GPII 1985 Insegnamenti - Alle suore Salesiane dei Sacri Cuori - Città del Vaticano (Roma)


1. Cento anni fa, e precisamente il 25 marzo 1885, il servo di Dio sacerdote Filippo Smaldone fondava a Lecce la vostra congregazione religiosa, consacrandola ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, sotto la protezione e con la spiritualità di san Francesco di Sales, e dedicandola principalmente all'istruzione e alla formazione dei sordomuti.

Era allora un'istituzione veramente "pilota", un'istituzione geniale e nello stesso tempo profondamente cristiana, che dimostra come la Chiesa, inserita nella storia umana, non dimentica mai e non abbandona i poveri e gli emarginati.

Giustamente pertanto avete voluto solennizzare questa data commemorativa così ricca di preziose memorie e così densa di significato per stimolare a procedere con fervore ancora maggiore nelle opere intraprese.

Sono molto lieto di incontrarvi e vi ringrazio della vostra visita! Porgo il mio saluto alla madre generale, alle suore qui presenti e alle loro consorelle sparse in Italia e in Brasile, ai pellegrini venuti da vicino e da lontano e invito tutti a pensieri di viva riconoscenza per le tante grazie elargite dal Signore e per il bene compiuto in questo secolo di vita.


2. Sempre si rinnova nella Chiesa la vicenda del piccolo seme di senapa narrata da Gesù, parlando del regno dei cieli (cfr. Mt 13,31-32): dalle umili e nascoste origini di quel giorno lontano, la congregazione religiosa sgorgata dall'amore sacerdotale di don Filippo Smaldone si è dilatata per tutta l'Italia e in seguito anche in Brasile, per soccorrere i bambini e gli adulti audiolesi e i fratelli sofferenti e bisognosi. E si realizza anche sempre ciò che ancora Gesù affermava: "Uno semina e uno miete" (Jn 4,37) e che san Paolo sottolineava scrivendo: "Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà" (2Co 9,6).

Il vostro fondatore semino con abbondanza e generosità, passando attraverso tante tribolazioni: ma la mietitura, e cioè il bene compiuto in questi cento anni è stato meraviglioso, specialmente in un settore così difficile e delicato. Appena ordinato sacerdote, egli avrebbe voluto recarsi in terra di missione; ma chiesto consiglio al confessore, questi gli rispose: "I tuoi infedeli sono qui: i sordomuti. La tua terra di missione è l'Italia, dove vivono moltissimi sventurati che non conoscono Dio". Egli, che già in precedenza si era dedicato a quest'opera specifica, decise di entrare nella congregazione fondata da padre Luigi Aiello per svolgere l'apostolato a favore dei sordomuti non solo di Napoli, ma anche di Salerno, Sorrento, Amalfi e Ischia.

Apprese gli appropriati metodi educativi e partecipo al congresso internazionale di Milano del 1880 e ad altri convegni. Fu direttore spirituale dell'istituto maschile e femminile di Molfetta e in seguito a Lecce, dove maturo l'idea che delle persone consacrate si votassero al Signore per il bene dei sordomuti, seguendo la spiritualità di san Francesco di Sales. Don Smaldone seppe vedere la presenza di Cristo nella persona dei sordomuti, e in lui li amava, li serviva, li educava. Lascio così al suo istituto, come messaggio e come programma, la pedagogia dell'amore, fatta di comprensione, di pazienza, di bontà senza limiti.


3. La commemorazione che state celebrando, la riflessione sugli esempi e sull'insegnamento del fondatore e la presenza dei cari alunni ed ex alunni sordomuti e dei loro genitori e parenti spingono a considerare la vita umana con sempre più profonde convinzioni alla luce delle verità soprannaturali ed eterne.

Tra le tante sofferenze che pesano sull'umanità nel suo cammino terreno, c'è infatti anche il dramma delle persone afflitte da mali irreversibili. Nel disegno della Provvidenza, questa realtà significa soltanto che Dio vuole veramente da noi la fede e la fiducia nel suo amore, la vita di grazia e la carità verso tutti gli uomini, specialmente verso coloro che in qualche modo soffrono.

Dobbiamo certo auspicare di cuore che la scienza e la tecnica, nel campo della patologia, riescano a diminuire o ad eliminare tanti handicap che affliggono l'umanità; ma nello stesso tempo dobbiamo anche continuare a credere fermamente nella presenza dell'amore di Dio, testimoniandolo concretamente con il nostro impegno di carità e di sostegno verso chi soffre, convinti d'altra parte che - come ho scritto nella lettera apostolica "Salvifici Doloris" (nn. 2 6.25) - "nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l'uomo a Cristo, una particolare grazia". La forza vittoriosa della sofferenza si manifesta in modo evidente nel Cristo risorto, che appare con i segni delle ferite della croce sulle mani, sui piedi e nel costato.

Perciò, cari alunni ed ex alunni audiolesi, che con tenacia e buona volontà imparate a comunicare e sviluppate così le vostre ricchezze interiori, anche voi, anzi specialmente voi, con i vostri genitori, siete presenti nell'eterno amore di Dio e potete donare a Cristo redentore il vostro fervido amore! Sappiate che il Papa vi è vicino e vi ama.

L'amore di Gesù e di Maria, simboleggiato dai loro cuori, a cui siete consacrate, care suore Salesiane, vi illumini, vi infiammi, vi consoli e vi sostenga! E vi accompagni anche la mia benedizione, che imparto a voi e a tutti i pellegrini, estendendola alle vostre consorelle e a quanti hanno beneficiato della vostra opera.

Data: 1985-04-27 Data estesa: Sabato 27 Aprile 1985





Agli universitari del collegio "Famiglia cardinale Bevilacqua" di Brescia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un ricordo della figura del cardinale Bevilacqua

Un saluto particolarmente cordiale rivolgo ora agli studenti universitari del collegio "Famiglia cardinale Bevilacqua" di Brescia, venuti a Roma per un felice itinerario religioso, spirituale e culturale.

Carissimi giovani, questo incontro ravviva il mai spento ricordo del cardinale Giulio Bevilacqua, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa. Egli fu un'eccezionale figura di ecclesiastico, educatore, maestro, che affianco il più insigne figlio della vostra terra, l'indimenticabile pontefice Paolo VI.

A distanza di tempo, l'eredità morale del cardinale Bevilacqua appare sempre più ricca, misurabile sulla molteplicità delle dimensioni che contraddistinsero il suo zelante sacerdozio: l'apostolato della liturgia, quello della parola, quello dell'amicizia; e, non ultimo, l'apostolato della gioventù. In tutti questi campi egli ha profuso l'ardore creativo che lo aveva condotto - valoroso assertore e testimone di alti ideali anche civili - tra i marinai e gli alpini come cappellano militare. Lo segui, quell'ardore creativo, negli ultimi anni nella comunità di ant'Antonio alla periferia di Brescia, dove volle continuare a rimanere parroco, anche quando fu nominato cardinale, ad esemplare significazione del perenne valore di servizio pastorale proprio della vocazione sacerdotale.

Molto opportunamente il compianto professore Vittorio Ghizzolini, benemerito esponente dell'apostolato editoriale, ha intitolato la vostra "famiglia" universitaria a così illustre educatore. In tal modo, carissimi amici, la vostra giovinezza è innestata nel flusso vitale dei movimenti cattolici bresciani. Siatene consapevoli e fatene tesoro. Ne ricaverete stimolo ad essere testimoni della speranza fin da questi anni della vostra preparazione alla vita.

L'università e il mondo culturale attendono testimoni coerenti, di vita integra e fervida. Fede e cultura: ecco un binomio degno del vostro ardore e del vostro impegno.

Con la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1985-04-27 Data estesa: Sabato 27 Aprile 1985





Ai collaboratori delle Missionarie della Carità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servite i poveri e fate sentire loro l'amore di Cristo

Carissimi collaboratori delle Missionarie della Carità!


1. Mi è caro potervi accogliere quest'oggi in udienza particolare, in occasione del convegno nazionale che vi ha raccolti da diverse parti d'Italia per pregare insieme e per riflettere sul tema: "L'apostolato dei laici nel Concilio Vaticano II".

Do a tutti il mio cordiale benvenuto, ed esprimo il mio grato animo per la gioia che mi procurate nel sapervi generosamente impegnati nel sostenere l'apostolato delle Missionarie della Carità, portando così un vostro prezioso contributo alla realizzazione di quei valori umani e cristiani, di cui Madre Teresa di Calcutta è infaticabile promotrice. La vostra associazione, infatti, di cui voi rappresentate l'Italia, ha una ramificazione a livello internazionale e fa capo a lei che ne è fondatrice e presidente. Negli statuti ella ha voluto che tutti gli aderenti siano profondamente imbevuti degli stessi ideali di povertà e di umiltà che ispirano la spiritualità e l'attività delle Missionarie della Carità, che sono le figlie primogenite di questa apostola dei "più poveri tra i poveri".


2. Auspico che, avendo questi grandi ideali davanti agli occhi, il vostro convegno romano vi sia utile per approfondire gli aspetti più specificamente teologici e biblici sulla scorta del decreto conciliare "Apostolicam Actuositatem", necessario e luminoso punto di riferimento della vostra attività. Quale ampio orizzonte apre esso davanti alla vostra coscienza di laici cattolici! Esso non teme di affidare a voi "l'evangelizzazione degli uomini e la formazione della loro coscienza, in modo da impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti" (AA 20). Certamente a voi non sfugge che questo compito, tanto impegnativo, esige incessante dedizione e continuo aggiornamento delle necessità e dei problemi che investono tanti strati sociali, che vivono in condizioni davvero difficili sia dal punto di vista sociale, sia da quello spirituale e culturale.

Dalla vostra opera di sostegno e di integrazione dell'attività, propria delle Missionarie della Carità, la Chiesa si attende molto. Il vostro è un servizio concreto destinato a favorire gli ambienti più poveri, privilegiati dalla vostra fondatrice. Poco gioverebbe alimentare propositi generici, se poi in realtà non operaste attivamente nelle varie comunità, in cui siete inserite; se non foste a disposizione delle necessità della diocesi, e in particolare della parrocchia, a cui appartenete, secondo lo spirito del già citato decreto per l'apostolato dei laici, in cui si dice: "Si abituino i laici ad agire, nella parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti; apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo, diano secondo le proprie possibilità il loro contributo ad ogni iniziativa apostolica e missionaria" (AA 10).

Quanto dice il Concilio per tutti i laici, fatelo vostro, nel concreto delle vostre attività specifiche, per meglio corrispondere alle attese del vostro movimento.


3. Solo in questo modo resterete fedeli allo spirito di umiltà e di carità da cui esso è animato. Solo così porterete ai poveri la convinta testimonianza della carità della Chiesa e potrete vivere in pienezza la vostra speciale vocazione a servizio dei "più poveri tra i poveri". Solo in questo modo farete scoprire il vero volto dell'amore del Signore e le profonde istanze del messaggio del Vangelo.

Così renderete presente Dio ai poveri e porterete una testimonianza di scelta evangelica: non lasciate nulla di intentato affinché tale scelta benefica sia percepibile da quanti sono nel bisogno.

Continuate a servire i poveri, a compatire le loro sofferenze e a rispondere ai loro appelli. Siate loro vicini e fate loro sentire l'amore che il Cristo ha per loro; fate loro capire che voi in lui trovate la sorgente della carità per loro e da lui ricevete la forza per rinunziare a voi stessi e dedicarvi a loro. ln una parola: mettete il Cristo al centro della vostra attività e fatelo sentire vivo e operante tra coloro che voi incontrate.

Benedico di cuore la vostra vita umile e caritatevole e vi assicuro la mia preghiera affinché il Signore ricompensi abbondantemente il bene fatto ai più piccoli.

Data: 1985-04-27 Data estesa: Sabato 27 Aprile 1985





Ai delegati delle Commissioni ecumeniche nazionali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'ecumenismo è vitale per la Chiesa

Venerabili fratelli, carissimi in Cristo.


1. Vi ringrazio di essere venuti a Roma in rappresentanza delle Commissioni ecumeniche di sessantatré Conferenze episcopali, per incontrare il Segretariato per l'unione dei cristiani, per condividere le vostre esperienze, per riflettere sui compiti che vi aspettano, e per rinnovare il vostro coraggio nell'affrontare gioiosamente e coraggiosamente i vostri compiti. Do inoltre il benvenuto a coloro che sono venuti come osservatori di altre Comunioni e del Consiglio mondiale delle Chiese.

Provenendo da ogni parte del mondo, voi riflettete nel vostro incontro e nella vostra collaborazione l'unità nella diversità della Chiesa cattolica.

Proprio vent'anni fa si concludeva il Concilio Vaticano II, che aveva rinnovato la visione di quella unità e aveva affermato in modo particolare la responsabilità ecumenica della Chiesa.


2. Nelle sue straordinarie riflessioni sulla Chiesa, il Concilio ha delineato la base del nostro impegno ecumenico. Ha presentato la Chiesa come un popolo reso una cosa sola dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cfr. LG 4). Questo è il concetto profondo dell'unità che si trova nella preghiera di Gesù per i discepoli: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una sola cosa, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola" (Jn 17,21-22).

Nientemeno che l'unità dell'intima vita trinitaria di Dio è il modello dell'unità della Chiesa di Cristo (cfr. UR 2). La "meditata definizione" (Paolo VI, 29 settembre 1963) che il Concilio ha cercato di dare della Chiesa, la rivela a noi come una comunione col Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo, un'universale discepolanza in cui tutte le Chiese locali condividono tutti i beni che il Signore ha dato attraverso e nel suo Spirito alla Chiesa, per mantenerla nell'unità e farla crescere in santità.

Ma i cristiani sono divisi, e non tutte le Chiese e Comunioni sono una cosa sola in quella piena comunione. Tuttavia il Concilio ha osservato che esiste "una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica". Realmente, la Chiesa ci insegna che "le stesse Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica". A causa di ciò, l'ecumenismo implica la promozione della verità, dell'unità della fede, della concordia e della collaborazione e di uno spirito di amore fraterno, perché "a poco a poco, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica, si riuniscano nella celebrazione dell'Eucaristia in quella unità dell'unica Chiesa, che Cristo fin dall'inizio dono alla sua Chiesa (UR 3-4).


3. Insistiamo perciò che la Chiesa cattolica non può modificare o relativizzare il suo insegnamento o negare la pienezza di cui essa, in quanto comunione in cui sussiste la Chiesa di Cristo, è portatrice. Ma deve essere aperta e sensibile a tutti "i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati (RP 25). E come ha detto il Concilio Vaticano II: "Non si deve dimenticare che quanto dalla grazia dello Spirito Santo viene fatto nei fratelli separati, può pure contribuire alla nostra edificazione. Tutto ciò che è veramente cristiano, mai è contrario ai vari benefici della fede, anzi può sempre far si che lo stesso mistero di Cristo e della Chiesa sia raggiunto più perfettamente" (UR 4).


4. In questo anno, anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ci riferiamo alle intuizioni che esso ci ha rinnovato, non come un esercizio di storia, ma al fine di raccogliere tutti i frutti del Concilio per andare avanti.

Il movimento ecumenico è una parte vitale, sana, della vita della Chiesa cattolica e delle altre Chiese e Comunioni che vi partecipano. Le vostre discussioni avranno riflettuto lo schema di convergenza, riccamente diverso, nella comprensione teologica della comune testimonianza al Vangelo del nostro Gesù Cristo, di iniziative comuni nel servizio cristiano e nel progresso umano che caratterizzano la sua vitalità. Spesso il lavoro ecumenico è silenzioso, specializzato, o è parte di una routine quotidiana. Questo non dovrà far si che noi trascuriamo la meraviglia di ciò che Dio sta compiendo per l'unità del suo popolo.


5. E' una grazia del tempo presente che alcuni dialoghi teologici che sono stati proseguiti con fedeltà tanto paziente stiano dando testimonianza di possibilità di convergenza sulla riflessione teologica. Vorrei dire ancora una volta: "Il dialogo intenso e da lungo tempo iniziato... ci ha fatto scoprire quanto siano grandi e solidi i fondamenti comuni della nostra fede cristiana" (Udienza generale, 25 giugno 1980). Questo è anche un dono prezioso per la Chiesa cattolica, perché rende possibile ai cattolici di giungere ad una più profonda comprensione e a una più chiara espressione della loro fede perché "la Chiesa, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina" (DV 8).

Nonostante il progresso che è stato compiuto nel dialogo teologico e nella collaborazione, rimane ancora molto da fare. Come avete sottolineato nel vostro incontro, bisogna ancora sviluppare un atteggiamento ecumenico responsabile mediante uno sforzo più determinato di formazione ecumenica. La dimensione ecumenica è parte indispensabile di tutto il processo della formazione cristiana.

Ciò interessa la formazione dei laici, la pastorale giovanile, i programmi di catechesi e di educazione religiosa o di istruzione teologica. Nella Chiesa cattolica forse il più determinante punto di formazione ecumenica è nella formazione dei sacerdoti e dei religiosi.

Essa deve incentrarsi in una più profonda comprensione del mistero della Chiesa e deve condurre a una più chiara conoscenza dei principi cattolici dell'ecumenismo. Questo è necessario al fine di fare in modo che coloro che hanno delle responsabilità per il lavoro ecumenico nella Chiesa cattolica capiscano che le iniziative ecumeniche dovrebbero essere compiute sotto la guida dei vescovi in stretta unione con la Santa Sede e dando pieno peso al ruolo essenziale di essa nel servire l'unità di tutti. Significa sia includere la dimensione ecumenica nei corsi di teologia sia dare un esplicito insegnamento del movimento ecumenico, della sua storia, del suo significato teologico e pastorale, e dei recenti progressi che stanno avvenendo in esso. Tale insegnamento formale si vivifica, nella pratica pastorale, nell'esperienza della comune preghiera, nel dialogo teologico e negli sforzi di comune testimonianza e collaborazione, 6. Quest'anno il Segretariato per l'unione dei cristiani celebra il suo 25° anniversario. Il ricordo della sua istituzione, con l'assistenza dello Spirito Santo, può ispirarvi ad affrontare il futuro con ancor maggiore fiducia nella divina grazia. Stando qui avete visto la devozione con la quale il cardinale Willebrands e la sua équipe compiono il loro incarico. Ritornando nei vostri Paesi, spero che vi deciderete a continuare a lavorare in stretto contatto con il Segretariato, dal momento che il suo insostituibile lavoro è al servizio non soltanto della Chiesa universale ma anche delle Chiese locali. Col suo aiuto voi potete proseguire, con immaginazione e prudenza, nei vostri dialoghi teologici locali e nazionali, trovando le giuste strutture e i giusti metodi di collaborazione, perseverando nella preghiera per l'unità, solleciti nei progetti comuni, trovando nuove vie per dare una comune testimonianza al Vangelo di Dio e della salvezza offerta in Gesù Cristo.


7. Grazie per ciò che state facendo per ottenere la piena comunione dei cristiani in un'unica fede apostolica e in un'unica sequela eucaristica al servizio di una testimonianza autenticamente comune. Partendo da Roma, portate con voi i miei auguri, il mio incoraggiamento a coloro che lavorano con voi nelle Commissioni ecumeniche e ai vostri nelle altre Chiese e Comunità. La mia benedizione apostolica e le mie preghiere vi accompagnano in questo impegno ecumenico che è così vitale per la Chiesa, per tutti i cristiani e per la famiglia umana. "A colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen" (Ep 3,20-21).

Data: 1985-04-27 Data estesa: Sabato 27 Aprile 1985





Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Come Buon Pastore, Cristo cammina nella storia dell'uomo




1. "Ho altre pecore... anche queste io devo condurre" (Jn 10,16).

Oggi, al centro della liturgia del periodo pasquale, c'è la figura del Buon Pastore. Cristo, che "offre la propria vita" nel sacrificio della croce e che, mediante la risurrezione, rivela il suo potere di "riprenderla di nuovo" (Jn 10,17) è il Buon Pastore di tutti gli uomini.

La vita nuova rivelata nella sua risurrezione è nello stesso tempo "la vita per noi": dono per tutti. In Gesù Cristo, il Padre eterno ci nutre con questa vita divina. La innesta nelle nostre anime. E in questo modo Cristo cammina sempre nella storia dell'uomo come Buon Pastore.


2. Cristo Buon Pastore è nel contempo una continua ispirazione per la Chiesa. La Chiesa fin dall'inizio è stata chiamata a condividere con lui - il Buon Pastore - la sollecitudine per la vita di Dio nelle anime umane; per questa vita che è pegno d'immortalità: pegno della vita eterna dell'uomo in Dio.


3. Di qui pure prende il suo inizio la vocazione cristiana in tutta la sua ricchezza e, al tempo stesso, in ogni sua forma particolare. Cristo, Buon Pastore, ci dona una singolare ispirazione per le vocazioni sacerdotali e religiose tra il popolo di Dio. Proprio in riferimento a loro, la domenica di oggi è la principale giornata delle vocazioni in tutta la Chiesa.


4. Nella preghiera "Regina coeli" ci rivolgiamo alla Genitrice di Dio, Madre del Signore risorto, e la preghiamo ardentemente, come Madre della Chiesa, perché interceda per la promozione di questa importante causa. Voglia ella avvicinare la figura del Buon Pastore a molti cuori giovani, in modo che essi vogliano seguirlo e guidare altri.

Il Buon Pastore in ogni generazione ha "altre pecore" che "deve condurre" e in ogni generazione cerca coloro che condivideranno la sua sollecitudine evangelica: la sollecitudine pastorale per la salvezza degli uomini.

Saluto tutti i presenti in piazza San Pietro, rivolgendo un particolare pensiero ai giovani, che esorto vivamente ad accogliere con generosità l'invito di Cristo che anche ai nostri giorni "passa e chiama".

Nuovo accorato appello per il Libano Il mio pensiero va, anche oggi, ai cari fratelli del Libano, dove rivalità e incomprensioni continuano a provocare distruzioni e vittime innocenti.

Dopo gli scontri che nelle settimane scorse hanno insanguinato la capitale Beyrouth, una cieca violenza si è scatenata anche nel sud del Paese. Dalla città di Sidone e dai villaggi vicini giunge notizia di nuovi scontri, di decine e decine di vittime, di popolazioni cristiane costrette a lasciare le loro case e i loro beni e a fuggire in preda all'angoscia e alla disperazione. Una sofferenza così grande è un invito pressante a tutti coloro che sono in potere di mettere fine alla spirale di violenza e di vendette. Ad essi rivolgo anch'io un accorato appello, affinché diano ascolto alle grida di dolore e non lascino nulla di intentato nella ricerca della pacificazione.

Preghiamo insieme il Signore perché lenisca le sofferenze di tante persone e famiglie e muova il cuore di coloro che, a vari livelli di responsabilità, sia interna sia internazionale, possono far cessare questi inutili spargimenti di sangue.

Data: 1985-04-28 Data estesa: Domenica 28 Aprile 1985





Nella parrocchia San Francesco d'Assisi - Acilia (Roma)

Titolo: Rispondendo all'amore di Cristo i giovani lo imitino




1."Il Buon Pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11).

Oggi, quarta domenica di Pasqua, al centro della liturgia sta la figura del Buon Pastore. Dalle parole del Vangelo di Giovanni trae alimento la ricca tradizione della Chiesa, che fin dai primi secoli ebbe cara l'allegoria del Buon Pastore. Scoprendone l'immagine dipinta o scolpita nelle catacombe, nei battisteri, sui sarcofagi, constatiamo come, nei primi tempi cristiani, i credenti vivessero con profondità e commozione questa caratteristica devozione a Gesù.

E, nello stesso tempo, la figura del Buon Pastore continua a parlarci.

Anche la nostra epoca è sensibile a questa espressione della verità su Cristo nel suo mistero pasquale. Infatti le parole "offre la vita per le pecore", riassumono in modo più conciso ciò di cui la Chiesa vive dal suo inizio, e che ogni anno ritorna nella liturgia durante il triduo sacro e tutto il periodo pasquale.

Colui che "offre la vita per le pecore" si rivela come Pastore: come Buon Pastore dell'uomo di tutti i tempi. ln lui e mediante lui si manifesta l'intero eterno disegno divino della salvezza.


2. Il Buon Pastore è soprattutto rivelazione dell'amore del Padre: "Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo" (Jn 10,17). Il Padre non toglie la vita, ma la rinnova a prezzo del sacrificio di essa. La rinnova in Cristo stesso, il che si riconferma nella risurrezione. E questa vita si rinnova, mediante Cristo, in tutti i figli e le figlie del primo Adamo: in tutti noi.

L'amore del Padre si rivela nel sacrificio del Figlio, assunto dal profondo della sua totale libertà. Cristo dice: "Io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo" (Jn 10,17-18). Con queste parole si svela il midollo stesso del mistero pasquale. Proprio l'amore del Figlio, nato dalla totale libertà, fa si che il suo sacrificio sia sacrificio redentore, sia salvifico. Con la potenza di questo sacrificio salvifico Cristo è il Buon Pastore.


3. Con la potenza del suo sacrificio salvifico Cristo, come Buon Pastore, diventa il dispensatore immortale dell'amore del Padre nelle anime umane. Proprio di questo scrive san Giovanni nella prima lettera, che l'odierna liturgia ha proposto al nostro ascolto: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1Jn 3,1).

Siamo realmente figli adottivi di Dio per opera del sacrificio salvifico di Cristo. Proprio in questo Cristo si dimostra come Buon Pastore: "Offro la vita per le pecore", e attua in esse una vita nuova, la vita soprannaturale, la vita divina. Questa vita ha il suo inizio nel Padre, nel suo amore. Cristo, come Buon Pastore, è il dispensatore immortale di questa vita nuova a tutti noi.

A prezzo del suo sacrificio - a prezzo del fatto che egli ha offerto "la vita per le pecore" - questa nuova, soprannaturale vita è in noi. E' la vita divina, che passa i limiti della temporalità, e porta in sé la prospettiva dell'eternità di Dio.

San Giovanni scrive: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo pero che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è" (1Jn 3,2).

Proprio questa è l'opera del Buon Pastore: la vita di Dio in noi, la nostra vita eterna in Dio. E tale è anche la sua sollecitudine. Il Buon Pastore è una costante espressione appunto di questa sollecitudine salvifica.


4. Gli apostoli sono entrati nel mondo - dopo il giorno di Pentecoste - con la fede pasquale in Cristo Buon Pastore. E hanno condiviso sin dall'inizio la sua sollecitudine salvifica, come si manifesta nell'avvenimento a cui fa riferimento il brano degli Atti degli apostoli ascoltato nella prima lettura della liturgia odierna.

Pietro e Giovanni, mentre stavano per varcare la soglia del tempio per la preghiera, incontrano uno storpio, che era solito chiedere l'elemosina stando presso la porta "Bella". Alla supplice domanda di saluto, i due guardarono quel povero con la stessa compassione di Cristo. Dal Redentore avevano imparato la pietà per l'uomo, nel suo nome operano il miracolo, con cui quell'infermo viene sanato nel corpo e toccato nel cuore, tanto che "entro con loro nel tempio lodando Dio" (Ac 3,8).

La sua è una guarigione che manifesta l'opera salvifica di Cristo risorto, Buon Pastore. Essa mostra come Dio, attraverso i due apostoli, unisca alla parola prodigi e miracoli, manifestando così la sua potenza strettamente legata alla bontà.

La Chiesa in quei due uomini - e da allora sempre, lungo la storia - parla e, nel nome di Cristo, trasmette la vita, la santità, la misericordia di Dio, che libera dal male. E anche oggi, pietre vive dell'edificio che ha Gesù come testata d'angolo (cfr. Ac 4,11), abbiamo il compito di portare a tutta l'umanità Cristo, nel quale solamente c'è salvezza. "Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).


5. Come proseguire, cari fratelli, nell'opera di misericordia salvifica di Cristo, Pastore autentico e giusto? Chinandosi come lui sull'uomo che soffre ed è smarrito. E' nella testimonianza di carità umile, paziente, disinteressata che si possono riconoscere i discepoli di Cristo (cfr. Jn 13,35), quelli che egli chiama a collaborare con lui nell'edificazione della Chiesa, e ad essere strumenti necessari ed efficaci, per conoscere Cristo e vivere della sua vita nell'amore. A Dio, che in Gesù chiama alla salvezza e invita alla partecipazione della sua vita eterna, tutti dobbiamo rispondere riconoscenti, seguendo la sua offerta di amore.

Poiché la Chiesa da vari anni collega la verità sul Buon Pastore con la celebrazione della XXII Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, intendo oggi non solamente ricordare a tutti i cristiani che la loro intera esistenza è un servizio al regno di Dio, ma ricordare soprattutto come sia urgente che molti giovani rispondano alla predilezione di Cristo e si facciano suoi imitatori, rispondendo alla vocazione sacerdotale e religiosa "in forza della quale saranno testimoni del regno escatologico di verità e di amore" (Lettera apostolica ai giovani, n. 9).

Questa elezione è una scelta di preferenza, che esige un tipo di vita caratterizzato dall'unico amore a Gesù, al Signore, che implica una dedizione nella preghiera e nel servizio ai fratelli.


6. Un santo, in cui si manifesta la ricchezza evangelica della vocazione cristiana, è proprio il patrono della vostra parrocchia. San Francesco d'Assisi, avendo riconosciuto attraverso le vicende della vita che Cristo lo voleva interamente per sé, rinuncio a tutto per porsi alla sua sequela. Fu talmente consapevole che l'unica sua sicurezza stava nel Padre che è nei cieli da non esitare - come vediamo nell'episodio, in cui riconsegno gli averi e gli stessi vestiti al padre terreno, Pietro di Bernardone - a lasciare ogni bene materiale e vivere in povertà evangelica.

L'esito di questa decisione fu una perfetta letizia, che documenta la verità delle parole di Gesù quando, rispondendo a Pietro, dice: "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna" (Mt 19,29).

Dando alle cose il valore che esse hanno alla luce della croce gloriosa, si conformo a Cristo in modo da meritare il dono delle stimmate ed essere testimone che la vita raggiunge la sua ricchezza vera, la sua pienezza solo quando uno rinnega se stesso, prende la sua croce e segue totalmente il Salvatore (cfr. Mt 16,24).


7. Mi unisco a tutti voi qui presenti, soprattutto ai giovani, che cercano la gioia, e agli ammalati, che soffrono nel corpo e nello spirito. Desidero unirmi a monsignor Clemente Riva, il quale, come vescovo ausiliare incaricato di questo settore della diocesi di Roma, vi è sempre particolarmente vicino.

Saluto il parroco, padre Pietro Campagna, al cui zelo e alla cui responsabilità è affidata questa comunità cristiana, e i sacerdoti che collaborano con lui e con i quali ho avuto l'occasione di incontrarmi e di informarmi sui problemi essenziali della vita parrocchiale.

Saluto le suore Cappuccine dell'Immacolata di Lourdes e le suore di san Giovanni Battista, che volentieri prestano la loro opera a servizio dell'educazione alla fede e del conforto religioso ai malati. Desidero rivolgere una parola di incoraggiamento ai membri del Consiglio pastorale parrocchiale e ai vari gruppi e associazioni, che operano nei vari settori della pastorale: sia quelli catechistici e formativi, sia quelli caritativi e assistenziali. Auspico per essi un'attività sempre più prospera e ricca.

La vostra parrocchia è il cuore del Villaggio san Francesco, che fu costruito dalla carità di papa Pio XII col sollecito interessamento dell'allora sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Battista Montini, per dare una casa a chi ne era rimasto senza a motivo della guerra. Vi esorto a continuare questa tradizione di amorosa attenzione, volgendovi a chi vive in situazioni disagiate. Ciò sarà sempre più possibile se avrete in famiglia, negli ambienti scolastici e di lavoro, rapporti improntati sull'esempio di Cristo, quale l'odierna allegoria evangelica ci propone.


8. Nell'odierna domenica pasquale mi è dato di visitare la vostra parrocchia.

Desidero vivere in essa, insieme con voi, il mistero pasquale di Cristo, Buon Pastore. Desidero, cari fratelli e sorelle, esprimere insieme con voi la gratitudine di tutta la Chiesa, perché egli è costantemente con noi. Come Pastore ha costantemente cura del suo ovile. Costantemente ci visita.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore... / Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, / sei tu il mio Pastore e ti esalto (cfr. Ps 117,2 Ps 6 Ps 117,28).

[Ai bambini:] Saluto cordialmente la parrocchia di San Francesco di Assisi, qui in Acilia. Saluto specificamente la parrocchia più giovane, voi, bambini, ragazzi, ragazze della scuola elementare, soprattutto, e media; voi che vi preparate alla prima Comunione, voi che vi preparate alla Cresima. Vi saluto assieme con i vostri genitori: sono molto bravi le mamme e i papà a venire insieme con i loro figli. Vi saluto insieme con i vostri insegnanti, maestri, maestre che svolgono il loro lavoro di insegnanti ed educatori nelle scuole. Vi saluto nel nome di san Francesco. Abbiamo sentito un oratore e un'oratrice, così come per un Paese cattolico quale è l'Italia ci vuole un patrono e una patrona. Vi domando: chi è il patrono del vostro Paese? Si, san Francesco d'Assisi. Chi è invece la patrona? Si, santa Caterina da Siena, della quale si celebra domani la festa.

Questi sono i due santi più conosciuti, o almeno celebrati nelle dimensioni di questo Paese, della vostra patria, l'Italia. Essi hanno molto meritato dalla Chiesa. San Francesco è vissuto nel XIII secolo e santa Caterina nel XIV. Gesù invece è vissuto quasi duemila anni fa. Ci dobbiamo preparare bene a questo secondo millennio dopo Cristo, al secondo millennio del cristianesimo: specialmente voi perché appartenete già al terzo millennio.

Certamente voi porterete avanti la fede, il Vangelo; porterete il messaggio di Cristo nel terzo millennio, come una volta lo hanno portato san Francesco al secolo XIII e santa Caterina al secolo XIV. Vi auguro di essere buoni cristiani, di cominciare bene la vostra giovinezza; vi auguro di avere buone famiglie. Avete preparato diversi disegni nei quali viene anche presentata la vita di una famiglia, nei quali vengono presentate le diverse beatitudini del Vangelo.

Questa è una buona preparazione e mi congratulo con voi, con i vostri insegnanti e maestri, pastori, sacerdoti, suore per questa buona preparazione. Come per questa visita, vi dovete preparare anche per il futuro della vostra vita, per essere buoni cristiani e anche buoni figli per la vostra patria che è così benedetta per tanti santi, specialmente per san Francesco di Assisi e santa Caterina da Siena.

Carissimi, benedico questa parrocchia giovane, augurando a tutta la comunità di san Francesco di Assisi un buon avvenire, sempre più giusto, più umano, ma anche più cristiano: l'avvenire dei buoni cristiani, dei santi e vedo questo avvenire in voi, i più giovani. Voi svettate verso il futuro più lontano: noi, più avanzati nell'età, non vediamo un futuro così lontano come voi. A questa parte più giovane della parrocchia offro la mia benedizione.

[Al Movimento cristiano lavoratori:] Nel mondo del lavoro è necessaria la presenza di un movimento cristiano in quanto Cristo ha redento il lavoro umano e, quindi, ha tanto da dire al mondo del lavoro, alle persone che lavorano. Anche Cristo fu un lavoratore e durante l'arco di molti anni fece a Nazaret lo stesso lavoro di san Giuseppe e anche tramite il lavoro ha contribuito alla redenzione del mondo: il lavoro umano è una parte notevole nel corso della vita, ma anche una parte notevole nella redenzione del mondo. Il lavoro come elevazione e redenzione dell'uomo appartiene ai contenuti essenziali del Movimento cristiano lavoratori.

Vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, di far vostri e interiorizzare sempre più profondamente questi contributi e di trasferirli, mediarli con fedeltà ai vostri colleghi, nei vostri ambienti di lavoro, in ogni ambito possibile della vita. In tal modo il vostro movimento sempre più saprà incarnare la sua idea istituzionale che si ispira ai valori evangelici. Il lavoro è un appoggio necessario e indispensabile per poter vivere, per poter vivere degnamente, umanamente, cristianamente.

[Alle religiose:] Oggi si celebra la Giornata mondiale delle vocazioni.

Cristo Buon Pastore ci ispira la vocazione sacerdotale e quella religiosa.

L'augurio è che possiate vivere felici, con gioia la vostra vocazione religiosa, e che nei vostri istituti sempre nascano nuove vocazioni. Le vocazioni sono necessarie per l'opera pastorale della Chiesa.

[Ai catechisti:] San Francesco amava Gesù e le persone che amano Gesù, amano la sua parola; perché essere catechisti vuol dire amare la parola di Dio, di Gesù, vuol dire amare il Vangelo e volerlo comunicare agli altri, significa amore verso i giovani e verso quei giovani che si preparano ai sacramenti e alla vita, significa portare loro la parola vivificatrice. Vi auguro coraggio, coerenza e assidua preghiera. Pregate e preparatevi con cura per svolgere la fondamentale missione di catechisti.

[Al Consiglio pastorale:[ E' stata pronunciata una parola molto significativa: animatore. Il termine animatore vuol dire colui che anima; un'azione, questa, importantissima verso i gruppi, le persone, la parrocchia; occorrono tanti animatori nei settori della vita parrocchiale: educazione, scuola, catechesi, nei settori della carità, della gioventù, della pastorale familiare, della cultura e del lavoro e di tanti altri ambiti possibili. E quando si parla di animatore vogliamo una persona legata a Cristo e allo Spirito Santo; è lo Spirito Santo che costituisce l'anima della Chiesa. Tutti gli animatori, quindi, devono sforzarsi di essere molto legati a Cristo nello Spirito Santo, nella preghiera, disponibili, alla voce dello Spirito, devono fruire delle sue illuminazioni e forze, dei suoi doni. Animare è un altro modo per riferirsi alla realtà dell'apostolato; Cristo ha chiamato gli apostoli ad essere i primi animatori della comunità cristiana futura; e sono diventati tali soltanto dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste. Se leggiamo, ad esempio, gli Atti degli apostoli si rimane stupiti nel constatare le trasformazioni dei cuori: Pietro timido, timoroso, di poca dottrina, sotto l'azione dello Spirito parla alle genti con forza, coraggio, coerenza, chiarezza, dottrina, sapienza. Questo vi auguro di essere in virtù della risposta positiva al Battesimo, vicini allo Spirito Santo che tutti sceglie.

[Ai giovani:] Voglio ringraziare la vostra parrocchia per aver offerto ospitalità speciale ai giovani durante il grande incontro internazionale dei giovani in occasione della domenica delle Palme. Poi vi saluto tutti, giovani della parrocchia di san Francesco che oggi ho la gioia di visitare. Vi saluto tutti, i giovani che sono giovani e si sentono giovani, e poi anche quelli che forse non sono più giovani, come me, ma si sentono giovani. In occasione di questo incontro internazionale dei giovani vi ho scritto una lunga lettera e così vi ho lasciato un contenuto largo e diversificato per riflettere, ma oggi, in questa parrocchia di san Francesco, vorrei darvi un'altra consegna, più da vicino legata con la persona di questo grande santo patrono dell'Italia. San Francesco aveva un amore immenso per la creatura, amava la creatura e questo è rimasto di lui come una speciale eredità. Il suo "Cantico delle creature", a tutte le creature, lo esprime. Questo amore alla creatura, a tutte le ricchezze della creazione, vorrei che fosse inscritto nei vostri cuori: oggi l'uomo è un po' troppo esploratore e cerca soltanto di approfittare delle creature per scopi tecnici, ma manca nei nostri tempi quell'amore disinteressato per il creato, per l'opera della creazione e così anche per il Creatore. San Francesco aveva questo amore grande, un amore che traboccava dal suo cuore in ogni circostanza, quando si trovava dinanzi alle bellezze delle creature, della creazione. E poi, nell'opera della creazione, egli riscopriva sempre di più il mistero della redenzione, cioè il mistero di Gesù Cristo. Nel corso della storia della Chiesa, nel corso di due millenni, egli è stato una delle persone che ha amato di più il Redentore e che ha approfondito più di tanti altri il mistero della redenzione: amava Cristo e questo amore per Cristo, Verbo di Dio incarnato in Betlemme, si è rivelato specialmente a Greccio.

Sappiamo bene che li san Francesco ha introdotto il primo presepio; e poi l'amore per Cristo sofferente, per Cristo crocifisso, fino a ricevere da lui le sue stimmate. In Cristo lui vedeva come Dio ha amato il mondo, l'uomo, tanto da dare suo Figlio per questo mondo. Il Figlio di Dio è diventato il riscatto, il prezzo della dignità di ciascuno di noi. Vedendo questo prezzo, san Francesco amava tutti i suoi fratelli e sorelle, con un amore straordinario, soprannaturale. Vorrei augurare a tutti voi giovani, se non pienamente, almeno parzialmente questo spirito di san Francesco: amare la creazione, amare il Creatore, amare le creature, amare - dentro l'opera della creazione - l'uomo, tutti i fratelli e le sorelle della stessa famiglia umana. Amare tramite Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo. Ecco, questa è la ricchezza dell'anima umana, la ricchezza di un'anima giovane, anzi è la giovinezza dell'anima. Auguro a tutti di avere questa ricchezza e di avere questa giovinezza, anche se avete già i capelli un po' bianchi, come me. Offro ora una benedizione a tutti i giovani della parrocchia, a tutti i giovani di Roma, a tutti i giovani d'Italia, a tutti i giovani del mondo.

Data: 1985-04-28 Data estesa: Domenica 28 Aprile 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Alle suore Salesiane dei Sacri Cuori - Città del Vaticano (Roma)