GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)


1. così dice Cristo risorto, stando in mezzo ai suoi apostoli nel cenacolo. Queste sono le parole che ha scritto Luca nel Vangelo, e che la Chiesa legge nella liturgia dell'odierna domenica pasquale.

Quanto vicino a queste parole è san Giovanni apostolo nella sua prima lettera, quando scrive: "Ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato... noi lo annunziamo" (1Jn 1,1-3)! La Chiesa è nata dalla missione messianica di Gesù di Nazaret.

L'esperienza post-pasquale costituisce in questa nascita un capitolo particolare, definitivo. La fede degli apostoli in Gesù Cristo, Signore e Redentore, ha la sua sorgente definitiva nel fatto che lo hanno visto, udito, toccato risorto, dopo la morte da lui subita sulla croce. In questo modo gli apostoli sono diventati i testimoni della risurrezione. La fede della Chiesa nasce, di generazione in generazione, dalla loro testimonianza.


2. La nostra preghiera in quest'ora meridiana si rivolge alla Madre di Cristo.

Egli, dopo la risurrezione, fa vedere il proprio corpo, le mani e i piedi. Egli dimostra così dinanzi agli apostoli la propria identità (in senso fisico): "Sono proprio io" (Lc 24,39). "Io", il medesimo che avete conosciuto "dall'inizio": sono proprio Gesù di Nazaret.

Ascoltando queste parole è difficile non pensare alla Madre. La risurrezione completa il mistero dell'incarnazione. E' risorto nella carne perché è nato nella carne (il Verbo si fece carne). E questo corpo lo ha preso da lei, da Maria. Perciò anche a Maria si rivolge dopo la risurrezione di Cristo con le parole della gioia pasquale: "Regina caeli laetare".

[Dopo la preghiera:] Oggi in Italia si celebra la Giornata dell'Università Cattolica del Sacro Cuore: è una ricorrenza importante per tutti coloro che sentono con urgenza la necessità che la fede cristiana possa farsi animatrice e sublimatrice dei valori della cultura contemporanea, che altrimenti rischiano così spesso di avvilire l'uomo anziché elevarlo. Invito pertanto gli italiani a rivolgere oggi in modo particolare l'attenzione a questo benemerito istituto culturale ed esorto a sostenerlo con generosità, materialmente e spiritualmente.

Data: 1985-04-21 Data estesa: Domenica 21 Aprile 1985





Omelia nella parrocchia dei Protomartiri romani - Roma

Titolo: Passando dal peccato alla conversione si testimonia Cristo




1. "Signore Gesù... arde il nostro cuore mentre tu ci parli".

La Chiesa presenta oggi questa preghiera al Signore Gesù cantando il suo "Alleluia". In esso è racchiusa l'eco delle parole pronunciate dai due discepoli di Emmaus, quando, dopo "lo spezzare del pane", hanno potuto riconoscere Cristo Signore risorto: "Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre conversava con noi lungo la via?" (Lc 24,32).

La stessa preghiera io presento oggi a Dio, insieme con la comunità parrocchiale dei Santi protomartiri, che mi è dato di visitare in questa terza domenica di Pasqua. Santi protomartiri! Quale eloquente titolo e quali significativi patroni ha la vostra parrocchia! Non molto lontano di qui, nel circo di Nerone, in linea con l'asse che percorre la lunghezza di piazza San Pietro fin oltre l'arco delle campane, nell'anno 64 dopo Cristo, un numero imprecisato di cristiani appartenenti alla popolazione residente in Roma, accusati dell'incendio della città, furono arsi vivi, o lasciati in pasto alle fiere, a motivo della loro fede. Non conosciamo i loro nomi, ma la loro memoria rimase viva nella comunità credente di Roma con questo unico

Titolo: "I primi martiri-protomartiri". Ne celebriamo la festa il 30 giugno, subito dopo la memoria dei santi Pietro e Paolo, poiché essi perirono nella stessa persecuzione, come primo frutto della predicazione degli apostoli e del Vescovo di Roma, Pietro.


2. Oggi, nella prima lettura della liturgia, parla proprio l'apostolo Pietro. Il brano, ricavato dal terzo capitolo del libro degli Atti degli apostoli, riporta qualche spunto della predicazione a Gerusalemme. Le sue parole, pero, sono valide anche per noi, a Roma, dato che questa sede vescovile della Chiesa deve proprio a lui, Pietro, il suo inizio.

Simone Pietro parla della passione e della risurrezione di Gesù. Parla ad ascoltatori che avevano preso parte agli avvenimenti, e alcuni di loro potevano dirsi "coautori" della passione e della morte del "Santo e Giusto". Dice quindi, rivolgendosi in seconda persona ai suoi uditori: "Voi lo avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato... avete chiesto voi che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti...

Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù... e di questo noi siamo testimoni" (Ac 3,13-15).

E' bene sostare un momento su questa contrapposizione: Noi... Voi. Voi, gli uccisori di Cristo, che lo avete respinto e rifiutato. Noi, i testimoni della sua risurrezione, che siamo stati chiamati ad annunciarlo anche a voi. Noi siamo stati scelti ad essere apostoli proprio per condurre voi alla fede, affinché credendo possiate, per un ineffabile dono di conversione, divenire a vostra volta testimoni della risurrezione di colui che avete respinto.

C'è in questa contrapposizione quasi la storia di ogni anima che passa dal peccato alla conversione, di ogni uomo che Cristo chiama alla fede e fa suo.

L'uomo che non aveva riconosciuto Gesù e che lo aveva condannato, è così invitato a divenire, mediante un misterioso dono di grazia, il buon terreno che fa nascere e fa fruttificare il seme con abbondanza (Lc 8,15).


3. Si. Pietro è testimone insieme con tutti gli apostoli. E' il primo tra i testimoni, ha visto il Signore risorto, lo ha incontrato, ha parlato con lui.

Pietro era presente nel cenacolo, quando vi ebbe luogo l'avvenimento pasquale che è descritto nel Vangelo di Luca. Pietro intese, insieme con gli altri apostoli, il saluto del Signore: "Pace a voi". Egli fu turbato per l'inaspettata apparizione di Cristo che credeva definitivamente morto, e provo l'intensa gioia di riconoscerlo vivo e di mangiare ancora con lui: "Toccatemi e guardate... Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangio davanti a loro". Pietro venne illuminato dalle parole di Gesù, che gli apersero la mente all'intelligenza delle Scritture, e senti come rivolte a sé le parole del Maestro che già tracciavano il programma della sua missione di apostolo: "Saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati cominciando da Gerusalemme".


4. così, dunque, Pietro è testimone. Come testimone del Risorto parla negli Atti degli apostoli al popolo riunito in Gerusalemme. Il seguito del discorso suona così: "Fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi" (Ac 3,17). Ciò nonostante, proprio attraverso questa ignoranza e colpa si è compiuto l'eterno disegno salvifico, il disegno di Dio: "Dio, pero, ha adempiuto così ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto" (Ac 3,18).

Le ultime parole di Pietro contengono una pressante chiamata alla penitenza e alla conversione: "Pentitevi, dunque, e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati" (Ac 3,19). Pentirsi e cambiare vita sono i due momenti essenziali della conversione. Pentirsi, cioè raccogliere il giudizio sul male che scaturisce dal mistero di Cristo morto e risorto, al fine di ottenere un profondo e sincero dolore delle nostre colpe e dei nostri peccati; di quelli personali, ma anche di quelli che caratterizzano la nostra epoca e la nostra società. Il nostro dolore dovrà essere sincero e veritiero, capace di mutare radicalmente i sentimenti dell'anima, illuminato dalla speranza di poterci trasformare e di ottenere il perdono.

Se avessimo respinto Gesù Cristo, dovremmo cambiare opinione su di lui e riconoscerlo come Figlio di Dio e Signore. Questa fede rinnovata ci consentirà di rettificare il nostro cammino, lasciarci condurre sulla via di Dio, fare nostro il suo disegno e il suo progetto per la nostra vita.


5. Il brano della prima lettera di Giovanni che abbiamo letto ci propone un altro pensiero confortante: "Cristo, avvocato presso il Padre, vittima di espiazione".

Se noi guardiamo attentamente alla serietà e all'irreversibilità della nostra conversione ci sentiamo spesso poveri e fragili, perché la nostra santificazione non è ancora consumata in noi finché viviamo nel tempo. Il suo compimento sta oltre, e noi continuiamo a constatare la nostra pochezza. Pero sappiamo che Cristo "si è dato per noi, per redimerci da ogni iniquità e purificare un popolo di sua proprietà" (Tt 2,14). Egli ha operato una liberazione definitiva che trascende il tempo perché si fonda sulla potenza del suo sacrificio e del suo sangue. In questo sangue la nostra riconciliazione e il nostro riscatto sono divenuti un fatto definitivo, in lui la nostra pace con Dio è divenuta eterna. E' nella potenza infinita di questo martirio del Giusto che si fonda la nostra speranza: Cristo immolato intercede per noi per un giudizio di salvezza. Il Crocifisso implica per noi un giudizio di Dio che ci salva, perché i peccati degli uomini sono morti nella sua morte.


6. così, ecco che noi, riuniti insieme oggi nella parrocchia dei Santi Protomartiri, abbiamo ascoltato insieme la "predica" dell'apostolo Pietro, dal quale la Chiesa romana ha preso inizio.

Come Vescovo di Roma e successore di Pietro voglio esprimervi tutta la mia gioia per questo dono che mi è stato concesso, di visitare, proprio nel tempo pasquale, la vostra comunità, legata alla tradizione e alla memoria dei Protomartiri romani.


7. Desidero ricordare il cardinale vicario, il quale non è presente per motivi di salute, come sapete. Noi pregheremo insieme per lui in questa messa.

Saluto il vescovo preposto a questa prefettura, il vostro parroco, i suoi cooperatori, e poi i molti sacerdoti che collaborano nei diversi settori della vita pastorale: per la preparazione al matrimonio, nelle organizzazioni giovanili, nelle opere di carità, gli Scout (associati agli Scout cattolici d'Europa), gli universitari, la catechesi, la liturgia, il coro, i gruppi ricreativi e culturali, tanto vivaci in questa parrocchia giovane (vent'anni di vita) e ben dotata di efficienti strutture.

Un saluto alle comunità religiose femminili, qui residenti, che sanno dare, all'occorrenza, insieme con la testimonianza della loro vita consacrata, l'aiuto occasionalmente richiesto dalle necessità della vita parrocchiale.

Desidero ricordare l'attività del consiglio pastorale, formato da persone che effettivamente condividono i servizi e le idee del presbiterio parrocchiale. Insieme vorrei incoraggiare l'opera preziosa dei ministri straordinari dell'Eucaristia. Voi consentite ai malati di trovare il conforto della "visita" del Signore. Annunciate loro sempre anche la parola che avete ascoltato alla messa festiva, affinché tra Comunione e messa ci sia continuità e segno di unità con tutta la vita della parrocchia.

Ci sono poi alcune iniziative che ritengo di dover confortare; ben sapendo che alcune opere hanno bisogno di tempo e di pazienza per essere assimilate dalla comunità: si tratta della pratica costante e periodica del sacramento della Riconciliazione; del proseguimento della catechesi dopo la Cresima; dell'animazione di un centro culturale, che vi sta a cuore a motivo dell'ampia partecipazione dei giovani delle scuole superiori. Agite con pazienza, ma con continuità, senza tralasciare le occasioni, e con molta speranza. Il tempo darà ragione alla vostra buona volontà.

Si tratta di iniziative particolarmente necessarie, specie quelle connesse alla pastorale sacramentale, dono della grazia congiunto con la direzione spirituale delle coscienze, e allo sviluppo della catechesi permanente in favore dei giovani, per i quali il sacramento della confermazione ha bisogno di divenire fonte consapevole di testimonianza in un momento in cui la loro personalità umana e cristiana sta assumendo la sua identità specifica di adulto credente. Abbiate fiducia e non rinunciate a tentare ed eventualmente a riprendere sempre di nuovo i vostri intelligenti progetti di lavoro.


8. Oggi, cantando il nostro "alleluia", preghiamo: "Signore Gesù, facci comprendere le Scritture; arde il nostro cuore mentre ci parli".

Si. Tu, Cristo, parli a noi per mezzo dei testimoni della tua passione e risurrezione. Tu parli per mezzo di Pietro e degli apostoli. Tu parli anche per mezzo di quei protomartiri che - in maggioranza - hanno creduto, benché non avessero visto. E dopo aver creduto hanno dato la vita per Cristo.

Noi siamo eredi di questa testimonianza. Dobbiamo essere degni di una tale eredità! Cerchiamo la sua sorgente nella Sacra Scrittura: facci comprendere le Scritture". Tu ci parli in esse. E benché non vediamo te in persona, come tante generazioni dei cristiani in questa Città eterna, tuttavia nelle Scritture troviamo sempre la stessa sorgente della fede. Tu ci parli in esse.

Signore, arde il nostro cuore! Arde il cuore! Permettici di amare la verità, la verità della tua passione e della tua risurrezione! Permettici di vivere nel soffio del tuo mistero pasquale.

[All'inizio della visita pastorale:] La vostra è una parrocchia tanto vicina a san Pietro: la parrocchia dei Protomartiri romani. Anche san Pietro era uno di loro. In questo periodo, mentre contempliamo la vittoria di Gesù crocifisso, la sua risurrezione, ben si inquadra la visita alla parrocchia dedicata ai Protomartiri romani perché questi hanno saputo ripetere quella stessa vittoria di Cristo nella crocifissione, nel martirio. Saluto con tanto amore il vostro parroco che dandomi il benvenuto si è commosso. Ciò significa che il suo è un cuore semplice e sincero. Saluto anche tutti i suoi collaboratori e tutta la comunità di questa parrocchia, tutti i suoi abitanti. Sono tutti cristiani, cioè sono tutti battezzati. Con il battesimo sono stati chiamati a prendere parte a questa comunità, ma soprattutto alla risurrezione di Gesù Cristo, a prendere parte alla sua vita, che non termina, perché è eterna e ci è offerta da Dio stesso in Gesù Cristo. Vi auguro di essere visitati da Gesù stesso nella sua risurrezione, con il suo messaggio, un messaggio che non tramonta mai, il messaggio dell'amore e della verità, il messaggio della verità e della vita: il Vangelo. Auguro a tutti di vivere il Vangelo; questo è lo scopo di questa parrocchia, della sua esistenza, è la sua missione ed è anche lo scopo della mia visita.

[Ai bambini:] La parola chiave di questa visita è "ti voglio bene". così mi ha detto il parroco nell'accogliermi, così è scritto sui muri, così più volte l'avete ripetuta in questa chiesa tutti voi. Io voglio rispondere a questa parola: vi voglio bene, come vostro Vescovo. Ma penso anche a colui il quale vuole bene a tutti noi al di sopra di noi stessi: Gesù, lui vuole bene a tutta l'umanità, a tutti i suoi fratelli, a tutte le sue sorelle, a tutti i figli e a tutte le figlie del suo stesso Padre. Per questo suo bene ha vissuto una vita umana e ha sofferto la croce, ha sofferto la passione della croce. E per questo è risorto: perché ci vuole bene. Non solo in ogni momento della vita terrena, ma ci vuole bene nella dimensione divina della vita eterna. Io vorrei unirmi a voi in questa parola: ti voglio bene e vorrei trovarvi in essa come parola di Cristo. Voglio portare questa parola nella vostra parrocchia. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per accogliermi. Ma voglio ringraziare anche per una piccola risposta che ho ricevuto da uno di voi, che ora sta li in mezzo, nascosto. Gli ho detto passando accanto a lui: "Tu sei bravo". E lui mi ha risposto: "Non merito questo complimento dal Papa, non lo merito". Ho ben compreso il suo atteggiamento di autocritica, di umiltà e ne sono rimasto colpito. Carissimi giovani di questa parrocchia, di questa chiesa di Roma, di questa città che oggi celebra il suo Natale, vi voglio dire ancora una parola: vi voglio bene.

[Al gruppo della Caritas:] "Ubi caritas et amor Deus ibi est". Questo ci dice tutto per sottolineare l'importanza del vostro apostolato. Voi date alla vostra parrocchia e alla vostra comunità una dimensione fondamentale grazie alla quale rendete presente Dio.

[Alle religiose:] Sono gioiose queste suore, sono gioiose. Ma questa gioia è dovuta in questo periodo pasquale. E' una gioia che dobbiamo vivere sempre, ma dobbiamo viverla soprattutto in questo periodo in cui nella liturgia della Chiesa si celebra la Pasqua. Io vi auguro di portare questa gioia nel profondo dei vostri cuori e di portarla anche agli altri. Anche portando la gioia si fa apostolato. Soprattutto se la portate a quelli che non l'hanno, perché soffrono o perché sono nel peccato. Vi auguro di portare a tutti questa gioia pasquale, di penetrare con questa gioia tutti gli ambienti di questa parrocchia.

Vi auguro soprattutto le vocazioni.

[Al Consiglio pastorale:] Voglio ringraziare tutti voi, membri di questo Consiglio pastorale. Avendo questa definizione, significa che voi volete stare molto vicini a Cristo, Buon Pastore. Anzi, volete essere quasi i suoi collaboratori, i suoi strumenti. Cristo Buon Pastore può essere Buon Pastore anche tramite voi, tramite noi, vescovi, tramite il Vescovo di Roma, tramite il vostro parroco, tramite gli altri sacerdoti e anche tramite voi, con i vostri consigli. E questo vi obbliga ad avere un certo modo di vedere le persone, gli ambienti, la comunità parrocchiale, diciamo con gli occhi di Cristo. Ecco ciò che si deve fare perché questo suo ovile, che si chiama la parrocchia dei Protomartiri romani, sia una comunità cristiana degna di questo nome. Cristiana vuol dire "di Cristo".

Questo vi auguro: essere degni del nome di cristiani.

[Al Centro culturale:] Voglio rispondere alle parole dette dal rappresentante del vostro gruppo e soprattutto voglio anche sottolineare il fatto della vostra presenza e della vostra attività nella parrocchia dei santi Protomartiri romani. La cultura rappresenta uno degli impegni principali della Chiesa nel mondo contemporaneo, secondo quanto ci ha insegnato il Concilio Vaticano II e come ci insegna anche il documento della Conferenza episcopale italiana. Ma così ci insegna anche tutta la storia; e basta vivere a Roma per averne un esempio in questo senso; un esempio che conferma la stretta collaborazione fra il Vangelo e la cultura. Possiamo dire che Roma è un esempio.

Roma stessa, tutto quello che rappresenta la città eterna, tutto ciò è un esempio.

Non dobbiamo cercare molti esempi lontano; basta che consapevolmente viviamo in questa città per avere un esempio continuo, ogni giorno, ogni momento. Questo esempio valido da duemila anni deve essere reso nuovamente valido per la nostra epoca, per i nostri giorni. E qui ci vuole l'impegno. Esempi non ne mancano, sono sufficienti, ma ci vuole un impegno costante. Come ben sappiamo la civiltà contemporanea è permeata da diverse correnti, non solamente cristiane ma anche anticristiane, acristiane, areligiose, antireligiose. Anzi, queste correnti sembrano qualche volta dominanti nella mentalità della società contemporanea. Questa situazione richiede impegno per essere superata. Un impegno di tutti i cristiani consapevoli; consapevoli di che cosa vuol dire essere cristiani. Cristo dice che suo Padre fa cultura; cultura nel senso più profondo della parola: quella cultura che è la vera perfezione dell'uomo, la sua completezza, nel senso umano, naturale e anche nel senso soprannaturale. Io vi auguro di continuare questa vostra riflessione nel campo della cultura e vi auguro anche di diffondere questo impegno, questa consapevolezza di essere cristiani negli ambienti in cui vivete, in cui lavorate e specialmente in questa parrocchia".

[Ai giovani:] Carissimi, voglio dirvi anzitutto una parola di saluto. E questa parola dall'inizio della mia visita alla vostra parrocchia è diventata la stessa: "Vi voglio bene". così mi ha salutato il vostro parroco e così poi ho salutato i vostri fratelli e sorelle più piccoli nella chiesa e così sto salutando anche voi: vi voglio bene! Ai giovani io non dovrei parlare molto oggi, perché a loro ho parlato già troppo negli ultimi tempi, specialmente nel periodo pre-pasquale, nella domenica delle Palme, ho parlato in occasione del raduno internazionale della gioventù che si è svolto a Roma. Ma soprattutto ho parlato a voi nella mia Lettera ai giovani di tutto il mondo. La mia Lettera ai giovani è abbastanza lunga, è quasi una enciclica, per questo dico che non mi sembra molto opportuno parlare ancora tanto ai giovani. Ma vorrei dire qualche parola prendendo spunto da quanto i vostri compagni mi hanno detto. Ho ascoltato il rappresentante del gruppo scout, quello del gruppo impegnato nei problemi sociali e quello degli studenti che si impegnano a vivere la spiritualità cristiana postcresimale. Io voglio incoraggiare tutte queste vostre attività, sottolineando l'importanza dei tre obiettivi principali: quello degli Scout che si propongono l'educazione o meglio l'autoeducazione. Sappiamo bene che in questo campo i meriti della vostra associazione internazionale sono grandissimi e ben collaudati. Io vi auguro di continuare in questa sana e giusta linea di educazione e autoeducazione. Si deve mettere in rilievo il vostro impegno giovanile nei problemi della città, e precisamente nella prefettura.

So che avete letto una relazione su cosa possono fare i cristiani e specialmente i giovani cristiani; e su cosa possono fare per migliorare la situazione, la vita umana. Anche questo è un compito molto giusto e merita un elogio e un incoraggiamento. Io penso che il cristiano deve sempre pensare come migliorare la vita propria e la vita degli altri. Il cristiano deve essere un uomo per gli altri. Vi auguro a tutti di diventare sempre più uomini per gli altri come Gesù Cristo, che in questo ci ha lasciato il suo esempio. Auguro a voi tutti, giovani della comunità parrocchiale dei Santi Protomartiri, di continuare il cammino, in questa dimensione di vita interiore che in voi giovani è particolarmente ricca; si risveglia e si sviluppa rapidamente. Vi ringrazio per la vostra presenza attiva e apostolica in questa parrocchia e vi auguro di portare nel mondo contemporaneo l'impegno proprio del cristiano, il segno degli eredi dei Protomartiri romani.

[Alle monache Cappuccine di sant'Urbano:] La vostra vita è tutta una preghiera; la vostra vita è un camminare davanti al Signore, possiamo dire giorno e notte. La vostra vita è inoltre una ricerca continua del volto del Signore, una ricerca che costituisce la finalità ultima di tutti noi. Questa è la vostra vita.

La Chiesa ha bisogno di voi, ha bisogno della vostra vocazione; la Chiesa ha bisogno delle vocazioni della vostra comunità e nella vostra comunità. La Chiesa vi ringrazia per il vostro impegno contemplativo e vi raccomanda se stessa e tutto il popolo di Dio. La Chiesa vi raccomanda tutti i suoi problemi attuali; tutti i problemi del mondo a cui la Chiesa è invitata, in Cristo con gli apostoli.

Raccomandandovi se stessa la Chiesa vi raccomanda tutto quanto costituisce la sua missione, la sua difficile missione, la sua salvifica missione, la sua missione pasquale.

Data: 1985-04-21 Data estesa: Domenica 21 Aprile 1985





Messaggio al popolo brasiliano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Omaggio allo statista scomparso: Tancredo de Almeida Neves

Signor presidente, ricevendo la dolorosa notizia della morte dell'illustre presidente Tancredo de Almeida Neves, mi affretto a deporre nelle sue mani di supremo mandatario di questa nobile nazione il messaggio che, per insopprimibile impulso del cuore, desidero indirizzare al popolo brasiliano, a me caro per tante ragioni.

Rimarrà prezioso in me il ricordo del mio incontro, nel gennaio scorso, con l'insigne uomo pubblico che, appena eletto, aveva desiderato incontrare il Pastore universale della Chiesa, di cui era figlio fedele. Ho potuto ammirare in quell'occasione l'uomo probo e lo statista di grande levatura, la sua lunga esperienza, la competenza e la serietà con cui si preparava ad assumere l'elevato incarico che i suoi pari, interpretando la volontà quasi unanime di tutto il popolo, gli avevano affidato.

Per questo, da quando ho avuto la notizia della sua infermità, non è passato giorno senza che io non pregassi con fervore per il suo ristabilimento, se tale era il disegno di Dio. così facendo, mi sono incontrato in profonda comunione spirituale con milioni di brasiliani che, per intere settimane, hanno fatto del loro Paese una grande famiglia in preghiera.

Ora che egli ha lasciato questo mondo, desidero innanzitutto rivolgere la mia parola di incoraggiamento ai familiari, il cui coraggio e spirito di fede ho potuto apprezzare durante i lunghi giorni di calvario del capo famiglia. Possa Dio concedere loro consolazione e adesione alla sua volontà in questo momento cruciale. Una parola di speranza e di incoraggiamento vada anche a tutto il popolo brasiliano.

Esso fu testimone della ferma determinazione con la quale il presidente decise di collocare alcuni capisaldi di essenziale importanza alla base del suo progetto - ampio e generoso, e tuttavia non utopico - di una nuova repubblica.

Segnalo, tra gli altri, la rilevanza data alla giustizia sociale e all'equa distribuzione dei benefici come dei sacrifici; un'attenzione speciale ai più poveri e abbandonati; la ricerca di una concordia sincera tra tutti i brasiliani; la tutela e la promozione dei diritti umani fondamentali; la partecipazione di tutti in un patto sociale coerente ed efficace.

Confortato dalla straordinaria riconciliazione che il Paese ha sperimentato intorno al letto di dolore del suo presidente, che ha destato ammirazione ed edificazione nel mondo intero, formulo voti perché gli elevati ideali e propositi di Tancredo Neves non scompaiano con lui ma siano portati avanti con entusiasmo e dedizione dai responsabili e da tutta la comunità nazionale. Sarà l'omaggio migliore e più concreto alla sua imperitura memoria e al suo sacrificio che diventerà, in questo modo, fruttuoso per tutta la nazione brasiliana che egli ha amato moltissimo e ha servito con tutto se stesso.

Dopo aver offerto la santa messa in suffragio dell'anima del grande uomo pubblico, purificata dalla sofferenza sopportata con esemplare fede cristiana, invio di cuore alla famiglia Neves, specialmente alla signora Risoleta, ai suoi figli e nipoti; a vostra eccellenza, signor presidente, erede degli elevati progetti dello statista defunto, ai responsabili del bene e del progresso del popolo brasiliano e a questo stesso popolo, a prescindere da qualsiasi distinzione, l'assicurazione della mia ardente preghiera per la patria brasiliana in quest'ora storica, accompagnata da una paterna e confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1985-04-22 Data estesa: Lunedi 22 Aprile 1985








A seminaristi jugoslavi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiera e sacrificio per essere sacerdoti esemplari

Eccellenza, miei cari seminaristi, Con grande gioia vi ricevo qui nella Città eterna. Siete venuti dalla cara diocesi di Djakovo, in Jugoslavia, che ha dato tanti grandi uomini. Non posso passare sotto silenzio che nel suo territorio è nato il cardinale Franjo Seper di venerata memoria, il quale, da bambino, lascio la sua città natale, Osijek, per andare a Zagabria: il suo cuore, pero, è sempre stato legato al luogo dove ha ricevuto il Battesimo, nella chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo.

Un'altra grande personalità è stata il vescovo Giuseppe Giorgio Strossmayer, che ha costruito l'odierna cattedrale di Djakovo. Non mi è, purtroppo, possibile ricordare tanti altri degni sacerdoti, religiosi e religiose, uomini e donne della vostra benemerita diocesi.

E ora il mio sguardo si rivolge a voi, miei cari seminaristi. Voi siete la mia gioia, in voi la Chiesa ripone tante speranze. Voi continuerete l'opera di Cristo, l'opera degli apostoli. Quante anime saranno ricevute nella Chiesa con il Battesimo impartito da voi. Quanti bambini apprenderanno a vivere da buoni cattolici per tutta la vita con il catechismo, da voi insegnato con amore a queste anime innocenti. Quanta gioia darete a tante persone, che saranno riconciliate con il Signore nel sacramento della Confessione. Quanta pace porterete alla gente qui sulla terra e alle anime nel purgatorio con le sante messe da voi celebrate. Vi saranno giovani che verranno uniti in matrimonio davanti a Dio e a voi stessi; voi li seguirete durante tutta la loro vita. Spero anche che troverete qualche giovane, il quale, spinto dalla vostra vita santa, diventerà sacerdote o religioso, e qualche ragazza, religiosa. Sono certo che voi sarete il sostegno per gli anziani, per i quali avrete sempre una parola di incoraggiamento e di fiducia.

Voi sarete quelli che preparano la gente per l'incontro con il Signore.

Ecco, cari seminaristi: questo è, in breve, il programma per la vostra vita futura. E per poter adempiere tutto ciò con dignità sono necessari, ora e per tutta la vostra vita, una preghiera intensa e quotidiana, molti sacrifici e lo studio. Senza preghiera e sacrificio, senza una vita spirituale profonda, mai potrete essere sacerdoti esemplari. Alla Chiesa, oggi più che mai, servono sacerdoti santi. Il Papa ha fiducia in voi. Rimanete sempre fedeli al Santo Padre, alla Chiesa, al vostro vescovo. Abbiate sempre una grande devozione verso la Madre di Dio e Madre vostra. Onorate san Giuseppe, protettore della Chiesa e dei sacerdoti.

Il Papa a tutti voi, ai vostri genitori e fratelli, a tutti i sacerdoti della vostra diocesi, ai religiosi e alle religiose imparte di cuore l'apostolica benedizione.

Data: 1985-04-26 Data estesa: Venerdi 26 Aprile 1985


Al simposio "Fede ed evoluzione" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Retta fede nella creazione, retto insegnamento dell'evoluzione

Signore e signori, in questo periodo pasquale nel quale festeggiamo con grande gioia il mistero della risurrezione di Gesù Cristo dai morti, colgo volentieri l'occasione per salutare i partecipanti al simposio scientifico internazionale qui presenti i quali si sono riuniti in questi giorni a Roma per dibattere l'importante tema: "Fede cristiana e teoria dell'evoluzione". Il mio saluto particolare va a lei, eminentissimo cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ai suoi collaboratori, ai consultori del suo dicastero i quali partecipano al lavoro di questi giorni.

Il mio saluto altrettanto cordiale va ai professori Robert Spaemann e Reinhard Löw e ai loro collaboratori della prima cattedra di filosofia dell'università Ludwig-Maximilian di Monaco. Da essi infatti è partita l'iniziativa per questo congresso di scienziati, del cui felice svolgimento siete stati anche voi responsabili in prima persona. Avete del resto già dimostrato la vostra capacità a questo riguardo nei due simposi precedenti su "Evoluzione e libertà" e "Teoria dell'evoluzione e coscienza umana di fronte al mondo scientifico". Siete riusciti così ad ottenere l'adesione di numerosi e illustri esperti delle varie discipline filosofiche e teologiche, ai quali porgo parimenti il mio benvenuto.

Il concetto polivalente e considerato sotto il profilo filosofico di "evoluzione" si sta da tempo sviluppando sempre più nel senso di un ampio paradigma della conoscenza del presente. Pretende di integrare la fisica, la biologia, l'antropologia, l'etica e la sociologia in una logica di spiegazione scientifica generale. Il paradigma dell'evoluzione si sviluppa, non ultimo, attraverso una letteratura in continua crescita, per diventare una specie di concezione del mondo chiusa, un'"immagine del mondo evoluzionistica".

Questa concezione del mondo si differenzia dall'immagine materialistica del mondo, che fu propagata alla svolta del secolo, per una vasta elaborazione e per una grande capacità d'integrare dimensioni apparentemente incommensurabili.

Mentre il materialismo tradizionale cercava di smascherare come illusione la coscienza morale e religiosa dell'uomo e, talvolta, la combatteva attivamente, l'evoluzionismo biologico si sente abbastanza forte per motivare questa coscienza funzionalmente con i vantaggi della selezione ad essa legati e integrarla nel suo concetto generale. La conseguenza pratica ne è che i fautori di questa concezione del mondo evoluzionaria hanno imposto una nuova definizione dei rapporti con la religione, che si differenzia notevolmente da quella del passato più recente e di quello più remoto.

Per quanto riguarda l'aspetto puramente naturalistico della questione, già il mio indimenticato predecessore papa Pio XII richiamava l'attenzione del 1950, nella sua enciclica "Humani Generis", sul fatto che il dibattito sul modello esplicativo di "evoluzione" non viene ostacolato dalla fede se questa discussione rimane nel contesto del metodo naturalistico e delle sue possibilità. Egli sottolinea il limite della portata di questo metodo quando afferma che il magistero della Chiesa non vieta "che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio). Pero questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura" (cfr. DS 3896). In base a queste considerazioni del mio predecessore, non creano ostacoli una fede rettamente compresa nella creazione o un insegnamento rettamente inteso dell'evoluzione: l'evoluzione infatti presuppone la creazione; la creazione si pone nella luce dell'evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo - come una "creatio continua" - in cui Dio diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del cielo e della terra.

La questione del giusto limite e della retta coordinazione dei differenti ambiti del conoscere umano, che è al centro della citata affermazione dell'enciclica "Humani Generis", ha acquistato anche dimensioni nuove attraverso la nuova "immagine evoluzionistica". Nella sua vasta pretesa non si tratta più semplicemente dell'origine dell'uomo, ma, nell'accezione più estesa, di ricondurre tutti i fenomeni spirituali inclusa la morale e la religione al modello-base dell'"evoluzione" a partire dal quale vengono contemporaneamente circoscritti la loro funzione e i loro limiti. Una simile funzionalizzazione della fede cristiana dovrebbe colpire l'uomo e modificarlo nel suo intimo. Ecco perché il pensiero che si fonda sulla fede non può non occuparsi di questa concezione del mondo evoluzionaria, che va molto oltre i suoi fondamenti naturalistici. Il problema centrale della fede è sempre quello della ricerca della verità. Bisogna dunque chiedersi anche qui quale contenuto di verità ed eventualmente quale collocazione vada attribuita alle teorie scientifiche che dovrebbero sostenere e motivare la filosofia spesso presentata in maniera divulgativa, la quale viene inserita nella conoscenza naturalistica o sviluppata in seguito ad essa.

E' evidente che questo problema grave e urgente non può essere risolto senza filosofia. Spetta proprio alla filosofia sottoporre a un esame critico la maniera in cui i risultati e le ipotesi vengono acquisiti, differenziare da estrapolazioni ideologiche il rapporto tra teorie e affermazioni singole, la collocazione delle affermazioni naturalistiche e la loro portata, in particolare il contenuto proprio delle asserzioni naturalistiche.

Per questi motivi saluto questo simposio nel quale scienziati e studiosi competenti - specialmente filosofi e teologi di differenti orientamenti e differenti specializzazioni - hanno voluto dedicarsi a questo lavoro con l'intenzione di individuare con precisione i problemi, e dalla conoscenza delle questioni elaborare le risposte giuste. In definitiva si tratta della comprensione dell'uomo, che certamente non può essere separata dalla questione di Dio. Secondo un detto profondo di Romano Guardini, comprende l'uomo soltanto chi conosce Dio.

Effettivamente è solo in questa prospettiva più ampia che viene alla luce la vera grandezza dell'uomo, diventa evidente chi egli è nel più profondo: un essere voluto e amato dal suo Creatore, la cui inalienabile grandezza è quella di poter dire "tu" a Dio.

ln questo spirito impartisco di tutto cuore la benedizione apostolica a tutti voi per il vostro lavoro.

Data: 1985-04-26 Data estesa: Venerdi 26 Aprile 1985





Alle suore Salesiane dei Sacri Cuori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La comunità ecclesiale non può abbandonare chi soffre

Carissime suore Salesiane dei Sacri Cuori e cari pellegrini!


GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)