GPII 1985 Insegnamenti - Al corpo diplomatico - L'Aia (Paesi Bassi)

Al corpo diplomatico - L'Aia (Paesi Bassi)

Titolo: Servitori della pace

Eccellenze, signore e signori.

Il nostro incontro sarà breve, ma io sono felice che esso abbia luogo, come avviene abitualmente nel corso delle mie visite pastorali nei diversi Paesi.

Esso mi permetterà almeno di salutarvi e di salutare, attraverso di voi, ciascuno dei Paesi che rappresentate. Alcuni mi sono ora familiari grazie ai miei viaggi e molti mantengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede.

Vorrei anche dirvi in una parola la stima che ho per la vostra alta funzione. Voi garantite un vincolo privilegiato tra i governi e, al di là della cortesia e della discrezione che caratterizzano necessariamente le vostre attività, contribuite alla soluzione pacifica dei problemi che sorgono. Voi potete appianare le difficoltà e soprattutto contribuire a rafforzare la collaborazione ai diversi livelli. La vostra vocazione è quella d'essere servitori qualificati della pace e della giustizia.

La Chiesa, la cui missione è quella di diffondere il Vangelo, non interviene negli aspetti tecnici, ma voi sapete che essa è vivamente preoccupata di salvaguardare la pace, di confortare e di assistere i popoli che soffrono a causa della guerra o di trattamenti ingiusti o semplicemente di condizioni di vita drammatiche a causa della fame o della siccità.

Essa offre la sua collaborazione ai responsabili delle nazioni o la chiede a loro allo scopo di trovare soluzioni più umane. In tal senso, senza mirare ad alcun interesse politico né economico, la Santa Sede si avvale della via diplomatica per contribuire alla salvaguardia della dignità delle persone e delle nazioni secondo i principi etici che voi conoscete bene.

Vi ringrazio della vostra visita e, nella preghiera, formulo i miei migliori auguri per lo svolgimento del vostro incarico in questa città dell'Aia, che è un importante crocevia internazionale. Vi porgo anche i miei auguri più cordiali per ciascuno di voi, per le vostre famiglie e i popoli che rappresentate.

Data: 1985-05-12 Data estesa: Domenica 12 Maggio 1985





Ai malati e agli handicappati - L'Aia (Paesi Bassi)

Titolo: Saper sempre testimoniare il valore vero di ogni vita

"Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione!".


1. Con queste parole dell'apostolo Paolo e con grande, intenso affetto vi saluto, cari fratelli e sorelle, in questa grande casa dell'amore e della speranza! Do il benvenuto a tutti voi, malati e handicappati, ma anche a voi che li assistite e li curate. Infatti i malati e gli handicappati non sarebbero venuti qui senza la soccorrevole mano tesa di quanti li assistono. Rivolgo un saluto anche ai malati che non sono qui presenti, ma che, per il tramite della televisione, si trovano tra noi. Essi sanno di essere circondati dal calore di quelli che vivono più direttamente accanto a loro.

La prima lettura, tratta dalla seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi, mette in evidenza il conforto che proviene dalla fede in Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. Infatti la fede nell'amore e nella Provvidenza del Padre ci assicura che realmente Dio è vicino a ogni nostra tribolazione, "affinché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione". E questa nostra fede nasce dalla contemplazione di Cristo, crocifisso per la nostra salvezza. "Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione" (2Co 1,3-5). San Paolo riconosce apertamente le tante tribolazioni che travagliano la sua vita di apostolo, pur in mezzo alle soddisfazioni del ministero, e afferma con piena certezza che sia le sue sofferenze come le sue consolazioni sono conforto e salvezza per i fedeli: "La nostra speranza nei vostri riguardi è ben salda, convinti che come siete partecipi delle sofferenze così lo siete anche della consolazione" (2Co 1,7). Queste affermazioni, ricche di profonda spiritualità cristiana, sono un messaggio e un insegnamento sempre valido per i cristiani, che devono essere sempre, specie nei momenti della sofferenza, testimoni della speranza che è in loro.


2. Anche voi tutti, sia con la vostra sofferenza, sia col vostro aiuto amorevole verso i sofferenti, siete chiamati ad essere apostoli e testimoni di Cristo.

Qui, nel vostro Paese, penso ai vostri grandi predecessori nella fede: Servazio, Willibrordo, Bonifacio e Plechelmo, Geert Groote, Tommaso da Kempis, i martiri della città di Gorcum, Peerke Donders, Edith Stein e numerosi altri. Qui penso più particolarmente a Liduina di Schiedam. Sapete come ella, all'età di quindici anni, dopo essere caduta sul ghiaccio, abbia sofferto il martirio inchiodata sul letto per trentotto anni. All'inizio non era certamente più pia dei suoi coetanei; era di natura impaziente. Durante molti anni fu combattuta dentro di sé da questo dilemma: "Perché proprio io?". Ribellione e scoraggiamento si sono succeduti, fino al momento in cui, guidata dallo Spirito di Dio, ha cominciato a comprendere lungo lo scorrere degli anni questo segreto: le sue sofferenze potevano diventare il cammino dell'amore. Molte persone vennero a renderle visita, non per consolarla, ma per essere loro stesse rincuorate e consolate dalla sua fede e devozione.

Il mio pensiero va parimenti a Tito Brandsma. La settimana scorsa avete commemorato il 40° anniversario della vostra liberazione. Tito Brandsma è uno di coloro che hanno dato la vita per la vostra libertà. Già la testimonianza della sua vita era stata una manifestazione di santità. Anche negli ultimi giorni incoraggiava i suoi compagni di cella dicendo loro: "Noi non siamo chiamati a realizzare nella vita pubblica cose insigni, grandiose, di cui tutto il mondo parli... E' nostro dovere fare le cose semplici in modo grandioso, con intenzione pura e impegnandovi tutta la vostra personalità". Espresse così la sua concezione della vita.


3. Ma il mio pensiero va soprattutto al brano del Vangelo secondo san Giovanni che abbiamo ascoltato. Nel discorso dell'ultima cena Gesù avverte gli apostoli delle sofferenze che li attendono, affinché non si scandalizzino, quando esse giungeranno: saranno odiati e scacciati dalle sinagoghe; saranno addirittura uccisi da persone convinte di rendere così onore a Dio! Ma Gesù assicura loro anche la presenza e la consolazione dello Spirito di verità, che procede dal Padre, e che egli manderà per rendere testimonianza alla sua missione di rivelatore e di redentore. Anche gli apostoli dovranno rendergli testimonianza, perché essi sono stati con lui fin dal principio e hanno sentito le sue parole e visto le sue opere (cfr. Jn 15,26-27 Jn 16,1-6).

Queste parole di avvertimento, di conforto e di esortazione Gesù le rivolge anche a tutti i cristiani. Il Verbo divino, incarnandosi, ha portato la verità e la salvezza, ma non ha eliminato il dolore; ha assicurato la presenza dello Spirito consolatore, affinché chi crede in lui possa accettare totalmente il progetto della salvezza, abbandonandosi con fiducia alla Provvidenza e testimoniando così che proprio nel dolore si vede il valore e il conforto della fede: "Prendete la vostra croce e seguitemi!... Venite a me voi tutti che soffrite e siete affaticati, e io vi consolero!" (Lc 9,23 Mt 11,28). Nei momenti del dolore e nei luoghi della sofferenza, dobbiamo sempre ricordare che Dio ha altri criteri di valutazione e che stima e valorizza ciò che è accettato e compiuto nel silenzio, nell'umiltà, nel nascondimento, nella forzata inattività.


4. Qui, fra di voi, il mio pensiero va anche alla vita nascosta di Gesù; trent'anni apparentemente inutili trascorsi nel villaggio di Nazaret, durante i quali egli rimaneva sottomesso ai suoi genitori e cresceva in sapienza e statura e grazia presso Dio e presso gli uomini (cfr. Lc 2,51-52). Non bisogna cadere nell'errore di dar peso alla nostra vita solamente in rapporto a dei risultati tangibili. Nessuna vita è senza valore. Vivere le cose semplici della vita, il lavoro quotidiano in collaborazione con gli altri, la bontà di quelli che assistono il loro prossimo e l'apprezzamento che proviene dagli assistiti, sono fatti che rivestono una grande importanza alla luce della vita di Gesù e che ci trasformano in testimoni della buona novella. Tale è lo spettacolare di cui è impregnata la forza divina nascosta, che ci fa fiorire là dove siamo stati seminati. Siamo invitati ad essere grandi nelle piccole cose. E anche l'atteggiamento di Maria, quando all'annuncio dell'angelo disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Bisogna cercare l'oro nel terreno che è sotto i nostri piedi, e cioè valorizzare quel tipo di vita che il Signore ci ha assegnato. Gli apostoli, dopo l'ascensione di Gesù al cielo, pur nella comprensibile nostalgia della sua presenza, illuminati e fortificati dallo Spirito Santo, hanno affrontato le enormi difficoltà dell'evangelizzazione in un mondo ostile e pagano, accettando persecuzioni, avversità, sconfitte e umiliazioni. San Paolo sovrabbondava di gioia in tutte le sue tribolazioni (cfr. 2Co 7,4). così deve essere per tutti noi, seguaci di Cristo, consolati dalla presenza dello Spirito Santo; così deve essere per voi, infermi e aiutanti, con la serenità e la forza che provengono dalla fede in colui che ci conforta! 5. Anche voi dovete essere il lievito nascosto nella massa, luce per il mondo! Gli uomini guardano come si comportano i cristiani per avere certezze, coraggio, speranza; per trovare in loro e da loro il significato autentico della vita. Voi vivete in un Paese che può vantarsi di possedere un eccellente servizio sanitario e un'eccellente assistenza medica: ospedali moderni, istituzioni sociali per l'educazione speciale degli handicappati, centri ospedalieri e specializzati, medici e infermieri e numerosi altri collaboratori che si impegnano ad espletare i loro compiti con la più grande dedizione, senza dimenticare che dietro il malato c'è sempre la persona umana. Penso ugualmente ai numerosi uomini e donne che hanno fatto in passato questo lavoro di misericordia come volontari, nel vostro Paese o in Paesi lontani, e vi vedo la testimonianza della preoccupazione di Dio per l'uomo sofferente.

E' con profondo rispetto e stima che cito anche il lavoro dell'opera "Apostolato dei malati nel mondo" (Wereldziekenapostolaat) che è stato creato sessant'anni fa nel vostro Paese, come pure l'azione di Memisa e Zonnebloem. Molto è fatto per i malati e gli handicappati.

Nessuno è in grado di sopportare da solo il suo dolore. Questo affermano i vostri vescovi nella loro lettera pastorale: "Over lijden en sterven van zieken". In essa sottolineano che un malato ha bisogno, insieme con un trattamento e con delle cure specializzate, soprattutto di compassione e di calore umano.

Secondo i vescovi, i membri della famiglia e, in misura non minore, i vicini, gli amici e i volontari possono avere qui un ruolo molto importante. I malati e i sani devono stare insieme.

Resta sempre difficile per gli altri immaginarsi qual è la vostra situazione. Anche quando siete i beneficiari della compassione umana e della cordialità degli altri, siete voi che dovete sostenere la sofferenza e la solitudine.


6. Non si può tuttavia descrivere con delle parole quello che gli uomini, anche nel loro dolore, possono significare gli uni per gli altri. Potete con la vostra esperienza della vita, le vostre preghiere e la vostra gratitudine rendere altre persone felici e così donare un senso profondo a quello che fanno per voi. Vi ho scritto una lettera, l'anno scorso, sul senso cristiano della sofferenza. In questo documento ho spiegato il senso profondo della vostra vita di malati e di sofferenti.

Un uomo che deve sopportare un dolore può sapersi legato, nella fede a Dio, che ha sempre pietà dell'uomo che soffre. Cristo non ha dato una risposta diretta alla comprensibile domanda: "Perché c'è tanta sofferenza nel nostro mondo?". Tuttavia, con la sua sofferenza, con la sua morte e risurrezione egli ha trasformato la sofferenza umana dall'interno e, si potrebbe dire, l'ha riempita della sua presenza.

Gesù si identifica a tal punto con l'uomo, in particolare con l'uomo che soffre, e con quanti cercano di lenire le sofferenze e di sopportarle, che un giorno dirà: "Ho avuto sete... ero straniero... ero carcerato, malato" (Mt 25,35), non vedevo via d'uscita, ero solo, ho avuto paura. E malgrado ciò incombe su tutti noi la responsabilità di vigilare per non addolorarci reciprocamente e liberare dalle pene il nostro prossimo. ln modo più particolare noi, che ci sappiamo chiamati a seguire i passi del Signore che, ovunque si trovava, non faceva che del bene. Anche noi recitiamo nella preghiera che il Signore stesso ci ha insegnato: "Liberaci dal male". Si, liberaci dal male, fonte di sofferenza umana: liberaci dal nostro egoismo che fa soffrire tanta gente; liberaci parimenti dalle sofferenze improvvise. Liberaci dalle sofferenze in tutte le loro forme: catastrofi naturali, persecuzioni, discriminazioni e sospetto. Liberaci dal male per cui gli uomini non partecipano a ciò che la terra ha di buono e di cui dovrebbero giustamente avere parte.


7. E' soprattutto in voi, fratelli e sorelle in Gesù Cristo, che la Chiesa vede la sorgente e gli artefici per eccellenza della sua forza divina che si nasconde in essa. Infatti guardando a voi, che partecipate alle sofferenze del Cristo, la Chiesa può rendersi conto se siete capaci di mantenere viva la speranza, che dà senso alle sofferenze sopportate nell'amore; se voi, quali cristiani pieni di gioia, sapete camminare testimoniando la vostra fede sulle orme di Maria, la Vergine venerata, oggi 13 maggio, come Nostra Signora di Fatima, la quale ha percorso il suo cammino con semplicità e con disponibilità costante di fronte a Dio e agli uomini; se voi siete in grado di testimoniare nel corso della vostra vita ciò che ha un carattere passeggero e ciò che compete all'eterno, di discernere tra l'accessorio e l'essenziale.

L'uomo ispirato dallo Spirito Santo deve proprio essere all'ascolto degli altri, consolare, incoraggiare e assumere responsabilità, instaurare la pace e far sorgere una speranza nuova. Il frutto dello Spirito è infatti: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza e dominio di sé (Ga 5,22). Il luogo dove i frutti maturano porta il germe di una primavera eterna. Possa il Signore aprirvi il cuore (cfr. Ac 16,14) perché possiate comprendere queste cose. Lo Spirito del Signore vuole consolare e confortare anche voi, come un giorno accompagno e ispiro gli apostoli e san Paolo nel loro ministero difficile e contrastato.

"Ecco, io sto alla porta e busso, dice il Signore. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verro da lui, cenero con lui ed egli con me" (Ap 3,20).

Aprite al Signore le porte dei vostri cuori, poiché anche voi dovete essere testimoni della sua presenza e della sua consolazione! La Vergine Maria vi accompagni e vi sostenga con la sua materna protezione.

Data: 1985-05-13 Data estesa: Lunedi 13 Maggio 1985


Al primo ministro olandese - L'Aia (Paesi Bassi)

Titolo: Impegno per la pace nel mondo e per i diritti umani

Signor primo ministro.

Sono veramente lieto di avere l'occasione di salutare lei, signor primo ministro, e gli eminenti membri del governo e delle due camere degli Stati generali dei Paesi Bassi che si sono oggi cortesemente riuniti qui al Catshuis. Ho molto apprezzato le sue cordiali parole di benvenuto che confermano il sentimento che già provo di trovarmi veramente a mio agio nel suo Paese. La mia presenza nei Paesi Bassi è naturalmente prima di tutto di natura pastorale, ma non sarebbe stato possibile organizzare questa mia visita senza la valida collaborazione del suo governo e delle varie altre autorità civili interessate. A lei, signor primo ministro, e a tutti coloro che hanno collaborato a questa iniziativa, esprimo la mia profonda gratitudine.

Mettendo piede, sabato scorso, sul suolo del suo paese, ero profondamente consapevole del posto speciale che i Paesi Bassi hanno nella storia della civiltà moderna. Il mio pensiero andava a quegli uomini veramente coraggiosi che salparono da queste spiagge alla ricerca di nuove vie verso parti sconosciute del mondo, per entrare in contatto con popoli e culture scarsamente noti all'Europa e dare l'avvio in questo modo a scambi che si sarebbero rivelati di immenso valore per la conoscenza di tutta l'umanità.

Pensavo anche, e con non poco orgoglio, a quel grande esercito di uomini e donne dei Paesi Bassi che si sono stabiliti come missionari del Vangelo in tanti diversi Paesi. Nella comunità cattolica sparsa in tutto il mondo, non c'è quasi luogo che non sia stato influenzato dalla presenza di preti, religiosi e religiose provenienti dai Paesi Bassi. Come gli uomini che solcarono i mari, anch'essi dovettero superare molto spesso ostacoli enormi e subire gravi avversità, e fecero questo per far conoscere sempre di più l'amore del loro Signore Gesù Cristo.

Sono lieto del suo riferimento al grande impatto che il cristianesimo ha avuto sulla cultura della sua nazione e come abbia portato ricchi frutti sia di carattere religioso che sociale. L'influenza del messaggio del Vangelo sulla cultura olandese ha trovato espressione nella letteratura, nella musica e in altre creazioni artistiche. Ha contribuito a un sano patriottismo controbilanciato da un apprezzamento genuino dei diritti e dei doveri degli altri popoli. E' entrato nella vostra propria identità di individui e di nazione, ispirando una viva sollecitudine per il servizio generoso agli altri.

Le belle tradizioni del passato continuano a riflettersi in molti aspetti della società olandese d'oggi. Mi riferisco per esempio al fermo impegno del governo e del popolo dei Paesi Bassi per la cooperazione e l'unità europea. La Santa Sede ha sempre cercato di incoraggiare questa convergenza delle comunità europee, convinta che essa non contribuirà soltanto alla pace e alla prosperità di questa regione, ma se conseguita in modo non egoistico, tornerà anche a beneficio dell'umanità in generale.

Penso anche alla sollecitudine dei Paesi Bassi nel promuovere la causa dei diritti umani e della dignità di ogni essere umano. Siamo purtroppo ancora lontani da un mondo in cui questi valori fondamentali vengano universalmente rispettati, ma non possiamo rinunciare a questa lotta, perché ogniqualvolta la dignità e i diritti di un individuo sono negati, ogni uomo, ogni donna e ogni bambino soffre un'ingiustizia.

Desidero infine rendere omaggio alla generosità del governo e del popolo dei Paesi Bassi per l'assistenza data, sia a livello ufficiale che privato, ai popoli meno fortunati in tutto il mondo. Il vostro esempio in questo campo è degno di lode e incoraggerà certamente altre nazioni e altri popoli verso una comune ricerca per colmare l'enorme divario che esiste fra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo.

Signor primo ministro: la comunità cattolica dei Paesi Bassi è stata all'avanguardia nel sostenere queste importanti iniziative e sono sicuro che il suo governo e i governi futuri potranno contare sullo stesso appoggio al riguardo di ogni valido progetto che cercherà di portare avanti la causa della pace e della giustizia.

Mi unisco a lei nel rallegrarmi per le conquiste di un popolo industrioso e ingegnoso che, sia in tempi di prosperità che in periodi meno felici, non ha mancato di preoccuparsi di coloro che erano nel bisogno, sia in patria che dovunque nel mondo.

Le auguro ogni bene per il futuro e sono sicuro che i Paesi Bassi manterranno e saranno all'altezza della loro eredità cristiana, resistendo a qualunque cosa la volesse indebolire, perché questo porterà alla società e alla nazione vera prosperità e sicurezza. Benedica abbondantemente Dio onnipotente i Paesi Bassi e tutto il popolo.

Data: 1985-05-13 Data estesa: Lunedi 13 Maggio 1985





Il discorso alla Corte Internazionale di Giustizia nell'incontro al Palazzo della Pace - L'Aja

Titolo: Perseguire il bene comune sulla base della giustizia

Signor presidente, insigni giudici della Corte, signore e signori,


1. E' con profondo senso di rispetto e stima che sono venuto oggi qui alla Corte intemazionale di giustizia. Sono lieto di aver avuto la possibilità di includere questo incontro nel programma della mia visita pastorale nei Paesi Bassi, e mi rallegro che esso abbia luogo alla presenza dei membri della Corte permanente di arbitrato e dei corpi diplomatici. Sono profondamente grato per le gentili parole di benvenuto che mi sono state rivolte. Mi sento davvero onorato di essere con voi in questo storico Palazzo della pace, e di avere questa opportunità di parlare a voi.

La Santa Sede annette grande importanza alla sua cooperazione con l'Organizzazione delle Nazioni Unite e con i vari organismi che rivestono un ruolo essenziale nell'attitità di questa. L'interesse della Chiesa nei confronti della Corte internazionale di giustizia data fin dai primissimi esordi di questo tribunale, e dagli eventi che furono legati alla sua istituzione. Penso all'elevato grado di coinvolgimento personale di un mio predecessore, Leone XIII, nella Conferenza di pace tenutasi a L'Aja nel 1899, che apri la via per la creazione della Corte permanente di arbitrato, quindi della Corte permanente di giustizia internazionale, e infine della Corte internazionale di giustizia. Non appena Leone XIII apprese dell'iniziativa dello zar Nicola II, egli la incoraggio.

Egli espresse il suo sostegno anche in uno scambio di lettere con la regina Guglielmina, la regnante del Paese ospite, i Paesi Bassi. Anche quando divenne evidente che la Santa Sede stessa non avrebbe potuto prender parte alla Conferenza di pace de L'Aja, l'interesse di Leone XIII per la Conferenza di pace rimase inalterato, ed egli continuo a incoraggiarla. Attraverso il suo segretario di Stato, il cardinal Rampolla, egli rese chiari i motivi per cui considerava così importante la Conferenza di pace, e le sue idee hanno un valore che va al di là del mero valore storico: "La comunità intemazionale non possiede un sistema di mezzi morali e legali per stabilire e salvaguardare i diritti di ognuno. Non esiste un'alternativa al ricorso immediato e diretto all'uso della forza. Questo spiega la rivalità fra gli Stati di accrescere la potenza militare... istituire la mediazione e l'arbitrato sembrerebbe il modo più appropriato per fronteggiare questa disastrosa situazione; e ciò soddisferebbe sotto ogni aspetto i desideri della Santa Sede" (11 gennaio 1899).

La Chiesa ha dato consistente sostegno alla creazione di un'amministrazione internazionale della giustizia e dell'arbitrato come modo per risolvere pacificamenle i conflitti e come momento dell'evoluzione di un sistema legale mondiale. La Santa Sede ha tradizionalmente svolto un ruolo di mediatrice nelle dispute. E' utile ricordare, ad esempio, la mediazione di Leone XIII nella controversia fra Germania e Spagna per le isole Caroline. Si possono poi ricordare i ripetuti tentativi di mediazione di Benedetto XV durante la Prima guerra mondiale, e il suo sostegno alla creazione di una lega delle nazioni che corrispondesse davvero alle esigenze della giustizia, della pace e della promozione del bene comune nelle relazioni internazionali. Pio XII e i suoi successori salutarono favorevolmente e incoraggiarono la creazione e lo sviluppo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Giovanni XXIII ha affrontato l'argomento nella "Pacem in Terris", mentre Paolo VI ha espresso personalmente il suo sostegno allorché si rivolse all'assemblea generale delle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965; due anni più tardi, nella "Populorum Progressio", egli rinnovo la sua argomentazione in favore di "un ordine giuridico universalmente riconosciuto" (PP 78). Anch'io ho avuto l'occasione di rivolgermi all'assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 2 ottobre 1979, e di rinnovare successivamente il mio sostegno nel messaggio alla Seconda sessione speciale dell'assemblea generale delle Nazioni Unite sul disarmo il 7 giugno 1982. Ho avuto anche il piacere di parlare alla Fao a Roma nel 1979, all'Unesco a Parigi nel 1980, all'Organizzazione internazionale del lavoro a Ginevra nel 1982, e alle Organizzazioni intemazionali con sede a Vienna nel 1983. In linea con questa testimonianza di coerente solidarietà e interesse, ho accettato con grande piacere e con un profondo sentimento di partecipazione l'invito del presidente della Corte internazionale di giustizia, che, assieme con la Corte permanente di arbitrato, ha la sua sede tradizionale nel Palazzo della pace. Mi auguro che questa visita dimostri chiaramente quanto grande sia il desiderio della Chiesa cattolica di sostenere gli sforzi di questi organismi internazionali.


2. Se dagli antefatti storici ci volgiamo a considerare la situazione presente, dobbiamo riconoscere che c'è oggi un ancor maggiore bisogno morale di quanto ce ne fosse in passato che i conflitti siano risolti pacificamente su basi di giustizia.

In primo luogo, a causa dell'esistenza di armamenii sofisticati, la guerra al giomo d'oggi viene progressivamente ad assumere il significato di totale annullamento del nemico. Ogni guerra minaccia di trasformarsi in guerra totale.

La seconda ragione è la nuova qualità dell'interdipendenza fra le nazioni. I destini delle singole nazioni sono più che mai legati l'uno all'altro; il fatto che vi siano molti interessi comuni è molto più importante del fatto che vi sono anche interessi contrastanti. Inoltre, nel nostro tempo l'organizzazione della pace mondiale è semplicemente divenuta una possibilità reale in senso tecnico; i mezzi di comunicazione sono disponibili, ed è stato creato un gran numero di organizzazioni mondiali. Ciò che si richiede ora è la volontà di raggiungere l'autentica pace.

Oggi è allo stesso tempo necessario e possibile promuovere la pace mondiale. Ma l'evolversi delle leggi e delle mentalità, in una comunità basata sul principio dell'assoluta sovranità dei singoli Stati, è rimasto in ritardo rispetto ad altri sviluppi, in un'epoca in cui la violenza distruttiva e le comunicazioni che arrivano ovunque determinano il quadro del mondo. Troppo spesso viviamo ancora in un clima di sospetto e di aggressione che mina le relazioni fra le nazioni.


3. Purtroppo, nel mondo d'oggi, anche la risoluzione pacifica delle controversie è spesso terreno di una diplomazia mossa più da interesse egoistico che dalle esigenze del bene comune della comunità intemazionale: un bene comune fondato su ciò che è giusto ed equo. Ciò può avere un'influenza inibitoria sull'attività della Corte internazionale di giustizia e della Corte permanente di arbitrato.

Cionondimeno, queste organizzazioni hanno un ruolo di estrema importanza. La Corte permanente di arbitrato ha contribuito a comporre un gran numero di controversie, evitando il ricorso all'uso delle armi. La Corte internazionale di giustizia è intervenuta in materie di importanza critica ed è riuscita a ottenere di più della semplice applicazione della legge esistente; ha anche contribuito al progresso della legge. Le decisioni della Corte hanno avuto non di rado una notevole portata, perché esse si situano nella cornice delle norme del diritto internazionale e dei principi della legge.

Il compito della Corte internazionale di giustizia, così come quello della Corte permanente di arbitrato, è di portare un elemento di imparzialità e di obiettività che condizioni i rapporti fra gli Stati. Fra i membri di questi organismi vi sono molti eminenti giuristi. Insieme con l'Accademia internazionale di diritto, le due organizzazioni formano un centro internazionale di attività giuridica di insigne valore.


4. E' comunque evidente che il contributo della Corte internazionale di giustizia alla creazione di nuove norme di diritto internazionale sarà impedito finché gli Stati non si troveranno d'accordo sui principi fondamentali e sulle regole generali del diritto internazionale. E' necessario ricordare, a questo proposito, che se progresso vi è stato, in questi ultimi anni, è stato un progresso limitato.

C'è ancora molta strada da fare, con fiducia e rinnovata determinazione.

A rigor di termini, l'attuale Corte non è nulla di più - ma neanche nulla di meno - di un passo iniziale verso quella che noi tutti speriamo che un giorno sarà un'autorità giuridica pienamente efficiente in un mondo pacificato.

Dal punto di vista della Santa Sede, ci sono molti modi in cui l'elemento giuridico può giocare un ruolo più importante nelle relazioni intemazionali: - attraverso un più frequente ricorso alla Corte internazionale di giustizia da parte degli Stati e delle organizzazioni internazionali; - attraverso una più generalizzata accettazione della cosiddetta giurisdizione vincolante della Corte; - attraverso un uso più frequente dell'arbitrato; - con lo sviluppo di organizzazioni legali e politico-umanitarie a livello regionale in aggiunta e a sostegno di quelle che operano su scala mondiale; - sviluppando il criterio legale di responsabilità umana e penale verso la comunità intemazionale.

Questi elementi sono chiaramente ricavabili in molti recenti sviluppi: le dichiarazioni e i trattati internazionali sui diritti umani; l'opera delle organizzazioni per i diritti umani a livello locale e internazionale; l'opera della Croce rossa e di altri organismi nella sfera umanitaria e particolarmente nel soccorso alle vittime dei conflitti armati; il lavoro delle organizzazioni private; e l'estensione del ruolo della Corte internazionale come risultato della richiesta delle organizzazioni internazionali per pareri consultivi. Un'esigenza di sviluppare un sistema giuridico mondiale è stata anche espressa dalla stessa comunità internazionale.


5. Tutto ciò richiede perseveranza e sostegno. La Chiesa cattolica è impegnata su questo terreno, come si può vedere, ad esempio, dal suo.attivo coinvolgimento nelle organizzazioni internazionali e dalle molteplici dichiarazioni della Santa Sede in favore di queste. Facendo ciò, la Chiesa indica i criteri che lo sviluppo di un sistema internazionale giuridico deve soddisfare. In termini legali, questi criteri possono essere espressi come il riconoscimento dei diritti umani: il diritto alla vita di ciascun individuo, il diritto a una dignitosa esistenza, degna di un essere umano, e il diritto ad essere tutelati dalla legge, il riconoscimento del diritto dei popoli all'autodeterminazione e all'indipendenza, e del diritto a godere di una giusta parte della ricchezza economica del mondo. La "Pacem in Terris" esprime i criteri di base in termini morali come verità, amore, libertà, giustizia e solidarietà.


6. Questi criteri devono trovare espressione nelle relazioni internazionali sotto forma di trattati e per mezzo dell'opera delle organizzazioni internazionali, sostenute dalla crescente consapevolezza diffusa fra la gente comune del dovere di rispettare in ogni circostanza i fondamentali diritti della persona umana. Quando ciò accadrà, i criteri daranno ulteriore impulso alla gestione del diritto internazionale e dell'arbitrato.

Il sostegno dei governi e della pubblica opinione è molto importante.

Dopo tutto, gli sviluppi della situazione mondiale non vanno in direzione della pace. Essi sono influenzati, spesso in sommo grado, dallo scontro degli interessi nazionali, delle culture e delle ideologie, dai tentativi di un popolo o di una razza di dominarne un'altra, e dal calpestamento dei diritti degli individui e dei popoli. Anche mentre la Corte siede nel Palazzo della pace, continua a levarsi in molte parti del mondo il grido dei perseguitati e degli oppressi, il grido dei popoli che vengono sterminati, il grido dei popoli la cui libertà culturale e spirituale è infranta dalle catene, la cui libertà personale viene negata.

Per i cristiani e per tutti coloro che credono in un'alleanza, e cioè in un indissolubile legame fra Dio e l'uomo e di tutti gli esseri umani fra loro, nessuna forma di discriminazione, di diritto o di fatto, che si basi sulla razza, sull'origine, sul colore, sulla cultura, sul sesso o sulla religione, può in nessun caso essere accettabile. Ne deriva che nessun sistema di apartheid o di segregazione potrà mai essere preso a modello per le relazioni fra popoli e razze.

Anche la Corte internazionale di giustizia è sottoposta a pressioni miranti a impedirle di elevarsi al di sopra di ideologie e interessi. Come giudici e magistrati internazionali, i membri della Corte devono dare prova della più totale indipendenza e di perfetta integrità. Ed è per questa ragione che, prima di assumere il loro alto ruolo, essi si assumono il solenne impegno di esercitare le loro funzioni con piena imparzialità e secondo coscienza (cfr. art. 20 dello Statuto). Essi devono resistere a quelle pressioni, e devono essere assistiti nei loro sforzi per rimanere liberi. Contro le politiche di lotta per il potere e quelle dettate da egoistico interesse, dobbiamo affermare una forma di politica che miri a rafforzare i valori sui quali si edifica la pace.


7. Sviluppare il diritto internazionale ed estendere e rafforzare le organizzazioni internazionali sono compiti di vitale importanza per l'umanità oggi. Ma ciò che è assolutamente essenziale in tutto questo è il perseguimento del bene comune sulla base della giustizia, secondo le norme di un sistema giuridico mondiale. Senza una comprensione dell'origine della legge, delle ragioni per la legge e dell'obiettivo della legge non può esistere un corretto sistema legale.

Senza una comprensione dei criteri per una pacifica risoluzione dei conflitti non si può pervenire a tali risultati.

Il nodo della questione è che l'uomo deve amare Dio sopra ogni cosa e amare il suo prossimo come se stesso. E' essenziale che gli esseri umani si rendano conto di essere stati creati a immagine di Dio e che si devono quindi rispettare reciprocamente invece di sfruttarsi, torturarsi e uccidersi gli uni con gli altri. E così anche gli Stati, come unità di vita associata dei popoli, devono rispettarsi e aiutarsi l'uno con l'altro. Ogni giurista e ogni qualunque persona sanno che la legge dell'uomo non è perfetta. Le formule della legge lasciano sempre qualcosa a desiderare. C'è sempre spazio per un miglioramento, per nuovi sviluppi, ed è necessario che le istituzioni giuridiche siano perfezionate. Questo è vero anche per documenti di così vitale importanza come le dichiarazioni e i trattati per i diritti umani. La legge di Dio scritta nei cuori e proclamata dalla Chiesa fornisce le norme e l'impulso per un tale miglioramento, perché la legge di Dio trascende il tempo. Essa parla un linguaggio che ognuno può comprendere, come la parabola del Buon samaritano. Essa dà una risposta al desiderio dell'uomo di dare un significato alla vita, a una vita che non finisce con la morte. Essa esprime ciò che gli uomini cercano l'uno nell'altro.

Gesù Cristo ha predicato un regno della verità, dell'amore e della pace, tre elementi che sono indivisibili. Gli uomini devono volere che questi elementi entrino a far parte della loro vita e delle relazioni con gli altri. La pace si realizza solo quando gli esseri umani si adoperano affinché la verità e l'amore regolino i loro rapporti reciproci, quando essi scoprono chi sono realmente e riconoscono l'uno il proposito dell'altro. La pace non nasce dalla paura della bomba o dal predominio di uno dell'altro. Ci dobbiamo certamente preoccupare per gli armamenti nucleari, ma la nostra prima preoccupazione dovrebbe essere per la gente stessa, per il modo in cui molti pensano e parlano della vita e della società. Ci sono pochi argomenti su cui si dicono tante falsità quante se ne dicono sulla pace; pochi argomenti altrettanto suscettibili di essere manipolati.

Questa è la prima minaccia.

La Chiesa parla a nome di colui che verrà un giorno per giudicare tutta l'umanità, per giudicare la storia sulla base della verità. Inviata da lui, essa vuole contribuire a formare la coscienza e la condotta degli esseri umani. Essa vuole mostrare una via, una via che è difficile ma sicura, una via sulla quale ogni individuo ottiene la forza di promuovere quella pace che è allo stesso tempo un frutto del lavoro umano e un dono di Dio. E' una strada lungo la quale lo sforzo di ciascuno è importante, perché i differenti campi dell'attività umana e i differenti contesti della vita sono tutti strettamente correlati.

La violenza e il comportamento criminoso all'interno delle nazioni e delle culture incoraggia la violenza e il comportamento criminoso nelle relazioni internazionali. L'assenza della solidarietà all'interno di un Paese incoraggia un'uguale mancanza di solidarietà nel mondo. Le società moderne sono caratterizzate da crescente alienazione e frammentazione. Questo porta a una situazione in cui la gente si aspetta di più da un dato sistema che dai propri comuni sforzi e dalla collaborazione; e la disillusione può farli rivoltare contro i sistemi, con il risultato che la società diventa sempre più difficile da governare. Una società concepita solo come sistema non può assicurare alla gente un'esistenza dignitosa ed umana. Più gli uomini divengono consapevoli che la società esiste per l'uomo, più essi saranno capaci di venirsi incontro l'un l'altro ancora, e di scoprire un'ispirazione autenticamente umana alla base dei loro reciproci rapporti. Nel fare così essi si sentiranno chiamati a guardare al di là dei confini nazionali.


8. Prima di concludere, desidero esprimere una parola di profondo apprezzamento per i Paesi Bassi, che svolgono con grande impegno il ruolo di ospite della Corte internazionale di giustizia e della Corte permanente di arbitrato. I Paesi Bassi hanno forti tradizioni cristiane e una lunga storia di libertà. Essi hanno reso un apprezzabile servizio alla causa della costituzione del diritto internazionale, per la pace, lo sviluppo, la cooperazione e i diritti umani. E' questo un Paese i cui cittadini e le cui organizzazioni private mantengono stretti rapporti con la collettività mondiale. Questi sforzi sono degni di stima e meritano gratitudine.

Soprattutto voglio encomiare gli sforzi dei giudici della Corte internazionale di giustizia, della Corte permanente di arbitrato e di tutti coloro che, mossi dal loro amore per la giustizia, lavorano per promuovere la giustizia nel mondo. Il salmista del Vecchio Testamento dice: "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano" (Ps 91-92).

Prego che Dio vi sorregga nei vostri sforzi di essere giusti e di promuovere la giustizia. Possa egli benedire in abbondanza la vostra opera, affinché essa contribuisca a una più grande armonia nel mondo, e rafforzi le fondamenta di una pace vera e durevole.

Data: 1985-05-13 Data estesa: Lunedi 13 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Al corpo diplomatico - L'Aia (Paesi Bassi)