GPII 1985 Insegnamenti - Agli educatori cattolici - 's-Hertogenbosch (Paesi Bassi)

Agli educatori cattolici - 's-Hertogenbosch (Paesi Bassi)

Titolo: Preservare il carattere specifico dell'insegnamento cattolico

Cari amici, responsabili dell'insegnamento cattolico nelle diocesi dei Paesi Bassi, amministratori e direttori delle scuole, insegnanti laici e religiosi, rappresentanti delle associazioni dei genitori di alunni e voi, cari genitori che avete scelto l'educazione cristiana per i vostri figli, vi saluto di tutto cuore e desidero assicurarvi che sono profondamente lieto di potermi intrattenere con voi sulla assai nobile e grave missione che adempite e amate.

Per quanto sorprendente ciò possa sembrare alla vigilia dell'anno Duemila, l'insegnamento è un settore della vita umana che pone seri problemi in moltissimi Paesi. Non solo, ahimè, nelle regioni non alfabetizzate e condannate al ristagno sociale, o ancora nelle nazioni dove lo Stato sopprime arbitrariamente il diritto inalienabile delle famiglie a scegliere l'educazione che corrisponde alle loro convinzioni morali e religiose, ma anche nei Paesi a civiltà avanzata, dove la giusta complementarietà degli organismi responsabili non è esente da tensioni, dove le materie scolastiche e i metodi pedagogici sono incessantemente rimessi in discussione, al punto da creare turbamento negli alunni, sconcerto nei genitori, scoraggiamento negli insegnanti.


1. Nei Paesi Bassi le scuole cattoliche occupano una posizione che può essere invidiata da molti Paesi. La legislazione olandese che regola i diritti dell'insegnamento libero è addirittura considerata una delle migliori del mondo.

Infatti la vostra costituzione permette di definire liberamente i fondamenti, le opzioni e - secondo certe norme di qualità fissate dalla legge - l'organizzazione stessa delle vostre scuole cattoliche. Vi è anche permesso di nominare dei professori e perfino - sempre secondo la legge - di beneficiare dei sussidi prelevati dal bilancio pubblico, equivalenti a quelli che sono concessi all'insegnamento statale. I vostri avi, ai quali si deve di essere riusciti a tanto al prezzo di difficoltà innumerevoli e di gravi sacrifici, meritano tutta la vostra riconoscenza.

Nel secolo scorso e all'inizio di quello presente, l'insegnamento cattolico nel vostro Paese si è sviluppato e ha avuto slancio, grazie all'instancabile dedizione dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, e all'enorme contributo finanziario dei genitori degli alunni. Attualmente, la direzione delle scuole cattoliche, come pure l'insegnamento in esse impartito, sono - il più delle volte - compiti assunti da laici. Impartire un buon insegnamento cattolico costituisce, infatti, uno dei mezzi più efficaci e più fecondi per i laici di contribuire alla missione salvifica della Chiesa. Mentre mi rallegro vivamente di questa situazione che manifesta l'impegno del laicato in un servizio di Chiesa estremamente importante, auspico - per la ricchezza e la complementarietà della testimonianza ecclesiale - che le congregazioni religiose fondate per l'insegnamento e detentrici di una lunga esperienza, collaborino con entusiasmo alla formazione umana e cristiana dei giovani.

A voi tutti, qui presenti, vorrei dire il mio grazie dal profondo del cuore per i vostri sforzi di ogni giorno e per la vostra fedeltà alla preziosa eredità che i vostri padri vi hanno lasciato.


2. Ma questa eredità va custodita con la massima cura. Poiché, al pari di tante altre istituzioni tradizionali, la scuola cattolica si trova costantemente messa a confronto con nuovi problemi della società ai quali essa ha il dovere di dare una risposta adeguata e cristiana.

La grande diversità di reazioni che caratterizza il mondo cattolico attuale rende particolarmente arduo il compito che vi è assegnato: vivere e collaborare in armonia gli uni con gli altri nello spirito di Cristo: i giovani non trovano più, o non abbastanza, un'atmosfera familiare che sia capace di sostenere la loro vita di fede; a questo si deve aggiungere che la secolarizzazione impedisce spesso a molti di voi di individuare la presenza attiva di Dio nel nostro mondo e l'obbligo in cui ci troviamo, noi ai quali egli ha affidato il compito di gestire la sua creazione, di preoccuparci della sorte degli uomini e del mondo; i ragazzi appartenenti a religioni e a culture differenti, che frequentano i vostri istituti scolastici, richiedono da voi un'attenzione e una dedizione anche maggiori; infine, nel momento attuale, i ragazzi hanno a che fare con informazioni numerose e divergenti tra loro, che ricevono, il più delle volte, tramite i media.

Sono appunto queste informazioni, oltre a ciò che essi vedono e sentono attorno a loro, che li conducono troppo spesso a soffrire per la crisi morale del nostro tempo. Il compito degli educatori e degli insegnanti, che consiste nel farsi carico dei giovani e nel fare in modo che essi giungano alla "pienezza del Cristo" (Ep 4,13), obiettivo questo tra i principali dell'insegnamento cattolico, è particolarmente difficile per tutte queste ragioni e altre ancora.

Un buon insegnamento tende da una parte a dare al ragazzo un certo numero di conoscenze, ma al tempo stesso a sviluppare la sua intelligenza e le sue attitudini, a permettere alla sua personalità di raggiungere il suo pieno sviluppo umano e cristiano.

Nella misura in cui le motivazioni e gli obiettivi dei genitori, in questo campo, si presentano sotto molteplici forme, la direzione dell'istituto scolastico deve vigilare molto al fine di conservare i fondamenti dell'insegnamento cattolico. Incombe dunque agli insegnanti il dovere di non perdere mai di vista gli obiettivi da perseguire conformemente alla specificità stessa della scuola cattolica. In quest'ottica, lo studio del Vangelo, per sé solo, non basta. Gli insegnanti sono continuamente chiamati a vivere concretamente e generosamente la fede nel Figlio di Dio, Salvatore del mondo, quale la Chiesa la professa. Questo è di primordiale importanza nella misura in cui i giovani non accettano l'autorità degli adulti, se non quando il modo di vivere di questi ultimi è in accordo con i principi che essi enunciano. Ne deriva che le relazioni reciproche e l'organizzazione dell'insegnamento nel suo insieme devono essere impregnati di esemplare fedeltà ai valori cristiani e corrispondere all'attesa della Chiesa.


3. I valori cristiani.

La dichiarazione conciliare sull'educazione cristiana è molto chiara e stimolante. Mi permetto di citarne alcune righe molto significative: "La presenza della Chiesa in campo scolastico si rivela in maniera particolare nella scuola cattolica. Questa, certo, al pari delle altre scuole, persegue le finalità culturali e la formazione umana dei giovani. Ma suo elemento caratteristico è di dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità, di aiutare gli adolescenti nello sviluppo della propria personalità... di modo che la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede. Solo così la scuola cattolica, mentre - come è suo dovere - si apre alle esigenze determinate dall'attuale progresso, educa i suoi alunni a promuovere efficacemente il bene della città terrena e insieme li prepara al servizio per la diffusione del regno di Dio" (GE 8).

In un Paese come il vostro, in cui regna una tale diversità di convinzioni, e particolarmente nelle grandi città dove si trovano fianco a fianco persone provenienti da orizzonti culturali così diversi, questa diversità esige, più che altrove, il rispetto dell'altro. Ogni individuo, quali che siano le sue possibilità e i suoi limiti, il suo carattere e le sue origini, è stato creato ad immagine di Dio, e questo gli conferisce una dignità unica che merita il massimo rispetto. Egli ha diritto allo spazio e alle possibilità di sviluppo che gli permettano di realizzare il destino che Dio, nella sua divina bontà, ha voluto per lui. Questo rispetto per l'altro include ugualmente la nozione di dedizione verso il prossimo.

Le scuole cattoliche hanno il compito di estendere questo rispetto dell'altro fino alla nozione di reciproca solidarietà. Siamo tutti fratelli e sorelle, figli del medesimo Padre. Tenuto conto anche della presenza abbastanza numerosa di figli di immigrati nel vostro Paese, esiste il pericolo di vedere nell'"altro" un peso o, forse, addirittura una minaccia per la propria esistenza.

Ma l'"altro" è nostro fratello, nostra sorella. Si deve dunque considerarlo come tale.

I ragazzi affidati alle vostre cure - come voi stessi - si trovano pure di fronte a strutture complesse che rendono spesso la vita in società difficile e perfino sconcertante. Questi giovani cercano di capire, di chiarire i loro problemi, al fine di evitare le insidie poste sul loro cammino. Essi cercano delle prospettive. E' cosa normale. Poiché una gioventù senza avvenire, una gioventù senza speranza, non è più una gioventù. Il disfattismo è fatale per l'avvenire e per il presente dei ragazzi e dei giovani.

Essi esigono di veder chiaro in queste strutture complicate; chiedono i mezzi che permettano loro di sfuggire alla sventura, alla minaccia, e di costruire un mondo in cui la vita sia possibile. E' qui che occorre mostrare loro l'esempio del Cristo che è nostra speranza (cfr. Tm 1,1). Il Cristo ha rifiutato la costrizione dei pregiudizi e delle abitudini di molti dei suoi correligionari e dei suoi compatrioti, nessun egoismo ha rallentato il suo cammino; la minaccia stessa della morte non ha intaccato il suo amore per i deboli e gli oppressi, né la sua fede nella fedeltà e nel perdono di Dio Padre.

Questa speranza e la fiducia nell'umanità e nell'universo che ne deriva, sono state senza dubbio, lungo i secoli, le caratteristiche principali dello spirito cristiano, e sono ancora attualmente la più grande ricchezza di cui voi potete fare dono alla gioventù. Questa speranza nell'avvenire non si traduce solo mediante la solidarietà e la fraternità tra gli uomini, ma anche nella sicurezza che l'amore di Dio è attivamente presente in noi e nel mondo. La fede e l'amore sono i pilastri della speranza. L'ascolto del mistero, l'esperienza delle prove e del peccato, dell'amicizia e dell'amore, aiuteranno i giovani a scoprire il senso della vita. Vi chiedo anche di mostrare ai giovani l'esempio della fede.


4. La catechesi.

fra tutti i fattori di sviluppo armonioso della personalità, la catechesi, elemento essenziale dell'insegnamento cattolico, occupa un posto tutto particolare. La catechesi sola non basta a fare di una scuola una scuola cattolica. Al contrario, sono le strutture e soprattutto il clima generale della scuola cattolica che rendono possibile la catechesi.

La funzione di quest'ultima consiste nello sviluppare nei ragazzi e nei giovani un atteggiamento religioso e nel trasmettere loro una conoscenza viva, senza dubbio progressiva ma completa, delle verità della fede. Essa consiste anche nell'attuare in maniera appropriata le ricchezze della rivelazione, in modo tale che la vita dei giovani d'oggi, con i suoi problemi e le sue situazioni concrete, sia illuminata dal Signore e dalla sua Chiesa, custode del deposito della fede.

Una tale catechesi sarà quella che permetterà alla gioventù di effettuare un vero discernimento tra la verità e l'errore, e di impegnarsi sui sentieri della felicità rinunciando a quelli della delusione e anche della disperazione.

L'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" contiene, su questo punto, ricchi suggerimenti la cui assimilazione sarà di grande vantaggio per voi.

Evidentemente, ogni insegnante ha il compito di creare un'atmosfera tale che la catechesi possa iscriversi naturalmente nella vita scolastica. Questo sarà possibile solo se i valori cristiani costituiranno il cardine attorno al quale si organizza l'insegnamento. Il personale amministrativo e direttivo, le associazioni di genitori degli alunni, e gli alunni stessi contribuiscono, ognuno secondo le proprie facoltà, a fare della scuola una comunità in seno alla quale i valori evangelici possono svilupparsi totalmente. Un terreno così preparato sarà quello nel quale la catechesi potrà mettere radici. Il personale amministrativo direttivo deve vigilare affinché professori e allievi dispongano del tempo e dei mezzi necessari per un accostamento regolare e sistematico alle inesauribili ricchezze che emanano dall'insegnamento di Cristo.

E' un compito appassionante per la catechesi scolastica quello di permettere, nel modo più fruttuoso possibile, alla rivelazione divina, di illuminare le esperienze vissute dai giovani nel corso delle differenti fasi del loro sviluppo. Non è certo una cosa facile. Ma in un'epoca in cui molto spesso i giovani sono privati del legame con una comunità di credenti - legame capace di dare un senso ai loro interrogativi e alle loro esperienze - il ruolo dell'insegnamento religioso consiste nell'esaminare questi interrogativi e queste esperienze alla luce della rivelazione divina, al fine di fornire ai giovani, secondo il momento e la misura dei loro bisogni, le prospettive che sono loro indispensabili. I vescovi olandesi hanno sviluppato questa interpretazione della catechesi in una lettera pastorale del 1982 dal titolo: "La trasmissione della fede tra i ragazzi e gli adulti".

So che si trovano qui presenti oggi rappresentanti di istituzioni d'insegnamento universitario cattolico. I mezzi di cui essi dispongono e le difficoltà che incontrano sono di natura del tutto particolare. Mi manca il tempo per affrontare questo argomento. Ma amerei riflettere con voi sui problemi che suscita l'incontro della fede cattolica con la pratica scientifica. Spero che voi rifletterete su questo tema, in unione con i miei collaboratori più specificamente incaricati dei settori dell'insegnamento, della scienza e della cultura.

Cattolici olandesi, quanti cristiani, nel mondo intero, vi invidiano per l'eccellente sistema scolastico che i vostri genitori, con i loro fratelli protestanti, hanno saputo realizzare! Conservatelo, rinnovatelo, per il bene della vostra Chiesa e della vostra società!

Data: 1985-05-11 Data estesa: Sabato 11 Maggio 1985





Ai religiosi nella cattedrale - Utrecht (Paesi Bassi)

Titolo: La vita religiosa come "segno" della presenza di Dio

Cari fratelli e sorelle, sono lieto di trascorrere con voi questo momento di preghiera, con voi che rappresentate qui i religiosi olandesi: monache e monaci che rendono lode al Signore non soltanto con la preghiera e la liturgia, ma anche con il loro lavoro e la loro ospitalità; le migliaia di suore e di fratelli che si dedicano all'insegnamento, alla cura dei malati, all'apostolato missionario nel vostro Paese e nel Terzo mondo; i religiosi sacerdoti, che operano per la Chiesa di Cristo in tutti i campi dell'assistenza spirituale.


1. La Chiesa dei Paesi Bassi è grandemente debitrice ai religiosi: furono i monaci inglesi o irlandesi quelli che, in origine, le hanno portato il Vangelo. Molte delle vostre congregazioni religiose hanno svolto un ruolo importante nella storia dell'emancipazione cattolica del vostro Paese. Sono state le preghiere e la dedizione dei religiosi a dare alla vostra Chiesa la sua propria fisionomia. Gli stessi nomi delle strade di questa città ricordano la presenza delle comunità religiose attraverso i secoli; le pietre di questa cattedrale di Santa Caterina potrebbero raccontare la lunga e appassionante storia delle Carmelitane e delle Giovannite che un tempo risiedevano qui.

Questo edificio ha conosciuto periodi di edificazione, di splendore, di crisi, di decadenza e di rinascita. Come si può non scorgere una certa analogia tra questa storia e quella della vita religiosa del Paese? Quest'ultima ha conosciuto periodi di fioritura con il moltiplicarsi delle comunità sorte in risposta alle necessità pastorali e che hanno compiuto un'azione mirabile nella madre-patria e nelle missioni estere.

Da molti anni, la vita religiosa sembra avere minore attrattiva per i giovani, con la conseguenza dell'invecchiamento preoccupante delle comunità, che paralizza tanti progetti di rinnovamento... Le famiglie religiose vivono anche il mistero pasquale: è nella prospettiva pasquale di morte e risurrezione che voi troverete il coraggio di far fronte ai problemi che si pongono per l'avvenire della vita religiosa.


2. Condivido la vostra preoccupazione a motivo della rarefazione delle vocazioni.

A che cosa è dovuta? Senza dubbio i mutamenti culturali della nostra epoca danno già in parte una spiegazione, ma bisogna pensare anche al processo di secolarizzazione che coinvolge la vita religiosa. Infine, vi è una forma di presenza al mondo che conduce lentamente ma inesorabilmente alla soppressione di tutto quello che di specifico e di visibile ha la vita consacrata.

Tale specificità deve essere un "segno di contraddizione" (Discorso del 2 febbraio 1984 ai religiosi), non certo contro l'uomo, ma contro l'inumano della società contemporanea; non certo contro l'universo umano moderno, ma per la sua salvezza. L'attrattiva della vita religiosa risiede là dove essa osa manifestare nella sua quotidiana esistenza una certa trasparenza di Dio. Talvolta la preoccupazione di un malinteso sviluppo umano o di un benessere comunitario, un certo "imborghesimento" hanno indebolito la ricerca dell'unico necessario di cui la vita religiosa deve essere testimonianza. La crisi delle vocazioni non deve essere attribuita principalmente a una mancanza di generosità da parte dei giovani, ma piuttosto al fatto che non si vede più abbastanza nella vita religiosa un segno profetico della presenza di Dio, che è precisamente la dimensione primaria di questa vita religiosa.


3. I religiosi devono infatti mostrare in maniera creativa che la vita religiosa ha un significato per se stessa. La Chiesa ha meno bisogno dell'opera dei religiosi che della loro presenza; essi partecipano in una maniera particolare al carattere sacro del popolo di Dio; essi presentano, a modo loro, i diversi aspetti del Vangelo. Ma soprattutto, con la loro vita di preghiera, di dialogo personale e comunitario con colui che deve restare il primo, il principale interlocutore delle loro giornate così piene di lavoro, essi ricordano ai loro contemporanei che una pausa di autentica adorazione ha maggiore fecondità di qualunque attività, foss'anche apostolica (cfr. Messaggio alla sessione plenaria della Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari, 7 marzo 1980).

L'insegnamento religioso, la predicazione e la pastorale restano senza effetto se non sono accompagnati dalla testimonianza di persone intimamente unite al Signore. Con tutta la loro vita, i religiosi debbono manifestare il Cristo, "mentre egli contempla sul monte, o annunzia il regno di Dio alle turbe, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori, o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, sempre obbediente alla volontà del Padre che lo ha mandato" (LG 46). Come religiosi avete l'abitudine di chiamarvi con i nomi di "fratello" e "sorella". Questo appellativo, che vi invita a vivere in una sorta di relazione familiare tra voi, riveste un'importanza particolare e ricorda che il rapporto filiale e primario con Dio "nostro Padre" deve condizionare e dominare il rapporto fraterno tra tutti gli uomini.


4. Voi avete scelto di vivere la castità "per il regno dei cieli": è un dono della grazia che dà una singolare libertà al vostro cuore per renderlo capace di bruciare dell'amore di Dio e del prossimo e divenire sorgente di fecondità spirituale. Senza dubbio, in certi momenti, il celibato per il quale avete operato spontaneamente sarà accompagnato da un senso di solitudine. Il vuoto che crea in voi il celibato consacrato, non solo vi aiuterà a comprendere meglio la sofferenza dei vostri contemporanei condannati involontariamente alla solitudine ma, accettato con serenità e colmato da Cristo, vi renderà capaci di rivelare agli uomini l'amore del Redentore per attirarli a lui. In questo modo, il suo "regno" d'amore arriverà e il suo nome, che è amore, sarà santificato. La scelta che avete compiuto, infatti, non soltanto vi permette di occuparvi esclusivamente delle cose del Signore, ma porta questo regno escatologico di Dio nella vita di tutti gli uomini e lo rende, in un certo modo, presente in mezzo al mondo (cfr. "Redemptionis Donum", 11).


5. Voi siete chiamati a rappresentare Cristo nella sua povertà. Avete scelto una vita frugale, una vita di povertà. Tutti i giorni pregate "dacci oggi il nostro pane quotidiano". L'essenza di questa preghiera è la fiducia in Dio. Egli vigila affinché ve ne sia abbastanza per tutti nel mondo, purché gli uomini resistano alla tentazione di accumulare beni di consumo. La generosità del popolo dei Paesi Bassi è esemplare e i suoi religiosi non mancano di prodigarsi nelle opere di carità. L'amore per i poveri - poveri sul piano spirituale e poveri sul piano materiale - è per la Chiesa una parte integrante della sequela del Cristo povero.

La vostra vita povera materialmente vi farà adempiere la preghiera: "Da', a tutti noi, oggi, il pane quotidiano".


6. Voi avete scelto una vita d'obbedienza, decidendo di imitare umilmente l'obbedienza del Redentore. La vostra preghiera quotidiana: "Sia fatta la tua volontà" esprime il vostro desiderio ardente di realizzare i disegni di Dio sul mondo. Certo, la sottomissione alla volontà di Dio e l'obbedienza alla sua legge sono una delle condizioni della vita cristiana, ma con il vostro voto di obbedienza, voi i riferite specialmente al Cristo obbediente fino alla morte.

Attraverso questa obbedienza, si manifesta la vostra disponibilità totale allo Spirito Santo che opera innanzitutto nella Chiesa, ma che si manifesta anche nelle costituzioni dei vostri istituti. Tale disponibilità animerà la vostra sottomissione ai vostri legittimi superiori che, agli occhi della fede, sono una mediazione della volontà di Dio; essa si concretizzerà anche nella vostra adesione filiale e generosa al magistero della Chiesa nel suo ruolo di garante della dottrina, di maestra del culto divino, e di guida pastorale. Tale obbedienza volontaria è un'espressione particolare della vostra libertà interiore. Compiendo così la volontà del Padre, voi contribuite a edificare col vostro "si" la Chiesa di suo Figlio nello Spirito che suscita le famiglie religiose. E nei vostri sforzi di essere conformi sempre più pienamente alla volontà del Signore, non trascurate mai la frequenza regolare del sacramento della Riconciliazione! 7. A voi esprimo qui, cari fratelli e sorelle, la gratitudine della Chiesa per la vostra professione dei consigli evangelici che manifesta il vostro amore assoluto a Cristo. Allo stesso modo vi rinnovo la grande fiducia che essa ripone in voi, contando sulla vostra collaborazione totale e generosa perché pensiate e operiate in conformità con i suoi insegnamenti e le sue direttive.

La Chiesa che è nei Paesi Bassi può ricevere molto dal vostro impegno.

Vi invito a rinnovare i vostri sforzi, senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà provenienti da un'atmosfera di secolarizzazione. La vita religiosa, vissuta con una totale fedeltà e un vero dono di sé, rappresenta una grande forza di rinnovamento per tutta la vita cristiana. Sappiate rispondere con generosità a questa sfida! 8. Ma poiché noi siamo e ci riconosciamo peccatori, il Pater noster ci fa dire: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Questa preghiera, ripetuta quotidianamente, sarà per la vostra vita comunitaria un aiuto prezioso nelle difficoltà che possono manifestarsi nei vostri rapporti reciproci; in questo modo voi testimonierete la vostra fraternità vissuta in piena verità, ed essa mostrerà che Cristo vive davvero in mezzo a voi. Tale testimonianza di amore fraterno sarà per l'uomo di oggi, spiritualmente stanco, un sostegno e una speranza. In tal modo, il mondo del nostro tempo riceverà la buona novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, ma da ministri del Vangelo la cui vita risplende di fervore e che per primi hanno ricevuto in sé la gioia di Cristo (cfr. "Redemptionis Donum", 16).

La Vergine Maria, la più pienamente consacrata a Dio, consacrata nella maniera più perfetta, primo modello delle anime consacrate, vi insegni a ravvivare la vostra generosità e vi sia di speciale sostegno nella vostra vita consacrata (cfr. "Redemptionis Donum", 17).

Nel chiederle questo, invoco anche per voi la luce e la forza del suo Figlio divino e vi benedico con tutto il cuore.

Data: 1985-05-12 Data estesa: Domenica 12 Maggio 1985





Alle organizzazioni sociali - Utrecht (Paesi Bassi)

Titolo: L'autentica coscienza umana è un cammino verso la verità

Signore e signori rappresentanti delle organizzazioni sociali.


1. La vostra cortese portavoce ha espresso la grande gioia di tutti per questo incontro con il Papa. La ringrazio di tutto cuore. Vi assicuro che questa gioia è reciproca. Attraverso le vostre persone, sento infatti di trovarmi in presenza di numerosi e importanti settori della vita sociale dei Paesi Bassi. Per questo, se i miei saluti più cordiali li rivolgo anzitutto a ciascuno di voi, essi sono diretti anche agli uomini e alle donne da voi rappresentati: a tutti coloro che lavorano nell'agricoltura e nell'orticoltura, nell'industria e nel commercio, nella navigazione e nella pesca, nei servizi pubblici e nell'amministrazione, nei movimenti femminili e nel mondo della sanità, nello sport e nel turismo, nell'informazione e nel campo della cultura, presso i migranti e i disoccupati.

Tutte queste organizzazioni, e altre ancora, riflettono le gioie e le preoccupazioni della società olandese. Per esse provo sentimenti di rispetto e d'interesse.


2. Tuttavia voi comprenderete che non posso dialogare con voi sui principali temi evocati dai diversi interventi, ossia la solidarietà, l'assistenza e l'emancipazione. Questi problemi comportano aspetti tecnici che non sono di mia competenza. E, soprattutto, ho appena cominciato a familiarizzarmi con la vostra lingua. Ma, ascoltando i vostri interventi, ho ben compreso che la preoccupazione maggiore e comune delle vostre organizzazioni, è il pensiero della dignità dell'uomo, con le conseguenze concrete che ne derivano. "L'uomo conta", voi dite.

Io sento che questa affermazione è, sulla vostra bocca, una testimonianza di fedeltà alle prime pagine della rivelazione (cfr. Gn 1,26-27) e all'insegnamento di Cristo. Penso anche che siete stati colpiti, come molti cristiani, dalle parole di Pilato durante il processo di Gesù, parole il cui significato era molto più profondo di quanto il governatore della Giudea potesse pensare: "Ecce homo". Si, Gesù di Nazaret è l'unico modello dell'uomo, totalmente accogliente verso Dio e radicalmente donato ai suoi fratelli. La vostra affermazione "l'uomo conta" mi lascia pure percepire che vi preoccupate di conoscere bene l'insegnamento magisteriale della Chiesa. Sono tutte queste referenze che fondano le vostre convinzioni e la vostra azione. Per esempio, voi avete certamente misurato la ricchezza di questa frase lapidaria della costituzione pastorale GS 22) del Concilio Vaticano II: "Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo".


3. Si, l'uomo conta. Nell'impossibilità di trattare con voi tutti i problemi sollevati, preferisco soffermarmi su un elemento fondamentale per voi tutti, praticanti o non una religione, ossia la coscienza.

In questo breve incontro mi sembra che avreste interesse e profitto a far convergere i vostri sforzi personali e collettivi sull'educazione o anche sulla restaurazione delle coscienze. In questo importante campo, gli osservatori più ottimisti della società moderna non riescono a nascondere che la confusione è grande. Essi parlano di un soggettivismo sfrenato delle coscienze e di un relativismo potentemente facilitato dai mass-media e dalla mescolanza delle popolazioni. Non è il dramma più profondo nei nostri Paesi di civiltà detta avanzata? Non è un pericolo per i popoli del Terzo mondo con i quali le nazioni ricche hanno numerosi legami economici, culturali, turistici? Certo, un po' ovunque, i governi si sforzano di varare riforme sociali e politiche.

Non sono esse delle ipoteche, in parte almeno, se la coscienza dell'uomo funziona di traverso, se lo spirito umano ha perso la sua lucidità e il suo vigore? 4. La nostra società pluralista, aperta a tutti i venti, richiede un tipo di coscienza umana illuminata, libera e responsabile. La costituzione pastorale GS 16) dice giustamente: "Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice nell'intimità del suo cuore: fa' questo, fuggi quell'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nella sua intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità".


5. Siamo lontani dai problemi concreti che alcuni di voi hanno esposto poco fa? Certamente no. La coscienza umana non ha mai finito di discernere i valori e i controvalori, gli elementi di liberazione e i fattori di degradazione. La coscienza umana, degna di questo nome, è un cammino verso la verità. La misteriosa esigenza del Signore che risuona naturalmente in essa si precisa nella parola di Dio, conservata dalla tradizione vivente della Chiesa.

Uomini e donne che volete ascoltarmi, oso supplicarvi: frequentate ancor più Gesù Cristo! E' lui il pedagogo delle coscienze adulte. Nei suoi tre anni di ministero pubblico, egli colse tutte le occasioni per illuminare la coscienza dei suoi uditori, specialmente dei dodici apostoli. Fa appello alla coscienza del dottore della legge che gli chiedeva che cosa doveva fare per ottenere la vita eterna (cfr. Lc 10,25-26). Davanti agli scribi e ai farisei che gli conducono una donna sorpresa in stato di adulterio, Cristo pone una domanda alla coscienza di ciascuno di essi (cfr. Jn 8,7). Vedendo i pellegrini deporre le loro offerte nelle cassette del tempio, ne approfitta per far riflettere profondamente i suoi discepoli sul valore personale del dono (cfr. Mc 12,41-44). L'appello lanciato al giovane ricco, per i suoi apostoli diventa l'occasione per approfondire le esigenze della loro scelta fatta spontaneamente (cfr. Mc 10,23-28). Quante volte sentiamo il Maestro rinviare al ruolo decisivo del cuore, quando si tratta di determinare il valore dell'agire umano? La parola di Dio è seminata nel cuore per portarvi dei frutti (cfr. Mt 13,19). Soltanto da un cuore puro possono nascere parole e azioni buone, soprattutto la giustizia, la misericordia e la fedeltà (cfr. Mt 12,34 Mt 18,35 Mt 23,23-26). L'osservanza esteriore della legge non ha gran valore se il cuore è cieco o perverso; perché da una tale fonte impura provengono i pensieri e le azioni cattive che rendono immondo l'uomo (cfr. Mt 9,34 Mt 15,18-20). E' la tragica ambiguità del cuore: o esso è la sorgente morale del nostro agire, oppure può diventare complice dell'ingiustizia. Il cuore, in altre parole la coscienza, dev'essere purificato e formato. E' quanto Gesù ci insegna: "Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra" (Lc 11,35). La coscienza è qualche cosa di vivo, e non qualche cosa di statico. Essa cammina verso una conoscenza sempre più perfetta dei valori. Cristo incoraggia i suoi discepoli ad avanzare su questo cammino. E poco a poco rivela loro che esiste un valore che supera e integra tutti gli altri: l'amore. Questa legge d'amore, che contiene la legge e i profeti, deve diventare la legge della loro coscienza. Come è possibile opporre coscienza umana e legge, amore e comandamenti del Signore? La loro formulazione è senza dubbio schematica. Ma si può dire che i dieci comandamenti contengono in riassunto tutta la coscienza dell'umanità, tutti gli appelli che il Creatore ha iscritto nel cuore degli uomini prima di precisarli nel decalogo trasmesso a Mosè.


6. Uomini e donne dei Paesi Bassi venuti a questo incontro, il Papa è felice della vostra attenzione. Ha fiducia in voi. Vi incoraggia in nome di Cristo a servire i vostri fratelli negli ambienti socio-professionali ai quali appartenete. Con tanta modestia e altrettanto ardore, lavorate alla restaurazione delle coscienze, favorite la riaffermazione di un umanesimo autentico, allo stesso tempo personalista e comunitario! Concludo il mio discorso riprendendo un testo del mio predecessore, Paolo VI: "Si tratta di costruire un mondo in cui ogni uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini e da una natura non sufficientemente dominata; un mondo dove la libertà non sia una parola vana e dove il povero Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco... Ciascuno esamini la sua coscienza, che ha una voce nuova per la nostra epoca" (PP 47).

Uomini e donne dei Paesi Bassi, le generazioni che vi hanno preceduti hanno dato molto alla storia della civiltà. A vostra volta, in un contesto europeo e mondiale certamente differente, siete chiamati a salvare l'uomo nel vostro Paese e anche oltre. Il vostro realismo e la vostra perseveranza, la vostra creatività e la vostra adesione ai valori evangelici mi ispirano fiducia. E soprattutto, il Signore vi precede e vi accompagna misteriosamente nell'instaurazione del suo regno: regno di verità e di vita, di giustizia, d'amore e di pace, regno di santità, che nello stesso tempo è gloria del Signore e la felicità dell'uomo.

Invoco su voi tutti qui presenti, sugli uomini e le donne dei vostri diversi ambienti socio-professionali, la luce e la forza divina, affinché, tutti insieme, collaboriate a questo risveglio e a questa formazione delle coscienze, insostituibile fondamento di una civiltà degna dell'uomo e degna di Dio.

Data: 1985-05-12 Data estesa: Domenica 12 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Agli educatori cattolici - 's-Hertogenbosch (Paesi Bassi)