GPII 1985 Insegnamenti - Al Centro per teletrasmissioni del Fucino - Avezzano (L'Aquila)

Al Centro per teletrasmissioni del Fucino - Avezzano (L'Aquila)

Titolo: Da Telespazio un messaggio di pace all'umanità intera

In questa mia visita, purtroppo troppo fugace ma molto interessante a Telespazio, desidero rivolgervi, di tutto cuore, una parola di ringraziamento e di augurio.

Il mio grazie, innanzitutto, ai tre signori ministri, ai presidenti della Giunta e del Consiglio regionale abruzzese e alle altre autorità presenti; la mia particolare gratitudine va poi al presidente dell'Iri professor Romano Prodi per le gentili espressioni che, a nome di tutti, ha voluto ora rivolgermi e per le illustrazioni fornitemi circa il funzionamento di questo grandioso centro spaziale. Ringrazio i dirigenti delle aziende del gruppo Iri, in particolare della Stet e della Telespazio, e quanti hanno contribuito perché il messaggio di fratellanza e pace che ho rivolto stamane ai lavoratori della Marsica potesse riecheggiare ben al di là dei confini di questa splendida regione e della stessa Europa.

Sappiamo che Telespazio, costituita nel 1961, ha molto contribuito all'inserimento dell'Italia nella comunità internazionale delle telecomunicazioni, acquistando con la sua presenza e il suo servizio benemerenze che sarebbe qui troppo lungo enumerare. La stessa Santa Sede deve alla presenza e all'impegno di questo centro la possibilità di giungere, ogni anno, nel mondo intero, con le significative immagini delle solenni celebrazioni liturgiche che si svolgono in Roma, specialmente in occasione delle festività di Pasqua e di Natale.

Mi piace poi, tra l'altro, ricordare con soddisfazione in questo luogo che la vostra attività, tramite Inmarsat, consente spesso di collegare navi in mare con stazioni costiere, favorendo così la salvaguardia di vite umane in situazioni di emergenza; come pure permette l'acquisizione e l'elaborazione di dati trasmessi da particolari satelliti che, dotati di speciali sensori, rilevano e trasmettono a terra un'enorme mole di notizie, utili a meglio conoscere e gestire le risorse naturali del nostro pianeta.

So, infine, che Telespazio ha sviluppato e fornito programmi di addestramento e di assistenza tecnica a molti Paesi emergenti, in collaborazione con le Nazioni Unite e l'Unione internazionale delle telecomunicazioni, confermando con la sua azione che le grandi reti delle comunicazioni sono presupposto di sviluppo e di progresso.

Vogliate accettare, signori, l'espressione del mio grato apprezzamento per tutto questo, e insieme l'augurio che il vostro lavoro, operando così efficacemente per l'utilizzazione dello spazio, uno dei principali protagonisti dello sviluppo delle umane attività nei prossimi decenni, si esprima, sempre meglio, come artefice di benessere e di pace per l'intera umanità.

Data: 1985-03-24 Data estesa: Domenica 24 Marzo 1985





Recita dell'Angelus con i lavoratori - Avezzano (L'Aquila)

Titolo: Vincere col bene il male per consolidare la pace

Cari fratelli e sorelle!

1. E' ormai l'ora dell'Angelus, la preghiera che ricorda il mistero dell'Annunciazione dell'angelo Gabriele a Maria santissima.

Domani la liturgia celebra con solennità questo mistero culminante della storia della salvezza, che sta all'inizio della nostra redenzione: l'adesione incondizionata dell'Ancella del Signore al piano divino di salvezza universale ha consentito infatti all'iniziativa salvifica di Dio di realizzarsi a beneficio di tutta l'umanità. Fu appunto questo il motivo per cui la data del 25 marzo fu scelta sia quale inizio dell'Anno giubilare della redenzione, sia per l'atto di affidamento al Cuore immacolato di Maria, che compii in unione con tutti i vescovi del mondo, precisamente il giorno dell'Annunciazione dello scorso anno.


2. Il momento drammatico che l'umanità sta vivendo ci deve indurre a rivolgerci con fiducia sempre maggiore al Cuore immacolato di Maria, perché implori con noi e per noi la potenza redentrice della grazia di Dio. I discepoli di Cristo sono oggi più che mai chiamati, con la fortezza dello Spirito Santo, ad impegnarsi per la salvezza del mondo, perché mai come oggi su di esso grava il pericolo dell'autodistruzione. Intervenga Maria santissima a nostro sostegno nella presente lotta fra il bene e il male e ci ottenga la forza per vincere col bene il male, contribuendo così al consolidamento della pace nel mondo.

[Dopo la recita dell'Angelus:] Voglio ringraziare cordialmente tutti i presenti per questo invito e per questa partecipazione così significativa. Ma, ci domandiamo tutti, perché non è stato possibile, il giorno di san Giuseppe, celebrare la festa, la solennità di san Giuseppe come patrono dei lavoratori, come era previsto? Chi ha causato tutto questo non lo sappiamo. Si dice la neve, si; si dice il tempo; ma vi sono diverse interpretazioni di questo cambiamento di programma: perché non il 19 marzo, ma il 24, perché non il martedi, ma la domenica? Alcuni affermano che san Giuseppe, essendo lavoratore, probabilmente non è riuscito ad ottenere un giorno libero e così è dovuto restare al lavoro e ha dovuto ricevere questa celebrazione legata anche al suo carattere di lavoratore, di artigiano, oggi, la domenica successiva. così alcuni tentano di spiegare il fatto che celebriamo la festa di san Giuseppe non nella data liturgica di questa solennità, ma oggi.

Forse san Giuseppe voleva cedere un po' alla solennità di domani, perché sappiamo bene che egli, oltre che essere lavoratore, artigiano, carpentiere, era sposo purissimo della Vergine. Ecco, domani abbiamo la festa della Vergine: una delle feste più grandi, quella dell'Annunciazione. forse san Giuseppe voleva avvicinare questa nostra celebrazione alla festa di domani.

Non sappiamo quale potrebbe essere l'interpretazione giusta, ma dal punto di vista climatico è chiaro che l'impedimento è venuto dal maltempo e oggi possiamo, con la benedizione di questo tempo, di questa giornata splendida, di questo sole, celebrare la festa di san Giuseppe e riflettere su tutti questi problemi tanto importanti per la nostra vita cristiana e umana, per la nostra comunità diocesana e anche per questa più larga comunità del popolo italiano. E possiamo anche un po' ammirare la neve e le montagne che ci circondano.

Vi ringrazio ancora per la vostra partecipazione, per la vostra buona accoglienza, per questo clima di famiglia che si è creato fin dall'inizio del nostro incontro e per la vostra perseveranza e pazienza.

Data: 1985-03-24 Data estesa: Domenica 24 Marzo 1985





Alla cittadinanza da Piazza Municipio - Avezzano (L'Aquila)

Titolo: Pace, giustizia e progresso civile per il bene dell'uomo

Signor ministro! Signor sindaco!

1. Le cortesi espressioni con le quali hanno voluto porgermi il benvenuto in questo capoluogo della Marsica, riconfermano nel mio animo sentimenti di profonda e sincera benevolenza per l'intera cittadinanza di Avezzano e per quanti sono qui convenuti dai paesi vicini e lontani dell'intera regione abruzzese. Il mio sincero saluto va pure ai rappresentanti del Consiglio comunale, alle personalità della Provincia e della Regione, e a tutte le autorità religiose, civili e militari, a cui esprimo viva gratitudine per il deferente omaggio e per l'accoglienza, veramente degna delle ospitali tradizioni del popolo abruzzese "forte e gentile".

Giungo qui dal suggestivo santuario mariano di Pietraquaria, dove in orante ammirazione ho sostato davanti alla venerata immagine della Beata Vergine, la cui celeste protezione è vivamente sentita dal popolo cristiano ed è fonte che alimenta quelle robuste virtù spirituali, morali e familiari che sono caratteristiche di questa terra e ne formano un patrimonio religioso di incomparabile valore.


2. Nel ricordo di san Giuseppe, sposo di Maria santissima e patrono della Chiesa universale, vorrei ricordare la necessità di custodire nella maniera più gelosa questa eredità, perché essa, oggi più che nel passato, forma la premessa indispensabile per una convivenza ispirata alla pace e alla giustizia e per un progresso civile e sociale che promuova effettivamente ogni uomo e tutto l'uomo.

Di qui sgorga il mio fervido augurio per l'avvenire di questa terra, così interessante per la bellezza dei suoi monti, dei suoi laghi, del suo parco nazionale e dei suoi monumenti, ma anche così provata da antiche calamità naturali e da ritardi nella soluzione di annosi problemi sociali. Questa mia visita coincide con il 70° anniversario del funesto terremoto del 13 gennaio 1915, che costo all'intera Marsica 30.000 morti, dei quali poco meno di diecimila in questa città. Da quella dura prova, che vide sulle rovine fumanti e tra le vittime doloranti l'eroica figura di don Orione, il forte, paziente, laborioso e fiero popolo marsicano ha saputo risollevarsi e oggi Avezzano ha tutto l'aspetto di una città moderna, le cui linee geometriche e ben spaziate le conferiscono un piacevole aspetto residenziale. Ma vari problemi ancora attendono una soluzione.

Non posso non ricordare la situazione in cui vivono tante famiglie dislocate nella vasta plaga emersa dal prosciugamento del Fucino e nei villaggi circostanti, dove l'agricoltura non si è potuta sviluppare di pari passo con l'industria; in città poi non cessano di preoccupare la piaga della disoccupazione e il triste fenomeno dell'emigrazione con tutte le gravi conseguenze materiali e spirituali che essi portano con sé. Sono certo che le autorità, così sollecite per il bene comune, non lasceranno nulla di intentato per la completa soluzione di questi problemi.


3. Da parte mia vi assicuro il ricordo nella preghiera, affinché la Chiesa, che vive e opera in questa comunità di Avezzano, faccia sentire sempre più fattivamente la sua presenza non solo nell'azione evangelizzatrice, ma anche nelle opere di carità e di solidarietà umana; e affinché le autorità civiche sappiano sviluppare sempre più e sempre meglio l'impegno, loro proprio, nel campo di un retto ordinamento civile, sociale ed economico, promuovendo la dignità dell'uomo e un posto sicuro di lavoro, soprattutto per i giovani che aspirano a un primo impiego. Sono certo che l'armonica collaborazione tra i responsabili della pubblica amministrazione e della Chiesa locale, sempre nell'ambito delle rispettive competenze, apporterà grandi vantaggi al bene dei singoli e della società.

Auspico che tutti i fedeli di Avezzano sappiano trovare nella figura di san Giuseppe, l'artigiano di Nazaret, un modello esemplare di impegno generoso, di lealtà professionale, oltre che di giustizia, di amore e di fede. La celebrazione liturgica, a cui fra poco presiedero in suo onore, risvegli questa coscienza e infonda nuova energia nella faticosa attività umana di queste popolazioni.

Con questi voti invoco su tutti la continua protezione di Dio e di Maria santissima di Pietraquaria, celeste patrona di questa città di Avezzano, mentre in segno di ogni prosperità materiale e spirituale imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1985-03-24 Data estesa: Domenica 24 Marzo 1985





Omelia sul sagrato della Cattedrale - Avezzano (L'Aquila)

Titolo: La dimensione del lavoro umano nella dottrina della Chiesa



1. "Tu sei mio padre... roccia della mia salvezza" (Ps 88,27).

Con queste parole della liturgia desidero, insieme con voi, cari fratelli e sorelle della Marsica, adorare la paternità di Dio nella grande e umile figura dello sposo di Maria santissima, san Giuseppe, che noi ricordiamo in questa domenica, immediatamente successiva alla sua festa.

Da quanti secoli e generazioni la paternità di Dio è adorata dai figli e dalle figlie di questa terra! Da quanti secoli e generazioni essa è qui invocata come la "roccia della nostra salvezza"! La Chiesa dei Marsi ha un suo lungo passato. Qui giunse l'annuncio del Vangelo fin dai tempi immediatamente successivi a quelli apostolici; qui la fede mise radici profonde, suscitando una fioritura di vita cristiana, di cui sono tuttora visibili i segni in chiese e monasteri di notevole valore storico e artistico; qui la fede persevera vigorosa anche oggi.


2. Animati da questa fede, ci troviamo oggi raccolti intorno all'altare per celebrare insieme i divini misteri davanti a questa cattedrale sorta, come l'intera città di Avezzano, dopo il terremoto del 191 5. Saluto il vescovo, monsignor Biagio Vittorio Terrinoni, col clero, i religiosi e le religiose della diocesi; saluto i laici delle varie associazioni e movimenti di impegno cristiano; e saluto tutti voi, fratelli e sorelle, che siete qui convenuti per questo incontro di fede e di preghiera; un pensiero particolare rivolgo agli ammalati, che con le loro sofferenze tanto contribuiscono al bene spirituale dell'intera comunità.

Esprimo la mia viva gioia di poter oggi, come Vescovo di Roma e successore di san Pietro, adorare insieme con voi il Dio dell'alleanza, che la Chiesa venera con le parole del salmista: "Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, / ho giurato a Davide mio servo: / stabiliro per sempre la tua discendenza..." (Ps 88,4-5).

Il salmista parla di Davide-re, ma la liturgia indica Giuseppe di Nazaret, il carpentiere. Dio ha stretto proprio con lui un'alleanza particolare, che la Chiesa paragona con quella stretta da Dio con Abramo e con Davide.

Ad Abramo il Dio dell'alleanza dice: "Padre di una moltitudine di popoli ti rendero" (Gn 17,5). E a Giuseppe di Nazaret Dio dice: ti ho reso padre... il padre del mio Figlio! Davanti agli uomini ho fatto di te il padre di colui "il quale fu concepito da Spirito Santo"; di te, che come Abramo "avesti fede sperando contro ogni speranza" (Rm 4,18 cfr. Gn 15,6). E in questa fede hai accolto sotto il tetto della tua casa colui che fu speranza e attesa di tutti i popoli: Gesù, figlio di Maria.

In questa liturgia la Chiesa professa e loda questa particolare alleanza nella paternità, nella quale Giuseppe di Nazaret ha avuto parte ancor più che Abramo.


3. Abramo credette "contro ogni speranza" al fatto di poter diventare "padre di una moltitudine di popoli" - "contro ogni speranza", perché, umanamente, non poteva aspettare un figlio. Giuseppe credette che al suo fianco avrebbe avuto luogo il compimento della speranza. Credette che "per opera dello Spirito Santo" Maria, la sua promessa sposa, la Vergine di Nazaret, era diventata madre "prima che andassero a vivere insieme" (Mt 1,18).

Ecco le parole del messaggero di Dio alle quali Giuseppe credette: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21).

Quanto simili sono queste parole dell'"annunciazione dell'angelo", udite da Giuseppe, a quelle dell'annunciazione che aveva udito Maria! Si completano reciprocamente e insieme spiegano il mistero divino dell'incarnazione del Verbo, Figlio di Dio.


4. Giuseppe, che aveva creduto a queste parole, strinse con Dio un'alleanza particolare: l'alleanza nella paternità. D'ora in poi avrebbe saputo che cosa dovevano significare nella sua vita e nella sua vocazione le espressioni del salmo: "Egli mi invocherà: Tu sei mio padre" (88,27).

Infatti Gesù lo chiamava così. E tutto l'ambiente diceva lo stesso chiamando Gesù "il figlio del carpentiere" (Mt 13,55). Ed egli, Giuseppe, sapeva che queste parole si riferivano al Padre eterno, Creatore del cielo e della terra.

Sapeva che si era compiuta la più sacra alleanza. Sapeva che la sua povera casa di Nazaret era stata riempita con l'imperscrutabile mistero della paternità divina, di cui lui stesso, Giuseppe, era divenuto il fiduciario più vicino e il servo fedele. Lui, lo sposo di Maria, la serva del Signore. E quando ogni giorno si accostava al suo banco di lavoro, sapeva che il suo lavoro si univa in una sola cosa col mistero della famiglia nella quale l'eterno Figlio di Dio era divenuto bambino. Sapeva e credeva, "ebbe fede sperando contro ogni speranza".


5. Sono lieto di adorare oggi insieme con voi, cari fratelli e sorelle, la paternità divina che si è rivelata in modo mirabile nella vita e nella vocazione di Giuseppe di Nazaret. In lui il lavoro umano s'unisce in modo coerente con la vita della famiglia. E perciò la celebrazione di san Giuseppe è, nello stesso tempo, la festa della famiglia e del lavoro.

Abbiamo reso a ciò testimonianza incontrandoci precedentemente con l'ambiente del multiforme lavoro umano, qui nella vostra terra, nel piazzale antistante Telespazio: con i lavoratori della terra e quelli della fabbrica, con gli uomini dediti alle attività più antiche e quelli impegnati nei settori della tecnologia più avanzata. E adesso, mediante la liturgia di san Giuseppe, uniamo il lavoro e la famiglia, riflettendo su queste due realtà alla luce della parola di Dio.


6. L'alleanza tra lavoro e famiglia, che si attuo nella vita di san Giuseppe, trova il suo riflesso nella vita di ogni famiglia e nella vicenda umana di ogni lavoratore. Nel piano di Dio, infatti, l'uomo ha il naturale diritto di formarsi una propria famiglia e questa, per sostentarsi, deve poter contare sull'apporto del lavoro umano. Su questi due cerchi di valori, l'uno congiunto al lavoro, l'altro conseguente al carattere familiare della vita umana, mi sono soffermato nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 10).

E' necessario che i due ambiti di valori si colleghino fra loro correttamente, e correttamente si permeino. Se è vero infatti, che il lavoro rende possibile la fondazione e la vita di una nuova famiglia, è vero anche che nella famiglia ci si educa al lavoro e mediante il lavoro ci si matura come esseri umani. Occorre dunque affermare con chiarezza che "la famiglia è, al tempo stesso, una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo" (LE 10).

Voi vedete, allora, carissimi fratelli e sorelle, la conseguenza immediata che deriva da quanto ora affermato. La conseguenza è che "la famiglia costituisce uno dei più importanti termini di riferimento, secondo i quali deve essere formato l'ordine socio-etico del lavoro umano". Questa dimensione familiare del lavoro costituisce uno dei capisaldi della dottrina sociale della Chiesa.

Ed è un caposaldo confermato dalla vicenda di san Giuseppe e della Sacra Famiglia: li i due ambiti di valori si sono incontrati e mirabilmente congiunti.

Non è senza significato che il Figlio di Dio abbia voluto nascere in una famiglia e caricarsi della fatica di un lavoro pesante come quello del carpentiere. In un certo senso può dirsi veramente che il mistero dell'incarnazione "passa" attraverso queste due realtà umane: la realtà della famiglia e quella del lavoro.

Di tale mistero san Giuseppe divenne il fiduciario più intimo e il servo più fedele, lui che la Provvidenza aveva destinato a rivestire i ruoli di padre di famiglia e di uomo del lavoro. Nell'onorare oggi la figura di san Giuseppe, noi rendiamo omaggio alla santità della famiglia e del lavoro, queste due dimensioni umane fondamentali, che in lui trovarono attuazione tanto alta e singolare.


7. Il ricordo di san Giuseppe non è la festa soltanto del lavoro e della famiglia.

Essa è anche una festa particolare della Chiesa: di questa Chiesa che è nella terra dei Marsi.

Sul mistero divino dell'"alleanza nella paternità" riflettono oggi anche coloro che sono i ministri dell'altare e dell'Eucaristia nella Chiesa dei Marsi, e che sono oggi qui riuniti intorno al loro vescovo e al successore di Pietro.

Anch'essi hanno stretto con Dio un'"alleanza nella paternità" grazie alla quale tante anime hanno potuto essere generate alla vita nuova in Cristo. E' una vera paternità spirituale quella del ministro di Dio. Ad essa si richiamava san Paolo, quando con fierezza esclamava: "Potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il Vangelo" (1Co 4,15). E, poiché anche sul piano soprannaturale come su quello naturale, la missione della paternità non si esaurisce con l'evento della nascita, ma si estende ad abbracciare in certo modo tutta la vita, l'Apostolo poteva rivolgersi ai suoi cristiani con quell'altra vibrante apostrofe: "Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!" (Ga 4,19).

Il ministero del sacerdote è ministero di paternità. Comprenderlo significa comprendere anche il senso profondo di quella speciale alleanza con Dio che è il celibato. Si tratta di un'alleanza nella paternità che, se vissuta nella fede "sperando contro ogni speranza", si rivela straordinariamente feconda: come Abramo, anche il sacerdote diventa "padre di molti popoli" (Rm 4,18), e trova nelle generazioni di cristiani che gli fioriscono intorno la ricompensa alle fatiche, alle rinunce, alle sofferenze di cui è intessuto il suo quotidiano servizio.

Cari sacerdoti dell'antica e gloriosa Chiesa dei Marsi! Sappiate vivere con generosità ogni giorno rinnovata questa alleanza con Dio nella paternità spirituale, ad essa orientando ogni adempimento del vostro ministero. Date buona testimonianza alla santità della parola di Dio, annunciandola con cura e con amore, affinché sia compresa e vissuta dal popolo a voi affidato. Celebrate con convinzione interiore i sacramenti della salvezza, specie quelli dell'Eucaristia e della Riconciliazione, portando i fedeli a gustare i tesori della liturgia e a nutrirsene per una vita cristiana sempre più intensa. Guidate con senso di responsabilità le comunità che siete chiamati a presiedere, partecipando attivamente alle gioie e ai dolori della gente e avvalendovi sempre più e sempre meglio della collaborazione dei laici impegnati. Io voglio dire a voi tutti la mia stima cordiale e il mio sincero apprezzamento per la costanza con cui restate al vostro posto, a volte in paesi piccoli e disagiati, testimoniando a persone spesso anziane e isolate la sensibilità di Dio, che non cessa di preoccuparsi amorevolmente di ogni suo figlio, anche il più povero e dimenticato.


8. Il mio pensiero si volge ora ai religiosi e alle religiose, che in questa Chiesa dei Marsi vivono la loro consacrazione a Dio nella professione dei voti di povertà, castità e obbedienza. Quale esempio mirabile è per tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, il casto sposo della Vergine santissima, Giuseppe, il povero carpentiere di Nazaret, l'esecutore attento e fedelissimo delle volontà del Padre celeste! La sua alleanza con Dio nella paternità si riflette nella vostra vita di consacrati, perché ciascuno di voi, adempiendo al rispettivo carisma, contribuisce alla generazione e alla crescita del Cristo totale. La vita di Giuseppe, consacrato a Dio accanto a Maria per svolgere le funzioni di padre nei confronti del Verbo incarnato, vi ispiri e vi sostenga nel quotidiano impegno di corrispondenza alla vocazione ricevuta.

Col grazie sincero per la vostra presenza attiva nella vita pastorale di questa Chiesa - nelle parrocchie, negli ospedali, negli asili, nelle scuole, nelle opere caritative e assistenziali - desidero rivolgervi un'esortazione pressante a essere fedeli alle esigenze della vita consacrata. Si esprima, questa vostra fedeltà, nell'adesione gioiosa alla vita comunitaria; nella testimonianza in mezzo al popolo dei rispettivi carismi; nel servizio paziente e premuroso verso ogni persona in difficoltà; nel fare di voi stessi, in mezzo ai fratelli, un segno profetico del primato di Dio su tutto e su tutti.


9. Questo primato Giuseppe testimonio con tutta la sua vita. La liturgia mette in un certo senso nel suo cuore e sulle sue labbra le parole del salmo: "Cantero senza fine le grazie del Signore, / con la mia bocca annunziero la tua fedeltà nei secoli, / perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre", / la tua fedeltà nei cieli" (88,2-3).

Giuseppe, uomo giusto, sposo castissimo di Maria, carpentiere di Nazaret, proclama la grazia straordinaria di Dio, che gli fu partecipata a somiglianza di Abramo; la grazia dell'alleanza nella paternità! E proclama la fedeltà di Dio a quest'alleanza, che si compie nel silenzio della povera casa in Galilea, dove il lavoro riempiva i giorni della vita della Sacra Famiglia.

E noi guardando la figura del carpentiere di Nazaret, preghiamo affinché la grazia dell'eterno Padre: accompagni il nostro lavoro quotidiano; unisca nella comunione le nostre famiglie; fruttifichi nel servizio della Chiesa di cui Giuseppe è protettore e padre, così come fu protettore e padre sulla terra dell'eterno Figlio di Dio.

[Al termine della messa:] Voglio ancora ringraziare tutti per questo invito cordiale e significativo che non si è potuto realizzare nel giorno della festa di san Giuseppe ma che abbiamo potuto celebrare oggi. San Giuseppe ci ha portato oggi la sua serenità e ci ha dato il dono di ricordarlo come patrono delle famiglie e del lavoro umano nella vicinanza immediata della vigilia dell'Annunciazione. I due misteri sono così vicini: la maternità divina di Maria intimamente unita alla mente e al cuore del suo sposo.

Ringrazio tutti i confratelli nell'episcopato, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, tutti i presenti, tutto il popolo di Dio di Avezzano e tutta la Marsica con le sue tradizioni civili e religiose. Ringrazio voi tutti che rappresentate queste tradizioni e le avete a cuore. Voi famiglie tutte, voi lavoratori e voi lavoratrici, le comunità e i movimenti che portano tanta vita nella Chiesa di Dio: Azione cattolica, Neocatecumenali, Acli.

Ma una parola particolare desidero rivolgere ai cari ammalati che hanno portato il loro sacrificio sull'altare. Saluto poi i seminaristi che sono la speranza di questa Chiesa. Forse ho dimenticato qualcuno. Ma tutti si sentano nominati, ringraziati, abbracciati. Grazie per questa bellissima esperienza di Chiesa. Ringrazio la Provvidenza per questa splendida giornata. Le montagne ci hanno offerto uno spettacolo meraviglioso, il coro ci ha dato la possibilità di lodare Iddio insieme. Sia lodato Gesù Cristo. Arrivederci a Roma.

Data: 1985-03-24 Data estesa: Domenica 24 Marzo 1985





Lettera al cardinale Paolo Bertoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riconoscenza per l'opera svolta per il bene delle anime

Al venerato fratello il cardinale Paolo Bertoli.

Con la lettera, che ella mi ha inviato in data 16 marzo e che mi ha veramente commosso, ella, nel darmi la pur lieta notizia del ritorno a casa dopo il periodo trascorso in clinica, ha voluto mettere a disposizione il suo ufficio di camerlengo di santa romana Chiesa e gli altri incarichi a lei affidati in vari dicasteri, tribunali e organismi della Curia romana.

Comprendo i motivi che l'hanno indotta a tale decisione e ammiro profondamente la coerenza e la dirittura spirituale e morale a cui si è attenuto, dando un'ulteriore dimostrazione di quella linearità e di quella forza d'animo che hanno sempre distinto la sua personalità. Ma non posso non rendermi conto, al tempo stesso, di quanto tale gesto, leale e generoso, le sia dovuto costare, in questo particolare momento di prova. Le sono perciò tanto vicino, signor cardinale.

Vicino con la preghiera, con cui la ricordo ogni giorno chiedendo al Signore che le restituisca la consueta energia fisica, porti a buon esito le cure amorevoli di cui è circondato, e le infonda serena confidenza e tanta pace dell'anima. E vicino le sono con l'affetto e con la gratitudine per quanto ella ha compiuto, fin dalla giovinezza, per il bene delle anime, per il servizio della Sede apostolica, per la missione della Chiesa.

La sua vita è stata infatti un continuo darsi, non di rado in situazioni difficili, per questi ideali, che sempre hanno brillato davanti alla sua coscienza e al suo impegno sacerdotale: Belgrado, Parigi, Port-au-Prince, Berna sono nomi che le ricordano gli inizi e il consolidamento delle sue esperienze in campo internazionale sempre più vasto, anche per la soluzione di non pochi problemi creati dal conflitto mondiale, e quelli dei profughi di guerra. Dopo la sua elevazione alla pienezza del sacerdozio, l'irradiazione della sua attività si estese ad ambiti sempre più vasti: come delegato apostolico e amministratore apostolico in Turchia, ella poté svolgere un'intensa attività pastorale, intrecciando fraterni rapporti con la gerarchia ortodossa, in particolare, col compianto patriarca Atenagora; nunzio apostolico in Colombia, promosse l'istituzione di nuove circoscrizioni ecclesiastiche e segui i primi passi dell'attività del Consiglio episcopale latinoamericano; nunzio apostolico in Libano e, dopo appena un anno, nel 1960, in Francia, ella si adopero sempre generosamente nel servire quelle Chiese locali e la Sede apostolica, facendosi amare per le sue qualità umane, diplomatiche e pastorali.

Il mio predecessore Paolo VI, chiamandola nel 1969 a far parte del Sacro collegio, apriva alla sua mente e al suo cuore le dimensioni universali della Chiesa, e le dimostrava la sua fiducia con l'affidarle la Congregazione per le cause dei santi, che ella diresse, in qualità di prefetto, fino al 197 3. Mi piace anche ricordare l'opera di mediazione e di pacificazione da lei svolta, per incarico di quel Papa, nel Libano nel 1976, durante la crisi che cominciava a insanguinare quella diletta terra. Io stesso, sia nel nominarla o confermarla membro competente e valido di tanti organismi del governo centrale della Chiesa, sia soprattutto nel volerla a me particolarmente legato come camerlengo di santa romana Chiesa, ho desiderato manifestare il mio apprezzamento per le sue ricche doti umane e sacerdotali, e avvalermi della sua esperienza, competenza e fidatezza esemplari. Ringrazio il Signore per il prezioso aiuto, che da lei mi è così venuto.

Con vivo dispiacere, pertanto, e unicamente mosso dalla serietà dei motivi addotti, accolgo la richiesta da lei ora fatta di rinunciare all'alto ufficio di camerlengo e agli altri incarichi. Sono certo che il ricordo di tanto bene compiuto le sarà di conforto nella situazione in cui ora la Provvidenza l'ha posta e, anzi, l'aiuterà a sormontare ogni difficoltà per il pieno ricupero delle sue forze. Con cordiale interesse seguiro, nella preghiera, il decorso della sua convalescenza.

Invoco su di lei i doni della continua presenza del Signore e della sua amorosa protezione, mentre mi è caro impartire a lei, signor cardinale e a quanti la circondano del loro affetto e delle loro premure, la mia particolare confortatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 25 marzo 1985

Data: 1985-03-25 Data estesa: Lunedi 25 Marzo 1985











Alle Benedettine della Provvidenza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Formazione e catechesi per crescere nella libertà e verità



1. Sono lieto di questo incontro con voi, sorelle dell'Istituto delle suore Benedettine della Provvidenza, qui convenute con i vostri alunni, con le loro famiglie, con gli ex alunni della scuola Benedetta Cambiagio, per celebrare il 50° anniversario della fondazione della vostra casa romana. Porgo a tutti il mio cordiale saluto.

Benediciamo insieme il Signore per tanti doni concessi alla vostra istituzione, per le copiose grazie di cui vi ha arricchiti in questi anni di servizio all'apostolato nella Chiesa di Roma. La storia di questi cinquant'anni vi consente di riconoscere che nella sua amorosa Provvidenza il Signore non ha mancato di venirvi incontro e sorreggere la vostra opera e il vostro impegno di carità.

La presenza qui di tanti giovani, con le loro famiglie, dimostra che non avete seminato invano nel campo dell'educazione e della formazione cristiana delle coscienze dei ragazzi che hanno frequentato le vostre scuole e che hanno potuto beneficiare della vostra catechesi e della vostra assistenza.


2. Desidero fermare la vostra attenzione, in questa circostanza, su un'espressione che il Concilio Vaticano II - nel riaffermare la validità e attualità delle scuole cattoliche - usa per indicare la principale caratteristica che le scuole cattoliche devono avere. Esse dovranno "dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dallo spirito evangelico di libertà e carità" (cfr. GE 8). Che cosa significa essere veramente liberi? Nella mia lettera apostolica ai giovani (n. 13) ho affermato che cosa significa "saper usare la propria libertà nella verità". "La libertà contiene in sé il criterio della verità, la disciplina della verità". Una scuola cattolica dovrà tener conto che la sua missione educativa mira a formare coscienze libere, uomini veramente capaci di vivere con responsabilità le loro scelte secondo verità.

La presenza di persone consacrate a Dio in un'istituzione scolastica potrà essere un segno profondamente valido per orientare la mente dei ragazzi e dei giovani verso il significato della verità che viene da Cristo. Guidati dalla vostra testimonianza religiosa, i ragazzi a voi affidati troveranno frequenti ispirazioni per edificare la loro personalità seguendo i criteri del vero bene alla luce del Vangelo, con perseveranza e pazienza, con costante sforzo di volontà.


3. Allo spirito evangelico di verità si associa lo spirito di carità. La comunità di una scuola cattolica deve aiutare i giovani a comprendere il valore del dono di sé, come ci ha insegnato Gesù Cristo. Il modello di Gesù, la testimonianza del suo amore verso ogni uomo sia sempre davanti agli occhi di tutti voi, affinché possiate ispirare a lui il vostro progetto educativo.

La scuola, di per sé, come ambiente comunitario, insegna già ai ragazzi, fin da piccoli, a vivere insieme con gli altri, a collaborare, a rispettare il prossimo. La scuola materna ed elementare contribuisce a seminare nel cuore e nella mente dei fanciulli le prime tracce della formazione intellettuale, i primi convincimenti sui valori che faranno da base per la crescita e lo sviluppo della personalità. E' in un ambiente scolastico veramente comunitario che si impara a capire l'impegno dell'amicizia e della collaborazione.

Ma tutto questo progetto dovrà sempre ispirarsi all'esempio di Gesù, il quale ha amato gli uomini fino a dare se stesso per loro. Il cristiano dovrà avere sempre davanti ai suoi occhi l'immagine di Cristo redentore, fondamento di tutta la carità.


4. Io auguro a tutti voi di poter sempre ispirare tutta la vostra vita a questo binomio della libertà e della carità secondo lo spirito che ha animato la serva di Dio Benedetta Cambiagio. La festa della Pasqua del Signore, ormai vicina, vi aiuti a considerare questi valori proprio alla luce del sacrificio supremo di Cristo, morto per rendere testimonianza alla verità, come ci dice il Vangelo di Giovanni, e che ha dato la sua vita per noi, per comunicarci la redenzione mediante la sua croce e la sua risurrezione. Vi accompagni la mia benedizione.

[In spagnolo:] Desidero ora salutare nella loro lingua i giovani spagnoli della casa di Valencia, che partecipano a questo incontro. Vi siete uniti alle religiose Benedettine della Provvidenza nel 50° anniversario della fondazione della casa di Roma. Che questo viaggio nella città eterna, nel periodo pasquale, vi serva a rafforzare il vostro spirito giovanile nella fede cristiana e nel desiderio di impegnarvi per il bene degli altri. Imparto di cuore a voi, alle vostre educatrici e ai vostri familiari la benedizione apostolica.

Data: 1985-03-29 Data estesa: Venerdi 29 Marzo 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Al Centro per teletrasmissioni del Fucino - Avezzano (L'Aquila)