GPII 1985 Insegnamenti - A pellegrini lettoni - Città del Vaticano (Roma)

A pellegrini lettoni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Eroica testimonianza di fedeltà alla Chiesa

Cari fratelli e sorelle, cristiani della Chiesa cattolica e di altre confessioni! Cari lettoni! Siete venuti a Roma presso la tomba di san Pietro e la cattedra del suo successore. Con profondo rispetto e devozione siete venuti per rendere grazie insieme al Papa, che in ogni tempo deve realizzare le parole di Cristo: "Pasci i miei agnelli... pasci le mie pecore", per i 400 anni della fondazione della diocesi di Cesis (Wenden) e anche per i suoi frutti spirituali, per l'esistenza della Chiesa cattolica nella vostra patria come anche nel Paese a voi confinante, l'Estonia. Mi rallegro molto per questo incontro in un'occasione tanto importante, di cui vorrei esporre brevemente il significato.

La fondazione della diocesi di Cesis si deve al re di Polonia e Lituania, Stephan Bathory, profondamente credente, al quale si annetté volontariamente la Livonia di allora. In altre parole: la nascita della diocesi di Cesis fu stabilita e promossa dai miei e vostri antenati sotto un comune sovrano, che si sentiva responsabile davanti a Dio del bene materiale e spirituale della vostra patria e del vostro popolo.

La bolla di fondazione della diocesi fu sottoscritta dal mio santo predecessore papa Sisto V, nel giorno della sua incoronazione, il 1° maggio 158 5.

Proprio quest'anno si commemora la sua elezione, risalente anch'essa a 400 anni fa. Con questo atto, il Papa mostrava quale posto avessero nel suo cuore e nei suoi pensieri gli eventi di quel Paese mariano, come il vostro Paese venne chiamato nel Concilio Lateranense IV.

La vita così rinnovata della Chiesa cattolica del vostro Paese non fu facile negli ultimi 400 anni. Ci furono persecuzioni e sofferenze; ma come sempre non manco la grazia di Dio, nella cui forza il popolo dei credenti della Chiesa di Cristo seppe conservare la sua fede. Ciò avvenne non senza sacrificio, anche grandissimo, che i credenti presero su di se e sopportarono per amore di Dio. Essi conservarono la fede e crebbero nell'amore: per questo meritano il nostro ringraziamento e riconoscimento.

Se anche il futuro è nelle mani di Dio, allora, a partire dall'esperienza del passato, si può avere la fondata speranza che per intercessione e con l'aiuto della Regina di questo Paese mariano - Regina terrae marianae - il vostro popolo e i credenti superino le non poche difficoltà, come già avvenne in passato.

Con questa intenzione imparto, con amore paterno e di tutto cuore la mia particolare benedizione apostolica a voi qui presenti, agli organizzatori e ai partecipanti a questo incontro, religiosi o laici, ai vostri congiunti, a tutto il vostro popolo e alla Chiesa in Lettonia ed Estonia - sotto la guida dell'illustrissimo cardinale Julijans Vaivods, con i suoi ausiliari, sacerdoti e religiosi - nella vostra patria e al di fuori di essa.

Data: 1985-05-03 Data estesa: Venerdi 3 Maggio 1985


A pellegrini di lingua tedesca - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivere nel tempo di oggi la fede dei nostri padri

Illustrissimi signore e signori.

In questo tempo pasquale - che è anche il periodo dello sbocciare della natura - noi meditiamo, con gioia e speranza, in modo particolare sulla risurrezione di Gesù Cristo dai morti. Se Dio chiama il suo amatissimo Figlio e nostro Fratello alla vita nuova, eterna, allora anche per noi il buio del futuro si dischiude a un orizzonte luminoso, grande: il compimento di ogni desiderio umano in Dio. Inoltre, il cammino verso questo traguardo ci viene già mostrato nel Vangelo di Gesù Cristo e nel magistero della sua Chiesa. Noi siamo già in cammino.

La forza per questo cammino ci viene data costantemente dalla predicazione e dal sacramento sotto la guida dei pastori incaricati.

Mi rallegro profondamente nell'incontrare oggi voi che devotamente riconoscete questi fondamenti della nostra fede cristiana e che sono per voi il cuore della comprensione di voi stessi. E questo non soltanto per la vostra vita privata, in famiglia e nell'ambito dei vostri conoscenti, ma anche nella vostra qualità di responsabili della politica e dell'amministrazione del vostro Paese.

Come cristiani, che hanno una così autorevole posizione, siete chiamati in modo particolare a vivere nel nostro tempo le stesse virtù della fede concreta che il patrono dell'Austria, san Leopoldo Markgraf, ha vissuto in modo così convincente nel suo tempo. A ragione avete perciò posto il vostro pellegrinaggio a Roma sotto la sua particolare protezione. Con interesse ho saputo anche delle iniziative che hanno avuto luogo in questi mesi soprattutto nell'Austria inferiore e presso il famoso monastero di Klosterneuburg per il 500° giubileo della santificazione del vostro patrono. La bolla di canonizzazione riassume il suo esempio di vita cristiana, così degno di essere imitato, con le seguenti parole: il principe Leopoldo "in mezzo alle preoccupazioni familiari, le difficoltà del matrimonio, l'amore per i figli, la sollecitudine per la sua terra, ha saputo tenere le distanze dal mondo e ha amministrato ciò che era temporale in modo da non perdere di vista l'eterno".

Il compito di coloro che hanno responsabilità pubbliche ai nostri giorni diventa sempre più difficile. Ovunque in Europa aumenta oggi la consapevolezza che la consueta crescita del nostro benessere è terminata, e che perfino il mantenimento del livello odierno non sarà facile. Sempre di più gli uomini sono convinti che i fini della nostra convivenza sociale, del nostro lavoro e dell'economia devono essere nuovamente pensati, valutati e ordinati. Fini che sembrano escludersi reciprocamente, come la sicurezza del posto di lavoro e la protezione dell'ambiente naturale, devono essere armonizzati in modo sensato. E tutto questo per il vero bene dell'uomo e dei suoi bisogni autentici, fondamentali, tra i quali vi sono in primo luogo la sua interiore libertà e personalità, la sua profonda natura di essere a immagine di Dio.

Questa discussione dei principi è soltanto all'inizio. Essa viene condotta appassionatamente in molti luoghi nelle varie circostanze che si presentano. E' compito particolare del politico cristiano presentare con convinzione, nell'odierno dibattito spirituale, la visione cristiana dell'uomo, la nostra fiduciosa speranza nel guardare al futuro, il magistero sociale della Chiesa formulato a partire dal Vangelo. Ciò che appare come una ricerca delle migliori soluzioni tecniche e organizzative è in realtà piuttosto una lotta per l'autentica immagine dell'uomo.

"Di questo voi siete testimoni" (Lc 24,28). Vorrei rivolgere oggi anche a voi queste parole di Gesù ai discepoli, ai quali egli si era mostrato vivente dopo la sua sofferenza e morte. Dell'immagine di uomo fondata in Dio anche voi dovete essere testimoni nelle vostre famiglie, nel luogo in cui abitate, nel vostro partito e nella vostra associazione professionale, nei dibattiti e nelle decisioni politiche di fondo.

Di cuore imparto a voi e ai vostri congiunti rimasti in patria e ai vostri colleghi, per ottenervi la protezione e il sostegno duraturo di Dio, la mia particolare benedizione apostolica.

In questa benedizione includo volentieri anche voi, appartenenti ad un altro gruppo, che avete partecipato a questo incontro. Anche a voi rivolgo il benvenuto in Vaticano. Quali membri della "Tiroler Malerinnung", attraverso il vostro lavoro manuale, voi fornite un concreto contributo nell'ambito del lavoro e dell'economia del vostro Paese, di cui ho appena parlato. Siate sempre consapevoli della vostra responsabilità di cristiani per il bene comune e per la giusta configurazione della vita sociale e promuovete entrambi a seconda delle vostre possibilità nello spirito del Vangelo e della solidarietà cristiana, in misura delle vostre forze. Per questo Dio effonda su di voi le sue ricche grazie.

Data: 1985-05-03 Data estesa: Venerdi 3 Maggio 1985





Ai Carmelitani scalzi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mostrate come la sapienza del Vangelo sia fonte di cultura

Carissimi fratelli.


1. Sono lieto di questo incontro con voi durante il corso del vostro capitolo, che ha visto la rielezione del padre Felipe Sainz de Baranda a preposito generale.

Porgo innanzitutto a lui le mie felicitazioni per la riconferma nel difficile incarico e lo ringrazio per le gentili parole che, interpretando il comune pensiero, ha voluto rivolgermi. Saluto poi con affetto tutti voi, e chiedo al Signore che l'assistenza della sua grazia conduca a felice compimento i vostri lavori.

So che il capitolo ha già scelto come argomento centrale di riflessione e programma per i prossimi sei anni il tema della "cultura nell'ordine", accanto ad altri obiettivi che continuano ad essere prioritari, come la promozione delle vocazioni e la formazione permanente, obiettivi che ben rispondono all'attuale periodo di ripresa del vostro ordine, che in questi ultimi anni ha visto il suo ingresso in nuovi Paesi e la costituzione di nuove province.

Certamente, voi avete un modo vostro, caratteristico, di vivere il grande valore della cultura in conformità al vostro peculiare carisma, che vi vuole guide all'esperienza contemplativa sulle tracce soprattutto di maestri come san Giovanni della Croce e santa Teresa di Gesù. La cultura è particolarmente utile al pastore di anime e al sacerdote, sia al fine della sua formazione permanente, sia per facilitarlo nella ricerca dei metodi pastorali più opportuni per un'efficace e credibile trasmissione del Vangelo all'uomo contemporaneo, sia infine per aiutarlo a comprendere e valutare con precisione la varietà delle situazioni e necessità di quelle anime, che egli intende guidare, perché siano liberate dal peccato e condotte al gusto e all'amore delle realtà divine.


2. Il ricco patrimonio spirituale, del quale siete eredi, vi porta a sottolineare la figura del religioso come maestro di contemplazione, come uomo di Dio, capace di suscitare negli altri la sete di Dio, togliendo gli ostacoli che impediscono all'anima, fatta ad immagine di Dio, di aprirsi il cammino verso di lui. Nella contemplazione cristiana, infatti - come già rilevavo in una lettera inviata al vostro preposito generale qualche anno fa - è il Verbo incarnato a farci da guida alla conoscenza profonda del mistero di Dio: Cristo è "la "porta" per la quale si va al Padre e grazie alla quale il Padre concede a qualcuno la sua familiarità".

Ecco allora la funzione propria e insostituibile del sacerdote ministro di Cristo nel guidare le anime all'esperienza contemplativa, e ciò in particolar modo mediante l'esercizio della direzione spirituale e la sapiente amministrazione del sacramento della Penitenza. La riscoperta in atto dell'importanza di questa forma di ministero sacerdotale porta naturalmente con sé la rivalutazione di una delle sue funzioni peculiari ed essenziali, che consente al sacerdote di svolgere un servizio insostituibile circa il discernimento, la promozione e l'orientamento delle vocazioni, in special modo di quelle contemplative. L'esistenza di altri metodi pastorali efficaci non deve far mai dimenticare a noi sacerdoti la precisa e grave responsabilità che abbiamo in questo campo per il bene e la salvezza delle anime. E voi, sacerdoti carmelitani, siete particolarmente qualificati per svolgere un prezioso servizio non solo a vantaggio della vostra famiglia spirituale, ma della Chiesa intera e del mondo contemporaneo.


3. Nessuna preparazione culturale potrà tuttavia mai sostituire quel discernimento pastorale, proprio del sacerdote e del confessore, che gli consente di individuare - a volte in termini assai precisi - il lavoro che la grazia compie nelle anime, e di farsi quindi - con una sapiente opera di guida - aiuto e strumento di tale misterioso lavorio divino: difatti, il detto discernimento è puro dono dello Spirito Santo, infinitamente al di sopra delle capacità che può dare una cultura semplicemente umana. Con tutto ciò - e desidero ripeterlo - è sommamente conveniente al sacerdote, soprattutto nel mondo d'oggi, un'attenzione grande, sobria e prudente ai problemi, agli interrogativi, ai valori autentici e criticamente vagliati che provengono dai molteplici e svariati indirizzi del pensiero contemporaneo. E' fuor di dubbio che una preparazione in questo campo allarga di molto il raggio d'azione del pastore di anime, mettendolo in comunicazione con un maggior numero di spiriti, al servizio dei quali egli può offrire la sua opera di sacerdote e di uomo di Dio.

Occorre comunque che, al vertice di tutti i suoi interessi, il sacerdote, proprio in vista della piena affermazione della sua missione specifica, ponga sempre il desiderio e la ricerca di quella sapienza divina, "misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria" (1Co 2,7): quella sapienza che non è semplice frutto delle nostre umane esperienze e dei nostri ragionamenti, ma che è puro dono che Dio concede agli umili, ai contriti di cuore, a coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti. Questa sapienza, non necessariamente legata al sacramento dell'Ordine o a particolari studi teologici, ma essenzialmente fondata sulla pratica della carità, consente di svolgere una vera funzione di guida spirituale a ogni religioso o religiosa che s'impegni seriamente nel cammino della perfezione, come vediamo chiaramente in santa Teresa di Gesù.


4. Un'ultima esortazione voglio farvi: sentitevi oggi più che mai, col vostro carisma proprio, al servizio dell'intera Chiesa e del mondo che cerca Dio. Ognuno di noi riceve da Dio dei doni soprannaturali per l'utilità e l'edificazione di tutto il Corpo mistico. Questa consapevolezza, ben lungi dal portare a un atteggiamento di sufficienza, deve farci sentire più umili, più grati a Dio, più responsabili, più disposti a servire in quell'ambito nel quale siamo stati favoriti da Dio. Il vostro dono, carissimi fratelli, è per tutta la Chiesa. Non lo dimenticate mai. Un carisma approvato dalla Chiesa - come il vostro - è sempre per il bene della Chiesa. Siate dunque a disposizione, sempre, non soltanto degli ambienti a voi vicini, ma di ogni altra famiglia religiosa, e di ogni anima benintenzionata, anche se proveniente da regioni assai lontane dello spirito. Una buona base culturale sarà strumento prezioso per creare e mantenere questi contatti salutari.

Concludendo, non posso che farvi un augurio: sia la vostra cultura preambolo alla contemplazione, sia la vostra contemplazione fautrice e promotrice di cultura; di una cultura che non si esaurisca nella speculazione, ma che investa e lieviti la vita. Mostrate al mondo come la sapienza che ci insegna il Vangelo sia sorgente di una cultura che, mentre promuove nella persona la sensibilità per gli autentici valori della libertà, della giustizia, della pace, ne allarga gli orizzonti alla percezione e al gusto dei valori religiosi, introducendola a quell'esperienza del divino, in cui soltanto può trovare appagamento l'inquietudine del nostro cuore.

Con questi sentimenti e auspici, vi assicuro nuovamente tutto il mio affetto e l'assistenza della mia preghiera, mentre di cuore imparto a tutti la mia benedizione.

Data: 1985-05-04 Data estesa: Sabato 4 Maggio 1985





A un pellegrinaggio di Sovana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Amare la Chiesa maestra di verità" (san Gregorio VII)

Carissimi fratelli di Sovana-Pitigliano-Orbetello!


1. Siete venuti numerosi per commemorare il nono centenario della morte del grande pontefice san Gregorio VII, Ildebrando, che ebbe i natali nella vostra terra dell'antica Tuscia. Sarei venuto volentieri in pellegrinaggio anche ai luoghi della sua nascita, come era anche vostro desiderio, se gli impegni me lo avessero consentito; ed ecco allora siete venuti voi, a Roma, per manifestare la vostra devozione al papa Gregorio VII che è vostro vanto e onore, e per professare la vostra fedeltà alla Chiesa.

Vi ringrazio sentitamente per questa vostra visita, e porgo il mio cordiale saluto al vescovo monsignor Eugenio Binini, alle autorità che hanno voluto accompagnare il pellegrinaggio, ai sacerdoti e ai religiosi, e a tutti voi, cari fedeli, che rappresentate le tre comunità ecclesiali di Sovana, Pitigliano e Orbetello. Insieme al benvenuto nella casa del Padre comune, da cui Gregorio VII diresse la Chiesa in tempi tanto difficili, vi esprimo anche il mio vivo compiacimento per le iniziative e le attività di studio e di preghiera, che sono state programmate in questo anno commemorativo per approfondire sempre più e sempre meglio la sua personalità e la sua opera, e che servono pure come preparazione alla prossima visita pastorale del vescovo e al futuro Sinodo diocesano del 1989.

La vostra presenza mi porta col pensiero agli eventi storici della vostra terra, alle sue ricchezze culturali, alle sue bellezze geografiche, fonte di ispirazione poetica e artistica, ma soprattutto alle sue ansie spirituali e al suo impegno per mantenere salde le tradizioni cristiane. La figura di Gregorio VII, che fu, secondo l'espressione di papa Pio XII un "indomito atleta di Cristo" (cfr. "Discorsi e messaggi", XVI, 11 luglio 1954), vi stimoli e vi spinga a essere sempre più convinti della verità della fede che professate e sempre più intrepidi nel realizzarla nella vita quotidiana, superando difficoltà e ostacoli, senza compromessi e cedimenti.


2. Non è questo né il luogo né il momento opportuno per puntualizzare la figura di san Gregorio VII e il segno profondo che egli ha lasciato nella storia. Basti solo dire che egli visse e opero totalmente e unicamente per amore della Chiesa! Al di sopra di tutte le tragiche vicende nelle quali fu coinvolto, risplende meravigliosamente questo amore: per la Chiesa egli lavoro indefessamente, santifico se stesso, lotto, soffri e mori infine in esilio, a Salerno! Già prima come monaco, e come segretario dei papi, e poi come pontefice, il suo unico anelito fu la libertà della Chiesa dal potere civile e il suo splendore morale in tutti i fedeli, e specialmente nei sacerdoti e nei vescovi. Note a tutti sono le celebri parole che scrisse prima di morire: "Dal giorno in cui per divina disposizione, la Chiesa madre colloco me del tutto indegno sul trono apostolico, e mentre, Dio ne è testimone, ero ben lontano dal pensare all'altezza del supremo pontificato, io con ogni energia ho procurato che la santa Chiesa, sposa ai Dio, signora e madre nostra, tornasse ad essere, come per molti secoli fu, adorna del primitivo splendore, e sempre libera, casta e cattolica...".

Il suo pontificato si può definire un continuo Getsemani. Molte volte egli nelle lettere esprime sinceramente l'angoscia che lo opprime, sia per la potenza e la vastità del male, da cui si vede attorniato, sia per la gravità delle decisioni che deve prendere, assumendo pienamente le sue responsabilità: "E così avviene - scriveva in una lettera - che fra il dolore che si rinnova in me ogni giorno e la speranza che, ahimè, troppo si protrae, sbattuto da mille tempeste io, non so come, vivo morendo". E tuttavia non si perse d'animo, difendendo i diritti della Chiesa e solo in Dio confidando. Mori in esilio, apparentemente sconfitto dalle potenze terrene; ma in realtà egli diede una svolta definitiva alla storia della Chiesa. Egli voleva che la Chiesa fosse libera, unita e soprattutto santa e per questa finalità Gregorio VII fu grandissimo nel giudicare, nel volere e nell'operare, accettando il peso della croce, avendo di mira unicamente la verità e la volontà di Dio.


3. Amare la Chiesa! Cari fedeli, è questo l'insegnamento e il monito che si deve ricavare dalla vita e dall'esempio di san Gregorio VII. Indubbiamente i tempi sono cambiati: ma rimane sempre attuale il bisogno e il dovere di amare la Chiesa, voluta e fondata da Cristo, come maestra di verità e madre della grazia. Amate anche voi la Chiesa, prima di tutto sforzandovi di conoscerla rettamente nella sua natura e nella sua missione e richiamandovi perciò all'espressa volontà del divino Fondatore. Dai testi del Nuovo Testamento si ricava chiaramente che c'è una distinzione essenziale tra il semplice fedele cristiano battezzato e il sacerdote, ministro di Cristo; tra il sacerdote e il vescovo che presiede alla Chiesa locale e ha il potere di consacrare i nuovi presbiteri e i nuovi episcopi; tra il vescovo di ogni singola diocesi e il Vescovo che risiede in Roma, come successore di Pietro. Non è possibile la confusione, perché Gesù ha voluto chiarezza e certezza in ciò che riguarda le verità salvifiche. Tutti formano il "Popolo di Dio" e sono chiamati alla conoscenza della verità e alla santità; ma le distinzioni sono fondamentali, creano dei rapporti giuridici e definiscono la missione della Chiesa nell'insieme e nei singoli membri.

Amate la Chiesa cercando di conoscere anche la sua storia, per saper distinguere bene tra "dottrina" e "mezzi di grazia e di salvezza" e le vicende umane che la distinguono nei vari periodi dello sviluppo della società. Tale conoscenza è sempre più necessaria in questi nostri tempi, in cui l'aumento delle cognizioni e della cultura fa emergere continuamente problematiche e interrogativi, a cui bisogna dare risposta. La Chiesa, fatta di uomini, è incarnata nella storia e ne subisce perciò i contraccolpi e le insidie, e la Provvidenza, per raggiungere determinati fini, sempre nel rispetto della libertà degli uomini, passa necessariamente attraverso avvenimenti che talvolta sono sconcertanti, ma che poi risultano logici e positivi. La visione cristiana della storia stimola a confidare sempre più nella Provvidenza e a dedicarsi seriamente alla propria santificazione.

Infine, amate la Chiesa cercando di "essere" e di "sentirvi" Chiesa, ascoltando il suo magistero e accettando le sue direttive, per essere membra vive del corpo mistico di Cristo, partecipi del "regale sacerdozio", pietre valide, anche se umili e nascoste, dell'edificio santo e santificatore. Nelle vostre parrocchie e diocesi, nei gruppi laicali qualificati, nelle varie attività comunitarie, riguardanti la liturgia e la cultura religiosa, nell'esercizio della carità, portate fervorosamente il vostro contributo personale.


4. L'urna contenente le sacre spoglie di san Gregorio VII venne trasportata a Roma nel maggio 1961, per l'inaugurazione del tempio a lui dedicato, e nel mattino di mercoledi 31 il mio predecessore Giovanni XXIII nella basilica Vaticana venerava la salma del grande pontefice, "figlio premuroso di Maria, apostolo della devozione mariana" ("Discorsi, messaggi, colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII", vol. III, p. 313), esortando ad imitarne l'esempio. Ormai nel mese dedicato a Maria santissima, desidero concludere invitando anch'io tutti voi a pregare e a imitare con affetto e fiducia la nostra Madre celeste, chiedendo ogni giorno la grazia di un amore sempre più vivo alla Chiesa.

Con questi voti di gran cuore vi imparto ora la benedizione apostolica, che estendo volentieri a tutti i fedeli delle care diocesi da voi rappresentate.

Data: 1985-05-04 Data estesa: Sabato 4 Maggio 1985


Alla signora Nancy Reagan - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Collaborazione internazionale per combattere la droga

Signora Reagan. E' un piacere per me darle il benvenuto oggi in Vaticano. La ringrazio per la cortesia della sua visita e la prego di trasmettere i miei rispettosi saluti al presidente degli Stati Uniti. Desidero esprimere il mio apprezzamento per le ragioni che la portano a Roma in questo momento, cioè per la sua partecipazione alla lotta contro la droga e alla riabilitazione di coloro le cui vite sono state segnate da questo male sociale.

La Chiesa cattolica nutre profonda preoccupazione per i dannosi effetti di un problema sociale così pervasivo e allarmante come la tossicodipendenza. La dignità della persona umana è seriamente offesa dalla schiavitù che deriva da tale dipendenza. Ovviamente, le conseguenze per le famiglie e per la società in generale sono tragiche e debilitanti. Ci si deve perciò chiedere in quale misura questo fenomeno sia sintomatico di una profonda crisi di ordine sociale e morale.

Non riflette forse un'inadeguatezza da parte della società moderna a soddisfare i bisogni spirituali dell'uomo d'oggi? Tutti gli sforzi della campagna contro l'abuso di droga assumono un particolare rilievo nel corso di quest'anno che è stato proclamato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite "Anno internazionale della gioventù". Una delle grandi sfide lanciate alla società moderna è quella di trovare soluzioni praticabili a questo problema che riguarda così gran parte della nostra popolazione giovanile. Certamente i governanti della società devono impegnarsi a creare le condizioni sociali in cui i giovani siano scoraggiati dal cercare rifugio nel mondo artificiale della intemperanza e della droga e siano spronati e aiutati ad assumere ruoli responsabili nella società.

In particolare, desidero offrire incoraggiamento a tutti coloro che promuovono la cooperazione internazionale al fine di arrestare e, infine, di eliminare questo grave male sociale. La legislazione interna e l'applicazione della legge per tenere a freno il traffico di droga diventano in ultima istanza effettive soltanto in quanto ricevono il sostegno di altre nazioni che hanno a cuore i più alti valori umani e il bene comune dei loro cittadini e dei loro vicini. Nello stesso tempo, la collaborazione internazionale è necessaria anche nei programmi di terapia e riabilitazione. Il trattamento deve essere adattato alle diverse situazioni in cui questo fenomeno sociale si sviluppa e si diffonde.

Lo scambio di idee e metodi a livello internazionale è la cosa più utile e raccomandabile.

Nel salutarla oggi desidero rinnovare la mia gratitudine per il generoso impegno spiegato in favore dei tossicodipendenti nel suo Paese e nel mondo intero, e rivolgo il mio appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinché congiungano le forze per andare incontro, con capacità e compassione, ai bisogni del nostro prossimo, specialmente dei giovani.

Che il Signore, ricco di misericordia, benedica i numerosi sforzi che si stanno facendo e li coroni di successo.

Data: 1985-05-04 Data estesa: Sabato 4 Maggio 1985





Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella Pasqua Cristo si rivela come vite che dà la vita




1. "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Jn 15,5).

La liturgia dell'odierna domenica del periodo pasquale ci parla con la parabola della vite e dei tralci. La parabola mette in evidenza, in modo particolare, quel legame, in un certo senso "organico", che esiste tra Cristo e la Chiesa: tra Cristo e tutti coloro che da lui traggono la vita, così come il tralcio trae la vita dalla vite. Ciò si riferisce ad ogni singolo uomo, e al tempo stesso si riferisce all'intera comunità del popolo di Dio: alla Chiesa.

La Chiesa intera - come un ricco "complesso" di tralci rimane in Cristo: nella vite. Da lui trae la vita. "Senza di lui essa non può far nulla": nulla di veramente salvifico. L'intera salvezza, la grazia tutta, si trova in lui: in Cristo. E in noi: negli uomini, da lui, e solo da lui e per mezzo di lui.


2. Vogliamo oggi ringraziare il Padre eterno, "il Padre infatti è il vignaiolo", per questa vita che ci è stata rivelata e che è stata data a noi, uomini, in Gesù Cristo crocifisso e risorto.

Ringraziamo per il mistero pasquale, nel quale Cristo si è rivelato una volta per sempre come la vite, e in pari tempo ha rivelato il Padre suo come colui che coltiva. Desideriamo che ogni uomo, ogni cristiano maturi in qualità di "divina coltura" del Padre - nel Figlio - nel Cristo risorto. Desideriamo che ognuno, mediante tale legame "organico" con lui, porti molto frutto.


3. E proprio questa nostra preghiera desideriamo presentare alla Madre di Cristo, invitandola - laetare! - alla gioia pasquale della Chiesa. Che ella ci aiuti a rimanere nel suo Figlio: in Cristo vite, perché costituiamo con lui un solo corpo, vivificato dallo Spirito della Pentecoste pasquale.

Data: 1985-05-05 Data estesa: Domenica 5 Maggio 1985





Nella parrocchia Santa Maria a Setteville di Guidonia (Roma)

Titolo: Solo da Cristo-vite sorge la vitalità della parrocchia




1. "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Jn 15,5).

Queste parole del Vangelo dell'odierna liturgia ci introducono ancora una volta nel mistero pasquale di Gesù Cristo. La Chiesa medita costantemente questo mistero; tuttavia lo fa in modo particolare nel corso dei cinquanta giorni che intercorrono tra la Pasqua e la Pentecoste, nella quale la Chiesa nascente riceve in pienezza la potenza dello Spirito di vita, che è inviato ai discepoli da parte di Gesù risorto, assiso alla destra del Padre.

La risurrezione di Cristo è la rivelazione della vita che non conosce i limiti della morte (così come avviene per la vita umana e per ogni vita nella terra). Abbiamo cantato nella sequenza pasquale: "Mors et vita duello conflixere mirando; dux vitae mortuus regnat vivus" (La morte e la vita si batterono in un grandioso duello: il re della vita regna vivo dopo la morte).

La vita che si rivela nella risurrezione di Cristo è la vita divina.

Nello stesso tempo, essa è "vita per noi": per l'uomo, per l'umanità. La risurrezione del Signore è infatti il punto culminante di tutta l'economia divina della salvezza. Proprio questa verità è messa in evidenza in modo particolare dalla liturgia di questa domenica, specialmente mediante l'allegoria della vera vite e dei tralci.


2. "Io sono la vite, voi i tralci" (Jn 15,5), dice Cristo agli apostoli nel quadro del grande "discorso d'addio" nel cenacolo, come leggiamo nel Vangelo di san Giovanni. Da queste parole del Signore vediamo quanto deve essere stretto e intimo il rapporto tra lui e i suoi discepoli, quasi a formare un unico essere vivente, un'unica vita. Tuttavia, subito dopo, Gesù precisa il nostro rapporto di totale dipendenza nei suoi confronti: "Senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5).

Avrebbe potuto ugualmente dire: "Senza di me non potete neppure vivere, neppure esistere". Tutto il nostro essere, infatti, è da Dio. Egli è il nostro creatore.

L'uomo che pretende di fare a meno di Dio, è come il tralcio separato dalla vite: esso "si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano" (Jn 15,6). Uniti a Cristo, noi viviamo della sua stessa vita divina e otteniamo ciò che chiediamo; separati da lui, la nostra esistenza diventa sterile e priva di senso.


3. Questo legame "organico" tra Cristo e i discepoli ha, ad un tempo, il suo riferimento al Padre. "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo" (Jn 15,1). Nell'allegoria, Cristo pone questo riferimento al Padre al primo posto, poiché tutto il legame "organico" vivificante dei tralci con la vite ha il suo principio primo e il fine ultimo nel rapporto col Padre: egli "è il vignaiolo".

Cristo è principio di vita, in quanto egli stesso è "uscito dal Padre" (cfr. Jn 8,42), il quale "ha in se stesso la vita" (Jn 5,26). E' il Padre, in definitiva, che si prende cura dei tralci, riservando loro un trattamento diverso a seconda che portino o non portino frutto, a seconda, cioè, che siano vitalmente o meno inseriti nella vite che è Cristo.

Se vogliamo portare frutti per la nostra e altrui salvezza, se vogliamo essere fecondi di opere buone in vista del regno, dobbiamo accettare di essere "potati" dal Padre, di essere, cioè, purificati, e quindi irrobustiti. Dio permette a volte che i buoni soffrano di più, proprio perché sa di poter contare su di loro, per renderli ancora più ricchi di buoni frutti. L'importante è fuggire la pretesa di dar frutto da soli. Ciò che occorre è mantenere più che mai, nel momento della prova, il nostro legame organico con Gesù-vite.


4. La lettura della prima Lettera di san Giovanni mostra questo legame vivificante del tralcio con la vite da parte delle opere, del comportamento, della coscienza o - per esprimerci col linguaggio biblico - da parte del "cuore". "Chi osserva i suoi comandamenti, dimora in Dio ed egli in lui". Questi comandamenti si riassumono nel dovere di amare "con i fatti e nella verità", cioè in quella "verità" che è data dal credere "nel nome del Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 3,2 1Jn 4 1Jn 3,1 1Jn 8 1Jn 3,23).

Se ci impegniamo in questo senso, saremo inseriti nella "vite" e "rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri" (1Jn 3,20).

Otteniamo la pace della coscienza, quando ci riconciliamo con Dio e con i fratelli "non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità"). Questa pace è dono di Dio, della sua misericordia che ci perdona. "Egli è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa" (1Jn 3,1 1Jn 8 1Jn 3,20): Dio ha in sé una sorgente di vita molto più potente di quella del nostro cuore: se siamo tralci in pericolo di staccarsi, egli solo può reinserirci nella vite. Se abbiamo rotto il rapporto con lui a causa del peccato, egli solo può riconciliarci con sé, purché, naturalmente, noi lo vogliamo.


5. L'allegoria della vite e dei tralci ha, nell'odierna liturgia, una ricca eloquenza pasquale. Questa eloquenza è fondamentale per ciascuno di noi che siamo discepoli di Cristo. E nello stesso tempo essa è importante per una comunità cristiana com'è la parrocchia. La parrocchia è fondata su Cristo, che ne è il centro e il principio vitale. L'allegoria della vite e dei tralci trova quindi piena applicazione nella parrocchia: questa, infatti, si può considerare partendo dai "tralci", cioè dagli uomini che la compongono.

Ma tale considerazione "dal basso" dev'essere completata con quella "dall'alto", cioè quella più propriamente soprannaturale: noi possiamo comprendere veramente la nostra realtà ecclesiale della parrocchia, come piccolo "corpo mistico", partendo da Cristo: dalla "vite". Ogni comunità cristiana non sorge "dal basso", cioè dalla "carne e dal sangue", ma "dall'alto", cioè dalla grazia divina e dai sacramenti (in particolare dal Battesimo e dall'Eucaristia). Solo da Cristo-vite sorge la vitalità della parrocchia. I tralci, senza un legame organico con lui, non hanno vita.


6. Questo dato fondamentale dell'esperienza cristiana trova chiaro riscontro anche nella storia della vostra "giovane" parrocchia. Ho saputo infatti che, quando nel 1969 giunsero i sacerdoti, la prima cosa che fecero fu quella di inginocchiarsi in preghiera in una piccola povera cappella, posta in una via di questa zona: sapiente ispirazione, mediante la quale i vostri pastori si sono uniti come tralci a Gesù-vite per comunicare anche a voi la vita di Cristo.

Il lavoro che si presentava davanti ai loro occhi era immenso: un vastissimo e difficile lavoro di "dissodamento" e di coltivazione delle anime: un gran numero di compiti materiali e spirituali. I vostri pastori ebbero tuttavia chiara la percezione della prima e più importante cosa da fare per attingere alla sorgente di quella forza che avrebbe consentito di compiere evangelicamente tutto il resto: il ricorso a Gesù-vite mediante la preghiera. E difatti così è avvenuto: dobbiamo essere ben convinti che tutto quanto è accaduto e accade in questa parrocchia secondo lo spirito del Vangelo, è accaduto e accade in quanto e nella misura in cui questa parrocchia è inserita come tralcio in Gesù-vite.


7. Con questo sentimento di gioia che provo nel vedere il lavoro che la grazia sta compiendo in questo luogo, voglio ora salutare cordialmente e con gratitudine tutti i presenti: il vescovo ausiliare del settore, monsignor Alessandro Plotti, il parroco e viceparroco, e quanti li aiutano da vicino. Un pensiero particolarmente riconoscente rivolgo alle religiose e a tutti coloro che maggiormente si affaticano per far si che la parrocchia sia vitalmente inserita in Cristo, e lo fanno sia mediante un impegno attivo e pubblico, come i catechisti, i ministranti, i gruppi parrocchiali, coloro che si dedicano alle varie opere di carità e di misericordia; sia, più spesso nascostamente, mediante l'offerta delle proprie sofferenze o dei propri disagi, come i malati, gli anziani, le persone sole o emarginate, coloro che in qualunque modo non ricevono tutto quell'amore al quale hanno diritto o del quale hanno bisogno. Tutti comunque voglio salutare, anche i più lontani dagli interessi della parrocchia, anche coloro che sono in una posizione di dubbio o di ricerca, anche coloro che non si sentono parte della comunità parrocchiale. A tutti vuole andare il mio cordiale saluto.

La vostra zona ha avuto un forte sviluppo urbanistico, con una notevole immigrazione di persone lontane dalla Chiesa. Un grande lavoro si offre dunque all'attenzione di un generoso e illuminato spirito missionario. La seminagione della parola di Dio porterà abbondanti frutti, nella misura in cui essa supporrà quel "legame organico" con Cristo del quale ho ripetutamente parlato, e una fervente devozione alla Madre di Dio.


8. La vostra parrocchia è dedicata alla Madre di Dio. Particolare - particolarissimo - è questo legame che esiste tra Cristo-vite e la sua Madre.

Anche Maria santissima è - in modo simile a Cristo - "vite feconda" (cfr. Ps 127,3), che genera l'"Autore della vita" (Ac 3,15). Tra tutte le creature Maria è quella che porta maggior frutto perché è il tralcio maggiormente alimentato da Gesù-vite. Tra Maria e Gesù si dà dunque un "mirabile commercium", un meraviglioso scambio, un reciproco, unico e impareggiabile flusso di vita e di fecondità, che irraggia all'infinito su tutta l'umanità i suoi meravigliosi effetti di vita e di fecondità.

La beata Vergine è l'esempio più elevato della creatura che "rimane in Dio", e nella quale Dio "rimane", abita come in un tempio. Essa quindi più di ogni altra realizza le parole del Signore: "rimanete in me e io in voi" (Jn 15,4). A lei, che più strettamente è unita al Figlio risorto, alla sua Madre affido questa esortazione. Prego affinché essa si avveri nella vita della vostra parrocchia come comunità cristiana, e nella vita di ciascuno di noi. Mediante Maria impegniamoci a rimanere in Cristo e che lui rimanga in noi, affinché facciamo molto frutto. "Chi rimane in me - dice il Redentore - fa molto frutto" (Jn 15,5).

[Rispondendo all'indirizzo di saluto del parroco:] Voglio ringraziare il vostro parroco per le sue parole piene d'entusiasmo religioso, cristiano e sacerdotale; e voglio salutare tutti i presenti di questa prima domenica di maggio in cui mi è dato di visitare una parrocchia dedicata alla Madonna: Santa Maria a Setteville. Vi vedo tutti tanto volentieri e vi abbraccio tutti, specialmente i più piccoli e i più sofferenti. Vedo con gioia i rappresentanti della comunità cristiana e anche della comunità civile che ringrazio della loro presenza. Voi avete qui, come ha detto il vostro parroco, una piccola chiesa, molto ridotta. Ma questa chiesetta è solamente un segno esteriore, una struttura materiale: la vera Chiesa di Setteville, la vera Chiesa dedicata a Maria, siete voi. Voi siete le pietre vive, come disse san Pietro in una lettera ai primi cristiani di Roma. Voi siete la Chiesa e io mi trovo tra voi come successore di Pietro per compiere il mio ministero di pastore della Chiesa di Roma, e quindi di pastore anche di questa Chiesa, la parrocchia di Setteville. E mi trovo tra voi con tanto amore e tanta speranza. Mi trovo tra voi per mostrarvi che uniti siamo la Chiesa di Roma e siamo la Chiesa universale di Cristo. Voglio celebrare insieme con voi questa realtà: la Chiesa di Roma che è la Chiesa di Cristo. Auguro a tutti la benedizione del Signore.

[Ai bambini:] La parrocchia più giovane: i bambini, i ragazzi, le ragazze, i giovani delle scuole, e con loro i genitori: vi saluto! E con voi saluto anche, con tutto il cuore, i vostri insegnanti, maestre, maestri, catechisti; saluto di cuore le suore che vedo presenti tra voi. Cosa vedo guardando a voi tutti? Vedo la primavera. Guardo fuori e vedo tutto verde: ecco, la primavera è tornata fra noi, grazie a Dio! Vengo qui e vedo voi bambini, ragazzi giovani e penso: ecco la primavera di questa comunità di questa parrocchia! La primavera è sempre un annuncio: annuncio dell'estate, annuncio del futuro, annuncio dei frutti. Ecco, la vostra primavera è la prima Comunione a cui si preparano tanti e tante fra voi; la vostra primavera, per i più cresciuti, è anche la Cresima a cui si preparano tanti e tante fra voi: questa è la primavera dei cuori e degli spiriti. La primavera si intravede quando il contadino comincia a seminare con la speranza che un giorno i semi che egli mette nella terra daranno i frutti. così anch'io, vedendo voi, penso che questi semi dello Spirito Santo, che sono le verità del Vangelo, che sono le parole di Cristo, che sono le grazie dello Spirito Santo, vengono seminati nei vostri giovani cuori per portare frutto.

Ecco, vi auguro veramente di essere la primavera di questa parrocchia di Santa Maria a Setteville, di vivere la primavera e di mostrare la primavera a tutti portando i frutti. Con questi pensieri e con questi auguri vi saluto e vi benedico di cuore.

[Al consiglio pastorale e alle varie associazioni:] Questa vostra parrocchia della Vergine Maria a Setteville non è una parrocchia ricca di costruzioni: questa chiesa visibile, questa chiesa-struttura architettonica sembra ancora provvisoria. Ma ho visto tante persone e penso allora che la Chiesa viva, vale a dire quella costruzione con pietre vive, con le persone, i credenti, sia veramente viva e grande. Mi congratulo con voi, con il vostro parroco e anche con il vescovo della vostra zona, monsignor Plotti. Mi congratulo con tutti i parrocchiani, come abbiamo fatto durante la celebrazione eucaristica, ma in un modo speciale con voi perché costituite dentro questa parrocchia un nucleo particolarmente consapevole e responsabile, specialmente impegnato. E' grazie a questo nucleo che tutta la comunità della parrocchia viene portata avanti. E' necessario l'apostolato. La Chiesa si realizza sempre tramite l'apostolato, non solamente quello gerarchico, che viene assicurato dalla successione apostolica, della collaborazione sacerdotale, ma anche l'apostolato dei laici. A me sembra che questo apostolato sia presente qui, attraverso i diversi gruppi, i diversi carismi che voi avete nella comunità di questa parrocchia. Con questi carismi voi cercate di costruire e di far vivere questa comunità. Voi la portate avanti come una comunità del popolo di Dio.

Voglio ringraziare tutti voi, ciascuno di voi per questo vostro apostolato. Oggi viviamo profondamente il mistero dell'apostolato nella Chiesa non solamente come apostolato gerarchico, ma come apostolato del popolo di Dio, apostolato di tutta la Chiesa, apostolato di ogni battezzato e cresimato. I sacramenti del Battesimo e della Cresima ci danno un carisma e un compito, e l'apostolato dei laici è una forza portante della Chiesa in ogni luogo, della Chiesa viva, della Chiesa comunità dei credenti, della Chiesa corpo di Cristo.

L'apostolato dei laici è veramente la struttura, la forza portante. Lo si vede dappertutto. Lo ammiro molte volte parlando con i vescovi, per esempio, del continente latinoamericano, dove il numero dei sacerdoti è scarso, molto più scarso che a Roma o in Italia o in Europa. Nonostante questo, la Chiesa è vivente, pulsa di vita spirituale grazie ai laici, perché hanno i loro carismi. Inoltre, tutti partecipano al sacerdozio comune della Chiesa: tutti sono battezzati, tutti sono cresimati, tutti sono - grazie ai due sacramenti - responsabili della Chiesa.

Vediamo nella nostra epoca una crescita della responsabilità dei laici per il regno di Cristo, per la Chiesa. In voi, carissimi fratelli e sorelle, vedo l'espressione di questa realtà, di questa responsabilità dei laici. Auguro a tutti di portare con gioia i vostri carismi, la vostra vocazione cristiana, la vostra unione sacramentale con Cristo e la vostra comunione fraterna che fa di noi, uomini credenti, una Chiesa, il corpo di Cristo. Voglio lasciare questo augurio a tutti voi, ringraziandovi per i vostri diversi impegni nell'apostolato di questa parrocchia che ha tanto bisogno di essere portata da molte persone impegnate, da molti apostoli, non solamente apostoli sacerdoti, ma anche dagli apostoli laici.

Vi ringrazio di cuore e benedico le vostre famiglie, i vostri ambienti di lavoro, tutta la comunità umana dove è inserita questa parrocchia come corpo mistico di Cristo, come una realtà soprannaturale, come una parte del regno messianico di Cristo. Portate le mie parole, i miei auguri, la mia benedizione a tutti i vostri vicini e a tutti i parrocchiani della vostra comunità.

[Ai giovani:] La mia impressione di questa parrocchia è che voi abbiate veramente poco spazio in senso materiale. Ma la parrocchia non è costituita da spazi materiali, ma molto di più da spazi spirituali. Naturalmente, l'essenziale della parrocchia non è lo spazio materiale, perché la parrocchia è una realtà soprattutto spirituale, è una comunità del popolo di Dio, una comunità che vive con la fede, con la grazia, con la solidarietà cristiana, con l'apostolato. E tutto questo, naturalmente, occupa soprattutto spazi spirituali, allargandoli.

Vedo allora nella vostra parrocchia questa felice contraddizione: spazio materiale ridotto e spazio spirituale molto esteso. Questa parrocchia è molto di più di quello che potrebbe apparire con questa piccola chiesa, un edificio ancora provvisorio, e con questi altri ambienti in cui ci incontriamo. Questa parrocchia come spazio spirituale, come slancio, apostolato, entusiasmo, come vita cristiana è molto di più di questi limitati spazi materiali di cui deve servirsi. Vi auguro di costruire sempre di più questi spazi spirituali e spero che vengano anche quelli materiali.

Data: 1985-05-05 Data estesa: Domenica 5 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - A pellegrini lettoni - Città del Vaticano (Roma)