GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Loreto (Ancona)

Recita del Regina Coeli - Loreto (Ancona)

Titolo: Mettiamo Il lavoro del Convegno sotto lo sguardo di Maria

In un certo senso, tutta la Chiesa che è in Italia si trova qui impegnata, in questa Casa in cui il Verbo si è fatto carne. E in questa Casa, come durante tutto il Convegno, rileggiamo il magistero del Concilio Vaticano II, rileggiamo la "Lumen Gentium", specificamente l'VIII capitolo di questa costituzione dogmatica sulla Chiesa. Ecco il capitolo di cui ci parla questo santuario, questa Casa. La Casa ci parla della presenza di Maria e il capitolo VIII della "Lumen Gentium" ci parla anche della presenza materna della Vergine santissima, nel mistero di Cristo e nel mistero della Chiesa.

Siamo arrivati qui tutti insieme, rappresentanti di tutte le diocesi italiane, di tutti i movimenti, di tutte le associazioni, dell'Azione cattolica.

Tutti i vescovi, insieme con il Papa, sono qui per sentire la tua materna presenza nel mistero della Chiesa: mistero di Cristo e mistero della Chiesa, e specialmente nel mistero di questa Chiesa che dai tempi apostolici, dai santi Pietro e Paolo, sta qui, in questa terra, in Italia.

Portiamo tutte le nostre buone intenzioni, tutte le riunioni, tutto il lavoro di questo Convegno, a te, o Madre della Chiesa. Tutto mettiamo sotto il tuo sguardo materno, sotto la tua sollecitudine materna. "Monstra te esse Matrem": abbiamo bisogno della tua maternità durante questo Convegno; abbiamo bisogno della tua maternità quando cerchiamo di studiare e approfondire il tema della riconciliazione e della comunità degli uomini, qui in Italia; abbiamo bisogno del tuo sguardo materno, "Sedes sapientiae"; abbiamo bisogno della tua sollecitudine, della tua presenza: sii presente fra noi. Che questo Convegno porti i frutti dovuti, i frutti auspicati, i frutti necessari per la riconciliazione, per la comunità degli uomini, cioè del popolo italiano di oggi e di domani e per noi tutti che siamo la Chiesa che è in Italia.

Con queste intenzioni, con questo spirito, con questa responsabilità, con questo lavoro siamo venuti qui in pellegrinaggio da te, Madre santissima, da te, nella tua Casa, in Loreto, e tutti riuniti intorno al tuo santuario per celebrare l'Eucaristia e partecipare ad essa. Tutti portiamo a te questo invito pasquale della Chiesa alla letizia.

Data: 1985-04-11 Data estesa: Giovedi 11 Aprile 1985





Omelia alla concelebrazione - Loreto (Ancona)

Titolo: La riconciliazione dono di Dio e missione della Chiesa



1. "Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!"" (Lc 24,36).

Questo saluto ha un significato pasquale. Emerge dall'insieme degli avvenimenti che si sono concentrati tra il giovedi e "il primo giorno dopo il sabato". La "pace" esprime la riconciliazione ("reconciliatio"), che si è compiuta mediante la croce di Cristo e che è stata confermata mediante la sua risurrezione.

Questa riconciliazione è l'iniziativa salvifica di Dio, realizzata in Gesù Cristo.

Un giorno l'apostolo Paolo esprimerà ciò nelle note parole della sua lettera: "E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo" (2Co 5,19).

Nel corso dei giorni dell'ottava pasquale sentiamo a più riprese le parole: "Pace a voi!". Cristo che ritorna ai discepoli dopo la risurrezione, annunzia in tale saluto l'immensità del dono, che è la riconciliazione di Dio con il mondo, la riconciliazione di Dio con l'uomo nel mondo.


2. Lo fa, richiamandosi nello stesso tempo all'antica alleanza. Essa preparava proprio a questo. Dovevano compiersi "tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi... Il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni" (Lc 24,4 Lc 4 Lc 24,46-48).

Gli apostoli: testimoni della morte e della risurrezione - testimoni della riconciliazione: "E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo". Questa riconciliazione è dono e contemporaneamente è compito. Il mondo è stato riconciliato con Dio in Cristo e, a un tempo, il mondo è stato chiamato alla riconciliazione con Dio nel nome di Cristo; con la potenza del sacrificio e della redenzione di Cristo.

Quindi la riconciliazione è un compito. Come compito significa "la conversione e il perdono dei peccati".


3. Come dono e come compito la riconciliazione è stata trasmessa alla Chiesa: "Ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18).

La Chiesa in Italia vuole consolidare e approfondire in sé la consapevolezza di questo dono e di questo compito. Lo fa a continuazione dell'ultimo Sinodo dei vescovi e del documento post-sinodale sulla riconciliazione e la penitenza. Lo fa durante l'ottava pasquale. In un certo senso torna al Cenacolo per udire quel pasquale: "Pace a voi!", e ritrovare se stessa, la sua missione contemporanea nel profondo significato delle parole circa la riconciliazione che allora, all'inizio del tempo della Chiesa, Cristo risorto ha pronunziato in persona.


4. Questo è veramente l'inizio del "tempo della Chiesa". Nella liturgia di questo giorno dell'ottava pasquale è presente la Chiesa che "non è ancora uscita nel mondo", rimane ancora nel Cenacolo, ma è già concepita, già vive nel seno del mistero pasquale di Cristo. Vive con la vita del Signore risorto. E contemporaneamente nell'odierna liturgia - nella prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli - la stessa Chiesa è già uscita dal Cenacolo dopo la Pentecoste, già vive in mezzo agli uomini, che si riuniscono nel recinto del tempio gerosolimitano, nel portico di Salomone. Ivi annunzia la buona novella dell'iniziativa salvifica di Dio: della riconciliazione che Dio ha compiuto in Cristo crocifisso e risorto. E lo fa quasi con le stesse parole che udi nel Cenacolo dal Signore risorto: "Dio ha adempiuto... ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, cioè che il suo Cristo (che vuol dire l'Unto, il Messia) sarebbe morto. Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati" (Ac 3,18-19).


5. così dunque la riconciliazione, che è dono di Dio - il dono legato al compimento della promessa messianica - s'incontra come compito della Chiesa, sin dai primi giorni, con una determinata comunità di uomini, con una determinata società.

La lettura degli Atti degli apostoli ci permette di penetrare nei particolari di quest'incontro. Essi sono molto significativi. Occorre rileggere con grande attenzione il discorso di Pietro agli Israeliti riuniti nel portico di Salomone, riuniti in gran numero a causa della guarigione di uno storpio, compiuta dagli apostoli. In questo contesto Pietro intraprende la missione che, per la Chiesa recentemente nata, fu il dono della riconciliazione, offerto all'umanità nel Messia crocifisso e risorto.

Pietro ne parla a una comunità singolare di uomini: a una comunità particolarmente privilegiata. Ecco: i figli dei profeti e dell'alleanza che Dio stabili con i loro padri, prima di tutto con Abramo (cfr. Ac 3,25). Nello stesso tempo la stessa comunità degli uomini ha rinnegato il santo e il giusto e ha ucciso l'autore della vita (cfr. Ac 3,14-15) e Pietro ne parla in tutta sincerità con parole del tutto chiare.

Umanamente parlando, non era facile dirlo, perché anch'egli era uno di loro. Quindi cerca di trovare anche le parole di giustificazione. Cristo stesso, in croce, non grido forse: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno"? (Lc 23,34). così anche Pietro dice: "Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi" (Ac 3,17). Infatti, in definitiva, mediante questa "sconfitta" umana del Messia, ha vinto Dio: il Dio dell'alleanza "ha adempiuto così ciò che aveva annunziato".

Pietro proclama la riconciliazione che soprattutto è dono di Dio. Il compito della Chiesa è annunziare questo dono in tutta la sua realtà e verità divine. Questo dono è per l'umanità, per ogni "comunità umana". Mai contro di essa. Nello stesso tempo la riconciliazione è un dono esigente: "Pentitevi... e cambiate vita"! (Ac 3,19). La riconciliazione, dunque, comporta il passaggio dallo stato di "inimicizia" a quello di "amicizia"; la trasformazione del cuore di pietra in cuore di carne.


6. E' un'iniziativa lodevole che la Chiesa in Italia si riunisca nel Santuario lauretano per meditare gli argomenti collegati col tema: "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini". E' bene che la riunione abbia luogo a Loreto.

Qui Maria, la Madre di Cristo, è sempre assidua nella preghiera insieme con i suoi discepoli di ogni generazione, così come lo era con quelli della prima generazione nel Cenacolo di Gerusalemme. E' bene che accada proprio oggi nel corso dell'ottava pasquale, quando Pietro affronta nel portico di Salomone un tema quasi analogo: "La riconciliazione e la comunità d'Israele".

Sono queste le grazie particolari di tale incontro. Ritengo una grazia particolare anche il fatto che posso - come successore di Pietro nella sede romana - affrontare, insieme con voi, proprio questo tema.


7. Quali suggerimenti derivano per la vostra assemblea, in cui la Chiesa che è oggi in tutta Italia desidera esprimere se stessa? Forse è meglio raccogliersi innanzitutto in profonda meditazione sulla parola integrale dell'odierna liturgia e, in particolare, sull'avvenimento accaduto nel portico di Salomone, nei primissimi giorni della Chiesa appena nata.

Che cosa significa riconciliazione? Qual è la relazione tra il fatto che essa è dono di Dio, dono del mistero pasquale di Cristo e che essa costituisce il compito della Chiesa? Quali leggi divine e umane reggono la rivelazione di questo dono e la sua trasmissione? In quale relazione essa rimane con una concreta comunità degli uomini, con gli ambienti, con tutta la società? ln che modo questa rivelazione, l'annunzio della riconciliazione, congiunge in sé le esigenze della verità e dell'amore? Quale trasformazione domanda nella vita personale di ciascuno e nella vita delle comunità ecclesiali? A quali condizioni la riconciliazione annunciata e vissuta nella Chiesa può contribuire alla crescita della comunità civile nella giustizia e nell'amore fraterno? Quali sono oggi i doveri dei cattolici nella vita del Paese? 8. Cristo risorto appare in mezzo ai discepoli riuniti nel Cenacolo e dice: "Pace a voi!". Rivela il mistero della riconciliazione di Dio con l'uomo nella propria croce e risurrezione. Questa riconciliazione è indirizzata in Cristo all'uomo, all'uomo di tutti i tempi e di tutte le nazioni. ln questo indirizzarsi all'uomo essa è compito della Chiesa. Cristo stesso non ne convince forse gli apostoli, quando riconferma, in modo così concreto e dettagliato, la sua identità "umana" dopo la risurrezione: "Guardate le mie mani e i miei piedi... Toccatemi e guardatemi..." (Lc 24,39)? La riconciliazione di Dio con l'uomo nell'Uomo: nell'Uomo crocifisso e risorto. "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" (Mc 15,39). Essa è quindi per l'uomo. Per l'uomo è pure "la conversione e il perdono dei peccati". Essa gli restituisce la sua vera grandezza: questa grandezza e questa dignità che egli ha ricevuto da Dio.

"O Signore, nostro Dio... / che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, / il figlio dell'uomo perché te ne curi?" (Ps 8,2 Ps 8,5).

Nel mistero della riconciliazione è racchiusa la piena verità sull'uomo.

Essa passa attraverso la realtà del peccato e, perciò, non può essere separata dalla "conversione e dalla penitenza". Se separassimo questi due elementi, falsificheremmo la piena verità sull'uomo.

Cari fratelli e sorelle! Preghiamo insieme che questa verità venga partecipata da voi tutti, che siete presenti all'attuale incontro pasquale della Chiesa in Italia.

[Al termine della messa:] Prima di terminare questa solenne liturgia eucaristica, desidero esprimere alla cara popolazione di Loreto i sentimenti di affetto e di stima che ad essa mi legano. Rivolgo innanzitutto il mio deferente saluto al signor sindaco di questa città e alle autorità della Provincia e della Regione, ringraziandole per quanto hanno fatto a favore del Convegno ecclesiale.

Rivolgo poi uno speciale pensiero all'arcivescovo monsignor Francesco Loris Capovilla, nel vivo ricordo anche del suo fedele servizio reso al tanto amato mio predecessore papa Giovanni XXIII: proprio oggi ricorre il ventiduesimo anniversario in cui tale pontefice pubblico l'enciclica "Pacem in Terris", che indico quali sono i veri e sempre validi fondamenti della pace.

Ringrazio i padri Cappuccini, ai quali da cinquant'anni è affidata la custodia di questo insigne santuario tanto caro al popolo italiano. Li ringrazio in particolare per la faticosa ma indispensabile opera della riconciliazione sacramentale. Con essi ringrazio quanti prestano la loro collaborazione per l'assistenza spirituale dei pellegrini che qui vengono numerosi a pregare la Vergine Maria.

Una particolare menzione voglio riservare per gli ammalati, assicurando che sono loro vicino con grande affetto e con riconoscenza per il contributo che essi danno alla Chiesa offrendo al Signore le loro sofferenze e le loro preghiere.

Saluto pure con affetto i cantori delle dodici nazioni presenti in questi giorni al santuario per celebrare il 25° anniversario della fondazione dell'ente lauretano: "Rassegna internazionale di cappelle musicali", benemerita istituzione dedita alla rianimazione del canto sacro, gregoriano e polifonico.

Auspico a tutti di accogliere con ferma volontà l'invito della Chiesa in ltalia a testimoniare la fede in Cristo risorto e a mettersi in piena sintonia con gli intendimenti del Convegno, vivendo nella propria quotidiana esperienza di credenti la riconciliazione e l'impegno di fedeltà al Vangelo e alla Chiesa.

Data: 1985-04-11 Data estesa: Giovedi 11 Aprile 1985





Ai giovani dell'Apostolato cattolico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servire la Chiesa e la società fedeli al carisma del fondatore

Cari giovani e cari assistenti spirituali dell'unione dell'Apostolato cattolico.


1. E' per me una grande gioia incontrarvi; saluto tutti voi che partecipate a questo pellegrinaggio, col quale celebrate solennemente il 150° anniversario di fondazione della vostra illustre comunità da parte di san Vincenzo Pallotti.

Da vicino e da lontano, siete venuti a Roma, nella città in cui Vincenzo Pallotti ha operato nel corso della sua breve vita (1795-1850), con instancabile impegno apostolico. Siete qui per riflettere sul suo esempio di vita e sulla sua predicazione; essi rimangono sempre validi e attuali, a ogni mutamento del tempo e della mentalità. Infine, siete venuti anche per incontrare il Papa che, quale successore dell'apostolo Pietro, è stato tanto venerato e ascoltato dal vostro fondatore. Di cuore vi ringrazio tutti per essere venuti.

So bene quanto Vincenzo Pallotti abbia amato i giovani. A vent'anni aveva fatto il voto di castità, povertà, umiltà e obbedienza davanti al suo confessore, per potersi dedicare interamente al servizio della salvezza eterna degli uomini.

A quel tempo egli scrive nel suo diario: "Non il mondo, ma Dio (è il mio scopo)!". A questo programma è stato fedele per tutta la sua vita. Quando il 16 maggio 1818 fu ordinato sacerdote, egli aveva già da molto tempo operato con tutte le sue energie tra la gioventù dei quartieri più popolosi: andava dai giovani, giocava con loro, li ascoltava, dava loro consigli e li incoraggiava verso il bene. Le attività ricreative terminavano sempre con una riflessione spirituale in chiesa. Ma, innanzitutto, egli si impegnava nell'istruzione religiosa dei giovani e delle giovani.

A questo scopo fondo scuole serali in città e paesi, organizzo corsi di indirizzo artistico e artigianale, e si dedico sempre più intensamente al lavoro apostolico diretto. Dalla sua cooperazione con gli uomini scaturi la feconda idea dell'apostolato dei laici che in seguito assunse una concreta forma ufficiale, trovando espressione autorevole nei testi del Concilio Vaticano II.

San Vincenzo Pallotti aveva scritto: "Proprio come tutti sono chiamati e tenuti a seguire Gesù Cristo, così tutti sono chiamati, a seconda delle loro possibilità e della loro condizione, all'apostolato... L'apostolato cattolico o universale, che può essere esercitato da ogni tipo di uomini, significa anche fare ciò che ciascuno può e dovrebbe fare per la maggior gloria di Dio e per la propria e altrui salvezza" ("Opere", III, pp. 137-143). Il Concilio Vaticano II ha dedicato all'apostolato dei laici un decreto chiamato "Apostolicam Actuositatem".

In esso si dice testualmente (n. 3a): "I laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo capo. Infatti, inseriti nel corpo mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della Cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato".


2. Cari giovani. In san Vincenzo Pallotti avete un santo patrono e un maestro illuminato. Egli vi sprona a dedicarvi ad attività apostoliche. "A tutti i cristiani è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra" (AA 3).

Come ho scritto nella mia lettera ai giovani per l'Anno internazionale dei giovani, voi possedete un tesoro grande e meraviglioso, la vostra stessa giovinezza. Donatela a Cristo. Impegnatela nella proclamazione e nella testimonianza al mondo che egli è realmente il Salvatore e il Redentore dell'umanità.

Dedicare se stessi all'apostolato cristiano significa che si è realmente afferrato il significato della vita umana. Significa anche basare la propria vita su grandi ideali, su ideali universali e sovrannaturali. Naturalmente, si deve avere convinzioni profonde e vive, ispirate da una piena conoscenza di Cristo e dalla sua costante e fervente imitazione. La prima di queste convinzioni è che Dio chiama realmente ciascuno alla conoscenza della verità e della salvezza eterna.

Come san Paolo scrive a Timoteo, "Dio, nostro salvatore... vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4).

La salvezza viene da Cristo. Egli dice continuamente di essere la verità, la luce che illumina ogni essere umano, il Figlio di Dio che è venuto per dare la vita: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3).

La seconda convinzione che dovete avere riguarda la presenza e la missione della Chiesa, che fu voluta e fondata da Gesù al fine di mantenere intatta la fede e assicurare la salvezza.

C'è una terza convinzione che dovete avere: la convinzione che è essenziale accettare la strategia dell'apostolato, che è una strategia della croce e del sacrificio. Gesù Cristo è, naturalmente, "segno di riconciliazione"; ma è anche "segno di contraddizione". Come mostra chiaramente la vita di Vincenzo Pallotti, le anime sono salvate dalla preghiera e dalla sofferenza.

Ed è spesso una croce pesante vivere coerentemente una vita degna, obbedire alla legge morale e alla legge del sacrificio di sé per vivere nella grazia e praticare la carità verso gli altri. E' specialmente difficile nella società moderna, che spesso nega i valori trascendenti e non cerca altro che il comodo e il piacere. Ma noi sappiamo che in Cristo è la vita e che la vita è la luce degli uomini e la luce brilla nell'oscurità (cfr. Jn 1,4-5). L'imitazione di Cristo era la base dell'impegno personale di Vincenzo Pallotti. Ed egli ora invita voi giovani a questo stesso impegno esigente, perché possiate essere realmente "il sale della terra e la luce del mondo" (cfr. Mt 5,13-14).


3. Cari giovani, desidero ancora richiamare alla vostra attenzione due grandi insegnamenti di san Vincenzo Pallotti e lasciarveli come ricordo del vostro pellegrinaggio romano: la direzione spirituale e la devozione a Maria santissima.

Pio XII parlando dell'apostolo di Roma "umile e semplice" ricordava che la sua predicazione era sempre diretta all'"unum necessarium", il cui frutto era il suo confessionale bramosamente ricercato e circondato da straordinari effetti di grazia" (2 marzo 1950). così pure papa Giovanni XIII nel discorso per la canonizzazione rammentava "la cura diretta delle anime, paziente e saggia, nel confessionale" (20 gennaio 1963).

I tempi che stiamo vivendo sono irti di difficoltà per la fede e per la vita cristiana; come ho notato nella Lettera ai giovani (n. 15), i vostri animi sono talvolta tormentati da molteplici e affannosi interrogativi; talvolta si perde la strada nella notte oscura! Avete bisogno di ricorrere con vero impegno ascetico al sacramento della Riconciliazione e alla direzione spirituale, come inculcava il Pallotti e come da sempre insegnava la Chiesa, per preservarvi dal male e per fortificarvi nella virtù e nel coraggio della carità e della testimonianza. Sia questo un vivo e fermo proposito sgorgato dalla vostra venuta alla tomba di san Pietro, per essere sempre saldi nella fede! (cfr. 1P 5,9).

Confidate poi sempre nella nostra celeste madre Maria! Si legge nella biografia del Pallotti che quando passava per le vie di Roma i suoi beneficati e quanti lo conoscevano gli si avvicinavano per baciargli la mano; ma egli velocemente traeva dalla manica un'immagine della Madonna e la dava a baciare, esortando a invocare sempre la Vergine santissima. Quante strepitose conversioni di peccatori e di persone lontane dalla Chiesa egli attribui all'intercessione di Maria, fiduciosamente invocata e costantemente imitata! Anche voi, come cristiani, avete un mondo immenso da amare, da convertire a Cristo, da risanare, da elevare! E la vera strada è quella indicata da san Vincenzo Pallotti: la devozione al Cuore immacolato e addolorato di Maria! Cari giovani! Siano questi i propositi per l'Anno commemorativo che state celebrando con fervore, per essere davvero soci attivi e convinti dell'unione dell'Apostolato cattolico, secondo il carisma del fondatore, per il bene vostro, della Chiesa e della società.

E vi sia di conforto anche la mia benedizione!

Data: 1985-04-12 Data estesa: Venerdi 12 Aprile 1985


A ufficiali inglesi di Polizia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "La speranza cristiana sostenga il vostro lavoro"

Cari amici.

Sono molto lieto di dare il benvenuto in questa udienza a voi tutti, rappresentanti degli ufficiali di polizia cattolici dell'Inghilterra e del Galles, insieme ai membri delle vostre famiglie. Sono specialmente lieto di rinnovare la mia conoscenza con i membri di una categoria di servitori pubblici che hanno svolto un ruolo tanto generoso nel facilitare la mia visita nel vostro Paese nel 1982.

Quest'anno state celebrando il 70° anniversario di fondazione del Catholic Police Guild, costituito sotto gli auspici del cardinale Bourne nel 191 4.

Desidero incoraggiarvi a perseverare nello spirito e nelle buone opere che hanno ispirato le intenzioni dei membri fondatori.

La vostra visita ai luoghi sacri di Roma, specialmente alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, conferisce un carattere di pellegrinaggio alla vostra presenza qui. Prego perché questa dimensione religiosa della vostra visita a Roma serva a consolidare la vostra fede cristiana e vi aiuti a vedere le vostre responsabilità professionali e familiari alla luce del messaggio evangelico dell'amore di Dio.

Gli alti ideali morali, il sacrificio di sé e la genuina sollecitudine per il bene comune che caratterizzano il vostro servizio pubblico sono tutti modi per testimoniare l'autenticità della vostra fede nel mistero pasquale della morte redentrice e della risurrezione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Il vostro è un lavoro di servizio e di fraternità. Come tale deve essere sostenuto da un profondo senso della dignità unica di ogni essere umano. Il particolare valore di ogni persona può essere pienamente compreso soltanto dove ciascuno è accettato come immagine di Dio stesso e come fratello o sorella di Cristo.

Auspico che il vostro lavoro, che spesso vi porta in contatto col lato più oscuro della natura umana, non vi distolga dal servire con entusiasmo la causa dell'armonia civica e del benessere, con sensibilità e speranza cristiana.

Attraverso di voi desidero inviare i miei auguri pasquali a tutti i membri della vostra Associazione, e a tutti i membri delle forze di Polizia dell'Inghilterra e del Galles. La grazia e la pace del Cristo risorto vi accompagnino sempre! E che le vostre famiglie e amici, qui presenti e a casa, siano abbondantemente benedetti con la forza e la gioia cristiane! Sappiate che vi sono grato e che rimarrete nelle mie preghiere!

Data: 1985-04-12 Data estesa: Venerdi 12 Aprile 1985


All'Apostolato della preghiera - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il valore santificante del lavoro quotidiano

Carissimi confratelli in Cristo!

1. Il Congresso mondiale dei segretari nazionali dell'Apostolato della preghiera mi offre la gradita occasione di rivolgere il mio saluto a voi, che siete venuti a Roma dai cinque continenti, e, in particolare, al reverendissimo padre Peter-Hans Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù e direttore generale dell'Apostolato della preghiera, al quale va il mio sincero ringraziamento per l'iniziativa.

Voi vi proponete, in questo Congresso, di studiare il modo di procedere dell'opera, la quale da più di un secolo è andata prestando grandi servizi alla pastorale della Chiesa, come strumento particolarmente adatto ed efficace.

L'Apostolato della preghiera - che io conosco e apprezzo da molti anni - vuole esaltare il valore apostolico della preghiera nella Chiesa; esso si fonda sull'esortazione di san Paolo, che raccomandava di pregare per tutti gli uomini, a questa "cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore" (1Tm 2,3); sull'efficacia della preghiera fatta nel nome di Gesù (Jn 16,23-24), in comune (Mt 18,19-20), insieme con Maria santissima (Ac 1,14). Inculcando la spiritualità dell'"offerta" in unione con l'oblazione di Cristo nella santa messa l'Apostolato della preghiera è sulla scia dell'insegnamento conciliare che ha presentato il Sacrificio eucaristico come fonte, centro e culmine di tutta la vita cristiana, e pone nel suo giusto valore la "preghiera dei fedeli", che la Chiesa ha ripristinato nella celebrazione eucaristica e nella liturgia delle Ore (cfr. SC 53).

2. L'Apostolato della preghiera si è sempre distinto per il suo impegno nel divulgare la devozione e la spiritualità del Cuore del Redentore. In ciò ha seguito gli insegnamenti e le esortazioni dei miei venerati predecessori, quali Leone XIII, che nell'enciclica "Annum Sacrum" (25 maggio 1899) indiceva la consacrazione di tutto il genere umano al Sacro Cuore; di Pio XI, che nell'enciclica "Miserentissimus Redemptor" (8 maggio 1928) inculcava la consacrazione al Cuore di Gesù e il dovere della riparazione; di Pio XII, che nell'enciclica "Haurietis Aquas" (15 maggio 1956) scriveva: "ll Cuore di Cristo è il Cuore di una persona divina, cioè del Verbo incarnato, e pertanto rappresenta e quasi mette sotto gli occhi tutto l'amore che egli ha avuto e ha ancora per noi.

Proprio per questa ragione il culto del Cuore sacratissimo di Gesù si deve tenere in tanta stima da considerarsi la professione più completa della religione cristiana... Pertanto, è facile concludere che, in sostanza, il culto del Cuore sacratissimo di Gesù è il culto all'amore col quale Dio ci ha amato per mezzo di Gesù, ed è insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli altri" (AAS 48 [1956] 344).

Desidero anche ricordare il mio grande predecessore Paolo VI, che nell'epistola apostolica "Investigabiles Divitias" insisteva sulla centralità della devozione al Cuore di Gesù: "Poiché il sacrosanto Concilio Ecumenico raccomanda vivamente i pii esercizi del popolo cristiano... soprattutto quando si compiono per volontà della Sede apostolica, questa forma di devozione sembra doversi sopra ogni altra inculcare. Infatti... è un culto che consiste essenzialmente nell'adorazione e riparazione dovuta a Cristo Signore, ed è fondato principalmente sull'augusto mistero dell'Eucaristia, dal quale - come dalle altre azioni liturgiche - deriva la santificazione degli uomini e la glorificazione di Dio, in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le attività della Chiesa" (AAS 57 [1965] 300).

Continuate pertanto a farvi evangelizzatori di colui che è ricco di misericordia, perché "la Chiesa sembra professare in maniera particolare la misericordia di Dio e venerarla, rivolgendosi al Cuore di Cristo" (DM 13).


3. Desidero oggi esprimervi il mio sincero apprezzamento per lo sforzo realizzato dalla Compagnia di Gesù in tutto il mondo al fine di diffondere e mantenere vivo in tutti i fedeli lo "spirito della redenzione", questo fuoco sacro che deve infiammare i cuori dei cristiani. All'Apostolato della preghiera si deve in gran parte attribuire la vitalità dello spirito di offerta, di immolazione della vita cristiana, la consapevolezza di collaborare all'opera della redenzione, come pure il vigore della spiritualità incentrata nel Cuore di Gesù, la consacrazione delle famiglie, delle città, delle nazioni al Cuore di Cristo. Le varie edizioni del "Messaggero del Cuore di Gesù", organo dell'Apostolato della preghiera, sono state e sono grandi e preziosi strumenti per la diffusione in tutte le lingue della spiritualità di "consacrazione" e di "riparazione", essenziali per vivere autenticamente il mistero del Cuore di Cristo.

Questo Congresso dei segretari nazionali dell'Apostolato della preghiera si svolge in un momento significativo per la vita della Chiesa, a vent'anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Fin dall'inizio del mio servizio pontificale ho invitato i fedeli ad aderire totalmente a Cristo, Redentore dell'uomo e del mondo; a saper vivere il messaggio di amore misericordioso di Dio nei riguardi dell'umanità peccatrice; in tale spirito ho desiderato che si celebrasse l'Anno Santo della redenzione, presentando Cristo crocifisso come risposta definitiva al mistero del nostro dolore umano, per ottenere i frutti della redenzione e per collaborare all'opera della redenzione stessa.


4. L'Apostolato della preghiera può portare un contributo valido e concreto per la diffusione a tutti i livelli della grande e consolante enunciazione che ogni cristiano può essere intimamente unito a Cristo redentore, mediante l'offerta della propria vita al Cuore di Cristo. Non dubito che la Compagnia di Gesù continui a porre le sue capacità, i suoi talenti, la sua organizzazione e la sua obbedienza al servizio di tale altissima finalità spirituale. Affido oggi di nuovo tale impegno allo zelo del preposito generale, raccomandandogli di cercare, nella fedeltà allo spirito dell'Associazione, le vie più efficaci secondo le esigenze del momento attuale, per diffondere fra tutti i fedeli questa coscienza di collaborare con Cristo redentore, mediante l'offerta della propria vita unita e vissuta con il Cuore di Cristo come consacrazione totale al suo amore e in riparazione dei peccati del mondo, per mezzo del Cuore immacolato di Maria santissima, quel Cuore che "si incontra spiritualmente col Cuore del Figlio aperto dalla lancia del soldato", quel Cuore che "è stato aperto dallo stesso amore per l'uomo e per il mondo, con cui Cristo ha amato l'uomo e il mondo, offrendo per essi se stesso sulla croce, fino a quel colpo di lancia del soldato" ("", V/2 [1982], pp. 1573-1582).

La promozione e la vivificazione di tale spirito essenziale deve costituire la ragion d'essere di tutta l'organizzazione, la struttura e l'attività dell'Apostolato della preghiera in questo tempo; un'attenzione speciale deve essere dedicata ai fanciulli e ai giovani, che costituiscono il Movimento eucaristico giovanile, versione attuale della classica Crociata eucaristica; come pure agli infermi, i quali, per la loro disponibilità ad unirsi alla passione di Cristo (cfr. "Salvifici Doloris", 23-27) sono elementi portanti e privilegiati dell'Associazione.

Dovete inoltre sforzarvi di formare cristiani che siano interiormente plasmati dall'Eucaristia, la quale dona la forza di impegnarsi generosamente ad abbracciare tutte le dimensioni della propria vita in spirito di servizio nei confronti dei fratelli, come il corpo di Cristo offerto e il suo Sangue versato (cfr. Lc 22,19-20).

ln questa prospettiva, continuate, con sempre maggiore e rinnovato impegno, a raccomandare e a diffondere la pia pratica dei "primi venerdi": riconciliato con Dio, con la Chiesa e con i fratelli mediante il sacramento della Penitenza, il fedele si unisce, cibandosi del sacramento dell'Eucaristia, al Cuore di Gesù e partecipa al suo atteggiamento di offerta e di riparazione.


5. Voi vi sentite vincolati, in modo particolare, al Vicario di Cristo e per questo pregate per lui ogni giorno, come faceva la Chiesa madre di Gerusalemme per Pietro (Ac 12,4); e desiderate approfondire e far conoscere agli aderenti i problemi concreti che preoccupano la Chiesa universale, in particolare quelli concernenti le missioni, allo scopo di farne oggetto di un'attenta riflessione, che ispiri al popolo di Dio una preghiera consapevole e responsabile. La preghiera, che voi promuovete, non consiste soltanto nella recita di una formula; ma deve sgorgare dal cuore del fedele nella consapevolezza della propria situazione di creatura, ma anche di figlio adottivo di Dio, come pure dalla coscienza della propria partecipazione alla funzione sacerdotale, profetica e regale del Cristo, in virtù dell'unione con lui (cfr. LG 30-38).

Che i vostri iscritti siano coscienti, allo stesso tempo, del valore santificante e apostolico del loro lavoro quotidiano, concepito come collaborazione all'opera di Dio, creatore e redentore, sia delle loro sofferenze, con le quali sono chiamati a completare nella loro carne quello che manca ai patimenti di Cristo (Col 1,24 "Salvifici Doloris", 24).

Vi esorto pertanto a insistere, con sempre maggiore impegno, nella continua formazione spirituale, dottrinale e catechetica dei vostri iscritti, come raccomandano i vostri statuti; una formazione che sia solidamente fondata sulla parola di Dio, fedele all'insegnamento della Chiesa e in sintonia con le direttive conciliari (cfr. AA 22-32), comunicando ad essi non solo la conoscenza, ma il senso dell'amore sempre vivo di Cristo redentore per tutti gli uomini e il significato della loro vocazione apostolica e della solidarietà universale. Per queste spirituali finalità non dubito che metterete al servizio delle Chiese locali e particolari tutti gli strumenti delle comunicazioni sociali, di cui potrete valervi, per trasmettere a tutti gli uomini l'esperienza di un'autentica preghiera, adattata alle differenti culture e incarnata nelle loro situazioni storiche; in particolare la preghiera nelle famiglie, che io stesso ho tante volte raccomandato (cfr. FC 59-62).


6. In tal modo si attuerà l'auspicio di Pio XII, secondo il quale "l'Apostolato della preghiera... si unisce talmente agli altri pii sodalizi da compenetrarli quasi come un'aria pura e sana, con cui la vita soprannaturale e l'attività apostolica sempre e dappertutto si rinnovino e si rafforzino" (27 settembre 1956: AAS 48 [1956] 676).

Con tali voti pongo questa pia Associazione universale nelle vostre mani, come un tesoro prezioso del cuore del Papa e del Cuore di Cristo. Mettete tutti i vostri talenti e tutti i vostri sforzi per il compimento di questa missione che io oggi vi affido.

Che Maria santissima, Madre della Chiesa, vi accompagni in questi giorni di Cenacolo e, in seguito, nel vostro ministero per il mondo, mentre invoco la sua materna intercessione sui lavori del Congresso e imparto la benedizione apostolica su voi, qui presenti, sui vostri collaboratori e su tutti i membri dell'Apostolato della preghiera.

Data: 1985-04-13 Data estesa: Sabato 13 Aprile 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Loreto (Ancona)