Dio.

Spesso oggi un velo di tristezza oscura la nostra cultura. Il cuore umano sembra talvolta incapace di sperare. E' l'effetto delle gravi minacce che incombono sull'avvenire dell'umanità (RH 15-16)? Ciò deriva, forse, dalle difficoltà attuali dell'organizzazione del lavoro e della società che priva un buon numero di contemporanei dell'impiego o di redditi sufficienti? E' il peso degli ostacoli che impediscono a popoli e gruppi sociali di capirsi, di partecipare, di amarsi, a uomini e donne di comunicare, di fondare "focolari" stabili, di impegnarsi con fiducia gli uni verso gli altri? Senza dubbio la società è frammentata e gli uomini difendono ciascuno il proprio ambito, solitari e scoraggiati. Ma soprattutto dubitano del senso della vita; dubitano dell'amore con cui Dio li ha amati, dubitano della possibilità di superare gli ostacoli e le tentazioni. Inoltre, il loro cuore è talvolta influenzato da ideologie materialistiche che riducono l'uomo a una cosa o che inaspriscono le opposizioni tra gli uomini. I "sospetti" rappresentati da certe forme di pensiero moderno tarpano le ali della speranza. In breve, molti hanno oggi difficoltà ad accogliere le energie del loro cuore e a riacquistare speranza.


10. Questa lacerazione della cultura occidentale si riflette in modo particolare nell'arte. Il tragico dell'uomo è messo a nudo, lentamente, ma inesorabilmente. Talvolta con orgoglio, talvolta con rassegnazione. Certo, la sofferenza umana è sempre stata un tema dell'arte. Tutti i grandi artisti si sono imbattuti, talvolta per tutta la vita, nel problema della sofferenza e della disperazione.

Ciononostante molti hanno lasciato trasparire dalla loro arte qualcosa della speranza che è più grande della sofferenza e della decadenza. Esprimendosi nella letteratura, o nella musica, plasmando la materia, dipingendo, essi hanno evocato il mistero di una nuova salvezza, di un mondo rinnovato. Anche nella nostra epoca questo deve essere il messaggio di artisti autentici, che vivono sinceramente tutto ciò che è umano e perfino il tragico dell'uomo ma che sanno con precisione svelare nel tragico stesso la speranza che ci è data. "Questo mondo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione" (messaggio del Concilio agli artisti).


11. Il credente, da parte sua, non minimizza alcuno degli ostacoli né alcuna delle minacce che gravano sull'umanità. Egli stesso conosce prove d'ogni genere. Ma le vive nella prospettiva della redenzione compiuta da Cristo. Anche la sofferenza diventa il luogo della compassione di Dio, della solidarietà con coloro che soffrono, dell'offerta di sé, dell'amore. Essa è cammino di salvezza, di riscatto; essa si incarna nella passione di Cristo che è culminata nella risurrezione. Gli artisti credenti non possono mancare di esprimere ciò nella loro arte. Oggi, molti insistono sulle miserie umane rappresentando specialmente la passione di Cristo ma, per essi, la passione non saprebbe limitarsi al silenzio di Dio né alla durezza inumana degli uomini. Essa è compassione e speranza. Gesù stesso ci ha formati alla speranza. Come un artista divino egli parlo per tutta la sua vita con parabole. Ma nel suo ultimo incontro con i discepoli ha parlato apertamente senza più adoperare similitudini (cfr. Jn 16,29).

E tuttavia era l'ora della dispersione e della solitudine. Ma egli esprime molto chiaramente la causa e il motivo della sua serenità e della sua forza: "Io non sono solo, il padre è con me... voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo" (Jn 16,32-33). Ecco, per ogni discepolo di Cristo la sorgente della speranza, della pace che sorpassa ogni intelligenza e, si può dire anche, della gioia (cfr. Ph 4,4 Ph 4,7 Ph 4,9).

1 2. Voi sapete, cari amici, che l'arte è per la fede, la carità, la speranza un'espressione privilegiata. L'arte autentica contribuisce a risvegliare la fede assopita. Apre il cuore al mistero dell'altro. Eleva l'animo di colui che è troppo deluso o troppo stanco per sperare ancora. L'artista che è cristiano ha quindi nella Chiesa, nel mondo, una vocazione alla scelta. Il suo linguaggio simbolico evoca la realtà che è "al di là delle cose" come a dire: "Dio non è lontano da ciascuno di noi". Voi ricordate l'appello del Concilio agli artisti, che vi rivolgo anche oggi: "Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi... Voi l'avete aiutata a rendere sensibile il mondo invisibile... Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito divino!".

Se l'artista è creatore attraverso il genio che ha ricevuto in dono, come potrebbe non essere creatrice la grazia di Dio nel cuore dell'uomo? "Vieni, Spirito creatore!". In questo tempo di preparazione alla Pentecoste, a tutti coloro che sono venuti a congiungersi al mondo dell'arte, rivolgo queste parole: "Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo".

Data: 1985-05-19 Data estesa: Domenica 19 Maggio 1985


Ai corpi costituiti e ai diplomatici - Bruxelles (Belgio)

Titolo: Educare alla solidarietà per affermare la dignità e la pace

Maestà, signora, signore e signori.


1. E' con molta gioia che ritrovo qui le loro altezze il re e la regina, e che incontro, attorno ad esse, le diverse autorità del Belgio, i rappresentanti di tutti coloro, uomini e donne, che operano per il bene comune in questo Paese: a livello del governo centrale - ministeri, senato, camera dei rappresentanti - a livello dei governi regionali, delle comunità linguistiche, delle province, o ancora nella qualità di borgomastri, di rappresentanti della magistratura, dell'esercito, di gruppi politici e sociali, delle accademie e università, dei ministri d'ogni culto, di chi opera nella comunicazione sociale, nonché le altre personalità belghe che spero di non aver omesso e che tra poco auspico di salutare personalmente una per una. La visita pastorale che compio nel vostro Paese mi offre l'occasione di comunicare direttamente con una popolazione di cui ogni comunità, e ogni città ha una propria personalità, ricca di una lunga storia caratterizzata da un umanesimo che, nella sua origine, è stato legato al cristianesimo. Sono felice ora di portare la mia testimonianza dinanzi a coloro che esercitano un'alta responsabilità al servizio di questo popolo.

Saluto con altrettanta cordialità le persone straniere, in particolare i membri del corpo diplomatico accreditati presso il re: voi rappresentate, signore e signori, numerosi Paesi, e molti di essi intrattengono relazioni anche con la Santa Sede. A tutti voi, che avete voluto così onorare la mia visita con la vostra presenza qui, esprimo la mia rispettosa simpatia e i miei calorosi auspici per l'adempimento delle vostre importanti funzioni. Incontri come questo sono abituali nel corso dei miei viaggi apostolici. Non è un privilegio riservato dalla Chiesa a chi detiene il potere, ma l'espressione del profondo interesse che il Papa e la Chiesa riservano al qualificato contributo che voi siete chiamati a dare allo sviluppo della vostra funzione, al bene dei vostri connazionali o alla pace internazionale.


2. Permettetemi innanzitutto di manifestare la mia stima e il mio attaccamento per il Belgio che oggi mi accoglie. Sabato scorso, coi miei fratelli nell'episcopato, ho ricordato i punti salienti della storia del cristianesimo in questo Paese, che tante tracce ha lasciato nei monumenti, nelle arti, nelle tradizioni, nei costumi, o sotto la forma delle odierne istituzioni. L'ho fatto al fine di rendere grazie a Dio, e col desiderio di imprimere un nuovo slancio alla evangelizzazione nel contesto attuale.

Ma non meno avvincente è la storia civile della vostra nazione. Sin dalle epoche lontane, il popolo di questo Paese si è forgiata una civiltà impregnata di fede cristiana. Esso ha saputo difendere la propria originalità e le proprie responsabilità civiche, soprattutto attorno alle sue prestigiose città.

Certo, per lungo tempo ha fatto parte di altri complessi politici, regni o imperi, vuoi per forza, vuoi per il gioco delle alleanze; talvolta ne ha sofferto, talvolta ha opposto resistenza, spesso ha saputo integrarne le influenze facendone un arricchimento. Ma, in tutti i casi, il popolo è rimasto se stesso, con la propria personalità, il proprio gusto dell'indipendenza, della libertà. Nel corso della storia più recente, a partire dal 1830, il Paese ha cercato di realizzare il suo destino nella piena indipendenza, associando fra loro in modo democratico - e la democrazia è sempre difficile - tutte le componenti del Paese, con le loro differenti convinzioni politiche, religiose e umaniste, nonché con le loro diverse culture.

Si, è una ricca storia - con le sue ombre e le sue luci - alla quale rendo omaggio. Il mio Paese natale, che ha intessuto legami con questa nazione in svariati campi, si sente vicino ad essa. E la Santa Sede considera la Chiesa in Belgio una parte preziosa della Chiesa universale.


3. Mi soffermo per un momento sulla fisionomia culturale moderna del Belgio, che è a somiglianza dell'Europa stessa, della quale parlero questo pomeriggio dinanzi al consiglio e alla commissione delle comunità. Il Belgio è situato alla confluenza delle grandi correnti culturali che hanno fecondato questo continente e incorpora in sé la diversità dell'Europa, con le sue ricchezze e le sue inevitabili tensioni. Una diversità che esige un difficile equilibrio, un saggio dosaggio di responsabilità e di poteri, la creazione d'istituzioni adeguate, una volontà di apertura, di riconoscimento dell'altro, la ricerca di compromessi costruttivi, di scambi e di collaborazione. Una diversità che è un'opportunità se viene ben vissuta nel rispetto e nell'amore reciproco tra le diverse comunità, avendo chiaro il senso di cosa richiede il bene comune di tutti. formulo voti ardenti che sia sempre così, nell'interesse di tutti i cittadini di questo Paese. Da questo punto di vista il Belgio, che ospita importanti istituzioni comunitarie, potrebbe anche costituire un esempio per l'insieme dell'Europa. Voglio vedere in ciò una vocazione e un ruolo originale per il vostro Paese.


4. Quali che siano i delicati problemi da risolvere della crisi e dei cambiamenti economici - ai quali si aggiungono le difficoltà della crisi e dei mutamenti economici - il Belgio, come anche l'Europa, non potrebbe vivere ripiegato su se stesso. E anche qui mi è gradito rilevare l'interesse che gli uomini e le donne di questa nazione hanno costantemente manifestato per i Paesi degli altri continenti.

I motivi possono essere diversi, e vanno ricollocati nella loro epoca: spirito d'avventura, di conquista, d'iniziativa economica e commerciale, di irradiamento culturale, spirito missionario.

Per quanto riguarda l'opera missionaria, essa ha voluto essere una disinteressata condivisione della fede: questa, infatti, non appartiene a nessuno, e ciascuno, avendola ricevuta per grazia, deve contribuire a proporla, insieme alla Chiesa, a tutte le nazioni. Orbene, il servizio missionario di questo Paese è tuttora straordinario per numero e qualità dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e dei laici belgi che hanno consacrato le loro forze all'evangelizzazione in Africa, ma anche nel Grande Nord dell'America, in America Latina, in Cina, in India e da altre parti ancora. I rappresentanti di questi Paesi, qui presenti, possono testimoniarlo.

Si, i belgi hanno avuto un influsso, un irradiamento che supera ogni proporzione con le dimensioni del loro territorio. Mi è gradito sottolineare i loro meriti, la loro apertura all'universale; oggi, un tale impegno non può essere vissuto che come servizio e scambio reciproco tra nazioni sorelle, tra Chiese sorelle.


5. E ora, signore e signori, auguro a voi tutti di fare in modo che la soluzione dei problemi interni, così come l'azione verso l'esterno, s'iscriva in un grande disegno umano. Non ci si può lasciar assorbire dalla ricerca di compromessi o di equilibri che assicurino una pace precaria, nel dosaggio degli interessi particolari. Vi è un certo numero di principi che compete a tutti voi mettere in atto in una sincera azione d'assieme, perché si tratta di beni essenziali sui quali si fonda il valore di ogni società e della comunità mondiale. Essi riguardano coloro che hanno delle responsabilità in questo Paese, e nella stessa misura i membri del corpo diplomatico. Del resto ho spesso l'occasione di tornare su questi principi etici. Mi accontentero di enumerarne alcuni, non dubitando che la vostra coscienza già vi aderisce.

In via generale, noi dobbiamo promuovere una certa concezione dell'uomo che sia di fondamento a un autentico umanesimo. Bisogna rifiutare che la persona subisca indebite azioni riduttive, che divenga in qualche modo un oggetto, in una visione materialistica che ne vede soltanto il valore economico, o che accetta di sacrificarla come un mezzo, di manipolarla in svariati modi. La stessa cosa vale per quanto riguarda la dignità di ogni popolo.

Il principio fondamentale sarà sempre la dignità della persona umana, il rispetto dei suoi diritti fondamentali, inalienabili, che vengono invocati dalla maggior parte dei nostri contemporanei ma che in realtà sono calpestati in un certo numero di regioni della terra. Tra questi diritti rientra naturalmente il rispetto della vita umana, in tutte le fasi del suo sviluppo, dal concepimento alla vecchiaia, e anche il rispetto dell'embrione umano che non può essere sottoposto a esperimenti come se fosse un oggetto.

Questi diritti riguardano anche la dignità della vita, vale a dire le possibilità materiali di vivere decorosamente, ma anche la libertà dello spirito, delle opinioni, delle convinzioni e delle fedi, nella misura in cui esse stesse rispettano le altre. Questo implica la messa al bando della tortura, dell'internamento e delle altre prassi degradanti per i delitti d'opinione. La dignità richiede in particolare che non vengano ostacolate la coscienza, la religione la pratica religiosa, con ciò che questo comporta di mezzi per formarsi alla fede e partecipare al culto, in comunità solidali. La dignità è anche rifiuto di ogni compromesso col terrorismo che utilizza come mezzi la vita e i beni di persone innocenti, e questo quali che siano i motivi da esso invocati; sarebbe assolutamente necessario mettere il terrorismo al bando dall'umanità, grazie a un leale consenso di tutti i Paesi. La dignità è la ricerca di una soluzione giusta per i rifugiati che hanno dovuto lasciare il proprio Paese a causa della guerra o dell'intolleranza politica e che vivono, in gran numero, isolati, in campi e spesso in uno stato d'abbandono intollerabile. La dignità, infine, è chiaramente l'eliminazione di ogni discriminazione razziale e il rispetto della cultura dei diversi gruppi umani.

Non ho dubbi sul fatto che tali convinzioni, semplici e fondamentali, siano condivise da tutti coloro che mi ascoltano qui, soprattutto in questa terra del Belgio, amante della libertà. Lo dico perché è mia missione ricordare, di fronte all'umanità, questi principi intangibili, e auspico che voi stessi possiate contribuire a promuovere queste esigenze nel mondo, coi mezzi dei quali disponete.

Ma non si tratta unicamente di rifiutare la violenza, o ciò che lede in modo flagrante i diritti fondamentali. Si tratta d'intraprendere azioni positive che esprimono la nostra solidarietà al fine di aiutare gli uomini a rispondere alle loro profonde necessità; e si tratta di educarli a questa solidarietà.

Dobbiamo promuovere, per esempio, i valori della famiglia, aiutare le famiglie a essere stabili, unite, accoglienti alla vita; vegliare sull'educazione dei giovani all'autentico amore umano, vegliare anche a che non si chiudano in un comportamento contrassegnato da edonismo e individualismo, ma capiscano il significato positivo della libertà, delle responsabilità, nonché cosa esige il bene comune. Sul piano sociale bisogna fare il possibile perché il progresso economico rimanga al servizio dell'uomo, e non viceversa. In ciascun Paese, vi sono iniziative da prendere per venire in aiuto dei disoccupati e degli emarginati, di chi è vittima di condizioni di vita troppo precarie, per proteggere i deboli, perché i lavoratori immigrati abbiano il loro posto nella società. Il Belgio conosce bene questi problemi, avendo generosamente accolto molti stranieri.

Se poi si guarda agli altri Paesi, è evidente che bisogna dedicarsi a ridurre le stridenti disparità tra il Nord e il Sud dell'umanità, mettere in atto una solidarietà effettiva coi Paesi che soffrono la fame, in mancanza completa di mezzi di sussistenza e di cure mediche.

Per realizzare questo aiuto internazionale e allo stesso tempo salvaguardare la pace, allontanando la minaccia di gravi distruzioni, bisogna rafforzare l'accordo tra le nazioni, al fine di ridurre la corsa agli armamenti, in particolare ridurre gli investimenti in armi di distruzione di massa. E' necessario inoltre cercare di porre rimedio alla situazione di un mondo scisso in svariati blocchi troppo chiusi, per ragioni ideologiche. E come comportarsi di fronte a guerre che continuano qui e là in modo assurdo, col loro seguito di rovine e di morte? Oggi, come non pensare tra l'altro al Libano sospinto da tanti anni tra la paura e la speranza, mentre degli innocenti continuano a subire le minacce, l'esilio o i massacri. Data l'interdipendenza che oggi lega i vari membri della comunità mondiale, ciascun Paese è chiamato a fare ciò che è in suo potere per condurre i popoli alla saggezza, convincerli a rinunciare all'imporsi con la forza e cercare soluzioni negoziate nella giustizia.


6. Tutto quello che ho or ora sottolineato al fine di migliorare le sorti dell'umanità va certamente al di là delle competenze e delle responsabilità di ciascuno di voi preso individualmente, e senza dubbio anche di ciascuno dei vostri Paesi. Tuttavia sono obiettivi che tutti gli uomini di buona volontà devono tenacemente desiderare, ricercare, non soltanto a parole, ma con atti concreti che ne preparino la realizzazione. Sono principi etici che indicano la strada obbligata d'un umanesimo totale e della vera pace, che corrispondono al disegno di Dio sul mondo. Ciò che è direttamente in vostro potere sono misure politiche all'interno di ciascuno dei vostri Paesi o nelle comunità di cui fate parte; sono per lo meno proposte di misure politiche, oppure misure di carattere amministrativo, o infine il modo in cui intervenire nell'educazione, nella scuola o nei mezzi di comunicazione sociale. Ciononostante sapete bene che la volontà politica, per quanto generosa essa sia, non è effettiva se non si basa su un'opinione pubblica preparata, e, diciamolo, su un consenso delle coscienze. In questo campo, il mondo non ha forse bisogno di un nuovo impulso, di più forza d'animo? La Chiesa, da parte sua, non ha competenza diretta nelle opzioni politiche. Tuttavia voi conoscete l'importante contributo che può dare alla formazione della coscienza, della coscienza del popolo. Essa ha la possibilità non solo d'educare, ma anche di fondare i principi etici su una certa idea dell'uomo, creato a immagine di Dio e liberato dal male da Gesù Cristo. Essa fa appello alle risorse della carità e della riconciliazione. Questo significa che è l'alleata, alleata esigente, di quanti prendono a cuore il destino dell'umanità.

Vi ringrazio ancora per la vostra accoglienza e la vostra benevolenza. E prego Dio d'ispirarvi sempre, di darvi la sua forza e la sua pace, nell'espletamento delle vostre alte cariche, di benedire le vostre persone, le vostre famiglie, questa cara terra del Belgio e tutti i Paesi che in essa voi rappresentate.

Data: 1985-05-20 Data estesa: Lunedi 20 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Alle comunità polacche del Benelux - Bruxelles (Belgio)