GPII 1985 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Nairobi (Kenya)

Incontro ecumenico - Nairobi (Kenya)

Titolo: Il Congresso esprime l'impegno ecumenico della chiesa

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Cinque anni or sono ebbi il piacere di incontrare molti di voi in una simile occasione, nel corso della mia prima visita pastorale al vostro Paese. Parlai allora del nostro Battesimo comune, e della comune testimonianza resa possibile dalla nostra professione di fede battesimale, malgrado le ragioni di divisione tra noi.

Oggi ritorno tra voi, e vi ringrazio per la vostra disponibilità a prendere parte a questo incontro. Sapete che l'occasione della mia attuale visita è la celebrazione che la Chiesa cattolica fa del 43° Congresso eucaristico internazionale, evento che ha riunito molti cattolici provenienti non solo da questo Paese, ma anche da altre terre vicine e lontane.

Nel preparare questo congresso, come altri recenti congressi, si è preso cura di rendere possibile la partecipazione di cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali. Come potrebbe essere altrimenti, oggi? La Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata nella missione ecumenica. Ne segue che, per ben seguire la Chiesa cattolica, una celebrazione quale il Congresso di oggi deve dare adeguata espressione alla dimensione ecumenica. così ringrazio voi, e attraverso voi le comunità che guidate e rappresentate, non solo per questo incontro di oggi ma anche per aver risposto all'invito a svolgere un certo ruolo nel Congresso.


2. Come sapete, il tema del Congresso è "L'Eucaristia e la famiglia cristiana"; ed esso suggerisce quale debba essere oggi uno dei temi principali della testimonianza che insieme cerchiamo di rendere. Come infatti ho detto ai dirigenti cristiani in Olanda tre mesi fa: "Abbiamo un comune interesse per l'ideale di matrimonio cristiano e di famiglia cristiana, per la trasmissione della fede alle generazioni future, e per la crescita nella santità di tutte le coppie cristiane.

Noi tutti desideriamo ardentemente una sola Eucaristia e tutti noi cerchiamo di obbedire al comando di Cristo: "Fate questo in memoria di me", poiché consideriamo questo sacramento di Cristo stesso come il dono più grande alla sua Chiesa" (Utrecht, 13 maggio 1985). Certo, le nostre divisioni pongono dei problemi a noi che siamo qui; tuttavia i problemi non devono mai farci perdere di vista quei punti di unità che già ci permettono di parlare e di agire insieme. In questo grande continente, ben noto in tutto il mondo per il particolare valore che i suoi popoli assegnano alla vita familiare e ai legami familiari, e per il loro rispetto verso la famiglia intesa in senso ampio oltre che per il cerchio sociale più ristretto, vi sono certamente per i cristiani grandi possibilità di collaborazione alla promozione dei veri valori della vita familiare. E vi è certamente anche una grande esigenza di ciò, in un'era nella quale, quasi dappertutto, questi valori stanno subendo sempre più violenti attacchi.


3. Fu nel corso di una cena con quella che possiamo chiamare la "famiglia" dei suoi apostoli che Cristo dono l'Eucaristia alla sua Chiesa. La Chiesa è stata definita l'insieme dei "familiari di Dio, edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti", avente "come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (Ep 2,19-20). Nel corso dei secoli questa famiglia della Chiesa si è accresciuta, e tuttavia quella cena sacra rimane al cuore stesso della sua vita. Purtroppo, nel corso dei secoli, la famiglia dei cristiani ha conosciuto divisioni e separazioni.

I legami di battesimo e di comunanza permangono, ma non siamo più uniti in una stessa fede in un unico altare, in un unico desco eucaristico. In qualsiasi famiglia è causa di profonda tristezza il fatto che vi siano suoi membri che per qualsivoglia ragione non possano venire al desco di famiglia; eppure talvolta i posti vuoti possono toccarci più di quelli occupati! così, anche nelle nostre celebrazioni della santa Eucaristia noi non dimentichiamo mai i nostri fratelli che non possono essere con noi. In questo modo ciascuna Eucaristia diviene una grande preghiera per l'unità di tutti i cristiani, per i quali Cristo, nostro signore e fratello, offri se stesso sino alla morte sulla croce.


4. Ma noi tutti apparteniamo a una famiglia ancora più ampia. Dobbiamo guardare al di là delle fila della nostra famiglia cristiana, per quanto grande sia, all'immensa famiglia dell'umanità tutta. Milioni di persone hanno bisogno di almeno un minimo di pane quotidiano; e tutti hanno bisogno del pane della vita.

Cristo ci chiama, attraverso la nostra unità in lui, a provvedere ai bisogni materiali e spirituali degli altri. "Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore. "Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori" (Ep 3,17). Possa Cristo portarci a quella piena unità nella fede e nell'amore che vuole per noi; e possano il nostro incontro e la nostra preghiera di oggi avvicinarci al giorno in cui saremo effettivamente una sola famiglia in lui, una sola cosa in quel "pane di Dio... che discende dal cielo e dà la vita al mondo" (Jn 6,33). Amen. Data: 1985-08-18 Data estesa: Domenica 18 Agosto 1985





A musulmani e indù - Nairobi (Kenya)

Titolo: Dio ci vuole uniti nella fratellanza e nel servizio

Cari amici.


1. E' una grande gioia per me fare ritorno a Nairobi. E sono grato di questa occasione di incontrare dirigenti e rappresentanti delle comunità islamiche e indù del Kenya. Forse ricorderete che ebbi già il piacere di incontrare alcuni di voi, in occasione della mia visita nel maggio 1980. Ancora una volta ci troviamo insieme nell'amicizia e nella pace. La calda ospitalità che mi avete dimostrata nella mia precedente visita e che mi state dimostrando nuovamente oggi è un segno della vostra apertura e del vostro impegno per la fraternità umana. Sono sentimenti che desidero ardentemente contraccambiare.


2. Nel corso della mia prima visita nel Kenya, affermai nel mio messaggio alla comunità indù: "Lo scopo della vita, la natura del bene, la strada della felicità, il significato della morte: tutto questo è oggetto del nostro comune servizio all'uomo nei suoi complessi bisogni" (7 maggio 1980). Vorrei riaffermare queste parole oggi; esse rimangono valide anche a proposito del rapporto tra la Chiesa cattolica e i musulmani.

I bisogni dell'umanità sono di molti tipi. Vengono innanzitutto i bisogni spirituali quali la nostra costante ricerca di un significato nella vita e il nostro desiderio di vivere in modo consono alla nostra dignità umana in quanto figli di Dio. Contemporaneamente, non possiamo trascurare i bisogni materiali dell'uomo, che oggi in molti Paesi africani, segnati da siccità e carestia significano lotta primordiale per la sopravvivenza. Penso in particolare alla piaga dei rifugiati, siano essi persone fuggite da un Paese a un altro per via di situazioni di repressione o per causa di guerra, oppure siano persone costrette ad emigrare dalle loro regioni natali a causa di cattivi raccolti o disastri naturali. La situazione dei rifugiati nel mondo d'oggi deve divenire preoccupazione di tutti i credenti religiosi che attribuiscono valore alla dignità dell'uomo. E un'esigenza urgente che richiede solidarietà fraterna e collaborazione a favore di chi soffre.

Oltre a questi bisogni spirituali e materiali, vi sono i bisogni d'indole sociale: l'esigenza di un governo giusto, onesto ed efficace; l'esigenza di rispettare e difendere i diritti umani senza alcuna discriminazione di razza, gruppo etnico, religione, età, classe sociale o sesso; il diritto di vivere e allevare la propria famiglia in pace, senza timore di una minaccia al loro benessere fisico e morale. Di fronte a tutte queste esigenze umane - d'ordine spirituale, materiale e sociale - le religioni del mondo non possono rimanere inerti. I grandi bisogni dei nostri fratelli e sorelle costituiscono un urgente appello a una generosa risposta d'amore, chiamano ad una reciproca ed efficace collaborazione.


3. Gli stretti legami tra le nostre rispettive religioni - la nostra fede in Dio e i valori spirituali che teniamo per cari - ci spingono a divenire alleati fraterni nel servizio verso la famiglia umana. Come dissi cinque anni fa alla comunità islamica del Kenya: "La nostra relazione di reciproca stima e il mutuo desiderio di autentico servizio all'umanità ci spinge a un impegno congiunto per promuovere la pace, la giustizia sociale, i valori morali e tutte le vere libertà dell'uomo" (7 maggio 1980).

I mali del sospetto, della competizione e dell'incomprensione nascono con troppa facilità nel nostro mondo moderno; in troppi luoghi siamo testimoni di violenza, conflitto e guerra. Ma non è mai volontà di Dio che vi sia odio all'interno della famiglia umana, né che viviamo nella sfiducia e nell'inimicizia reciproche. Siamo tutti figli dello stesso Dio, membri della grande famiglia umana. E le nostre religioni hanno un ruolo particolare da adempiere nel vincere questi mali e nel creare legami di fiducia e di comunanza. La volontà di Dio è che coloro che hanno fede in lui, anche se non sono uniti nella stessa fede, siano cionondimeno uniti nella fratellanza e nel comune servizio per il bene di tutti.


4. La nostra presenza oggi insieme - indù, musulmani e cristiani riuniti in amicizia - è un segno di speranza in un mondo pluralista pieno di tensioni. Nessun gruppo religioso può permettersi di vivere e agire isolato dagli altri. Sempre nel rispetto delle convinzioni reciproche, abbiamo bisogno dell'aiuto reciproco. Nella sacra Bibbia, san Paolo ci esorta a cercare le vie della fratellanza e dell'unità: "Abbiate gli stessi sentimenti, - dice - vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi" (2Co 13,11). La sfida che sta di fronte a noi oggi è quella di aiutare il mondo a vivere in pace e in armonia, con rispetto per la dignità umana di tutti. In questo sforzo il Dio d'amore e di pace sarà con noi.

Possa la benedizione di Dio discendere su tutti voi!

Data: 1985-08-18 Data estesa: Domenica 18 Agosto 1985





Messa all'Istituto "Charles De Foucauld - Casablanca (Marocco)

Titolo: Vocazione dei cristiani: gettare ponti fra tradizioni diverse

Sia lodato Gesù Cristo! Saluto cordialmente i miei connazionali che si trovano in questa comunità eucaristica e che mi hanno accolto con il canto: "Sotto la tua protezione, Padre celeste". Desidero raccomandarvi tutti, cari fratelli e sorelle qui, in Marocco "sotto la protezione del Padre celeste".

"Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,34-35).


1. Queste parole di Gesù si situano al cuore stesso del messaggio evangelico. Esse esprimono lo spirito nel quale si riuniscono i cristiani. Sono un appello permanente ad accogliere l'amore col quale Dio ci ama nella persona di suo Figlio Gesù, a condividerlo nella nostra comunità, a viverlo con tutti i fratelli che ci circondano.

E' per me una gioia incontrarvi per celebrare l'Eucaristia e meditare la parola di Dio. Rendo grazie al Signore per questa occasione di trovarmi in mezzo alla Chiesa cattolica del Marocco, formata da famiglie che vivono qui da svariate generazioni nonché da persone venute per lavorare, partecipare a progetti di sviluppo, insegnare. Saluto in voi la comunità che da secoli è ospite di questo Paese dalle tradizioni di ospitalità e di tolleranza.

Indirizzo un fraterno saluto a monsignor Hubert Michon, arcivescovo di Rabat, e a monsignor Antonio José Peteiro Freire, arcivescovo di Tangeri. Esprimo il mio cordiale saluto ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai laici, a quelli che sono presenti oggi e a quelli che abitano in altre regioni oppure sono momentaneamente assenti dal Marocco.


2. Voi formate una piccola comunità di discepoli di Gesù in un Paese nel quale la gran maggioranza di coloro che vi ospitano e dei vostri vicini segue la religione islamica. Come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, e come ho ripetuto molte volte seguendo il mio predecessore Paolo VI, vi sono molti aspetti positivi e santi in ciò che vivono i musulmani. Voi siete rispettosi testimoni dell'esempio che essi danno con la loro preghiera d'adorazione di Dio. Constatate come cercano di mettere in pratica le indicazioni provenienti da lui, attraverso l'obbedienza alla sua legge. Vedete la semplicità di vita e la generosità verso i poveri praticata dai musulmani devoti. E' una testimonianza viva della loro fede.

Animati dallo spirito d'amore che è al cuore stesso del Vangelo, i cristiani sono in grado di collocare nella verità ciò che viene apportato dall'incontro quotidiano coi loro fratelli e sorelle dell'Islam. Voi avete una conoscenza della cultura e dell'ispirazione religiosa vissute in questo Paese, quella conoscenza che si acquisisce nei rapporti fraterni nei luoghi di lavoro e nella vita sociale in genere con un popolo di un'altra religione. Questo vi permette di promuovere una migliore comprensione anche nei Paesi occidentali nei quali risiedono lavoratori e studenti musulmani. Ciò che qui viene approfondito in modo naturale porta a positive estensioni altrove, gettando dei ponti fra tradizioni differenti. E' questo uno degli aspetti del servizio che è vocazione dei cristiani del Marocco, in un mondo in cui il dialogo rispettoso tra le due parti non sempre è facile.


3. Tuttavia a voi, che costituite la comunità della Chiesa presente in questo Paese, desidero chiedere di riflettere su ciò che vi è di peculiare nella nostra fede cristiana. Che cosa deve caratterizzare la nostra vita personale e la nostra vita di Chiesa? "Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine" (Jn 13,1). Queste parole dell'evangelista Giovanni ci suggeriscono l'orientamento fondamentale della nostra esistenza cristiana.

Seguendo Cristo, siamo chiamati a "passare da questo mondo al Padre", e siamo chiamati ad amare i nostri fratelli con tutto il nostro essere in ciascun momento.

Siate qui il corpo vivente di Cristo! Vivete con lui, attraverso di lui la grande offerta dell'umanità al Padre, nel raduno eucaristico che è al centro della vita della Chiesa. Lasciate che la presenza di Gesù entri in voi e la sua parola vi illumini. Poiché è attraverso di lui che l'uomo raggiunge pienamente la propria condizione di figlio; è attraverso di lui che sono uniti i suoi fratelli che amo sino alla fine. E' attraverso di lui che Dio ci colma della sua grazia quando celebriamo i sacramenti della salvezza, grazie ai quali l'uomo è santificato, riconciliato.

Al fine di accogliere con piena consapevolezza i doni della fede, al fine di disporvi a rispondere alla ragione della speranza che è in voi (cfr. 1P 3,15), approfondite insieme il messaggio evangelico. So che formate numerosi gruppi nei quali pregate, nei quali studiate la Scrittura, nei quali riflettete, alla luce della fede, sul senso della vostra vita, nei quali contribuite alla formazione cristiana dei giovani, nei quali vi prendete cura di quei vostri fratelli e sorelle che hanno bisogno di sostegno. Vi incoraggio di tutto cuore a queste molteplici attività, intorno ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, agli animatori e ai catechisti laici. Insieme, attraverso la preghiera, la riflessione e l'adempimento dei compiti ecclesiastici, voi costituite veramente la famiglia dei discepoli di Cristo e vi aiutate reciprocamente a essere testimoni del Maestro che ha vissuto in mezzo agli uomini un amore autentico e si è fatto servitore dei propri fratelli.


4. Che cosa caratterizza la testimonianza che rendiamo a Gesù Cristo? San Paolo ci dice: "Io vi mostrero una via migliore di tutte" (cfr. 1Co 12,31). E parla dell'amore, come abbiamo sentito nella prima lettura.

Per voi, cristiani del Marocco, potremmo parafrasare san Paolo: se siamo ben preparati, se mettiamo in atto con competenza buoni programmi di sviluppo, se abbiamo validi progetti nel campo della salute, se capiamo il mistero della salvezza e se facciamo una giusta analisi teologica del disegno di Dio, se abbiamo una fede abbastanza forte da sormontare gli ostacoli, se anche diamo la nostra vita per quello che crediamo, ma tuttavia non abbiamo l'amore, la nostra presenza qui non è niente, la nostra testimonianza rimane vuota. "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". E' questa la prima testimonianza che deve caratterizzare la nostra vita di cristiani.

Bisogna che l'amore non diventi una parola vuota di significato a forza d'essere utilizzata. Bisogna che lasciamo che il più grande dono di Dio sbocci dalla nostra vita di ogni giorno. San Paolo ci elenca le qualità dell'amore (cfr. 1Co 13,4-7): esso è paziente e buono con tutti, anche quando i rapporti non sono facili. Ben lungi dal vantarsi delle proprie azioni o della grandezza del proprio retaggio, il cristiano fedele al dono dell'amore bandisce ogni arroganza, ogni egoismo; rifiuta l'intolleranza verso costumi o usanze diversi dai suoi. Non si rallegra delle debolezze o degli errori dei suoi fratelli; è comprensivo, dà fiducia. Rispettando il destino di ogni persona e la sua strada particolare, "trova gioia in ciò che è vero". Quando il peso della vita diviene grande l'amore "sopporta tutto, spera tutto". Sapendo vedere i segni di speranza, non rinuncia a rendere servizio.


5. Tutti gli altri doni e doti che abbiamo ricevuto hanno i loro limiti. Verrà il tempo in cui apparirà la loro fragilità. L'opera realizzata continuerà, o forse non continuerà. Ma quel che resta sempre è quella testimonianza di amore che avrete potuto dare in nome di Cristo. Lo Spirito di Dio risiede nel cuore di quanti esercitano la carità negli atti concreti di ogni giorno; quell'amore che vi anima a lavorare in tutte le opere umane di questo Paese.

Gesù ci domanda oggi: "Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Jn 13,12-14). Gesù, il Maestro, si è fatto egli stesso servitore. Questa è pure la nostra vocazione, se vogliamo essere suoi discepoli. Se volete vivere come quelli che portano il suo nome in questo Paese, dovete possedere molto amore per essere capaci di servire. Lavorate per il bene di tutti. Lavorate a un'opera che sia essenzialmente comune, in un clima di rispetto verso tutti. Lavorate a un'opera senza sperare in alcuna ricompensa, poiché "è il Signore che servite" e vostro Padre che è nei cieli vede che lo fate. Lavorate con speranza, ma senza chiedere di vedere i risultati del vostro lavoro: "Né chi pianta né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere" (1Co 3,7).

Cari fratelli e sorelle! Avete portato qui l'immagine di san Massimiliano Kolbe, patrono dei nostri tempi. Questo santo, che guardava sempre l'immagine della Signora di Jasna Gora (il suo quadro l'avete portato con voi), rappresenta questa verità di cui ci parla la liturgia odierna. E' la verità dell'amore attraverso il quale tutti capiranno che siamo i discepoli di Cristo.

Proprio questo amore ha dimostrato san Massimiliano, quando ad Auschwitz ha dato la sua vita per un fratello. Tale amore Cristo, attraverso il cuore di sua Madre, ha innestato nel cuore di questo figlio della nostra terra. E voglia innestare questo amore anche in tutti i figli della nostra terra, della terra polacca, della nostra nazione, ovunque essi si trovino. E' questo il messaggio evangelico che voglio trasmettervi oggi qui, nel Marocco, dove vi trovate come figli della nostra nazione polacca e come membri di questa comunità cristiana.


6. Cari amici, voi che desiderate farvi conquistare da Cristo, che desiderate amare e servire secondo il suo esempio e grazie ai suoi doni, troverete ispiratori e modelli in particolare nel retaggio della vostra comunità. Penso a tutti coloro che hanno vissuto qui la tradizione francescana. Penso anche a quei monaci poveri e disinteressati e a quegli amici del popolo marocchino che furono Charles de Foucauld e Albert Périguère.

Vorrei ringraziarvi, Chiesa cattolica del Marocco, perché la vostra presenza in questo Paese testimonia dell'universalità della Chiesa. Essa dimostra quanto sono diverse le situazioni nelle quali si trova la Chiesa nelle diverse nazioni del mondo. Vi esorto a continuare a vivere con gioia la vostra vocazione cristiana, testimoniando che il cristiano è un uomo di preghiera, che il Vangelo è un appello alla carità, alla fratellanza universale, e che sostiene la promozione integrale dell'uomo.

Che la Vergine Maria interceda per voi; ella fu totalmente serva del Signore; custodiva nel suo cuore l'annuncio delle meraviglie dell'amore che si propaga di generazione in generazione attraverso il Cristo salvatore! Amen. Data: 1985-08-19 Data estesa: Lunedi 19 Agosto 1985





Tra i giovani musulmani nello stadio di Casablanca - Marocco

Titolo: Riconosciamo con gioia i valori spirituali comuni

Cari giovani,


1. Rendo grazie e gloria a Dio che ha permesso che io mi trovi con voi oggi, Sua maestà il re mi ha fatto l'onore di rendermi visita a Roma alcuni anni fa, ed ha avuto la cortesia di invitarmi a visitare il vostro Paese e ad incontrarvi, Ho accettato con gioia l'invito di venire a parlarvi, in questo anno della gioventù.

Incontro spesso dei giovani, in generale cattolici. E' la prima volta che mi trovo con dei giovani musulmani.

Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Abramo è per noi uno stesso modello di fede in Dio, di sottomissione alla sua volontà e di fiducia nella sua bontà. Noi crediamo nello stesso Dio, l'unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione.

E' dunque verso Dio che si rivolge il mio pensiero e che si eleva il mio cuore: è di Dio stesso che desidero innanzitutto parlarvi; di lui, perché è in lui che noi crediamo, voi musulmani e noi cattolici, e parlarvi anche dei valori umani che hanno in Dio il loro fondamento, questi valori che riguardano lo sviluppo delle nostre persone, come pure quello delle nostre famiglie e delle nostre società, nonché quello della comunità internazionale. Il mistero di Dio non è la realtà più alta dalla quale dipende il senso stesso che l'uomo dà alla sua vita? E non è il primo problema che si presenta a un giovane quando riflette sul mistero della propria esistenza e sui valori che intende scegliere per costruire la sua crescente personalità? Da parte mia, nella Chiesa cattolica, porto la carica di successore di Pietro, l'apostolo che Gesù ha scelto per confermare i suoi fratelli nella fede.

Dopo i papi che si sono succeduti senza interruzione lungo la storia, oggi io sono il vescovo di Roma, chiamato ad essere, tra i suoi fratelli del mondo, il testimone della fede e il garante dell'unità di tutti i membri della Chiesa.

Pertanto, è come credente che oggi vengo a voi. E' con molta semplicità che vorrei testimoniare, qui, quello in cui credo, quello che auspico per la felicità degli uomini miei fratelli e quello che, per esperienza, stimo essere utile per tutti. Credere in Dio.


2. Invoco anzitutto l'Altissimo, il Dio onnipotente che è nostro creatore. Egli è all'origine di ogni vita, come è alla sorgente di tutto quello che è buono, di tutto quello che è bello, di tutto quello che è santo.

Egli ha separato la luce dalle tenebre. Ha fatto crescere tutto l'universo secondo un ordine meraviglioso. Ha voluto che le piante crescano e portino i loro frutti, come ha voluto che si moltiplichino gli uccelli del cielo, gli animali della terra e i pesci del mare.

Egli ha fatto noi, gli uomini, e noi siamo a lui ordinati. La sua santa legge guida la nostra vita. E' la luce di Dio che orienta il nostro destino e illumina la nostra coscienza. Ci rende capaci di amare e di trasmettere la vita.

Chiede a ciascun uomo di rispettare ogni creatura umana e di amarla come un amico, un compagno, un fratello. Egli invita ad aiutarla quando è ferita, quando è abbandonata, quando ha fame e sete, in breve, quando non sa più dove trovare la sua strada sui sentieri della vita.

Si, Dio chiede che ascoltiamo la sua voce. Egli attende da noi l'obbedienza alla sua santa volontà, in una libera adesione dell'intelligenza e del cuore.

Per questo, davanti a lui, siamo responsabili. E' lui, Dio, il nostro giudice, perché lui solo è veramente giusto. Tuttavia sappiamo che la sua misericordia è inseparabile dalla sua giustizia. Quando l'uomo ritorna a lui pentito e contrito, dopo essersi allontanato nello smarrimento del peccato e nelle opere di morte, Dio si rivela allora come colui che perdona e che usa misericordia.

A lui dunque il nostro amore e la nostra adorazione. Per i suoi benefici e per la sua misericordia, noi gli rendiamo grazie, in tutti i tempi e in tutti i luoghi.


3. In un mondo che desidera l'unità e la pace e che conosce tuttavia mille tensioni e conflitti, i credenti non dovrebbero favorire l'amicizia e l'unione tra gli uomini ed i popoli che formano sulla terra una sola comunità? Sappiamo che essi hanno una stessa origine e uno stesso ultimo fine: il Dio che li ha fatti e che li attende, perché egli li riunirà.

Da parte sua la Chiesa cattolica, vent'anni fa, in occasione del Concilio Vaticano II, si è impegnata, nella persona dei suoi vescovi, ossia dei suoi capi religiosi, a cercare la collaborazione tra i credenti. Essa ha pubblicato un documento sul dialogo tra le religioni (Nostra Aetate). Essa afferma che tutti gli uomini, specialmente gli uomini di fede viva, devono rispettarsi, superare ogni discriminazione, vivere insieme e servire la fraternità universale (cfr. documento citato, NAE 5). La Chiesa manifesta una particolare attenzione per i credenti musulmani, data la loro fede nell'unico Dio, il loro senso della preghiera e la loro stima della vita morale (cfr. NAE 3). Essa desidera "promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" ().


4. Il dialogo tra cristiani e musulmani oggi è più necessario che mai. Esso deriva dalla nostra fedeltà verso Dio e suppone che sappiamo riconoscere Dio con la fede e testimoniarlo con la parola e con l'azione in un mondo sempre più secolarizzato e, a volte, anche ateo.

I giovani possono costruire un avvenire migliore se pongono anzitutto la loro fede in Dio e se si impegnano ad edificare questo nuovo mondo secondo il piano di Dio, con sapienza e fiducia.

Dio è fonte di ogni gioia. Per questo dobbiamo testimoniare il nostro culto verso Dio, la nostra adorazione, la nostra preghiera di lode e di supplica.

L'uomo non può vivere senza pregare, come non può vivere senza respirare. Dobbiamo testimoniare la nostra umile ricerca della sua volontà; è lui che deve ispirare il nostro impegno per un mondo più giusto e più unito. Le vie di Dio non sono sempre le nostre vie. Esse trascendono le nostre azioni, sempre incomplete, e le intenzioni del nostro cuore, sempre imperfette. Dio non può mai essere utilizzato per i nostri fini, perché egli è al di là di tutto.

Questa testimonianza della fede, che è vitale per noi e che non potrebbe soffrire né infedeltà a Dio né indifferenza alla verità, si fa nel rispetto delle altre tradizioni religiose, perché ogni uomo attende di essere rispettato per quello che egli è, di fatto, e per quello che in coscienza egli crede. Noi desideriamo che tutti accedano alla pienezza della verità divina, ma non possono farlo se non con la libera adesione della loro coscienza, al riparo dalle costrizioni esterne che non sarebbero degne del libero omaggio della ragione e del cuore che caratterizza la dignità dell'uomo. E' questo il vero senso della libertà religiosa, che rispetta sia Dio che l'uomo. E' da tali adoratori che Dio attende il culto sincero, degli adoratori in spirito e in verità.


5. La nostra convinzione è che "non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio" (NAE 5).

Dobbiamo quindi rispettare, amare ed aiutare ogni essere umano perché è una creatura di Dio e, in un certo senso, sua immagine e suo rappresentante, perché è la strada che conduce a Dio, e perché si realizza pienamente solo se conosce Dio, se l'accetta con tutto il suo cuore e se gli obbedisce fin sulle vie della perfezione.

Perciò, questa obbedienza a Dio e questo amore per l'uomo devono condurci a rispettare i diritti dell'uomo, questi diritti che sono l'espressione della volontà di Dio e l'esigenza della natura umana come Dio l'ha creata.

Il rispetto e il dialogo richiedono dunque la reciprocità in tutti i campi, soprattutto in ciò che concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l'intesa tra i popoli. Aiutano a risolvere insieme i problemi degli uomini e delle donne di oggi, in particolare quella dei giovani.


6. Normalmente, i giovani guardano verso l'avvenire, aspirano ad un mondo più giusto e più umano. Dio ha fatto i giovani così precisamente perché contribuiscano a trasformare il mondo secondo il suo piano di vita. Ma anche ad essi la situazione appare spesso con le sue ombre.

In questo mondo ci sono delle frontiere e delle divisioni tra gli uomini, come pure delle incomprensioni tra le generazioni; vi sono anche razzismo, guerre, ingiustizie, come vi sono fame, sprechi, disoccupazione. Questi sono mali drammatici che colpiscono tutti, in particolare i giovani, nel mondo intero. Certi rischiano di scoraggiarsi, altri rischiano di rassegnarsi, altri ancora rischiano di voler cambiare tutto con la violenza o con soluzioni estreme. La saggezza c'insegna che l'autodisciplina e l'amore sono allora le sole leve del rinnovamento desiderato.

Dio non vuole che gli uomini restino passivi. Ha affidato loro la terra perché sia da essi dominata, perché la coltivino e la facciano fruttificare insieme.

Voi siete responsabili del mondo di domani. Assumendo pienamente le vostre responsabilità, con coraggio, voi potrete vincere le attuali difficoltà.

Spetta a voi dunque prendere iniziative e non aspettare tutto dagli adulti e dalla gente del posto. Dovete costruire il mondo, e non solo sognarlo.

E' lavorando insieme che si può essere efficaci. Il lavoro ben compreso è un servizio agli altri. Esso crea dei legami di solidarietà. L'esperienza del lavoro in comune permette di purificare se stessi e di scoprire le ricchezze degli altri. E' così che può nascere, a poco a poco, un clima di fiducia, che permette a ciascuno di crescere, di svilupparsi ed "essere di più". Non tralasciate, cari giovani, di collaborare con gli adulti, specialmente con i vostri genitori e i vostri insegnanti, come pure con i "capi" della società e dello Stato. I giovani non devono isolarsi dagli altri. I giovani hanno bisogno degli adulti, come gli adulti hanno bisogno dei giovani.

In questo lavoro d'insieme, la persona umana, uomo o donna, non deve mai essere sacrificata. Ogni persona è unica agli occhi di Dio, è insostituibile in quest'opera di sviluppo. Ciascuno deve essere riconosciuto per quello che è, e poi rispettato come tale. Nessuno deve utilizzare il suo simile; nessuno deve sfruttare il suo uguale; nessuno deve disprezzare un suo fratello.

E' a queste condizioni che potrà nascere un mondo più umano, più giusto e più fraterno, dove ciascuno potrà trovare il suo posto nella dignità e nella libertà. E' questo mondo del XXI secolo che è tra le vostre mani; esso sarà come voi lo farete.


7. Questo mondo futuro dipende dai giovani di tutti i paesi del mondo. Il nostro mondo è diviso, e anche frantumato; conosce molteplici conflitti e gravi ingiustizie. Non c'è una vera solidarietà nord-sud; non c'è abbastanza aiuto reciproco tra le nazioni del sud. Nel mondo ci sono delle culture e delle razze che non vengono rispettate.

Perché tutto questo? Perché gli uomini non accettano le loro differenze: non si conoscono abbastanza. Essi respingono coloro che non hanno la stessa civiltà. Rifiutano di aiutarsi vicendevolmente. Non sono capaci di liberarsi dall'egoismo e dell'autosufficienza.

Dio ha creato tutti gli uomini uguali in dignità, ma differenti in quanto ai doni ad ai talenti. L'umanità è un tutto in cui ogni gruppo ha il suo ruolo da svolgere; bisogna riconoscere i valori dei diversi popoli e delle diverse culture. Il mondo è come un organismo vivente; ciascuno ha qualche cosa da ricevere dagli altri e qualche cosa da dare loro.

Sono felice d'incontrarvi qui, in Marocco. Il Marocco ha una tradizione di apertura; i vostri scienziati hanno viaggiato e voi avete accolto scienziati di altri paesi. Il Marocco è stato un luogo d'incontro delle civiltà: ha permesso scambi con l'Oriente, con la Spagna e l'Africa. Il Marocco ha una tradizione di tolleranza; in questo Paese musulmano, vi sono sempre stati degli ebrei e quasi sempre dei cristiani; ciò è stato vissuto nel rispetto, in maniera positiva. Voi siete stati e rimanete un paese ospitale. Voi siete dunque, giovani marocchini, preparati a diventare cittadini del mondo di domani, di questo mondo fraterno al quale aspirate con i giovani di tutte le nazioni.

Sono sicuro che voi, giovani, siete capaci di fare questo dialogo. Voi non volete essere condizionati da pregiudizi. Voi siete pronti a costruire una civiltà fondata sull'amore. Voi potete lavorare per far cadere le barriere dovute, a volte, all'orgoglio, più spesso alla debolezza e alla paura degli uomini. Voi volete amare gli altri senza alcuna frontiera di nazione, di razza o di religione.

Per questo, voi volete la giustizia e la pace. "La pace e i giovani camminano insieme", come ho detto nel mio messaggio per la giornata mondiale della pace di quest'anno. Voi non volete né la guerra né la violenza. Voi conoscete il prezzo che esse fanno pagare agli innocenti. Voi non volete nemmeno la scalata agli armamenti. Questo non vuol dire che volete la pace a qualunque prezzo. La pace va di pari passo con la giustizia. Voi non volete l'oppressione per nessuno.

Voi volete la pace nella giustizia.


8. Voi volete anzitutto che gli uomini abbiano di che vivere. I giovani che hanno la fortuna di proseguire i loro studi hanno il diritto di preoccuparsi della professione che potranno esercitare per conto loro. Ma devono preoccuparsi anche delle condizioni di vita, spesso più difficili, dei loro fratelli e delle loro sorelle che vivono nello stesso paese, e anche nel mondo intero. Infatti, come rimanere indifferenti quando altri esseri umani, in gran numero, muoiono di fame, di malnutrizione o per mancanza di assistenza sanitaria, quando soffrono crudelmente per la siccità; quando sono costretti alla disoccupazione o all'emigrazione da leggi economiche che li superano, quando conoscono la situazione precaria di rifugiati, parcheggiati in campi, a seguito dei conflitti degli uomini? Dio ha dato la terra all'insieme del genere umano perché gli uomini ne traggano il loro sostentamento nella solidarietà e perché ogni popolo abbia i mezzi per nutrirsi, per curarsi e per vivere in pace.


9. Ma, per quanto importanti siano i problemi economici, l'uomo non vive di solo pane, egli ha bisogno di una vita intellettuale e spirituale; in ciò si trova l'anima di questo nuovo mondo al quale aspirate. L'uomo ha bisogno di sviluppare il suo spirito e la sua coscienza. E' quello che spesso manca all'uomo di oggi. La dimenticanza dei valori e la crisi d'identità che attraversa il nostro mondo, ci obbligano a un superamento e ad un rinnovato sforzo di ricerca e d'interrogazione.

La luce interiore che nascerà così nella nostra coscienza, permetterà di dare un senso allo sviluppo, di orientarlo verso il bene dell'uomo, di ogni uomo e di tutti gli uomini, secondo il piano di Dio.

Gli arabi del Machreq e del Maghreb, e più particolarmente i musulmani, hanno una lunga tradizione di studio e di sapere: letterario, scientifico, filosofico. Voi siete gli eredi di questa tradizione, voi dovete studiare per imparare a conoscere questo mondo che Dio ci ha dato, comprenderlo, scoprirne il senso, con il gusto e con il rispetto della verità, e per imparare a conoscere i popoli e gli uomini creati e amati da Dio, per prepararvi a servirli meglio.

Inoltre, la ricerca della verità vi condurrà, al di là dei valori intellettuali, fino alla dimensione spirituale della vita interiore.


10. L'uomo è un essere spirituale. Noi, credenti, sappiamo che non viviamo in un mondo chiuso. Noi crediamo in Dio. Siamo degli adoratori di Dio. Siamo dei ricercatori di Dio.

La Chiesa cattolica guarda con rispetto e riconosce la qualità del vostro cammino religioso, la ricchezza della vostra tradizione spirituale.

Anche noi, cristiani, siamo fieri della nostra tradizione religiosa.

Credo che noi, cristiani e musulmani, dobbiamo riconoscere con gioia i valori religiosi che abbiamo in comune e renderne grazie a Dio. Gli uni e gli altri crediamo in un Dio, il Dio unico, che è pienezza di giustizia e pienezza di misericordia; noi crediamo all'importanza della preghiera, del digiuno e dell'elemosina, della penitenza e del perdono; noi crediamo che Dio ci sarà giudice misericordioso alla fine dei tempi e noi speriamo che dopo la risurrezione egli sarà soddisfatto di noi e noi sappiamo che saremo soddisfatti di lui.

La lealtà esige pure che riconosciamo e rispettiamo le nostre differenze. Evidentemente, quella più fondamentale è lo sguardo che posiamo sulla persona e sull'opera di Gesù di Nazaret. Voi sapete che, per i cristiani, questo Gesù li fa entrare in un'intima conoscenza del mistero di Dio e in una comunione filiale con i suoi doni, sebbene lo riconoscano e lo proclamino Signore e Salvatore.

Queste sono differenze importanti, che noi possiamo accettare con umiltà e rispetto, in una mutua tolleranza; in ciò vi è un mistero sul quale Dio ci illuminerà un giorno, ne sono certo.

Cristiani e musulmani, generalmente ci siamo malcompresi, e qualche volta, in passato, ci siamo opposti e anche persi in polemiche e in guerre.

lo credo che Dio c'inviti oggi, a cambiare le nostre vecchie abitudini.

Dobbiamo rispettarci e anche stimolarci gli uni gli altri nelle opere di bene sul cammino di Dio.

Voi sapete, con me, quale è il prezzo dei valori spirituali. Le ideologie e gli slogan non possono soddisfarvi né risolvere i problemi della vostra vita. Solo i valori spirituali e morali possono farlo, ed essi hanno Dio per fondamento.

Auspico, cari giovani, che possiate contribuire a costruire un mondo in cui Dio abbia il primo posto per aiutare a salvare l'uomo. Su questo cammino, siate certi della stima e della collaborazione dei vostri fratelli e sorelle cattolici, che io rappresento tra voi questa sera.


11. Vorrei ora ringraziare sua maestà il re di avermi invitato, ringraziare anche voi, cari giovani del Marocco e di numerosi altri paesi, per essere venuti qui e per aver ascoltato con fiducia la mia testimonianza.

Ma più ancora, vorrei ringraziare Dio che ha permesso questo incontro.

Siamo tutti sotto il suo sguardo. Oggi egli è il primo testimone del nostro incontro. E' lui che pone nei nostri cuori i sentimenti di misericordia e di comprensione, di perdono e di riconciliazione, di servizio e di collaborazione. I credenti, che noi siamo, non devono riprodurre nella loro vita e nella loro società gli eminenti titoli che le nostre tradizioni religiose gli riconoscono? Cerchiamo dunque di essere disponibili a lui, di essere sottomessi alla sua volontà, agli inviti che ci rivolge. così le nostre vite ritroveranno un nuovo dinamismo.

Allora potrà nascere, ne sono convinto, un mondo in cui gli uomini e le donne di fede viva ed efficiente canteranno la gloria di Dio e cercheranno di costruire una società umana secondo la volontà di Dio.

Vorrei terminare invocandolo personalmente davanti a voi.

O Dio, tu sei nostro Creatore. Tu sei buono e la tua misericordia è senza limiti.

A Te la lode di ogni creatura.

O Dio, tu hai dato a noi uomini una legge interiore di cui dobbiamo vivere.

Fare la tua volontà, e compiere il nostro compito.

Seguire le tue vie e conoscere la pace dell'anima.

A te offriamo la nostra obbedienza.

Guidaci in tutte le iniziative che intraprendiamo sulla terra.

Liberaci dalle nostre tendenze cattive che distolgono il nostro cuore dalla tua volontà.

Non permettere che invocando il tuo nome, giustifichiamo i disordini umani.

O Dio, tu sei l'unico. A te va la nostra adorazione.

Non permettere che ci allontaniamo da te.

O Dio, giudice di tutti gli uomini, aiutaci a far parte dei tuoi eletti nell'ultimo giorno.

O Dio, autore della giustizia e della pace, accordaci la vera gioia, e l'autentico amore, nonché una fraternità duratura tra i popoli.

Colmaci dei tuoi doni per sempre. Amen!

Data: 1985-08-19 Data estesa: Lunedi 19 Agosto 1985



GPII 1985 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Nairobi (Kenya)