GPII 1985 Insegnamenti - Visita alla comunità accademica - Lovanio Nuova (Belgio)

Visita alla comunità accademica - Lovanio Nuova (Belgio)

Titolo: Coltivare la verità senza alcuna esclusione

Monsignor rettore, cari amici.


1. Rivolgendomi oggi alla comunità accademica, vi esprimo anzitutto il piacere particolare che provo ogni volta che mi è dato di varcare la soglia di un'università. La mia presenza in questo bel posto di Lovanio Nuova risveglia in me i ricordi di una lunga e felice associazione con l'insegnamento superiore. Ora, con le sue vie misteriose, la Provvidenza mi ha affidato l'incomparabile compito d'insegnare a tutte le nazioni il Vangelo che Gesù Cristo ha dato a Pietro e agli apostoli. Ed è soprattutto a questo titolo che ho risposto con gioia al vostro invito.

Accanto ai professori e studenti di questa università, saluto i rappresentanti degli altri istituti universitari cattolici francofoni del Belgio, specialmente di Namur e di Mons. Sono pure felice di vedere qui riuniti gli abitanti del posto, la cui esistenza è interessata da questa moderna struttura universitaria. Si, ringrazio tutti coloro che sono venuti ad associarsi alla comunità universitaria per incontrare il Papa e manifestare la loro comunione con lui e, attraverso lui, con la Chiesa universale che egli ha il compito di condurre nella fedeltà, nell'unità e in un progresso coerente.


2. La stessa vostra università vive una certa universalità. Essa è intimamente legata alla storia della Chiesa in Europa e nel mondo. Da più di cinque secoli essa continua, con determinazione e intelligenza, la missione che il mio predecessore papa Martino V le affidava, istituendo nel 1425 lo "Studium generale" che doveva diventare l'università cattolica di Lovanio. Il seme ha portato i suoi frutti. L'"albero" è cresciuto bene, ha sviluppato le tre facoltà originarie - diritto, medicina, arti - ha ramificato in molteplici settori nuovi in funzione dei bisogni e delle specializzazioni della scienza.

In quest'epoca moderna, turbata ma anche piena di speranza, la vostra vocazione di università cattolica riveste sempre un'importanza capitale. E' di essa che voglio principalmente intrattenervi questa mattina; ieri, a Lovanio, ho trattato soprattutto dei rapporti della cultura e della fede. C'è bisogno di dire che i due temi valgono egualmente per le due università? Le recenti circostanze storiche hanno condotto, in effetti, a sdoppiare l'università di Lovanio in due università sorelle. Ma a Lovanio Nuova e a Woluwé voi intendete proseguire con serenità e perspicacia, come a Lovanio, lo spirito originale dell'"Alma mater".


3. Né sul piano del progresso scientifico, né a livello della riflessione cristiana, voi non vi siete lasciati distanziare dai nuovi problemi posti dall'evoluzione dei tempi e delle culture. La reputazione dell'università di Lovanio ha varcato ampiamente le frontiere del vostro Paese e dell'Europa. Voi accogliete un grande numero di studenti del mondo intero. Voi continuate, come per il passato, a formare degli scienziati, degli umanisti, dei teologi, dei ricercatori, che fanno onore alla scienza, e il cui impegno a servizio della ricerca, della fede, della giustizia e dello sviluppo dell'umanità, costituisce la vostra legittima fierezza. Ma la cosa più fondamentale è la vostra intenzione dichiarata e il vostro progetto rinnovato, di voler perseguire sempre con lo stesso passo le proposte della scienza e le richieste di una cultura aperta a tutti i valori del Vangelo.

Alcuni, voi lo sapete, hanno preteso che un'università contraddica se stessa dichiarandosi cattolica. La confutazione di questa affermazione semplicista è la storia stessa che la fornisce, perché nessun universitario, nessuno storico può seriamente pretendere che le università di Parigi, di Bologna, di Salamanca, di Cracovia, non siano state delle vere università. E' precisamente la Chiesa cattolica che ha creato e dato un impulso vitale a queste prime istituzioni universitarie. Questa storia è anche la vostra. E voi ne vivete oggi una nuova tappa, solidamente radicata nel passato e risolutamente rivolta verso il futuro.


4. Bisogna piuttosto affermarlo con fierezza: un'università cattolica, per il fatto stesso della sua cattolicità, è chiamata ad essere più pienamente ancora "università". La ragione fondamentale consiste nell'esigenza di universalità che comporta la nozione di università. Infatti, l'università cattolica, per vocazione ed esigenza radicale, è aperta alla verità in tutti i campi, a tutta la verità.

Nell'universo materiale nulla le è estraneo, e nulla nemmeno nell'universo spirituale rimane al di fuori delle sue preoccupazioni intellettuali. Mediante la sua azione e la sua creatività, l'università cattolica testimonia, al centro stesso delle culture del nostro tempo, la necessità, essenziale per l'avvenire dell'uomo e della sua dignità, di coltivare la verità senza esclusione. Perché questa verità è una montagna affascinante: la sua cima si immerge nella nube luminosa del mistero di Dio, di cui l'invisibile si è reso visibile ai nostri occhi nel Verbo incarnato; in lui si manifestano alla nostra intelligenza illuminata dalla fede, nella stessa persona fatta carne, la verità di Dio e la verità dell'uomo. Questa dimensione fondamentale rischia di essere velata se ci si ferma a una specie di pragmatismo universitario, chiuso nel campo limitato di materie giustapposte, senza ricercare la loro coerenza e il loro ultimo significato per gli esseri umani e per la società. L'eclettismo non è un atteggiamento universitario, perché disistima la ricerca della verità per se stessa.


5. L'impegno a servire la verità tutta intera appare, del resto, come un'esigenza della libertà di ricerca, d'insegnamento e di diffusione. So che l'università cattolica di Lovanio, con la riflessione che essa incoraggia tra i suoi professori, con le sue pubblicazioni, con i congressi che accoglie tra le sue mura, intende assumere pienamente la libertà di servire tutta la verità, anche se questo atteggiamento intellettuale incontra a volte delle difficoltà che non bisogna minimizzare. La cultura moderna si accompagna infatti a un pluralismo di attitudini, di comportamenti, di ideologie. E questa forma di libertà è cara alle società democratiche. Ma stiamo pure attenti che in nome del pluralismo alcuni non vogliano imporre alle istituzioni di insegnamento una specie di neutralità degli spiriti, in cui tutte le opinioni avrebbero lo stesso valore, in cui le concezioni dell'uomo si confonderebbero in un'indifferenza generalizzata.

E' precisamente il ruolo dell'università cattolica di superare tanto la semplice organizzazione pragmatica degli insegnamenti, quanto un pluralismo etico o intellettuale senza assoluto: questo infatti finirebbe col rendere insipido il sale dello spirito, e ad inghiottire l'umanità stessa dell'uomo in uno scipito meccanismo di adattamento sociale, privato di reale profondità e sprovvisto di questa ampiezza illimitata che nel medesimo tempo è l'essenza e l'onore dello spirito umano, creato a immagine di Dio.


6. Ritrovare incessantemente il dinamismo creatore dello spirito suppone, da parte di tutta la comunità universitaria, e in particolare degli insegnanti e delle autorità accademiche, una volontà tenace di superamento e un vivo ricollegamento alla speranza teologale. La scienza, il sapere, non accettano la fatalità, ma si sforzano di costruire liberamente l'avvenire. Vista in questa luce, la scienza è un mezzo per impedire il fatalismo del futuro.

Questo non è più un destino da subire, ma un progetto e un compito da realizzare insieme, con la luce di Dio che penetra il segreto del dinamismo proprio di ogni università cattolica, permette un'accoglienza senza riserve del Vangelo di Cristo e un servizio generoso e intelligente della sua Chiesa. In fin dei conti, l'università cattolica suppone un esercizio dell'intelligenza che integra una visione di fede.

E ciò che dona una dimensione così vasta alla ricerca è una vera libertà dello spirito, che sa anche criticare se stesso, ricentrarsi incessantemente riferendosi al primo fondamento che è Gesù Cristo vivente nel mondo e nella Chiesa, al deposito della fede autenticata dal magistero vivente della Chiesa (cfr. DV 2 LG 25). Per l'universitario cristiano, l'universo intero della creazione, la storia dell'umanità, i progetti e il destino dell'uomo non sono estranei a questa economia divina, che i primi pensatori cristiani e i padri della Chiesa cercavano di presentare come la spiegazione ultima del mistero dell'uomo. Ora, per arrivare ad approfondire questa convinzione fondata sull'intelligenza e sulla fede, occorre necessariamente, da parte dei professori come degli studenti, coltivare coscientemente un'attitudine, un affinamento spirituali che permetteranno d'illuminare dall'interno tutte le iniziative della vita intellettuale. Non c'è materia di insegnamento, non ci sono problemi umani che rimangano estranei a una prospettiva cristiana, perché la fede ce lo insegna: i misteri della creazione, dell'incarnazione e della redenzione hanno trasformato e arricchito per sempre il sapere e la sapienza della famiglia umana, la scienza e la cultura di tutta l'umanità.


7. E quando si tratta della teologia propriamente detta, e delle scienze annesse, è evidente - è la definizione del suo oggetto e del carattere rigorosamente scientifico del proprio metodo - che lo studio stesso si effettua su un dato, della rivelazione, il deposito della fede, come è stato vissuto ed esplicitato in maniera certa nel corso della storia della Chiesa, con l'aiuto dello Spirito Santo, come è proposto dal magistero della Chiesa nei suoi aspetti dottrinali e nelle sue implicazioni etiche, che costituiscono altrettanti punti fermi e piste sicure.

Oggi, un certo numero di problemi sono senza dubbio nuovi, specialmente nel campo etico. Diversi esperimenti hanno luogo un po' ovunque nel mondo, ivi compreso l'ambito della vita umana. D'altra parte, sembra che un certo numero di nostri contemporanei non sappia cogliere le esigenze della Chiesa per la vita familiare o per la loro vita sociale. Gli scienziati, ma anche l'opinione pubblica, la gente semplice, interpellano la Chiesa su quanto sentono confusamente sia come un impedimento alla loro libertà, sia, al contrario, come una garanzia della loro dignità. Essi attendono dal corpo insegnante di un'università cattolica come la vostra, una grande attenzione ai loro problemi, e nello stesso tempo hanno bisogno di una testimonianza chiara e convincente sui principi suscettibili d'illuminare la loro coscienza, in perfetta armonia con le precise affermazioni della Chiesa in materia di fede e di costumi, e con gli orientamenti pastorali che essa offre.

I vescovi uniti al Papa hanno la missione d'insegnare o di ricordare questa dottrina nella sua autenticità. Sono essi, d'altra parte, i responsabili delle università cattoliche, intorno a colui che è il grande cancelliere. Pastori, essi vegliano sull'unità del popolo di Dio nella fede. Hanno assolutamente bisogno dell'aiuto qualificato dei teologi professionisti, la cui autorità nella Chiesa proviene dalla missione ricevuta dal legittimo magistero. A questi teologi spetta di fare un inventario della dottrina, di riflettere l'insegnamento ordinario della Chiesa, e nello stesso tempo di approfondirlo, di illustrarlo di chiarire le questioni controverse e i problemi complessi che riguardano la fede. Il loro compito è importante per evidenziare i fondamenti delle affermazioni della fede e di tutti i valori cristiani, come per esempio i valori della famiglia e della convivenza, dell'amore umano, del rispetto della vita umana e della dignità della persona. Non è meno importante che, secondo i principi cristiani, essi preparino la via che permetta di rispondere alle nuove domande suscitando uno sviluppo coerente, autentico della dottrina, nel senso inteso da Newman, senza allontanarsi da un atteggiamento fiducioso verso la Chiesa.

Cari amici teologi, non posso ripetere qui tutto quello che ho sviluppato per voi in altre circostanze, per esempio a Friburgo in Svizzera, in merito al servizio impareggiabile e delicato affidato ai teologi. Voi siete collegati al magistero senza confondervi con esso. Voi siete con noi i servi della verità che ci viene da Dio e che nello stesso tempo è un grande disegno messianico per l'uomo. E' l'onore e la responsabilità di ciascun professore e della stessa università.


8. Ho davanti agli occhi molti studenti di diversi Paesi e numerosi abitanti di Lovanio Nuova. Ognuno porta certamente nel suo cuore un certo numero di questioni riguardanti la propria fede, la pratica religiosa, i problemi della propria vita.

Ciascuno arriva qui, d'altra parte, segnato da una storia personale, la storia della sua famiglia, del suo Paese. In questo cammino, cari amici, voi desiderate essere rispettati, amati, sostenuti da una comunità capace di offrirvi amicizia e dinamismo spirituale. Per questo incoraggio vivamente tutti coloro che partecipano all'animazione religiosa della comunità universitaria, o alla parrocchia, a un ruolo di primo piano. Auguro a tutti di trovare in essa delle possibilità adatte di preghiera, di celebrazione, di riflessione cristiana, di approfondimento dottrinale, di reciproca amicizia, e soprattutto i diversi impegni cristiani che corrispondono alla vostra fede e ai vostri carismi. Saluto specialmente le famiglie religiose presenti sul posto o nelle vicinanze: che esse continuino ad associarsi a questa grande opera di animazione pastorale! Che ogni cristiano possa approfondire la sua fede rispondendo alle esigenze dell'ecumenismo! Che i cattolici siano rafforzati nella loro conoscenza della Chiesa, nel suo amore e nel suo servizio! E che sappiano rispondere, se Dio li chiama, alla vocazione sacerdotale, religiosa, contemplativa, apostolica, missionaria, di cui il Signore farà loro la grazia! 9. Cari amici, l'emblema della vostra università porta provvidenzialmente la figura di nostra Signora, sede della sapienza. E' più di un simbolo, è un sigillo di fedeltà alle vostre origini e il pegno di una speranza per i vostri compiti universitari di domani. E io vorrei, al termine di questo incontro a Lovanio Nuova, fare mie le parole con le quali il vostro rettore accoglieva l'assemblea generale della Federazione internazionale delle università cattoliche: "Imploro nostra Signora, sede della sapienza e patrona della nostra università, e le chiedo di illuminarci perché le nostre università apportino a un mondo inquieto una testimonianza di fede, d'amore e di speranza. Ella ci renda attenti verso tutto quello che potrebbe affievolire i nostri riferimenti al Vangelo! Ella ci dia il coraggio delle discussioni liberatrici! Nostra Signora ci insegni a meravigliarci della nostra duplice vocazione: completare la creazione di cui Dio ci ha affidato la gestione, e riconoscere in tutti gli uomini il volto di suo Figlio risorto".

Nostra Signora, sede della sapienza, vi conceda ancora per molto tempo la forza d'animo e la gioia di proseguire la missione originale e sempre attuale dell'università cattolica di Lovanio! Con tutte le università cattoliche del mondo, voi apportate un contributo che la Chiesa considera veramente indispensabile nel suo dialogo con le culture del nostro tempo.

A tutti coloro che si ricollegano alla comunità di Lovanio nuova, a voi tutti, studenti, professori, ricercatori, membri del personale di questa università che è sempre rimasta cara al mio cuore, impartisco la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-05-21 Data estesa: Martedi 21 Maggio 1985





Alla celebrazione per gli ammalati - Banneux (Belgio)

Titolo: Cristo rende beato chi soffrendo coopera alla redenzione




1. "Beati gli afflitti, perché saranno consolati" (Mt 5,4). Queste parole sembrano riguardare particolarmente tutti coloro che sono qui riuniti. Esse ci sono state date nel cuore stesso delle otto beatitudini. La sofferenza, la malattia, la minorazione fisica vanno di pari passo con l'afflizione e la debolezza. E tuttavia, nello stesso tempo, Cristo indica perché l'afflizione e la debolezza possono essere considerate come un bene del regno di Dio che contribuisce alla salvezza, come una benedizione. Egli dice: "Beati".

E' una promessa. E' una certezza. E' nello spirito di questa beatitudine che saluto tutti coloro che partecipano a questa Eucaristia.

Innanzitutto voi, cari ammalati, vittime di infortuni, handicappati, persone anziane, venuti dalla regione e da più lontano, fiduciosi nell'intercessione di nostra Signora di Banneux.

Tutti voi, membri delle loro famiglie, amici che li avete accompagnati qui, come fate nella vita quotidiana.

Anche voi, medici, infermieri e infermiere, membri del personale sanitario, che impegnate la vostra competenza e la vostra dedizione al servizio della loro guarigione o del loro sollievo.

Voi, sacerdoti, diaconi, religiosi e laici che assicurate l'assistenza spirituale degli ammalati.

E tutti voi, cristiani venuti con la famiglia o con le vostre parrocchie, le vostre associazioni da questa regione e dalle altre province del Belgio, e anche dalle zone di frontiera della Francia, della Germania, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi. Il mio pensiero e la mia benedizione vanno anche a coloro che non sono potuti venire benché lo desiderassero, impediti dalla malattia, dall'età o dal lavoro.


2. Saluto di tutto cuore i fedeli della comunità di lingua tedesca del Belgio che sono venuti qui in gran numero con i loro pastori. Mi rallegro di sapere che lo spirito di fede è molto vivo nella vostra regione. La santa liturgia del giorno del Signore viene celebrata con gioia nelle vostre chiese con una grande partecipazione di popolo. Nelle vostre parrocchie e nelle vostre organizzazioni lo Spirito comunitario è molto sviluppato, soprattutto nei giovani. La vostra comunità è ricca di vocazioni sacerdotali e religiose. Restate fedeli alla vostra fede e siatene i testimoni ovunque viviate! Oggi, siamo tutti ospiti della Madre di Dio, nostra Signora di Banneux.

Sono più di cinquant'anni che non solo gli ammalati, ma l'immenso popolo dei poveri d'oggi - ci sono tanti modi d'essere poveri! - si sentono a casa propria a Banneux. Vengono a cercare qui conforto, coraggio, speranza, l'unione con Dio nella loro prova. Vengono a lodare e a invocare qui la Vergine Maria, sotto l'appellativo particolare e bellissimo di nostra Signora dei poveri. Sono a ragione convinti che una tale devozione corrisponda al Vangelo e alla fede della Chiesa: se Cristo ha definito la sua missione come l'annuncio della buona novella ai poveri, come potrebbe sua Madre non essere accogliente verso i poveri? Sapete che già molti hanno beneficiato della sua attenzione materna in questo luogo, intorno a questo santuario che le è dedicato, sotto l'autorità del vescovo del luogo. Incoraggio i pellegrini che vengono qui a pregare colei che, sempre e dappertutto nella Chiesa, riflette il volto della misericordia di Dio.

In quest'ultimo giorno del mio pellegrinaggio nella vostra patria, la Madre santissima che noi tutti veneriamo come "salute degli infermi" m'ha invitato, contemporaneamente a voi, cari fratelli e sorelle, a questo santuario.

Essa ci invita qui, così come invita i pellegrini, nel corso dei mesi e degli anni, agli altri santuari mariani, così numerosi in tutte le regioni di questo Paese. Consapevoli che essa stende su di noi il suo sguardo materno, desideriamo rigenerarci spiritualmente riscoprendo il senso della verità messianica contenuta nelle beatitudini di Cristo: "Beati i perseguitati... Beati gli afflitti, perché saranno consolati" (Mt 5,10 Mt 5,4).

E' con gioia che incontro qui, a Banneux, la gente che viaggia, gli zingari e i girovaghi. Voi vivete, cari fratelli e sorelle, in modo particolare la vocazione che è stata quella del popolo ebraico alle sue origini, e che rimane, in senso spirituale, quella della Chiesa: essere un popolo in cammino verso la terra promessa e verso il Signore, senza avere una dimora definitiva quaggiù. Voi avete un grande amore per Maria, Madre di tutti i cristiani e Madre di tutti i viaggiatori. Vi incoraggio a vivere i vostri specifici valori, tra gli altri il vostro grande rispetto per le persone anziane e l'amore così commovente per i vostri bambini, che benedico di tutto cuore.


3. La sofferenza è un grande mistero nel disegno di Dio. Ne avevo ben coscienza quando indirizzavo, nell'anno della redenzione, a tutti coloro che soffrono la lettera apostolica "Salvifici Doloris". La sofferenza è un grande mistero del destino umano. Essere ammalato o colpito in qualche modo nel corpo è un'esperienza che difficilmente immaginano coloro che non l'hanno mai vissuta: il nostro corpo è ferito, ma allo stesso modo lo sono lo Spirito il cuore, la vita familiare e sociale. Ed è interpellata la nostra vita spirituale perché la sofferenza è anche, veramente, un mistero dinanzi a Dio. In realtà, l'uomo afflitto dalla sofferenza pone spesso a Dio stesso la domanda: perché? perché a me? perché in generale, la sofferenza su questa terra? Non mancano nemmeno coloro che, in una tale situazione, sono tentati d'accusare Dio, di dubitare, di allontanarsi da lui. Quanto sembra difficile, infatti, riconciliare il male, quale esso sia, con questo bene infinito che Dio non cessa di essere, lui che chiamiamo Padre, secondo l'insegnamento stesso di Gesù Cristo. Tale è la testimonianza filiale ch'egli ci ha dato di lui, fino alla fine. Fino alle parole pronunciate sulla croce, l'angosciata invocazione: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27,46); e anche il dono totale: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46).

Cari amici, Dio Padre sente e accoglie i nostri perché, come ha ascoltato il lamento di Giobbe, come ha accolto il grido d'angoscia e il "perché" di Gesù in croce col suo fiducioso abbandono. La sua risposta non è quella che ci aspetteremmo; non è nemmeno la spiegazione che gli uomini hanno dato spesso alla sofferenza, quando vi vedevano un castigo per le loro colpe, oppure quando, al di fuori della ribellione, non potevano che rassegnarsi con fatalismo. Dinanzi a questo mistero della sofferenza, le parole del profeta Isaia acquistano particolare eloquenza: "Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri" (Is 55,8-9). Queste parole si possono certamente applicare alla vita della sofferenza.


4. Quel Dio che così parla di se stesso per bocca d'Isaia e che lascia aleggiare il mistero sulla sofferenza, è nello stesso tempo il Dio dell'alleanza che ci invita: "Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete" (Is 55,3). Ed è per questo che lo stesso profeta insiste: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino" (Is 55,6). E non è appunto attraverso la sofferenza ch'egli diventa vicino? Non è forse in modo speciale in quel momento che si fa trovare? In che modo? La risposta è Gesù Cristo a darcela. Nessuno è penetrato quanto lui nel mistero della sofferenza umana, e nessuno ha rivelato quanto lui la potenza salvifica che la sofferenza racchiude in sé, e tutta la potenza del bene che in essa si radica. Egli ha preso su di sé questa sofferenza. "L'umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo. E contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all'amore... all'amore che crea il bene ricavandolo anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferenza, così come il bene supremo della redenzione del mondo è stato tratto dalla croce di Cristo, e costantemente prende da essa il suo avvio. La croce di Cristo è diventata una sorgente dalla quale sgorgano fiumi d'acqua viva... Nella croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta... Il Redentore ha sofferto al posto dell'uomo e per l'uomo. Ogni uomo ha una sua partecipazione alla redenzione. Ognuno è anche chiamato a partecipare a quella sofferenza, mediante la quale si è compiuta la redenzione" ("Salvifici Doloris", 1 8.19).


5. In questo modo ci troviamo, di nuovo, nel cuore delle otto beatitudini: "Beati i perseguitati... Beati gli afflitti, perché saranno consolati".

In se stessa, la sofferenza è un male. E Gesù, nel corso della sua vita terrena "si è avvicinato incessantemente al mondo dell'umana sofferenza... Egli guariva gli ammalati, consolava gli afflitti, nutriva gli affamati, liberava gli uomini dalla sordità, dalla cecità, dalla lebbra, dal demonio e da diverse minorazioni fisiche... Era sensibile a ogni umana sofferenza, sia a quella del corpo che a quella dell'anima" ("Salvifici Doloris", 16). Rivelava così che Dio sostiene la nostra lotta contro la malattia.

Ma, allo stesso tempo, con le sue beatitudini, e soprattutto con la sua stessa passione, rivelava che il male della sofferenza nasconde un bene: il bene della redenzione che riscatta dal male più profondo, cioè dal peccato, dalla lontananza da Dio; il bene della salvezza, della vita stessa di Dio. E così, nell'afflizione e nella debolezza sono celate la consolazione e la benedizione.

Questo linguaggio è senza dubbio difficile, forse anche sorprendente, per coloro che non accolgono nella fede il messaggio e la testimonianza della vita di Gesù.

Ma Gesù Cristo parla proprio di "beatitudine" nella sofferenza. Inoltre, egli ha il potere di condurre a questa beatitudine tutti coloro che si lasciano guidare dal suo Spirito. Tutti coloro che cooperano alla grazia della redenzione attraverso la sofferenza.

Tutti costoro possono allora - unendosi alla Madre di Cristo ai piedi della croce - ripetere le parole del salmo proclamate in questa liturgia: "Ecco, Dio è la mia salvezza; / io confidero, non avro mai timore, / perché la mia forza e il mio canto è il Signore; / egli è stato la mia salvezza... / Lodate il Signore, invocate il suo nome" (Is 12,2 Is 12,4).




6. Ecco la meditazione e la preghiera che ispirano a tutti noi questa liturgia e il mistero della sofferenza.

E ora, mi rivolgo più in particolare a voi, cari fratelli e sorelle, ammalati e handicappati, che siete chiamati a cooperare alla redenzione attraverso la sofferenza nel senso che abbiamo appena detto. Tutti noi qui rispettiamo la vostra sofferenza fisica, forse la vostra angoscia morale, i vostri perché, il mistero del vostro cammino spirituale nella prova. E' normale, è legittimo che facciate, con l'aiuto di chi vi circonda, tutto ciò che è in vostro potere, in potere della scienza e della tecnica mediche, per cercare di guarire, per vincere gli ostacoli e le limitazioni dai quali è colpito il vostro corpo. Allo stesso tempo, vi invito a confidare la vostra angoscia a Dio Padre, a Cristo, attraverso Maria; a domandargli, più che la rassegnazione, e ancor più che il coraggio della lotta, la grazia dell'amore e della speranza. Guardate con fede la croce di Cristo: strumento d'immensa sofferenza, essa è soprattutto il segno di un immenso amore, e la porta aperta sulla risurrezione, che è la risposta definitiva del Dio d'amore al suo Figlio prediletto.

Possiate offrire con Cristo questo handicap, entrare nella redenzione, per la vostra salvezza, per il progresso di tutta la Chiesa, per le grazie di conversione di cui il nostro mondo ha bisogno! Cristo è già qui, vicinissimo a voi, quando lo pregate così; il segno efficace vi è dato nei sacramenti: nella santa comunione e nell'unzione degli infermi che vi fa vivere con lui il tempo della prova. Rimanete fedeli alla preghiera. Cercate di restare aperti agli altri, senza ripiegarvi su voi stessi. Gli altri hanno molto da ricevere dalla vostra esperienza di ammalati credenti. Spesso, la prova vi ha fatto acquisire uno sguardo sull'esistenza, sui valori veri, un nuovo grado di pazienza, di coraggio, di solidarietà, una certa serenità dinanzi alla prospettiva della morte, in contrasto con l'angoscia di coloro che vi circondano, una misteriosa unione con Dio. Di tutto questo, voi potete testimoniare, rendendo manifesta la promessa di Gesù: "Beati gli afflitti, perché saranno consolati". Anche nel silenzio della preghiera, inchiodati al letto, voi siete in comunione col mondo intero, per partecipare alla redenzione: la vostra preghiera e la vostra offerta contribuiscono a elevare il mondo.


7. Ai medici, agli infermieri e alle infermiere, e a tutto il personale sanitario, nelle cliniche e negli ospedali, alle associazioni per le cure a domicilio e di assistenza, a tutti coloro che in questo momento si impegnano a guarire o confortare gli ammalati - e anche a coloro che si preparano a farlo - esprimo la mia stima e il mio caloroso incoraggiamento. Il vostro lavoro è talvolta spossante, merita comprensione e gratitudine. La vostra professione è tra le più nobili: aiutare l'uomo a ritrovare la salute, a vivere, a superare la propria prova con dignità, è certamente il servizio che l'umanità aspetta e che corrisponde al disegno di Dio.

Coloro tra di voi che condividono la nostra fede cristiana troveranno particolare stimolo nell'esempio di Cristo che ha trascorso parte dei suoi giorni in mezzo ai malati, che voleva incontrarli personalmente. Voi siete i buoni samaritani di cui parla Gesù, ogniqualvolta vi soffermate dinanzi alla sofferenza di un altro uomo, gli portate efficace soccorso (cfr. Lc 10,33-34 "Salvifici Doloris", Lc 28-30).

Dovrete sempre avere la preoccupazione di non ridurre l'ammalato a un oggetto di cure, ma di farne il primo alleato in una lotta, che è la sua lotta, di considerare prioritaria la sua persona; e vi incoraggio a trovare una risposta esigente e conforme al rispetto e alla dignità della sua vita, di fronte ai gravi problemi che si pongono alla vostra professione, in particolare al capezzale degli ammalati gravi.


8. E voi, cari congiunti e amici dei malati, voi siete come coloro che conducevano i malati da Gesù. Voi soffrite con loro della loro malattia, della loro infermità, della loro menomazione fisica; ancor più forse quando si tratta di una menomazione mentale, irreversibile.

Prego il Signore di aiutarvi in questa assistenza generosa e delicata, nella quale impegnate tutte le risorse del vostro amore. Questa assistenza può arrivare sino a condividere la preghiera dell'ammalato e a cercare per lui le altre persone che gli diano il necessario sostegno spirituale, sacerdote, diacono, religiosa, laico amico o incaricato del servizio pastorale degli ammalati.

Questo servizio degli ammalati è infatti una delle priorità che s'impongono alle vostre comunità cristiane. Numerose istituzioni danno in questo campo un meraviglioso contributo. I gruppi di coloro che vanno a visitare gli ammalati hanno qui un compito fondamentale. Ma più in generale gli ammalati devono essere presenti nella vita delle parrocchie. Facciamo tutto il possibile affinché, a modo loro e secondo le loro possibilità, essi prendano parte alla preghiera della comunità e alle sue iniziative. Non ignoriamo l'energia umana e spirituale della quale spesso sono dotati gli ammalati. Insieme a loro, cooperiamo alla grazia della sofferenza.


9. Torniamo ancora, per terminare, alle parole della liturgia. Dice Isaia: "Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10-11). Orbene, il profeta Isaia è colui che, in modo particolare, ha preparato il mondo al mistero del Messia, il Verbo che si è fatto carne. Ha reso in anticipo familiare il suo volto.

Ha ugualmente preparato il mondo al mistero di Maria: è in lei che il Verbo eterno si è fatto carne, "benedetto è il frutto del seno tuo"! Nel momento in cui la mia visita pastorale si avvicina al termine, non solo in Belgio, ma anche nei Paesi Bassi e Lussemburgo, desidero affidare i suoi frutti a te, Madre del Verbo eterno. Nello stesso tempo desidero affidarlo a voi, fratelli e sorelle, a tutti voi che conoscete la pena della sofferenza, ma provate anche la grazia della sofferenza.

Accogliete il Verbo che si è fatto carne nel seno di Maria. Mediante il vostro sacrificio e con la preghiera, aiutate il servizio della parola di Dio, aiutate il servizio del Vangelo: che la parola di Dio di cui siamo servitori non ritorni senza effetto! Che porti frutto! Si, che porti molto frutto! Amen!

Data: 1985-05-21 Data estesa: Martedi 21 Maggio 1985






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