GPII 1985 Insegnamenti - Ultimo affettuoso augurio prima della partenza dal Belgio

Ultimo affettuoso augurio prima della partenza dal Belgio

Titolo: Sia sempre per un'Europa che vuol avanzare nella concordia




1. Eccomi al termine della mia visita pastorale in Belgio. Gli incontri sono stati numerosi e diversificati, suddivisi su quasi tutto il territorio, nella maggior parte delle province e delle diocesi. Ad ogni gruppo ho rivolto il messaggio che credevo appropriato, non per rivelargli cose nuove, ma per affermare la fede, dare un nuovo slancio di speranza, stimolare ed elargire la carità, come eco delle parole di Gesù a san Pietro, come testimone della Chiesa universale. Qui io vorrei solo dire un grande grazie e formulare i miei auguri.


2. Esprimo la mia viva gratitudine a sua maestà il re dei belgi e alla regina per la loro accoglienza degna e cordiale. Ringrazio con loro tutte le autorità che hanno voluto, molto spesso, onorare i nostri incontri della loro presenza e che hanno preso le disposizioni che il mio viaggio e soprattutto i grandi raduni popolari richiedevano. Ringrazio ugualmente tutti coloro che hanno cortesemente prestato la loro collaborazione per gli spostamenti, per la sicurezza, per il servizio d'ordine, per la sistemazione dei luoghi e per le installazioni necessarie e in particolare il comitato nazionale per l'accoglienza al Papa e i diversi comitati locali. Voi avete permesso ai vostri compatrioti di vivere nella pace questi grandi momenti di comunione nella fede con il Papa.


3. Esprimo pure la mia viva gratitudine e la mia profonda soddisfazione a tutti coloro che hanno preso parte a questi incontri, ai vescovi di questo paese, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici adulti e giovani, ai bambini che sono venuti a me con tanta confidenza, agli ammalati e agli handicappati, e anche agli altri credenti e uomini di buona volontà che si sono uniti ad essi. Al di là della vostra calorosa accoglienza, molto calorosa, verso la mia persona, ho apprezzato la vostra ardente testimonianza di fede - questa fede cattolica così ben radicata nella terra del Belgio - la vostra partecipazione attiva e degna alla liturgia e alle diverse celebrazioni e preghiere, la vostra ferma volontà d'impegno per il bene della Chiesa e della società, per la giustizia e per la pace, come l'avete espressa con franchezza e con fiducia, e come l'ho constatata io stesso durante le conversazioni che ho avuto con voi, nell'esperienza che ho fatto in mezzo a voi. Ho visto sia il vostro desiderio di testimoniare la vostra fede che di rispettare la coscienza dei vostri compatrioti.

Forse si potrà dire che questa visita è stata l'occasione per rivelare l'anima profonda del popolo cristiano del Belgio, che, pur essendo da sempre latente, ha trovato felici accenti per esprimersi. E ciò ha procurato una grande gioia a voi e a me. Anche se non ho potuto rispondere a tutte le vostre domande, le conservo nel mio cuore e nella mia sollecitudine pastorale. Possa la nostra comune esperienza portare ora tutti i suoi frutti! Porto con me il ricordo di tutti questi contatti pastorali e specialmente delle vostre comunità riunite a Bruxelles, a Mechelen, ad Anversa, a Ieper, a Gand, a Beauraing, a Namur, a Liegi, a Lovanio, a Lovanio Nuova, a Banneux.


4. Il mio voto è che questo Paese, così ricco di tradizioni, di culture, d'iniziative sociali, di mezzi di partecipazione politica, persegua i suoi sforzi di mutua accoglienza, di stima reciproca, d'intesa, di convivialità, di collaborazione - oso dire di amore - che assicureranno la felicità e il progresso di tutti e ne faranno un esempio in questa Europa che vuole, anch'essa, avanzare nell'armonia e nell'unità. Questo cammino esige all'occorrenza di dimenticare i motivi di risentimento del passato, un rinnovamento delle mentalità. Noi abbiamo spesso ricordato nello stesso tempo questo rispetto degli altri e questa coscienza di ciò che è comune: queste esigenze sono del resto in linea con la vostra tradizione di libertà e con l'ideale cristiano che molti condividono.

Io auguro anche che il Belgio continui ad apportare al mondo il suo contributo per la pace, per la giustizia, per lo sviluppo, nelle cooperazioni bilaterali e nelle istanze internazionali. Desidero infine e soprattutto che i cattolici belgi facciano affidamento sull'eredità della fede che ha fatto il loro dinamismo nel corso dei secoli, che essi si rifacciano continuamente al Vangelo stesso, che essi cerchino, con la loro Chiesa, come realizzare - attraverso una testimonianza rispettosa delle libertà - una nuova evangelizzazione delle mentalità attuali che congiunga la loro vita alla vita di Dio, assumendo e nobilitando gli sforzi umani. La comunione fiduciosa della vostra Chiesa particolare con la Sede apostolica di Roma e l'apertura alla Chiesa universale saranno le garanzie dell'autenticità di questo progresso.

I vostri vescovi, il cardinale Danneels e i suoi fratelli nell'episcopato che sono miei fratelli, rimangano fra voi come testimoni e artefici privilegiati di questa appartenenza alla Chiesa universale, il corpo di Cristo. Questa comunione era la principale ragione d'essere della mia presenza fra voi durante questi cinque giorni. Sarà l'oggetto della mia preghiera costante.

Che il nostro Padre celeste vi conservi nella sua santa volontà! Che il Signore Gesù vi mantenga nella sua pace! Che lo Spirito Santo rafforzi in voi la speranza! Su tutti coloro che mi accompagnano in questo luogo di commiato - o di arrivederci - imploro la benedizione di Dio. Grazie a tutti voi!

Data: 1985-05-21 Data estesa: Martedi 21 Maggio 1985










Al concistoro segreto - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nomina di 28 nuovi cardinali

Venerabili fratelli, il sacro Concistoro suole essere nella vita della Chiesa un momento singolare, nel quale si celebra l'assemblea di coloro che, secondo una antica istituzione, sono i più vicini consiglieri e collaboratori del successore del beato apostolo Pietro. La vostra presenza è dunque per me motivo di grande gioia, e vi saluto tutti singolarmente con sentimento di fervida dilezione.

Appartiene alla natura stessa del cardinale aderire fermissimamente alla Sede apostolica e a colui che detiene l'ufficio supremo di reggere la Chiesa universale; ma questo legame si fa più manifesto quando questo senato della Chiesa stessa si raduna in modo visibile.

Vi ho convocati, come sapete, per trattare alcune gravi questioni, principalmente per creare nuovi membri del sacro Collegio. Ho ritenuto di dover dare questo incarico e dignità a ventotto ecclesiastici, sebbene anche altri, per i loro meriti, avrebbero potuto esserne insigniti; ma è giusto rispettare il limite stabilito, per quanto riguarda il numero dei cardinali. Quelli che ora si aggiungono al vostro Collegio esprimono in certo modo l'universalità della Chiesa e rappresentano diverse mansioni che servono e concorrono alla sua edificazione.

Questo sacro Concistoro si svolge nel momento in cui si impone alla Chiesa un maggiore sforzo per portare la verità di Cristo e la sua opera salvifica in un mondo che spesso ignora o trascura o anche contrasta beni così grandi e necessari. Come sapete, nella prima domenica di Avvento dell'anno scorso ho promulgato l'esortazione apostolica sulla riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi: cioè ho sintetizzato, per così dire, in un testo unico le conclusioni e le domande del sesto Sinodo dei vescovi. Nel considerare le divisioni e le ingiustizie che lacerano gli uomini e le nazioni del nostro tempo, si rendeva necessario cercarne attentamente le cause con quello spirito che permettesse di trovarne i rimedi adeguati. La radice di tutti questi mali è la ferita insita nelle profondità dell'animo umano: il peccato che gli uomini commettono facendo cattivo uso della libertà che Dio ha loro donato. E' dunque necessario che essi si riconcilino con Dio, con se stessi e con i fratelli, e mediante la penitenza ristabiliscano l'ordine turbato dal peccato. Pertanto, come dicevo nel medesimo documento, poiché nel seno stesso della Chiesa esistono divisioni per quel che riguarda la dottrina e la pastorale, mi è sembrato opportuno riaffermare la verità sulla natura del peccato, e per quanto si riferisce alle norme del magistero sulla retta prassi del sacramento della Penitenza esortare tutti coloro cui compete.

Inoltre, com'è noto, è in corso l'Anno internazionale della gioventù, indetto dalle Nazioni Unite. La Chiesa non poteva fare a meno di cogliere questa occasione per mostrarsi madre e maestra verso i giovani nei quali è riposta in gran parte la sua speranza. Per questa ragione, pochi mesi fa ho indirizzato loro una lettera apostolica. E' senza dubbio un soggetto che ci trova tutti solleciti, affinché quel "tesoro di ricchezze, che è la gioventù" non si corrompa, ma venga custodito, alimentato, accresciuto. E' stato necessario illustrare specificatamente il tema della vocazione sacerdotale e religiosa, rendendosi evidente oggi, soprattutto in alcuni Paesi e in alcune congregazioni religiose, la penuria di operai nella messe del Signore e di persone che professino i consigli evangelici.

Vi ricordo queste cose, venerabili e diletti fratelli, affinché insieme con me vi adoperiate con grande impegno e instancabile alacrità nel venire incontro a queste necessità di cui la Chiesa sente il peso. In questo ci soccorre l'efficace aiuto celeste che dobbiamo implorare con instancabile preghiera. Siamo ormai alla vigilia della dolce solennità di Pentecoste, nella quale invochiamo con particolari preghiere di adorazione lo Spirito Santo che vivifica e dà unità al corpo della Chiesa. Preghiamolo affinché elargisca con abbondanza i suoi doni, in questi tempi difficili, e renda feconde le nostre fatiche pastorali.

Gli apostoli, nell'attesa del Paraclito promesso, "erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14): seguiamo il loro esempio. Affinché abbiano un esito felice quelle cose che stanno massimamente a cuore alla Chiesa, non cessiamo di invocare colei che è stata associata al Salvatore nell'opera della riconciliazione del genere umano e che in Cana di Galilea, quando venne a mancare il vino, fece opera di intercessione a favore dei giovani, cioè degli sposi novelli.

Queste cose volevo dirvi con affetto e sollecitudine. Prima di fare i nomi di coloro che entreranno a far parte del sacro Collegio, occorre provvedere alla sede suburbicaria di Porto e Santa Rufina, il cui titolo si è reso vacante per la morte del cardinale Paolo Marella, di felice memoria. Nomino dunque vescovo con il titolo di Porto e Santa Rufina l'eminentissimo signor Agostino cardinale Casaroli, che viene dal Consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa.

Luigi Dadaglio, arcivescovo titolare di Lero, pro-penitenziere maggiore; Simon D. Lourdusamy, arcivescovo emerito di Bangalore, segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli o "de Propaganda fide"; Francis A. Arinze, arcivescovo emerito di Onitsha, pro-presidente del Segretariato per i non cristiani; Juan Francisco Fresno Larrain, arcivescovo di Santiago de Chile; Antonio Innocenti, arcivescovo titolare di Eclano, nunzio apostolico in Spagna; Miguel Obando Bravo, arcivescovo di Managua; Augustin Mayer, arcivescovo titolare di Satriano, pro-prefetto delle Congregazioni per i sacramenti e per il culto divino; Angel Suquia Goicoechea, arcivescovo di Madrid; Jean Jèrôme Hamer, arcivescovo titolare di Lorium, pro-prefetto della Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari; Ricardo Vidal, arcivescovo di Cebu; Henryk Roman Gulbinowicz, arcivescovo di Wroclaw; Paulos Tzadua, arcivescovo di Addis Abeba; Jozef Tomko, arcivescovo titolare di Doclea, pro-prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli o "de Propaganda fide"; Myroslav Ivan Lubachivsky, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini; Andrzej Maria Deskur, arcivescovo titolare di Tene, presidente emerito della Pontificia commissione per le comunicazioni sociali; Paul Poupard, arcivescovo titolare di Usula, presidente del Segretariato per i non credenti e presidente del Comitato esecutivo del Pontificio consiglio per la cultura; Albert Vachon, arcivescovo di Québec; Albert Decourtray, arcivescovo di Lyon; Rosalio José Castillo Lara, arcivescovo titolare di Precausa, pro-presidente della Pontificia commissione per l'interpretazione autentica del Codice di diritto canonico; Friedrich Wetter, arcivescovo di Monaco e Frisinga; Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze; Adrianus J. Simonis, arcivescovo di Utrecht; Edouard Gagnon, arcivescovo titolare di Giustiniana prima, pro-presidente del Pontificio consiglio per la famiglia; Alfons Stickler, arcivescovo titolare di Bolsena, pro-bibliotecario e pro-archivista di santa romana Chiesa; Bernard F. Law, arcivescovo di Boston; John J. O'Connor, arcivescovo di New York; Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna; Pietro Pavan. Pertanto, con l'autorità di Dio onnipotente, dei santi apostoli Pietro e Paolo e mia, creo e pubblico cardinali di santa romana Chiesa: dell'Ordine dei presbiteri: Juan Francisco Fresno Larrain, Miguel Obando Bravo, Angel Suquia Goicoechea, Ricardo Vidal, Henryk Roman Gulbinowicz, Paulos Tzadua, Myroslav Ivan Lubachivsky, Albert Decourtray, Friedrich Wetter, Silvano Piovanelli, Adrianus J. Simonis, Bernard F. Law, John J. O'Connor, Giacomo Biffi; dell'Ordine dei diaconi: gli altri che ho prima nominato.

Io che, nel sacro Concistoro celebrato il 13 giugno del 1979, dissi di tenere "in pectore" alcuni altri presuli, in questa solenne assemblea rinnovo e confermo questa mia volontà.

Con le dispense, le deroghe e le clausole necessarie ed opportune. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Resta da provvedere alle Chiese cui è venuto a mancare il loro Pastore

Data: 1985-05-25 Data estesa: Sabato 25 Maggio 1985





Al Concistoro pubblico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pentecoste: mistero dell'unità e pluralità della Chiesa

"Cantiamo al Signore con voce di gioia".


1. Si, venerati fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio; si, cari fratelli, che oggi siete convenuti in questa piazza da luoghi anche molto lontani, noi abbiamo ragione di cantare al Signore in gioiosa gratitudine per l'evento solenne che egli ci concede di vivere: il Collegio cardinalizio si arricchisce stamane di ventotto nuovi membri.

Mentre porgo agli eletti le mie felicitazioni cordiali assicurandoli della mia stima e del mio affetto, desidero rivolgere un deferente saluto alle delegazioni dei vari Paesi, come anche alle rappresentanze delle numerose diocesi, che hanno voluto essere qui presenti per fare corona ai nuovi cardinali.

"Cantiamo al Signore con voce di gioia". Queste parole esprimono bene i sentimenti che animano noi tutti. Quel che oggi si compie riveste un significato rilevante per la vita della Chiesa, che cammina sulle strade del mondo e della storia. Quale sia tale significato ci è reso chiaro dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato poc'anzi. Cristo rinnova a questi eletti la consegna data agli apostoli in procinto di partire per la prima missione evangelizzatrice: essi devono andare incontro ai loro fratelli "con la prudenza del serpente e con la semplicità della colomba" (cfr. Mt 10,16), portando a tutti la "buona notizia" della salvezza. Non devono farsi illusioni circa l'accoglienza che verrà loro riservata. Non di rado essi saranno fatti segno di contraddizione, e talvolta perfino di persecuzione. Dovranno per questo abbandonarsi allo scoramento e al pessimismo? Gli ammonimenti di Cristo vanno in senso decisamente contrario.

Per ben tre volte Gesù esorta gli apostoli a "non temere", a "non farsi prendere dalla paura", a "non avere timore" (cfr. Mt 10,26 Mt 10,28 Mt 10,31), a coltivare cioè un atteggiamento di fiduciosa sicurezza e di radicale abbandono. E questo - si badi - pur non illudendoli circa i possibili sviluppi della loro vicenda personale: la loro missione li porterà a misurarsi anche con "coloro che uccidono il corpo" (Mt 10,28) e in tale confronto la loro vita potrà essere sacrificata.

Eppure, nonostante questo, essi devono continuare ad avere fiducia. Perché? La ragione è duplice: innanzitutto, perché il Padre celeste, il quale sa anche del passero che cade a terra senza vita, conosce tutto dei suoi figli, compreso il numero dei capelli del capo (cfr. Mt 10,30-31). Essi possono perciò stare sicuri: qualunque cosa succeda, non vi sarà nulla di imprevisto; nulla che non faccia parte di un piano provvidenziale, il cui sbocco finale sarà una gioia più grande per il discepolo stesso, che è stato messo alla prova. La seconda ragione è che "non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato e di segreto che non debba essere manifestato" (Mt 10,26).

Il messaggio che Gesù per il momento confida "all'orecchio" dei suoi apostoli, sarà in seguito "proclamato sui tetti" (cfr. Mt 10,27), risuonerà cioè palesemente all'orecchio di tutti. La parola evangelica possiede in se stessa una forza inarrestabile, che la proietta verso il mondo e verso il futuro. Si potrà cercare di osteggiarla e di soffocarla, ma alla fine essa vincerà tutte le opposizioni, oltrepasserà tutte le barriere, raggiungerà ogni regione, conquisterà il cuore di ogni persona di buona volontà.

Duemila anni di storia confermano la verità di questa predizione di Cristo: il Vangelo ha valicato i mari e si è spinto oltre i confini delle più impervie regioni della terra. Non che siano cessati, nel frattempo, gli ostracismi e le persecuzioni: anche da questo punto di vista la parola di Cristo continua ad avere puntuale attuazione. Ma i credenti di oggi possono sapere già da ora quali saranno gli esiti finali delle angustie a cui sono sottoposti nel presente: gli annunciatori del Vangelo possono anche essere imprigionati, ma non lo sarà l'annuncio di cui essi sono portatori (cfr. 2Tm 2,9).




2. La parola del Vangelo riuscirà vittoriosa anche delle persecuzioni odierne e varcherà la soglia ormai prossima del nuovo millennio per recare alle generazioni che verranno la promessa del perdono e l'annuncio della speranza. Giustamente perciò la prima Lettera di Pietro esorta (1P 5,6-7): "Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi". L'umile e fiducioso abbandono nelle mani di Dio è l'atteggiamento proprio del messaggero sottoposto alla prova.

"Dio ha cura di voi": questa premura di Dio per la sorte dei suoi figli è il fondamento su cui poggia la fiducia della Chiesa di ogni tempo. E' una fiducia ben riposta, perché la premura del Padre è giunta fino a inviare alla comunità dei credenti la terza persona della Trinità, lo Spirito Santo, perché rimanga con essa per sempre: "Io preghero il Padre - ha promesso Cristo - ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre" (Jn 14,16).

Noi ci prepariamo a rivivere domani l'evento grandioso della Pentecoste: la Chiesa si stringe oggi in preghiera intorno a Maria, come si strinse la comunità primitiva nel cenacolo di Gerusalemme, per disporsi ad accogliere colui che viene a "convincere il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio" (cfr. Jn 16,8), e cioè colui che viene per dare alla Chiesa la forza necessaria per affrontare il mondo e per testimoniare davanti ad esso la condanna del peccato, la sconfitta di Satana e il trionfo della giustizia di Dio.


3. Questa vigilia di Pentecoste riverbera sul Concistoro che stiamo celebrando una luce particolare. Sono chiamate a far parte del Collegio cardinalizio persone che provengono da diverse parti del mondo. In esse sono rappresentate Chiese geograficamente distanti fra loro, eppure profondamente unite nel vincolo della carità di Cristo.

Molteplicità e unità: è questo un dato che invita a riflettere. Nel Collegio dei cardinali si rendono manifeste due dimensioni essenziali della Chiesa, la quale è insieme universale e particolare. Lo è stata sempre, a partire dagli inizi. Già in Gerusalemme la comunità primitiva, raccolta intorno agli apostoli, era contemporaneamente "particolare" e "universale": era "particolare" perché legata a un luogo determinato, Gerusalemme appunto; ed era al tempo stesso "universale", perché in essa confluivano genti di nazioni diverse, aventi una propria lingua, una propria cultura, propri usi e tradizioni.

L'avvenimento, che noi oggi viviamo, ripropone questa duplice dimensione della Chiesa: i nuovi cardinali vengono associati con vincolo particolare alla Chiesa di Roma, che gli apostoli Pietro e Paolo fondarono con la parola e col sangue. Essi pero rendono al tempo stesso testimonianza dell'estensione universale della Chiesa: vi sono infatti tra loro persone provenienti dalle più diverse parti del mondo, membri di Chiese molto antiche, che vantano tradizioni venerande, ed esponenti di Chiese fondate in tempi a noi più vicini, nelle quali tuttavia il seme del Vangelo ha già maturato messi copiose.

I tesori di culture diverse vengono fatti confluire verso questa Chiesa di Roma attraverso le loro persone; con loro le esperienze e le conquiste umane di popoli dalla storia millenaria entrano a far parte del patrimonio di saggezza che i secoli hanno accumulato presso la Sede di Pietro. Al tempo stesso, il senso vivo della cattolicità, che si respira in questa città in cui la Provvidenza ha voluto porre il centro del cristianesimo, rifluisce verso le Chiese nelle quali essi esercitano il loro ministero o si esprime nell'attività che essi svolgono nei diversi organismi della Santa Sede. Tra i nuovi cardinali numerosi prestano alla Sede apostolica il loro fedele e valido servizio, nel quale portano il contributo della loro esperienza e delle loro migliori energie.


4. S'afferma dunque, anche nell'odierno evento, il mistero dell'unità e pluralità della Chiesa. Questo mistero noi vogliamo oggi celebrare con gioiosa gratitudine, mentre ci disponiamo ad accogliere una nuova effusione dello Spirito nella solennità di Pentecoste. Quel che noi oggi viviamo è veramente un avvenimento di Pentecoste, nel quale ci è dato di sperimentare una particolare presenza dello Spirito "consolatore", promesso da Cristo alla sua Chiesa.

Noi lo invochiamo oggi con particolare fervore, perché discenda sui nuovi cardinali, colmandoli dei suoi doni. Possa ciascuno di loro essere fedele ai propri compiti "usque ad sanguinis effusionem", fino all'effusione del sangue, secondo l'antica formula che ha nel colore purpureo delle loro insegne un preciso quanto espressivo riscontro. Al tempo stesso, vogliamo comprendere nella nostra preghiera tutti i pastori della Chiesa, che devono misurarsi con le forze del male, presenti nel mondo. Per tutti questi "testimoni delle sofferenze di Cristo" (cfr. 1P 5,1) noi imploriamo luce, coraggio, costanza, perché, fedeli alla missione ricevuta, sappiano donarsi al loro gregge con intenso amore pastorale, nella prospettiva della "corona della gloria che non appassisce" (cfr. 1P 5,4). E preghiamo anche per tutti i fedeli sparsi nel mondo, perché in mezzo alle prove quotidiane siano "saldi nella fede" (1P 5,9).

"Veni, Sancte Spiritus!", noi invochiamo con tutta la Chiesa. "Vieni Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce". Si, vieni! La Chiesa attende il tuo aiuto. Vieni e fa' che essa non si smarrisca sulle strade del mondo, ma, sorretta dal calore della tua luce, cammini sicura verso lo Sposo, verso il quale sospira con tutto lo slancio del suo cuore (cfr. Ap 22,17).

Vieni, divino Spirito! Amen. Saluto in varie lingue ai pellegrini presenti.

[In francese:] Cari fratelli e sorelle, esprimo ai nuovi cardinali i miei sentimenti di stima e di comunione fraterna. E ripeto loro con la massima fiducia che la Chiesa conta sulla loro generosa dedizione. So che nei loro diversi incarichi, essi parteciperanno tanto maggiormente alla missione universale in quanto sono d'ora innanzi più strettamente legati al successore di Pietro. Voi siete venuti numerosi per accompagnarli nel giorno del loro ingresso nel Collegio dei cardinali. La vostra presenza manifesta molti legami di amicizia nati nei vostri Paesi, nelle vostre diocesi, a Roma e in occasione di collaborazioni pastorali. Salutandovi tutti molto cordialmente, auguro che questa circostanza felice sia per voi un nuovo motivo di impegno al servizio della Chiesa di Cristo.

[In inglese:] La vostra presenza qui oggi è un segno della vostra stima per i nuovi cardinali e un'espressione dell'importanza che voi attribuite al loro ruolo nella Chiesa di Dio. Essi sono chiamati a esercitare uno speciale servizio pastorale nella Chiesa, ad essere testimoni della sua universalità, e a collaborare in modo particolare col successore di Pietro. Ancora una volta stiamo celebrando il mistero dell'unità della Chiesa.

[In tedesco:] Un'elevazione al cardinalato onora sempre anche la Chiesa in patria e rafforza la sua unione con la Sede di Pietro. I cardinali sono i più stretti collaboratori del Papa nella sua responsabilità per la Chiesa universale, sia che essi governino una loro diocesi come pastori sia che svolgano un servizio direttivo nella curia romana. Accompagnate anche in futuro con la vostra preghiera fedele il nuovo lavoro, ancor più impegnativo, dei vostri cardinali.

[In spagnolo:] Desidero salutare con affetto tutte le persone di lingua spagnola qui presenti, in modo particolare i familiari, i diocesani e gli amici dei nuovi cardinali, così come le delegazioni dei loro rispettivi Paesi. Prego Dio perché questo avvenimento ecclesiale sia per ciascuno di voi un nuovo motivo di gioia, di pace e di speranza cristiana che vi faccia sentire più uniti alla Chiesa universale. Che l'unione nella fede e nell'amore, corroborata dalla presenza dello Spirito Santo, continui ad animare ora e sempre tutti i momenti della vostra vita.

[In polacco:] La vostra presenza qui è un'altra prova del profondo e millenario legame che unisce la Chiesa e il popolo polacco alla Sede di san Pietro. Desidero e mi auguro caldamente che il nostro popolo credente trovi sempre un sostegno nella forza di spirito che attraverso Cristo, la sua croce e la sua risurrezione, costituisce la grande eredità della nostra patria. Per questo preghiamo insieme la Madonna di Jasna Gora, Regina della Polonia e i nostri patroni: sant'Adalberto, san Stanislao, san Massimiliano Maria che è davanti a Dio un singolare testimone dei nostri tempi difficili.

[In ucraino:] Saluto cordialmente tutti gli ucraini qui presenti: i benedettissimi vescovi, sacerdoti, monaci e monache, seminaristi e tutti i fedeli e auguro loro ogni bene, invocando la grazia e la benedizione di Dio sulla Chiesa e sul popolo ucraino.

[In slovacco:] Saluto affettuosamente tutti gli slovacchi e le slovacche presenti, vi ringrazio di cuore per essere venuti a Roma in questa solenne occasione. Mi rallegro sinceramente con voi e benedico paternamente tutti voi e i vostri compaesani in Slovacchia e all'estero.

Data: 1985-05-25 Data estesa: Sabato 25 Maggio 1985





Concelebrazione coi nuovi cardinali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniare, costruire, manifestare l'unità della Chiesa




1. "Pace a voi!" (Jn 20,19).

Oggi, giorno di Pentecoste, ci troviamo nel cenacolo di Gerusalemme: gli apostoli insieme con la Madre del Signore. E anche se ormai sono passati molti giorni dalla risurrezione, tutti conservano ancora nella memoria quel giorno, in cui Cristo, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano, venne tra loro. Anche la liturgia ricorda quel giorno. Venne, si fermo in mezzo ad essi, e disse: "Pace a voi!".

Oggi, giorno di Pentecoste, Cristo non verrà solo. Verrà con colui che egli ha annunciato e promesso: il Consolatore, lo Spirito di verità: Parakletos.

"...Quando me ne saro andato, ve lo mandero" (Jn 16,7). Andato via Gesù, gli apostoli insieme con Maria rimasero in preghiera, mentre si avvicinava il momento della discesa.


2. Il momento della discesa - il mistero della discesa dello Spirito Santo - è unito strettissimamente a quella sera "dopo il sabato", giorno della risurrezione.

Allora Gesù venne tra gli apostoli e "mostro loro le mani e il costato" (Jn 20,20). Era la stessa persona che "prima del sabato di Pasqua" era stata inchiodata alla croce, e che, spirata, ebbe il costato aperto dalla lancia del centurione. Davanti agli apostoli si presento dunque il Crocifisso e al tempo stesso il Risorto - e disse: "Pace a voi!". Dopo averli salutati, alito su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22). Questo non era più solo un annuncio. Era insieme il compimento della promessa. Cristo dice chiaramente: "Ricevete". Gli apostoli dunque ricevono lo Spirito Santo. Nelle parole del Risorto è contenuto tutto il divino realismo del dono: del dono dall'alto. Questo dono è lo Spirito Santo, lo Spirito che è uno con il Padre e il Figlio: è come il frutto della loro spirazione. Il loro amore. Il dono increato ed eterno. Lui è il Paraclito. Il Padre lo manda "nel nome di Cristo" (cfr. Jn 14,26). E Cristo stesso lo manda (cfr. Jn 16,7 Jn 20,22). Proprio in quel momento, in cui dice: "Ricevete lo Spirito Santo".


3. In questo momento ebbe inizio la Chiesa. La Chiesa-corpo di Cristo. Cristo risorto nel corpo manifesta la Chiesa, quando dice agli apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo". Manifesta l'inizio della Chiesa e insieme le dà inizio.

La Chiesa infatti è simile al corpo, che "è uno" pur "avendo molte membra" (composta di molti membri (cfr. 1Co 12,12). Nel momento in cui Cristo risorto va dagli apostoli, proprio essi costituiscono l'inizio del nuovo corpo di Cristo: di quel corpo che è la Chiesa. Questo corpo, nel momento dell'inizio della Chiesa nel cenacolo della risurrezione, è deposto in loro: viene iniziato in loro.

I dodici costituiscono il principio del nuovo Israele (AGD 5). Nel ricevere lo Spirito Santo, diventano una sola realtà: la Chiesa, nuovo corpo di Cristo.

"Tutti sono stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo. Tutti si sono abbeverati a un solo Spirito" (cfr. 1Co 12,13). Ciò avvenne quando Cristo "alito su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo"" (Jn 20,22).


4. Il giorno di Pentecoste è il giorno della nascita della Chiesa. Il corpo di Cristo, unito dallo Spirito Santo nei cuori degli apostoli a partire da quel giorno, si manifesta al mondo.

Quanto avviene nel cenacolo della Pentecoste - e intorno al cenacolo - costituisce si può dire ciò che sono i sintomi della venuta al mondo della Chiesa.

Viene al mondo - o piuttosto entra nel mondo - la Chiesa, il corpo di Cristo, maturo per vivere e agire nel mondo. In mezzo a tutte le nazioni.


5. Questo si esprime innanzitutto attraverso "un rombo come di vento che si abbatte gagliardo (Ac 2,2): infatti colui, che viene mandato dal Padre "nel nome di Cristo", è il "Soffio". E' lui che compie l'unione dei cuori. Grazie a lui i dodici usciranno dal cenacolo come Chiesa: come un solo corpo, nel quale vive il Cristo, crocifisso e risorto.


6. Questi si manifesta contemporaneamente nel segno delle lingue. Lingue come di fuoco si accendono sopra le teste degli apostoli ed essi cominciano a parlare "in altre lingue" (Ac 2,4). Queste sono per essi lingue "straniere", diverse da quella natia. E contemporaneamente queste sono lingue proprie, le lingue materne di questa gente che si è radunata attorno al cenacolo, di questa folla.

E vi erano - come testimoniano gli Atti degli apostoli - "Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi" (Ac 2,9-11). L'intero Medio Oriente di allora, e di oggi, e insieme "il mondo mediterraneo": la culla della Chiesa.


7. Tutti erano l'annuncio della molteplicità della Chiesa, l'annuncio della sua universalità; erano la prima dimensione storica di questa universalità, che si realizza attraverso una molteplicità di lingue, di culture, di popoli e di nazioni.

Tutti sono stati redenti nella croce di Cristo, giustificati mediante la sua risurrezione. Tutti - forse anche senza saperlo - attendevano di diventare un corpo in Cristo: di diventare la Chiesa, il nuovo Israele. Attendevano che dalla molteplicità emergesse questa mirabile unità, operata da un solo Spirito.

"...Battezzati in un solo Spirito... abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,13).


8. Allora dunque - al centro stesso di questo evento - gli apostoli dovettero comprendere fino in fondo le parole che Cristo aveva detto loro il giorno della risurrezione: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Di fronte a questa folla capirono definitivamente di essere "mandati".

Lo Spirito Santo opero questo mandato, questa missione che si manifesto nei loro cuori e sulle loro labbra. Questo divenne in essi una realtà matura. Le persone radunate intorno al cenacolo si domandavano: "Costoro che parlano non sono forse tutti galilei? E com'è che... li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio?" (Ac 2,7-8 Ac 2,11). 9. Era l'inizio del mandato e della missione di tutta la Chiesa, che di secolo in secolo, e di generazione in generazione, parla sempre nuove lingue. In questa molteplicità di lingue essa è insieme universale e una: costituisce un corpo solo! Oggi, nel nostro "cenacolo" romano, presso la tomba di san Pietro, risuonano in modo particolare alcune di queste lingue parlate dalla Chiesa di oggi: la lingua italiana, francese, spagnola, inglese, tedesca, polacca, olandese, ucraina, slovacca, tamil, ibo e etiopica.

Cari fratelli, che insieme con me celebrate questa santa Eucaristia di Cristo sulla tomba di san Pietro, neo-cardinali! Voi siete un segno particolare di questa universalità, composta di molte lingue e insieme dell'unità della Chiesa: unita dallo Spirito Santo per opera della croce e della risurrezione di Cristo.

Siete la testimonianza della Chiesa apostolica unita intorno a Pietro, così come nel giorno stesso della Pentecoste.

Oggi - nella solennità di Pentecoste - dovete vivere di nuovo il senso delle parole, pronunciate dal Signore risorto: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".

Nella chiamata al cardinalato è contenuta la speciale espressione della missione di tutta la Chiesa, un particolare accento dell'eredità apostolica unita all'ufficio episcopale, al servizio episcopale e, particolarmente, al servizio di Pietro.

Dovete dunque testimoniare questa unità, che è contenuta nella molteplicità e nell'universalità e costruirla in modo particolare. Assicurarla. E manifestarla. Tutto ciò si trova sull'asse del grande mistero del corpo di Cristo, che "essendo uno ha molte membra" e tutte le membra vengono animate da "un solo Spirito" (cfr. 1Co 12,1 1Co 2 1Co 12,14).


10. Pace a voi! Pace a voi, cari fratelli e sorelle, che in questo momento mi state ascoltando qui, presso la tomba di san Pietro. E a voi, che, in tutto l'orbe terrestre, vi unite a noi. Pace a voi: Chiese tutte del popolo di Dio che nella comunione con chi presiede alla carità formate un'unica Chiesa: il corpo di Cristo, diffuso in tutto il mondo.

Pace a voi tutti, fratelli e sorelle, che insieme con noi confessate lo stesso Cristo anche se non siete con noi nell'unità della stessa Chiesa. Oggi imploriamo insieme lo Spirito Consolatore, affinché avvicini il tempo di questa unione, che ebbe il proprio inizio nell'evento della Pentecoste di Gerusalemme.

Pace a voi tutti, fratelli e sorelle, che siete uniti dal sacerdozio universale nel sacramento del santo Battesimo; e specialmente a voi, che sul fondamento di questo sacerdozio vi siete donati totalmente a Cristo mediante i voti religiosi.

Pace a voi, presbiteri della Chiesa, servi di Dio e del popolo di Dio su tutta la terra.

Pace a voi, venerati fratelli nell'episcopato, servi e pastori di questo popolo.

Pace a te, venerato Collegio dei cardinali, oggi rinnovato e arricchito di nuovi membri.

Pace a te, Chiesa di Dio! Pace a te, mondo di oggi. Che lo Spirito della Pace abiti in te, rinnovando il volto della terra! 1


1. Ecco, il Cristo risorto venne nel cenacolo e "i discepoli gioirono" (Jn 20,20). Ecco, lo Spirito promesso discese sugli apostoli... "i discepoli gioirono".

Cari fratelli e sorelle! Che nessuno "ci tolga questa gioia" (cfr. Jn 16,22). Amen. Data: 1985-05-26 Data estesa: Domenica 26 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ultimo affettuoso augurio prima della partenza dal Belgio