GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus dall'Uhuru Park - Nairobi (Kenya)

Recita dell'Angelus dall'Uhuru Park - Nairobi (Kenya)

Titolo: Il Pane eucaristico sorgente di tutte le virtù

Al termine di questa messa, vi invito a recitare con me quella familiare preghiera a Maria che chiamiamo l'Angelus. La nostra comunione in preghiera con la Madre di Dio abbraccia non solo coloro che sono raccolti qui a Nairobi, ma il mondo intero.

Assieme alla Madre del nostro Salvatore eleviamo le nostre mani e i nostri cuori a Dio in lode e ringraziamento, e in amorosa contemplazione del mistero della divina provvidenza.

Quando Maria accetto di divenire la Madre di Dio, quando disse "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38), il Verbo fu fatto carne, l'eterna e divina parola di Dio si fece uomo nel suo grembo. E la storia dell'umanità ne fu totalmente sconvolta. Il mondo non sarebbe mai più stato lo stesso. Dio si era incarnato nell'uomo. Gesù era divenuto nostro fratello, un uomo simile a noi in tutto eccetto che nel peccato.

Il mistero dell'incarnazione, il mistero di Dio fatto uomo, ci aiuta a comprendere il mistero dell'Eucaristia. Perciò quanto ebbe inizio nella città di Nazaret grazie alla generosità della beata Vergine, non ebbe termine con la morte e la risurrezione di Cristo. No, Cristo continua a essere nel mondo per mezzo della Chiesa, e specialmente attraverso la sacra liturgia. Quando si annuncia la parola di Dio a messa, è Cristo stesso che parla al suo popolo. E san Paolo ci dice: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?" (1Co 10,16).

Così, se vogliamo essere vicini a Gesù, dobbiamo accostarci all'altare del sacrificio; dobbiamo amare Cristo nell'Eucaristia in modo fervido e reverente.

L'Eucaristia è la sorgente di tutte le virtù. E' il cibo spirituale per la nostra vita quotidiana. E' la principale fonte di vita e di amore per la famiglia cristiana. Essa ci dona un preannuncio dell'eterna felicità di cui godremo quando saremo infine ammessi nel regno dei cieli.

Come è meraviglioso il mistero di Dio che dimora in mezzo a noi! Il mistero dell'incarnazione, il mistero dell'Eucaristia! Il mistero di Cristo presente fra noi ci fa glorificare il nome di Dio. Ci uniamo con gioia alla Vergine Maria nel suo inno di lode: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore" (Lc 1,46-47). Insieme a Maria e a tutti gli angeli e i santi, rendiamo grazie a Dio per la santa Eucaristia.

[Angelus Domini...] Al termine di questa grande assemblea Eucaristica, desidero ringraziare il cardinale Cordeiro, legato papale, e tutti i cardinali e i vescovi che sono convenuti a questo Congresso eucaristico internazionale dai diversi Paesi del mondo per manifestare sul suolo africano l'unità della Chiesa di Cristo. La mia sincera gratitudine va alle delegazioni dell'Angola, Argentina, Austria, Australia, Belgio, Botswana, Brasile, Burkina Faso, Camerun, Canada, Cina, Colombia, Corea, Djibuti, Ecuador, Egitto, Etiopia, Finlandia, Francia, Gabon, Germania, Ghana, Gran Bretagna, Guinea, India, Islanda, Irlanda, Italia, Indonesia, lran, Iraq, Costa d'Avorio, Giappone, Lesotho, Libano, Liberia, Lituania, Malta, Malawi, Mali, Messico, Mauritius, Mozambico, Paesi Bassi, Nigeria, Pakistan, Filippine, Portogallo, Polonia, Rwanda, Samoa, Senegal, Seychelles, Sierra Leone, Sudafrica, Spagna, Sri Lanka, Sudan, Swaziland, Svizzera, Tanzania, Uganda, Stati Uniti d'America, Zaire, Zambia, Zimbabwe. Prego affinché Gesù eucaristico riversi le sue benedizioni su tutti coloro che avete rappresentato in questo evento ecclesiale.

Sono profondamente grato a tutti i nostri fratelli delle altre Chiese cristiane e comunità ecclesiali che sono con noi oggi e che abbraccio con stima, gratitudine e amore e con questo stesso sentimento saluto anche e abbraccio tutti i nostri fratelli non cristiani.

Nello stesso momento noi tutti notiamo con profondo rammarico l'assenza di quanti volevano essere con noi ma che non sono potuti venire. Rivolgo i miei saluti particolarmente ai vescovi del Burundi le cui attività pastorali affido alla materna protezione di Maria, la Madre del Verbo incarnato.

E infine desidero innalzare alla santissima Trinità, al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, lode e ringraziamento per questi giorni di grazia concessi alla Chiesa di Dio. Amen. Data: 1985-08-18 Data estesa: Domenica 18 Agosto 1985





All'Istituto cattolico Africa orientale - Nairobi (Kenya)

Titolo: Verbo Incarnato e mistero guida alla riflessione teologica

Cari fratelli vescovi, cari fratelli e sorelle in Cristo.

"ll Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria" (Ep 1,17) nella sua amorosa Provvidenza ci permette, tramite questo incontro, di dare espressione visibile alla profonda comunione ecclesiale nella quale i fedeli sono uniti coi successori degli apostoli, nominati dallo Spirito Santo pastori di anime e mandati a continuare l'opera di Cristo, Pastore eterno (cfr. CD 1). Sono pieno di un senso di gratitudine a Dio per questo raduno che ho atteso con grande trepidazione, e vi chiedo di unirvi a me nel rendere lodi a Dio che è ricco di misericordia (Ep 2,4) per la consolazione e il vigore che esso dispensa a tutti noi. Saluto tutti coloro tra voi che sono membri delle Conferenze episcopali dell'Africa orientale, e chi tra voi proviene da altri Paesi africani, e da altri continenti. Vi ringrazio della vostra presenza e della vostra calda accoglienza.

Il mio ringraziamento va anche alle autorità civili e ai dignitari che hanno voluto condividere questo felice momento nella vita della Chiesa in Africa orientale. Esprimo la mia cordiale stima e rispetto ai membri delle svariate Chiese cristiane e comunità ecclesiali, nonché agli altri corpi religiosi.

Possiamo noi essere uniti nel nostro sincero desiderio di servire la causa della pace e del progresso tra tutti i popoli senza eccezione né distinzione, causa che ci è cara proprio per via della nostra comune fede in Dio, Padre comune della famiglia umana.

A tutti voi qui presenti ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai membri delle congregazioni e società missionarie, ai seminaristi, a tutti voi dico: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).


1. Scopo particolare di questo incontro è l'inaugurazione ufficiale dell'Istituto cattolico superiore dell'Africa orientale. Questo magnifico complesso materializza un progetto che ha come proprio fine oggettivo quello di "edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,12), quale esso esiste in Africa orientale. Questo Istituto rappresenta un progetto al quale i vescovi di questa regione hanno lavorato con dedizione e amore.

Tramite il presidente dell'Amecea, vescovo Mazombwe, la gerarchia ecclesiastica ha espresso il proprio affidamento sull'Istituto cattolico superiore dell'Africa orientale quale simbolo di una sempre più matura presenza della Chiesa in questa regione, e quale risposta concreta all'urgente esigenza di collaboratori qualificati nel compito di evangelizzazione e di catechesi.

Voi nutrite pertanto grandi speranze per questa facoltà di teologia. Vi aspettate che essa rafforzi efficacemente la vita spirituale ed ecclesiale delle vostre Chiese locali. Io condivido appieno queste vostre speranze, e vi incito a perseguire con ardente entusiasmo gli obiettivi dell'Istituto.


2. L'inaugurazione di questo Istituto sta avvenendo nel contesto del 43° Congresso eucaristico internazionale. Questa circostanza eleva immediatamente i nostri pensieri alla sublime realtà che costituisce l'oggetto di tutta l'autentica riflessione teologica nella Chiesa: il mistero di Gesù Cristo, la parola fatta carne per la redenzione della famiglia umana. Nelle parole del Concilio Vaticano II, l'intento della scienza teologica è quello di "aprire progressivamente... verso il mistero di Cristo, il quale compenetra tutta la storia del genere umano, agisce continuamente nella Chiesa e opera principalmente attraverso il ministero sacerdotale" (OT 14).

Il compito di proclamare il messaggio evangelico del mistero salvifico di Cristo, sia nel suo contenuto concettuale oggettivo, sia nella sua dimensione esistenziale, attraverso la quale esso si rivela nella storia, appartiene all'intera comunità dei credenti. Tuttavia "il Verbo della vita" (1Jn 1,1) è affidato in modo particolare all'autorità dottrinale della Chiesa espressa in modo univoco nel collegio dei vescovi. In quanto successori degli apostoli, i vescovi sono al servizio del "Verbo", e il loro primo obbligo nei confronti di questo Verbo è quello di assumere con responsabilità il ministero di predicare e insegnare del Vangelo. I vescovi della Chiesa sono, in realtà, come ci ricorda il Concilio, "dottori rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica" (LG 25).

Questo Istituto cattolico superiore è, nel vero senso della parola, uno strumento del peculiare compito d'insegnare ("munus docendi") affidato ai vescovi di questa regione. Esso esprime il loro desiderio collegiale e la loro decisione di esercitare questo compito di insegnare, in un aperto dialogo con la cultura teologica della Chiesa universale quale si è sviluppata nel corso dei secoli e quale si sta sviluppando nelle attuali circostanze nella storia del popolo di Dio.


3. La proclamazione del Vangelo è indirizzata a tutte le persone e a tutti i popoli. La fede che la Chiesa professa in risposta a questa proclamazione appartiene a tutti i suoi membri, e tutti sono chiamati a capire e a vivere questa fede nel modo più pieno possibile. Sebbene sia vero che l'attività di insegnamento della Chiesa, per mezzo di svariate forme di evangelizzazione e di catechesi, giunge ad ampi settori del popolo di Dio, la cultura teologica in senso stretto, in particolare ad un livello accademico superiore, è a disposizione solamente di un numero limitato di credenti. Tuttavia la comprensione più approfondita del mistero di Cristo, che è data dalla riflessione teologica, è un dono dello Spirito Santo elargito per il bene comune della comunità ecclesiale tutta intera.

Pertanto i teologi e coloro che attendono agli studi teologici in nome della Chiesa devono rendersi conto che ciò che fanno non costituisce un fine in se stesso, quanto piuttosto un servizio reso alla Sposa di Cristo. Essi sono chiamati ad agire non come un'élite privilegiata, ma con ancor maggiore consapevolezza, quali umili amministratori di un "talento" loro consegnato (cfr. Mt 25,14-30).

Le parole di san Paolo agli Efesini a proposito dei vari carismi ben si applicano qui, e delineano un programma per chi è impegnato nel campo degli studi teologici: "E' lui che ha stabilito alcuni come... maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio" (Ep 4,11-13). Conservando una chiara visione della propria "vocazione" specifica all'interno del corpo ecclesiale, e mantenendo un vivo senso di servizio verso il popolo di Dio, e di comunione coi vescovi, questa facoltà può divenire fonte di grande vitalità creativa nelle vostre Chiese locali.


4. A questo proposito sono lieto di notare che, nel fissare gli scopi dell'Istituto, i vescovi hanno dato priorità a due aspetti della loro responsabilità pastorale, nei confronti dei quali chiedono il capace aiuto di coloro che qui insegneranno e studieranno. Il primo di essi è il rafforzamento e la crescita della vita spirituale delle vostre comunità. Il secondo è il consolidamento della famiglia, "la chiesa nel focolare", e di quelle altre piccole comunità cristiane che quali gruppi naturali "nascono dal bisogno di vivere ancora più intensamente la vita della Chiesa; oppure dal desiderio e dalla ricerca di una dimensione più umana, che comunità ecclesiali più vaste possono difficilmente offrire" (EN 58).

Compito dell'Istituto sarà quello di formare la vita spirituale e intellettuale dei collaboratori pastorali - sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne - che serviranno e animeranno queste comunità... "che si radunano nella Chiesa per unirsi alla Chiesa e per far crescere la Chiesa" (EN 58).


5. Accanto a queste preoccupazioni pastorali, e quale garanzia di efficacia nel rispondere ad esse, particolare significato per le vostre Chiese ha la funzione specificamente teologica dell'Istituto. Nelle situazioni concrete del disvelarsi del mistero della salvazione nelle vostre diocesi e nei vostri Paesi, è importante per le vostre Chiese locali essere attivamente presenti nella vita culturale della società offrendo una presentazione teologica adeguatamente elaborata del messaggio evangelico e dei problemi umani nei riguardi dei quali gli uomini cercano una spiegazione.

La presenza della Chiesa quale comunità di credenti all'interno delle realtà sociali, economiche e politiche della vita è mediata in una certa misura dalla riflessione teologica. Per essere veramente cristiana, questa riflessione teologica deve essere guidata dal Verbo rivelato di Dio e dagli insegnamenti della Chiesa quali si sono sviluppati a partire dagli inizi attraverso l'esercizio della missione profetica di Cristo, trasmessa in modo particolare al Pontefice romano e ai vescovi in comunione con lui.

L'applicazione del metodo "scientifico" a questa riflessione è compito specifico del teologo. La riflessione teologica rende chiara la struttura d'intelligibilità del messaggio cristiano, ne mette in luce la coerenza intrinseca, chiarisce il rapporto tra l'immutato contenuto degli assiomi di fede e gli svariati e mutevoli contesti entro i quali il messaggio viene proclamato e predicato.

Di fronte alla realtà delle enormi trasformazioni sociali e culturali che hanno luogo in tutto il mondo, ivi comprese quelle nei vostri Paesi qui in Africa, la sfida cui sono confrontati i teologi non è priva di grandi difficoltà e rischi. I pericoli di una riflessione teologica staccata dalla vita nello Spirito, e il male causato da una cultura pseudo-teologica priva di autentico spirito di servizio nei confronti del mistero della redenzione sono in un certo senso evocati dalle solenni parole di san Giovanni: "Ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell'anticristo..." (1Jn 4,3).

Lo "spirito della verità" e lo "spirito dell'errore" (cfr. 1Jn 4,6) lottano per il possesso della mente di chi è alla ricerca della verità.

Se è vero che una legittima e necessaria libertà di ricerca è essenziale per il progresso della scienza teologica, chi è impegnato nell'indagine teologica non deve tuttavia concepire questa libertà come una trasposizione nel campo della teologia dei criteri metodologici di altre scienze. La teologia cristiana ha il proprio specifico punto di partenza nel Verbo di Dio trasmesso nella Tradizione e nelle Scritture, e ha un costante punto di riferimento nel magistero della Chiesa, vero guardiano e interprete della piena dottrina di Cristo.

Il bene della Chiesa in Africa orientale esige che l'Istituto cattolico superiore divenga non solo un centro di studio, ma anche un punto focale di preghiera e di vita liturgica, nel quale corpo insegnante e studenti raggiungano la piena maturità quali uomini e donne di fede nonché testimoni del Vangelo. Possa questo Istituto divenire parte non solo della mente della Chiesa in Africa orientale, ma anche, e soprattutto, parte importante del suo cuore: "Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio" (1Jn 4,7).


6. La costituzione apostolica "Sapientia Christiana" e il Codice di diritto canonico fanno riferimento in modo esplicito al dovere dei vescovi e delle Conferenze episcopali di promuovere la fedeltà delle facoltà ecclesiastiche alla dottrina della Chiesa. La ragione di questa vigilanza da parte dei vescovi altro non è se non l'ineludibile dovere incombente sull'intera comunità ecclesiale di proseguire nella missione affidata alla Chiesa dal Signore stesso: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20).

Questo ruolo di controllo da parte dei vescovi è applicabile in modo particolare in quell'ambito importante e delicato cui è stato dato il nome di "inculturazione".


7. Per tutto il corso della storia della Chiesa, maestri e missionari si sono impegnati in un dialogo apostolico tra il messaggio di salvazione cristiano e le culture entro le quali i vari popoli esprimono la propria peculiarità spirituale ed esperienza umana. Nella mia recente lettera enciclica in commemorazione dell'11° centenario dell'opera di evangelizzazione dei santi Cirillo e Metodio tra i popoli slavi, ho considerato giusto attirare l'attenzione sul magnifico esempio che essi hanno dato a questo riguardo.

Un attivo dialogo tra fede e cultura è necessario a tutti i livelli della proclamazione del messaggio cristiano: nell'evangelizzazione, nella catechesi e nella riflessione teologica. In quanto esigenza scaturente dalla fede stessa, il criterio supremo di questo dialogo - anche nel campo dell'indagine teologica - deve essere il potere del Vangelo di trasformare, elevare e rigenerare la vita umana in ciascuna cultura e in tutte le circostanze.

Il successo delle Chiese locali nell'incarnare il Vangelo di Gesù Cristo nel ricco terreno Delle vostre culture africane dipenderà dalla misura in cui le vostre fatiche di evangelizzazione e catechesi saranno solidamente radicate nel patrimonio teologico della Chiesa universale. Dipenderà anche dalla misura in cui le vostre attività pastorali saranno accompagnate da una seria riflessione sui valori presenti in ciascuna comunità e che possono vantaggiosamente essere portati a far parte della vita della Chiesa.

L'Istituto è chiamato ad aiutare le Chiese locali nello sfidante dialogo tra fede e cultura, tra Chiesa e società umana, tra regno di Dio e realtà temporali attraverso le quali la famiglia umana avanza verso il proprio destino ultimo. L'Istituto ha un suo ruolo da svolgere nel rendere effettivo per l'Africa orientale il dinamismo del Concilio Vaticano II. Non dimentichiamo mai le parole pronunciate da papa Giovanni XXIII nel giorno di apertura di quell'assemblea collegiale: "Questo massimamente riguarda il Concilio ecumenico, che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace" (11 ottobre 1962).

Possa l'Istituto essere sempre all'altezza della responsabilità estremamente importante alla quale è stato chiamato! 8. Fratelli vescovi, fratelli e sorelle in Cristo: in occasione dell'inaugurazione dell'Istituto cattolico superiore dell'Africa orientale desidero esprimere la mia calda gratitudine a tutti coloro che hanno dato il loro contributo d'ispirazione, di sforzo e di risorse alla realizzazione di questo importante progetto. Sono troppi per citarli uno per uno; raccomando quindi tutti i benefattori di questo centro all'amorevole cura di Maria, Madre di Dio.

Invoco la luce e la saggezza divine su coloro che qui insegneranno e studieranno. In particolare addito loro l'esempio di discepolato datoci da Maria.

Mentre seguiva con umiltà e assiduità il dispiegarsi della vicenda della salvazione, "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Prego affinché, come Maria, anch'essi possano rispondere con gioia alle sfide del loro ruolo specifico mentre opereranno per l'avvento del regno di Cristo.

A gloria della santissima Trinità e per il rafforzamento della Chiesa nella fede e nel servizio di tutti i popoli delle nazioni che voi rappresentate - Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan, Tanzania, Uganda, Zambia e Isole Seychelles - sono lieto di dichiarare ufficialmente aperto l'Istituto cattolico superiore dell'Africa orientale.

Data: 1985-08-18 Data estesa: Domenica 18 Agosto 1985





Al Centro delle Nazioni Unite - Nairobi (Kenya)

Titolo: Programmi ambientali per assicurare cibo, alloggio e pace

Signore e signori.


1. E' sempre un onore per me rendere visita a una delle divisioni delle Nazioni Unite. La sempre crescente importanza di questa prestigiosa organizzazione diviene ogni anno più evidente. In nessun'altra precedente epoca storica vi è stato altrettanto bisogno di dialogo e di collaborazione a livello internazionale e, insieme, di uno sforzo comune di tutte le nazioni per promuovere lo sviluppo e favorire la giustizia e la pace: sono proprio queste le mete che l'organizzazione delle Nazioni Unite si propone.

Sono quindi profondamente grato per essere stato invitato oggi a questo centro, un invito che mi è stato esteso dal dottor Mostafa K. Tolba, direttore esecutivo del Programma ambiente delle Nazioni Unite. Nel rivolgergli il mio saluto, intendo salutare anche tutto lo staff e tutti coloro che partecipano al lavoro della divisione. Rivolgo un cordiale saluto anche allo staff di Habitat, il centro per gli insediamenti umani delle Nazioni Unite, il quale anche ha sede qui a Nairobi, e al suo direttore esecutivo, il dottor Arcot Ramachandron.


2. Da molti anni a questa parte, la Chiesa cattolica nutre un attivo interesse per le questioni che riguardano l'ambiente. Una delegazione della Santa Sede partecipo alla conferenza sull'ambiente tenutasi a Stoccolma nel 1972, un incontro che preparo il terreno per l'istituzione del Programma ambiente delle Nazioni Unite.

Il mio predecessore papa Paolo VI invio un messaggio alla conferenza di Stoccolma nel quale affermava: "Vogliamo dire a voi e a tutti i partecipanti dell'interesse con cui seguiamo questa grande iniziativa. La cura di preservare e migliorare l'ambiente naturale, così come la nobile ambizione di incoraggiare un primo passo nella cooperazione mondiale a favore di questo bene necessario per tutti, viene incontro ad esigenze oggi profondamente avvertite da tutti i popoli" (1 giugno 1972).

L'impegno della Chiesa a favore della conservazione e del miglioramento del nostro ambiente è legato a un comandamento di Dio. Nelle primissime pagine della Bibbia, leggiamo come Dio creo tutte le cose e le affido quindi alla cura degli esseri umani, essi stessi creati a sua immagine. Disse Dio ad Adamo ed Eva: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra" (Gn 1,28).

E' un requisito della nostra umana dignità, e quindi una gravosa responsabilità, esercitare un dominio sul creato tale che sia davvero di giovamento alla famiglia umana. Lo sfruttamento delle ricchezze della natura deve avvenire secondo criteri che considerano non solo le presenti necessità della gente, ma anche i bisogni delle future generazioni. In questo modo il dominio sulla natura, affidato da Dio all'uomo, non sarà governato da considerazioni miopi o egoiste; ma piuttosto terrà in considerazione il fatto che tutte le cose create sono dirette al bene di tutta l'umanità. L'uso delle risorse naturali deve tendere a servire lo sviluppo globale delle presenti e delle future generazioni. I progressi nel campo dell'ecologia, e la crescente consapevolezza della necessità di proteggere e conservare determinate risorse naturali non rinnovabili, son in armonia con le richieste di una sana gestione. Dio è glorificato quando il creato serve le necessità dello sviluppo globale dell'intera umana famiglia.


3. Con la rapida accelerazione dello sviluppo delle scienze e della tecnologia nei recenti decenni, l'ambiente è stato sottoposto a mutamenti netti come mai prima d'ora. Come risultato di ciò, molte nuove opportunità di sviluppo e di progresso umano ci sono concesse; siamo ora in grado di trasformare il nostro ambiente vitale in modo incisivo, quasi drammatico, per migliorare la qualità della vita.

D'altro canto, questa nuova capacità, se non è usata con saggezza e lungimiranza, può causare danni terribili, perfino irreparabili, nelle sfere ecologica e sociale. La capacità di migliorare l'ambiente e la capacità di distruggerlo crescono enormemente di anno in anno.

Il fattore ultimo e determinante è la persona umana. Non la scienza e la tecnologia, o i crescenti mezzi di sviluppo economico e materiale, ma la persona umana, e specialmente i gruppi di persone, comunità e nazioni, che liberamente scelgono di far fronte uniti ai problemi e di costruire, con l'aiuto di Dio, il futuro. E per questo che qualunque cosa ostacoli e umili la libertà umana, come l'apartheid e tutte le forme di pregiudizio e di discriminazione, è un affronto alla vocazione dell'uomo di dar forma al proprio destino. Ed avrà infine ripercussioni in tutte le aree in cui si esercita la libertà umana, divenendo un grave ostacolo al miglioramento dell'ambiente e di tutta la società.

Le minacce all'ambiente sono oggi numerose: il disboscamento, l'inquinamento dell'acqua e dell'aria, l'erosione del suolo, la desertificazione, le piogge acide e molte altre. I problemi ecologici sono particolarmente acuti nelle regioni tropicali del mondo, e in special modo qui in Africa. Quasi tutte le nazioni afflitte da questi problemi sono nazioni in via di sviluppo che stanno, fra grandi difficoltà, affrontando un processo di industrializzazione a tappe forzate. Una grave carenza di energia e di risorse naturali frena il progresso e determina condizioni di vita dure. E i problemi sono spesso complicati dall'ambiente tropicale, che rende la gente particolarmente soggetta a gravi, endemiche malattie.

Pur essendo vero che ogni Paese ha i suoi peculiari problemi e dispone di differenti quantità di risorse naturali, è ugualmente facile vedere la differenza fra i problemi che devono affrontare le nazioni in via di sviluppo e quelli che devono affrontare le nazioni progredite. Mentre la moderna industria e la tecnologia offrono grande speranza di progresso, devono essere compiuti dei passi per assicurare che il pur così importante sviluppo economico, materiale e sociale tenga nella giusta considerazione l'impatto sull'ambiente, nell'immediato e nel futuro.


4. La Chiesa cattolica si avvicina al problema della protezione dell'ambiente dal punto di vista della persona umana. E' nostra convinzione, quindi, che ogni programma ecologico debba rispettare la piena dignità e libertà di chiunque possa essere fatto oggetto di tali programmi. I problemi ambientali dovrebbero essere visti in relazione alle necessità di uomini e donne concreti, delle loro famiglie, dei loro valori, delle loro inestimabili eredità sociali e culturali. Perché lo scopo ultimo dei programmi ambientali è di elevare la qualità della vita umana, di mettere nel miglior modo possibile il creato al servizio dell'umana famiglia.


5. Forse in nessun altro luogo vediamo oggi più chiaramente l'interdipendenza del mondo come nelle questioni che riguardano l'ambiente. La crescente interdipendenza fra gli individui e fra le nazioni è chiaramente avvertita quando si tratta di fronteggiare disastri naturali come la siccità, i tifoni, le inondazioni e i terremoti. Le conseguenze di questi disastri vanno ben al di là delle regioni direttamente colpite. E la vastità e complessità di molti problemi ecologici richiede non solo una risposta concertata a livello locale e nazionale, ma anche una concreta assistenza, in uno sforzo coordinato, da parte della comunità internazionale. Come scrisse papa Paolo VI nella sua lettera alla conferenza di Stoccolma: "L'interdipendenza deve ora tradursi in comune responsabilità; il destino comune in solidarietà". Difficilmente si potrebbe sovrastimare la portata internazionale dei problemi ecologici, e il beneficio altrettanto generale della loro soluzione.

La risoluzione di questi problemi spesso richiede l'esperienza e l'assistenza di scienziati e tecnici dei Paesi industrializzati. Questi ultimi non potrebbero pero risolvere i problemi senza un'assidua cooperazione degli scienziati e dei tecnici dei Paesi in cui si interviene. Il trasferimento delle tecnologie ai Paesi in via di sviluppo non può dare risultati duraturi se non viene fornito un adeguato training ai tecnici e agli scienziati di questi stessi Paesi. La formazione del personale locale rende possibile un adattamento delle tecnologie che rispetti pienamente il tessuto culturale e sociale delle comunità locali. Gli esperti locali possiedono i necessari legami con la propria gente, che assicurano un'equilibrata sensibilità ai valori e alle necessità loro peculiari.

Essi possono giudicare sulla validità nel lungo periodo delle innovazioni tecnologiche che vengono introdotte. Soltanto nel momento in cui esiste un tale personale specializzato, formato da elementi del luogo, si può parlare di piena collaborazione fra Paesi.


6. Vorrei ora dire alcune parole a coloro che sono impegnati nel lavoro del Centro per gli insediamenti umani delle Nazioni Unite, e a tutti coloro che si sforzano di migliorare le condizioni di vita dei bisognosi e assicurano un rifugio a chi è senza casa. Quest'opera è ovviamente legata strettamente ai problemi ecologici a cui ci siamo riferiti prima. E' il cuore di questi problemi. Come affermo papa Paolo VI nel suo messaggio alla Conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani, tenutasi a Vancouver nel 1976: "La casa, vale a dire il luogo caldo e accogliente in cui la famiglia è unita e i figli crescono nell'amore, deve costituire la prima preoccupazione di qualsivoglia programma relativo all'ambiente umano" (24 maggio 1976). Per questa ragione, la primaria preoccupazione della Chiesa per l'uomo nei problemi ambientali si estende ugualmente ai problemi della casa e dell'alloggio.

Coloro che credono in Cristo non possono dimenticare le sue parole: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" (Mt 8,20). Nei volti di chi non ha la casa vediamo quindi il volto di Cristo Signore. E ci sentiamo spinti, per amore di lui e per l'esempio del suo generoso sacrificio, a cercare di fare qualunque cosa è in nostro potere per aiutare coloro che vivono in condizioni indegne della loro umana dignità. Allo stesso tempo, ci uniamo con gioia a tutte le persone di buona volontà, nel lodevole sforzo di procurare un adeguato rifugio a quei milioni di persone che ancora oggi vivono in condizioni di assoluta privazione. Né possiamo rimanere passivi o indifferenti davanti ai complessi problemi abitativi e ambientali che il rapido sviluppo dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione crea. Vi assicuro quindi del grande interesse e del sostegno della Chiesa ai vostri encomiabili sforzi di provvedere alle abitazioni per i senzatetto e di salvaguardare la dimensione umana di tutti gli insediamenti.


7. Cinque anni fa, in occasione della mia prima visita pastorale in Africa, mi recai a Ouagadougou nel cuore della regione del Sahel e di li lanciai un solenne appello a nome di tutti coloro che soffrivano le conseguenze della devastante siccità. Sull'onda di quell'appello ci fu una generosa risposta, così generosa che fu possibile avviare e formalizzare uno speciale programma per assistere i sofferenti. La fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel fu ufficialmente inaugurata nel febbraio 1984. Questa fondazione è un segno dell'amore della Chiesa per uomini, donne e bambini che sono colpiti da questa ricorrente tragedia. Anche se il progetto sembra piccolo e inadeguato di fronte alla vastità del problema, cionondimeno esso rappresenta un concreto sforzo per aiutare quei popoli e per contribuire in qualche misura al futuro del continente africano, un futuro che in ultima analisi appartiene ai popoli africani stessi.

Desidero cogliere quest'opportunità per rinnovare il mio solenne appello a nome dei popoli del Sahel e di altre regioni in crisi dove perdura la siccità e c'è un chiaro bisogno di assistenza e di solidarietà internazionale per procurare cibo, acqua e alloggi e per risolvere i conflitti che ostacolano gli aiuti.

Ripeto dunque quanto dissi a Ouagadougou cinque anni orsono: "Non posso tacere quando i miei fratelli e le mie sorelle sono minacciati. Divengo qui la voce di chi non ha voce, la voce degli innocenti, morti per la mancanza di acqua e di pane; la voce di padri e madri che videro i loro figli morire senza capire perché, o che vedranno sempre nei loro bambini gli effetti della fame di cui hanno sofferto; la voce delle generazioni a venire, sulla cui vita pesa questa terribile minaccia. Lancio un appello a tutti! Non aspettiamo il ritorno, terribile e devastante, della siccità! Non aspettiamo che la sabbia porti ancora la morte! Non permettiamo che il futuro di questa gente sia messo a repentaglio per sempre! (10 maggio 1980). La solidarietà mostrata in passato ha dimostrato, con la sua estensione e la sua efficacia, che qualcosa si può realmente fare. Rispondiamo ora con ancora maggiore generosità ed efficacia.

Due tipi di aiuti sono necessari: l'assistenza che va incontro agli immediati bisogni di pane e di alloggi, e l'assistenza che renda possibile per i popoli che ora soffrono di riassumere la responsabilità della loro propria vita, di reclamare la loro terra e di renderla nuovamente adatta a favorire una vita sana e sicura. Tali programmi a lungo termine fanno si che la gente riacquisti speranza nel futuro, e recuperi un sentimento di dignità e di stima di sé.


8. Signore e signori, mentre parlo a voi oggi mi sovvengono le parole di Paolo VI, divenute universalmente note: "Sviluppo è il nuovo nome della pace" (PP 87). Proprio così, lo sviluppo generale è la condizione della pace, e i programmi ambientali per assicurare cibo e alloggio sono modi concreti di promuovere la pace. Tutti coloro che si mettono al servizio dei bisogni del loro prossimo contribuiscono a edificare la pace.

La pace si costruisce passo dopo passo con la buona volontà, la fiducia e la perseveranza negli sforzi. Si costruisce per mezzo delle organizzazioni internazionali e delle organizzazioni governative o non governative quando esse si impegnano in uno sforzo comune per provvedere cibo e rifugio ai bisognosi, e quando lavorano insieme per migliorare l'ambiente.

La pace la costruiscono i capi di Stato e i politici quando mettono da parte le ideologie che li dividono e cooperano in uno sforzo congiunto, scevro da pregiudizi, discriminazioni, odio e spirito di vendetta. La pace è il frutto della riconciliazione, e la pace dell'Africa dipende anche dalla riconciliazione dei popoli di ciascun singolo Paese. Essa richiede la solidarietà di tutti gli africani, come fratelli e sorelle al servizio dell'intera famiglia africana e al servizio dello sviluppo globale di tutta l'umanità.

La pace si costruisce quando i bilanci nazionali sono finalmente stornati dalla creazione di armi sempre più potenti e mortali, e sono devoluti al reperimento di cibo e materie prime per i fondamentali bisogni umani. E la pace consolida ad ogni anno che passa allorché l'uso dei vettori nucleari diviene un debole ricordo nella coscienza dell'umanità. E oggi noi rendiamo ancora grazie a Dio del fatto che quarant'anni sono passati senza che sia stato fatto uso di quelle armi che devastarono vite umane, assieme al loro ambiente di vita e alle loro case, a Hiroshima e a Nagasaki, quarant'anni di speranza e determinazione, quarant'anni di una nuova èra per l'umanità.

La pace è costruita da uomini e donne che operano nei mass-media quando portano all'attenzione dell'opinione pubblica le vicende di chi soffre, dei profughi e dei diseredati, quando instillano negli altri la determinazione a venire incontro con generosità a coloro che sono in stato di bisogno. Si, "sviluppo" e "un cuore nuovo" sono i nuovi nomi della pace. E coloro che creano la pace o promuovono le condizioni per rendere possibile la pace siano in eterno chiamati figli di Dio!

Data: 1985-08-18 Data estesa: Domenica 18 Agosto 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus dall'Uhuru Park - Nairobi (Kenya)